[Accesso] L'entrata di Suna

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  1. Manu ©
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    Hamano era già in preda a un forte sentimento patriottico di difesa del proprio villaggio mentre trascinava i due amici, e nulla sembrava poterlo fermare.
    Certo, il fatto che Deidara era muta come un pesce e che Hoshi non smetteva di ridere però stavano facendo salire in lui un terribile dubbio che a dirla tutta se non fosse così idiota gli sarebbe dovuto venire già qualche minuto prima.
    Con l'intervento del rosso poi Hamano si fermò completamente e guardò l'amico dritto negli occhi. Nel suo volto c'era ancora la determinazione di salvare il villaggio ma si poteva intravedere una piccola vena pulsante sulla tempia che non prometteva nulla di buono.

    Come uno scherzo?

    Il ragazzo non respirava, sbuffava selvaggiamente dal naso come un animale. Lentamente il suo cervello stava facendo mente locale su tutto quello che era successo lasciando i due amici e portandosi le mani alla testa come se ci fossero troppe informazioni e non voleva lasciarsele sfuggire.
    Vuol dire che aveva fatto la figura dell'idiota davanti a tutti? Molto probabilmente sì.
    Diede un'occhiata poi a quella che sembrava Deidara ma secondo il rosso era una sua gemella o qualcosa di simile. In fondo a parte la somiglianza fisica la ragazza sembrava un fantasma rispetto alla furiosa tigre del deserto.
    Stava per esplodere, stava per fare una scenata pazzesca degna delle peggiori primedonne ma Hoshi lo fermò afferrandolo al collo in maniera scherzosa. Ci volle un enorme sforzo di volontà per impedire ad Hamano di afferrarlo per la collottola e stringerlo in una presa di sottomissione.
    Sembrava che il roso avesse pensato ad ogni cosa perché si era portato dietro l'assicurazione per impedire ad Hamano di esplodere. Solo ora il ragazzo notò quelle che a detta dell'amico erano nuove reclute del villaggio.
    Non poteva di certo fare scenata da ragazzine in presenza di sottoposti ma la voglia di farla pagare all'amico era tanta.
    Quando poi il rosso gli sussurrò che doveva pagare lui mancò poco che si ritrovasse un pugno in faccia. Ora capiva perché Deidara non perdeva occasione di colpirlo.
    Hamano si avvicinò all'orecchio del Chikuma per rispondergli in tono tutt'altro che amichevole.

    COME PAGO TUTTO IO? Hai idea di quanto mi sia costato il mio braccio? Sto facendo i doppi turni per guadagnare qualche soldo extra e non ho ripagato neanche metà debito!

    Di certo non poteva neanche fare la figura del barbone davanti alle nuove reclute quindi lasciò stare definitivamente il rosso e si indirizzò a mangiare. Se doveva pagare per tutta quella roba almeno voleva la ciotola più grande.

    MUOVETEVI CHE SI FREDDA.

     
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    Di ritorno a Suna

    suna

    Narrato
    Pensato
    «Parlato di Miyori Uchiha»
    Parlato di Susumu Yamazaki


    Frammenti del mio passato: Villa Uchiha, qualche giorno prima

    Ero consapevole della sua silenziosa presenza sul limitare del mio campo visivo.
    Susumu era immobile accanto alla porta scorrevole e mi stava osservando con un'espressione che avevo imparato a conoscere.
    Solo quando ebbi terminato l'ultimo kata con Ninfea di Giada e rinfoderato la lama nella sua custodia, si avvicinò a me, attirando la mia attenzione.


    Miyo, tu sai come la penso su questo viaggio, vero? Esordì serio, il suo sguardo puntato sul mio volto.

    Annuii; ormai erano un paio di giorni che ne stavamo discutendo e per quanto lui non potesse realmente opporsi alla mia decisione di partire da sola, restava fermo sulle sue idee, cercando con un ultimo tentativo di farmi desistere, di farmi cambiare idea.


    «Non è più pericoloso di tanti altri viaggi. Sai quanto sia importante per me questa ricerca. La “Chiave dei Kami” è forse la sola speranza che Suiren abbia di tornare libera. Devo capire se in quel tempio esista un qualche collegamento con quell'antico rotolo...»

    … che per gli stessi abitanti di Suiren è una leggenda. Aggiunse, interrompendo il flusso delle mie parole.
    Gli scoccai un'occhiata gelida.


    Inoltre dovresti prima trovare il tempio, e, se ben ricordo, nel tuo primo viaggio a Suna non sei riuscita nell'impresa. Eppure anche quella volta avevi una mappa, eri convinta di poterlo trovare.

    Touchè!

    Il fallimento di quell'esplorazione dell'Anauroch ancora mi bruciava in petto.


    «Si trattava di un falso realizzato ad opera d'arte e...» distolsi lo sguardo, evitando di arrossire. Preferivo non ricordare di quei giorni trascorsi con Yuki kun nel deserto. Non che fosse successo qualcosa di sconveniente, ma la sola carezza in testa era un gesto che mi imbarazzava da morire, o per essere più corretti, era quello che aveva provato la mia vecchia “me”.

    ...Hakuya san?...

    «Hakuya... cosa?»

    Fissai Susumu con aria interrogativa.

    Lo vidi scrollare le spalle, emettendo un profondo sospiro.


    Non mi stavi ascoltando a quanto pare. Ti stavo suggerendo di attendere il ritorno di Hakuya san e farti accompagnare da lui. Non eri tu quella che negli ultimi tempi aveva la tendenza a indagare sul passato della tua guardia del corpo? Osservò con una punta di sarcasmo nel tono della voce. Che tra quei due non scorresse buon sangue era innegabile, ma per quieto vivere Susumu aveva in qualche modo accettato la sua presenza alla villa, come anche quella di Misaka san.

    Era difficile risollevare lo sguardo, spiegare quello che neanche io avevo ancora compreso, ma che faceva tanto male.


    «Ho compreso che ho sbagliato ad agire come una hime viziata. L'ho solo messo nei guai con la mia testardaggine, ignorando ogni volta i suoi consigli. E poi lui non può essere sempre la mia ombra, ha la sua vita, il suo destino da seguire. Sarei semplicemente un peso, non credi? Lo lascerò fuori da tutto questo... E' giusto così. Inoltre...» cominciai ad avviarmi verso l'uscita «...Anche standomi accanto, non può impedire che mi succeda qualcosa... In fondo non ero stata rapita quella volta ad Otafuku?»

