La Più Grande delle Minacce

Il Crollo di un'Era

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  1. Ledah
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    La donna venne rilasciata dal viscido abbraccio della lingua del colossale rettile alle sue spalle, consentendole di avvicinarsi al centro dell'azione dove il neo-eletto capo di quel mucchio di casette fatiscenti proclamò una sfida nella quale avrebbe messo in palio poteri inimmaginabili.

    La prima caratteristica di quel potere era quella di renderti estremamente brutto in cambio di quella che sarebbe dovuta essere un'estrema forza, vedere quell'omone alto quasi quanto la statuaria Haru ergersi a dimensioni ancora superiori le fece pensare che quello potesse essere il sentiero per lei.

    Ignara del pericolo e del potenziale controllo che sarebbe potuto essere esercitato su di lei, la donna si propose tra i volontari per la trasformazione, accecata dalla possibilità di crescere rapidamente e raggiungere il livello di quel tipo che l'aveva così sonoramente battuta, senza fermarsi a considerare il livello dell'omone di fronte a lei.

    Avvicinandosi al colosso dei Mikawa gli disse spavalda a dispetto del braccio rotto:

    "Sembra interessante omone, let's see what you've got."

    Si fece imprimere il sigillo sulla spalla sinistra, quella sana, conscia del fatto che avrebbe dovuto dimostrare una determinazione che andasse al di là della mera sopportazione del dolore fisico.

    L'affondo del clone di sangue del Mikawa fu rapido e quasi inaspettato, dandole l'impressione di averle iniettato della lava direttamente neli vasi sanguigni della spalla e che quella sensazione si estendesse in tutto il corpo, lungo il suo sangue, sino a giungere al cuore che con rapidi e poderosi battiti la spinse in circolo avvolgendo il corpo e la mente di Haru in un mondo composto di fiamme bianche.

    Non aveva idea di quanto tempo fosse passato dall'inizio di quel tormento alla sua conclusione, ma quando tornò in sé non sembrava più essere nello stesso luogo ed il braccio sembrava esserle tornato sano.

    Il mondo da bianco cominciò ad assumere una forma e dei colori in qualche modo familiari ma estremamente indistinti mentre una nebbia oscura cominciava ad emergere tutt'intorno a lei, provò a toccarla e questo sembrò dare il via ad una bizzarra reazione in cui quell'oscurità cominciò a vorticarle attorno sino ad addensarsi ed assumere una forma umanoide nella quale dominavano chiaramente quelli che sembravano essere occhi, una voce tetra e non meno immateriale dell'essere di fronte a lei sembrò emergere da ogni direzione, dicendole:

    "Una nuova vittima, un nuovo pupazzo per il mio Signore."

    Questo sembrò Irritare Haru che si girò cercando d'identificare la provenienza di quella voce mentre il fumo attorno a lei prese a vorticare in maniera febbrile:

    "Io non sono il pupazzo di nessuno, got it?!"

    Una risata che sembrava assomigliare all'infrangersi di numerose vetrate risuonò in quel luogo mutevole, dove pareti e forme mutavano di continuo creando un mix di elementi familiari ma difficili d'afferrare, a quel punto la voce rispose:

    "Ma tu sarai un grande pupazzo, non hai mai smesso di esserlo ed hai lasciato che fossero i tuoi piedi a condurti qui..."

    Haru cercò gli occhi del nemico intorno a sé, puntando a guadagnare altro tempo tramite le futili chiacchiere delle quali quella presenza sembrava essere una grande fan:

    "Oh yeah!?
    Perché non mi spieghi questa tua bella teoria?"


    La risposta arrivò immediata e con essa si palesarono nuovamente quegli occhi brillanti:

    "Ma certo, faremo un bel viaggetto nel passato..."

    Haru si mosse per colpire il “volto” di quell'essere ma finì per esserne avvolta interamente e quando il fumo passò, si trovò cambiata.

    "What the..?"

