Posts written by -Max

  1. .

    Il Ritorno del Nono


    IV - Accettare


    Guardai Kensei. Guardai il suo elmo metallico, cercai di scorgere l'uomo dietro di esso. L'uomo che avevo conosciuto un tempo, l'uomo ferito tenuto in piedi solo dall'odio e dalla rabbia. L'uomo che, nella sua fredda apparenza, ardeva di passioni incontrollabili al limite della follia. Eppure, lucido. Lucido, ma forse, non abbastanza distaccato da non rendersi conto di ciò che gli avevo proposto per davvero. Ma, non sarebbe stato da me irritarmi per un malinteso. Avrei insistito, pacificamente, finché le mie parole non avrebbero fatto breccia al di là dello strato di metallo che lui aveva posto sul suo viso per filtrare il mondo e nascondere ciò che era diventato.
    Fortunatamente la questione della Nebbia di Sangue fu chiarita. Di certo non credevo chela crudeltà sarebbe potuta giungere ai fasti del passato, il dubbio che in realtà fosse qualcosa di diverso era sempre stato nella mia mente. Più che un dubbio, la certezza. Il dubbio era quanto fosse vicina questa versione della Nebbia di Sangue rispetto a quella messa in piedi dal Terzo Mizukage e ne risultava che, fortunatamente, sarebbe una versione annacquata della stessa.
    Ne sono felice dissi con tranquillità, rivolto sia al Mizukage che al giovane Shinobi che aveva chiarito le modalità di quella nuova tradizione Kiriana. Non era qualcosa che mi piacesse particolarmente, non ero un convinto sostenitore dei legami creati sul campo di battaglia per diverse ragioni, ma che importanza aveva, dopotutto? Kensei, io credevo che fosse qualcosa di diverso. Perché se fossi stato così sciocco da credere che avessi deciso di affogare la Nebbia nel sangue dei Kiriani, ti assicuro che non staremmo parlando adesso. Ma nemmeno io, distrutto come sono, sono impazzito al punto da credere che tu possa fare una cosa del genere, dissi rivolgendomi solo al Mizukage. E se questo funziona, ne sono solo felice. E lo sono davvero Kensei. Se l'irritazione avesse smesso di tappargli le orecchie forse avrebbe percepito la sincerità nella mia voce. Ora Kensei... feci una pausa. Misi la mano sul muso di Yogan, la quale stentava a trattenere la sua irritazione alle parole del Mizukage. Solo il mio tocco amichevole le impediva di aggredire, quantomeno verbalmente, il Kage ma Yogan si rendeva conto che stavamo camminando su un ghiaccio sottile.Perché pensi che io voglia essere sempre fuori dal Villaggio? Chiesi semplicemente. Io voglio essere qui, a Kiri. Come un tempo. Perché Kiri è la mia casa, Kensei. Sto ricominciando faticosamente a provare qualcosa che non sia annientamento e so che Kiri è casa mia. Non voglio prendermi un titolo per girovagare per il mondo. Puntai nuovamente gli occhi verso il Mizukage. Io ero un sostenitore dell'Accademia non per l'Accademia in sé. Quell'alleanza sarebbe potuta bruciare in qualsiasi momento. Io ero il Mizukage. Per me Kiri veniva prima di tutto e se l'Accademia non è il bene di Kiri, per me potrebbe crollare all'istante. Del resto mi insegni che le alleanze devono beneficiare tutte le parti in gioco, o sbaglio? Domanda retorica, non aveva alcun bisogno di una risposta. Stavo cercando di essere conciliante, il più possibile, come anni di diplomazia mi avevano insegnato ad essere. Non intendo minare la tua autorità, in alcun modo, Kensei. Se prenderai decisioni che non mi piaceranno, al massimo ti potrò chiedere di parlarne, in privato, nella speranza che tu - come avrei fatto io quando vestivo i tuoi panni - l'ascoltassi. Ti sto mettendo a disposizione la mia spada, la mia forza, il potere del Sette Code che custodisco e, se vorrai, i consigli di un uomo che è stato nel tuo stesso posto. Mi avvicinai al Kage, afferrai la mano che mi porgeva e strinsi il suo polso metallico con forza e decisione. "Il tortuoso sentiero che conduce alla pace è sempre meritevole, indipendentemente dal numero di svolte che comporta." ripetei Significa anche dover ingoiare il proprio orgoglio, faticare, accettare idee che non sono le mie. No, Kensei, da me non dovrai temere nulla. Strinsi con maggior vigore il braccio del Kage, certo di non ferirlo con la mia presa salda, ferrea. L'unica persona che dovrai temere, Kensei, sarai te stesso. Questo è il peso che porti. Questo è il peso che ho portato anche io. Ogni mattina, la persona che più temevo al mondo, era quella che mi rimandava lo sguardo dallo specchio. Dissi quelle parole senza sottintesi, e Kensei forse se ne era già reso conto. Quando si raggiungeva la posizione di Kage ci si faceva molti nemici ed allo stesso tempo, si reggevano le sorti del Villaggio. Le decisione del Mizukage influenzavano la vita di migliaia di Kiriani e, nel tempo, se non fosse stato attento, quelle stesse decisioni avrebbero potuto distruggerlo. Un Kage, chiunque esso fosse, doveva temere più di ogni altra cosa sé stesso. Perché egli stesso era lo strumento più rapido per la sua caduta. Kensei sarebbe voluto essere un tiranno? Se non avesse temuto quel lato di sé avrebbe fatto la fine che i tiranni hanno sempre fatto nel corso della storia.
    Ma sarei stato io a portare la rovina su Kensei? No. Non io. Io non ne avevo più le forze. Se avevo accettato di rimanere al Villaggio era solo per Jukyu. Lei, forse, poteva anche odiarmi ma io non l'avrei abbandonata ancora in nome dei miei ideali. Se Kiri stava andando in un posto oscuro, allora, mi sarei immerso nell'oscurità. Non mi sarei fatto dominare dalla Furia. La crudeltà non sarebbe diventata mai parte di me. Ma la vita mi aveva spezzato e, nel ricompormi, non sarei potuto essere più lo stesso di prima.

    Sei sicuro? la voce di Chomei mi rimombò nella mente. Sempre con la mente, risposi al Bijuu che immaginavo, non fosse proprio contento di avere a che fare con Chomei. Ma se stavo compiendo quel passo era anche per lui.

    dissi allora al Bijuu, con semplicità. Voglio restare a Kiri, vicino a Jukyuu. E l'unico modo che ho per farlo è non fare troppi capricci e lasciarmi scivolare addosso cose che non mi piacciono. Non importa il resto. Non intendo perdere nessuno di voi tre dissi riferendomi a Chomei, Yogan ed ovviamente, Jukyu.

    Riesco a percepire la felicità dell'Hokage alla notizia da mezzo continente di distanza Chomei disse quelle parole con tono ironico, ma non senza una piccola punta di preoccupazione nella voce. Raizen era un altro Jinchuuriki, l'idea di scontrarsi con Kurama non lo esaltava un granché, del resto.

    Già, Raizen ne ha combinata un'altra e Kensei è un misto di odio ed orgoglio troppo grandi per lasciar correre delle volte mi chiedevo cosa passasse nella mente di Raizen quando faceva certe cose. Era uno Shinobi potente, capace. Un amico ed un alleato ma la sua scelta durante l'insediamento di Kensei aveva reso qualsiasi possibile rapporto ben più complicato. Ma immagino che potrebbe fargli piacere sapere che a Kiri ci sono io. Immagino spererà che io possa porre un freno a Kensei, in qualche modo... sospirai, mentalmente, rivolto al Bijuu. Ma non sarà un ruolo che potrò interpretare.

    Gli devi la vita, Itai la realtà espresa dal Bijuu mi colpì come un maglio ed il senso di colpa arse forte. Ma che conflitto poteva esserci? Il mio Villaggio, la mia casa... mia figlia erano sull'altro piatto della bilancia. Chomei forse percepì quelle sensazioni. Ho capito, non c'è bisogno che dici altro disse il Bijuu ed io, mentalmente, lo ringraziai. Forse un giorno mi sarei sdebitato con l'Hokage. Una vita per una vita. Ma se mi aveva salvato la vita, se era mio amico, avrebbe compreso dove dovevo essere in quel momento e quanto ciò mi sarebbe costato.

  2. .

    Erba tinta di Rosso Sangue


    Atto Primo: I preparativi

    [Regole Speciali - Tempo]Il tempo nella News scorrerà in maniera precisa. In ogni mio post sarà indicata l'ora in cui avviene ed un range di tempo in cui le vostre azioni possono essere svolte nel prossimo turno. Nel vostro posto dovrete indicare l'ora all'inizio del post ed alla fine. Se dovessi ritenere che le azioni compiute sforano il limite di tempo imposto, non saranno considerate avvenute le azioni che escono a mio giudizio "fuori tempo".
    Questa regola non si applica alle situazioni di combattimento, che procederanno rapidamente come sempre.