    Non replicò; probabilmente le mie parole lo avevano lasciato spiazzato.
    Non credo si aspettasse questo mio cambio di atteggiamento nei confronti della mia Kitsune dono, ma era meglio così... Doveva essere meglio così, per il bene di entrambi.

    Poggiai la mano sulla porta di carta di riso, lasciandola scorrere sulla guida.


    «Abbi cura della casa e di Misaka san... Susumu...» mormorai, dandogli le spalle, senza che i nostri sguardi si incontrassero per un'ultima volta. E in un ripensamento, quasi mi voltai verso il giovane shinobi, le mie labbra quasi schiuse nel pronunciare che poche parole. Susumu, se Hakuya dovesse tornare... digli che vorrei che lui mi seguisse... ma quelle parole restano prigioniere nella mia mente, mai pronunciate, mai udite da nessun altro all'infuori della mia persona.

    Non ne ebbi il coraggio, dovevo seguire la mia strada.



    Frammenti del mio passato: In viaggio verso Suna

    Memore dell'esperienza passata nel deserto di Suna, avevo optato per un abbigliamento più adeguato, alleggerendo lo spessore di abiti che di solito indossavo.
    Prima di mettermi in viaggio ero passata negli uffici amministrativi a consegnare il mio permesso di uscita dal villaggio, attendendo per ore in un ufficio deserto che un qualche impiegato arrivasse coi timbri.
    La burocrazia a Konoha agiva, da quanto avevo compreso, su un vecchio lascito di una qualche precedente amministrazione.
    E le attese erano qualcosa con cui si doveva venire a patti se si voleva evitare di finire con una taglia sulla propria testa per non aver compilato il modulo 34/b da portare all'ufficio 15Q, dopo aver vergato in quadruplice copia una serie di scartoffie rispettivamente negli uffici 6W, 9E, 0R, 4T ed 1Y.
    Naturalmente se si era fortunati e si veniva ricevuti da uno dei due amministratori in persona le cose in qualche modo si velocizzavano, ma non era facile ottenere la loro attenzione, per cui avevo trascorso un'intera giornata negli uffici del villaggio... o forse ero semplicemente io troppo ligia nel fare le cose correttamente?


    miyosunaaprile2012ridottacol
    Per raggiungere Suna avevo preso accordi con una carovana di mercanti di the e spezie che si stava dirigendo in quella regione.
    Pagai come un comune viaggiatore, preferendo assumere un basso profilo, nascondendo il mio equipaggiamento all'interno di uno zaino e avvolgendo Ninfea di Giada in una voluminosa stoffa
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    Cercai di dimenticare in quei giorni trascorsi con quelle persone chi fossi, i pensieri che altrimenti sarebbero volati verso qualcuno. Non me lo potevo permettere. Per quanto sembrassi una ragazzina in gita, avevo un obiettivo da portare a termine. Dovevo solo sperare che Shaina sama mi avrebbe potuto aiutare a portarlo a compimento.
    Questa volta non era ammesso il fallimento.


    Lasciai la carovana in un villaggio vicino, preferendo fare l'ultima parte del viaggio fruttando le capacità che avevo affinato vivendo in un mondo di ninja.
    Sfruttai quello che veniva chiamato Chakra, facendo attenzione a non abusarne. Giusto qualche “burst” ogni tanto per velocizzare i movimenti
    Ricordavo perfettamente gli avvertimenti di Susumu i primi tempi in cui mi aveva insegnato a “risvegliarlo”.


    L'immensa parete di roccia che proteggeva il villaggio alla fine si stagliò alla mia vista.
    Prima di procedere, mostrandomi nel campo visivo dei guardiani, preferii dare una sistemata al mio look.
    In qualche modo la scelta dell'abito non era stata esattamente dettata da una profonda saggezza.
    Per quanto fosse un completo leggero, il viola non era una tonalità di colore in grado di riflettere in buona parte i raggi del sole, per non parlare delle scarpe. Avevo la sabbia anche all'interno delle calze.
    Cercai una roccia in quella vastità di granelli di sabbia, accontentandomi di una stentato arbusto.
    Mi sfilai una dopo l'altra le calzature, cercando di ripulirle.


    «Sabbia alla sabbia...» mormorai, stupendomi io stessa della capienza delle scarpe.
    Un altro po' e mi potevano arrestare per aver cercato di contrabbandare l'Anauroch.

    Stoicamente mi rinfilai le scarpe, stavolta facendo attenzione a non imbarcare troppa sabbia. Mi sistemai il capellino in modo che per qualche miracolo dei Kami mi proteggesse dal sole, cosa che ormai avevo compreso fosse un'utopia e zaino in spalla e Ninfea di Giada, avvolta nel tessuto, nella mano destra, mi incamminai verso Suna.


    E come in una sorta di deja vu a pochi metri dalla parte rocciosa sollevai lo sguardo verso l'altro, riparandomi con la mano libera gli occhi dal sole a picco.

    «Salve a voi, guardiani di Suna. Mi chiamo Miyori Uchiha, provengo da Konoha e desidererei conferire con la vostra amministratrice Shaina sama.» Stavolta niente trucchetti e meno formalità.
    Per un po' mi sarei dimenticata del mio retaggio di hime samurai.



    Suna, ora...
     
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  3. Kei Hajime
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    Sangue e Sabbia

