Il Secondo Ritorno di Jōsuke Yamanaka

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  1. Casìn
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    Il Secondo Ritorno di Jōsuke Yamanaka


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    Quel giorno i cancelli di ingresso del villaggio della Foglia erano molto affollati. Tra la calca di gente, tutta vogliosa di entrare, si poteva percepire uno spirito di impazienza unita alla gioia. Il mio.

    Il viaggio dalla tenuta degli Īdajo non era stato molto lungo ma Sadayo e Kohi vollero comunque darmi qualche provvista. Sono debitore a loro per tutte le cure che hanno avuto per me in questi sei anni, ma da quando riaprì gli occhi non potevo non chiedermi ogni volta da dove derivassero tutte queste attenzioni. Nel “breve” tempo nel quale ho fatto la loro conoscenza mi sono sembrate persone meravigliose, l’idea che fossero mossi da una naturale generosità era la più plausibile ma talvolta non riuscivo a pensare che ci fosse qualcosa di più, come se la loro percezione verso di me fosse stata la stessa che io avevo verso di loro. Una sorgente irrefrenabile di emozioni che ci aiutarono a stabilire questo legame, misterioso e irrefrenabile.
    Il mio fisico era ovviamente più debole nonostante le cure ed anche quel piccolo spostamento fece sentire la sua discreta fatica.
    Fortuna che Sadayo mi ha dato uno dei suoi dorayaki!
    Affondare i denti in qualcosa di buono è sempre un piacere unico, ma nonostante la squisitezza del mio spuntino non riuscivo ancora a togliermi un retrogusto amaro che avevo fin da quando mi ero svegliato. Che fine avevano fatto i miei genitori? Perché non si erano mai presentati? Gli Īdajo mi avevano detto che ogni tanto si presentava uno shinobi accademico per utilizzare qualche tecnica di cura, ma mai avevano visto venire a trovarmi qualcuno della mia famiglia. Per sei anni Sadayo e Kohi sono stati la mia, silenziosa, famiglia.
    Come se non bastasse, a questi pensieri si alternavano altri che mi facevano dubitare di essere stato in coma per tutto questo tempo. Riuscivo a ricordare i lineamenti dei mie genitore, immaginare come sarebbero invecchiati in questi sei anni come se effettivamente gli avessi visti con i miei occhi. Era un continuo alternarsi da tristezza da distacco a sollevamento per averli incontrati, anche se realmente un incontro non c’era ancora stato.

