Soma, SomatosQuest A

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  1. Youshi2
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    SOMATOS


    I

    Lentamente camminavo lungo i corridoi del Liceo di Genosha. Le pareti in marmo nero risultavano lucide nei riflessi dei raggi solari, mi muovevo lungo il primo piano della struttura, dove alcuni operai terminavano di installare la fucina sul lato nord. Una volta che fui solo nella sala mi avvicinai ad essa, non ero assolutamente in grado di forgiare, era una competenza che non mi interessava possedere d'altronde. Ma non potevo che rimanere affascinato da quella macchina - frutto dell'ingegno umano - creata per raggiungere elevate temperature e ora spenta, fredda, inattiva. Chissà quanto sarebbe passato, dopo questo momento, quando nuovamente si sarebbe raffreddata, giorni, mesi, anni?
    Il Mizukage aveva fatto non solo installare la fucina, ricca di ogni strumento utile alla lavorazione del metallo, ma nelle stanze successive si trovavano altri laboratori. Procedetti con calma, tenendo la mani giunte dietro la schiena, spostandomi da uno all'altro. Alla vista delle ampolle e le altre vetrerie, dei mortai, degli alambicchi e dei distillatori, tutti di pregevole fattura, un sorriso soddisfatto percorse il mio volto. Lì, come in tutti gli altri laboratori che si stavano popolando di ogni materiale e ingrediente, sarebbe stato possibile non solo far sì che i ninja di Kiri potessero produrre ciò che desideravano, ma sarebbe stata anche occasione di condivisione del sapere, delle tecniche di costruzione.
    Insomma, l'obiettivo non era solo mettere a disposizione del villaggio un laboratorio completo, ma permettere ai ninja con intelletto affine di incontrarsi, confrontarsi, sperimentare, crescere.
    Presto il silenzio di quei corridoi, di quelle sale, sarebbe stato sostituito dal rumore dei passi, dal ritmico martellare dei fabbri, l'intera struttura sarebbe stata calcata da giovani leve del villaggio. Qui avrebbero trovato strumento utile alla loro crescita.
    Il Liceo stava prendendo forma.

    Il mio sguardo sereno e fiducioso venne attirato da un piccolo stormo di corvi, capii immediatamente che era richiesta la mia presenza da parte del Kage. Presi la lettera, stlata in oro su carta nera, la aprii e confermò i miei sospetti: Kensei-sama mi ordinava di presentarmi la sera del giorno seguente nel suo ufficio. Mi avvicinai alla fucina, dove alcuni operai avevano acceso il fuoco, sentii un tiepido calore iniziare a muoversi lungo la struttura, scagliai tra le fiamme la lettera e mi allontanai in direzione di Kiri alzando il cappuccio sul capo.

    Avevo, con il tempo, iniziato a conoscere l'indole del capo villaggio. Sebbene l'elmo e l'armatura rendessero il suo lato umano imperscrutabile, avevo appreso il modus operandi che più gli andava a genio. Per questo, controllato per scrupolo il mio armamento e allacciato il lungo mantello nero sotto cui si celava l'uniforme della Mano Nera, mi diressi sul far della sera verso l'amministrazione del villaggio.
    Non mi soffermai alla segreteria del palazzo, bastò un cenno verso la donna indaffarata con alcuni fogli per avere il permesso di proseguire nell'ufficio del Kage. Presto avrei scoperto di cosa si trattava, ma l'agitazione era ormai da tempo sopita in seguito ai diversi incontri che avevamo fatto per l'organizzazione del Liceo di Genosha. Con mano ferma bussai, attesi il permesso e quindi proseguii aprendo la porta.
    Il Mizukage stava seduto dietro al tavolo spartano, di fronte ad esso erano presenti altre sedie fatte dello stesso materiale ligneo. Compii, come consuetudine, un leggero inchino di riverenza e con voce leggera lo salutai Salve Mizukage-sama, eccomi come da lei ordinato se mi avesse invitato a sedermi mi sarei accomodato e, prima che le altre due sedie venissero occupate (immaginai che avrebbe atteso tutti gli invitati prima di parlarci del motivo della convocazione) mi permisi di aggiornarlo sulla situazione a Genosha I preparativi del Liceo sono pressoché conclusi, Mizukage. Anche i laboratori, come da lei ordinato, sono stati attrezzati. Il suo messaggio mi è giunto proprio mentre la fucina veniva accesa dissi soddisfatto lasciando che le labbra si piegassero in un sorriso calmo.