    [Regole Speciali - Missioni]Nella News i PNG o comunque le situazioni, potranno assegnare specifiche missioni ai giocatori. Queste missioni possono essere eseguita sia dai player che dai PNG. Se eseguite dai player verranno giocate normalmente. Se eseguite dai PNG queste verranno risolte automaticamente dal QM dopo un certo periodo di tempo. Più PNG possono partecipare alla stessa missione, aumentandone la probabilità di successo. Attenzione, troppi PNG nella stessa missione possono essere controproducenti! L'esito della missione dipenderà anche dal modo in cui imposterete i PNG per la partenza e dalle istruzioni che i PG daranno loro.
    Ogni missione sarà caratterizzata da:
    Tempo necessario per l'esecuzione: Il png non sarà disponibile per tutto il tempo necessario all'esecuzione della missione.
    Difficoltà: grado da D a S.
    Tipo: Il tipo di missione.

    La probabilità di riuscita della missione dipenderà da diversi fattori:
    Probabilità base di successo: da 10 al 90%.
    Modificatore di probabilità di successo: Aggiunge o sottrare la probabilità successo.

    La missione può avere determinati esiti:
    Esito. Successo/Sconfitta
    Sopravvivenza del PNG: Illeso/Ferito/Morto
    Ricompensa: Aggiungere/Modificare probabilità di successo + Altri bonus più avanti
    Effetti in gioco: Variabili





    ORE 11.30




    Chiunque si fosse diretto verso Kusa non avrebbe avuto problemi ad entrare dai Cancelli Meridionali del VIllaggio. Le porte erano aperte per gli Accademici. Del resto, nessuno aveva motivo di non fidarsi: era la fede nata della disperazione, la più tenace e pericolosa allo stesso tempo. Se si fosse saputo ciò che metà delle Forze Accademiche stavano tramando, allora, probabilmente ci sarebbe già stata una resa incondizionata pur di evitare un ulteriore spargimento di sangue. Ma c'era speranza, e quella speranza poteva essere la fiamma che sarebbe potuta ardere nei petti di chi ancora rimaneva a difendere l'Erba. Oppure, il fuoco che avrebbe l'avrebbe trasformata definitivamente in cenere.
    Il campo base delle forze di Kusa era fuori dalle mura del Villaggio, sul versante meridionale. Molteplici tende ordinate in file parallele, tagliate in due perpendicolarmente dalla strada che conduceva al Villaggio. Solo una tenda su tre era ancora occupata. Alcune strutture più grandi sorgevano ai lati della strada. Una di queste, di colore bianco, era un tendone rettangolare molto grande e dentro vi era un ospedale da campo, sovraffollato oltre i limiti massimi di capienza considerabile dignitosa. Non c'era quasi spazio tra una branda e l'alta e molti feriti stazionavano ammassati su sedie o peggio, su teli poggiati al suolo, ammassati l'uno sull'altro. Chi era lì era in gravi condizioni. Nessuno di chi era stato ammesso come paziente aveva ferite superficiali. Molti erano coscienti, alcuni, disorientati, si tenevano la testa tra le mani con il viso deformato in muti urli di dolore perpetui.

    Il medico militare a capo di quel disastro era Fumi, una donna sulla sessantina, spigolosa, ingrigita dagli anni ma energica. Aveva un disperato bisogno di una mano da parte di ninja medici e non solo. Necessitava anche di medicinali! Se qualcuno le avesse parlato le si sarebbe spesa in parole concitate per spiegare la situazione in cui si trovava.
    Abbiamo bisogno di ninja medici qui avrebbe indicato l'ospedale in maniera diffusa. Alcuni di questi uomini potrebbero tornare a combattere se rimessi in sesto, ma da sola non ce la faccio [MISSIONE]
    Aiutate Fumi/testata>
    Molti ninja di Kusa feriti hanno bisogno di cure. I ninja medico possono cercare di aiutare Fumi con le cure del caso.
    Tipo:: Supporto
    Difficoltà:: D
    Probabilità di Successo:: 90% + 0
    Durata:: Fino ad interruzione da parte di agenti esterni


    Inoltre, ho bisogno di medicine. Abbiamo raccolto ciò che potevamo dalle terre meridionali, ma la spedizione sta rallentando. C'è bisogno di una quadra che vada a vedere cosa succede. Si trovano lungo la strada, a sud, ma non sappiamo a quanti chilometri.[MISSIONE]
    Recuperate Balto
    Una consegna di medicinali
    Tipo:: Supporto
    Difficoltà:: C
    Probabilità di Successo:: 70% + 0
    Durata:: 5 ore



    Al di là delle mura del Villaggio, invece c'era un deserto. Il Villaggio, abbandonato dai civili, svuotato della sua vita, era il rifugio ultimo della resistenza dell'Erba, ora rimpinguata da parte delle forze Accademiche che si erano dirette immediatamente lì, al centro dell'azione. Il Centro di Comando era localizzato presso il Palazzo Amministrativo del Villaggio. Tutti gli Shinobi accademici avrebbero potuto accedere a quei quartieri. Avrebbero potuto incontrare altri Shinobi dell'Erba e chiedere informazioni riguardo le battaglie combattute. Avrebbero potuto carpire con mano il pessimo umore che aleggiava su quei rimasugli.
    L'ultimo piano del Centro di Comando, tuttavia, sarebbe stato accessibile soltanto ai Kage ed i Consiglieri o, in loro assenza, chi guidava la delegazione di un Villaggio. Lì vi era ciò che rimaneva del Comando delle forze dell'Erba. Due uomini e due donne. Tutti dall'aspetto devastato di chi dormiva poco o nulla da giorni. La stanza in cui si riunivano era un vecchio archivio spogliato di qualsiasi mobilio superfluo fatta eccezione per un largo tavolo con al centro una mappa e diversi altri tavoli che contenevano rotoli aperti, gettati alla rinfusa, probabilmente pieni di rapporti provenienti da tutto il paese. La situazione era a dir poco catastrofica solo a saggiare l'aria che tirava in quella stanza.
    Il capovillaggio, Zassou, era un uomo sulla quarantina. Pallido ed emaciato, quasi malaticcio, sedeva sul suo scranno: uno sgabello di legno al tavolo della mappa. Avrebbe accolto chiunque fosse venuto a trovarlo con sospiri di stanchezza.
    La situazione è pessima. Sono pronto alla resa, se devo essere sincero il tono monocorde dell'uomo era lo specchio del suo esaurimento emotivo. Era un uomo che non riusciva a vedere oltre la disperazione che lo aveva annientato. Eppure, in qualche modo, non si era ancora spezzato. Le forze nemiche si attestano sulle diecimila unità, attualmente. Di queste, circa duemilacinquecento tengono il fronte orientale, settemilacinquecento invece quello meridionale... ed è ciò che ci piomberà addosso, prima o poi. Attualmente l'esercito nemico è costituito da un'avanguardia, circa tremila uomini. Una retroguardia di millecinquecento e due ali di duemila unità circa l'una. Ci sono potenti Shinobi al comando di ciascuna di queste divisioni. Ho sentito che un gigante in grado di bloccare qualsiasi jutsu comanda il fronte orientale. L'avanguardia attualmente è tenuta da un ragazzetto basso, capelli rossi, ma mi dicono terrificante. Invece chi tiene le altre divisioni non è noto. Ho cercato di mandare alcune spie, ma non hanno mai fatto ritorno. [MISSIONE]
    Scoprire i segreti del nemico
    Zassou potrebbe aver bisogno di una mano per scoprire informazioni importanti su alcuni Shinobi di alto rango tra le fila Cremisi.
    Tipo:: Spionaggio
    Difficoltà:: A
    Probabilità di Successo:: 30% + 0
    Durata:: 10 ore


    Non ho abbastanza Shinobi, ma magari voi potete fare qualcosa a riguardo. Ho tentato, malamente, di mandare piccole squadre oltre il fronte. Infiltrazione e sabotaggio. Hanno fatto pochissimi danni e ben pochi sono tornati vivi. Forse voi sarete più di aiuto a riguardo.[MISSIONE]
    Infiltrazione e Sabotaggio
    Ci sono molteplici obiettivi nemici che potrebbero essere sabotati in maniera segreta. Si tratta di una missione pericolosa, ad alto rischio.
    Tipo:: Infiltrazione
    Difficoltà:: A
    Probabilità di Successo:: 20% + 0
    Durata:: 12 ore


