Ospedale di Kiri

[Gestionale]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Fujiko M.
        Like  
     
    .

    User deleted



    Dopo l'esplosione


    Etsuko arrivò dopo un bel po'. Fujiko era in paziente attesa sotto Henge. Ogni passo che udiva volgeva gli occhi verso la porta alla ricerca di un minimo rumore di quella porta, di un segno familiare.
    Quindi Etsuko arrivò quando tutto doveva esser finito. Doveva essersi fermato probabilmente. Tutto il villaggio sicuramente si era riversato sulla strada. Quindi anche Shiltar e qualche altro ninja ad osservare l'accaduto. Era molto curioso di sapere chi tra tutti quelli ci poteva tenere a lui. Quali erano state le espressioni e le parole di ognuno di loro.
    Forse, quelle risposte le avrebbe trovate domandandole ad Etsuko direttamente.

    « Non erano niente male. E' andato tutto liscio? » chiese al giovane.

    « T'invidio sai? Mi sarebbe piaciuto esser lì a vedere la scena da vicino anzichè starmene sul tetto. Qualche osservazione degna di nota? » domandò ancora una volta.

    Poi, finiti i discorsi, i due dovevano prepararsi, chi sul lettino, chi a fianco di esso con la strumentazione necessaria, affinchè la seconda parte del piano proseguisse.

    « Andiamo. Operami subito! »

    Quindi lo esortò tendendo la mano del braccio sinistro alla spalla dell'altro. Nei suoi occhi c'era fermezza.


     
    .
  2.     Like  
     
    .
    Avatar

    Scheda di Etsuko della Nebbia

    Group
    Giocatori
    Posts
    2,742
    Reputation
    +66
    Location
    Bari

    Status
    Offline

    Resoconto…

    Mi invidi eh?
    Prendere in giro il villaggio che mi ha accolto, inscenare la morte dell’amministratrice di Kiri, gli occhi lucidi della gente, il mio urlo straziato di dolore…
    L’aria pregna di solitudine e sapore di morte…
    Mi invidi ancore?
    Io sinceramente avrei preferito non esserci Godsan!


    Il mio sguardo era fisso sul suo

    Proprio chi non te lo saresti aspettato Godsan, era fermo, impassibile, non parlava ne forse riusciva a focalizzare cosa fosse successo.
    Il da te tanto odiato Nara… sembrava seriamente colpito!
    Shiltar invece, l’ho visto solo di sfuggita, ma la sua tempra ossea non è stata minimamente scalfita.
    Adesso bando alle ciance,
    il laboratorio ci attende.


    Avrei lasciato che la sua mano mi guidasse


     
    .
  3.     Like  
     
    .
    Avatar

    Scheda di Etsuko della Nebbia

    Group
    Giocatori
    Posts
    2,742
    Reputation
    +66
    Location
    Bari

    Status
    Offline

    Continua da Qui



    La mattina successiva usci di casa all’alba, feci attenzione a non svegliare Auron, avevo detto lui di liberarsi in quella giornata ma ero pur certo che non l’aveva fatto e con l’orecchio aguzzo, avrebbe percepito qualsiasi movimento o rumore in casa, pronto ad adoperarsi per la colazione. Riuscì nel mio intento di non svegliarlo, dopotutto ero un ninja.
    L’aria mattutina era frizzante e pungente, ma riuscì a ridestare immediatamente tutti i sensi, lasciando che gli umori del sonno ora fossero solo un ricordo.
    Impressionante quanto le strade di un villaggio di pescatori, siano così vuote all’alba, testimonianza che ormai di pescatori all’interno delle mura ne erano rimasti ben pochi…
    L’entrata dell’ospedale, eccola, come negli ultimi anni l’avevo vista cambiare, sino ad ottenerne la conformazione definitiva, proprio uguale a quello che avevo in mente.
    Entrai l’atrio era vuoto e alla reception un’infermiera mi saluto come tutti i giorni avveniva ormai da anni… come se nulla fosse cambiato, rispecchiandosi e perdendosi nella routin di sempre.

    Fate recapitare questa lettera al palazzo del Mizukage.
    Grazie.


    E mi recai nello studio…
    Afferrai l’altra lettera e la lascia sulla scrivania.
    era anonima come scrivania, nessun effetto personale nessun fascicolo fuori posto, sembrava appena risistemata.
    Ah… quell’ossessiva scrupolosità.

    Mi guardai attorno, un sospiro e lasciai senza rimorsi quella stanza.
    Non mi fermai, nessuna esitazione nei passi e ne mi voltai quando fui nuovamente fuori.
    Decisi che quel giorno mi sarei dedicato finalmente a me stesso.

