In Due contro il Male

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    La lezione di Kuroshi: un insegnamento di forza e gentilezza

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    Il giovane ninja, con una combinazione di agilità, precisione e astuzia, sorprese i quattro mascalzoni dimostrando una destrezza notevole. Nonostante la sua mancanza di forza fisica evidente, compensò abbondantemente con una tecnica eccezionale e una comprensione profonda delle arti marziali.

    La sua tattica si rivelò efficace fin dall'inizio, mettendo fuori gioco i suoi avversari con movimenti rapidi e colpi precisi. La scena divenne una coreografia di attacchi e contrattacchi, dove il giovane ninja dimostrò una padronanza sorprendente delle sue abilità.

    Tuttavia, il quarto mascalzone rimasto, evidentemente indeciso e con uno sguardo poco convinto, cercò invano di trovare la forza e la determinazione per continuare la lotta. Nonostante i suoi sforzi disperati nel tentativo di resistere, la sua mancanza di esperienza e la crescente frustrazione lo resero vulnerabile.

    Il giovane ninja, conscio della situazione, sfruttò la debolezza del suo avversario e colpì con precisione, focalizzandosi su un punto vulnerabile. L'uomo, privo di energie e incapace di difendersi efficacemente, fu alla fine costretto a soccombere di fronte alla superiorità tecnica di Kuroshi.

    ninja del Suono, mantenendo la sua calma, osservò attentamente l'evolversi della situazione. La sua espressione impassibile e gli occhi freddi riflettevano una determinazione senza compromessi. L'avversario, già in condizioni precarie a causa dei precedenti scontri, iniziò a manifestare chiaramente i segni della sofferenza inflittagli dalla mossa dell'otese.

    Il volto dell'uomo assunse gradualmente una pallidezza crescente, mentre gli occhi si chiusero lentamente, segnando l'inizio del suo smarrimento. La presa implacabile del ragazzo aveva ormai indotto l'avversario a una sorta di sottomissione involontaria. La coscienza del malcapitato svaniva gradualmente, un passo alla volta, mentre la sua resistenza cedeva di fronte alla forza superiore dell'avversario.

    A questo punto, la continuità nell'infliggere danni all'avversario sembrava essere un gesto oltre la necessità. Kuroshi avrebbe potuto fermarsi lì, garantendo la vittoria senza necessariamente dover procedere oltre. Tuttavia, la domanda sottintesa rimaneva sospesa nell'aria: Kuroshi avrebbe deciso di porre fine definitivamente alla minaccia, compiendo un gesto estremo, o avrebbe risparmiato il suo avversario dal destino più definitivo? La scena era pregnante di tensione, e la decisione avrebbe sicuramente delineato la sua natura, se incline alla clemenza o se guidato da una determinazione più spietata.

    Lo sguardo ormai freddo di Kuroshi scrutò gli uomini sconfitti con un'intensità che sembrava attraversare le loro anime. La luce della determinazione brillava nei suoi occhi, dando un senso di autorità e chiarezza alla sua presenza. Il silenzio circostante sembrava amplificare la gravità della sua prossima dichiarazione. La voce di Kuroshi, calma e controllata, ruppe il silenzio circostante, echeggiando come un verdetto finale. La vostra resistenza è stata messa alla prova, e avete dimostrato di non essere degni nemici. Nonostante le vostre azioni siano spinte da odio insensato, non vale la pena continuare. Le parole di Kuroshi, benché ferme, trasmettevano un senso di giustizia equa. La sua decisione non era basata solo sulla forza fisica, ma anche sulla comprensione più ampia delle circostanze. La sua voce, pur manifestando un giudizio severo, portava con sé un tocco di misericordia, offrendo loro l'opportunità di redimersi abbandonando la via della violenza.

    Che vi sia di lezione! Non voglio mai più vedervi importunare questo ragazzo! continuò indicando il povero ragazzino di colore che era rannicchiato accanto ad un albero. Vi manderò qualcuno a curarvi! concluse mentre si avvicinava al ragazzino impaurito per accertarsi delle sue condizioni.

    Lo afferrò per un braccio e lo avvolse intorno al collo, per poi sollevarlo lentamente. Ti porto in ospedale. Seguimi con andatura cadenzata i due si avviarono verso l'edificio non sapendo ancora cosa stesse realmente accadendo, nonostante si fossero udite strane esplosioni.

    Cosa ci fai da queste parti? chiese il ninja di Oto, quasi sorpreso di vedere un altro ragazzo di colore nella terre delle risaie.


    [----]



    La donna si era ormai abbandonata alla furia distruttiva, il caos intorno a loro aumentava a dismisura. La sua rabbia trasformava l'ambiente circostante in un campo di battaglia devastato dalle esplosioni. Aveva perso un braccio a causa dell'illusione, un fatto che ora sembrava aver acceso in lei una fiamma di vendetta incontenibile. Sentiva l'adrenalina scorrere nelle vene, consapevole del pericolo imminente.

    Le esplosioni continuavano a scuotere l'ambiente, ma la sua cecità d'ira la rendeva vulnerabile, un punto debole che non poteva essere ignorato. Aveva abbandonato ogni forma di difesa basata sui sigilli, concentrando la sua forza distruttiva in un impeto senza controllo.

    Con abilità e freddezza, Seinji iniziò a muovermi attraverso il caos circostante. Era come se danzasse tra le fiamme, per sfruttare l'opportunità creata dalla furia della sua avversaria per porre fine a questo conflitto. I detriti volavano nell'aria, e il terreno tremava sotto l'impatto delle esplosioni, ma ad una ad una furono magistralmente evitate.

    Probabilmente la donna sapeva di essere ormai spacciata, ma aveva deciso di devastare l'intero campo di battaglia per poter portare con sé più vittime possibili, e forse con un pò di fortuna anche il suo nemico.

    Sfortunatamente per lei l'unica cosa che ne ricavò fu solo una ferita, Seinji aveva evitato la sua furia distruttiva, ed ne era uscito quasi illeso. Non farmi ridere....nn mi bevo questa cazzata!! sbottò mostrando un sorriso compiaciuto nonostante la situazione non fosse per nulla a suo favore.

    Seinji sembrava aspettare il momento in cui la sua guardia si abbassasse, anche solo per un istante. Quella furia cieca avrebbe avuto il suo prezzo, e sembrava essere pronto a cogliere l'opportunità appena si presentasse.

    Poi, come se il destino stesso stesse danzando con loro, quel momento cruciale si materializzò. Un attimo di esitazione da parte sua, un breve istante in cui la sua concentrazione vacillò. Senza esitazione, il ninja colse l'opportunità e scatenò il colpo finale.


    Nascosto sotto l'ombra della sua duplicazione, lontano dagli occhi scrutatori dell'avversaria, la mente del ninja operava con precisione. La scena divenne un enigma avvolto nel mistero, mentre la sua strategia si concretizzava nell'oscurità dell'inganno.

    Nel silenzio illusorio creato, la copia si mosse con velocità e agilità avanzando furtivamente verso l'avversaria. In un balletto studiato con attenzione, simulò un attacco, lanciando un pugno. Era un'illusione di forza, uno spettacolo visivo destinato a catturare l'attenzione e distoglierla dalla vera minaccia.

    Mentre l'attenzione della donna era concentrata sul pugno, la bomba sulla schiena della copia era pronta a scatenare il suo potere distruttivo. Era un'arte delicata e pericolosa, un equilibrio tra abilità illusionistiche e tattiche esplosive. Poco prima che il pugno stesse per impattare, lei sfoderò la sua spada con il solo braccio destro, visto che l'altro ormai era fuori uso. avrebbe provato ad affettare il suo avversario, non sapendo che il colpo sarebbe stato più che vano.