    Infine... vi è questo Re delle Armature. Si è spostato verso nord, non sappiamo perché. Superare le linee nemiche per capire cosa sta facendo mi è impossibile. Avrei voluto avere qualcosa che vola anche solo per avvicinarmi e capire che diavolo sta facendo quel tipo. Ma posso dirvi questo: nessuno l'ha mai visto senza una delle sue armature, ed è circondato da altri guerrieri in armatura. Non più di cinque. Può volare, sembra avere un repertorio infinito di armi sotto quell'armatura ed è... indistruttibile. Non so esattamente che cosa gli abbiamo tirato contro,ma abbastanza da causare esplosioni piuttosto sostanziose, ma quell'armatura non si è fatta nemmeno un graffio.[MISSIONE]
    Il Re delle Armature
    Il Re delle Armature è dietro le linee nemiche. Il perché si sia allontanato dal fronte, non è noto. Zessou vorrebbe che qualcuno superasse le linee nemiche per investigare sul nemico più potente di tutti.
    Tipo:: Infiltrazione
    Difficoltà:: S
    Probabilità di Successo:: 10% + 0
    Durata:: 12 ore



    Una delle donne nella stanza prese la parola subito dopo. Era giovane, di bell'aspetto, con lunghi capelli neri. Anchee lei portava sul viso lo stravolgimento di quei tempi difficili.
    Mirai Hoshina. Mi occupo dell'evacuazione dei civili. Dire che la situazione è pessima è fare uno sgarbo alle pessime situazioni sospirò e si alzò, indicando la zona meridionale, non ancora interessata dalla guerra. Tutti i civili che hanno potuto si sono diretti verso sud, allontanandosi dall'invasione. Molti di loro hanno prima trovato rifugio a Kusa, ma da quando è diventata una zona di guerra, abbiamo deciso di evacuarli ancora una volta. Tuttavia sembra che il sentimento patriottico di fratellanza sia andato a farsi benedire alla prima difficoltà e molti piccoli Villaggi stanno creando problemi ai profughi. Abbiamo bisogno di una mano a gestire questa situazione, prima che degeneri. Ci serve qualche Shinobi più diplomatico che vada dove serve e risolva i conflitti. Abbiamo forze di riserva a sud, ma queste tensioni le stanno bloccando. [MISSIONE]
    Aiutare nella Pace
    La situazione tra i profughi e gli abitanti di Kusa non ancora interessati dalla guerra sta raggiungendo tensioni elevate. L'opposizione dei VIllaggi meridionali alla situazione fa sì che molte milizie non vengano lasciate partire
    Tipo:: Diplomazia
    Difficoltà:: C
    Probabilità di Successo:: 60% + 0
    Durata:: 18 ore


    Inoltre, abbiamo un problema. Un gruppo di profughi, circa trecento persone, non è mai giunto a destinazione al Villaggio di Shida. Non sappiamo cosa sia accaduto loro. Il Villaggio è a sud-ovest rispetto a Kusa, ad una decina di chilometri dal confine con Iwa. Nella situazione attuale non è una priorità, ma sono trecento persone... Non riesco ad essere tranquilla.[MISSIONE]
    Il Mistero di Shida
    Trecento profughi non sono mai giunti al Villaggio di Shida. Cosa è accaduto loro?
    Tipo:: Indagine
    Difficoltà:: B
    Probabilità di Successo:: 40% + 0
    Durata:: 24 ore




    Tra le forze Cremisi e Kusa c'erano adesso solo quindici chilometri. L'esercito aveva però arrestato la sua marcia, rinforzando quella posizione in maniera precisa, sotto ordini di comandanti esperti e cauti. I quindici chilometri tra i due eserciti erano la terra di nessuno, la posizione su cui, se Kusa avesse voluto, si sarebbe svolta la battaglia decisione. Una vasta piana d'erba, non bagnata da fiumi importanti, caratterizzata da dolci pendii ricoperti di folta erba e, di tanto in tanto, qualche collina rocciosa. Non si aveva modo di conoscere come l'accampamento fosse disposto. Non c'erano occhi, attualmente, sull'esercito Cremisi che avessero comunicato una qualsiasi novità. Forse scoprire qualcosa di più sarebbe potuto essere utile. [MISSIONE]
    Ricognizione
    Bisogna scoprire come l'esercito Cremisi è posizionato dopo il suo spostamento.
    Tipo:: Indagine
    Difficoltà:: C
    Probabilità di Successo:: 70% + 0
    Durata:: 1 ora



    [Solo per i Nukenin]
    Negli ambienti del mondo "sotterraneo", tra i criminali, la notizia della guerra non sarebbe di certo giunta inosservata. Ad Ame c'era già chi si sfregava le mani, pensando alle armi che avrebbe potuto fornire al mercato nero. Le guerre erano sempre fonte di profitto senza precedenti. Agli Hayate, invece, quel conflitto interessava poco. Avevano forse messo sotto la lente di ingrandimento il Veterano ed il suo Corpo Immortale, ma non vi era traccia del Signore Cremisi in quel momento.
    Gli Hayate, invece, avevano un conto in sospeso con i Cremisi. Durante gli eventi nel Mondo Senza Tempo Incendio di Kurotenpi aveva visto scivolare sotto le proprie dita Yobu e Yamina non ne era stata felice. L'Eclissi di Kurotenpi aveva dato una nuova occasione al suo Ufficiale di redimersi e correva voce che Incendio, assieme Carestia e Siccità, fossero nascosti nei pressi del Villaggio di Shida. Le loro intenzioni non erano però note. Di certo non c'erano stati incendi o catastrofi naturali a Shida. I Kurotenpi volevano distruggere il mondo per gettarlo nel caos, ciò che loro consideravano l'ordine assoluto. Una guerra poteva, in teoria, solo giovare alle loro ambizioni.


    Splendido disse Reigen, camminando nella stanza circolare. Era buia, illuminata solo da una luce azzurra che proveniva da un cristallo sospeso a mezz'aria su un pilastro al centro della stanza. Un mugolio sofferente interruppe il flusso di pensieri del Re delle Armature che si voltò, fissando il suo ospite. Era legato mani e piedi a due assi incrociate perpendicolarmente tra di loro. Uno stretto bavaglio nero con un Kanji bianco impresso sopra gli impediva di parlare. Aveva vesti lacere, il viso pesto e, ben riconoscibile, il coprifronte di Kusa sulla fronte. Non avrei mai immaginato di trovare uno dei rarissimi cultisti di Jashin. Splendido davvero. Si avvicinò al cristallo, sfiorandolo con la punta delle dita. La tua incapacità di morire mi è immensamente utile Reigen prese il cristallo tra le dita, che era carico di potere. Rimettetelo in sesto. Ordinò e delle ombre, servili, risposero al suo comando: Ombre di metallo dai passi pesanti.


    ORE 12.30



    [Note]Esplorate Kusa, fate domande, o esplorate l'ambiente circostante. Non aspettatevi giri interi per questo atto, andiamo più di botta e risposta. Non dovete necessariamente consumare tutta l'ora che vi ho fornito, potete usarne parte, aspettare la mia rispsota rapida e riprendere da lì. L'importante è mantenere una coerenza temporale con gli eventi e far sì che interagiscano PG nello stesso punto del tempo. Chi è indietro temporalmente può semplicemente aspettare






  3. .

    Gli Abiti della Nebbia


    IV


    Come scusa?

    Quelle due parole proruppero dalle mie labbra non appena Etsuko ebbe terminato di parlare. E lo fecero con un gelo che non era solo palpabile, ma reale. Involontariamente, irritata ed infastidita, avevo abbassato la temperatura nella stanza [Tecnica Speciale - Dominio Gelido]. Non me resi conto, per davvero. Non avrei mai osato coprire la scrivania, il pavimento, le finestre di uno strato di ghiaccio. Ma l'emozione che Etsuko mi aveva suscitato dentro era rabbiosa, paradossalmente, come un fuoco che, ardendo furioso, aveva tolto il freno inibitorio dovuto al rispetto per un Ninja più anziano ed esperto di me.
    Vedi di parlare solo di cose che conosci, Etsuko-san sottolineai la parola con una punta di disprezzo, mossi un passo verso di lui senza paura di affrontarlo direttamente. E non dirmi mai più come devo sentirmi. Non sono affari tuoi. Avrei voluto dire molte altre cose. Che io ero lì proprio per distaccarmi dalla figura di mio padre, non per rinnegare un legame che non potevo spezzare. Sarei sempre stata la figlia di Itai Nara, anche se avevo il cognome di mia madre, anche se non desideravo essere privilegiata solo in quanto sua figlia. Ma lo ero. E proprio perché lo ero, dovevo uscire dalla sua ombra. Mi resi conto di quanto avevo fatto solo quando ebbi pronunciato quelle parole. Ricacciai dentro di me quel gelido chakra, lasciando che l'umidità congelata che aveva ricoperto le superfici sublimasse. Allora il Mizukage prese parola e, a dispetto di qualsiasi mia previsione si era avvicinato a me, poggiandomi una mano sulla spalla, parlandomi francamente del perché mi avesse scelta. Aveva visto qualcosa in me. Un dono. Una forza che non sapevo nemmeno di possedere. Se ci fosse stato lì mio padre, sarebbe stato d'accordo con Kensei probabilmente ed anche lui, per anni, aveva cercato di tenere sotto controllo quel qualcosa dentro di me, insegnandomi a gestire quel dono. Abbassi allora lo sguardo, senza sapere bene cosa dire sulle prime, per poi pronunciare, a bassa voce, quando ancora il Mizukage era vicino a me le uniche parole che avesse senso dire da parte di una Kunoichi che era stata onorata dall'attenzione del Kage e che sarebbe divenuta sua allieva. Ne sono onorata, Mizukage-sama. E con quelle parole accettai il mio destino, sugellai il mio ruolo.
    Tornai al mio posto, senza degnare Etsuko del benché minimo sguardo. Ero ancora contrariata con lui per diverse ragioni, e, se avesse voluto, avrei potuto elencargliele tutte con meticolosa precisione e dovizia di particolari. Ma, in quel momento, avevo di meglio da fare. Compii il secondo tributo i sangue ed a me si rivelò la divisa dorata dei Consiglieri. Uniformità. Qualcosa di nuovo. Kensei stava costruendo qualcosa di diverso a Kiri, qualcosa di molto diverso dal passato. Accarezzai il tessuto con le dita per un breve istante, pensando a ciò che quelle divise implicavano. Uniformità, certo. E dunque, tramite essa.. cosa? Controllo? Plasmare le menti per cercare uno scopo condiviso? Creare... unità. Unità, forse, era il termine più corretto.
    Ancora non parlai. Rimasi al mio posto quando tutti gli altri lasciarono la stanza ed io rimasi sola con il Mizukage e proprio Etsuko. Fissavo davanti a me, ignorando l'Akuma, ed avrei continuato a farlo finché la situazione non avesse richiesto un'interazione. No, Etsuko non si era decisamente guadagnato la mia simpatia.
  4. .