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    Il mondo attorno a lei prese finalmente una forma tramutandosi in una cella a lei sin troppo familiare, immediatamente le tornarono alla mente i ricordi della sua infanzia come se fossero avvenuti solo pochi attimi prima, le sembrava di rimembrare per filo e per segno ogni dettaglio della baracca che accoglieva lei e gli altri orfani dell'ultima guerra, sino all'odore delle lenzuola sulle quali si addormentava ogni notte prima che venissero a trovarla quegli uomini.

    Entrambi portavano una fascia metallica sulla fronte ed a dispetto dell'aria mingherlina sembravano incutere un grande timore nei suoi tutori, si presero cura di esaminare ogni orfanello in quello che comprese poi essere un esame medico per verificare chi di quei miserabili scarti potesse tornare utile ai loro esperimenti.

    Le tastarono gli arti, le chiesero di stare in equilibrio e le fecero altri esami di quel genere, scrissero qualcosa sulla loro cartella e passarono al prossimo, fu solo qualche ora più tardi che le venne detto di andare con loro, non le venne richiesto di portare nessuna delle sue cose, col senno di poi si disse che per i suoi nuovi “tutori” si sarebbe trattato solo di ulteriore paccottiglia della quale sbarazzarsi assieme ai corpi, non che avesse molto da portarsi in ogni caso.

    Ricordava molto bene la cella in cui si trovava, vi avrebbe dimorato per molti anni assieme ad altri degli orfanelli che come lei erano stati ritenuti idonei e la cui vita era stata acquistata per pochi Ryo da persone che avevano sin troppe bocche da sfamare.


    L'ombrà tornò a tormentarla con le proprie parole:

    "Non sei mai veramente uscita da questo ruolo, vero?"

    La ora piccola Haru si voltò verso l'ombra con un'espressione dura a dispetto della giovane età del suo viso i suoi occhi mostravano la sua attuale maturità:

    "Ti credi così furbo per avermi ricordato d'aver avuto una brutta infanzia?
    Ci sono già passata, so già come prosegue la storia."


    Una risata malevola le risuonò nelle orecchie:

    "Forse hai ragione, ma qualcosa mi dice che imparerai qualcosa rivivendola..."

    Gli occhi di Haru si spalancarono mentre esclamava per la sorpresa ed una tinta di timore:

    "Are you...?!"

    La sua coscienza sembrò scomparire, soverchiata dai ricordi che si affollavano nella sua mente, poteva sentire le urla ed i pianti degli altri bambini nelle celle limitrofe, ricordava le proprie urla, la disperazione e l'angoscia che attanagliavano la sua pancia come se fosse compressa da un peso impossibile da rimuovere.

    Vide un bambino venire strattonato urlando e scalciando verso le scale e venire zittito con un ceffone dall'uomo vestito di bianco che lo stava trascinando chissà dove.
    Chi veniva fatto uscire spesso non faceva ritorno e quando lo faceva spesso urlava dal dolore per qualche ora prima di ammutolirsi in maniera definitiva.

    Gli uomini in bianco portavano anche il cibo, noessuno di loro entrava mai nelle celle salvo uno che giungeva saltuariamente dopo lo spegnimento delle luci, non rispondeva alle domande esattamente come gli altri, nessuno voleva dire loro cosa ci facessero lì e perché li avessero rinchiusi come animali, tuttavia sembrava essere il più gentile e meno brusco, alcuni non aprivano mai bocca ed avevano un'aspetto spaventoso, con grosse cicatrici che percorrevano volti segnati ed induriti da esperienze a lei ignote.

    Tuttavia di notte quell'uomo cambiava, entrava nelle celle e dopo qualche tempo tendeva ad urlare, si udivano con chiarezza delle urla seguite dal rumore di uno o più schiaffi, quando venne per lei, Haru cercò di non dargli motivo di colpirla, rimediando in ogni caso un occhio nero prima che il volto di quell'uomo le si avvicinasse.