    La detonazione avvenne con un fragore assordante, squarciando l'aria e generando un'onda d'urto devastante che si riversò su di lei a soli 50 centimetri dalla sua figura. La potenza dell'esplosione ebbe un impatto viscerale, scuotendo l'ambiente circostante e creando un bagliore accecante di fuoco e detriti.

    L'onda d'urto colpì l'avversaria con forza, sferzandola come un tornado di potenza distruttiva. La strategia intricata di Seinji aveva dato i suoi frutti, combinando abilmente illusioni e tattiche esplosive per mettere in scena un ribaltamento epico delle sorti dello scontro. La donna, investita dalla forza dell'esplosione, fu scagliata all'indietro come una foglia in balia di un vento violento.

    L'esplosione causò danni sia fisici che psicologici, creando un momento di stordimento e confusione nell'avversaria. Il terreno tremò sotto il suo impatto, mentre il fumo e la polvere si alzavano nell'aria, avvolgendo l'area in una nebbia temporanea.

    L'eco dell'esplosione si dissolveva gradualmente nell'aria, rivelando il panorama alterato. Mentre il fumo si diradava, rivelò l'avversaria a terra. La potenza devastante dell'esplosione dilaniò la sua forma, causando ferite gravi e irreparabili. Frammenti di detriti penetrarono profondamente nella sua carne, mentre la forza deformò gli arti e scosse gli organi interni. La sua figura, un tempo maestosa e minacciosa, venne ora trasformata in una visione di dolore e disperazione. La luce abbagliante dell'esplosione bruciò la sua carne, lasciando segni indelebili di distruzione. Un ultimo grido di agonia si perse nel fragore dell'esplosione, spegnendosi come un lamento nella notte.

    Il fumo e la polvere si sollevarono nell'aria, avvolgendo la scena del suo ultimo atto. Laddove un tempo c'era la minaccia, ora restava solo il silenzio, interrotto solo dai sussurri della dissipazione del fumo. L'avversaria, un tempo potente e fiera, giaceva ora inerte, il suo corpo mutilato e la sua presenza ridotta a un ricordo sfocato nella mente di chi aveva assistito a quel momento finale.

    In lontananza assisteva alla scena Kyoshiro, l'altro ninja che aveva fatto irruzione nell'ospedale insieme alla donna. In una mano aveva uno strano contenitore da cui era possibile notare una sorta di pianta. In primo momento Seinji non si sarebbe accorto della sua presenza.

    Peccato per Akiko era un buon soldato! disse freddamente più rivolto a se stesso che ai preseti. Fu in quel momento che Seinji si sarebbe reso conto della sua presenza. Non finisce qui sentenziò prima di dileguarsi nel nulla come un eco smorzato nel vuoto.
     
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    - La pagherai, - disse uno dei nemici riuscendo a malapena alzarsi da terra per osservare la faccia di quel ragazza che lo aveva appena picchiato. Al di fuori da ogni dubbio, l'otese avrebbe visto qualche scintilla in quegli occhi e avrebbe capito: non sarebbe finita lì e chissà se un giorno, in un futuro non troppo remoto, lo studente di Oto non si sarebbe pentito di quella sua decisione. Chissà se non avrebbe pensato che sarebbe stato meglio uccidere tutti e 4 lì, al loro posto, invece di lasciare affinché respirassero.

    Quella, però, era un'altra storia e per quel giorno all'erore del Paese delle Risaie non sarebbe rimasto molto altro da fare che vedere le 4 figure andarsene, - chi sui propri piedi e chi no, - da quella terra di scontro. A quel punto, l'otese rimase da solo o, meglio, quasi da solo: ciò che poté fare fu semplicemente ammirare le figure in lontananza e vedere il bambino di colore lasciato lì per lì vicino a lui.

    - Da queste parti? - Esclamò, leggermente invergognato, l'altro bambino di colore. Doveva dire di essere leggermente sorpreso a sentire quella specie di domanda. Tra l'altro molto naturale. - Beh... i miei genitori... si sono trasferiti... qui... Due anni fa... Io vivo... Qui. - Disse prima di diventare leggermente rosso in volto e girarsi di schiena verso lo shinobi del suono. - Grazie... - Avrebbe dunque detto, sempre leggermente intimorito da tutto quello che era appena accaduto. - Grazie... Per quello che hai fatto! -

    Le parole del bambino di colore sarebbero anche state le ultime e dopo averle detto, la minuscola figura si sarebbe velocemente girata sui propri tacchi per allontanarsi da quel posto. Il ragazzo otese avrebbe potuto provare a fermarlo in qualche modo, ma non era affatto detto che ci sarebbe riuscito e, forse, non era nemmeno necessario farlo. D'altro canto, il ragazzo avrebbe visto una figura nel camice bianco uscire dall'ospedale e dirigersi verso il bambino di Oto:

    - Per tutti i Kami... Che giornata è oggi? Ma che ti sei fatto? Ti sei fatto male? - Avrebbe chiesto. - Vieni nell'Ospedale... Ti diamo una sistemata! - Non che l'otese avesse chissà quante altre opzioni, considerando lo stato in cui si trovava: poche energie, poche chakra, ferite e lividi ovunque. A dire il vero, era stato decisamente fortunato di avere una possibilità di quel genere vicino e rifiutarla sarebbe stato stupido.

    Dunque, se avesse accettato l'opportunità offerta di buon cuore dalla donna e sarebbe venuto nell'Ospedale, vi avrebbe visto ciò che avevo visto anche io: l'Ospedale era semplicemente disastro. A terra era priva di vita, totalmente svenuta e forse anche morta (ma qui ci torniamo fra poco), la figura che aveva tentato di ùrubare la pianta dall'Ospedale e mi aveva dato l'opportunità di crescita. Al contempo, io, a illusione svanita, nel mio mantello e con la maschera indossata, avrei guardato il povero ragazzo ferito.

    - Tsk... -



    - Anche tu vuoi rubare qualcosa? - Gli avrei chiesto distogliendo lo sguardo dalla mia avversaria precedente, scagliata contro la parete. Nello stesso istante avrei estratto la mia balestra e con la una [semplice tecnica - Slot Tecnica 1] avrei creato 4 dardi nella mia mano destra. Nello stesso istante avrei [ricaricato la balestra - Slot Gratuito Lento - Azione Rapida] e, dopo aver preso la mira, avrei [scagliato - Slot Azione 1] tutti i dardi contro il corpo inerme di colei che aveva osato mettersi sulla mia strada.

    I dardi dunque avrebbero percorso una traiettoria rettilinea, per impattare con violenza contro il cuore, il fegato, la testa e la gola della malcapitata, uccidendola di netto (se non era stato ancora uccisa). Poi avrei guardato l'uomo con la pianta, che mentre mi davo da fare con la ragazzina l'aveva recuperata e ora guardava me.

    - Lo spero che non finisca qui, - dissi vedendolo scomparire. Alla fine dei conti aveva portato con sé ciò che per cui erano venuti, forse, e non potevo lasciare che accadesse in una maniera così semplice. D'altro canto... erano davvero fatti miei, quelli?

    - Lo troverò, - dissi rivolgendomi al personale dell'Ospedale. - Prima... però... Vorrei che mi facciate un favore... - Con quelle parole mi sarei allontanato, lasciando il ragazzo otese in preda alle cure mediche. Senza togliere la mia maschera, avrei spiegato all'infermiera ciò che desideravo, senza ovviamente farmi sentire da nessuno:

    - Io ho aiutato voi. Voi dovete aiutare me. Sicuramente avete qualcuno capace di farmi un'operazione di chirurgia estetica qui... No? -

    [NOTA]

    [...]