    L'entrata




    Ecco quindi come accadde che mi risvegliai in un deserto e mi ritrovai alle porte di un grande villaggio. Accompagnato da un pazzo. Non che io avessi potuto inequivocabilmente definirmi più "normale", intendiamoci. Camminavamo nel mezzo del nulla; io, con in spalla un avvoltoio appena stecchito, lui ciondolando, ballando e cantando e parlando. Parlava talmente tanto che sembrava quasi compensasse la mia ineluttabile apatia. Apatia, ovvero insensibilità. Ero sensibile, ma allo stesso tempo ero insensibile. Ero Kei Hajime dopo tutto. Questo era certo. Il lascito di tale nome mi fu dato dal sangue, la prova dalla sabbia che era sulla medaglietta che portavo al collo. Il mio corpo era vivo. La mia mente, forse, no. La mia pelle sentiva il tocco leggero della brezza calda che spirava su Suna, ma la mia coscienza non ebbe nessuno sfarfallio simile al sorriso agli strani comportamenti, alquanto esilaranti, del giovane ragazzo prodigio al mio fianco. Il mio palato aveva assaporato lo snervante tocco della fame e della sete, ma lo snervante tocco della paura della morte, quello, non era minimamente passato vicino al mio cervello. Il mio naso, il mio udito, sentivano suoni, odori, che si libravano nell'aria come onde musicali suonate solo per me, ma ciò che, come scoprii in seguito, davvero caratterizzava la razza umana mancava. Mancavano emozioni, mancavano sentimenti e tutte le percezioni che cominciavo a sperimentare attraverso i miei cinque sensi rimanevano bloccate durante il loro cammino verso la mia coscienza da un muro freddo, criptico che formava un recinto attorno al mio cuore. Un solo cuore, un solo volto ed una sola anima erano troppo poche per me. Troppo poco era il tempo trascorso dal mio rinvenimento, semplicemente troppo fu per me andare oltre la mera registrazione, quasi inconsapevole, degli avvenimenti che passivamente percepivo. Per questo ero sensibile ed insensibile allo stesso istante. Mentre camminavo e l'intorpidimento mentale non procedeva di pari passo a quello fisico nello svanire, dall'orizzonte alte mura, che all'inizio scambiai per una montagna rocciosa, si stagliarono di fronte ai miei occhi. In effetti, penso di essermi ispirato a questa visione quando poi sviluppai il paragone con il muro che bloccava le mie sensazioni ad uno stadio puramente primordiale. Tra la liscia parete ocra, da cui cadevano esili filamenti di sabbia, scorsi una crepa che si estendeva per tutta l'altezza della struttura. Il mio compagno di viaggio blaterò di andare a controllare la presenza di una certa guardia noiosa e mi invito a desinare nella sua abitazione, non prima di avermi chiesto il nome.


    Kei Hajime.

    Ancora una volta questo nome segnava l'inizio di qualcosa. Per me, l'inizio della vita al villaggio della Sabbia. Dissi i kanji che mi avrebbero marchiato per sempre ma essi si persero nell'aere poiché il mio avventore si percepitò nella crepa tra le mura cittadine, svelandomi la vera natura di tale solco: l'entrata a Suna. A mia volta mi avvicinai verso tale direzione e facendomi largo, mi rivolsi alla prima guardia che avessi incontrato, indicando la persona che mi aveva appena preceduto.

    Cerco riparo: quel ragazzo mi ha appena invitato.

    Ero a Suna e con me faceva il suo ingresso, sorvolando dall'alto cielo azzurro, costellato da qualche nuvola grigiastra, nel villaggio uno stormo d'avvoltoi dalle oscure sembianze.

    Semplice post d'intermezzo per segnare ufficialmente il mio arrivo a Suna facente parte di una giocata che è cominciata qui e proseguirà qui.

     
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  4. Manu ©
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    [Shinodari]

    Un'altra giornata di sole. Un'altra giornata di lavoro. Però questa volta Hamano non era a camminare con passo militare sulle mura o nel suo ufficio a riposare dal caldo del deserto ma si trovava davanti al portone con un restauratore e stavano dando un'occhiata alle condizioni dell'entrata al villaggio.
    Era arrivato il periodo dell'anno in cui si doveva rimettere un po' a nuovo l'entrata e sistemare i vari danni ma data la non rosea condizione delle casse del villaggio Hamano si ritrovava a negoziare con l'uomo incaricato per abbassare un po' il prezzo.

    Questi graffi sul legno li lasci stare, non importano più di tanto, tanto l'interno è rinforzato con non mi ricordo quante lastre di acciaio.

    Ma sono terribilmente antiestetiche.

    L'uomo, un tipo sulla trentina dalla stravagante pettinatura a forma di riccio, guardò l'Iga con uno sguardo inorridito. Si era presentato con una stravagante e costosa idea di rinnovo per rendere l'entrata molto più chic, a dette sua.
    Hamano sospirò cercando comunque di non essere scortese.

    Guardi, non è che mi importi molto la cosa, quando i nemici arrivano qui devono trovarsi un muro impenetrabile, non alla moda. Mi interessa di più parlare dei sistemi di sicurezza dei cardini del portone perché...

    Lei è un'idiota!

    Hamano si bloccò all'improvviso, non sicuro di aver capito bene, ma dentro di sé stava già iniziando a salire una piccola furia.

    Mi scusi?

    Lei non capisce assolutamente niente di arte e quindi non mi stia a dire cosa è necessario o no. Qui comando io!

    Hamano non sapeva come mai l'uomo se l'era presa tanto ma aveva fatto il grave errore di urlare contro il chunin nel suo territorio, le mura.
    Il suo sorriso calmo e pacato sparì in un batter d'occhio e il restauratore si ritrovò con una lama di due metri puntata al collo. Gli occhi furiosi di Hamano dicevano molto.

    Punto uno: qua comando io, queste sono le mie mura e lei fa quello che io molto gentilmente le chiedo. Punto due: non me ne importa proprio niente del fatto che il portone non sembrerà alla moda, è chiaro?

    Non aveva alzato molto la voce, non aveva espressamente minacciato l'uomo, ma quello si fece piccolo come se un criminale stesse puntando un'arma contro la sua famiglia.
    In quel momento arrivarono visite. I suoi sottoposti gli avevano fatto dei cenni sul fatto che stava arrivando qualcuno, perciò Hamano ritirò la sua Meyio e si diresse verso la nuova arrivata.

    Signorina Uchiha sono qui. Se vuole entrare nel villaggio non c'è problema, ma dovrà lasciare le sue armi nel deposito qui vicino alle mura. Per conferire con l'amministratrice dovrà fare espressa richiesta in amministrazione a meno che non abbia un appuntamento.

    Come se non fosse successo nulla Hamano tornò a parlare con calma e tranquillità, dando il benvenuto alla straniera con un sorriso quasi paterno. Con un gesto della mano diede l'ordine ai suoi di aprire il portone, e quando venne messo in moto il meccanismo di apertura si sentì un certo stridore metallico non molto rassicurante. Immediatamente il ragazzo si voltò verso il restauratore che era rimasto nell'esatto punto in cui lo aveva lasciato.

    Maledizione, lo sente questo rumore, no? Voglio che sia messo a posto questo, non quelle dannatissime crepe sul legno, per la miseria.

    Si voltò immediatamente verso la fogliosa guardandola con l'aria di chi non ce la fa più.

