Due viaggi nel Paese del FerroNamae & Fudoh

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  1. Shiltar Kaguya
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    Falce dei Kaguya


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    Fiori al Contrattacco

    Jaro diede tutto il tempo necessario a Namae per riprendersi, poi gli si avvicinò, scrutando incuriosito il Taiyo, mentre questi gli diceva di aver sciolto l'henge perché i samurai sapessero chi li aveva colpiti.
    Alla spiegazione sulla fine fatta fare alle pillole, poi, il seguace di Lashmi accennò un mezzo sorriso: Nelle squadre speciali di Oto, normalmente lo usavano come veleno. A quel che so, questo tipo di sostanza può generarsi dal proprio corpo per potenziare se stessi, o altri, oppure per avvelenare il prossimo, ma se quelle pillole non ti hanno dato effetti collaterali, potresti fare un favore al nemico che colpirai con le stesse, stai attento., gli disse pacatamente, prima di voltarsi ed eseguire la tecnica del richiamo.
    Un piccolo ragno spuntò nella mano di Jaro: Bene, amico mio, direi che è tempo che tu ci conduca dove ho lasciato le vostre uova..., gli sussurrò, prima che la creatura scattasse lesta in avanti, ad una velocità comunque accettabile persino per Namae.

    [...]

    Ci volle un'ora, forse poco meno, al duo per raggiungere il luogo dove il ragno si fermò: un capanno nella zona sud-orientale di Koje.
    Jaro fece cenno all'altro di attendere silenziosamente, mentre il piccolo ragno andava in avanscoperta.
    Pochi secondi, un filo di ragnatela rimasto collegato alle dita del membro dei Fiori e quello diede un resoconto al Taiyo: Sono cinque, forse sei. Il cucciolo di Lashmi-sama non è sicurissimo, c'è un angolo cieco nel punto da cui è riuscito ad entrare. Sicuramente ha visto il nostro assalitore, più altri quattro tizi.
    Il samurai posso occuparmene io, se vuoi, oppure puoi fare tu, in ogni caso, vedrò di darci un minimo di vantaggio con uno dei miei genjutsu ad area, quindi fammi andare avanti.
    , esordì il traditore di Oto, porgendo all'altro il filo di ragnatela, Quando lo sentirai vibrare, raggiungimi, ok, Namae-san? e sarebbe scattato in avanti, per poi fermarsi: Se sto ancora suonando quando arrivi, allora molti dei nostri nemici saranno prigionieri delle mie arti, se non tutti., concluse con un sorriso furbo, sparendo subito dopo.

    Pochi istanti ed il filo della ragnatela vibrò.
    Quando Namae raggiunse il capanno, trovò l'ingresso spalancato e Jaro intento a suonare un flauto: in effetti c'erano cinque persone lì dentro e di quelle cinque persone, quattro erano completamente paralizzate, mentre il Samurai sembrava guardarsi intorno confuso.
    Sei un dannato Shimasu, vecchio? Fra traditori di Oto dovremmo essere più cordiali!, lamentava il Samurai, prima di fermarsi alla vista di Namae: A proposito di facce nuove, tu devi essere il fortunato che è sopravvissuto al mio veleno!, ruggì, lanciandosi sul Taiyo.
    E l'Oleandro di Ame era da solo contro quel nemico, poiché il suo alleato stava tenendo bloccati gli altri quattro.
    Il Samurai sembrava avere dalla sua una velocità d'attacco non indifferente!
    Avrebbe bruciato la distanza fra loro in un istanteAdrenalina: 1 slot azione => Vel = Rossa+2 +2 (impasto), per poi cercare un colpo dalla velocità altrettanto impressionanteSlot Azione 2: Adrenalina => Vel = Rossa+2 +2(impasto), Forza = Rossa, Pot del Tirapugni = +15 con il pugno destro, subito seguito da un attacco più lento, ma ben più assurdo, poiché improvvisamente la mano del Samurai si sarebbe ingigantita, colpendo con violenzaSlot Azione 3 => Somatropina => Forza = Rossa, Vel = Rossa+3 (impasto), Pot = +15 (tirapugni)+10(ormone), dimensioni mano 1 slot dim. in più.
    Stava a Namae trovare come difendersi e contrattaccare, forse avrebbe dovuto ritrovare quella sensazione riscoperta fra il veleno e la pillola? In fondo non era un'abilità innata quella di cui gli aveva Jaro, ma una tecnica segreta che si basava sul generare veleni dal corpo e lui di veleni qualcosa ne sapeva.
    Chissà che si sarebbe inventato.