    La lettera recitava queste parole



    CITAZIONE

    Io, Etsuko Akuma, presento le mie formali dimissioni come primario dell’ospedale.
    Spero che le mie azioni non vengano fraintese e ne colte come mancanza di passione e rispetto per il lavoro sin ora svolto. Ma mi trovo in condizioni tali da non poterlo più svolgere al meglio. Ergo preferisco che tale carica sia ricoperta, per il bene dell’ospedale, dei pazienti e di Kiri tutta, da chi al posto mio agirà in modo più giudizioso mantenendo la piena facoltà di tutte le aree dell’ospedale stesso.
    Il mio incarica termina così oggi stesso. Rimarrò in ogni caso a disposizione per eventuali consulti o necessità improvvise, per la passione che mi lega al mio lavoro.
    Grazie per il servizio prestatomi

    Etsuko Akuma


     
    .
  4.     Like  
     
    .
    Avatar

    Scheda di Etsuko della Nebbia

    Group
    Giocatori
    Posts
    2,742
    Reputation
    +66
    Location
    Bari

    Status
    Offline

    Inaspettato Ritorno



    Era una cupa mattinata quella che affrontava Kiri, una come tante altre, il sole non aveva quasi mai fatto capolino tra le nuvole e la nebbia avvolgeva completamente il villaggio. Eppure vi era il retrogusto amaro di qualcosa che aveva segnato il villaggio, qualcosa sussurrata, qualcosa non detta ma che ormai tutti conoscevano.
    In quella nebbia, camminavo, senza indugi, la mia meta era fissata e mancava poco a solcare il portone principale di quell’edificio, riuscivo a scorgerlo. Dall’ultima volta, da quando avevo raccolto le mie cose, lasciando il mio incarico, non vi avevo messo piede e adesso eccomi di ritorno.
    Tutto versava in una condizione d’abbandono, condizione che interessava un po’ tutto il villaggio della nebbia, condizione per cui non potevo più semplicemente restare ad essere osservatore.
    Il rumore dei miei passi attirò l’attenzione della segretaria, che parve sorpresa di vedermi, ma non osò fermare il mio incedere, non la guardai ne la salutai, potei tuttavia scorgere sul suo volto un crescente imbarazzo.
    Chissà se aveva notato… chissà se aveva scorto la menomazione sul mio volto.
    Etsuko era cambiato, Etsuko, aveva deciso di ritornare.
    Mi recai veloce nelle sale della sicurezza.
    Shiltar mi aveva precluso l’utilizzo del MIO laboratorio, quello che con tanti sacrifici avevo fatto costruire e adesso me lo sarei ripreso, chissà se qualcuno avrebbe osato porre resistenza.
    Entrai spalancando la porta e il capo della sicurezza era lì pronto ad attendermi, le telecamere a circuito chiuso che sorvegliavano l’ospedale avevano adempito al loro compito e probabilmente era stato egli stesso a dire alla segretaria dell’ingresso di lasciarmi passare.

    Che piacere rivederla Etsuko Sama… che ci fa da queste parti? Posso far qualcosa per lei…

    Il tono ironico si poteva soppesare in ognuna delle parole che l’uomo aveva pronunciato, ma presto gli sarebbe passata la voglia di scherzare.

    Certo che puoi far qualcosa per me imbecille… altrimenti non sarei qui…
    Ristabilisci immediatamente i miei codici d’accesso al laboratorio.


    Il volto dell’uomo si fece contrariato, ciò nonostante cercò di mantenere la calma, sapeva perfettamente che i quattro uomini presenti in quella stanza non sarebbero bastati a fermare un ninja del livello di Etsuko.

    Vorrei poterlo fare… ma gli ordini di Shiltar Sama… ecco lei li conos…

    Non permisi che finisse la frase.

    Shiltar Sama, giace in una bara chissà in quale parte sperduta del mondo… quindi se non vuoi fare la sua stessa fine faresti bene ad ascoltarmi…

    Il suo sguardo si tinse di terrore e io capì di aver colto nel segno.
    Rimase in silenzio, pensieroso…

    Ma non vedi in che condizione versa il villaggio? Se non diamo una parvenza di ordine e soprattutto di stabilità, saremo subito oggetto di attacchi di altri villaggi ninja e da proteggere in quel caso non ti rimarrà più niente, intesi?

    Si Etsuko Sama, come Vuole Etsuko Sama…

    Si rivolse ai suoi sottoposti.

    Avete sentito fate come ha chiesto.

    Uscì da quella stanza, sbattendo la porta alle mie spalle, mi sarei diretto nel mio vecchio ufficio prima e poi al laboratorio di ricerca.



    CITAZIONE
    Da questo momento Etsuko riprende il controllo di ospedale e centro di ricerca.
    Ignorando l’ultimo ordine di Shiltar che lo liberava da ogni legame con essi
     
    .
  5. Alexander Hima
        Like  
     
    .

