La Più Grande delle Minacce

Il Crollo di un'Era

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  1. Ledah
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    Le sembrò di riemergere da un lungo sonno, i suoi ricordi erano confusi e si rimescolavano in un turbinio di rumori, colori e sensazioni indistinte ma indubbiamente spiacevoli, il rosso tornava sempre a confondersi ad urla lancinanti in risposta ad un nuovo tipo di dolore, poteva ricordare qualcosa perforarle la pelle e le carni, incidere in essa tagli profondi ed il rosso tornava a sgorgare come una nuova sorgente mentre un rumore raccapricciante le ricordava una serie di interminabili minuti in cui poteva sentire distintamente una sega farsi strada nelle sue ossa.

    Una volta aperti gli occhi, il dolore svanì assieme a quei pochi ricordi, come neve che si scioglieva alla luce del mattino.
    Qualcuno le mosse un oggetto davanti al viso e dopo pochi istanti era tornata sveglia a sufficenza da comprendere la situazione e ritrovarsi a lottare inutilmente contro i legacci che la costringevano al lettino, forse i suoi arti erano legati particolarmente stretti perché non riusciva a sentirseli per niente.

    Il tipo le diede rapidamente qualche spiegazione, si trattava di un disgustoso ometto grigio che si divertì ancora ad agitarle quel'oggetto davanti agli occhi, solo che questa volta le apparve chiaro di cosa si trattasse.
    Quel figlio di buona donna le aveva staccato gli arti e sembrava divertirsi un casino, divertimento non condiviso da Haru che si vide costretta a sorbirsi tutti gli idiotici progetti di quel demente.

    Avrebbe voluto liberarsi da quelle corde e prenderlo a sberle col suo stesso braccio impugnato come una clava improvvisata, tuttavia era chiaro che il potere non fosse nelle mani della donna che decise di utilizzare uno dei pochi muscoli utili in quella situazione, la lingua.

    Cominciò sforzandosi di fare una risata che le uscì come un cavernoso verso gutturale per poi dire:

    "Invertirmi braccia e gambe?
    Farmi pisciare in giro e magari farmi indossare un fottuto pannolone?
    Sarebbe questa la tua idea del 'più cazzuto mostro che i bambini di Oto abbiano mai visto'?"


    In quel momento non aveva idea di cosa fosse Oto, ma era il caso di proseguire con l'uso della lingua:

    "Anche quella ferraglia direi che te la puoi ficcare su per il culo se non sei in grado di pensare a qualcosa di meglio, persino io saprei ideare qualcosa di più terrificante!"

    E non si trattava di una menzogna, essere un tronco umano smemorato ti dava una certa elasticità quando si trattava di tramutarsi in un mostro e sicuramente preferiva essere brutta, forte e spaventosa che non un fenomeno da baraccone con braccia per gambe e gambe per braccia con l'abitudine di farsela sotto.

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    E così iniziò coi suggerimenti:

    "Innanzitutto, braccia e gambe al loro posto, certe limitazioni stimolano l'ingegno e puoi aggiungere artigli o qualche arma, mettici un seghetto o qualcosa del genere sull'avambraccio o qualche spuntone sui gomiti, vedi come corrono i bambini alla sola vista!

    Poi hai tutto un corpo su cui lavorare, prova ad aggiungere qualche arto extra o delle ali o una coda, i denti puoi farli più grossi ed appuntiti e perché no, se sei tanto bravo potresti darmi delle scaglie o degli occhi che brillano al buio you goddamned piece of shit!"


    Non era sicura del perché alla fine le fosse venuto da parlare in un'altra lingua ma le sembrò naturale.
    Adesso c'era da sperare che quell'idiota le rimettesse a posto le braccia prima che tutto il suo sangue migrasse altrove.
     
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