    Il ritorno del Nono


    III - Comprendere

    Una voce, un gutturale ruggito, una rabbia sconfinata mi attraversò la mente. La provai, ma non si impossessò di me, poiché non era la mia rabbia, bensì, quella di Chomei. In così tanti anni di convivenza mi ero abituato a quella sensazione strana, difficilmente spiegabile: il provare un'emozione, priva della risonanza emotiva che essa causava, essere consci di qualcosa che non poteva essere spiegato, ma solo provato. Ogni volta che succedeva, non spesso, mi faceva rabbrividire e la pausa che seguì le ultime parole di Kensei, parole che, ovviamente, mi ero aspettato sin dal principio, servirono più a me per riprendermi da ciò che Chomei aveva appena provato. Poi la sua voce rimbombò nella mia testa.
    Fammi parlare con lui fu la richesta del sette code. Non ero sicuro che fosse una buona idea, era da molto tempo che non sentivo Chomei così arrabbiato. Probabilmente erano anni, sin da quando il Bijuu non si era liberato della sua falsa forma di terra.

    Sei sicuro? domandai incerto al Bijuu, ma sentii le sue ali fremere nella mia mente con un gesto di impazienza. Era chiaro che il Bijuu non avrebbe desistito su quel punto ed io, sinceramente, non me la sentivo di impedirgli di scambiare quattro chiacchiere con il Mizukage. Dunque, questa volta con la mia voce fisica, parlai a Kensei. Il Sette Code vuole parlarti, Kensei. Non ho idea di cosa voglia dirti. A quelle parole chiusi gli occhi e quando gli riaprii le mie iridi erano divenute due punti luminosi in un mare nero. Il vento prese a soffiare, dalla mia persona [Note]Solo un innocente effetto scenico, segno dello scontento acuto del Bijuu.

    Chomei parlò attraverso il mio corpo, la sua voce che si univa alla mia in una diplofonia quasi mostruosa.Stammi a sentire, lattina Se Kensei avesse potuto vedermi nel mondo interiore, avrebbe colto entrambe le mie mani scontrarsi poco delicatamente con il mio viso in un gesto rassegnato. Io non appartengo a nessuno. Non ad Itai. Non a Kiri. Io sono il Sette Code, e sono LIBERO l'ultima parola fu quasi urlata ed una folata di vento più forte nacque dal mio corpo controllato dal Bijuu. Ho scelto di restare legato ad Itai come ringraziamento per avermi ridato la mia vera forma, perché ho deciso di fidarmi di lui. Hanno già provato a separarci, ci hanno infettato per indebolire questo legame e sono ancora qui allora il Bijuu fece un sorriso furioso, che distorse i miei lineamenti apatici. Questa è la mia promessa per te, Decimo Mizukage. Tocca Itai e prova a separarmi da lui, ed ucciderò qualsiasi altro povero disgraziato in cui penserete di sigillarmi. Mi libererò, raderò al suolo questo mucchio di pietre e nebbia e...

    BASTA! quell'urlo secco con la mia voce bloccò quel violento soliloquio da parte del Bijuu, il quale si ritrasse, soddisfatto, ridendomi nelle orecchie. Perdonami Kensei, non pensavo arrivasse a dire questo. Sospirai, quasi spossato dall'esperienza appena passata. Ma puoi vedere come la pensa Chomei. No, Chomei non può essere trattato come un'arma, o merce di scambio. Per me, lui, è molto più di questo, molto di più del potere che mi dona dopo quelle parole però decisi di sistemare quella situazione che si era creata. Ma per farlo, avevo bisogno che Kensei capisse perché avevo detto quelle parole che lo avevano ferito. Quindici anni, Kensei. Quindici anni che sono un Jinchuuriki. Quindici anni che la mia vita è misurata dal valore della Demone che porto dentro. Solo un altro Jinchuuriki può capire cosa significa essere un Jinchuuriki. Io sapevo di essere un problema nel momento stesso in cui ho deciso di tornare a Kiri, ma sono tornato lo stesso, nonostante tutto il dolore. Sai perché, Mizukage? allargai le braccia, in un gesto di totale apertura. Questa è casa mia. Qui ho tutto, Kensei, qui c'è tutto ciò che mi resta. Lo guardai negli occhi, con intensità, certo che il significato di quelle parole arrivasse persino a lui. Mi riferivo a Jukyu, ovviamente. Noi due siamo persone così diverse che, probabilmente, ci ritroveremo in disaccordo assai spesso. Ma io voglio il bene di questo Villaggio. Voglio tornare, Kensei, voglio proteggere Kiri, difenderla dai veri nemici - calcai quelle parole - che vogliono distruggere questa patria, voglio addestrare nuovi Shinobi affinché ciò che ho imparato nella mia vita venga tramandato. E quando arriverà il tempo, trovare un Jinchuuriki che possa guadagnare la fiducia di Chomei, affinché possa liberamente scegliere di continuare ad essere legato a questo Villaggio. Mentre parlavo, sentivo parte dell'antico fervore tornare ad ardermi dentro. Lo stesso che era stato spento, sopito per così tanto tempo. Rivedere Jukyu, tornare a Kiri, erano esperienze forti ma mi stavano scuotendo. Mi chiedi che voci ho sentito. Prima di tornare a Kiri, sono andato a Konoha, poiché lì avevo lasciato mia figlia Jukyu, dalle cura di mia sorella, non sapendo che fosse già tornata a Kiri. Lì ho incontrato Raizen Ikigami, che mi ha raccontato la sua versione di ciò che è successo durante il tuo insediamento. Ed ora, ho sentito la tua, ma... non sono un giudice. Conosco l'Hokage, i suoi pregi ed i suoi difetti, non fatico a credere che possa aver detto cose che lui ritiene innocenti, ma che siano risultate offensive. Non è ciò che è successo in quell'occasione ad avermi preoccupato, Kensei, ma sono state le parole Nebbia di Sangue feci un passo verso il Mizukage, riducendo la distanza tra noi due a circa mezzo metro. Lui era alto, ben più alto di me, così fui costretto a guardarlo dal basso verso l'alto. Yogan allungò però il muso, posandolo contro il mio fianco, sbuffando aria calda dalle narici. Un concetto vetusto, doloroso, nato ai tempi del Terzo Mizukage che non era che una marionetta nelle mani di un folle, tralaltro, originario di Konoha. Voglio capire Kensei, voglio capire cosa Kiri è diventata, non lo vedi? Non ti accuso di nulla, non insinuo nulla, io voglio capire, perché in quanto Jinchuuriki qualsiasi cosa farò avrà un peso dieci volte superiore a quello di qualsiasi altro Shinobi. Ora compendi il perché, Kensei, io so di essere un problema? Perché lo sono sempre stato, per chiunque, anche per me stesso. Perché è la natura stessa di ciò che sono ad obbligarmi all'obbedienza assoluta o a diventare... un problema Sapevo che Kensei avrebbe voluto rispondere a quel punto, ma in realtà, per quelle risposto avrebbe dovuto attendere. Chissà, forse persino un'altra occasione. Io rimarrò a Kiri, Kensei, se Kiri vorrà accettarmi ancora. Ma tu mi concedi di lasciare il Villaggio in pace... A patto di tradire un compagno, vero? Magnanimo... quell'ultima parola, già usata a lui fu pronunciata con un tono di triste e rassegnata ironia. Oppure di rimanere... stavo ponderando quella scelta, in quel momento, e si vedeva. Avevo socchiuso gli occhi, quasi immaginando i possibili scenari.