    User deleted



    Chapter 00


    Tutori & Gambe



    Quasi mi vergognavo per l'azione che stavo per intraprendere, io che per tutta la vita ho schifato letteralmente quelle che erano le usanze ed i ninja degli altri villaggi mi ritrovo a dover andar a chiedere un piacere a kiri, o per meglio dire ad un rappresentante di essa. Mi consolava solamente in parte il fatto che la persona a cui stavo per chiedere aiuto fu tanto tempo fa uno dei miei studenti, il fatto che gli avessi insegnato io la via del ninja. Amareggiato, forse era questa la parola più adatta a definire il mio stato d'animo, o per meglio dire la parola che corrispondeva al sentimento più profondo in quel mix di emozioni. Iron, la mia compagna di vita era scomparsa da troppo tempo, lei l'unica persona a konoha che avrebbe potuto fare qualcosa per le mie gambe; era solita scomparire senza dire niente, anche questa sua caratteristica mi aveva avvicinato a lei, ma adesso niente nessuna notizia da mesi. Senza accorgermene trovai la mancina stretta sulla mia gamba, quasi a sottolineare un dolore che non era possibile sentissi, forse è stata più una reazione mentale al solo ricordo del dolore che ebbi non appena si conficcarono tutte quelle fottutissime schegge di giada. Il ricordo dei giorni sulla sedia a rotelle mi perseguitava, il ricordo dei giorni in cui non avevo nessuna motivazione per vivere, l'unica nota positiva in quel periodo fu quello stronzo di Shika che anche in quella situazione non perse l'occasione di scaricarmi un corso genin, la sua poca voglia di lavorare è pari solamente al suo malsano modo di aiutarmi, compresi in quell'occasione che lui era un amico anche se non potevo fidarmi totalmente di lui per la sua svogliatezza. Ricordo anche quando partì alla ricerca di Konzen per pestarlo per bene, un idiota che non aveva neanche le palle di tradire senza inventarsi una scusa. -Meglio Itai, almen lui ha avuto le palle di non inventarsi scuse.- Sussurai e mentre dicevo quelle parole restai sconvolto da quello che stavo dicendo, l'handicap fisico aveva forse cambiato il mio modo di vedere le cose? Non volevo pensarci, preferisco ricordare i miei pellegrinaggi nei vari villaggi per apprendere quante più conoscenze potevo, dovevo essere al pari degli altri anche con quella menomazione; fu la mia motivazione, mista ad un senso di speranza nel tentativo in quei viaggi di trovare qualcuno che mi potesse aiutare. -Che fine di merda!- Questa volta non sussurai, anzi l'esclamai ad altissima voce quasi fosse un urlo atto allo sfogarmi. Girandomi intorno notai che qualche si era spaventato da quel mio "urlo".

    Ero in mezzo alla strada in un villaggio dove non sarei mai voluto entrare, mi stavo dirigendo con passo svelto vero l'ospedale quasi volessi togliermi subito il pensiero ed andarmene il prima possibile. Finalmente dopo qualche minuto intravidi quella struttura, adesso non mi restava altro che entrarvi. La sala d'aspetto era gremita di persone e tutti aspettavano per riuscire ad entrare e farsi visitare. Tranquillo mi avvicinai alla signora dell'accoglienza e con un sorriso quasi disarmante cominciai a parlare.-Salve, sto cercando Etsuko Akuma, dovrebbe essere medico in quest'ospedale. Potrebbe chiamarmelo per favore?-[Recitazione] Dare del lei, sorridere ed essere umili sono la base per relazionarsi con persone estranee a se e probabilmente non ci sarei riuscito se non fossi stato abbastanza bravo con la recitazione, mi stava dando un grande fastidio dovermi affidare nuovamente a qualcuno che non fosse di Konoha. §Almeno questa volta c'erano un paio di note positive, ovvero non sto chiedendo aiuto a qualcuno di Oto e la più importante di tutte dopo questa fottutissima operazione potrò nuovamente camminare senza questa merda attaccata alle gambe.§ Mi fermai lì aspettando che la donna rispondesse, non volevo creare casini, non adesso che il mio obbiettivo si stava per realizzare.

     
    .
  6. -Akashi
        +1   Like  
     
    .

    User deleted


    Il Passato E' Passato

    Hollow


    Quel mattino il Sole, ancora basso sull'orizzonte, proiettava una calda luce che filtrava facendosi strada tra le tende della finestra alla mia sinistra.
    Amavo particolarmente il bagliore rossastro tipico dell'alba: da casa mia, se si era abbastanza fortunati e c'era bel tempo, si poteva anche apprezzare la maestosità del Sole che emergeva dal Mare pronto a sovrastare il mondo.
    Amavo particolarmente quella visione, mi inculcava una tale serenità da trattenermi alla finestra fino a quando anche l'ultimo raggio non avesse mutato il suo colore in giallo, evento che mi suggeriva che ormai era ora di andare e cominciare la giornata. Quella volta, tuttavia, non era così e quella luce rossastra mi trasmetteva una certa inquietudine.