    Nel mentre io fossi andato a cercare il mio chirurgo per sottopormi a un'operazione e avere un volto che non mi rendesse pericoloso a prima vista, il tizio otese avrebbe avuto il suo da fare: tra tonici (massimo 2) che gli avrebbero dato, garze, bende e creme, avrebbe avuto il suo tempo non solo per riprendersi, almeno parzialmente, da ciò che aveva avuto, ma per domandare, scoprire, chiedere e magari anche imparare qualcosa di nuovo, sempre se lo avesse voluto.


    Seinji Akuma

    Statistiche Primarie
    • Forza: 500
    • Velocità: 500
    • Resistenza: 400
    • Riflessi: 550
    Statistiche Secondarie
    • Agilità: 500
    • Concentrazione: 600
    • Intuito: 500
    • Precisione: 500
    Chakra
    48.75/90
    Vitalità
    12/14
    Slot Azione

    1. ///

    2. ///

    3. ///

    Slot Difesa

    1. ///

    2. ///

    3. ///

    Slot Tecnica

    1. ///

    2. ///

    Note



     
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    Cuore di Guerriero, Anima di Guaritore: kuroshi affronta il caos dell'ospedale

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    L'otese, con uno sguardo penetrante e impassibile, fissò il nemico che gli aveva lanciato quella minaccia. Senza pronunciare una parola, la determinazione nei suoi occhi parlava da sola. Non c'era bisogno di rispondere apertamente alle provocazioni, perché sapeva che le azioni avrebbero parlato più forte delle parole.

    Mentre gli avversari si allontanavano, alcuni zoppicando e altri malconci, il ragazzo non si mosse. La sua presenza rimase ferma e inalterata, come se fosse ancorato al terreno stesso del Paese delle Risaie. La decisione di non seguire l'impulso di vendetta immediata parlava della sua saggezza e autocontrollo.

    Con la testa alta, osservò il bambino di colore abbandonato vicino a lui. Senza esitazione, si chinò per raccoglierlo tra le braccia. In quel gesto, traspariva la compassione e l'umanità che lo contraddistinguevano . La violenza poteva aver avuto un ruolo in quegli attimi di conflitto, ma la solidarietà e la protezione per chi era indifeso erano valori fondamentali per Kuroshi.

    Mentre la polvere si posava lentamente sulla scena dello scontro, si preparò a portare il bambino verso un luogo sicuro, lontano dagli echi della battaglia appena conclusa, almeno era quello che credeva. La lezione impartita agli avversari non era solo nella forza fisica, ma nell'arte della compassione e nell'importanza di proteggere chi non poteva difendersi. Quella giornata poteva aver portato con sé le cicatrici della lotta, ma aveva anche rivelato il cuore gentile e risoluto del giovane ninja.


    Lo shinobi del suono, osservando il bambino di colore con un'espressione impassibile, annuì appena in risposta alle sue parole. Il suo sguardo trasmetteva una comprensione silenziosa, come se riconoscesse la difficoltà di parlare di sé stesso in quelle circostanze.

    Capisco, rispose l'otese con voce calma, cercando di mettere a proprio agio il giovane. È un grande cambiamento, trasferirsi in un nuovo luogo. Ma qui troverai molte opportunità.

    Il bambino di colore, rivolto verso lo shinobi, poteva percepire la sua presenza tranquilla e rassicurante. La leggera timidezza nel ringraziare per l'aiuto ricevuto era comprensibile, considerando il contesto. Kuroshi inclinò la testa in segno di accettazione e rispose con semplicità: Non c'è bisogno di ringraziare. Aiutare è ciò che facciamo qui. Anche se il più delle volte non sembrerebbe

    Con un gesto gentile, l'otese avrebbe potuto posare una mano sulla spalla del bambino, cercando di trasmettere un senso di solidarietà. Se hai bisogno di qualcosa o se hai domande, son qui per aiutarti. Benvenuto nel nostro villaggio. continuò cercando di far capire al ragazzino che non tutti in quel posto rano come quei quattro farabutti.

    Osservando il bambino di colore allontanarsi con risolutezza, decise di rispettare la sua scelta. Comprendeva che quel momento poteva essere intenso e, forse, il giovane aveva bisogno di spazio per elaborare le recenti esperienze. Lasciò che il bambino si allontanasse senza cercare di fermarlo, rispettando il desiderio di una momentanea solitudine.

    Tuttavia, lo sguardo del ragazzo dello shinobi rimase attento, e notò la figura nel camice bianco che si avvicinava dal vicino ospedale. Decise di seguire con lo sguardo la scena, curioso di capire quale ruolo avrebbe avuto quella figura nella situazione.

    Il ninja, anche se inizialmente aveva esitato, alla fine avrebbe ceduto al consiglio della figura nel camice bianco. Sentiva il peso delle ferite e la mancanza di energia, e la proposta di ricevere cure mediche era un'opportunità che non poteva permettersi di rifiutare.

    Ha ragione, rispose l'otese con un cenno d'assenso, la voce un po' affaticata. Forse un'occhiata in ospedale non farebbe male. Grazie per la preoccupazione.

    Il ragazzo avrebbe fatto un passo incerto in direzione dell'ospedale, seguendo la figura medica. La strada sarebbe stata faticosa, ma la prospettiva di ricevere cure e un po' di riposo era allettante.

    All'interno dell'ospedale, avrebbe fatto una scoperta sconcertante. La scena davanti a lui era ben lontana dall'immagine rassicurante di un ospedale. Il caos regnava sovrano, trasformando un luogo dedicato alla cura e alla guarigione in un panorama di disordine e confusione. Una figura, ormai irriconoscibile e dilaniata dallo scontro, giaceva sul pavimento della sala principale. Un altra stana figura, alquanto misteriosa, avvolta da un mantello e un'inquietante maschera celavano la sua identità.

    Di che stai parlando rispose Kuroshi stranito alle insinuazioni di quel ninja. Il suono dell'ospedale avrebbe dovuto essere pervaso dal brusio dell'attività medica, ma al contrario, regnava un silenzio inquietante. La mancanza di vita e di movimento gli conferiva un'atmosfera spettrale, accentuando il senso di emergenza. Oggetti medici e attrezzature giacevano disordinatamente a terra, rovesciati o sparpagliati in modo caotico. Questo avrebbe riflettuto il tumulto che si era scatenato nell'ospedale, evidenziando l'impatto della situazione. Nel caos, il personale medico correva freneticamente da un luogo all'altro, cercando di porre rimedio alla situazione. Ma che è successo? chiese preoccupato l'otese alla donna in camice.


    Nonostante le ferite che lo affliggevano e la stanchezza che pesava sul suo corpo, Kuroshi avvertì una strana chiamata interiore a contribuire alla risoluzione del caos che avvolgeva l'ospedale. La sua formazione shinobi e il senso del dovere si scontravano con la scena di disordine e emergenza, generando un impulso a fare la sua parte per ripristinare l'equilibrio. Non c'è bisogno di preoccuparsi per me, in fin dei conti non sono grave! c'è gente che ne ha più bisogno......vorrei esservi d'aiuto in quanto possibile.

    [----]



    L'infermiera, con il suo sguardo penetrante, cercava di interpretare le parole di quella misteriosa figura, anche se la maschera celava le sue espressioni. L'atmosfera era carica di una sorta di mistero mentre la sua richiesta si stagliava nell'aria.

    La postura, seppur celata da un mantello, suggeriva una determinazione palpabile. Il tono della voce, anche dietro la maschera, rivelava l'urgenza della richiesta, trasmettendo il peso della situazione. L'infermiera annuì in segno di apertura e disponibilità, una dichiarazione silenziosa che indicava che, nonostante la specializzazione dell'ospedale nelle cure mediche, era pronta a considerare la sua richiesta e ad ascoltare le sue motivazioni.

