Un nuovo arrivoSorella!?

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    Era una sera come tante altre ad Oto, quando dall'Ospedale emerse una piccola e furtiva figura, quest'ultima aveva una grossa particolarità in quanto non era mai stata vista entrare nel suddetto luogo ma sembrava quasi essere stata generata da esso e ciò era vero in più d'un senso.

    A chi si fosse avvicinato maggiormente, sarebbe immediatamente parso chiaro che si trattasse di una figura minuta, all'apparenza piuttosto giovane, ad un attento scrutino non avrebbe dimostrato più di 13-14 anni, età che in un villaggio ninja sarebbe stata più che sufficiente per aver assistito o partecipato ad un omicidio, ma non è il caso di dilungarsi in congetture o giudizi morali sulla vita nel mondo ninja.

    Questa particolare figura stava infatti dirigendosi rapidamente ed a passo sicuro verso un'abitazione, scrutando con attenzione un pezzo di carta che probabilmente conteneva una mappa e muovendosi perlopiù nell'ombra.

    Giunta di fronte ad una porta segnata con una grossolana X sulla pergamena a lei assegnata, la misteriosa presenza si mosse per richiamare l'attenzione dell'abitante della dimora, bussando energicamente in quello che forse era il primo vero segno della sua esistenza all'interno di quel villaggio.

    La suddetta porta apparteneva ad Hebiko, la quale nell'aprirla si sarebbe trovata di fronte alla pallida luce dei lampioni una ragazzina dai gelidi occhi azzurri, i quali dominavano incontrastati su di un viso pallido incorniciato da bizzarri capelli viola e caratterizzato dall'assenza di sopracciglia.

    Per abito indossava quella che sembrava essere una vecchia divisa dei genin di Oto riadattata malamente al suo fisico minuto, l'espressione della giovane era seria e senza troppi convenevoli avrebbe porto una lettera all'amministratrice, dicendole secca:

    ”Per te.”

    Anche prendendo la lettera non sarebbe andata via insistendo:

    ”Prima leggila, devo aspettare che tu lo faccia.”

    La sua voce tradiva un minimo d'emozione, non sembrava abituata a trattare con le persone e forse questo era il motivo per il quale sembrava limitarsi a messaggi brevi e concisi, non sembrava riuscire ad evitare di guardarsi intorno durante l'attesa, come se si sentisse esposta ad un pericolo a dispetto dell'ovvia assenza di minacce nei dintorni.

    Se Hebiko avesse deciso di aprire la lettera avrebbe notato un sigillo in cera blu dell'Ospedale di Oto ed una volta infranto avrebbe trovato un messaggio scritto con una calligrafia familiare e metodicamente precisa in netto contrasto con quella di qualsiasi altro medico mai esistito sulla faccia del pianeta, il quale riportava:

    ”Hebiko,
    ho bisogno che tu accolga questa ragazza nel villaggio, ho iniziato il suo addestramento e dovrebbe essere in grado di operare al livello di un Chunin, ma non esiste nei registri dell'Accademia ed il suo limitato accesso come studente sarebbe per me un inconveniente.

    Usala come più ti aggrada, potrà arrivare dove io al momento non posso, se vuoi, puoi considerarla come una sorella minore.

    Ledah”


    Un messaggio breve, utilitario ed impersonale, un vero marchio di fabbrica per chi avesse mai avuto a che fare col vecchio primario del villaggio in passato.
    Ciò che era nuovo era la ragazzina ferma di fronte alla soglia di casa, una novella e complicata responsabilità per la giovane amministratrice.
     