    Mi ci volle qualche istante prima di capire che quella sensazione non era dovuta alla luce del sole, ma al fatto che non riuscissi a mettere a fuoco alcun punto della camera in cui mi trovavo: la mia vista, annebbiata, non era in grado di comunicarmi dove mi trovassi ed un fastidiosissimo ronzio mi riempiva le orecchie. Sbattei più volte le palpebre, sperando che quella disfunzione andasse via, ma la cosa non parve sortire alcun effetto. Concentrandomi per un momento, conclusi che ovunque io mi trovassi, non ero in camera mia: l'unica finestra di cui dispongo in camera mia è posta alle spalle del mio letto, così che il sole, filtrando, illumina al mattino il mio letto.

    Mano a mano che sbattevo le palpebre, la mia vista acquisiva nitidezza, ed allo stesso tempo io acquisivo lucidità. Non ero ancora in grado di distinguere forme e geometrie, ma a giudicare dal colore delle suppellettili dovevo trovarmi in un ospedale: dove altro le alte pareti della stanza verrebbero dipinte di verde acqua per un terzo e di giallo pallido per i restanti due terzi?
    Il pungente odore degli antisettici che si spargeva nell'aria non smentiva la mia tesi, tuttavia non mi sembrava di avvertire alcun dolore in nessuna parte del corpo: come mai mi trovavo in un letto di ospedale se apparentemente non avevo ferite sul corpo?

    La vista faceva progressi istante per istante, ed il delinearsi di un'asta portaflebo poggiata sul muro di fronte a me servì a stabilire in maniera definitiva dove mi trovassi. Anche il ronzio, oramai, andava attenuandosi: ebbi in questo modo l'occasione di rendermi conto del fatto che il mio battito cardiaco era tenuto sotto controllo, potevo udire chiaramente il beep elettronico alle mie spalle, sulla destra.
    Presi quindi a guardarmi intorno, nella speranza di scorgere dettagli che mi aiutassero a capire cosa ci facessi in ospedale, ma per quanto mi sforzassi, non mi era dato ricordare cosa mi ci avesse condotto.
    Fui pervaso da sensazioni tra loro contrastanti: era piuttosto chiaro che le avessi prese, ed era altrettanto chiaro che le avessi prese di santa ragione dato che avevo completamente rimosso cosa mi avesse spedito sul letto di un ospedale, eppure non percepivo alcun dolore.

    Presi dunque coscienza, ad un tratto, di un grosso tubo infilatomi nella gola. Trasalendo portai la mano destra alla bocca per strapparmelo via, ma con grande sbigottimento notai che anche al braccio avevo qualcosa attaccato: un tubicino di dimensioni più ridotte e terminante con un ago cannula era conficcato in una mia vena. In maniera analoga, mi resi successivamente conto della presenza di un tubo anche tra le mie gambe: per quale ragione avevo un catetere?

    Il senso di disorientamento divenne subito panico, mano a mano che la vista ritornava alla normalità ed il ronzio si attenuava: benché udire delle voci indistinte nel corridoio parlare dell'imminente arrivo in corsia di un Terumi ferito gravemente mi collocasse molto più che presumibilmente nell'Ospedale di Kiri, ancora non ero in grado di ricordare come ci fossi finito. Probabilmente era più grave di quanto potessi pensare.

    Venni assalito da un dubbio: se ero ridotto così male, perché nessun membro della mia famiglia era lì? Nel frattempo, vista ed udito erano tornati nella norma, così che potessi scorgere, sul tavolo posto all'ingresso della mia camera un vaso, riempito con otto camelie secche: da quanto non ricevevo visite da loro?

    D'un tratto, mi ricordai che senza ombra di dubbio c'era qualcuno, lì con me, che sapeva bene cosa mi era successo: il sentore che, anzi, lui c'entrasse qualcosa in tutta questa storia era forte in me. Interpellare in Sanbi avrebbe colmato ogni mia lacuna mnemonica.


    Bestia! Orbo! Sto dicendo a te! Avanti bastardo, codardo, dimmi cosa cazzo hai fatto questa volta! O devo ricordarti di quante volte le hai prese da me già?? Come mai non sei ancora venuto a tormentarmi col tuo sarcasmo del cazzo? Avanti, parla, stronzo!

    Fin da quando, quattro anni prima, ero diventato mio malgrado la forza portante del Sanbi, non ero più stato solo. Non avevo più avuto un momento in cui potessi essere solo "io ed i miei pensieri". Eravamo solo "noi". Certo, messa in questi termini potrebbe sembrare come una sorta di relazione opprimente, ma posso garantire che in realtà era sempre stato molto peggio di così. Quella volta, invece, al mio soliloquio mentale non era giunta alcuna risposta. Certo, c'erano delle volte in cui quella bestia di puro Chackra prendeva a comportarsi come un perfetto idiota e decideva di NON rispondermi, ma quella mancata risposta fu differente. Dopo tantissimo tempo, tornavo a percepire la sensazione di essere solo io.