    Capisco la tua preoccupazione, ma qui siamo specializzati in cure mediche più che in interventi estetici. Tuttavia, faremo del nostro meglio per aiutarti. Spiegami cosa desideri, e vedremo cosa possiamo fare avrebbe detto con calma e professionalità, cercando di trasmettere un senso di empatia nonostante la natura insolita della richiesta.

    L'infermiera avrebbe condotto il ragazzo attraverso i corridoi dell'ospedale, attraversando porte bianche e soffici pareti illuminate da lampade a luce soffusa. La sensazione di pulizia e ordine, tipica degli ospedali, avrebbe potuto essere presente nonostante il caos precedentemente descritto. La luce fluorescente avrebbe contribuito a creare una sensazione di sterile professionalità mentre procedevano lungo il percorso. Dopo aver attraversato un corridoio, l'infermiera aprì una porta su una sala che emetteva un'atmosfera diversa. Questa sala potrebbe essere stata la sala di consultazione o la stanza dedicata ai trattamenti meno urgenti. Il suo spazio era caratterizzato da pareti color pastello e una serie di lettini con tende divisorie per garantire la privacy dei pazienti.

    L'infermiera, con passo sicuro e professionale, avrebbe indicato a quell'uomo misterioso di accomodarsi o di posizionarsi dove necessario. Attendi qui, vado a chiamare il medico che si occuperà di te!







     
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    Non era finita e di sicuro non sarebbe finita lì. Il piccolo Kuroshi lo avrebbe intuito, come se fosse una qualche specie di profonda intuizione ad attraversargli l'animo. Non era finita lì: avrebbe rivisto quei 4 e chissà che un giorno non si sarebbe pentito di averli lasciati vivere e respirare. D'altronde, immense e intricate erano le Strade del Destino e il giovane otese stava semplicemente iniziando a camminare su una di queste. Il suo sguardo freddo, quasi glaciale, non avrebbe comunque scalfito gli altri uomini: erano già stati distrutti quel giorno e uno sguardo in più non avrebbe fatto né più né meno male. Lo stesso si poteva anche dire delle sue parole, che in poco tempo si sarebbero perse nel vuoto.

    - Ci rivedrai piccolo negro. Ci rivedrai presto. - Non sarebbe stato degno ne utile continuare a parlare e dire qualcos'altro, poiché le figure maschile dinnanzi al giovane sarebbero semplicemente sparite lasciandosi andare allo stesso vuoto da cui erano venuti. Di sicuro nessuno, a parte egli stesso, non avrebbe apprezzato quel senso di equa giustizia che egli cercava di portare nel mondo, non sempre riuscendo. E, per giunta, era anche chiaro che si era fatto un po' troppi nemici in quella zona. Quelli che un giorno avrebbero potuto importunarlo, testarlo e trovare le sue debolezze.

    Non risposero nemmeno alla frase secondo cui presto sarebbe venuto qualcuno a curarli. Tutt'altro: semplicemente sparirono, lasciando l'otese in compagnia dell'altro ragazzo. Così, loro due andarono nell'Ospedale, in cui regnava tutto fuorché pace e tranquillità. La sporcizia era tanta; vigeva un buco per terra e la polvere sembrava svolazzare indisturbata nell'aria. - Sì, lo è, - rispose il bambino, prima di alzare un sopracciglio. Sapeva già che non vi erano opportunità lì. Non in quel posto. Era il Paese delle Risaie: un Paese di media ricchezza composto da rifugiati e profughi scappati da tutto il mondo. E a capo di tutta quella marmaglia c'era un Kage guerrafondaio che desiderava solo sottomettere il mondo al proprio volere.

    - Un giorno spero di diventare come voi! - Disse il bambino lanciando un'occhiata di ammirazione allo studente di Oto. Comunque fosse, non viveva nel villaggio di Oto, bensì al di fuori dallo stesso e quando si sentì dare il benvenuto, - dopo ben 2 anni dal suo arrivo, come aveva già detto, - pensò per un attimo che lo studente dinnanzi a lui abbia subito qualche botta al cervello.

    Comunque fosse, in breve tempo il bambino scomparve e, forse, anche in quel caso il nostro piccolo eroe avrebbe avuto la stessa medesima sensazione di prima. Avrebbe come sentito la presenza di un sentimento. "Lo rivederai," - diceva. - "Lo rivedrai prima o poi". Del resto era logico: il Paese delle Risaie era tutto fuorché grande e, a essere sinceri, tutti vi si reincontravano con tutti gli altri prima o poi.

    Quando decise di lasciarsi prestare alle cure della dottoressa, sentì un sollievo. Le energie iniziavano a venire ripristinate, se non così velocemente come avrebbe voluto. Le ferite venivano trattate. Non c'era nulla di grave sul suo corpo. Nessuna ferita mortale. Solo qualche livido e molte botte alla testa.

    - C'era stato uno scontro qui... - Rispose una figura in camice bianco alla domanda di Kuroshi. - Dei mascalzoni sono venuti a rubare una pianta qui! Una pianta rara! E lui... - indicò Seinji Akuma, - li ha contrastati. Comunque sia, quando disse che non c'era bisogno di preoccuparsi per lui, la figura nel camice bianco scosse il capo. - Stai fermo, - disse prendendo dell'acqua ossigenata per trattargli le ferite. - Il pericolo è scampato. Purtroppo hanno rubato la pianta. - Avrebbe detto l'infermiera rispondendo alla sua domanda. Inseguire il tizio che aveva rubato la pianta sarebbe stato impossibile; almeno non in quello stato e, soprattutto, non da solo. Tanto era meglio restare e farsi curare. Oppure aiutare.

    Comunque sia, dopo qualche cura qui e lì, l'infermiera lo avrebbe guardato: - Vedi quei pazienti? - Avrebbe domandato lanciando un'occhiata a sinistra, verso la parte più lontana della sala, con un paio di stanze con dentro delle persone in necessità di cure mediche. Lì avrebbe trovata una signora anziana con un taglio al quadricipite destro. Era un taglio verticale e necessitava di cure. Tra l'altro, si era fatto male e ora dallo stesso taglio era iniziato a colare del sangue.



    [...]





    Alla fine mi aveva ascoltato.

    Non come glielo avevo chiesto, ma pur sempre meglio di niente. Mi disse che non erano un centro estetico, - e fin qui ci ero arrivato da solo, - ma che, alla fine della fiera, avrebbero comunque provato ad aiutarmi. Era quello il modo in cui funzionavano le cose in quel mondo: favore per favore. Aiuto per aiuto. - Glielo spiegherò quando mi farà vedere il dottore, - dissi avviandomi per i lunghi corridoi dell'Ospedale. Lasciando alle mie spalle il caos e il casino del primo piano. Quello scontro che avevo vinto, ma che non ero riuscito a portare sino in fondo. La nostra camminata non sarebbe stata né troppo lunga, né troppo corta. Media, se così si poteva dire. E finalmente arrivammo verso quella che potei riconoscere come una sala per le operazioni chirurgiche. O per qualcosa di simile, a considerare i lettini. Mi disse dunque di mettermi sul lettino e di aspettare l'arrivo dell'altro medico.

    Non appena fosse arrivato, mi sarei alzato, maschera e mantello ancora su di me.

