Nightmare Before Ninjamas![News Natalizia]

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  1. Historia
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    il re d'inverno


    1. Magica notte

    La ragazza rabbrividì al primo spiraglio tra la pesante coperta e la sua pelle candida. Per alcuni secondi rimase perfettamente immobile, combattuta nel profondo tra risistemare il piumone e tornare a dormire o fare il suo dovere ed alzarsi. Dopo pranzo era andata a buttarsi in previsione della lunga serata che l'aspettava, ma il dio del sonno l'aveva abbracciata un po' troppo forte ed ora faticava a fuggire dalla sua morsa. Con un estremo atto di coraggio, infine, rotolò fuori dal letto.
    Harumi si diede un'ultima occhiata allo specchio, sospirando. Mentre riposava diverse ciocche di capelli erano tornate bianche, e ne conosceva perfettamente la causa. Il suo intero mondo era stato smontato e ricostruito a più riprese nell'ultimo mezzo anno, ma forse il cambiamento più intimo era stato l'incontro con il Gatto. Spostando un ciuffetto nero di fianco ad uno albino, valutò di non avere il tempo di tingerseli come faceva di solito. Non che fosse poi così grave, ad Oto erano abituati a stranezze ben peggiori, ma non intendeva comunque dare nell'occhio, soprattutto considerando il suo ruolo all'interno del Villaggio. Il suo ospite, il proprietario di Villa Mikawa, non l'aveva accolta solo perché aveva un bel visino, ne era consapevole nonostante la sua inesperienza. Non passava giorno senza che la rimproverasse per qualche leggerezza, ma probabilmente a modo suo stava cercando di formarla come forza portante. La kunoichi infilò degli stivaletti scamosciati dalla soffice e calda fodera, prese in una mano la borsa preparata in precedenza e sotto l'altro braccio il cappotto invernale, dirigendosi quindi verso le scale. Il colosso, Diogene, la stava aspettando con impazienza.
    dnzfcjn Chi li avesse osservati da distante avrebbe pensato ad un papà seguito di corsa dalla figlia, o più esattamente ad un gigante con il suo cagnolino a rincorrerlo. Il capoclan si muoveva rapido, a grandi falcate, costringendo la ragazzina ad accelerare il passo per stargli dietro. Harumi aveva appena finito di calzare i guanti e stava armeggiando con il peloso copriorecchie alla ricerca della posizione più comoda. Da quando il jonin aveva deciso che l'avrebbe accompagnata in quella misteriosa missione, la neo genin si era informata, leggendo tutto il possibile sul Paese della Neve, ma non serviva certo ad un genio a capire che avrebbe fatto freddo, molto freddo, indipendentemente dalla stagione per altro avanzata. L'indizio era nel nome stesso del posto. Quindi si poteva dire che aveva fatto i compiti, organizzandosi al meglio, compresa un necessario giro tra i negozi di abbigliamento del Suono, operazione che aveva visto la partecipazione più o meno entusiasta della maggior parte dei servitori di sesso femminile della Villa, un intero pomeriggio perso e metà del suo ultimo stipendio bruciato. Mentre i due attendevano davanti al cancello meridionale che giungessero anche gli altri convocati, il Mikawa si sentì in dovere di redarguire ancora una volta la giovane circa i suoi doveri. Harumi annuì quieta, ma la luce nei suoi occhi era di determinazione. Eppure era ironico: l'uomo che le stava insegnando tanto altri non era che il loro obiettivo finale. La promessa che aveva fatto al Gatto la vincolava in modo indissolubile a quel destino di morte, per sua fortuna rimandato a data da destinarsi. La jinkurichi aveva preso quella preoccupazione e l'aveva accantonata nell'angolo più remoto della sua mente, nella speranza di dimenticarsene, eppure non poteva che tornare in cima ai suoi pensieri ogni qual volta il colosso le faceva discorsi del genere, simile ad un corpo gettato in un lago che nonostante i pesi a cui è legato si ostini a riemergere di tanto in tanto.