    Mi scusi, ma mi ha preso proprio in un brutto momento.





    [Kei Hajime]

    Con il debito del suo braccio meccanico che lo assillava Hamano si trovava nuovamente a fare doppi turni di lavoro ma grazie al fatto di essere comunque il capo riusciva a ritagliarsi un piccolo momento di riposo durante la giornata. Nel suo ufficio, con il ventilatore acceso dritto in faccia, una bibita ghiacciata appena bevuta, Hamano era pronto per passare una mezz'ora di relax.
    Tranne quando arrivò una guardia che entrò nel suo ufficio.
    Hamano gli scoccò una occhiata per fargli intendere che non era proprio il momento ma subito dopo il suo senso del dovere lo chiamò a raccolta, perciò si mise ad ascoltare il suo uomo.

    Ehm, signore, c'è un ragazzo un po' malridotto che vuole entrare nel villaggio, e dice che è con uno shinobi che è appena entrato.

    Hamano sospirò, capendo che la sua pausa era per il momento rovinata.

    Lo shinobi che è entrato ha detto qualcosa a riguardo.

    Ehm, più o meno, non è che si sia capito bene. Il problema è che il ragazzo sembra vuoto, non ha un'espressione.

    Il deserto fa scherzi del genere, fatelo entrare dategli un'occhiata e se è il caso mandatelo in ospedale.

    Detto questo Hamano tornò comodo sulla sua sedia e fece segno al sottoposto di congedarsi.
    Lo straniero quindi venne fatto entrare nel villaggio senza tante domande, una cosa più unica che rara.

     
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    I Dango sono definitivamente assenti.

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    *Altra giornata di sole, altri conti da pagare. Shaina sbuffò per la terza volta mentre si avvicinava dalla parte interna al gigantesco cancello che proteggeva il villaggio. Un gigante dai piedi d'argilla si sarebbe detto leggendo la quantità spropositata di voci sul preventivo per i lavori di restauro, consolidamento e manutenzione, salvo il fatto che una volta finiti di leggere si era accorta che per la maggior parte tutte le voci più costose riguardavano abbellimenti e rifiniture estetiche di cui francamente il villaggio non sapeva cosa farsi. Eppure quel tizio si era presentato come il miglior restauratore del paese del Vento -si era presentato, da solo- ed era andato tutto baldanzoso a presentare l'altra copia del preventivo anche al guardiano delle mura, che probabilmente a quest'ora gli stava facendo quello che lei stessa gli avrebbe fatto trovandoselo davanti, ovvero chiedere una sforbiciata alle voci prima che la sforbiciata arrivasse a lui.*

    *All'incirca nel momento in cui il portone si stava aprendo, con un cigolio per niente piacevole nei cardini, un avvoltoio grifone si posò con la grazia che la sua imponente apertura alare gli permetteva su un tetto poco distante, seguito poco dopo da una figura minuta che camminava più o meno con la stessa espressione del grosso rapace in direzione dei due uomini alla base del portone. Quando fu a portata visiva, la sua espressione cambiò in una leggermente stupita, poi in un leggero sorriso.*

    Buongiorno Hamano, vedo che abbiamo ospiti, e che il nostro "grande restauratore" è ancora qui.

    *disse con un cenno del capo al Guardiano del Gate, mentre lanciava uno sguardo omicida alla sanguisuga dall'animo artistico.*

    Più tardi mi farai un resoconto, ma penso tu sia d'accordo con me a dare un taglio piuttosto consistente a questo preventivo.

    *e sulla parola "taglio" una lieve sfumatura giallo oro attraversò i suoi occhi verdi. Fu solo un attimo, tanto che probabilmente Miyori se se ne fosse accorta avrebbe potuto pensare al riflesso del sole o a un abbaglio dovuto alla luce troppo forte. Fatto sta, che gli occhi di Shaina erano perfettamente normali quando si rivolse a lei.*

    Bentornata a Suna, Miyori. Immagino che il nostro Guardian ti abbia già fatto gli onori di casa. Dovresti consegnare la tua spada, ma so che è molto importante per te, quindi potremmo trovare un'alternativa se non vuoi lasciarla, come un sigillo o qualcosa di simile...altrimenti se ti fidi puoi consegnarla a me. Ti prometto che la tratterò con riguardo.

    OT Mi infilo qui dentro se non ti dispiace così Miyucchi me la rapisco io, approfitto della storia del restauratore per attaccarmi al tuo post, spero non ci siano problemi :3
     
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    Di ritorno a Suna, parte due

    suna

    Narrato
    Pensato
    «Parlato di Miyori Uchiha»
    Parlato di Susumu Yamazaki


    La mia richiesta fu raccolta da un giovane shinobi, un ragazzo di una manciata di anni più grande di me, da quanto potessi dedurre dal suo aspetto fisico. Aveva una particolarità racchiusa nel suo arto sinistro, una protesi artificiale, su cui il mio sguardo non indugiò oltre per educazione.
    Per essere corretti ebbi come la netta sensazione di aver interrotto qualcosa, quando il sunese si rivolse alla mia persona.
    Non era solo a giudicare dal tizio che si trovava nei pressi dell'ingresso, un uomo di circa trentanni, anno più anno meno, che risaltava nell'ambiente circostante per merito di un originale taglio di capelli sparati in aria come fossero gli aculei di un porcospino.

    Il guardiano esordì con un saluto cordiale, emanando una aura paciosa, una piacevole sorpresa abituata ai climi non troppo amichevoli degli altri gate.

    Purtroppo per quanto avessi avuto il permesso di entrare, le regole imposte ai visitatori restavano le stesse di ogni villaggio accademico.
    Abbassai lo sguardo verso Ninfea di Giada, avvolta nel suo sudario di tessuto, mentre il mio sguardo per un breve istante s'incupì.

    Avevo giurato di non separarmene mai. Potevo concedere il permesso di custodirla al mio posto solo a persone di cui mi fidassi ciecamente; un'ultima postilla che avevo dovuto considerare per le diversità di regole rispetto a quelle cui ero abituata.


    «In tutta sincerità non ho inviato alcun messaggero per avvisare della mia presenza Sh...» il resto delle mie parole fu coperto da uno stridio, che ferì il mio udito.

    Ma da quanto non oliano i cardini del portone? Riflettei tra me, mentre il giovane guardiano redarguiva il tizio dal look stravagante circa le sue inadempienze.

    Mi scusi, ma mi ha preso proprio in un brutto momento.

