Una questione di cibo

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    Alla fine dei conti non era fatto così difficile come pensava mangiare a Oto. Era un posto silente e pericoloso. Per giunta ci pensava il Colosso a cibarlo con i corpi della prigione. Gente perduta, gente senz'anima, gli sconfitti delle battaglie. Sarebbero stati tutti sul palmo della sua mano e se li sarebbe mangiati tutti sicuramente. Aveva un gran appetito per quel genere di cose. Certo, gli piacevano soprattutto i bambini, ma anche quelli stavano scemando. Del resto non poteva accontentarsi sempre di cibarsi con la sangue fresca (e profumata), con i muscoli ancora ripieni di sangue dal soffice sapore e con tutto il corpo che faceva venire (letteralmente) la saliva alla bocca. Mangiava carne e beveva sangue e stava benissimo in quel posto. Se non fosse che Diogene gli doveva ben 5000 ryo e che, beh, doveva pregare il suo Dio pur di non cadere preda di pericolosi sintomi che lo colpivano non appena si metteva a digiuno. Inoltre doveva pregare e per farlo doveva trovare un buon... posto. Uno di quelli che gli avrebbe dato modo di concentrarsi sulla preghiera verso il suo Dio. O il sedicente tale. Pensò che prima o poi avrebbe voluto scoprire quel che suo Dio. Prima o poi... Perché in quel momento si limitò soltanto a uscire dalla Villa Mikawa lasciando al suo posto le carta-bombe che aveva prodotto per Diogene. Lasciò al suo posto anche il Sigillo di Teletrasporto remoto posizionato proprio al centro della stanza. Doveva procurarselo da solo, il cibo, quella sera.

    Non fu troppo difficile: Diogene gli aveva lasciato le chiavi delle prigioni mentre da solo era andato da qualche parte altrove. Fra tutte le celle cercò i detenuti che più avrebbero saziato la sua fame. Un bambino di circa 6 anni, forse orfano, dai bei capelli ricci. - «Vieni qui...» – gli disse aprendo la cella. - «Vuoi una caramella?» – con le mani avrebbe fatto vedere un qualcosa di molto simile a una caramella, prendendolo sotto braccio per portarlo fuori mentre tutti gli altri prigionieri restavano incatenati alle mura. - «Sei libero... di andare...» – Gli disse una volta portato fuori indicando il cancello Nord in lontananza. La notte era calata a quel punto. Dal cielo solo qualche bagliore argenteo. Eppure il bambino corse, più che poteva. Quanto poteva. Non troppo veloce però. Attivando la sua vista notturna Minoru si gettò sullo stesso in meno di un istante tagliandogli la strada nel mentre sulle sue labbra si disegnava un sorriso maligno e beffardo. Non sarebbe andato da nessuna parte quel bambino quel giorno.
    Se non negli inferi.

    Gli spezzò il collo con un unico veloce gesto, facendo sì che il suo corpo cadesse, in silenzio, sulla polverosa strada di Oto. Quindi lo prese in braccio portandolo laddove la luce della Luna splendeva di più. Un posto non nascosto, ma ben visibile, quasi pubblico. Amava farlo in luoghi pubblici, pensando che lì avrebbero potuto scoprirlo. Sdraiando il bambino sul suolo dapprima stracciò i suoi vestiti, affinché il petto fosse libero. Quindi, materializzando uno spiedo nella mano, lo immerse nel sangue del bambino. Quando ne fu ripieno disegnò il simbolo di Somujo sul petto del giovane ragazzo e, leccandosi le labbra, fu pronto per immergere i suoi denti nelle carni del giovane.

     
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    Parte I – In giro per Oto


    Chissà perché mi ero illuso di riuscire a dormire, dopo tutto quello che è successo con Hebiko. Almeno sono riuscito a mangiare un boccone. Meglio di niente. Quando ho provato a mettermi a letto, però, su uno scomodo pagliericcio (tutto quello che le mie magrissime finanze sono riuscite a procurarmi), il sonno ha deciso che aveva di meglio da fare che venirmi a visitare. Pensieri, troppi pensieri, che mi affollano la testa. Sono rimasto per un po' a rigirarmi, attanagliato dai dubbi, poi mi sono ricordato le parole del Maestro. «Quando sei in dubbio su qualcosa, e temi che il Fato ti abbandoni, l'unica cosa sensata da fare è partire. Non importa dove, come sai. Le tue gambe sanno dove dirigersi». E così ho fatto. Mi sono alzato, ho raccolto le mie poche cose, e sono uscito in strada.

