L'Ombra del GiganteAkira-Sanjuro

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  1. -Hidan
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    L'Ombra del Gigante


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    I miei potenti colpi, guidati dalla forza del misticismo e dall'aver compreso, o forse era meglio dire intuito, lo stato del mondo e di quel luogo, aver colto cosa era stato quel tempio, la storia degli uomini che avevano percorso quelle lande e che erano morte, per proteggere qualcun altro.
    L'ultima serie gettò il mostro contro il terreno, facendolo dissolvere in centinaia di schizzi del suo oscuro essere, che andarono a ricoprire il suolo della stanza del tempio.
    Il mio corpo splendente, duro come il marmo, perse il suo sciamanico potere, e tornai alle mie normali fattezze.
    L'essere, solo apparentemente sconfitto, o quello che era rimasto del suo corpo, sembrò essere richiamato verso il centro della stanza, nella stessa pozza da cui era stato generato... E lì il suo corpo si riunì, come se nulla fosse successo.
    Un tremendo ruggito, più furioso di quello precedente, e l'essere fu di nuovo su di me. Ma la sua forza e velocità erano aumentate a dismisura, insieme alla sua rabbia.
    Non riuscii a fare nulla per evitare che le sue luride mani cingessero il mio collo.
    Dannazione...! Esclamai, in difficoltà, cercando di resistere come potevo a quella forza schiacciante anche per me.
    Richiamai il chakra per prepararmi all'inevitabile. I suoi colpi furono devastanti.
    Le zampate del demone di chakra mi investirono in pieno, fino quasi a farmi perdere i sensi. [Ferita Quasi Critica]Resistenza 750 - Impasto Medio

    z6ooNnk
    Quando il mostro mi lasciò, barcollai per qualche passo all'indietro, per poi cadere a terra.
    Distrutto e sul punto di perdere i sensi, da un momento all'altro.
    Non seppi dire cosa successe precisamente. Gli occhi, tumefatti, non riuscivano più a distinguere con precisione le varie figure. La mente sembrava non poter più comprendere ed analizzare cosa stesse succedendo.
    Sentii un tremore, una forte luce, il ruggito del demone di pece,, quindi una scossa così potente che credetti che la terra stessa sotto i miei stesse per crollare.

    Poi il silenzio.

    Mi sentii strattonare via. Respiravo affannosamente. Poi alcune voci familiari.
    Samoru... Sanjuro... Non riuscii a capire con cognizione quel che successe, e mi ritrovai in quello che parve essere un momento, o forse interi minuti.
    Ero sulle spalle del marinaio quando il mio corpo, forse quasi istintivamente vista la mia condizione, grazie alla mia arte di clan cercò di far fluire parte del dolore verso altre zone del corpo. Con quel poca di coscienza ripresa, potei osservare come il grande tempio era sostanzialmente crollato, e la Valle, attorno a me, pareva essere divenuta un altro luogo.
    Secca, arida, morta, e da tanto tempo.
    Cosa era successo in quel posto? Era stata tutta un'illusione? Oppure questo era quello che significava aver distrutto l'oscuro demone imprigionato nel tempio?
    Il demone era uscito, e aveva estirpato via tutta la vita di quel verde luogo.
    E'... E' morto...? Riuscii a stento a chiedere, mentre eravamo ormai giunti nuovamente alla nave.
    Mi accasciai sul ponte, poggiato con la schiena contro la struttura della nave.
    A quanto pareva il nostro viaggio sembrava essere concluso, ma mancava ancora qualcosa.
    Samoru ritrovò da qualche strano angolo della nave una vecchia bottiglia impolverata e rovinata dal tempo. La stappò per poi berne un profondo sorso prima di passarmela.
    Sanguinante e grondante di dolore, presi la bottiglia.
    Era così vecchia che pensai per un istante che il contenuto fosse più scaduto e acido del fango della palude di Sanjuro.
    Sull'etichetta, visibile solo per casualità, il resto di un'etichetta. Diceva: "njuro".
    Il vecchio sciamano aveva perso il figlio, e la propria ragione in quel posto.
    Aveva perso tutto e aveva vagato per anni, da solo
    Ma ora non era più da solo.
    Zia...? Possibile che Sanjuro e Samoru fosse parenti? Forse era meglio non conoscere la risposta.
    Bevvi dalla bottiglia e ne rimasi stupito per quanto fosse buono il contenuto. Il calore dell'alcol al limone riscaldo le mie membra doloranti.
    Con vigore lanciai la bottiglia fuori dalla barca.

    Mi alzai a fatica, appoggiandomi a Sanjuro.
    Lo guardai con un viso pieno di commozione. Ora sapevo, e non lo avrei mai dimenticato.
    Torniamo a casa... Amico mio...
    Ne seguì un turbine di acqua e ferocia. La nave venne scaraventata in aria in una vera e propria tempesta tropicale, mentre il mondo sembrava quasi finire sottosopra.

    Certe cose non cambiavano mai.




    Fine.

     
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