    Ad interrompere il suo meditare fu il limpido suono di campanelli, prima appena percettibile, poi man mano vicino e distinto. Nella foschia comparvero dei contorni sfuocati sempre più nitidi che attirarono l'attenzione della ragazza. Si trattava di una slitta trainata da tre paia di renne, prive di una qualsiasi guida. Ma la particolarità forse più bizzarra, che fece schiudere la bocca alla giovane per la sorpresa era l'essenza stessa delle bestiole, animali sì, ma di pezza. Sottoponendosi ad un certo autocontrollo, Harumi lasciò che il Mikawa analizzasse il traino, reputandolo sicuro, prima di avvicinarsi con un largo sorriso ad accarezzare i pupazzi, mentre il capoclan si lasciava andare ad una risata sguaiata. Oooh come sono morbidi...Direi di sì, Diogene-sama. Preso posto di fianco all'omone, avrebbe salutato rispettosamente la seconda jinkurichi non appena fosse giunta, riservando alla donna matura l'onorifico senpai per ovvie ragioni. Poco diversamente sarebbe andata con la Segretaria dell'Amministrazione, che Harumi aveva già conosciuto in precedenza, la quale salì sul mezzo senza dare segno d'accorgersi che fosse già in gran parte occupata, per poi bloccarsi in preda ad un sentimento che la ragazzina non riuscì a definire, ma che corrispondeva al più vivo terrore. Buona sera, Hebiko-san. La kunoichi sarebbe sbucata da dietro al jonin, salutando con un sorriso l'ultima arrivata. Con lei la squadra era al completo, e come per incanto le renne giocattolo intrapresero il loro lungo viaggio.
    La slitta, procedendo ad una velocità portentosa, sbucò di slancio da uno strato di nubi, ritrovandosi improvvisamente davanti la volta celeste completamente tersa. In piedi, Harumi allungò una mano verso i puntini luminosi che costellavano il manto nero della notte, lasciandosi sfuggire un sospiro ammirato. Volteggiando su se stessa si rivolse alla Segretaria di Oto, sorridendo con gli occhi. Sono meravigliose, sembrano così grandi da qua...non è vero Hebiko-san? Ehm, Hebiko-san? La donna sembrava in preda di un terribile mix di mal di mare e vertigini, entrambi giustificabili data la situazione in cui si trovavano. Ridacchiando imbarazzata, la kunoichi tornò a sedersi al suo posto, ascoltando la voce profonda del superiore. Non avrebbe avuto problemi ad illustrare il proprio equipaggiamento, non appena Hebiko se la fosse sentita di annotarlo come richiesto, ma per quanto riguardava le sue capacità dovette pensarci un po' su, decidendo infine di glissare sull'argomento. Per fortuna anche la Segretaria non si dimostrò molto loquace, probabilmente per la sua naturale riservatezza, cosa che la rincuorò un poco. Il problema per lei, però, era un altro: non aveva la pallida idea di quale fosse il suo stile di combattimento. Conosceva le basi, aveva usato qualche tecnica in missioni minori, ma per la maggior parte del tempo improvvisava, cercando di volta in volta la soluzione più efficace. Non fece invece una piega all'imperativo del Mikawa, sfilando un guanto e porgendo la mano all'uomo. La ragazza contrasse le labbra quando la lama del kunai le lacerò le carni, osservando in silenzio come il jonin analizzava con estrema attenzione quelle poche stille di sangue fuoriuscite dalla sua pelle. Un brivido freddo la percorse, vuoi per l'altitudine e la latitudine che rendevano l'aria sempre più fredda e pungente, vuoi per la mano scoperta e il gelido contatto dell'arma. In ogni caso anche il superiore diede segno di essersene accorto, e coprì tanto lei quanto le altre donne con il suo pesante mantello. Harumi arrossì di riflesso, indispettita per la sua stessa reazione, ma contenta per il gesto cortese dell'uomo. La ringrazio, Diogene-sama, ma non c'era bisogno che si prendesse disturbo. E' sicuro di non avere freddo così? Visto che il jonin non faceva un piega al vento che li sferzava a causa dell'elevata velocità del mezzo, la giovane non insistette, godendosi invece il tepore della coperta aggiuntiva. Indifferente a sciocchezze del genere, il colosso arringò le sottoposte, presentando la sua visione sulla faccenda. La Segretaria, pur balbettando per il freddo, non ebbe timore di essere tanto schietta quanto severa nell'esprimere la sua opinione, quasi criticando il Mikawa. Dal canto suo la neo genin, quando fu il suo turno, usò un tono quieto e neutro, tendente in modo indefinito al suo usuale modo di fare gioviale. Con tutti gli abitanti della Villa, compreso il proprietario, era riuscita a superare la sua timidezza, smettendo di incespicare insicura sulle parole, per la maggior parte del tempo almeno. Io sono una kunoichi inesperta, perciò seguirò pedissequamente i suoi ordini quali che siano, Diogene-sama. La mia opinione comunque è l'invito non sia sincero. Se avesse veramente voluto darci la precedenza sarebbe stato più specifico sia nella forma che nella sostanza. Probabilmente punta ad un'asta al rialzo. La giovane sfoderò la sua logica, una delle poche armi su cui poteva fare affidamento, ma subito soggiunse una specifica, giusto per sgomberare il campo da possibili incomprensioni. Sempre ammesso che non si tratti di una trappola, è chiaro. Una delle cose che aveva imparato ad Oto da quando era diventata la sua casa era di sospettare di tutti, sebbene le riuscisse ancora piuttosto difficile metterlo in atto nella pratica.
