La Più Grande delle MinacceIl Crollo di un'Era

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  1. Munisai
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    La Più Grande delle Minacce • Capitolo X

    L'ex Amministratore si offrì senza alcun problema di aiutare il ragazzino biondo a vincere le proprie paure. Aiuto che si sarebbe concretizzato nelle peggiori torture fisiche e psicologiche probabilmente, viste le prove mortali alle quali quel pugno di temerari otesi aveva spontaneamente deciso di sottoporsi.
    Così come il Kokage attraverso i Sigilli Maledetti e le tenebre più oscure che essi facevano affiorare in coloro che tentavano a rischio della vita di impossessarsene, anche lo Yakushi si era dimostrato più che in grado di tormentate animo e corpo dei suoi sottoposti. O vittime, che dir si voglia.
    L'uomo dagli occhiali finti era forse ancora più inquietante del capovillaggio sotto quell'aspetto, in quanto sembrava palesemente e genuinamente divertito al pensiero delle tribolazioni elargite ai subordinati. La cosa sembrava regalargli allegria e gioia, simile a quella di un bambino pestifero che ride a crepapelle mentre gioca a smembrare le sue bambole.
    Eppure il metodo era efficacie, o almeno così la vedeva Munisai, e lo aveva ben espresso con la metafora del fabbro e del lavoro che compie per realizzare la sua opera. D'altronde il rosso aveva sempre detestato le pappemolli e riteneva che con la gentilezza e le parole d'incoraggiamento non si andasse molto lontano, non se si nutrivano ambizioni di eccellenza nella vita. E comunque, men che meno in un ambito militare come il loro. Quindi, esperienze dure, al limite del possibile, ma con un profitto a dir poco inestimabile. Costruire mattone dopo mattone la forza e la resilienza per poter affrontare e conquistare le vere sfide in agguato là fuori, in un mondo spietato che non faceva sconti a nessuno.

    Il Jonin esortò i due cadetti ad assecondare le loro inclinazioni, a coltivare i loro talenti. Al ragazzone, nello specifico, suggerì di sviluppare le capacità preesistenti come fabbro portandole al livello successivo, magari visitando vari territori al fine di farne proprie le tecniche.
    Neanche a farlo apposta, Munisai aveva fatto proprio quella pensata ancor prima di decidere di fare del Suono la sua nuova dimora.
    Fece un breve cenno di approvazione col capo, continuando a guardare negli occhi il superiore.
    Credo che sia un ottimo consiglio convenne il rosso.
    In effetti avevo già in mente qualcosa del genere, una sorta di pellegrinaggio, per così dire. Un viaggio per il continente che mi porti ad arricchire le mie conoscenze e ad affinare le mie capacità in quest'arte che mi sta così a cuore, confrontandomi con esperti del mestiere.
    Si grattò il mento, riflettendo.
    Ma è un progetto che intendo rimandare di alcuni mesi.
    Per il momento voglio ambientarmi bene qui a Oto e concentrarmi solo sulla mia carriera ninja. Addestrarmi e diventare uno shinobi degno di questo nome, in grado di reggersi sulle proprie gambe.
    Ora come ora penso sia questa la mia priorità, poi penserò al resto.

    Già, il novellino aveva tutte le intenzioni di diventare uno dei migliori fabbri sulla piazza, e sapeva di averne la stoffa. Ma prima di dedicarsi alla propria crescita in quell'ambito, reputava indispensabile radicarsi bene nel suo nuovo Villaggio, diventare un ninja capace e dunque accrescere la sua forza, e il suo prestigio.
    Tutto sarebbe stato più semplice e accessibile, a quel punto.

    Febh continuò parlando della situazione non esattamente idilliaca in cui versava Oto, di tutte le decisioni da prendere e dei vari cambiamenti nell'assetto del Suono necessari a riportarlo alla prosperità e alla migliore efficienza. Ogni argomento era importante e degno di discussione, ma il rosso non si azzardò a sciorinare idee o proposte.
    Lui era un outsider, di quel posto come di quel mondo. L'ultimo raggio dell'ultima ruota del carro, per essere chiari.
    Lì c'era un Kage appena eletto pronto a prendere in mano la situazione, mentre molti ancora dovevano rientrare dalle rispettive prove. Parecchie cose erano ancora in sospeso, per aria, proprio come le inquietanti colonne che risplendevano di pura energia sulla vetusta magione.
    La più pazzesca e traumatica riunione che si fosse mai vista non poteva certo dirsi conclusa.



     
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