    Per un momento vi sovrappose l'immagine di una testa sfigurata e chiaramente mozzata che sembrava assomigliare vagamente a lui, quell'immagine distrasse la ragazza che tornò in se, ricordando giusto il dolore e le lacrime che seguirono quell'evento prima che la nebbia tornasse a palesarsi intorno a lei, riportandola gradualmente al presente.

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    "Sai essere molto obbediente quando ti ci metti, è una vita semplice e priva di pensieri, ha un suo fascino, non trovi?"

    Haru si strofinò gli occhi gonfi, ora cosciente del fatto di trovarsi ancora in quella bizzarra situazione e cercando di rassicurarsi del fatto che né quel luogo, né quell'uomo potevano più farle alcunché, si era occupata personalmente della faccenda e rispose infuriata:

    "I'm not that child anymore!!!"

    Un'altra risata da parte dell'ombra precedette le sue parole:

    "Non te la prendere, non ti paragonerei mai a quei falliti dei tuoi compagni tu sei diversa, tu sei... sopravvissuta, sei nata per questo."

    L'ombra non le diede il tempo di rispondere prima di avvolgerla nuovamente, portandola a ricordare il momento della prima operazione.

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    Era legata ad un tavolo operatorio e poteva solo osservare con timore i due uomini di fronte a lei, erano stati loro a “sceglierla” all'orfanotrofio ed a portarla in quel luogo orribile, notava ora per la prima volta i dettagli dei loro strani copricapi, portavano una nota incisa che però era stata come cancellata da un segno orizzontale, non aveva idea di cosa significasse all'epoca e l'unica cosa della quale era certa era che probabilmente non sarebbe tornata nella sua cella, come gli altri bambini prima di lei.

    Le vennero fatte delle iniezioni che indussero immediatamente una risposta dolorosa nel suo corpo, i muscoli erano coinvolti da spasmi e sembravano comprimersi e dilatarsi di loro volontà senza tenere in mente il fatto che fossero connessi alle ossa dalle quali sembravano quasi volersi staccare, uno dei due medici prese appunti mentre l'altro iniziò a girare una valvola per farle inalare una sostanza ignota, sentì il dolore ridursi mentre uno di loro tirava fuori un bisturi, avevano tratteggiato delle linee sul suo corpo, incluso il volto e portando altre siringhe ed altri strumenti, si apprestarono a creare le cicatrici che ancora segnavano il suo volto e non solo.


    Una voce melliflua la riportò in sé.

    "Visto come sei stata brava?
    Anche oggi hai sopportato il dolore per il bene dei tuoi padroni, sono nuovi padroni ma pur sempre di padroni si tratta, lasciati andare e sarai fortissima."


    Haru intanto prendeva grandi respiri, cercando di trarre un qualche tipo di sollievo dall'aria densa ed umida della cella mista ad un penetrante odore di muffa mentre qualche gocciolina di sudore freddo le colava ancora lungo il corpo.
    Attese qualche secondo prima di rispondere, ora con voce più matura:

    "Non ho padroni, se credi che un servo come te possa dominarmi, ti sbagli di grosso!"



    Questa volta sembrò essere lei stessa ad innescare i propri ricordi, i suoi muscoli crescevano e si assicurava di esercitarli a dovere, la qualità dei suoi pasti era migliorata ed i due nukenin di Oto non facevano altro che lodarla per quanto stesse divenendo forte grazie ai loro esperimenti, era cresciuta in una maniera innaturale, contava di avere oramai 15-16 anni e già stava per superare il metro e novanta, non era sicura di quando si sarebbe fermata ma indubbiamente era più forte fisicamente degli inservienti che oramai la guardavano con timore a dispetto della sua apparente obbedienza, un male necessario mentre affinava il suo corpo, una flessione alla volta.