    Ed ora eccomi qui, in piena notte, a vagare per le strade di un Villaggio che fino ad ora non mi ha mostrato che il suo lato peggiore. Faide, persone-serpente e colossi ricuciti solo vagamente femminei. Fato, mio caro, perché mi prendi per il culo? Cosa potrebbe andare storto? Se di giorno questi sono matti, di notte immagino diventino tutti agnellini, penso, con rassegnazione.

    Le nuvole che mi hanno accompagnato al Cancello si sono diradate, rivelando una grande luna lucente. Una moneta d'argento nel cielo, o un occhio pallido che mi fissa. Ripenso alle maree. Dove mi stai attirando stasera, Luna?

    Oh, ecco dove. Ovvio. Ovvio! OVVIO!!! Come diamine ho fatto a non vederlo, come? Non è che si a proprio nascosto, eh. È lì, a pochissimi metri da me, chino su di una piccola figura supina a terra. Rumori sgradevoli, umidi, gocciolanti si levano dalle due sagome contornate di luce lunare. Sembra che qualcuno stia masticando qualcosa di viscido, di...carnoso.
    Oh no, oh no, oh no. Ti prego, Fato, dimmi che non era qui che volevi arrivassi. Dovunque, ma non qui! Questi non sono matti, sono mostri! Bestie immonde. Sento le gambe abbandonarmi. Vorrei correre, verso il Cancello, verso il resto del mondo, quello normale. I problemi e i dubbi che mi hanno impedito di dormire ormai sembrano cosette de niente.
    Cosa cazzo sto vedendo?!?
    Un conato, acido per il poco cibo ingerito ultimamente, mi scuote il petto. Vomito sul selciato la magra cena di iersera. Forse un po' troppo rumorosamente.
    Uh-oh.
    Mi sa che mi ha sentito.
    Merda.
    Merdissima.
    Cervello, Fato, che so io, fate qualcosa!
    La mia bocca si apre di nuovo, e non per rimettere. La mia voce suona stranamente piatta, lontana, come se non fossi io a parlare.

    Ehi, ehi, amico. Senti, non ho visto nulla io, ok. Cioè, sì, ma no. Niente di niente. Me ne sto andando, lascio il Villaggio. Non dirò niente, giuro. Ah-ah, ognuno è libero di fare quello che vuole, no? Starò zitto. Prometto. Oh dei, ti prego, non farmi del male…

    Stupidamente come sono arrivate, le parole mi abbandonano.
    Grazie Fato, grazie mille.
    Maestro, giuro che se riesco a trovarti questa te la faccio pagare!
    Se riesco a uscirne vivo, intendo.
    Se, quanti se.
     