    Finalmente arrivò il mio turno ed il guardiano, notando il coprifronte portante il simbolo del villaggio della Foglia fu incline a farmi ben poche domande. Si limitò a chiedere il mio nome.
    Jōsuke Yamanaka, anzi Jōsuke Yamanaka Īdajo. Sono tornato a casa.
    Quel che non riuscì a comprendere al momento fu che il guardiano probabilmente aveva già sentito quel nome e che quindi il mio ingresso fu garantito senza alcun problema.
    Per me era del tutto normale, uno shinobi era tornato a casa dopo tanto tempo. Per quale motivo non avrebbero dovuto farmi tornare a casa?
    Konoha era come ricordavo e come avevo sempre sognato di vederla nuovamente. Il Paese del Fuoco era fortunato ad avere come sede principale questo villaggio. Le persone si muovevano con un fare fiero e, allo stesso tempo, gentile. Anche io mi sentivo parte di questo mondo, di questo modo di essere ma sentivo che al momento non ci sarei riuscito. Non potevo accorgermene, dopo un blackout di sei anni alcune cose vengono dimenticate anche se riguardano se stessi.
    Mi diressi subito alle mie vecchie residenze. La strada era perfetta, magari non il massimo della pulizia in alcuni punti, ma era la strada verso la mia casa. O verso la mia seconda casa? Mi fermai un momento, con la testa racchiusa tra le mani. Perché stavo dubitando che quella fosse casa mia? Perché provavo una felicità immensa ad essere finalmente entrato nel mio villaggio ed un secondo dopo ero vuoto?
    Ci misi molto più tempo del dovuto ad arrivare. Mi meravigliavo con poco, bastava che passasse un gatto per mettermi ad ammirarlo ed apprezzare quanto fossero belli i gatti del Paese del Fuoco. Oppure, dopo qualche curva incontrarne un altro per constatare che non stessi provando le stesse emozioni provate al gatto precedente. Forse non era solamente una questione di bellezza estetica di gatti, forse c’era qualcosa sotto. Ma, allora, non ne avevo la più pallida idea.
    Il quartiere Yamanaka si fondeva tra la vita frenetica e pimpante dei mercati al silenzio della contemplazione. Quella fu una sensazione troppo forte per essere ignorata.
    Ma asciugai una piccola lacrima che era caduta per l’emozione, fece un grosso respiro e bussai alla porta che fino a sei anni prima avevo varcato come uno dei più naturali gesti.
    Dopo una manciata di interminabili secondi qualcuno aprì la porta. Non riuscì a riconoscere la figura che era davanti a me. Colpa del coma? Non ne fui molto felice, forse mi ero immaginato per troppo tempo di ritrovare il volto di mia madre ricco di emozioni e gioia.
    Salve questa è la residenza di Fumio e Tsuya Yamanaka. Posso esserle utile?
    Il volto mi era ancora sconosciuto, ma quella voce forse l’avevo già sentita da qualche parte. Non riuscivo ad aprirmi a quel misto di sensazioni che provavo. Quel che venne fuori fu una lieve frase quasi balbettata.
    S-sì! Li sto cercando. Dove posso t-trovarli?
    Mi dispiace, ma Fumio e Tsuya sono in missione con loro figlio. Sono partiti qualche mese fa, non ricordo la direzione al momento...
    Il vuoto. Quella persona davanti avrebbe avuto una dimostrazione di quanto uno sguardo umano, a volte, possa trasmettere la totale assenza di reazioni. Cosa intendeva con loro figlio? Ero io loro figlio? Sì, eppure non ero in missione con loro. La mano destra iniziò nervosamente a tremare, adesso le emozioni arrivavano e come. Vedendo quanto mi avesse spiazzato la sua risposta quell’uomo non poté che cercare di darmi una piccola ancora di salvezza.
    Forse in Amministrazione potrai trovare qualche informazione in più. Lì hanno i registri delle missioni.
    Quel che diceva aveva senso. Il mio entusiasmo ormai del tutto spento aveva fatto spazio ad un pesante senso di disorientamento. Sì, sarei andato in Amministrazione per chiarire questo fatto, ma poi sarei tornato a casa mia e mi sarei fatto spiegare di più su questa faccenda. Ringraziai con un cenno della testa l’uomo e mi morsi le labbra per non riuscire a trovare la forza per ottenere più risposte. L’immagine di vederlo rientrare fu accompagnata dal rimbombare della sua voce nella mia testa. Perché qualcosa dentro di me mi stava dicendo che lo avevo già incontrato?
    Feci qualche passo sforzandomi ancora di più di riuscire a capire se ero sempre in coma e stavo sognando o se tutto quello che era successo era vero. Fu dopo qualche metro che mi accorsi di non ricordare affatto dove si potesse trovare l’Amministrazione.
    Mi voltai freneticamente attorno per poi venire attratto da due figure alte e robuste. Da come camminavano vicini, dai gesti e parole che si scambiavano si riusciva a capire un legame forte. Feci un altro respiro per cercare di scacciare i brutti pensieri, mi armai del miglior sorriso che potessi mostrare e mi diressi verso di loro.
    Salve! Scusate, vorrei sapere dove...
    I miei due nuovi interlocutori non avrebbero avuto difficoltà a notare che dal vivace sorriso che li aveva accolti la mia espressione si era presto mutata in qualcosa di primitivo e passivo. Lo stesso effetto che cancellando un disegno da un foglio di carta bianco.
    ... si trova l’Amministrazione?
    In cuor mio, speravo che i due mi ci accompagnassero. Avevo forse l’aspetto di un diciannovenne, magari un po’ più basso della media... nettamente più basso della media, ma sicuramente qualcosa di me era ancora infantile. Accennai un goffo inchino, dopotutto quei due sembravano un po' più grandi ed esperti di me.
     
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4 replies since 8/7/2020, 21:40   119 views
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