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    Pacco sopresa


    I




    Hebiko passava la maggiorparte delle sue giornate fuori casa. Amministrazione in primis, qualche gita a Konoha per passare un po' di tempo col suo partner, qualche visita più timida e riservata anche a Villa Yakushi, ultimamente aveva persino trovato un delizioso locale che voleva visitare. Dopotutto Casa del The suonava come un posto perfetto per i suoi gusti. Hmm, potrò finalmente incontrare persone del mio livello con cui scoprire nuovi infusi e aromi. Pensava al locale, sognante, con la sola luce della televisione accesa ed una timida lampada da tavolo, trovando conforto in quella penombra. La confezione di ramen pronto fumava sul tavolino di fronte a lei.

    Sembrava vagamente irrequieta. nonostante fosse in casa sua, non si sentiva mai del tutto a suo agio. Non sapeva esattamente descriverne il motivo. Aveva sempre amato la solitudine, sin da quando era più piccola. Con il suo team doveva sempre faticare per ottenere del tempo per sè, quasi fuggendo dai suoi compagni di team per ritagliarsi un angolino per sè. Ma, soprattutto negli ultimi tempi, cercava di occupare la maggior parte del suo tempo solitario con qualcosa di molto impegnativo, che le tenesse la mente occupata, o andava a disturbare le poche persone che la sopportavano.

    Sospirò, andando a disturbare Darwin che dormiva pacifico sul divano, al suo fianco. Non appena preso in braccio si sarebbe svegliato, rantolando stanco e lasciando che la padrona gli arruffasse quel piumaggio squamoso che possedeva. Mentre giocava con il suo bizzarro animaletto da compagnia, dal becco di tucano, quadrupede, e con due buffe braccine extra che dovevano probabilmente essere ali di pipistrello fallite, sentò qualcuno bussare con una certa prepotenza alla porta. Alzò la testa, osservando la porta sospettosa. ...Dorian?? E' un altro mazzo di fiori? Gridò, restando sul divano. Nessuna risposta. Sibilò, alzandosi in piedi e raggiungendo la porta, aprendola abbastanza per metterne il muso fuori. Osservò confusa la figura di fronte a lei. Mai vista prima, eppure familiare. Le avrebbe consegnato una lettera, incitandola a leggerla. Hebiko si guardò attorno, con aria evidentemente confusa. ...Sei qui per una donazione? Vuoi soldi? Abbassò lo sguardo sulla lettera, notandone il sigillo. Oh. Iniziava a capire chi le ricordava. Che cos'è stavolta...

    Avrebbe alzato la testa dalla lettera solo dopo un lunghissimo minuto, facendo saettare gli occhi tra quella e la ragazzina. La realizzazione arrivò lenta. Con aria shocckata, si limitò a fare un passo indietro, sbattendo la porta di fronte a sè. Rilesse la lettera dentro casa, balbettando qualche vocale, incerta su cosa pensare. Si prese qualche secondo buono per soffocare un grido, per poi riaprire la porta, con aria furiosa, osservando la ragazzina. Stava frugando nelle sue vesti, alla ricerca di qualcosa. Estratta la seconda lettera, le avrebbe schiaffeggiato la mano, facendoegliela cadere. E basta con ste lettere. Vieni dentro, gremlin. Senza troppo preavviso, allungò il suo braccio avvolgendola, tirandola dentro casa con una certa fretta, e sbattendo la porta alle sue spalle.

    Certo Hebiko indossava solamente una maglia molto lunga e decisamente fuori misura, e a vederne l'etichetta originaria di Konoha, ma la giovane indossava stracci a forma di divisa otese. Hebiko le prese il viso, stropicciandolo, facendole aprire la bocca, toccandole i capelli, e tirandole le guance, abbastanza delicata da non farle male, ma comunque invadente. Spiegami, cosa diavolo saresti? Un clone? Una marionetta? Non cercare di farmi credere che sei figlia di Ledah, quell'automa non avrebbe mai messo su famiglia. ...Un esperimento, quello forse sì. Si allontanò, con aria vagamente schifata. Ugh. Puzzi ancora di laboratorio. Vai a farti una doccia, ti passo dei vestiti decenti. Ma poi mi devi delle risposte.