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    La carne era deliziosa e soffice. Il sangue che scorreva lungo il mento e gocciolava sul terreno era di un sapore squisito. Certo, era pur sempre un bambino, ma chi se ne importava? Se era finito nelle prigioni del Colosso, è perché aveva peccato; e chi peccava era destinato a essere mangiato. Lo sapeva Minoru, lo sapevano anche gli altri: gli organi interni dei bambini-maschietti avevano un sapore squisito. Ma gli organi interni delle bambine, femminucce, avevano un sapore assolutamente divino. Un dolce che si mischiava con i frutti della primavera regalando a Minoru delle sensazioni di estasi che non avrebbe mai potuto nascondere. Delle sensazioni che molto presto si mischiarono con la sua anima, si rifletterono su quel volto così concentrato... a mangiare, e gli diedero modo di bagnare i suoi vestiti, o meglio: il suo corpo. Perché di vestiti ne aveva decisamente ben pochi, tralasciando le scarpe a tacchi, una farfallina sul collo, delle orecchie da coniglio sulla testa e delle mutande da donna. In quella stranza posizionato, con quel strano abbigliamento, - che però gli dava un sufficiente campo d'azione, - Minoru continuò ad affondare i propri canini una volta nel polpaccio, e una nel bicipite. Continuò a masticare quella succosa carne senza alcuna preparazione, senza alcun aroma, per il solo piacere di mangiare. Era buono quel bambino. Non sapeva da dove provenisse. Né dove si sarebbe diretto se la cattura di Diogene non fosse sopraggiunta. Ma non glie ne importava niente: con le spazie o senza le spazie non vi era alcun piatto migliore al mondo del bambino mangiato crudo, morto da poco. Oppure del bambino mangiato ancora vivo, legato e impossibilitato a muoversi, nel mentre i denti e le unghie si facevano spazio tra le sue viscere. Fu al momento della maggiore estasi che con un unico gesto gli strappò il cuore con le arterie penzolati per l'aria. Fu, per lui, come prendere in mano una mela e stringere, stringere, stringere... finché il cuore non più pulsante del bambino non avrebbe fatto un sonoro "puff" e tutto il sangue non sarebbe schizzato nell'ambiente intorno bagando quella pubblica piazza con dell'altro sangue.
    Fu in quel momento, mentre ammirava i resti del cuore del bambino alla luce della macabra luna, che vide, - no, senti! - del movimento non molto lontano da lui.
    «Chi c'è?» - chiese Minoru staccandosi un attimo della figura del bambino morto. Si guardò intorno per un attimo, al fine di trovare da dove provenivano quei rumori strani, che sembravano... provenire dallo stomaco? Era il vomito? Preso com'era dal suo -secondo- piatto preferito gli ci volle giusto qualche attimo per vedere la figura di un secondo bambino, o quel che sembrava un bambino, a non molta distanza da lì. Forse aveva visto la scena, e... beh, in effetti non era da tutti resistere a quelle che a tutti gli effetti delle immagini molto crute. - «Stai sporcando la piazza,» - fece notare Minoru indicando il suo vomito, ma ovviamente tacendo a proposito delle viscere lasciate dietro. In un attimo uscì allo scoperto abbastanza da posizionarsi al chiaro di luna e permettere al bambino perduto di vedere Minoru in tutta la sua bellezza.



    «E hai interrotto la mia cena...» - gli puntò un indice contro. Era sazio ormai, ma... chi era quel bambino? Un altro regalo di Somujo per festeggiare al meglio le sue "vacanze" a Oto? No. Somujo non faceva mai due regali. Uno solo. E a delle volte manco quello. Stupido Somujo. Rimasto a fissare il ragazzino sotto la luna Minoru ascoltò quello che voleva da dire. - "Ma come? Vuole già andarsene?" - si chiese avvicinandosi per dargli una pacca sulla spalla. - «Haha! Farti male? Ma che scherzi?! haha Mai ucciso una mosca io!» - Si diede una botta sul petto Minoru, come se volesse farsi gloria. - «Dai, non vuoi diventare mio amico? Sono sicuro che ci divertiremmo!!! hehehahahuhuhi» - Finito di ridere Minoru avrebbe guardato il cadavere del bambino al centro della piazza. - «Oh quello non sono io. E' la voce nella mia testa. Ogni tanto dice di fare cose strane. Somujo. Sai. Un Dio. Lo amo e lo maledico hhehaheha... dai! dai! Facciamo amicizia!» - l'uomo con le orecchie da coniglio gli avrebbe allungato una mano, la destra, sulla quale il tizio avrebbe visto dei residui delle viscere di quel bambino. Erano delle corde vocali, forse, o qualcosa che restava di qualche arteria. Solo un buon patofisiologo avrebbe potuto dirlo con certezza. - «Io mi chiamo Minoru! haha Andiamo a bere, dai! Tu cosa bevi? Io solo sangue! hehehehajheh... delle bambine più che dei bambini. Meglio se neonate. Non ti preoccupare di quello...» - lanciò un'occhiata verso il vomito e verso il corpo del bambino. - «Tanto a Oto puliscono sempre hahahahihuhu»