    - Buongiorno, - lo avrei salutato mentre i miei occhi si sarebbero illuminati di rosso-fuoco. In quel modo, pochi istanti dopo, si sarebbe creata un'altra illusione dinnanzi a me, o, meglio ancora, dinnanzi a lui:



    Quello era l'aspetto che volevo assumere da lì a poco, senza che qualcun altro fosse in grado di riconoscermi. Se avesse avuto dubbi, problemi, domande o quant'altro, avrebbe potuto rivolgere quanto desiderato a me.

    - Tutto chiaro? - Avrei chiesto indicando l'illusione. Non avrei potuto mantenerla per tutta la durata dell'operazione, ma solo per quanto fosse stato possibile, in maniera tale che il dottore potesse prendere i dovuti appunti, disegni e iniziare il lavoro.

    Seinji Akuma

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    Dietro le Quinte dell'Ospedale

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    Kuroshi, disteso sul lettino della dottoressa, si abbandonava alla sensazione di sollievo che si diffondeva attraverso il suo corpo martoriato. Sentiva le energie vitali pian piano ritornare, anche se il processo di guarigione non procedeva con la celerità che avrebbe auspicato. Mentre la dottoressa si occupava delle sue ferite, una figura in camice bianco lo informò dettagliatamente sulla dinamica degli eventi che avevano portato alle sue attuali condizioni.

    L'atmosfera del luogo era permeata dalla tensione del recente scontro, e le parole della figura medica aggiunsero un ulteriore strato di complessità alla situazione. Kuroshi apprese che lo suo stato in cui era ridotta la struttura derivava da un tentato furto di una pianta rara, che a quanto pareva era riuscito.

    La figura in camice bianco, nel suo ruolo di narratore degli eventi, creò un quadro vivido della scena: mascalzoni che tentavano di impossessarsi di un tesoro botanico, e quel misterioso ninja che si ergeva come guardiano, anche se la vittoria finale gli era sfuggita di mano. La tensione nell'aria e la sensazione di perdita contribuivano a creare un ambiente carico di emozioni, mentre Kuroshi si lasciava curare e rifletteva sulle implicazioni di ciò che era appena accaduto.

    I suoi pensieri si concentravano per lo più sul ninja misterioso che era intervenuto per proteggere l'ospedale. Una miscela di gratitudine e curiosità solleticava la sua mente. Chi poteva essere quel misterioso alleato? Quali erano le sue intenzioni? La figura in camice bianco aveva menzionato che il ninja aveva contrastato i mascalzoni che cercavano di rubare la pianta rara, ma il giovane ninja si chiedeva quali fossero i motivi che lo avevano spinto ad agire.

    Nel suo stato debilitato, rifletteva sulla fortuna di aver ricevuto un aiuto inaspettato. La figura misteriosa gli aveva permesso di concentrarsi sulla sua guarigione, sapendo che qualcun altro vigilava sulla sicurezza dell'ospedale. La sua mente vagava tra le possibilità: un ninja errante, un alleato sconosciuto proveniente dal suo passato, o forse un personaggio completamente estraneo con un senso di giustizia ben radicato.

    Dopo aver ricevuto le cure necessarie, l'infermiera attirò l'attenzione di Kuroshi verso altri pazienti bisognosi di aiuto. Si certo! c’è qualcosa che posso fare? chiese rinnovando la sua offerta di aiuto.

    La dottoressa si alzò e si avvicinò a una signora anziana situata nella parte più remota della sala medica. La donna giaceva sul letto, visibilmente sofferente, con un taglio profondo al quadricipite destro. Il sangue scorreva lentamente dalla ferita, colorando il lenzuolo di rosso. La scena comunicava un senso urgente di necessità medica, e la dottoressa, con uno sguardo serio, fece un cenno verso la signora anziana.

    Come ninja di Oto è mio dovere intervenire nelle emergenze...anche se le mie competenze mediche sono scarse!

    La scelta di Kuroshi di restare e contribuire alle cure degli altri pazienti ora pendeva in bilico. Gli occhi della dottoressa incontrarono i suoi, comunicando implicitamente la richiesta di aiuto. Non era solo una questione di competenze mediche, ma anche di solidarietà e compassione.


    [----]




    Non ci volle molto, che una figura imponente comparve dalla porta della sala operatoria. Indossava un camice classico di colore bianco, adornato con il simbolo del Villaggio sul petto. Un medico ninja dall’aspetto solenne e risoluto, il cui volto è dominato da uno sguardo profondo e concentrato, con occhi castani penetranti che suggeriscono una mente analitica e attenta ai dettagli. "Buongiorno! Sono il dottor Takeshi Natsuki! Rispose con tono pacato e rassicurante, creando un'atmosfera di tranquillità e fiducia."

    84736_orig



    Il medico ninja osservò l'illusione con attenzione, prendendo nota mentale dei dettagli e dei cambiamenti che avrebbero potuto verificarsi durante l'operazione imminente. Mentre il suo sguardo analitico scrutava l'ambiente creato dall'illusione, il medico avvertì un senso di rispetto per la scelta dell'utente di assumere quell'aspetto. Era consapevole che in determinate situazioni, la discrezione poteva essere fondamentale.

    Rispose con un sorriso calmo, la sua voce rifletteva una tranquillità pacata. "Tutto chiaro," disse il medico, indicando l'illusione con un gesto delicato. "Se dovessero sorgere domande o dubbi questo è il momento di chiedere!…..Alimenti si accomodi sul lì" indicò il lettino alla sua sinistra.

    Nel silenzioso scenario della sala operatoria, il medico ninja si prepara per l'operazione delicata del cambio volto. La luce soffusa proveniente da lampade mediche svela un ambiente sereno, dove l'aria è impregnata dalla tranquilla concentrazione del medico. Il paziente, privo di ogni preoccupazione grazie all'anestesia ninja, riposa sulla lettiga, pronto per la metamorfosi.

    Le mani esperte del medico, impregnate di chakra curativo, si muovono con grazia mentre esplorano il volto del paziente. Osserva ogni dettaglio, valutando la struttura ossea, la simmetria e le sfumature anatomiche con un occhio attento. È un passo cruciale per garantire che la trasformazione risulti naturale e armoniosa.

    Con l'attivazione del chakra curativo, l'energia positiva fluisce attraverso le mani del medico. La manipolazione inizia, una danza sottile tra chakra e anatomia. Il volto del paziente comincia a cambiare, adattandosi alle immagini mentali fornite dall'illusione. Non è solo una questione di modellare i tratti fisici, ma di infondere nell'aspetto risultante un senso di continuità e coerenza.

    L'illusione creata precedentemente si intensifica, avvolgendo il paziente in una realtà alternativa che si allinea al suo nuovo volto desiderato. È un supporto visivo per entrambi: il medico guida la trasformazione seguendo il modello mentale dell'utente, mentre quest'ultimo può visualizzare il cambiamento in corso.

    Il monitoraggio costante è una parte fondamentale. Il medico è attento ai segni vitali del paziente, garantendo che ogni passo della procedura sia sicuro e ben tollerato. La cooperazione armoniosa tra la manipolazione del chakra, l'illusione e la maestria chirurgica del medico crea una sinfonia di cambiamento, guidando il paziente attraverso la transizione con delicatezza.

    Infine, quando la metamorfosi è completa, il medico termina con cura l'operazione. Il paziente, ancora sospeso nell'anestesia ninja, comincia a emergere lentamente da un sonno senza sogni. È il momento della rinascita, con un volto nuovo che rispecchia le visioni dell'utente e l'abilità artistica del medico ninja, che ha lavorato nell'ombra per plasmare il cambiamento.