    Scossi la testa, rivolgendogli uno sguardo di chi abbia compreso il momento delicato.

    «Non preoccupatevi per la mia persona,...» mi interruppi bruscamente rendendomi conto di non conoscere il nome del ragazzo. «Perdonate la mia esitazione, ma non so come rivolgermi a voi.»

    Buongiorno Hamano, vedo che abbiamo ospiti, e che il nostro "grande restauratore" è ancora qui.

    Mi voltai verso la direzione della voce dal timbro familiare.
    A pochi passi da noi era sopraggiunta l'amministratrice sunese, che in un primo momento elargì un lieve sorriso ai presenti, per poi cambiare atteggiamento nell'istante in cui la sua attenzione si posò su quello che avevo appreso essere un restauratore.
    E per quanto quello che vidi potei attribuirlo solo alla luce abbacinante del deserto, ebbi come la spiacevole sensazione che le iridi smeraldine di Shaina sama, avessero assunto il colore dell'oro mentre, nel suo dialogare con il tizio dai capelli a istrice, aveva dato una certa enfasi alla parola “taglio”.

    Attesi che la kunoichi terminasse i saluti alla mia persona per prendere la parola.


    «Shaina sama il piacere è tutto mio. Grazie del benvenuto nelle vostre terre.» Le rivolsi un sorriso solare con un accenno di inchino «Sono consapevole delle leggi che vigono in queste lande per cui accetto il compromesso che mi offrite.» Dissi porgendo il fagotto in cui era avvolta la katana con entrambe le mani verso la donna shinobi. «So che ne avrete cura per tutta la permeanza nel vostro villaggio.» Il mio volto era tornato serio. Il mio gesto era un atto di fiducia nei confronti dell'amministratrice.

    Una volta che la kunoichi avesse preso in consegna Ninfea di Giada mi sarei rivolta al giovane guardiano, consegnandogli ad uno ad uno il resto del mio armamentario.


    «Sono sicura che ne avrete buona cura.» Poi ignorando per un istante i presenti, poggiai a terra lo zaino e frugai all'interno alla ricerca del mio taccuino e di una matita. «Se permettete non impiegherò molto tempo.» Senza muovermi dalla mia posizione diedi un'occhiata approfondita alle mura e alla porta, valutando le crepe e lo sttao dei cardini del portone. Annotai il tutto su uno dei fogli bianchi assieme a degli schemi.

    «Shaina sama vorrei porre la vostra attenzione su questo preventivo.» Dissi, riprendendo la parola, mentre strappavo il foglio di carta e lo porgevo alla giovane donna. «Posso svolgere lo stesso lavoro per un prezzo irrisorio, una guida per l'Anauroch in cambio di un lavoro meticolosamente svolto in tempi brevi.» E prima che potessero obiettare circa la mia offerta, mi affrettai ad aggiungere alcune spiegazioni. «Lo so, c'è quel piccolo dettaglio di non far parte del vostro villaggio, che potrei essere un sabotatore che si cela sotto le sembianze di un visetto angelico, che ho oscuri obiettivi di non si sa quale demoniaco piano, ma la realtà dei fatti è che prima di essere una kunoichi, sono un samurai nativa di un luogo in cui l'onore e la parola data sono la base della propria esistenza e mi diletto di pittura e di recente ho partecipato ai lavori di ristrutturazione dell'amministrazione otese.» Qui sfoderai il mio più candido sorriso. Che poi avessi involontariamente contribuito a buttare giù un'intera ala del sopra citato edificio era un'altra storia. «Giuro sui Kami di non entrare nel merito dei vostri sistemi difensivi durante la manutenzione. Che ne dite? Affare fatto?»
     
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    RITORNO A SUNA




    Il caldo era insopportabile quel giorno. In effetti come sempre nel caldo deserto che circondava il villaggio segreto di Suna. Il calore saliva feroce dal terreno facendo vibrare l’aria quando la si osservava in contro luce , oppure sul crinale di una duna in lontananza. Giallo ed oro in un mare infinito di piccoli grani di silice e sali.
    Hohnehim camminava lentamente in quell’inferno bollente, completamente avvolto da un drappo verde. Sentire il tepore di quel luogo gli risvegliava sensazioni che conosceva molto bene, e che pure gli sembravano molto lontane. Era disorientato e disidratato, e i suoi piedi camminavano verso luoghi conosciuti solo per una sorta di memoria motoria sostanzialmente impossibile da perdere. Non pensava a nulla, anzi era impossibile pensare a qualcosa; perché se solo ci si fosse applicato, le domande sarebbero nate con talmente tanta violenza nella sua mente da farlo svenire in mezzo al nulla: quello sì che sarebbe stato un problema.
    Per cui continuava a camminare, in questo tacito accordo che aveva fatto con la sua mente. Percepiva che non mancava molto a Sunagakure, sebbene non fosse in grado di dire da quale luogo avesse iniziato a camminare: di fatto ormai le sue orme andavano ben oltre la sua vista.
    L’ultima immagine nella sua mente apparteneva ad un monastero, e ad una notte che sembrava essere trascorsa solo il giorno prima, eppure il chunin aveva la strana sensazione che fosse passato molto tempo da allora. Ma quanto tempo? Una fitta alle tempie gli fece capire che stava rompendo il patto con il suo cervello, quindi decise di non proseguire su quei pensieri.
    La spessa cinta muraria naturale di Suna già si stagliava all’orizzonte. In quel momento non era possibile distinguerla, ma Hohenheim sapeva bene che, esattamente al centro di quell’ammasso roccioso, sorgeva l’ingresso al suo villaggio custodito dall’elitè di Suna; un gruppo di cui lui aveva fatto parte, ma chissà cosa sarebbe successo al suo ritorno …
    Le forze erano ormai svanite del tutto quando arrivò sufficientemente vicino all’ingresso perché le guardie gli ponessero le domande di rito. Lui tentò di rispondere, ma la voce gli morì in gola per via della bocca eccessivamente secca. Sentì poi le gambe cedere, mentre uno stato di incoscienza gli annichilì i sensi.
    Cadde, pancia a terra, con il mantello verde che gli copriva tutto il corpo e il capo. Solo un braccio spuntava dagli indumenti pesanti e sporchi di sabbia, mentre la mano da bambino volgeva il palmo in maniera quasi innaturale verso l’alto. Su di esso, una bocca semiaperta apriva uno squarcio inquietante nella carne tenera del bambino, rivolgendo un ghigno stanco ai presenti.