     
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    Parte II - In giro per Oto


    Questa non me la aspettavo. Con in bocca il sapore acido del vomito, guardo quel mostro, che si è appena rialzato dal cadavere. Cerco di non guardare dietro di lui. Non voglio sapere. Sospetto già abbastanza.
    Quello che non mi aspettavo è l'aspetto di questo tizio. Immaginate, se ci riuscite, un uomo adulto, muscoloso, nudo, eccetto un grazioso paio mutandine da donna nere, orecchie da coniglio e papillon. Condite il tutto con una bella spruzzata di sangue, pezzi di visceri sparsi e uno sguardo folle, e vi avvicinerete alla creatura inquietantemente ridicola che mi trovo davanti adesso. Oh, e puzza anche, di interiora, carne cruda, morte.
    BLEARGH!!!
    Mh, lo stomaco non era ancora del tutto vuoto. Che gioia. Ora sì.

    Prima che possa rendermene conto, mi ritrovo quel mostro accanto. Mi poggia una mano viscida sulla spalla, lasciandovi un'impronta disgustosa. Poi inizia a parlare, ridendo come il folle che è. Non sembra curarsi molto di quello che ha fatto. Vuole solo fare amicizia, povero. Anche io voglio essere tuo amico, coniglietto pazzo, esattamente come voglio essere amico del batterio della peste.
    Al quadretto di follia completa mancavano giusto le voci nella testa e strani dei sconosciuti. Ora tutto ha decisamente più senso, no? Quante sono le possibilità, nella vita di una persona, di incappare in piena notte in un cannibale adoratore di un dio oscuro intento a divorare un...qualcuno...vestito come una coniglietta dei locali zozzi? Quante, dannatissimo Fato?

    Ma ora sono qui, e devo fare buon viso a cattivo gioco. Questo è palesemente in grado di farmi fuori, e non ci tengo a diventare la cena di qualcuno, almeno non nel prossimo futuro. Forse devo fare come si fa normalmente coi matti: assecondarlo. Pregando dentro di me di non peggiorare la mia situazione (cosa che, come sempre, temo profondamente), gli rispondo, con la voce più stabile che riesco a tirare fuori dagli abissi del panico.

    Ah-ah, certo, certo che voglio essere tuo amico, Minoru-san! Io sono Reiji, comunque. Molto lieto. Ehm...eh-eh...dovevi avere fame, eh? Ci credo che ora ti è venuta sete! Ma sì, sì, andiamo a bere qualcosa, perché no. Niente sangue per me, né di bambini né di bambine. I bambini mi piacciono vivi, nei prati, a distanza di sicurezza dalle loro manine appiccicose. Però un po' d'acqua mi aiuterebbe, sì, a mandar via questo saporaccio in bocca...

    Questo è completamente fuori. Ovviamente non c'è una guardia in giro quando serve. Anche la brutta faccia con ciuffo annesso del mio amico Kato sarebbe una vista gradita in questo momento. Ma in giro non c'è nessuno. Non che mi aspettassi altro. Questo è il modo carino dell'universo per dirmi che mi odia.

    Allora, sai già dove andare? Io starei in zona, eh, che tra poco devo andare via dal Villaggio per una missione!

    Con ripulsa, afferro la mano, viscida di sangue e brandelli di carne che Minoru mi sta tendendo, e mi tiro su.
    Pessima idea.
    Toh, pensavo fossi vuoto, stomaco.
    BLORCH!!!
    Spero di non avergli vomitato sui piedi. O che non se la prenda se l'ho fatto.
    Con un filo di voce cerco di scusarmi.

    Perdonami, non sto tanto bene.
     