     
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    Il Volto del Tennin


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    Capire cosa avrebbe dovuto fare il buon Kuroshi per diminuire il dolore causato ai pazienti che sostavano in quella zona era semplice. D’altronde, se c’era un sanguinamento, bisognava tamponarlo. Se c’era il dolore insopportabile, in qualche modo bisognava fermarlo. Dunque, non ci sarebbero volute molte spiegazioni affinché Kuroshi capisse ciò che bisognava fare e, soprattutto, in che modo doveva farlo: le garze erano lì, i liquidi di disinfezione anche.

    D’altro canto, il buon ninja di Oto non si poteva mica aspettare che vi fosse qualcuno vicino a lui a insegnarli cosa fare e come farlo. Dunque, avrebbe sentito una breve, secca risposta da parte dell’infermiera che gli aveva offerto le proprie cure poco prima.

    - Vedi quelle persone? Lì, in quella sala? Hanno dei tagli. Forse puoi aiutarci a fermare il sanguinamento? -

    A quel punto la palla passò al ninja di Oto, che non ebbe troppi problemi ad affermare, a tutto il mondo, ciò che desiderava di voler fare. Affermò che, come ninja di Oto, fosse il suo dovere fare il massimo durante le emergenze.

    - Ottimo allora, - rispose l’infermiera a ciò che aveva detto il buon Kuroishi. - Penso che ce la farai anche da solo, ma qualora avessi bisogno di aiuto, non esitare a chiamarci. -

    A quel punto, l’infermiera sarebbe andata a sistemare il casino che ci era avvenuto poco prima, iniziando a mettere le cose al loro posto dopo le esplosioni verificatesi poco prima e, in genere, cercando di fare tutto il possibile e non affinché la situazione tornasse alla normalità (non che fosse facile, comunque).
    Kuroshi, invece, avrebbe potuto fare come gli aveva chiesto: andare nella sala che gli era stata appena indicata e trovarvi 3 letti con persone con vari tagli sul corpo.

    La prima aveva un taglio sulla gamba sinistra ed era pericoloso. Sarebbero bastate delle conoscenze anatomiche estremamente basilari per capire che un centimetro più in là e sarebbe potuta essere coinvolta l’arteria. E, come ben si sapeva, una volta tagliata quella, il sanguinamento sarebbe stato molto più complesso da fermare. Dunque, forse era meglio non esagerare e pensare realmente a come fermare il sanguinamento di quella ferita superficiale.

    La seconda vittima aveva diversi tagli di natura più lieve sparsi un po’ ovunque sul corpo. Alcuni erano decisamente piccoli, ma c’erano anche quelli che avevano una dimensione più ampia del normale. A causa di questa particolarità sarebbe stato complesso capire da quali tagli iniziare e, in genere, come procedere al loro trattamento.

    Infine, c’era il paziente con il maggior numero di ferite in assoluto: tagli sul viso, sulle gambe, sulle braccia. Anche qualche ferita da ustione, che il buon otese avrebbe comunque dovuto provare a curare. Insomma: di lavoro ce n’era tanto e dato che l’otese si era offerto di aiutare, sarebbe stato davvero un peccato rinunciare alla sua graziosa offerta.

    A spronarlo sarebbe stato uno dei pazienti:

    - Ma che ti stai fermo??? - Avrebbe gridato. - Non vedi che hanno bisogno di aiuto?! SBRIGATI! -

    [...]



    Quando venne il tizio che mi avrebbe fatto l’operazione, un chirurgo con un arma in mano, allungai le labbra in una specie di sorriso. Ma sarebbe stato un sorriso di breve durato, per nulla empatico, per nulla felice. Anzi. A prima vista non sembrava nemmeno un sorriso, bensì un ammonimento.

    - Non sbagliare nulla, - gli avrei detto mettendo un attimo da parte la mia balestra per sentire che ero stato chiaro e che, probabilmente, i miei desideri sarebbero stati esauditi per quel giorno. Non ebbi nulla da chiedergli, né da dirgli, e quando mi disse che era arrivato il tempo di “accomodarmi lì”, feci quanto richiesto, ma senza togliere la mia maschera fino all’ultimo.

    Solo quando prese il bisturi, pronto per iniziare quell’opera di rinnovamento, mi tolsi la maschera rivelando al medico il mio vero volto. Il volto del Tennin. Tanto, non gli sarebbe servito a nulla conoscerlo, forse. E, se non era un ninja, difficilmente ci avrebbe riconosciuto un nukenin poi diventato Mizukage.

    Prima di chiudere definitivamente gli occhi, mi assicurai che l’amnestesia fosse stata portata a termine in modo giusto, senza problemi, veleni o altre possibili sostanze dannose che in qualche modo avrebbero potuto danneggiare il mio stato di salute. Solo a quel punto, sicuro del fatto che non vi fossero trucchetti di alcun tipo sotto, potei respirare tranquillo e lasciare che il dottore facesse il proprio lavoro.

    Durante le operazioni, percependo il chakra curativo sul mio volto, mi abbandonai a quella piacevole sensazione di trasformazione, che di sicuro non potevo descrivere anche per via dell’anestesia. Dopo un po’ la mia illusione naturalmente sparì, anche per via del fatto che mai avrei potuto mantenerla integra e attiva per troppo tempo, sennò sarebbe venuto a mancare il mio chakra, ma il medico, probabilmente, sapeva comunque il fatto proprio e aveva una memoria visiva sufficiente per permettermi di continuare il mio percorso di cambiamento.

    Dopo diverse ore, finalmente, il suo lavoro giunse al termine e l’operazione venne completata. Quando mi alzai, capii di essere un uomo nuovo. Parliamoci chiaramente: non era la prima volta che mi sottoponevo a un’operazione di quel genere e, di sicuro, non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Del resto, ero simile a un camaleone: abituato a cambiare spesso la mia pelle, in maniera tale da adattarmi al mondo intorno.
    Quando poi finì, mi alzai dal mio letto per guardarmi nello specchio:

    - Perfetto, - dissi. - Lei è davvero un Dio del cambiamento. Non me lo aspettavo…
    Ci sarebbe stato poco da aggiungere o da dire: aveva fatto il suo e non aveva nemmeno sbagliato nulla.

    - Non lo dica a nessuno, però, - continuai. - Perché ci reincontreremo ancora. -

    A quel punto, se nulla altro ci sarebbe stato da fare, sarei uscito da quella sala lasciando alle spalle il buon dottore. Devo ammetterlo: per più di qualche attimo avevo preso in considerazione l’idea di ucciderlo. Di cancellare tutte le tracce. Anche perché in quel momento c’erano poche persone al mondo che sapevano di me, ma c’era solo una che poteva ricollegare il mio nuovo aspetto al mio vecchio volto e quella persona, - l’unico anello debole in tutta la catena, - si trovava ora alle mie spalle. Tuttavia, perché uccidere qualcuno che sarebbe potuto essere così utile per me? Specialmente conoscendo dove viveva e dove si trovava?

    Seinji Akuma

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    nel vortice dell'emergenza: kuroshi, il soccorritore inaspettato

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    Kuroshi ascoltò attentamente le indicazioni dell'infermiera, osservando la scena davanti a lui, la sua attenzione divisa tra l'incertezza circostante e la chiarezza delle istruzioni ricevute. L'infermiera gli aveva affidato una responsabilità, e lui era pronto ad accettarla.

    Mentre si dirigeva verso la sala dei pazienti feriti, il suo sguardo scrutò l'ambiente circostante con un acuto senso di consapevolezza. La sua mente si attivò istantaneamente, analizzando ogni dettaglio della situazione. Valutò la posizione dei pazienti, la gravità delle ferite, e pianificò mentalmente l'ordine delle sue azioni.