    E l'avrebbe lasciata nel bagno, dandole una delle sue vecchie divise otesi, asciugamani puliti, ed indicandole tutti i prodotti con i quali profumarsi. L'avrebbe attesa sul divano, con una seconda scatola di ramen pronto, posizionata esattamente di fronte alla posizione in cui si trovava Hebiko. Darwin non sembrava troppo interessato alla nuova arrivata, alzando pigramente la testa in sua direzione. La rossa fece un cenno con la testa, continuando a fissarla in un misto di curiosità e nervosismo. Beh, sentiamo. Dimmi chi sei e da dove vieni. E spiegami cosa diavolo significa che dovrei usarti. Sei un complesso antifurto o cosa?? Non riusciva a darsi spiegazioni. Beh, in parte ci riusciva, ma ognuna di esse sembrava pesantemente influenzata dalle soap opera di cui era diventata ossessionata.
     
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    Una ragazza dai lunghi capelli rossi e dal petto prosperoso si affacciò alla porta squadrando la nuova arrivata dall'alto al basso con aria dubbiosa, ignara del significato che quell'incontro avrebbe avuto per quest'ultima.

    Infatti era la prima volta che aveva un contatto diretto con qualcuno che non fosse Ledah, il quale si poteva definire a fatica come umano, senza contare che le era stato finalmente concesso di lasciare quegli umidi cunicoli per avventurarsi nel mondo all'esterno del suo luogo di nascita!

    Tuttavia doveva fare attenzione, i pericoli si potevano celare ovunque ed il suo creatore si era raccomandato di non farsi notare e di assicurarsi sempre di non aver destato l'interesse di qualcuno di sospetto, se non altro questa sua attenzione la tenne impegnata dato che la sua interlocutrice era rimasta assorbita interamente dalla lettera, missione compiuta probabilmente se doveva render conto a Ledah.

    I loro sguardi s'incrociarono nuovamente dopo che Hebiko finì di leggere, poi tornò alla lettera, poi a lei e così via mentre la postina misteriosa cominciava a chiedersi se non ci fosse qualcosa di sbagliato, forse aveva confuso l'indirizzo oppure quella davanti a lei aveva bisogno di una messa a punto al cervello.

    Forse una parte della lettera non era leggibile ed avrebbe dovuto affidarsi ad una di quelle di riserva datele come precauzione... ed all'improvviso si ritrovò sola di fronte ad una porta sbattutale con forza di fronte al viso.

    Ok, adesso cosa avrebbe dovuto fare?
    Andarsene via con la coda tra le gambe oppure piantare radici di fronte alla porta per ricevere una risposta chiara a quella lettera?



    Mentre ci pensava si ritrovò a tenere in mano la lettera di riserva e si accorse solo all'arrivo dello schiaffo sulla mano che la porta si fosse riaperta prima di ritrovarsi trascinata dentro la casa, ancora avvolta nel braccio di Hebiko, cercando di divincolarsi dalla stretta la ragazzina cercò di esprimere il proprio dissenso all'essere trattata come un pacco:

    ”Hey, ma che diamineaarghh!”

    Non le riuscì di finire la frase prima che l'amministratrice di Oto cominciasse ad esaminarla, tirandole le guance, mettendole le mani in bocca neanche si trattasse di un cavallo al mercato, divincolandosi le riuscì di ribellarsi dicendo:

    ”Argh!
    Insomma, cosa fai!?”


    Finalmente le vennero rivolte delle domande sensate e forse, avrebbe finalmente potuto completare la sua missione senza ulteriori intoppi, così rispose ancora stizzita:

    ”Potevi chiederlo subito!
    Non sono né una marionetta né un clone, il mio codice genetico è originale e non replicato da un singolo individuo, quando Ledah me lo ha spiegato ha detto che la differenza è che il processo è più efficiente e sicuro del metodo consueto essendo io stata concepita in una vasca di coltivazione, in pratica sono superiore sotto ogni aspetto a chi è stato creato alla vecchia maniera.”