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    E beh, alla fine aveva accettato... un aperitivo in compagnia! E che compagnia, per giunta! Dopo aver mangiato Minoru non poteva che sentirsi decisamente bene. Sentiva l'energia e la linfa vitale scorrere praticamente dappertutto. Si sentiva vibrante, per davvero, come non lo era stato da... 48 ore? Il ricordo di quella fame che aveva dovuto patire artificialmente era così duro da provocargli una smorfia sul viso. Alla fine dei conti la sua maledizione, proprio come aveva detto, era anche il suo dolore. Alla fine dei conti aver trovato un amico, - un vero amico, per giunta! - lo sollevava non molto. Gli amici servivano proprio per condividere i piaceri e le maledizioni e Reiji lo avrebbe aiutato a superare quelle voci nella testa e quel Dio. Forse. O forse avrebbe iniziato anch'egli a sentire le voci nella testa: non si poteva mai dire niente di certo a proposito. Quando venivi a contatto con un Somujo, con il suo Dio, o resistevi o venivi risucchiato. L'abisso ti guardava dentro e iniziavi a sclerare un po'. Almeno finché non ti mangiavi qualcosa di succoso, - o meglio qualciuno di succoso, - e non calmavi la tua fame e la tua sete per un po' di tempo. Almeno in quella maniera, beh... i pensieri strani a proposito di quel Dio e del suo cibo venivano meno. Per un po'. Giusto finché la fame non ti saliva di nuovo conquistandoti completamente, da capo a piedi, e divenivi un suo schiavo. - «Anche a me piacciono le bambine vive, Reiji.... hehehehiaihah» - disse ridendosela. - «Che corrono su di un prato recintato da del filo spinato,» - finì immaginandosi la bella scena. In effetti non poteva non pensare a tutto quello: un branco di bambini, felici e rosei, che scorrazzavano qua e la su e giù per un prato verde in un recinto. E qualcuno che li pascolava, li faceva mangiare e li assopiva con qualcosa per trasmetterli poi a Minoru che li sacrificava a Somujo e poi li sviscerava nel mentre erano ancora vivi.
    Un sogno.
    «Vuoi l'acqua? Io so dov'è l'acqua qui. Io non la bevo, però qua c'è una villa grande-grande, con dentro un sacco di cose e c'è anche l'acqua!» - esclamò. Il ragazzo, però, non sembrava essere tanto propenso ad andare nella camera di Minoru. - "Uhm?" - Si fermò Minoru guardandolo dall'alto. - «In che missione devi andare, amicooo? un po' tardi ora...» - si guardò intorno come a voler trovare qualcosa nella notte. Era tutto chiuso, probabilmente. - «Se vuoi vengo io con te!» - Gli sorrise. - «Io sono veramente, ma veramente, veramente-veramente braaaavo nelle missioni. E poi mi piacciono tanto!» - Riuscì a dirgli prima che vide la smorfia di disgusto sulla faccia di quel tizio e il conato di vomito che gli saliva su per la gola per riversarsi sulla piazza. - «Ahahaahaha! Devi avere mangiato qualcosa di pesante, amico mio! mio! amico!.. Non mi sembra proprio il caso di andare in missione oggi! hehehe perché non vieni a casa del mio Boss?» - Gli chiese alzandolo con la forza per metterlo con i piedi per terra. Odorava bene e aveva un bel profumo, ma all'idea di mangiare ancora dopo quell'abbuffata al centro della piazza si contorse.
    "Devo resistere..." - e si leccò le labbra.




     
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    Parte III - In Giro per Oto


    Ma che belle immagini che crei, amico mio. Bambini come pecorelle al pascolo. In chi diavolo mi sono imbattuto? Questo viaggio ad Oto sta precipitando sempre più in una direzione che non mi piace. Non lascia ben sperare per il futuro, ecco.
    Con le bende del braccio mi pulisco la bocca, e guardo il mio nuovo...amico. Almeno, lui sembra considerarmi tale. A suo modo, sembra emanare una sincerità che in questo Villaggio non ho ancora trovato. Nonostante sia palesemente un mostro folle e sanguinario, è anche stranamente innocente. Un animale, feroce certo, ma non malvagio in sé. Privo di morale, piuttosto. Il suo modo di parlare, quasi bambinesco, per un po' mi fa quasi dimenticare che ci troviamo sulla scena di un efferato omicidio, che lui stesso a compiuto. Le parole, in fondo gentili, che mi rivolge riescono quasi a farmi ignorare il sangue che lo copre come una calzamaglia appiccicosa.