    Harumi se l'aspettava, ma solo una volta prossimi all'arrivò realizzò quanto fosse calzante il nome di quel Paese. Neve, ovunque, in cumuli altissimi, sulle cime degli alberi, sugli edifici, su ogni cosa. Nel timore di affondare in quel soffice manto la giovane seguì la strada aperta dall'imponente capogruppo, procedendo con estrema cautela verso la fabbrica poco distante. Il comitato d'accoglienza era per lo meno atipico. La ragazza perse qualche secondo a confrontare la sua altezza con quella di quegli omini in miniatura, minuscoli anche in confronto a lei che era tutto fuorché imponente. Il loro aspetto poi strideva terribilmente con il loro atteggiamento festante, cosa che inquietò sottilmente quanto inspiegabilmente la kunoichi, che si avvicinò d'istinto di un passo al jonin, come di solito faceva con Eiatsu. Il padrone da casa non si fece attendere a lungo, ed anch'egli era quello che si definisce un personaggio. Largo quasi quanto era alto, ciò molto, sembrava un gigante di fianco ai suoi assistenti. Anche nel suo caso l'aspetto era disatteso dai modi: si comportava infatti come fosse la gioia in persona, elargendo risate e bevande calde. Eppure, come in precedenza, un automatismo più felino che umano spinse la piccola genin a cercare di scomparire nell'ombra di Diogene. Quando il vassoio passò di fianco a lei, Harumi rimase indecisa sul da farsi, ma alla fine sollevò una delle coppe, osservando il liquido cremoso al suo interno. Non aveva idea di cosa fosse, non l'aveva mai assaggiato, e ogni regola di prudenza ninja le suggeriva di non berlo. Il suo cervello però, pienamente operativo in modalità da missione dopo il rilassante viaggio, stava elaborando come volgere la cosa a loro vantaggio. Con un volume di voce bassissimo, probabilmente coperto dal rumore nella sala, sussurrò al caposquadra. Diogene-sama, con le sue capacità, potrebbe riscontrare eventuali veleni nella bevanda, se mi entrassero in circolo? Se l'uomo avesse incrociato lo sguardo con il suo, l'avrebbe trovata estremamente seria a riguardo. D'altro canto aveva smesso di preoccuparsi per la sua incolumità ormai da tempo, sebbene non per questo le piacesse rischiare la vita senza motivo. Non conosceva nel dettaglio le doti del Mikawa, ma nei mesi passati alla Villa si era fatta un'idea della sua stupefacente capacità di controllare il sangue. Memore del rituale compiuto in precedenza, la giovane si stava praticamente offrendo da cavia, per testare la buona fede del loro ospite: sarebbe bastato un cenno d'assenso da parte dell'otese perché la ragazza facesse gesto di appoggiare le labbra al bicchiere. Un istante prima che esse entrassero in contatto con il vetro tiepido, tuttavia, la Segretaria in barba a qualsiasi protocollo o istruzione, iniziò a sorseggiare lo zabaione un poco per volta, beata. L'espressione di tensione sul volto della genin si rilassò un poco, ma non avrebbe bevuto la sua porzione fintantoché Diogene non si fosse espresso a riguardo, apprezzando invece il suo tepore stingendola tra le mani ancora inguantate.

     
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