    NLa3f7Qt3L



    "Il tortuoso sentiero che conduce alla pace è sempre meritevole, indipendentemente dal numero di svolte che comporta." citai quelle parole ad occhi chiusi, riaprendoli subito dopo. Era un precetto dei Ryuukishi. Non importava quanto fosse difficile la trada che conduceva alla pace, quante sofferenze, quante svolte, quante difficoltà ed ostacoli ponesse davanti, andava sempre precorso. Sempre. Anche a costo di sopportare, soffrire, ingoiare il proprio orgoglio. Se Kiri stava cadendo nell'oscurità di Kensei, io sarei tornato a controbilanciare, seppur senza insidiarne il potere. Kensei, esiste un modo, per convivere entrambi in questa situazione il pensiero, mai formulato fino a quel momento, si fece strada nella mia mente. Proponimi ai quattro Kage come Sannin di Kiri. Potrai contare su di me per difendere questo Villaggio. E se ci troveremo in disaccordo, non minerò la tua autorità, ti parlerò, come tu ti aspetti che io, Itai Nara, possa parlarti. Potrai trovare in me consigli, se li vorrai, una spada ed un difensore di questo Villaggio.Non era la volontà di avere quel grado a muovermi, poiché, a conti fatti, non sarei stato altro che un Jonin glorificato. Ma un Sannin aveva maggiore libertà di manovra, specie sul piano militare. Era uno Shinobi solitario fuori dalle rigide gerarchie di Villaggio e ne rappresentava uno dei massimi campioni. Non sarei stato una delle Mani del Mizukage. Non un'ombra. Sarei stato qualcosa di diverso. Il vento che avrebbe spazzato via i veri nemici di quel Villaggio. Non si sarebbe potuto controllare del tutto il Vento, sarebbe stato capriccioso, volatile ma, nel Mare un potente alleato. Oppure... se mi chiedi di lasciare Chomei... questa cosa non finirà in maniera pacifica. Ma non desidero ciò Kensei, nemmeno con grammo della mia anima. Ma non potrò tradire il Sette Code. Non può essere tradito ancora dissi, con lo sguardo perso nei ricordi. Non avrei sostituito il peccato di Mikoto con quello di Itai.
  5. .

    L'Erba tinta di sangue


    II

    [SITUAZIONE A SUD DI KUSA]
    Kusa era un paese devastato. Venendo da sud, forse, si sarebbe potuta scorgere inizialmente una parvenza di normalità, ma man mano che ci dirigeva verso il Villaggio le cose cambiavano. Lì, la guerra, non era arrivata e per questo motivo i civili che erano fuggiti al conflitto si erano diretti lì, lontani dalle linee nemici, riempiendo un territorio che non conosceva quella presenza umana da tempo. Per questo motivo grossi accampamenti improvvisati e disordinati sorgevano a poca distanza dalle città e dai villaggi, dove profughi si andavano accalcando, poveri e miserabili, privati di tutto. E ciò, non stava ispirando buoni sentimenti nella popolazione locale. Quando tutto andava male, per alcuni individui, il senso di comunità andava perso e la società si riduceva a loro stessi ed, al massimo, alla loro famiglia. Dei poveri disgraziati che fuggivano da una guerra, loro stessi compatrioti sfrattati dalla furia sanguinaria dei Cremisi, relegati ai margini della società e trattati come i peggiori pezzenti e ladri. Uno spettacolo orribile che si aggravava man mano che si andava verso nord, verso il fronte, dove la situazione si faceva sempre più grave.

    [SITUAZIONE A KUSA]
    Kusagakure no Sato era il fulcro della resistenza delle truppe dell'Erba. Tutto il centro di comando si era ritirato lì, così come metà delle truppe, mentre l'altra metà era al fronte. Il Villaggio era stato evacuato da gran parte della popolazione civile, che era stata fatta incolonnare in direzione sud, andando ad alimentare tutto quel grande flusso di persone che riempivano i campi profughi della parte meridionale del paese.
    Il Villaggio, dunque, era deserto. Solo qualche civile ostinato, per lo più qualche anziano, rimaneva in qualche piccola casetta e ben poca gente passeggiava per le strade e per lo più, si trattava di personale direttamente o meno correlate allo sforzo bellico che si stava portando avanti.

    [LE FORZE ACCADEMICHE]
    I Kage avevano deciso di muoversi. E quando i Kage si muovevano, i Villaggi seguivano. Molteplici ninja avevano risposto alla chiamata dei quattro, sebbene il Kazekage avesse deciso di non farsi coinvolgere direttamente nel conflitto. La macchina bellica dell'Accademia si rimise in funzione dopo anni in cui era stata tenuta sopita ed un numero incredibilmente elevato di Shinobi confluì a Kusa.
    [REGOLA SPECIALE 1 - LE FORZE IN GIOCO]
    Png
    Ogni Villaggio potrà contare su un contingente di ninja dipendente dai partecipanti della news. Ogni personaggio da diritto a 1 PNG un grado ed un'energia in meno per grado posseduto, controllabili dal pg stesso e considerati suoi sottoposti ai fini della News. Le schede non possono contenere materiale personale, dovranno essere create, rese pubbliche e postate. Non saranno modificabili, fatta eccezione di specifica concessione del QM. Non ottengono i bonus "Gregari" e non contano per il calcolo delle "Milizie"

    Gregari
    Ogni personaggio ha diritto, per la sola durata della quest, ad una competenza Gregari per ogni grado posseduto. Non dovrà inserirla in scheda. I Gregari saranno sotto sui diretto (ed esclusivo) comando.

    Milizie
    Ogni Villaggio ha a disposizione un numero di Miliziani sotto il comando diretto del Kage o di un personaggio da esso designato, che può distribuirli come vuole sotto il comando dei personaggi in gioco. Ogni Villaggio ha a disposizione un numero di Miliziani pari a 50 per ogni grado ninja posseduto da ogni partecipante. Ogni personaggio con la specializzazione Stratega ottiene un bonus di 25. Ogni Kage ottiene un bonus di 100 Miliziani. Ogni Consigliere ottiene un bonus di 50 Miliziani. Le Milizie non sono Gregari e potranno essere utilizzati solo ed esclusivamente in determinate situazione chiaramente esplicitate dal QM:


    Ogni esercito Accademico avrebbe dovuto stabilire un campo base dove sistemare i suoi Shinobi, e la sua localizzazione sarebbe dipesa dalle scelte di chi comandava ogni esercito Accademico. [REGOLA SPECIALE 2 - STRUTTURE DI GUERRA]
    Campo Base
    Ogni Villaggio ha a disposizione un Campo Base dove staziona il suo esercito. Il Campo Base consente, a chi vi riposa, di recuperare Chakra e Vitalità a velocità raddoppiata.

    Ospedale Militare
    Il Campo Base è dotato di un Ospedale Militare, purché almeno uno dei personaggi del Villaggio (non PNG) abbia l'abilità "Conoscenze Mediche (Base)". Il Campo Militare aumenta di un grado le abilità "Conoscenze Mediche" di chi la possiede (compresi PNG). Consente di operare e risolvere Condizioni Fisiche Gravi, se persistono i giusti presupposti, in 12 ore. Ogni personaggio con Specializzazione "Medico" consente di ridurre i tempi necessari a qualsiasi cura di un quarto.

    Armeria
    Il Campo Base è dorato di un'Armeria. Ogni Villaggio ottiene un numero di crediti pari alle Rendite Settimanali del Macro GdR moltiplicate per 100. L'equipaggiamento così ottenuto è considerato equipaggiamento di scorta e depositato, nelle modalità descritte, utilizzabile come scorta.


    [A KUSAGAKURE, CENTRO DI COMANDO]
    Zassou era in piedi, dinanzi ad un tavolo, al centro della stanza. Sul tavolo, ben distesa, una grande mappa che mostrava, nel dettaglio, la morfologia di Kusa. Montagne, fiumi, valli. E su di essa, molteplici segnalini mostravano le posizioni delle varie compagnie su quella scacchiera. Molteplici bandierine color sangue vivo erano ammassate lungo il fronte, verso la parte meridionale dello stesso, pronte e colpire il Villaggio, mentre molte meno erano lungo il confine orientale del fronte stesso, a sorvegliare quella striscia di terra tra Konoha e Kusa. Tuttavia, nel punto in cui il fronte svoltava, andando verso nord, erano ammassate tre compagnie di nemici, stando a quella mappa. La sua attenzione fu interrotta all'improvviso dall'arrivo di un messo, che sembrava aver corso parecchio quella mattina.
    Notizie? Zassou, il Capo Villaggio di Kusagakure, non poté nascondere una nota di speranza nella voce. Il Messo annuì. L'Accademia... L'Accademia sta arrivando. E Zassou si sedette su uno sgabello lì vicino, portandosi una mano al viso, sentendo, finalmente, un minimo di speranza. Poi, giunse un nuovo messo, anch'esso stanco e con il viso scuro di oscuri presagi. La speranza parve restringersi e ritrarsi nel cuore del Capo. Hanno avvistato il Re delle Armature disse l'uomo, avvicinandosi al tavolo per prendere la pedina corrispondente a quel temibile vicino. Si è spostato... verso nord. E spostò la pedina al di là del fronte nemico. Esattamente l'opposto rispetto la strada che avrebbe dovuto fare per giungere a Kusa (LINK ALLA MAPPA). E questo che diavolo vuol dire adesso...