     
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    ..Se è uno scherzo vi prendo a calci!!!..
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    Non riusciva a crederci il ragazzo, chiunque gli avesse fatto quello scherzo l’avrebbe pagata molto cara. Dire proprio a lui una cosa del genere mentre stava per l’aggiunta mangiando. Hoshi aveva piantato un poderoso pugno alla parete a pochi centimetri dalla testa del messaggero, quel pazzo lo stava cercando per consegnargli un messaggio importante, un messaggio che se fosse stato il primo di aprile avrebbe forse preso più alla leggera. Ma non era aprile e tanto meno il primo quindi chiunque fosse stato il fautore di quel messaggio l’avrebbe pagata molto cara.


    Sembrava che qualcuno fosse giunto al gate, un ragazzino avvolto in un cencio di colore verde. Fino a qui nulla di strano, a Suna di disperati ne arrivavano a vagonate ogni giorno. Viandanti, barboni, dispersi questo non doveva essere poi tanto diversi dagli altri. Ma allora cosa aveva fatto imbestialire il Chikuma? Quegli stronzi del gate lo avevano mandato a chiamare perché il ragazzino appena giunto aveva le sembianze di un suo carissimo amico, mancato purtroppo molti anni prima. Il ragazzo al gate era stato identificato come Hohenheim.

    -Hamano dovrebbe dire ai suoi di non fare scherzi del genere!.. appena arrivo la li prendo a calci in culo!!!..-


    Il rosso era partito usando la manipolazione remota del vento ad una velocità sconvolgente. Non lo avrebbero nemmeno visto arrivare, semplicemente un jet nel bel mezzo del deserto sarebbe piombato davanti a loro facendogli venire la pelle d’oca al buco del culo. Il rosso sarebbe sceso in picchiata rallentando solo a pochi centimetri con il suolo alzando un gran polverone che avrebbe inondato la zona e tutti presenti. Da li ne sarebbe emerso con volto sfigurato dalla rabbia e con nocche scricchiolanti pronte ad abbattere l’idiota dello scherzo.

    -ALLORA?!!.. CHI E’ L’IDIOTA CHE SI DIVERTE A FARE SCHERZI DEL GENERE!!!.. CHE SI FACCIA AVANTI SE HA IL CORAGGIO!!!.. HO INTENZIONE DI SCUOIARLO E DI USARE LO SCROTO DELLE SUE PALLE PER FARCI UNA CUFFIETTA PER LA PISCINA!!!.. ALLORA CHI E’ STATO?!!!..-


    Il rosso si stava avvicinando con fare minaccioso ad un gruppo di guardiani disposti a cerchio attorno ad una figura. Al suo arrivo i ninja si spostarono lasciandolo entrare in quell’anello umano, gli occhi del Chikuma si sbarrarono pieni di stupore e meraviglia quando a terra vide il cencio verde che ricopriva un bambino. Ma non era stato quello a prenderlo alla sprovvista bensì quello strano sorriso che il palmo della sua mano mostrava.

    -No.. non è possibile!..-


    Il rosso si sarebbe avvicinato per analizzare il corpo, puzzava da morire, molto probabilmente doveva aver viaggiato molto in mezzo al deserto. Con delicatezza avrebbe voltato il corpo per studiare meglio i lineamenti del viso del ragazzino, non era cambiato di una virgola dall’ultima volta. Il rosso non sembrava convinto, lui era morto, c’erano stati dei funerali, eppure era li davanti ai suoi occhi. Alzato il cencio avrebbe controllato il resto del corpo, già una volta un corpo del genere gli era esploso addosso, non voleva di certo ripetere l’esperienza.

    -E’ vivo.. respira a mala pena.. inoltre è visibilmente disidratato.. voi!.. avvisato l’Amministrazione.. io lo porto immediatamente all’ospedale.. avvisate Shaina e basta.. ci siamo capiti?!-


    Il rosso avrebbe alzato il corpo dell’amico di peso quindi si sarebbe rivolto verso l’ospedale. L’aria si sarebbe mossa per qualche istante prima di farli schizzare via a grande velocità in direzione dell’ospedale di Suna. Non sapeva ancora chi era quel tizio, ma non aveva nessuna intenzione di lasciarlo la a morire, aveva troppe domande da fargli, doveva capire chi diavolo fosse e se centrava qualcosa con la morte del suo vecchio e caro amico.


    CITAZIONE




     
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  9. Akimaru Tokugawa
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    Le mura di Suna, l'unico accesso dell'inespugnabile fortezza nel deserto del Paese del Vento.
    Dall'alto delle torri i guardiani scrutavano l'interminabile frattura nella roccia, scrutando nell'ombra attenti per percepire qualunque segno di movimento, affiancati dai giganteschi scorpioni a supporto della difesa delle mura. Non avrebbero dovuto prestar chissà quanta attenzione per percepire l'insopportabile stridio metallico proveniente dall'insenatura, un rumore proveniente da una figura incappucciata che, procedendo verso l'ingresso, strisciava la punta della scimitarra contro l'enorme parete rocciosa dell'insenatura. Della figura si poteva ben distinguere una serie di copri fronte utilizzati per tenere legato il mantello, su di essi era scolpito un particolare simbolo: quello del villaggio di Iwa.
    Infoderata l'arma, l'estranea figura continuò il suo cammino fino a fermarsi a tre metri dal maestoso portone. Dall'alto le ignare guardie avrebbero potuto osservare il suo comportamento consci del fatto che, fino a quando non avesse creato danni, qualunque cosa egli facesse poteva passare del tutto indifferente. L'ammantato si piegò sul ginocchio destro e con la mano accarezzo il manto di sabbia ai suoi piedi, poi portò la stessa mano sotto il cappuccio diretta al volto.

