Ogni Promessa è Debito

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    La Portata Finale


    - VI -




    Quando Hebiko parlò del suo vestito Raizen le sorrise.

    Non hai un vestito nuovo, hai un vestito stupendo, dei dettagli veramente apprezzabili.

    Una martellata di malizia difficile da non percepire.
    Successivamente annuì al fatto che lei continuasse a nascondersi.

    Questo cercavo di dirti, magari in maniera scarsamente comprensibile, ma l’obiettivo era quello.
    Darti una visione completa dei pro e dei contro.


    Mentre lei parlava lui si sarebbe occupato di versarle del sakè.

    Mi raccomando, il sakè va assaporato, non è roba da otese, concedigli un po' di tempo o sarà come bere acqua.

    Quando poggiò la bottiglietta, dopo aver riempito il proprio bicchierino, lo alzò leggermente offrendolo alla salute di entrambi.

    No, non farò un brindisi così sfigato.
    Io so cosa voglio, per cui brinderò al tuo vestito.


    Sorseggiò il delicato vino di riso stringendo le labbra quando lo assaporò al meglio.

    Febh considerarti sua pari?
    Mh, socialmente forse.
    Per tutto il resto non penso sia possibile, è proprio un suo limite mentale.
    Forse mi considera suo amico, ma suo pari difficilmente.
    Ma sia per me che per te, considerato l’individuo, è decisamente una conquista.


    Ridacchiò mentre cercava tra le varie pietanze qualcosa che non avesse ancora mangiato, ed eccezion fatta per i noodles tirati a mano che stava imbevendo nel brodo dello shabu non era rimasto nulla.

    I problemi altrui sono sempre divertenti, interessanti, ad aiutare il prossimo ci si sente partecipi di un processo complesso che solitamente è vietato al prossimo.
    Ti fa sentire unica, no?


    Non si stava comportando benissimo, ma aveva notato del disagio in Hebiko quando i discorsi si facevano più personali, e la cosa peggiorava se tali discorsi sottintendevano un qualche tipo di legame.

    No no no!
    Basta sushi!
    Quello che mettono qui è un tappabuchi, infatti se noti non ho toccato un singolo chicco di riso.
    Il sushi buono è quello che viene preparato al momento è mangiato.
    In questo vassoio la temperatura è andata un po' a farsi friggere, i sapori non sono quelli giusti, e poi non cercare di farmi credere che ad Oto sapete quanta soia si mette sul sushi.


    Alzò nuovamente la mano con la dovuta educazione, ma senza vergognarsi del fatto che la alzasse nuovamente, dopotutto, pagava tutto di tasca.

    Vorrei del sushi al tavolo.

    Una richiesta che per il cameriere sembrava la fine del mondo, aveva da soddisfare la più importante delle bocche del villaggio e se non il migliore dei palati quantomeno uno che sapeva il fatto suo. Dopo un rapido inchino si diresse in cucina, ma parve che quella tensione l’avesse solo lui, il Maestro invece era sereno, un vecchietto che faceva quel lavoro da una vita.

    Mi raccomando, allo chef non si chiede, lui sa cosa è meglio per te, lascia fare a lui

    Il locale era di sua proprietà, e ci aveva riversato le attenzioni di una vita intera, proprio come un bambino, e non era difficile immaginarlo vedendo lo staff che poco dopo la sua presentazione gli avvicinò gli ingredienti, riposti in appositi scomparti di un piano di lavoro munito di ruote.
    Era uno spettacolo interessante e si poteva apprezzare la dedizione necessaria a cucinare un sushi di un livello superiore. Il riso non era infatti una pappa appicicaticcia sbattuta su un cestello di legno, ma una spianata ben disposta in cui ogni singolo chiccho aveva la sua lucentezza, mentre il cesto non riportava il minimo segno di usura, sintomo del fatto che la sua manutenzione era continua. Era riposto all’interno di vari strati di tessuto, atti a mantenere la temperatura costante e motivo per il quale il coperchio veniva solamente scostato, mai levato del tutto.
    Tutt’attorno comparivano svariate tipologie di pesce ma il tutto manteneva una pulizia ed un ordine sublime, soprattutto in termini di contaminazioni dovute all’evoluzione dei gusti odierni.

    Il sushi è semplicità.
    E la semplicità è una cosa seria, estremamente seria.
    Perchè sbagliare è... semplice.
    E quando una cosa così delicata va a braccetto con la sua nemesi solo il tempo che dedichi ad essa può mettere distanza tra le due


    Lo chef annuì solennemente, la semplicità era una cosa così seria da richiedere tutta la sua concentrazione, non tanto per la possibilità di sbagliare, ma per via del rispetto che doveva portare a quel piatto così antico.

    Ora, osserva.

    Un consiglio affatto scontato e soprattutto da non sottovalutare, le mani dell’uomo infatti emanavano qualcosa di singolare, non era energia, era esperienza, perfezione, gesti così precisi che solo il continuo perfezionamento durante gli anni di esercizio potevano rendere tali, era uno spettacolo imperdibile.
    Non erano acrobazie, non erano effetti scenici mirabolanti, non erano le tecniche ninja in grado di uccidere, era la vita di un uomo dedicata a nutrire il prossimo nel miglior modo possibile, l’opposto di ciò che facevano loro, qualcosa di difficile comprensione per qualcuno avvezzo a terminare una vita anziché accudirla.
    Forse era una delle ragioni per cui per Raizen quel momento aveva un valore aggiunto.
    Completata la palletta fu lui stesso a condire il boccone, posizionarlo su un piattino e porgerlo prima ad Hebiko poi a Raizen.

    Guarda la lucentezza del pesce, il candore del riso, il bilanciamento della soia.
    Non c’è niente di sbagliato in quel singolo boccone, tutto è come dev’essere.
    Hiroshi probabilmente non direbbe che è perfetto, ma considerando ciò che ho mangiato fuori dal suo locale credo di potergli quantomeno concedere che gli manchi molto poco.


    Non aveva offerto ad Hebiko una semplice cena, bensì un’esperienza irripetibile, e l’aveva fatto con cura, facendo attenzione a condividere con lei momenti se non unici quantomeno singolari.

    Ora dammi qualche secondo.

    Doveva concentrarsi sul suo boccone, assaporare ogni singolo istante. Dai chicchi che esplodevano nel loro delicato sapore dolciastro, al pesce che opponeva la sua delicata resistenza ai denti, alla soia che dava il sapido dando una spinta a tutti i sapori.
    Sensazioni che, per quanto sconosciute anche Hebiko poteva provare, non era forse come prendersi cura di lei in un certo senso?





     
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