Le Parole del TradimentoGrossi Eventi a Kiri

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    Le parole del tradimento


    II

    A quanto pareva la presenza di Shin non corrispondeva alle aspettative dell'allievo, che non mancò di esprimere il proprio disappunto. Mi dispiace di non essere né un prigioniero né un ospite importante. Dal tono usato, era chiaro che al Kinryu non dispiaceva per niente, ma avrebbe non di meno continuato a reggere il gioco del kiriano sconosciuto. Oh no, se l'avessi scelto da solo sarebbe stato qualcosa di più figo... Si fermò un attimo, dando l'impressione di essere sul punto di sparare qualche esempio roboante. Invece, riprese a parlare del nome del suo clan, lasciando cadere la questione. Forse perché il primo nome che gli era venuto in mente era Hayate, che suonava bene, certo, ma al contempo non godeva di grandi simpatie a causa di chi lo aveva reso celebre. La mia non è una famiglia di shinobi, non nelle ultime generazioni almeno. Leggendo gli archivi di famiglia aveva scoperto che non era sempre stato così, e Anzu ne era la prova vivente. Sentiva la mancanza della volpe antica sempre di più ogni giorno che passava. Era sempre stata al suo fianco fin da quando era nato, sebbene all'epoca fosse sigillata dentro una moneta tramandata come amuleto. Sono un clan di mercanti con innumerevoli ramificazioni, puoi trovare dei membri o dei loro dipendenti quasi ovunque nel Continente. Forse anche a Kiri hanno degli agenti commerciali, ma non mi sono informato a dire il vero. La merce più preziosa che i Kinryu scambiavano erano in realtà le informazioni. Per questo pur essendo immigrati da poche generazioni molti Paesi li trattavano con un occhio di riguardo, sopportandone la presenza. Se c'era una cosa che sapevano fare bene era patteggiare. Sulla faccia di Shin comparve un sorriso ironico. Non poteva sfuggire al destino del suo sangue a quanto pareva.

    La conversazione tornò però ben presto sulla cena che il foglioso iniziava a desiderare più per principio che per effettiva necessità. Se non hai il permesso di accompagnarmi in giro, cosa è venuto a fare esattamente qui, Minarai-san? Questa volta il giovane non era scherzoso, ma piuttosto pressante, quasi inquisitorio nei confronti dell'uomo mascherato. Sono abbastanza sicuro che il Mizukage non tema una mia fuga... Anche perché dubito che sarebbe in grado di impedirla indipendentemente da quanto siano capaci i suoi seguaci. Anche le guardie sono qui più per proforma che... Il ragazzo si interruppe quando il suo interlocutore, sorpreso, disse di non aver trovato nessuno fuori dalla stanza. Sicuro? Questo è bizzarro... Shin percepì la sensazione di disagio nel suo interlocutore, e a sua volta il suo sguardo corse alla finestra e poi alla porta, da cui quasi li avesse evocati si udirono dei distinti colpi. D'istinto il Kinryu portò la mano all'elsa della spada, che aveva raggiunto con un rapido passo laterale quasi impercettibile all'altro occupante della stanza. Se quest'ultimo non avesse aperto, la soglia si sarebbe comunque spalancata, rivelando due facce che l'ospite della Nebbia aveva avuto modo di memorizzare in precedenza. Parli del diavolo e spuntano i Kenchiki. Shin si rilassò un poco, togliendo la mano dall'impugnatura dell'arma, ma rimanendo vigile.

