I Signori del Caos

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  1. Waket
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    Sconfitta e fuga


    XII




    Hebiko iniziò a sudare freddo quando un non sufficientemente acuto Tasaki prese a commentare la sua strategia, con una lunga parlantina. L'idea di abbandonarlo lì, usando direttamente lui come esca, iniziava a farsi invadente nella sua mente. No, non poteva, era pur sempre un otese, seppur acquisito. Ma questo l'avrebbe segnata a sufficienza da voler pretendere di studiare al meglio ogni futuro shinobi che avrebbe voluto far parte di quel villaggio. Forse, in un certo senso, la "tattica" del chunin avrebbe confuso Arata a sufficienza da farlo cadere nella sua trappola. E così fu. In un lampo, sarebbero entrambi svaniti nella nebbia, lasciandolo a bocca asciutta.

    Una volta allontanatisi a sufficienza, poterono uscire dalla marionetta, Hebiko piuttosto shocckata. Non solo aveva incontrato un altro esperimento, suo "fratello", ma era ad un livello fin troppo superiore al suo. Shunsui, a sentire il loro magro rapporto, si sforzò per complimentarli, con Tasaki che accolse la cosa gonfiando il petto. Ma non la Vipera. E' stato un disastro. Il suo sguardo si posò sull'otese, con un'espressione tale che avrebbe fatto rabbrividire anche il più forte dei jonin. Non sarò io a fermarti se il tuo desiderio è quello di suicidarti. Ma non avrai supporto. Soprattutto non da me. Crollò seduta, con un lungo sospiro. La mano a coprire la bocca, ripensando a tutti gli eventi. Quel tizio la poteva trovare quando voleva. Al contrario suo, sapevano benissimo dove abitava. Per quanto Oto fosse un covo di esperimenti che avrebbero fatto scintillare gli occhi di Arata per tutto il villaggio, Hebiko era fin troppo esposta per potersi dire al sicuro. Aveva confessato che ciò che gli importava era solamente il suo corpo, probabilmente lui stesso sapeva che la rossa lo avrebbe cercato, presto o tardi. Ma non aveva intenzione di farsi trovare impreparata.

    Li abbiamo sottovalutati, e ne siamo stati puniti. Abbiamo qualche informazione, sì. Ma come hai detto, sanno che le abbiamo. Ci siamo giocati il vantaggio che avevamo su di loro. Man mano che l'adrenalina e la paura del momento scemavano, riusciva a ragionare con più lucidità. Era vero, qualche informazione la avevano, forse sfruttandole al meglio potevano comunque fare qualcosa. Purtroppo sapere di quel fratello le annebbiava la mente, impedendole di vedere i (pochi) lati positivi della loro missione. Lasciamo perdere. E' inutile ragionarci ora. La cosa migliore è fare rapporto il prima possibile, e valutare le azioni successive. Non restava che tornarsene a casa, a leccarsi le ferite.
     
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