    Tentai ancora di stabilire un contatto con il Sanbi, offendendolo più gravemente, ma ancora una volta si rivelò inutile. Cominciavo ad intravvedere un collegamento tra i vari puntini, il quadro completo andava delineandosi. Era molto probabile che il Tre Code avesse nuovamente preso possesso di me, ed il fatto che nessuno della mia famiglia fosse lì, forse poteva voler dire che il bastardo si era sfogato su di loro. L'ultima volta che questo era successo, però, Itai era intervenuto perfezionando il sigillo sul mio stomaco così che io potessi avere maggior controllo sulla bestia.

    Le risposte dovevano essere tutte sul mio stomaco, quindi. Dovevo solo scrutare il mio sigillo, alla ricerca di varianti nella sua geometria. Subito dopo avrei dovuto correre da Itai per chiedere che ne fosse della mia famiglia. Certo del fatto che avrei trovato una curiosa variante di quegli scarabocchi sul mio stomaco, sollevai il lenzuolo che mi copriva. Impaziente di capire cosa fosse successo, sbottonai la verde vestaglia con chiusura sul davanti che mi avevano fatto indossare, unico ed ultimo ostacolo tra me e la conoscenza di cosa fosse successo.

    Delirio. Delirio più violento alternato a sprazzi di terrore: con inaudita violenza, mi strappai di dosso ogni tubo od apparecchiatura elettronica alla quale ero connesso e mi misi in piedi: la buona notizia era che perlomeno potevo camminare, la brutta era che la vestaglia verde non aveva resistito al mio impeto e quindi ero nudo. A grandi passi, attraversai la mia camera di ospedale proiettandomi nel corridoio. Riconobbi il reparto: era lo stesso nel quale mi risvegliai dopo il mio primo incontro col demone. Ormai fuori controllo, urlai con quanto fiato avevo in corpo:


    ITAI! DOVE E' FINITO IL FOTTUTO SANBI?

     
    .
  7. -Meika
        Like  
     
    .

    User deleted


    Ritorno tra i vivi

    I




    [Alcune settimane prima]

    Il Mizukage si era raccomandato che sopravvivesse. Quel ragazzo, poco più grande di me, era conciato male. Non tanto per le ferite esterne, presenti ma assai limitate, quanto più per l'estrazione che aveva messo a dura prova il suo cuore. Il caso, a detta del Mizukage, era estremamente delicato e non appena visitai Takuma compresi subito il perché. La quantità di chakra che aveva era scarsa e quel poco che riusciva a creare finiva per riempire una voragine che il bijuu aveva lasciato dentro se. Il cuore era debole, non tanto per qualche strano colpo che aveva preso, piuttosto perché semplicemente batteva stancamente, come i muscoli di un atleta al termine della gara. Esausti.
    Così, una volta che fu sul letto fu mia premuta tenere su il suo battito cardiaco e la pressione sanguigna, che erano a livelli esageratamente bassi. Di quel passo, se il cuore si fosse indebolito ancora, il cuore stesso ed i reni avrebbero patito le conseguenze della bassa pressione ed alla veneranda età di poco più di vent'anni Takuma Muramasa avrebbe subito un infarto ed una insufficienza renale.
    Così lavorai alacremente, tenendo su il suo cuore come potevo, chiedendomi perché non fosse morto. Quella sarebbe stata la logica conseguenza dell'estrazione che aveva subito, eppure era lì, a lottare per la sua vita inconsciamente, con la forza propria di un organismo vivente che non vuole accettare l'idea che sia finita.
    Quando fui certa che il battito era regolare, debole, ma sufficientemente forte da tenerlo sano e salvo tirai un sospiro di sollievo. Mi avvicinai al lettino del ragazzo e gli sfiorai la fronte con le dita. Scottava.
    Anche la febbre ora? quella sarebbe stata una lunga nottata.