    Mmm, forse hai ragione, amico Minoru. Devo aver mangiato pesante, e mi sa che l'acqua non farebbe altro che farmi sciacquare le budella. Forse è meglio se prendo un po' d'aria fresca, visto che è una bella nottata. E sì, devo andare in missione tra poco, quindi non posso spostarmi troppo. Però se vuoi puoi accompagnarmi a fare un giro, ti va?

    Col cavolo che vengo con te in una villa, Minoru caro. Non me la sento di finire sul menù. E anche se non sono stato proprio un figlio modello, la lezione di non accettare inviti dagli sconosciuti me la ricordo. Sono sicuro che valga ancora di più nel caso lo sconosciuto sia un cannibale.

    Insomma, Minoru, ehm, dimmi di te! Dicevi che sei bravo con le missioni? Per me sarebbe la prima, quindi magari puoi darmi qualche consiglio! O puoi parlarmi del tuo, ehm, Dio, o delle voci che senti, se vuoi.

    Tutto, purché si distragga da me. Mi è sembrato di vedergli qualcosa brillare negli occhi, e non vorrei avesse ancora fame.
     
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    Chiedeva un consiglio a Minoru? Gli chiedeva di parlare del suo Dio? Ho-ho! Ma che era capitato: in un paradiso? Quel tipo sì che gli piaceva un sacco! Non se lo sarebbe mai mangiato, considerando che da troppo tempo era stata l'unica persona a essersi interessata realmente al Dio di Minoru, tanto da chiedergli persino dei consigli per la sua missione. Si strinse ancora più vicino a lui. - «Senti qua, amicone...» - lo prese per le spalle con un proprio braccio muscoloso stringendolo a sé. - «Il primo consiglio che ti posso dare è: non morire. » - Disse del tutto serio e sicuro di quello che stava dicendo nel mentre si avvicinavano al cancello. - «Perché se muori subito poi dopo non mi puoi portare il souvenir che voglio...» - fermò un attimo i suoi pensieri nel mentre camminavano, cercando di ricordarsi, per esatto, qual era il souver che voleva. Gli sembrava che fosse un qualche tipo di oggetto piccolo e insignificante per la maggior parte delle persone, ma che per lui era davvero... fondamentale. - «Voglio i cuori dei tuoi nemici.» - Gli disse schietto accompagnandolo verso il portone. Aria fresca era aria fresca e a Oto ne avevano davvero molta. E poi avevano davvero molto tempo per parlare. - «Ne vuoi sapere di più sulle mie voci? Bah... Sai, anche io non ne so molto. Semplicemente le sento ogni tanto. Sono da qualche parte del mio cervello. Nascono così. Lui mi parla. Somujo. Dice che vuole mangiare e devo mangiare. Era strano. Sai. Ma in fondo penso sia un un buon Dio...» - Finì di dire pensando che, forse, non era poi un Dio così maledettamente buono. O forse lo era? Insomma, costringeva le persone a mangiare altre persone, ma era pur sempre per restare vivi. E poi Somujo donava certi poteri alla gente... come poteva farne a meno ormai? D'altro canto a delle volte i rimorsi lo colpivano fortemente, ma non era quella la sera giusta.
    «Vuoi diventare anche tu un adepto di Somujo?» - chiese il bambini girandosi verso lo stesso per leccarsi le labbra. Non si accorse nemmeno come finalmente arrivarono alle porte. - «Ricordati del souvenir...» - gli disse dandogli una pacca sulla spalla per sparire nel dubbio quindi.



     
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    Parte IV - In Giro per Oto


    Il bizzarro (leggi: completamente fuori di testa) cannibale che mi sono trovato come compagno per la serata sembra davvero in vena di socializzazione. Da qualche minuto mi ha abbrancato le spalle, e camminiamo come vecchi compari in giro per le strade. Puzza dannatamente, e sono quasi sicuro che dovrò passare a smacchiare i vestiti. Nel mentre parla cordialmente, come se niente di quello che l'ho visto fare fosse mai successo. Come se fosse del tutto normale mangiare la gente per strada, in mutande e cravattino.