    « Guardiani di Suna. Fatemi passare. »

     
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  10. Manu ©
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    Per Hamano questa situazione era qualcosa di davvero strano, era forse la prima volta che doveva chiedere il permesso di entrare a villaggio.
    Il ragazzo aveva intravisto in lontananza le mura del villaggio ed aveva accelerato il passo, felice di ritornare a casa. Le sue settimane di vacanze erano finite e non si sentiva così carico e pieno di energie da quando lo avevano promosso a chunin, fatto che era capitato da molto tempo. Tornato al villaggio si era ripromesso di allenarsi duramente per diventare almeno jonin, non voleva stare a guardare mentre l'amico Hoshi scalava le gerarchie del villaggio.
    La cosa più strana però è l'indefesso ed instancabile Hamano concedersi una vacanza, ma il motivo era semplice: aveva finito di pagare le rate del suo braccio.
    Dopo più di un anno di doppi e tripli turni di guardia il chunin aveva messo da parte i soldi per risarcire il suo debito e dopo un periodo così intenso di lavoro extra si era concesso un meritato periodo di riposo per caricare le batterie completamente esaurite. E gli effetti si vedevano.
    Era felice come non mai, assolutamente calmo e volenteroso di ricominciare a lavorare con dei turni di guardia finalmente umani. Sperava solo che Hoshi non gli avesse incasinato troppo l'edificio e che i suoi uomini non si fossero abituati troppo al suo sostituto.
    Giunto finalmente davanti alle mura con un sorriso a trentadue denti notò un altro visitatore che a quanto pareva attendeva l'intervento di un guardiano.

    HEY, UOMINI, SONO TORNATO, CHIAMATE VELOCEMENTE HOSHI!

    Avrebbe gridato rivolto alle mura con un volto che era la definizione perfetta di felicità.

     
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    Gate Suna
    ..Hama Hama Chan ed il misterioso uomo di Iwa..
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    Hamano e lo sconosciuto avrebbero dovuto aspettare una quindicina di minuti, l’unico ad avere l’autorizzazione a fare entrare persone al villaggio in assenza di Hamano era Hoshi e il ragazzo in quel momento doveva essere impegnato in qualche sua scorribanda per il villaggio. I due avrebbero avuto modo di parlare se mai lo avessero voluto. Dopo una quindicina di minuti uno strano rumore sarebbe giunto alle loro orecchie, sembrava quasi che un jet stesse per sorvolare la zona, un jet dal ciuffo rosso che con un boato si schiantò a velocità assurda davanti all’Iga alzando un gran polverone [Manipolazione Remota del Vento / Slot Vento x4 / Precisione: Nera+4].

    -HAMA HAMA CHAN SEI TORNATO!!! AHAHAHAHAH!!!.. NON PUOI NEMMEO IMMAGINARE COSA E’ SUCCESSO MENTRE TE NE STAVI A RIPOSARE CHISSA’ DOVE!!!..-


    Il rosso aveva accolto l’amico con un gran sorriso cominciando a strattonarlo per la maglia in preda a qualche strano spirito di puro euforismo. Hoshi era solito comportarsi a quel modo, ma in quel momento sembrava più agitato del solito e anche la sua comparsa fulminea avrebbe sicuramente destato in Hamano qualche sospetto. Il rosso sembrava troppo ansioso di mostrare qualcosa al samurai, qualcosa che nemmeno lui poteva immaginare, un evento più unico che raro.
    Hoshi senza perdere tempo avrebbe cominciato a strattonare l’amico dando l’ordine di aprire il gate per lasciarlo passare, in fondo quelli che stavano li erano i suoi uomini e lo conosceva meglio di chiunque altro. Il rosso quasi non si era accorto della presenza di un secondo individuo mentre si spostava alle spalle dell’Iga per cominciare a spingerlo con entrambe le mani per far in modo che si sbrigasse. Doveva essere qualche straniero arrivato li per accedere al villaggio.

    -Oh abbiamo visite!.. ok Hamano tu vai pure avanti io poi ti raggiungo.. c’è una sorpresa mega galattica per te!!!.. oh cavolo non sto più nella pelle!!!..-


    Il rosso avrebbe dato all’amico un ultimo spintone prima di allontanarsi per raggiungere lo straniero. Il suo aspetto era strano e non sembrava essere proprio delle terre del Vento, il copri fronte che teneva il mantello infatti riportava l’effige del villaggio di Iwa, simbolo che il rosso conosceva bene dato che molte sue avventure lo avevano portato in quei territori. Il ragazzino aveva portato le mani dietro la nuca mentre si avvicinava con passo slanciato.

    -YO!!!.. salve straniero delle terre di Iwa.. benvenuto al villaggio di Suna!.. io mi chiamo Hoshikuzu Chikuma e sono il guardiano provvisorio del gate.. in realtà il boss è quel tizio che hai appena visto.. ma lo abbiamo mandato in vacanza per qualche tempo.. sai era un po’ stressato!..-


    Le ultime parole il rosso le aveva dette avvicinandosi al tizio tenendo una mano a coprire parte del volto quasi a non volersi far sentire da Hamano. Allontanatosi di nuovo il Chikuma avrebbe continuato a parlare, lui si era presentato, ora non restava che capire chi diavolo fosse quel tizio apparso dal nulla.

    -E tu chi sei?!.. come ti chiami.. e cosa ti porta qui al villaggio segreto della Sabbia?!..-


    Hoshi era completamente rilassato e mostrava un gran sorriso, il cielo era limpido, Hamano era tornato dalle sue vacanze ed una meravigliosa sorpresa lo aspettava dentro le mura, certo non poteva immaginare che la sorpresa era un vecchio amico creduto ormai morto da molti anni.




     
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  12. Species 8472
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    La città Dove non c'è mai Niente.
    Sabbia.



    Da quando mi ero messa in testa l'idea di imparare tutto quello che poteva tornarmi utile per la mia carriera militare non avevo fatto altro che progettare un viaggio a Suna nei minimi dettagli, nella fattispecie volevo andarci all'inizio dell'autunno per non trovare temperature eccessivamente inospitali data la mia fisiologia "nordica", in secondo luogo perchè preferivo un momento di generale relax rispetto al caos estivo per andare e fare incetta di suggerimenti e nuove scoperte sulla meccanica e quanto altro avrebbero deciso di offrirmi i Sunesi. Nei miei libri si parlava spesso di Fisica e la si dava come fondamento per la maggior parte delle strutture e delle macchine che si potessero creare sia per fini bellici che non, e solamente li alla Sabbia c'erano artigiani in grado di farmi passare dalla teoria alla pratica senza scomodare troppo qualche intelligentone Kiriano con la puzza sotto al naso.