    Concluse il concetto con una certa dose di arroganza, giustificata se anche il resto dell'umanità si comportava come questa sciocca ragazza... ed all'improvviso si ritrovò nuovamente in un altra stanza cercando di processare il susseguirsi degli avvenimenti mentre le veniva spiegato dove trovare tutto il necessario per darsi una rinfrescata e cambiarsi.

    ”Eh!?
    Che sia necessario per l'esito della missione?”


    Si chiese stupefatta mentre la porta le si chiudeva alle spalle, forse le toccava abituarsi a quelle stranezze, sicuramente vivere con un essere freddo, insensibile ed estremamente prevedibile doveva aver distorto la sua percezione delle persone che avrebbe incontrato.
    Se non altro quella bizzarra ragazza non sembrava pericolosa e le sue istruzioni le dicevano di darle retta fintanto che la cosa non rappresentasse un pericolo per Ledah o per sé stessa... con priorità per il suo creatore ovviamente.

    Non poteva dire che l'ambiente non fosse gradevole, quel semplice bagno e la casa in generale le trasmettevano un calore che gli ambienti asettici dell'ospedale non riuscivano a darle, in qualche modo poteva notare istantaneamente le differenze tra le personalità del suo “genitore” e della sua “sorella maggiore”, come se questi termini potessero avere senso per qualcuno nato e cresciuto in un laboratorio sotterraneo.

    Il sapone ed i vestiti datele dalla rossa in ogni caso emanavano un buon odore e gli abiti al tatto erano estremamente più morbidi di quelli ai quali era abituata e le calzavano a pennello, persino attorno al petto.
    Quando riemerse dal bagno notò finalmente lo strano animale che si trovava in casa, un disfunzionale miscuglio di altre bestie e le venne da chiedersi se non fosse stato il prodotto di qualche vecchio esperimento di Ledah, in ogni caso sembrava tranquillo e questo le consentì di sedersi di fronte alla bizzarra scatola di carta fumante disposta di fronte alla sua interlocutrice che le fece varie domande mentre la giovane esaminava lo strano oggetto posto di fronte a lei, al tatto era estremamente caldo e per qualche motivo l'odore che emanava sembrava attivarle un aumento nella salivazione, che cosa misteriosa:

    ”Beh, non è che Ledah mi abbia dato molte spiegazioni, mi ha allenato come kunoichi per poi dirmi che ero pronta ad affrontare il mondo esterno ed espletare la mia funzione, con più probabilità tu hai un'idea migliore di ciò che posso fare per te di quante ne possa avere io.”

    C'erano anche dei bizzarri bastoncini di fianco alla scatola, la ragazzina li punzecchiò diffidente con le dita mentre proseguiva:

    ”Le sue istruzioni esatte sono state quelle di farmi un'idea di come sia la situazione al villaggio e di rendermi utile mettendomi alle tue dipendenze, diceva che avrei anche avuto bisogno del tuo supporto per vivere al di fuori dell'ospedale ed integrarmi al villaggio.”

    Quello che non poteva dirle era che doveva anche riferire tutto ciò che riteneva degno di nota a lui in quanto non poteva muoversi dalla sua posizione attuale e che sarebbe stata i suoi occhi ed orecchie in superficie, altro motivo per il quale sulla lettera l'aveva descritta al livello di un chunin, uno studente o un genin sarebbero stati estremamente meno utili dal punto di vista della raccolta d'informazioni.

    Ricordandosi all'improvviso aggiunse:

    ”Ah, mi aveva detto anche di comunicarti il mio nome, io mi chiamo Sayuri, immagino ti possa far comodo saperlo.”

    A quel punto era il caso di studiare più da vicino il contenuto della scatola mentre la sua interlocutrice rimaneva ad elaborare le informazioni ricevute.
     
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