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    Purtroppo non le bastava essere forte, avrebbe dovuto procurarsi una qualche arma per divenire letale ma le era impossibile procurarsele in quel contesto, non era in grado di uccidere i suoi avversari rapidamente, alle volte aveva affrontato delle belve feroci come parte degli esperimenti dei suoi aguzzini ma un conto era strozzare un singolo orso a mani nude e senza interruzioni, un'altro era quello di trovarsi circondata da avversari armati e senza un piano, aveva bisogno di tagliare l'operazione alla testa e sfruttare la confusione che ne sarebbe seguita per fuggire.

    L'occasione arrivò il giorno di una nuova operazione, i due nukenin le spiegarono come sino ad allora avessero temuto pesanti rigetti nell'installazione di potenziamenti metallici noti come innesti, ma di come fossero finalmente riusciti a procurarsi del materiale di contrabbando e pensarono di farne dono alla loro futura arma preferita, in fondo l'avevano potenziata per fare dei test ma era sempre stata così collaborativa da meritarsi un altro upgrade e forse anche delle prime esperienze sul campo.

    Non appena l'operazione fu conclusa, Haru fu in grado di estrarre una delle sue lame interne per la prima volta, in essa poté vedere riflesso il proprio volto, per qualche secondo rimase incantata dalla bellezza letale della lama, non appena uno dei due nukenin otesi le si avvicinò, le chiese cosa ne pensasse, in risposta si ritrovò con le budella al vento, il sangue caldo dell'uomo tinse di rosso la lama la cui bellezza sembrò aumentare, ma questo non fu che l'inizio:

    "Direi che non è niente male doc."


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    Il secondo dottore per un attimo ebbe un riflesso azzurro come quello degli occhi dell'essere d'ombra prima d'attaccare, quello scontro sembrava diverso da come lo ricordava, il nukenin era un uomo pericoloso, ma non era fisicamente alla sua altezza, questa volta invece riuscì a darle qualche pensiero in più, spingendola via con un calcio sul torace per concentrarsi sulla composizione di strane posizioni delle mani.

    Purtroppo per lui o l'ombra che lo manovrava, anche con quella distrazione l'esito rimase il medesimo ed Haru riuscì ad amputare entrambe le mani dell'uomo che arrugginito nell'arte della lotta, cadde a terra in preda al dolore, ancora incapace di comprendere come mai il suo miglior strumento avesse deciso di ribellarsi così all'improvviso:

    "Non è stata una decisione improvvisa, attendevo solo il momento giusto, thank's for the gift!"

    Haru concluse la frase infilzando anche il secondo nukenin otese, ma non era finita lì, il fumo nero emerse dall'uomo in cerca di altri ospiti, incarnò molti uomini in bianco, i quali vennero falciati l'uno dopo l'altro sino a quando il loro sangue non sembrò coprirla interamente, improvvisamente, la giovane donna si trovò davanti l'uomo che tanti anni prima le aveva lasciato quell'occhio nero, con lui decise di prendersi il tempo necessario.

    Lo rese inerme amputandogli o fratturandogli gli arti, seguendo con il piatto forte, una serie di devastanti pugni che ridusse in poltiglia quello che una volta aveva chiamato volto.
    Ad ogni colpo volava un dente oppure sentiva il setto nasale subire una nuova frattura mentre l'uomo, stordito, imbrattava il pavimento del proprio sangue.
    Tutto si concluse con un taglio netto della testa dell'uomo,
    l'osservò per qualche secondo prima di vedere una nuova nube di fumo emergere dalla testa mozzata ed avvolgerla nuovamente, questa volta il fumo sembrava essere nettamente più denso e forse anche più solido, persino la sua voce si era fatta più decisa:

    "E così li hai uccisi tutti, specialmente lui."

    Il commento di Haru fu secco:

    "Lo meritavano, lui in particolar modo."

    La voce si avvicinò, sembrava quasi che dalle ombre comparisse una mano:

    "Alla fine sei diventata ciò per cui ti avevano creato, una macchina di morte."

    "Sono piuttosto sicura che volessero guadagnare dei Ryo, non essere uccisi da me."