    Ero solito lavorare con i due genin con cui avevo già molte volte collaborato, il primario dell'ospedale, Fudoh-san, e il guardiano delle mura, Ryuu-san. Per questo motivo mi stupii quando venimmo raggiunti da due figure, la prima che non conoscevo minimante e la seconda, invece, di cui avevo solo sentito parlare all'interno della sede della Mano Nera. Si trattava di Akira-sama, le cui gesta all'Abete avevo potuto solo immaginare all'interno della Sala del Cuore di quella creatura.
    Nel vederlo scattai immediatamente in piedi, avevo la possibilità di presentarmi e conoscere uno spadaccino le cui storie si mormoravano con toni leggendari. Il mio viso, per quanto possibile, cercò di rimanere impassibile sebbene la velocità nel mio movimento non nascondeva l'entusiasmo. Mi inchinai, con un gesto del capo, prima in sua direzione poi verso il terzo elemento Youshi Tokugawa, ninja di Kiri, elemento della Mano Nera quindi rivolsi le mie attenzione verso il Jonin Le sue gesta, tra i miei compagni, si sussurrano con toni che vanno dal leggendario all'incredibile. Il Mizukage stesso, nell'isola dell'Abete, ha speso parole cariche di fiducia e stima nei suoi confronti mi tornò in mente l'attimo in cui venni afferrato al collo da Kensei-sama perché avevo anche solo pensato di trovare un piano di riserva nel caso in cui il jonin non fosse riemerso dall'acqua di quel lago E' un onore poter dire di averla incontrata di persona e condividere l'aria della stessa stanza, Akira-sama
    Quindi, leggermente imbarazzato, resomi conto che forse sarebbe stato meglio tacere invece che perdermi in quelle vane parole, mi risedetti stringendo con le mani le vesti, celate dal mantello, cercando di esorcizzare l'agitazione. Forse, anche grazie al coprifronte che copriva la metà del mio viso rivolto verso le altre due sedie, il mio stato d'animo non sarebbe potuto risultare così evidente.

    Kensei-sama, a quel punto, ci disse le motivazione di quella convocazione. Aveva a che fare con un laboratorio sottomarino posto al confine tra le acqua del Paese del Fuoco e quelle del Paese della Nebbia. C'era già stata una prima spedizione della quale solo un ninja era riuscito a tornare, ci fornì il suo rapporto racchiuso in tre cartelle nere.
    Lo aprii e rapidamente iniziai a leggerlo, cercando di mandare a memoria gli elementi che ritenevo più importanti. Una piccola nota attirò la mia attenzione "È possibile che la porta trattenga il chakra di chi la attraversa (Nota del Mizukage)." Alzai lo sguardo verso l'elmo del Capo Villaggio, come poteva fare tale supposizione se all'interno del rapporto non veniva citato nulla di tutto ciò e lui non c'era mai stato?
    Ripresi a leggere. Malgrado fossero presenti tutti gli ambienti per permettere di vivere in quel ambiente così inospitale, Keiji Kagome e il suo team, non avevano trovato anima viva, ma sentito solo urla di disperazione. Il secondo elemento di quella squadra rimase intrappolato, soggiogato da qualche illusione e morto, dopo aver fatto esplodere una bomba, cercando di fuggire dalla struttura danneggiata.
    Venimmo dunque informati di una seconda spedizione attuata da Konoha, sapevo del malessere di Kensei-sama nei confronti di Raizen - io stesso avevo avuto occasione di parlarci all'Abete e anche lui non riusciva a nascondere il disprezzo per i nostri ninja, per il nostro villaggio. Allungai la mano verso il plico lasciato sulla scrivania e lessi le informazioni riportate dai ninja di Konoha.
    Dopo di che, non avendo domande da porre, avrei atteso l'ordine di metterci in marcia. Tenevo le mascelle serrate, se per quella missione era stato convocato Akira-sama in compagnia del Kage e un ninja di Konoha di cui non conoscevo il rango, era una questione maledettamente seria. Se da una parte l'ignoto mi stringeva le viscere, sapendo che nulla era certo e che forse avrei calcato le strade del villaggio per un'ultima volta, dall'altra un moto di orgoglio mi scaldava il cuore per essere stato chiamato, scelto e considerato degno di poter stare al loro fianco. Non sarebbero rimasti delusi, non si sarebbe pentito il Mizukage della sua scelta.

     
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