    Una settimana di antibiotici dopo le condizioni di Takuma erano decisamente critiche. Il giovane ex-Jinchuuriki aveva una grave infezione respiratoria, probabilmente dovuta ad uno stato di immunodepressione conseguente all'estrazione traumatica. Come se qualcosa in lui si fosse spezzato quando il Sanbi era andato via.
    Nella sua stanza, la sera del giorno in cui rischiò seriamente di morire, leggevo sommessamente la sua cartella clinica, notando come i globuli bianchi fossero così pochi da farmi domandare come fosse possibile che non avesse sviluppato un'infezione per qualsiasi batterio presente nel suo corpo.
    Bé, gli antibiotici non ti hanno fatto nulla, Takuma dissi più a me che a lui. Non potevo sentirmi. Non ero certa avrebbe mai più sentito una voce umana in vita sua.
    Probabilmente è un fungo mormorai, alquanto seccata dalla supposizione. Ma questo dovrebbe farti star meglio presi la fiala di farmaco che avevo con me e dopo averla aperta prelevai il liquido con una siringa sterile, iniettandolo poi nella flebo di Takuma.
    Non passarono trenta secondi che il monitor a cui era collegato impazzì: la pressione iniziò a scendere rapidamente, il cuore a battere molto veloce e la saturazione dell'ossigeno diminuiva di un punto percentuale al secondo.
    MI SERVE AIUTO! urlai allora ed un infermiere accorse col carrello di emergenza. Posai il fonendoscopio sul suo torace e non sentii nulla. Percossi il torace, e mi giunse un suono ovattato.
    Un versamento? dissi, sconcertata. Com'era possibile che si fosse formato così velocemente? Mi serve il necessario per una toracentesi, ORA dissi secca e l'infermiere annuì. Dapprima lo intubai, poi lasciai il compito di pompare l'aria all'infermiere, preparandomi per drenare il liquido attorno ai polmoni del ragazzo.
    Quando posai il bisturi tra le coste di Takuma sperai che quella non fosse l'ultima procedura che eseguivo su di lui. Non lo fu. Sopravvivette anche a quella.


    Così piano piano le sue condizioni miglioravano e dopo più di due mesi dal suo arrivo in ospedale Takuma riprese un po' le forze. Tuttavia non si svegliava. Controllai la sua attività cerebrale e sembrava ci fosse. Sembrava stesse sognando, costantemente. Quando il Mizukage venne a sincerarsi delle sue condizioni la mia unica risposta fu Non lo so, sta meglio, ma non sembra volersi risvegliare.
    Ed il tempo passò, ed io iniziai a passare più tempo nella stanza di Takuma. Il viso del ragazzo nel tempo dimagrì, la carne attorno alle sue ossa si assottigliò. Mi assicurai che il nutrimento endovenoso che riceveva fosse completo, il più completo possibile, ma i suoi capelli divennero sottili e pallidi. Gli occhi si incavarono nel viso smunto, e gli zigomi spuntarono sotto di essi come due scogli nel mare. Ma era vivo.
    E nel tempo che passavo lì, notai una cosa. Nessuno era andato a trovarlo.


    La mattina del risveglio fui allertata dall'allarmino che suonò quando lui si staccò i cavi dell'elettrocardiogramma dal petto. Ero in un'altra stanza, visitando un giovane chunin ferito ma in ottime condizioni quando l'urlo disumano di Takuma fece spaventare tutti quanti.
    Mi catapultai fuori dalla stanza del paziente, il camice che ondeggiava dietro me e rapida fui davanti a Takuma.
    Takuma-san! dissi decisa, avvicinandomi al ragazzo.
    Stai calmo aggiungi, scandendo bene le parole Rientra nella stanza, ora. Ti spiego tutto ciò che è successo.
    Dunque misi una mano sulla sua spalla. Se avesse cercato di spostarmi avrebbe notato come la sua forza non era esattamente quella che ricordava [Perdita momentanea di 3 energie].
    Mentre andavamo, fermai un infermiere dicendogli Fa chiamare il Mizukage, riferisci che Takuma Muramasa è sveglio.
    Una volta condotto nuovamente nella sua stanza avrei dato a Takuma una nuova vestaglia da indossare, imponendogli di sedere a letto.
    Io sono Meika Akuma, Takuma-san. Sono il Primario di questo ospedale. Per il tuo bene sta calmo, agitarti non servirà a nulla. Ascolta, Takuma, sei stato condotto qui dal Mizukage in condizioni critiche a seguito dell'estrazione del Bijuu non indorai la pillola. Ricordi cos'è successo? avrei voluto dirgli che date le circostanze era un miracolo fosse vivo, ma dovevo accertarmi del suo stato mentale. Le chiacchiere sarebbero potuto arrivare dopo.
     
    .
  8. -Akashi
        Like  
     
    .

    User deleted


    Il Passato E' Passato

    Force Of Will


    Uscendo di tutta fretta dalla camera d'ospedale che mi avevano riservato, urtai malamente il tavolino sul quale era poggiato il vaso di fiori secchi. Questo cadde, infrangendosi sul pavimento gommato del reparto. Non me ne curai, e dopo aver urlato con tutte le mie forze il nome di Itai, mi avvicinai alla finestra a me più vicina nel corridoio: se il Sanbi non era più sigillato dentro me, non poteva che essere fuori. Questo non spiegava come mai fossi ancora vivo, ma in quel frangente non era di me che mi preoccupavo: il per quel che ne sapevo, il Sanbi poteva avere distrutto tutto o gran parte del Villaggio della Nebbia. Poteva avere mietuto delle vite, vite che sarebbero pesate sulla mia coscienze ogni singolo giorno della vita che mi sarebbe rimasta da vivere. Ma era davvero successo questo?