    La mano assunse una maggior definizione, cominciando a generare lunghi artigli:

    "Sei ad Oto per completare il lavoro iniziato da loro, hai bisogno di una guida."

    "Ho bisogno che tu stia zitto."

    La mano si avvicinò pericolosamente vicino alla gola della giovane e sembrava sempre più densa e tangibile al punto di poterne quasi avvertire il fetore:

    "Diventerai forte con me al comando, obbedirai al mio Signore e nessuno ti farà più del male, lascia che ti protegga da uomini spaventosi come il tipo che ti ha rotto il braccio... lascia che ti aiuti a dimenticare questi orrori..."

    La mano si fece ormai vicinissima e pronta a tranciare la gola della giovane Haru...

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    Quando improvvisamente un potente colpo all'indietro prese in pieno il volto del mostro d'ombra che lo accusò quasi come se fosse stato solido!

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    Le parole di Haru rieccheggiarono in tutto l'ambiente mentre il mostro cercava di comprendere cosa fosse successo a pochi attimi dalla vittoria:

    "You damn idiot!
    Pensavi davvero d'indebolire la mia determinazione mostrandomi i miei stessi ricordi?
    Sono diventata forte proprio per essere libera, non lascerò che qualcuno mi controlli per ottenerla, questo significa che tu ed io abbiamo chiuso!"


    Una nuova raffica di pugni si abbatté sull'essere che oramai sembrava quasi completamente solido e che venne sbattuto con forza verso un muro, infrangendolo ed emergendo in uno spazio vuoto al di fuori dei ricordi di Haru su quei corridoi sotteranei, l'unico collegamento che sembrava ancora condividere con lei era una sorta di evanescente cordone ombelicale collegato al punto in cui Diogene aveva innestato il sigillo nella spalla della donna.
    Mentre cercava di riprendersi dalla serie di colpi, il mostro rispose infuriato:

    "Dannazione!
    Dovevo capirlo subito che fossi troppo stupida per capire le mie parole, tu...ARGH!!!"


    Venne interrotto da un altro diretto al muso da una Haru che dalla sua adolescenza sembrava essere tornata alla sua età ed aspetto ordinari:

    "You're the dumb one!
    Non c'è nulla da capire qui se non che hai cercato di divenire più forte a mie spese e che se sono in grado di colpirti è solo perché ti sei nutrito delle mie paure per divenire solido..."


    Facendo il gesto di una gola tagliata la donna rise beffarda esibendo i suoi denti acuminati all'avversario prima di concludere:

    "Tornerai ad essere un'innocua nebbiolina, mi aspetto di espellerti con la prossima puzzetta, è una fine che ti si addice!"

    A questo punto era chiaro ed evidente che il mostro si fosse sentito ferito nell'orgoglio e turbinando su sé stesso assunse una nuova forma, solida al 100% ed il cui aspetto ricordava quello di un demone nerboruto con tanto di lunghe corna e denti aguzzi che sembrava sovrastare persino Haru in altezza, il quale urlò con voce cavernosa:

    "Basta così!
    Se è solo la violenza ed il dolore che capisci, mi assicurerò di spezzare il tuo spirito assieme alla tua spina dorsale!!!"


    Haru sfoggiò un'espressione divertita mettendosi in posizione di guardia e rispondendo alla sfida del demone:

    "Ah sì?
    Vediamo se sei tutto fumo e niente arrosto, oppure se avrò qualcosa degno d'essere scazzottato tra le mani, Let's see what you've got!!!"


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    Quello fu l'inizio di un epico scontro basato interamente sulla forza di volontà incarnata mentalmente nella capacità di pestare l'avversario sino a quando il suo spirito non si fosse spezzato, non era possibile dire dall'esterno chi dei due stesse avendo la meglio, l'esito finale sarebbe stato in sospeso sino al momento in cui la donna fosse stata in grado di riaprire gli occhi sul mondo reale.
     
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