    Farò del mio meglio per aiutare, rispose Kuroshi con un cenno deciso del capo, la sua voce trasmettendo una determinazione calma. Mentre pronunciava quelle parole, si sentì pervaso dallo spirito del dovere, pronto a mettere in pratica le sue competenze ninja anche in un contesto medico. La sua esperienza nelle arti marziali, unite a un uel minimo bagaglio di conoscenze mediche, gli avrebbe le basi necessarie per affrontare la situazione?

    Il richiamo del paziente non fece che rafforzare la determinazione di Kuroshi. Senza perdere la calma, si voltò verso di lui, fissando gli occhi con serietà.

    Capisco l'urgenza, rispose Kuroshi con voce ferma ma tranquilla. Sto facendo del mio meglio per fornire assistenza a tutti. La tua pazienza sarà ricompensata quando vedrai che ogni ferito riceverà l'attenzione necessaria. Siamo tutti sulla stessa barca.

    Senza perdere ulteriore tempo, Kuroshi tornò a concentrarsi sul suo lavoro, intensificando gli sforzi per garantire cure rapide ed efficaci. La sua risposta rifletteva la consapevolezza della situazione critica, unita alla promessa di un impegno costante nel mitigare il dolore e ripristinare la salute dei pazienti.

    Entrato nella sala, Kuroshi si trovò di fronte a una scena che richiedeva competenze molto diverse da quelle alle quali era abituato come ninja. La sua conoscenza delle arti mediche era minima, eppure l'urgenza della situazione lo spingeva a superare la propria inesperienza.

    Mentre si avvicinava al paziente con il taglio pericoloso sulla gamba, Kuroshi cercò di sfruttare al massimo le sue abilità. La sua precisione e l'efficacia dei movimenti riflettevano più l'istinto acquisito nelle arti marziali che una conoscenza medica approfondita. Le sue mani, abituate a maneggiare armi e a eseguire mosse agili, applicavano garze e disinfettante con una certa sicurezza, nonostante la mancanza di esperienza specifica.

    La sua mente lavorava a ritmo accelerato, compensando la sua inesperienza con una volontà indomita di imparare rapidamente. Ogni passo che compiva, ogni decisione che prendeva, era guidato più dall'istinto di preservare la vita che da una conoscenza accurata delle procedure mediche. Era evidente che stava imparando sul campo, adattandosi alle circostanze con la stessa agilità con cui affrontava gli avversari.

    La stabilità della ferita divenne la sua priorità, e sebbene l'inesperienza fosse un ostacolo, la sua dedizione al compito si faceva palese. In un certo senso, stava trasformando la sala d'emergenza in un nuovo terreno di addestramento, affrontando una disciplina completamente estranea alle sue abitudini.

    Il paziente, benché avrebbe potuto avvertito la mancanza di esperienza di Kuroshi, avrebbe potuto percepire la determinazione del ninja nel voler aiutare.

    Con passo deciso, si avvicinò al secondo paziente, consapevole che le ferite, seppur meno gravi, richiedevano un'attenzione altrettanto accurata. Le sue mani, ancora impregnate dell'odore del campo di battaglia, applicavano garze con un tocco delicato ma incerto, e il suo sguardo rifletteva una determinazione mista a un'inquietudine sottostante. Durante l'intera procedura, Kuroshi cercava di mantenere un atteggiamento rassicurante, consapevole della sua mancanza di esperienza medica.

    Davanti al paziente con il maggior numero di ferite, Kuroshi affrontò una sfida ancora più complessa. Il suo sguardo si posò sulla molteplicità di tagli, abrasioni e ferite da ustione, e per un momento, il ninja di Oto fu colto da un breve istante di esitazione.

    Con un respiro profondo, si mise all'opera. Iniziò analizzando la situazione, cercando di identificare le ferite più urgenti e delicate. Si concentrò su ciò che poteva fare per alleviare le sofferenze del paziente. Si rivolse ai tagli sul viso, procedendo con attenzione per non arrecare ulteriori danni. Con garze e disinfettante, cercò di tamponare i sanguinamenti e di evitare complicazioni.

    Affrontò le ferite alle gambe con altrettanta dedizione. Si sforzò di stabilizzare le fratture e di trattare le abrasioni, sempre con la consapevolezza della sua inesperienza, ma senza perdere la volontà di fare del suo meglio. Le ferite alle braccia furono affrontate con la stessa cura. Si preoccupò di pulire accuratamente le ferite e di applicare le medicazioni necessarie. Infine Le ferite da ustione aggiunsero un ulteriore elemento alla complessità del compito, ma Kuroshi affrontò anche questo aspetto con risolutezza. Con gesti studiati e con l'aiuto di acqua pulita, cercò di ridurre l'infiammazione e di alleviare la sofferenza causata dalle ustioni.

    Nonostante la mancanza di esperienza, Kuroshi dimostrò un impegno instancabile. Ogni azione, sebbene non fosse eseguita con la perfezione di un medico, trasmetteva un desiderio sincero di aiutare il paziente nel modo migliore possibile. In quel contesto di emergenza, il ninja di Oto stava imparando sul campo, affrontando le sfide mediche con la stessa determinazione che avrebbe dedicato a un'avventura pericolosa.

    Dopo aver terminato il suo compito, il giovane Otese poté riprendere fiato. Era stato più stancante del previsto. Si passò un braccio sulla fronte per asciugarsi il sudore, per poi fare cenno alla dottoressa che aveva terminato il suo compito, e di dare un occhiata se avesse fatto tutto correttamente. Nello stesso momento, con la coda dell'occhio, Vide svolazzare un mantello nel corridoio. Lanciò uno sguardo veloce, e si rese conto che il tizio che aveva fronteggiato i due assalitori stava lasciando la struttura.

    Continuava ad essere incuriosito da quella misteriosa figura, le domande era tante nella sua testa a cui non sapeva dare una risposta. Chissà se mai lo avrebbe rivisto si chiese in fine.






     
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    Quando disse che avrebbe fatto del suo meglio, l’infermiera alzò le spalle, mostrando un chiaro segno di inquietudine. Non perché Kuroshi non avrebbe potuto fare il suo meglio, ma perché era sicuramente alle prime armi e trovarsi lì era una cosa che gli avrebbe permesso semplicemente di manifestare le proprie abilità e dare il vita a un percorso medico che, forse, in un futuro non troppo remoto lo avrebbe portato a essere uno dei migliori ninja medici sul continente. Sicuramente vide negli occhi del piccolo otese anche ciò che gli sembrò essere come una ventata di patriottismo. Come se fosse quel qualcosa, quella fiamma, che aveva percepito molti anni prima nella propria vita, e che ora vedeva negli occhi dello studente di Oto. Perciò lo lasciò fare e mentre Kuroshi andava nella sala con i pazienti che mostravano i tagli sul proprio corpo, semplicemente lo seguì con lo sguardo.

    Quando poi l’otese fu all’interno della sala, Kuroshi venne leggermente sgridato, ma rispose a modo, dicendo di aspettare un po’, perché avrebbe sicuramente fornito l’assistenza a chiunque lo necessitasse.

    - Non sembri sulla stessa barca! - Rispose il tizio che aveva gridato poco prima. - Anche perché non sei mica su uno di questi letti! E non sembri di essere ferito quanto noi! -

    A quel punto l’otese avrebbe avuto una prima importante lezione: soddisfare tutti sarebbe stato impossibile e, anche aiutando le persone intorno, egli non avrebbe comunque avuto quasi alcuna gratitudine. Anzi: spesso e volentieri avrebbe ricevuto in cambio solo urla, rabbia, odio e altre urla.