    Ero già sotto le mura di buon mattino, dopo aver viaggiato tutta la notte cercando di appuntare le ultime fantasiose idee che mi erano venute in testa dopo i discorsi con Shiltar, ed ero quasi sicura che le guardie di quelle imponenti e, come al solito Priapiche mura, non stessero dormendo. Quindi attesi che qualcuno si rivolgesse a me fornendogli le mie credenziali e chiedendo esplicitamente se c'erano artigiani disposti a farmi una lezione privata sulla meccanica di base. - Salve, io sono Haru di Kiri, e sono qua in visita per sapere se ci sono meccanici disposti ad impartire un paio di lezioni private ad una aspirante architetta. - Non avevo molta roba con me, giusto una spada e le protezioni per il corpo che mi erano tornate utili per gli scossoni durante il viaggio.

     
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  13. Akimaru Tokugawa
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    Il giovane incappucciato osservò incredulo la scena. Al di sotto del cappuccio osservava il piccolo ragazzo dalla folta chioma rossa ad occhi e bocca spalancata; la sua aura di mistero svanì nel nulla, così come il suo tentativo di entrata scenica. Quel ragazzo, che sia maledetto, mi ha rubato la scena! pensò, per poi voltarsi a guardare come, l'altro, venisse accolto in maniera tanto gioviale e calorosa. Cadde gambe all'aria quando le due strane figure gli passarono accanto senza degnarlo di uno sguardo. Maledizione è sempre la solita storia... rimuginò piegandosi sulle ginocchia ed iniziando a solcare la sabbia col dito sperando che qualcuno lo notasse. Rimase in disparte anche all'apertura dell'enorme cancello, alzando solo un po' lo sguardo per intravedere quel po' che poteva vedere del famoso villaggio nel deserto. Continuava a disegnare sulla sabbia ma presto fu interrotto dalla voce giovane del riccio rosso-, sembrava gentile ma solo guando il suono del suo nome arrivò alle orecchie del ragazzo il suo atteggiamento cambiò.

    « Chi...kuma? »



    Chiese rialzandosi. Quel ragazzo doveva avere la sua età tuttavia sembrava essere un ninja dalle capacità incredibili, molto diverse da quelle che ci si potesse aspettare. D'un tratto al giovane venne in mente ciò che aveva visto prima, l'entrata scenica del riccio rosso lo aveva tanto stupito che non si era reso conto di aver già visto quel tipo di abilità. Non poteva crederci. Non poteva essere stato tanto fortunato eppure, così sembrava, finalmente il suo viaggio era terminato, lì nella ridente Suna.
    Con un unico gesto del braccio tolse il mantello lanciandolo a terra, svelando le sue sembianze. Un ragazzo alto pressappoco quanto il suo interlocutore dalle vesti logore per il lungo viaggio, la medio lunga chioma castana era legata in una coda alta con un nastro celeste con un ciuffo di capelli che copriva la fronte e l'occhio sinistro. Portava una scimitarra legata alla cintola ed uno strano sacco dal quale spuntavano visibilmente due impugnature di spada.

    « Salve Hoshikuzu Chikuma. Mi chiamo Kensei. Sono venuto qui a suna per incontrare un uomo. Il suo "nome" è Lama Pazza. »


     
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    Gate Suna
    ..Mio nonno?!..
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    Quel giorno un sacco di gente era giunta a Suna. Poco dopo l’arrivo di Hamano e del nuovo e strano individuo il rosso vide in lontananza avvicinarsi anche una figura più minuta e regale dei due scimmioni li presenti. Il rosso stava quasi per dare una manata al tizio per andare dalla nuova ospite quando si fermò girandosi verso Hamano. Il suo sguardo sembrava quello di qualcuno che stava per combinare qualcosa, fatto cenno al nuovo arrivato di restare li un attimo il rosso sarebbe corso da Hamano per dirgli qualcosa.

    -Ehi Hamano!.. Aspetta!!!.. guarda li.. sembra che stia arrivando un bocconcino niente male.. che ne dici di fare tu amicizia con la nuova arrivata questa volta?!..-


    Il rosso avrebbe quindi spinto l’Iga in direzione della ragazza per aiutarlo nel suo compito di guardiano, che poi non si dicesse in giro che Hoshikuzu Chikuma non pensava ai suoi più cari amici. Fatto la sua opera di bene il rosso sarebbe tornato dal nuovo giunto che si rivelò essere un ragazzo più o meno della sua stessa età. Il Chikuma non lo aveva mai visto prima, sembrava un tipo apposto a prima vista, ma ciò che più colpi il rosso fu la domanda che questi gli fece dopo essersi presentato.

    -Eh?!.. Lama Pazza dici?!.. mmh.. è il vecchio soprannome con il quale chiamavano mio nonno Furui.. Furui Chikuma detto Lama Pazza!..-


    Il rosso era sorpreso che in giro quel nome fosse ancora conosciuto, suo nonno doveva essere stato davvero un grande ninja da giovane se ancora oggi il suo nome veniva ricordato anche in terre straniere. Hoshi avrebbe squadrato il ragazzo, con se portava delle katane e nulla di più, con tutta probabilità era un vagabondo, magari uno spadaccino in cerca di un avversario o di un maestro. Non sembrava cattivo quindi il Chikuma si propose per accompagnarlo in un tuor del villaggio.

    -Ehi perché stai cercando mio nonno?!.. dimmi un po’.. non sarai mica qui per sfidarlo?.. perché credimi.. è tutto fuor che in forma.. AHAHAHAH!!!..-


    Il rosso si era messo a ridere tenendosi la pancia. Suo nonno era un vero e proprio spasso, ma mai e poi mai lo avrebbe visto con una spada in mano, non ora che a mala pena riusciva a stare in piedi sulle sue gambe. Il rosso era curioso di conoscere meglio in nuovo arrivato, sembrava che i due fossero quasi connessi uno con l’altro.



     
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  15. Akimaru Tokugawa
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    Rideva il ragazzo dai capelli rossi. A quanto pare era il nipote di Furui detto Lama Pazza. Chi l'avrebbe mai detto... pensò Kensei rimanendo calmo e serio nonostante il ragazzo, dalla strana capigliatura cremisi, ridesse alle spalle di lama pazza. Il suo volto si fece serio, non aveva più voglia di perdere tempo.

    « Porto notizie di sua figlia. »



    Tagliò corto e con tono greve; voleva che il suo interlocutore capisse la serietà della situazione.
    Non erano tanto diversi i due, in altre circostanze sarebbero andati insieme a bere della buona birra, ma non era quello il caso. Kensei aveva quasi terminato la prima parte della sua missione, dopo un anno di viaggio.


     
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