    A quanto pareva conoscevano Minarai, che era effettivamente chi diceva di essere, ma la cosa non era reciproca, stranamente. Ci pensò dunque il Kinryu a spezzare l'atmosfera. Questi sono i miei angeli custodi, mmm....ecco... Potreste ricordarmi i vostri nomi, ragazzi? In realtà non era il foglioso ad esserseli dimenticati, ma i due kiriani a non essersi mai presentati. Posta così la domanda però li avrebbe evitato eventuali imbarazzi. Lasciò totalmente perdere il loro fare intimidatorio, che non gli faceva né caldo né freddo. Se pensavano di poterlo impensierire probabilmente Kensei non li aveva istruiti a dovere su chi si trovavano davanti. Facendo buon viso a cattivo gioco Shin accettò la comunicazione che i due gli porgevano e la rigirò un poco tra le mani, in modo che anche Minarai potesse osservarne se l'avesse voluto il sigillo. Indispettito dal fare fin troppo entusiasta, il Kinryu annuì alla sua proposta, ma fece passare un paio di secondi prima di aprire il plico a sua volta, giusto per vedere prima la sua reazione. Accertato che non sarebbe esploso, ne lesse il contenuto. Man mano che proseguiva, gli si sarebbe inarcato un sopracciglio e giunto alla fine avrebbe nascosto a stento un'espressione di fastidio esistenziale. Dopo rituali arcani, rotture dello spazio tempo ed esseri immortali, gli mancavano giusto delle criptiche profezie. Certo, non si aspettava che a Kiri sarebbe stata una vacanza, ma per lo meno sperava di scamparla quella volta. E invece no, si ritrovava di nuovo coinvolto in qualcosa di assurdo che sfidava ogni logica. Shin sospirò sonoramente.

    E poi si mise a ridere. Che cos'è sta roba? Il Mizukage si è dato alla poesia? Beh lasciatemelo dire, non è un granché bravo. Aveva deciso che non lo pagavano abbastanza per tutto quello, perciò avrebbe fatto l'idiota fingendo di non capire. Parte che quando si metteva d'impegno gli riusciva benissimo. Il riferimento al fodero in realtà l'aveva inquietato, perché proprio pochi giorni prima Kensei aveva usato quella metafora per definirlo. Nessun altro sarebbe dovuto essere a conoscenza di quella conversazione, e ciò faceva pendere la bilancia dalla parte dell'autenticità. D'altro canto il Kinryu faticava a credere che l'Inquisitore fosse effettivamente l'autore del cartiglio perché gli sembrava decisamente lontano dal suo stile. Tralasciando la questione per il momento, molti altri pezzi sarebbero andati al loro posto da soli. L'allievo era chiaramente Minarai, non si era neanche sforzato di renderlo difficile da intuire. Se i due spadaccini della Nebbia non avessero mentito sui propri nomi anche l'uccello rosso e il passero erano spiegati. Rimanevano fuori il Teschio e il Paria. Il Fuoco nero pareva essere un'arma a dar bado ai due latori della missiva. Tutto il resto era letteralmente avvolto nella nebbia. E per quanto riguardava il Kinryu avrebbe potuto continuare a restarci.

    Lo shinobi della Foglia avrebbe continuato la sua recita da stupido disinteressato. Sì sì tutto bellissimo, ma io non sono venuto a Kiri per fare le parole crociate. Quindi visto che è ora di cena voi ora mi portate al miglior ramen bar che il vostro Villaggio può offrire. Anche se non sarebbe mai stato al livello di quelli di Konoha stava per aggiungere. Poi visto che non ho di meglio da fare e vi vedo agitati potremmo tagliare la testa al tonno... Avrebbe osservato le loro espressioni, probabilmente soddisfatte, convinti che li avrebbe seguiti al misterioso veliero. A quel punto avrebbe invece sorriso e terminato la frase. ...e andare direttamente dal Mizukage per chiedere spiegazioni. O per consigliargli di partire con gli haiku, che sono più semplici secondo mio modesto parere. Avrebbe quindi cercato l'approvazione di Minarai, con gli occhi socchiusi a mezzaluna simili a quelli di una kitsune. Non era sopravvissuto a minacce di ogni tipo dando corda ai primi due sconosciuti che sventolavano parole misteriose come pescatori che agitano un'esca di fronte ad un salmone. Il Kinryu alzò gli occhi al cielo, preoccupato. Anche le sue metafore erano state contagiate dall'amore dei kiriani per il pesce. Ma stava divagando. Ciò di cui era assolutamente certo era che se Kensei voleva fargli fare qualcosa doveva essere chiaro e conciso, se proprio non voleva scomodarsi a spiegarglielo personalmente.
     
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