    Ciò che scorsi dalla finestra sembrava dire il contrario: la porzione del Villaggio che si poteva ammirare dalla finestra che avevo raggiunto non pareva mostrare alcun segno di combattimento epico: niente case distrutte, niente voragini nel terreno, sembrava tutto normale, ma presto mi convinsi che forse lo scontro poteva essere avvenuto in una zona che non potevo vedere da quella finestra.

    Decisi così di spostarmi alla ricerca di una finestra che si affacciasse sul lato opposto dell'ospedale, ma nell'allontanarmi i miei occhi cambiarono inconsciamente il punto di messa a fuoco, focalizzando il riflesso del mio viso nel vetro.

    Gli zigomi si erano fatti largo tra le carni delle guance, labbra secche e violacee adornavano il mio viso ed occhiaie violacee facevano capolino attorno ai miei occhi: quanto tempo ero rimasto intubato, nutrito artificialmente e fermo in quel letto di ospedale?

    Che anno era? Questa era la domanda che desideravo tanto rivolgere a qualcuno, tuttavia fui troppo codardo per farlo: temevo oltremodo la risposta che avrei potuto ricevere. Che i miei cari non fossero lì con me semplicemente perché....non c'erano più?

    Itai. Lui doveva necessariamente sapere qualcosa, perciò distogliendo l'attenzione dalla finestra, mi voltai deciso a trovarlo. Assorto com'ero nei miei disperati pensieri, ignorai totalmente la voce di chi pronunciava il mio nome come se mi conoscesse da mesi, la ignorai fino a quando una salda presa non afferrò la mia spalle


    Toglimi immediatamente queste di mani di dosso, maledizione!

    Urlai, senza voltarmi, con tono di voce che nelle intenzioni doveva essere minaccioso, ma che all'atto pratico non fece altro che rivelare il terrore del quale ero preda.

    Poiché la mia minaccia di zucchero fu ignorata, dopo qualche secondo nella morsa di questo sconosciuto accennai una ribellione, voltandomi più rapidamente che potevo con l'intento di colpire sul viso chi si stava mettendo tra me e la mia sete di conoscenza.

    Tuttavia, questo non fece che rivoltarmisi contro: forse mi voltai certo di una rapidità ed una robustezza di cui ormai non ero più padrone, forse mi voltai semplicemente più in fretta di quanto il mio cervello potesse sopportare, forse la ragione era ancora differente, ma ciò che non cambia è che il mio tentativo di liberarmi da quella presa non fece altro che farmi perdere rovinosamente l'equilibrio, così che di colpo mi ritrovai con le gengive sanguinanti a baciare il pavimento gommoso. Sapeva di disinfettante.

    Molto goffamente, tentai di rimettermi in piedi. Probabilmente lo sconosciuto mi offrì il suo aiuto, ma ero troppo debilitato e ferito nell'orgoglio per poter avere uno sguardo sulla realtà. I miei pensieri erano altrove, alla mia famiglia ed al ruolo di Jinchuuriki che ormai non rivestivo più: ero tornato ad essere Takuma lo scansafatiche, pecora nera del clan Muramasa, clan che forse era stato da me stesso cancellato?

    La voce di una giovane donna, forse addirittura più giovane di me, mi fece riemergere dai miei pensieri. Il mio sguardo, presumibilmente spento, si posò sul suo viso. Non ne riconoscevo i lineamenti, non l'avevo mai vista in nessuna delle mie precedenti visite all'ospedale, tuttavia ella mi trasmetteva lo stesso senso di pace che avevo provato alla vista della Principessa di Kiri all'interno del Mondo generato dal Tre Code. Risi goffamente, sputando sangue, quando mi invitò alla calma, chiedendomi, neanche troppo gentilmente, di rientrare nella mia camera. Perché opporsi? Cosa potevo perderne, a questo punto?

    Dopo aver provveduto affinché potessi coprire nuovamente le mie nudità e dopo avermi imposto il riposo a letto, fu il tempo di delle presentazioni. Ovviamente, rimasi in silenzio, limitandomi ad ascoltarla: era il primario, ed io ero stato il Jinchuuriki sotto le sue cure. Non era necessario che mi presentassi, in fin dei conti. Le parole che pronunciò poco dopo non fecero che confermare la conclusione alla quale ero giunto in autonomia: il Sanbi non era più con me. Tuttavia, s'era parlato di estrazione. Di buono c'era che, con tutta probabilità, non avevo ferito nessuno al Villaggio della Nebbia. Benché questo fosse sufficiente a farmi tirare un sospiro di sollievo per quelle che potevano essere le condizioni della mia famiglia, dall'altro alimentava il forte dubbio sul perché loro avessero trascurato le visite in ospedale tanto da fare appassire i fiori. Fiori che presi a fissare quando mi venne chiesto cosa ricordassi.

