La Più Grande delle MinacceIl Crollo di un'Era

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  1. Munisai
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    La Più Grande delle Minacce • Capitolo IX

    Munisai guadagnò il centro della piazza con lento incedere. Gli occhi seriosi puntati davanti a sé vennero distolti solo pochi istanti per guardare in tralice il ragazzino biondo, il quale arrivò nel luogo del raduno più o meno nello stesso momento.
    Yukine era uno di quelli che si erano sottratti alla prova del Sigillo, ma era possibile che la recluta fosse stata comunque esaminata in qualche maniera, per saggiarne la determinazione e la forza di spirito. Ma si trattava di mere congetture. Il ragazzino era sicuramente trafelato per essere arrivato di gran corsa da chissà dove, ma sembrava del tutto incolume.

    Oltre ai due novellini erano presenti, come gli era stato anticipato, sia Febh che il nuovo Kage, evidentemente in attesa che i vari ninja otesi che avevano deciso di mettersi in gioco facessero ritorno, vivi o in un sacco di plastica.
    C'era anche un volto nuovo però, qualcuno che il rosso era abbastanza sicuro di non aver visto tra la folla all'inizio di tutta quella storia. Una ragazza dai lunghi capelli corvini e dagli occhi violacei, vestita da sacerdotessa.
    Il nuovo arrivato trovò decisamente curioso che costei se ne stesse lì fianco a fianco alle due più alte cariche del Villaggio come se nulla fosse. Era forse un pezzo grosso del Suono anche lei? Eppure il ragazzone non aveva informazioni riguardo a una kunoichi che ricoprisse una posizione gerarchica così importante a Oto, e tantomeno una Miko.
    Munisai la degnò giusto di un paio di secondi in più di attenzione, poi si disinteressò della cosa portando lo sguardo sul Mikawa.
    Eccomi disse lapidario, giungendo le mani dietro la schiena.
    La luce di quei pilastri di pura energia che fluttuavano alti nel cielo catturarono nuovamente i suoi occhi. Come l'ascia del boia sul collo del reo, così queste incombevano funeste su quello che era probabilmente il palazzo più antico di quel luogo.

    Lo Yakushi prese la parola, chiedendo se le nuove leve avessero qualche commento da fare su quanto avevano appena vissuto, e il tono pungente era ben percepibile, spiegando poi, per così dire, le ragioni di un approccio così inflessibile e spietato da parte del Villaggio nei confronti dei suoi shinobi.
    Qualsiasi situazione egli avesse affrontato, il piccolo otese ammise di essere stato sopraffatto dalla paura. Chiese come evitare che un'emozione così invalidante tornasse ad affliggerlo nel futuro.
    Be' sicuramente si sarebbe dovuto rimboccare le maniche e lavorare sodo per diventare più forte, perché solo aumentando la propria forza, la sicurezza nei propri mezzi e sviluppando le proprie capacità il più possibile si poteva espandere la propria area di comfort e ridimensionare progressivamente il dominio della paura. Fermo restando che la paura, dal punto di vista di Munisai, fosse la migliore amica della crescita. Qualcosa che indicava in maniera infallibile le debolezze e le lacune dell'individuo, suggerendogli su cosa lavorare e in che modo migliorarsi.
    Certo, bisognava avere le spalle larghe per imbrigliarla nel modo giusto.

    Il rosso, dal canto suo, non aveva grandi considerazioni da fare. Riteneva di aver intuito le motivazioni di una politica così crudele verso i propri stessi compatrioti, e le ultime parole dell'ex Amministratore non avevano fatto che rinsaldare questa convinzione.
    Il ragazzo ci avrebbe messo un po' per digerire gli eventi di quella notte. Era ancora leggermente scosso dall'accaduto, sebbene lo nascondesse bene. Però nel tragitto dalla discoteca al Palazzo della Serpe aveva avuto il tempo di trovare quiete, di riflettere a mente più fredda nella tranquillità e nel silenzio della notte.
    Suo malgrado, aveva riscontrato una analogia fin troppo calzante, prendendo a paragone qualcosa di molto vicino a lui.
    Ho lavorato a lungo come assistente nelle botteghe di fabbri esordì il giovane d'un tratto, guardando lo Yakushi.
    E' un mestiere duro, ma che regala molte soddisfazioni proseguì, cominciando un discorso che apparentemente non c'entrava un tubo al momento.
    Si prende un pezzo di metallo grezzo e lo si infila nella fucina incandescente.
    Se non gli si fa raggiungere una temperatura sufficientemente alta, è impossibile lavorarlo a dovere. Ma se si scalda troppo, brucia e diventa inutilizzabile.
    Tutto è affidato all'esperienza e alla sensibilità del fabbro, ma è un dato di fatto che una materia prima di qualità scadente si danneggia facilmente e non dà mai risultati apprezzabili.
    Non vale la pena sprecarci tempo ed energie.

    Fece una pausa, si guardò una mano stringendola a pugno.
    Poi arriva il martello.
    Il metallo rovente viene colpito vigorosamente, ma anche in maniera sapiente e precisa. Fino a quando esso non si raffredda, al che torna nelle fiamme che gli permettono di essere plasmato ulteriormente.
    Il procedimento si ripete fin quando un insulso pezzo di materia grezza viene trasformato, con perizia, pazienza e l'applicazione di una considerevole forza, in uno strumento pregevole, robusto. Ma soprattutto utile, che svolge alla perfezione la funzione per cui è stato pensato.

    Tacque per lunghi secondi.
    Era forse un'implicita ammissione del fatto che egli non solo comprendesse ma condividesse l'ideologia otese?
    Chissà, forse in futuro qualche suo sventurato sottoposto avrebbe risposto a quella domanda a proprie spese.
    Penso che ci siamo già detti tutto noi due, Febh Yakushi concluse, e si riferiva alle parole che l'uomo gli aveva rivolto allo Psycho Circus prima di congedarsi. Dal canto del rosso, invece, erano state soprattutto le sue azioni nel medesimo contesto a parlare per lui.



     
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