    Tekken ai Piedi


    Dopo quello con i Piedi



    Poo-sama fu decisamente sincero nel valutare il mio lavoro: faceva schifo ed avrei dovuto provarci altre duecento volte almeno.
    Non che l'idea mi entusiasmasse granché, sia ben chiaro, ma apprezzai l'onestà delle sue parole.
    In ogni caso, sembrava che non avessimo tempo per altri duecento tentativi, ma Poo-sama mi assicurò che mi avrebbe spiegato le basi e poi avrei avuto modo di lavorarci a Kiri, e mi fece persino vedere come correggere l'impugnatura del mio tekken.
    Poi mi diede un nuovo lavoro da portare avanti: un tekken da indossare ai piedi.
    Dopo un tekken fatto con i piedi, uno per i piedi?, ammetto di aver pensato che c'era un pò di sarcasmo in quella richiesta, ma me lo tenni per me quel pensiero.
    Ad ogni modo, Poo-sama m'indicò un manichino e tutta una serie di macchina: mola, sega circolare, una cosa con un colonnone, di cui ammetto che ai tempi non sapevo il nome (foratrice a colonna)... insomma, una serie di strumenti che mi avrebbero dovuto aiutare in quel lavoro.
    E così cominciai.

    Primo passo: niente macchinari complessi, giusto un metro ed un foglio con matita. Presi le misure del piede del manichino, così come le distanze dal tallone alla caviglia ed anche un pò più in alto dalla caviglia al ginocchio, insomma, mi feci uno schizzo di tutta la struttura da creare.
    Forse non ero andato tantissimo a scuola lì all'orfanotrofio, prima di scappare, ma non ero del tutto ignorante (non ridete!) e due scarabocchi per elaborare come meglio fare una sorta di stivale da mettere sopra lo stivale, li sapevo elaborare pure io.
    Dopo di ciò, recuperai diversi pezzi di metallo: uno più grosso, sarebbe diventato lo "stivale", alcuni più grossi ma corti come legacci ed uno più spesso per fare da lama. Ed iniziai a lavorarli.
    Iniziai alla fornace, con il pezzo più grosso, quando fu pronto, presi martello e pinze e gli diedi una prima forma, usando il metro per le misure, quindi lo portai a quello che si chiamava "mola": avrei piegato il materiale per prendere le giuste dimensioni e distanze, per formarsi sulla pianta del piede e risalire alla caviglia.
    Finito quel primo pezzo, sarei passato ai blocchi che dovevano fare da simil lacci, certo, non si parlava di creare qualcosa di comodo, ma giusto un modello: anche con le mie conoscenze pari a zero, la logica negava anche solo lontanamente come soluzione di usare metallo per i collegamenti dalla caviglia al ginocchio, perché avrebbero bloccato di molto la mobilità della gamba.
    Ma per l'occasione potevano andare bene.
    Così ricominciai: fornace, martelli e pinze, metri e goniometri per le dimensioni, poi mola e quindi una volta che tutti i pezzi fossero stati pronti, sarei andato alla foratrice e lì avrei fatto dei buchi, sempre usando un metro, sul "tekken da piede" e sui legacci, nei punti e con le corrette distanze e dimensioni, per collegare i pezzi, quindi avrei preso dei chiodi e li avrei usati per inserirli lì in mezzo.
    Poi mi sarei avvicinato alla fornace: i pezzi di metallo avanzati, li avrei fusi insieme e lasciati raffreddare attorno ai chiodi, per essere sicuro che non si levassero.
    Bella idea, no? In fondo con dei lacci ci sarebbero stati legacci, cerniere o cose così, ma per l'occasione, mi limitai a qualcosa di più "diretto".
    E mentre i miei legacci si raffreddavano, lavorai il pezzo per fare la lama.
    Con martello ed incudine gli diedi la forma, o almeno ci provai, quindi tornai alla foratrice, per attaccare la lama alla base dello stivale: avrei usato altri quattro chiodi, nessuno sulla parte centrale del "tekken da piede", li avrei messi sui lati.
    In fondo, se uno ci doveva camminare su quei cosi, come avrebbe fatto con dei chiodi che battevano sulla pianta del piede, meglio agganciare la lama lungo i bordi, dove fra eventuale scarpa e tutto li resto, non si sarebbe dovuto sentire troppo la presenza dei chiodi.

    Ci misi un pò, mi becca qualche bella scottatura e per alcuni colpi e lavori usai anche del chakra, lo ammetto, per darmi forza, ma alla fine, fatto tutto quello che v'ho raccontato, mi voltai verso Poo-sama.
    Che ne dice, Poo-sama?, gli chiesi infine, speranzoso di aver fatto meglio di prima.
     
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