    Scrutai a fondo ognuno dei cocci nei quali il vaso si era frammentato all'atto della caduta, quasi come se la risposta a quella domanda si celasse in quei pezzi di ceramica di bassa qualità, o nelle corone rinsecchite delle camelie secca che giacevano tra i frammenti dell'ultimo dolce pensiero della mia famiglia. Non importava, però, per quanto tempo avrei continuato a farlo: quei cocci non avevano parola, perciò non potetti che dire:

    Nulla. Non ricordo assolutamente nulla dell'estrazione del Sanbi. Ed ho difficoltà a mettere insieme i pezzi di quello che è successo prima di quel momento. Ho solo una grande confusione nella testa.

    Ebbi, poi, un attimo di esitazione: il semplice atto di parlare alla mia interlocutrice mi aveva procurato il fiatone, senza contare il fatto che le due domande che avrebbero seguitato sarebbero state le più critiche e spaventose, per me, da porre:

    Mi devi scusare, Meika-San, ma...in che anno siamo? Perché la mia famiglia non è qui?

    La voce tremava, ma io non potevo continuare a non sapere.




    Edited by -Akashi - 18/6/2016, 10:46
     
    .
  9. -Meika
        Like  
     
    .

    User deleted


    Risveglio

    II



    La sua famiglia non era un argomento che ero pronta a trattare. Perché la sua famiglia era un assoluto disastro. I suoi fratelli erano scappati, suo padre imprigionato, sua madre impazzita di dolore riposava comatosa due piani più sotto collegata ad una macchina che la teneva in vita. Qualcosa dovette passare attraverso il mio sguardo ed allora voltai il capo, indecisa. Il risveglio era stato già abbastanza traumatico, perché peggiorare la situazione? Avrei dovuto avvisare il Mizukage, lui avrebbe dovuto parlargli. Lui sapeva com'erano andate effettivamente le cose.
    Guardai il ragazzo per un lungo istante, sentendo improvvisamente una gran pena per lui ed il suo destino. Era un miracolato, eppure la vita che lo attendeva dopo il suo risveglio sembrava essere piena di altro dolore, rimorso e probabilmente rancore.
    Takuma, siamo a giugno del 36... mormorai, non senza più di un filo di timore nella voce. E la tua famiglia, bé... sospirai, mentre in mente mi tornavano gli avvenimenti delle settimane precedenti.


    Takuma si era stabilizzato da poco. Nessuno però veniva a trovarlo, se non il Mizukage occasionalmente. Itai Nara non era il tipo da rimanere inutilmente di fianco al letto di una persona che non poteva muoversi, ma di tanto in tanto veniva a sincerarsi delle condizioni del suo allievo. Ma nessun altro. Mi domandai allora se la sua famiglia fosse a conoscenza di ciò che era accaduto, se Takuma avesse una famiglia. Così andai a chiedere al Mizukage il quale con voce grave mi raccontò cos'era successo. La cosa migliore che speravo per Takuma era che svegliandosi non ricordasse nemmeno chi fosse, poiché in quel modo avrebbe potuto ricominciare. Il dolore sarebbe potuto essere lenito dall'amnesia. Ma non era quello il caso. Takuma Muramasa era cosciente e lucido e domandava della sua famiglia. Ed io dovevo dirglielo. Era il mio dovere.
    Resta seduto ti prego, cerca di rimanere tranquillo, non sei nelle condizioni di far sforzi, intesi? sapevo che il tono era allarmato ma dovevo sincerarmi della sua salute prima di ogni altra cosa. Takuma, tuo padre è stato accusato mesi fa di alto tradimento lo sapevo benissimo. Akira mi aveva detto che cos'era accaduto quando gli avevo parlato del padre di Takuma. Non sapevo l'esatta dinamica dei fatti, ma solo che suo padre fosse ormai morto. Solo che durante la lotta... è stato accidentalmente ucciso.
    I tuoi fratelli sono fuggiti dal villaggio e non sono rintracciabili... Takuma sapeva benissimo cosa significava. Sarebbero stati tacciati di essere "Nukenin" ben presto, se non fossero tornati.
    Tua madre... tua madre ha subito un brutto colpo Takuma. La sua mente non ha retto al dolore, ha avuto un collasso mentale cercai di essere quanto più dolce possibile mentre pronunciavo quelle parole. È quasi catalessica nel reparto di psichiatria. È viva, ma non sappiamo se si riprenderà... come si riprenderà se dovesse farlo. Forse... forse tu puoi farla riprendere, sapere che suo figlio è vivo e sta bene...


    Rimasi in silenzio per qualche istante, lasciandogli il tempo di assimilare l'enormità della faccenda. Poi abbassando lo sguardo pronunciai un sincero ed immensamente triste Mi dispiace.



    Edited by -Max - 15/7/2016, 21:25
     
    .
113 replies since 8/5/2006, 15:17   5490 views
  Share  
.