    [NOTE - LEGGERE CON ATTENZIONE]Data la vastità della cosa, non posso descrivere in anticipo ogni luogo.
    Per cui, procediamo per ordine.
    Fenix, Hohenheim, Tezzu e Gene: dovranno descrivere, in quanto Kage/Ninja messi a capo della spedizione dove viene posizionato il campo base indicandolo sulla mappa. Lo scenario sarà uguale per tutti: campo aperto e pianeggiante. Può esserci un fiume vicino se lo posizionate vicino ad essi. Inoltre dovranno indicare:
    - Quali strutture il campo base ha, tra quelle indicate nell'abilità e quali sono i bonus in base ai partecipanti
    - L'equipaggiamento nell'Armeria
    - Quanti Miliziani ha

    Gli altri personaggi dovranno interagire con i loro Kage in questa prima fase, se necessario. Qualora qualcuno voglia recarsi in un luogo particolare, come Kusa, descriva che ci va ed io descriverò le interazioni con il luogo. Non serve fare post lunghi o complicati se c'è poco da fare.



  6. .

    Il Ritorno del Nono


    II - Il Problema


    Sapevo di aver cercato un'entrata teatrale. Di aver scosso il Villaggio ed aver mandato chiaro il messaggio che ero tornato. Però, avevo alcuni motivi, ed il primo dei quali, il principale, era far sì che il confronto con Kensei avvenisse lì, dinanzi agli occhi di tutti. Non sapevo come sarebbe andato e, sebbene le mie intenzioni fossero pacifiche, la realtà dei fatti era che io ero un pericolo per il suo potere. Non importava che io non avessi intenzione di insidiarlo, per creare un attrito sarebbe bastata solo che lui credesse ciò. Inoltre, rimanevo il Jinchuuriki nel Sette Code e, con ogni probabilità, avrebbe voluto avermi sotto il suo controllo.
    Kensei atterrò, pesante, da un grosso pipistrello che poi si divise in una moltitudine. Yogan seguì con lo sguardo quelle creature, senza dir nulla, finendo per ignorarle subito dopo e concentrarsi sul Kage appena arrivato. Altri Shinobi si fecero avanti. Alcuni che non conoscevo, altri sì. Etsuko era tra questi ultimi, ma non parlai subito. C'erano delle etichette da rispettare, dopotutto.
    Mizukage-sama dissi con tono di voce neutro, chinando il busto senza distogliere lo sguardo all'elmo di Kensei. Sapevo bene cosa c'era lì sotto. Un volto sfigurato dalle fiamme, un concentrato di puro odio. La mia perfetta antitesi. Averlo sotto il mio controllo in quanto Kage mi aveva consentito di sfruttarlo, ma io... cosa avrei potuto fare per lui? Ho molto da raccontare. Ma ti basti sapere questo ancora puntai gli occhi sulla fessura dell'elmo. Sono stato attaccato, mi sono difeso, ho difeso il Sette Code e ne sono uscito vivo. Tuttavia in me ho covato qualcosa... una malattia del chakra, un virus creato per cercare di indebolire il mio legame col Nanabi. Su quel versante si è rivelato inutile, ma ha infettato due dei miei tre figli, uccidendoli non dissi nulla riguardo ad Ayame. La morte di due bambini era una tragedia, il suicidio di una donna, per quanto tragico, avrebbe potuto gettare ombre sulla sua persona. Non volevo difendere Ayame dal suo gesto, non in quel momento: ero lì in pace e per quello avrei potuto gettare quella pace al vento rapidamente. Quelle parole raggiunsero la folla. Un mormorio si alzò, si sentì qualche "oh no" sommesso. Ciò che era successo a Natsuhiko e Nana era orribile, così orribile che nessuno dotato anche del minimo straccio di empatia non avrebbe provato orrore e disgusto dinanzi quel racconto. La cosa mi ha devastato Kensei. Mi ha ridotto a meno di un uomo e non ne sono ancora guarito... Ma ho ritrovato la forza di tornare a Kiri. Ed ora, sono qui.
    A quel punto giunsero le parole di Etsuko, e Yogan si voltò appena a guardarlo con i suoi enormi occhi scarlatti. Si sentì chiaramente l'aria essere inspirata, forse la dragonessa stava cercando di ricordare il suo odore e dunque, associarlo ad un amico o ad un nemico.
    Non mi ricordo di te disse Yogan, poi si avvicinò Sekiro e la dragonessa ringhiò, quasi avesse istintivamente riconosciuto qualcosa di sbagliato, ma parve acquietarsi subito dopo. Scortare chi? Al massimo puoi reggere le spade di questi due

    Yogan, smettila ti prego. Etsuko... feci un cenno col capo, molto breve. Non ero in vena di saluti e si vedeva. Dunque la mia attenzione si rivolse al Genin della Nebbia. Ignora Yogan, sa essere pungente e poco delicata. Ma devo parlare con il Mizukage. Ed era scontato che, nel complesso, intendessi farlo lì, proprio in quel luogo.
    NLa3f7Qt3IKensei, non prendiamoci in giro. Mi conosci troppo bene. Il mio sguardo si fece determinato e fermo, fissai il Mizukage con intensità, puntando i miei occhi verdi su di lui. Mi sono giunte voci di come le cose sono cambiate qui a Kiri. E sai che non posso accettarlo. Ma con una mano avrei interrotto qualsiasi tentativo di interrompermi. Non sono qui per reclamare un posto che ho abbandonato, e che non ho le forze per ricoprire come un tempo. Tuttavia.. io so di essere un problema per te Kensei allungai una mano per puntare un dito verso di lui. Sai, questa situazione che si è creata è davvero... un grosso guaio. I Kage scelgono i loro successori, o muoiono prima di poterlo fare. Scegliendo i loro successori, si assicurano uno Shinobi in grado di portare avanti una visione condivisa. Ma io non ti ho scelto e francamente, Kensei, non lo avrei mai fatto. Eri la mia Mano Sinistra e avrei affidato a te la mia vita, ma c'è troppa... oscurità in te. Feci un sospiro abbassando il dito. Ma ora tutto questo che importanza ha? Rimane solo una realtà, Kensei. Tu vorrai controllarmi. Controllare il Sette Code, e me, con tutto il mio potere feci una pausa, lasciando che la situazione potesse impregnare le menti di tutti i presenti. E tu non sai se potresti farlo. O vorresti tentare?Non era una minaccia. Non ero davvero lì per lottare, ma se lui avesse voluto imbarcarsi in uno scontro, non avrei potuto far altro che difendermi. Difendermi. Quello stavo dichiarando: che avrei difeso la mia libertà. Sicuramente Kensei era diventato un potente Shinobi, probabilmente eravamo pari in termini di potenza, anzi, ne ero più che certo. Il che introduceva una grave incertezza nell'equazione: uno scontro sarebbe potuto finire in qualsiasi modo, ma lui aveva molto più da perdere di me. Ero un uomo che aveva perduto tutto, del resto. Lui, invece, era all'apice del comando, il punto da cui la caduta era più dolorosa. Lo sapevo fin troppo bene.Dunque, Kensei, hai uno Shinobi che non puoi controllare come tutti gli altri del Villaggio, che non crede nella tua visione nella misura in cui l'ha compresa dalle voci, e questo Shinobi è anche il precedente Mizukage. Come possiamo risolvere questa situazione?Kensei mi conosceva benissimo. Sapeva che molti dei suoi progetti non avrebbero trovato in me solo un'opposizione, ma una vera e propria forza distruttrice. Non sapevo l'estensione della differenza di vedute che ci separavano poiché, se l'avessi saputo, se avessi saputo cosa stava progettando con il Mikawa allora, probabilmente, non sarei stato così pacifico come lo ero in quel momento. Avevo l'impressione, più che netta, che il mio futuro non sarebbe stato lì a Kiri.

  7. .