    Oh, mi sembra un ottimo consiglio...ehm...insomma, non morire mi sembra la base della riuscita di una missione, no? Se muori non serve a molto, no? E i souvenir dicevi, eh? Posso vedere di portarteli, sì, cioè, non credo di dover uccidere nessuno, in realtà. Devo solo consegnare una lettera. Ma se dovessi trovare dei cuori te li porto!

    Sì, come no. Mi è bastato quello che sei in grado di fare da solo, Minoru, non voglio alimentare ulteriormente la tua follia. Battuta di pessimo gusto, lo riconosco.
    Il folle coniglietto non accenna a zittirsi, ed attacca a parlare del suo Dio, che ho come l'impressione sia in realtà un prodotto della sua mente malata. Un modo per giustificare a se stesso gli atti atroci che compie. Non l'ho mai sentito, questo Somujo, ma di sicuro non sembra un buon Dio. Neppure una buona voce in testa, se ti dice di mangiare altre persone. Devo smetterla di pensarci, o rischio che qualcos'altro mi torni a gola.
    Però è strano, stare qui a braccetto con questo tipo, conversare in tono leggero di cannibalismo con uno sconosciuto coperto di sangue mi sta stranamente calmando, e mi sta aiutando a superare lo shock di poco fa. E, cosa più strana, Minoru non mi fa per nulla paura.

    Oh, sembra un dio interessante, questo Somujo. Certo, magari sarebbe meglio ti dicesse altro, no, invece di farti venire solo fame, no? Vuoi sapere una cosa?

    Non so perché, ma mi sento di dirglielo, a lui soltanto.

    Anche io seguo una specie di Dio, anche se in realtà non è esattamente tale. Io sono un Uomo-Onda, e seguo il Fato. Di fatto non saprei spiegarti come funziona, ma più o meno il concetto è che io, e quelli come me, ci lasciamo trasportare dagli eventi, convinti che il destino ci porterà sempre esattamente dove dobbiamo andare. Osteggiare il Fato è proibito, perché chi si oppone allo scorrere della corrente causa la propria distruzione, come la roccia che tenta invano di resistere alle onde.

    I dubbi che mi sono venuti negli ultimi due giorni affiorano tutti, e non riesco a non parlarne con quello sconosciuto coperto di sangue.

    Ma ultimamente non mi sembra molto giusto, sai? Il Fato a volte è un infame, ti mette in situazioni che non vorresti mai affrontare. Eppure ti tocca, se sei un Uomo-Onda, non puoi opporti. E io sinceramente mi sono un po' stancato. Dovrei fare cose cehe davvero preferirei evitare. Come te con il mangiare, credo, magari ogni tanto non avresti voglia di seguire Somujo, e invece ti tocca, dico bene?

    Siamo arrivati al Cancello. Mi sento stordito e confuso. Davvero mi sono appena aperto in confessione ad un pazzo cannibale vestito da stripper? A quanto pare sì, e questa è la dimostrazione, mio malgrado, che il Fato mi porta davvero dove devo andare.

    Io allora devo andare, Minoru. È stato un...piacere...conoscerti. Spero di rivederti, prima o poi.

    E poi, faccio una cosa gravissima.

    Senti, nel caso volessi venire a trovarmi, il nascondiglio degli Uomini-Onda si trova...

    Glielo dico. Gli rivelo il nostro più grande segreto. La sede del luogo dove risiede il Maestro, rivelata ad un mostro assassino. Dio, che casino ho combinato? Ma, stranamente, l'averlo fatto mi fa sentire meglio.
    Sento il Fato che mi tira da una parte all'altra, burattino nelle sue mani.
    Non so se adesso mi sto comportando esattamente come si aspetta che mi comporti, o sto iniziando a recidere i fili che mi controllano.
    Non lo so, e non so se voglio saperlo.
    Saluto Minoru con una mano, e mi avvio verso il Cancello.
     
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