Un campo d'addestramento è una realtà dura da vivere. Giorni e giorni di sofferenze, addestramenti mirati ad uccidere e temprare i partecipanti. Missioni pensate per essere sostanzialmente impossibili e per portare allo stremo coloro che sono costretti ad aderirvi.
I primi sintomi della fatica si facevano sentire sul chunin bambino. Per quanto lui amasse affrontare le difficoltà non era riuscito a divertirsi appieno durante questo addestramento. Un conto è vivere delle emozioni naturali, accadimenti casuali che portano sulla tua strada le difficoltà, tutt'altra cosa invece un campo organizzato palesemente per distruggerti.
Non che non capisse le intenzioni di coloro che dovevano stare ad osservare gli Anbu che come lui partecipavano, nè che avesse problemi a veder perire i più deboli, ma semplicemente ciò che pativa era un fisiologico calo di motivazione.
Un calo di motivazione che però era scomparso all'arrivo della tanto agognata fase finale.
I combattimenti diretti erano tutt'altra storia, soprattutto per un mangiatore di anime come poteva essere ryoshi. Solo un folle poteva godere e ridere immerso nel sangue dei propri genitori, sangue che egli stesso aveva fatto scorrere sotto gli occhi adoranti del Garth. Da tempo la quantità di vittime che aveva potuto mietere era diminuita, cercando di colmare le sue necessità con il tempo. Calma e poca notorietà erano cose delle quali aveva bisogno per svolgere al meglio le proprie missioni, quelle che il suo padrone gli aveva attribuito, ma qui, nel paese delle risaie, in questo villaggio abbandonato non c'erano altre regole che quelle primitive.
Vivere o morire
Il rosso non pensava si sarebbe davvero arrivati a conclusioni simili. Gli shinobi che erano sopravvissuti alle prove precedenti avevano dimostrato capacità incredibili e forza di adattamento superiori alla media. Nei panni degli osservatori non avrei avuto piacere a vederne perire alcuno.
Mentre prima si trattava di testarli in ambiti di massa, qui lo scontro diretto era fisiologico e naturale per dare ai partecipanti possibilità di miglioramento, ma perdere una vita per cosa ? Prima, durante le prove, vivere o morire differenziava chi poteva tornare utile in missione da chi sarebbe stato un peso, ma la parte di combattimento diretta era qualcosa di diverso.
Ryoshi lo sapeva, che comunque rischiava tutto. E proprio questa sensazione di ansia lo riempiva di adrenalina. Dietro la canonica maschera da Anbu dunque si celava un bambinetto, poco più che adolescente. Non sapeva dove il suo avversario lo aspettasse, se poteva immaginare quali fossero le sue abilità. Indubbimente, se era arrivato a questa fase, non era da sottovalutare.
Ryoshi arrivava da Sud, non era occultato. Avrebbe preferito poter arrivare celato dalle ombre ed attaccare il suo avversario nel più infimo dei modi, ma almeno in questi casi, e soprattutto in queste occasioni era necessario ricordarsi d'avere un etica. Si posizionò sopra l'ultima casa prima della piazzetta centrale, al centro della quale sembrava esserci un pozzo. Il suo avversario era davanti a lui, anch'esso evidentemente in attesa. L'incontro, però, iniziava in quell'istante, con piccoli pezzi del tetto che reggevano Ryoshi che iniziavano a
trasmutarsi in sabbia.
Anche lui non aveva motivi particolari per combattere oggi, se non dimostrare a chi lo guardava il suo valore intrinseco, e soprattutto la gloria.
Già, perchè prima o poi saremmo tornati a casa, vinti, o vincitori.