    Il ritorno del Nono


    I - Un ruggito nei cieli della Nebbia

    L'autunno aveva ormai preso piede da tempo, nel mondo, e la pioggia sferzava i cieli di Kurohai, abbattendosi sul villaggio, gonfiando il mare e perdendo, come sempre, la lotta contro il calore del Monte Gekido che però sarebbe stato per un po' decisamente poco vivibile per gli umani, con l'umidità che rendeva il caldo torrido ancora più pericoloso. Ma non ero diretto al Monte, bensì nel lato florido dell'isola, ad un casolare di piccole dimensioni isolato dal Villaggio ai margini della vegetazione. Una casetta semplice, su due piani ma di piccole dimensioni, dall'aria trascurata. Il suolo scuro di Kurohai lì era puntellato di verde incolto che non curato stava ricoprendo alcuni oggetti lasciati nel giardino. Un manichino da allenamento, usato da Jukyu, era ribaltato di lato, quasi marcito. Un vecchio tavolino, due sedie.
    C'era un albero, in quel piccolo giardino. Un ginkgo. Era da lì da prima della casa, anzi, era più corretto dire che la casa era lì a causa di quel ginkgo. Quando cercavamo un posto isolato dove costruirci una piccola casetta dove riposare ed un giorno, vivere dopo il ritiro, Ayame si era innamorata di quella distesa di foglie dorate che ricopriva il terreno sottostante. Era un singolo albero, la cui storia non mi era nota, ma che forse era stato piantato lì molto tempo prima. Un singolo albero di ginkgo, su tutta l'isola.
    Sotto quell'albero, coperte dalle foglie colore dell'oro, tre lapidi. Non belle, nemmeno curate. Non vi erano fiori, poiché nessuno le visitava da diversi mesi.



    Yogan si diresse lentamente verso il basso, muta, le scaglie lucide per la pioggia. Le prime due, di Natsu e Nana, erano ordinate, una vicino l'altra. La terza, di Ayame, era più indietro, più vicina all'albero che aveva tanto amato, leggermente più grande delle due. Atterrò ad una certa distanza dalla casa e non appena posai piede per terra, assunse immediatamente la sua forma umana. Il vento le muoveva i capelli rossi e lei fissava dritto davanti a se, con un'espressione dura.
    Sono qui? chiese. Il suo tono era carico di emozioni inespresse. I draghi non condividevano l'ombra dei sentimenti del loro Ryuukishi ed i Ryuukishi non condividevano l'ombra dei sentimenti dei loro draghi. L'affetto che Yogan aveva provato per la mia famiglia era sempre stato sincero, genuino, nato da lei stessa e per questo quelle perdite la colpivano quasi quanto avevano colpito me.

    affermai con voce neutra, seguendola mentre ci avvicinavamo alle tombe. Ci ero tornato, una sola volta, otto mesi prima ma da allora non era più riuscito a mettervi piede. Yogan si avvicinò a quelle pietre sotto le quali riposavano i resti mortali della mia famiglia, vi posò una mano e chinò il capo, chiudendo gli occhi. Decisi di lasciarla sola, a piangere quelle perdite. Io, non riuscivo ancora a restarvi per troppo tempo. Troppo dolore.
    Ero tornato lì per altre cose, oltre che portare Yogan a dare loro il saluto che avevo negato per troppo tempo. Mi diressi verso la casa. La porta, chiusa a chiave, evidentemente non era stata forzata. L'aprii ed entrai in quel luogo che mi rievocava troppi brutti ricordi. L'aria era stantia, soffocante per il panico che mi causava ripensare alle morti che tra quelle mura avevano avuto luogo. Determinato andai fino in una botola, che aprii, rivelando un seminterrato buio che illuminai accendendo una torcia alla parete.
    Il seminterrato era abbastanza vuoto, qualche cianfrusaglia, qualche vecchio giocattolo di Natsu in un angolo e, sulla parete più lontana rispetto la botola, su una rastrelliera, c'erano due spade. Due Katane.
    La prima era Garyuuka. La seconda, Nishikigoi.
    Le presi, sistemandole entrambe sul mio fianco sinistro, dunque mi voltai ed uscii. Quella era la tappa obbligata. Riprendere ciò che mi apparteneva, e ciò che apparteneva a Kiri. Dopotutto, Itai Nara non era un ladro.



    Sorvolai il Villaggio della Nebbia a quasi cinque chilometri di altitudine. A quella distanza chiunque avesse visto verso l'alto non avrebbe notato altro che, beh... nebbia, figurarsi Yogan. Inoltre, era sera. La dragonessa procedeva in circolo, senza fretta e non sembrava essere molto contenta.
    Itai questa è una stronzata mi disse senza mezzi termini, com'era suo solito. Io rimasi sordo a quella esortazione, poiché avevo deciso cosa fare e ciò che dovevo fare avrebbe richiesto un'azione preparatoria.

    Yogan, per la ventesima volta, andrà tutto bene dissi. Ero forse l'unico Ninja di Kiri che sapeva volare e non stavo andando in nessun luogo pericoloso. La realtà era semplice. L'unica cosa che dovevo fare prima di tornare a Kiri e confrontarmi con il Villaggio era parlare con Jukyu. Lei non voleva parlarmi, probabilmente, ma avevo deciso di non rispettare quella distanza che stava cercando di imporre. Non potevo non vederla faccia a faccia, capire cos'era diventata e lei aveva bisogno di confrontarsi con me, con quel dolore che rappresentavo, altrimenti avrebbe continuato a costruire una narrazione distorta di ciò che mi era successo. Io vado. Tu non scendere per nulla al mondo, intesi? Ci rivediamo dove abbiamo detto.
    Mi lasciai andare, cadendo verso il basso, Strinsi le mani ai fianchi, scendendo in picchiata ad una velocità sempre più folle, finché non richiamai a me il potere di Chomei. [Tecnica]
    Arrestai la caduta, frenando fino a raggiungere una velocità che potevo controllare. Il Villaggio era a circa un chilometro dal punto della verticale della mia traiettoria e la corressi per dirigermi verso una piccola altura a strapiombo della costa, da cui si poteva ammirare, nelle giornate più chiare, il Villaggio. Feci sparire il Chakra di Chomei e trovai una pietra sui cui sedermi. Ed attesi.
    Certo che hai un bel coraggio a tornare.


    [Quella mattina]
    Un messaggio era giunto a casa di Jukyu Shinretsu. Farlo arrivare non era stato difficile. Far arrivare messaggi dal porto al Villaggio era semplice e con una buona Henge mi ero finto un marinaio che voleva mandare un messaggio a casa. Jukyu si era ritrovato una busta chiusa, non firmata, che conteneva un unico foglio con poche parole che chiunque altro avesse letto non avrebbe potuto interpretare. Un messaggio che chiedeva soltanto di vederci dove Jukyu, con la famiglia, aveva passato una giornata fuori in serenità, in uno dei rari momenti di stacco che mi concedevo quando ero Kage. Si trattava di un messaggio interpretabile solo attraverso la conosceva di un ricordo condiviso da solo noi due. Certo, avrebbe potuto tradirmi ed indirizzare lì qualcun altro, magari Kensei stesso... ma dubitavo lo avrebbe fatto. Jukyu per natura era ostinata e curiosa e per quanto forse si sforzava a crederlo, esisteva un legame con me che le avrebbe resto difficile tradirmi a sangue freddo. Lei era troppo passionale, troppo arrabbiata per non cogliere al balzo l'occasione di sfogarsi in privato.


    Certo che hai un bel coraggio a tornare disse Jukyu, alle mie spalle. La sua voce era un misto di tremante emozione, rabbia e molte altre emozioni mischiate assieme che le impedivano di tenere un tono di voce fermo. Mi alzai e mi voltai, guardando mia figlia al chiarore della luna per la prima volta dopo anni. Era cresciuta. Non era più una bambina piccola ed arrabbiata. Era diventata più alta, il suo viso aveva perso quasi del tutto i tratti infantili. Riconoscevo sul suo viso i miei tratti in maniera disarmante, ma c'era anche tanto di Ayame in lei. Ma gli occhi, grandi occhi verdi, li aveva presi da me.Beh? Che vuoi? Perché questo incontro segreto?

    Ciao Jukyiu fu ciò che riuscii a dire dopo lunghi secondi di silenzio. Vidi il suo sguardo contorcersi in una smorfia di rabbia e sapevo che stava per esplodere. Sospirai, muovendo un unico passo verso di lei. La vidi irrigidirsi, ma non indietreggiò, anzi, con aria di sfida alzò il viso. Sono tornato... ma prima di rendere pubblico il mio ritorno volevo parlarti. Non so se ci sarà un'altra occasione.

    ...E parla allora disse lei, quasi sputandomi quelle parole addosso. Incrociò le braccia al petto in un istintivo segno di chiusura che non tradussi come tale consciamente, ma che, inevitabilmente, mi spinse ad abbassare lo sguardo prima di iniziare.

    Lo so che sei arrabbiata con me iniziai, e fui interrotta da un suo sospiro a metà tra il disprezzo e l'esasperato. Lo so e ti capisco. Ma ormai non sei più una bambina, è giusto che non ti difenda più da ciò che mi è successo. Le diedi le spalle, tornando a sedermi sul masso. Lei ora mi guardava più curiosa, ma sempre distante e diffidente. Dopo la morte della mamma io ero perso. Forse, con lei al suo fianco sarei riuscito ad affrontare la tragedia meglio ma quella era l'ultima mia ancora di salvezza. Io... non potevo prendermi cura di te Jukyu. Ricordi come stavo? Dimenticavo di mangiare, a malapena mi alzavo dal letto. E tu era una bambina che soffriva, soffriva tanto e che non potevo aiutare.