    Comunque sia, Kuroshi si impegnò al massimo, proprio come aveva permesso. Intensificò gli sforzi e riuscì, seppur non con troppa freneticità e velocità, a ripristinare la salute dei presenti. I suoi movimenti fluidi gli permisero di curare il primo dei pazienti, quello con un taglio pericoloso sulla gamba, mentre le mani si mossero applicando garze e disinfettanti, affinché il paziente in questione ritornasse al suo stato originale, nuovo come prima. Di certo, non era un’operazione di quelle che avrebbe potuto fare uno alle prime armi, ma l’otese ci riuscì ugualmente. Niente libri; niente manuali, solo la voglia di aiutare e spingersi più in là per fornire il proprio aiuto e assistenza a coloro che lo necessitavano maggiormente.

    Il primo paziente, seppur un po’ incosciente a causa del sangue perduto e della mancanza di forze, avrebbe comunque provato a ringraziare Kuroshi in quel che fu un accenno di sorriso.

    - Gra… Grazie! - Avrebbe detto egli, con una voce leggermente tremante e praticamente non facendosi sentire.

    Poi Kuroshi passò all’altro paziente, il cui trattamento si rivelò presto ancora più ostico e complesso. Le ferite qui erano più superficiali, ma erano tante.

    Infine, arrivò anche l’ultimo paziente che Kuroshi poté trattare in quel lasso di tempo. A dire il vero, lo stesso ninja di Oto non avrebbe potuto decifrare con sicurezza QUANTO tempo fosse passato dall’inizio delle operazioni, perché mentre andava avanti man-mano trattando le ferite dei pazienti, egli avrebbe visto che si aggiungevano sempre nuove persone. Sempre nuovi paziente: alcune ferite che sembravano essere già state chiuse venivano riaperte. Altri pazienti che si facevano male da soli mentre provavano ad alzarsi dal letto oppure applicarsi da soli le medicazioni. Senza dimenticarsi di pazienti nuovi, che per prima cosa venivano portati in quella sala e vi attendevano l’arrivo di un’infermiera che, ahimé, avrebbe avuto molto altro da fare (per non dire che alcune infermiere erano morte perché IO avevo deciso così quando avevo scatenato la furia distruttiva delle mie bombe dentro a quell’Ospedale).

    Sicuramente ci vollero almeno 8 ore prima che Kuroshi poté trattare TUTTI, applicando le medicazioni laddove richiesto, richiudendo le vecchie ferite e provando a trattare anche quelle nuove. Il tempo al di fuori dalla finestra sarebbe rapidamente cambiato portandosi maggiormente verso il Crepuscolo. Insomma… Ne aveva speso di tempo per sistemare quelli là! E al contempo il dottore faceva A ME l’operazione per cambiare i miei tratti facciali. Qualcosa che mi avrebbe permesso di realizzare il mio piano.

    Io scesi dalle scale proprio in quel momento, lanciando un’occhiata all’enorme cratere nel pavimento, causato dalle mie esplosioni, e osservando anche Kuroshi.

    - Ninja di Oto? - Chiesi abbassando il capo di lato. - Vieni con me. Dobbiamo ritrovare quella pianta… -



    Erano stati quelli i patti, no? Volto nuovo in cambio della vecchia pianta. Tesoro per tesoro. E, di sicuro, una mano, seppur inesperta, non mi avrebbe fatto schifo durante la ricerca di quel ninja che aveva rubato il vegetale.


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    Il Fuoco del Dovere

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    Kuroshi, pur avvertendo la tensione nell'aria e la mancanza di fiducia da parte dei pazienti, mantenne la calma e la determinazione. Aveva ben presente che la strada verso l'eccellenza non sarebbe stata priva di sfide e malintesi. Nonostante la reazione del paziente, sapeva che dimostrare la sua abilità sul campo sarebbe stato il modo migliore per guadagnarsi rispetto e fiducia.

    Con uno sguardo serio, Kuroshi rispose al malcontento del paziente: Capisco che possa sembrare così, ma la mia priorità è assistere coloro che hanno bisogno di aiuto immediato. Sono qui per fornire cure e, sebbene io non sia ferito al momento, il mio impegno è nei confronti di chiunque necessiti di assistenza medica.

    Accettò il fatto che, in questo campo, la gratitudine non sarebbe sempre stata immediata o evidente. La consapevolezza di ciò, tuttavia, non lo scoraggiò. Kuroshi si concentrò sulle sue responsabilità, cercando di dimostrare attraverso le azioni la sua dedizione al benessere degli altri. Era consapevole che la strada per diventare un grande ninja richiedeva pazienza, resilienza e la capacità di affrontare le critiche senza perdere il proprio scopo. Con il tempo, avrebbe dimostrato il proprio valore, conquistando rispetto e riconoscimento.

    Kuroshi accolse il ringraziamento del primo paziente con un sorriso caloroso, anche se leggermente velato dalla concentrazione sul lavoro che doveva ancora compiere. Si era preparato mentalmente a affrontare situazioni complesse, e ora si dedicò con determinazione al secondo paziente, conscio delle sfide che avrebbe incontrato. Quest'ultimo, sebbene visibilmente in difficoltà, riuscì a esprimere il suo apprezzamento in modo simile al primo. Kuroshi rispose con un semplice cenno del capo, concentrato sulle cure.

    La sala si riempì di una miscela di tensione e gratitudine, e il giovane ninja continuò a lavorare silenziosamente, mettendo da parte le emozioni personali per concentrarsi sulle esigenze mediche.

    Il ninja di Oto continuò il suo lavoro instancabile, trattando il nuovo paziente che si presentò davanti a lui. La sala sembrava essere diventata un vortice di emergenze, con nuove persone che arrivavano costantemente. La confusione e la frenesia attorno a lui non gli permisero di tenere traccia precisa del tempo trascorso. Era completamente immerso nel suo ruolo di soccorritore, rispondendo alle necessità mediche senza indugi.

    Le condizioni della sala diventavano sempre più caotiche, con pazienti che si autoinfliggevano nuove ferite mentre cercavano di muoversi o di prendersi cura di se stessi. Kuroshi si sforzò di mantenere la calma, concentrato sul suo compito vitale di fornire assistenza medica.

    Le parole riguardo agli eventi passati e alle decisioni prese non sfuggirono alla sua attenzione. Anche se non aveva un quadro completo della situazione, sentì il peso delle responsabilità che gravavano su di lui come ninja. Tuttavia, decise di non farsi trascinare dalle emozioni e continuò a lavorare con professionalità, conscio che la sua priorità era aiutare coloro che ne avevano bisogno in quel momento critico.

    Il tempo trascorreva inesorabile, ma per il ragazzo sembrava essere bloccato in un loop temporale. Non aveva la minima idea delle ore che erano trascorse, aveva continuato a lavorare senza sosta. Si trovava in un momento di stanchezza, con il viso coperto di sudore a causa delle ore trascorse a curare i feriti. Aveva appena finito di applicare medicazioni e di trattare le ferite, cercando di fare del suo meglio nonostante le risorse limitate a disposizione. alzò lo sguardo. Era stanco ma soddisfatto per aver contribuito a stabilizzare la situazione.

    Kuroshi guardò l'interlocutore con sospetto, il suo sguardo freddo e penetrante analizzava ogni dettaglio del nuovo arrivato. Dopo aver completato il suo compito medico, l'atmosfera era ancora carica di tensione. La stanza sembrava aver subito un disastro, testimoniato dal cratere nel pavimento causato dalle esplosioni. La richiesta di accompagnare l'uomo nella ricerca della pianta aggiunse un altro strato di complessità alla situazione.

    Il ninja di Oto scrutò attentamente l'uomo di fronte a lui, cercando di discernere le sue intenzioni. Nonostante il caos intorno a loro, mantenne la sua compostezza, prontamente valutando la situazione e cercando di capire se poteva fidarsi del suo interlocutore.

     
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