    Così hai pensato bene di scaricarmi da zia Hanako e sparire per quasi due anni, vero? La rabbia in quelle parole era tangibile e mi ferì. No, non l'avevo scaricata. L'avevo affidata a qualcuno che poteva prendersi cura di lei, ma Jukyu era troppo arrabbiata per rendersene conto. Non serviva abbandonarmi papà. Io potevo farcela, avrei voluto restare con te! Ed invece no, mi sono ritrovata senza sorella, sneza fratello, senza madre e SENZA PADRE! Le ultime due parole furono urlate e lei si avvicinò a me, in maniera quasi aggressiva. Cosa vuoi da me ora?

    Jukyu... mormorai il suo nome, rialzandomi avvicinandomi a lei finché non fu a portata del mio braccio. Voglio solo parlarti. Vorrei che tu mi perdonassi, ma so che sei troppo arrabbiata ed amareggiata per prendere in considerazione l'idea. Ma non mi perdonerei mai se non tentassi di farti capire sospirai. Lei era una trentina di centimetri più bassa di me ed io ero costretta a guardarla dal basso verso l'alto. Odiai quella cosa. Mi abbassai per mettere il viso alla stessa altezza del suo. Se fossi rimasta con me, temevo tu avresti sofferto ancora di più. Ero... ero un morto che camminava. Non le dissi del mio recente tentativo di diventare un morto spiaccicato sulla roccia. Non le serviva quell'altro carico da portarsi dietro.

    Cosa credi che la tua assenza mi abbia fatto bene? La vidi stringersi il braccio destro con la mano sinistra. Notai solo in quel momento che era bendato. Non erano bende mediche, erano bende da combattimento e Jukyu, a meno che non avesse modificato il suo stile così radicalmente, non aveva motivo di usare quelle protezioni solo su un braccio. Tutto, nel suo linguaggio corporeo, urlava che stava nascondendo qualcosa sotto quelle bende. Credi che io possa perdonarti? Potevi venire a trovarmi a Konoha! Farmi un cenno, farmi capire che ti importava ancora di me. Invece no, sparito, ti credevo MORTO le sue braccia mi spinsero via, vidi lacrime bagnarle gli occhi, feci un passo indietro, ma mi riavvicinai subito, non disposto a lasciarmi allontanare da quelle manifestazioni di rabbia.

    Lo so. Hai ragione, ma io... non ragionavo bene Jukyu. La mia mente era... è malata sospirai, abbassando lo sguardo. Avevo commesso tanti, troppi errori, ma incolparmene del tutto era errato. Qualcosa si era spezzato dentro di me e quasi tutte le mie azioni dopo quel momento erano state simili ad un sogno. Non ricordavo un granché di quei mesi, non ricordavo nemmeno cosa mi avesse impedito di tornare da lei. Ora sono qui, e farò di tutto per recuperare.

    Troppo tardi papà lei calcò l'ultima parole con disprezzo, velato di altre emozioni.
    Non voglio recuperare nulla con te.

    Quelle parole mi colpirono, ma non giunsero inattese. Quella ferita era già aperta e quel suo atteggiamento non fece altre che farla sanguinare di più, ma non mi avrebbe devastato ancora. Mi avvicinai di un passo ancora e misi una mano dietro la sua testa. Non la bloccai, ma lei rimase ferma, cercando di capire cosa stava per succedere.
    Io rimarrò per sempre tuo padre dissi allora, guardandola negli occhi. Ed anche se mi odierai, anche se farai di tutto per allontanarmi da te, non smetterò mai di amarti. Perché sei mia figlia. E nemmeno tu potrai scappare da questo. Lei non rispose a quelle parole, rimase immobile, senza dire nulla. Mi allontanai da lei avvicinandomi alla scogliera. Il chakra di Chomei tornò ad avvolgermi, azzurrino come prima, privo delle forme bestiali. Sta attenta Jukyu, ti prego. Non interferirò con la tua vita e le tue decisioni... ma ti prego, sta attenta. Mi alzai in volo lentamente e poi, come una scheggia, volai verso l'alto, lasciando mia figlia a guardarmi, confusa, atterrita. La vidi con la coda dell'occhio sedersi sullo stesso maso su cui ero seduto lì io, accucciarvisi e stringere le ginocchia al petto e poggiarvi il viso contro.



    [La mattina dopo]
    Un ruggito, che da tempo non si udiva a Kiri, avrebbe probabilmente fatto voltare più di una persona a guardare il cielo.
    Devo dire che questa idea mi piace disse Yogan, per poi ruggire ancora, spingendosi nei cielo alla massima velocità, circumnavigando tutto il Villaggio. Chiunque, a meno che non fosse in come, avrebbe udito quel ruggito e molti l'avrebbero trovato famigliare. Così come avrebbero trovato famigliare la figura serpentina rossa di Yogan che, fino a due anni prima, era una visione ben nota nel Villaggio.

    Non ho intenzione di lasciare questa cosa nascosta dissi a Yogan, che a quel punto si innalzò in volo quasi in diagonale per alcuni secondi, puntando poi per la grande piazza centrale di Kiri. Abbassò il capo puntando verso quel posto, ruggendo, furiosamente, abbassandosi in picchiata. Non c'era molta gente, faceva freddo, era mattino ma chi vide Yogan abbassarsi corse a lasciare il centro della piazza libero mentre la dragonessa, con un movimento a spirare, scendeva toccando il solo, avvolta in maniera simile ad un grande serpente. Io ero sulla sua testa e saltai giù, Yogan urlò ancora, richiamando lì, nella piazza di Kiri, il Villaggio ed i suoi ninja.
    Il Nono Mizukage era tornato a casa. Forse qualcuno sarebbe corso nello studio di Kensei ad avvisarlo, come se non avesse sentito e visto ciò che era appena successo dalla larga vetrata dell'ufficio del Mizukage. Non indossavo alcuna insegna di ciò che era stato, non ne avevo diritto. I miei vestiti erano ancora logori, consunti dai mesi di viaggio, il mio aspetto non era cambiato rispetto a quando ero andato a Konoha. Ero più vecchio, più di quanto gli anni passati potessero giustificare. Respirai l'umida aria di casa, sentendo emozioni contrastanti dentro di me. Gioia, paura, tristezza, tutte mischiate in un insieme non definibile. Ero a casa. Casa. Non sapevo se sarebbe rimasta ancora tale per molto, ma per il momento quella era casa.

    [Note]Giocata aperta a tutti i Kiriani, ovviamente **!




    Edited by -Max - 1/11/2021, 13:00
  8. .

    Where everything started


    La promessa di un Ryuukishi
    Sapevo che non ci sarebbero stato buone notizie da Kiri. Per una serie di ragioni. La prima, più semplice, era il terrore e senso di colpa dovuti all'abbandono del mio ruolo a causa di quel profondo stato depressivo in cui ancora c'ero. Forse avevo appena superato l'apatia, avevo ricostruito un legame con Yogan e Chomei e ciò mi avrebbe aiutato, ma il macigno del lutto mi gravava ancora addosso, prepotentemente. E ciò mi impediva di essere ottimista, di dire a Kiri è andato tutto bene anche se non c'ero io a prendermene cura, di pensare al fatto che avevo lasciato a Kiri Shinobi capaci, preparati, avrebbero potuto prendersi cura del Villaggio anche in mia assenza. La seconda ragione, più pratica, era legata alle parole che Raizen mi aveva detto in precedenza e che io avevo volutamente ignorato. Qualcosa era cambiato a Kiri, e mia figlia era lì, in quel Villaggio. Per cui sì, sarei dovuto tornare, da solo.
    Raizen mi chiese se per caso intendessi andarci immediatamente, ma a quella domanda feci un cenno di diniego con il capo. Non potevo dirigermi immediatamente a Kiri, c'erano altre cose che avrei dovuto fare prima.
    No, devo riposare, almeno questa notte Raizen. Come hai detto, ho un aspetto orribile e devo... devo riflettere quelle ultime due parole le ripetetti due volte, e la seconda volta in tono pensoso. Kiri aveva un nuovo Kage, e quel Kage era Kensei. Era la scelta più logica, Akira era stato troppo spirito libero, non avrebbe mai accettato un ruolo del genere. Ma il sottinteso era... io che volevo? Dal punto di vista puramente pratico, non avrei potuto semplicemente tornare a Kiri, ringraziare Kensei di avermi tenuto la sedia calda e fare come se nulla fosse accaduto. Sarebbe stato ridicolo, irrispettoso e probabilmente, anzi sicuramente, del tutto illegale ed assimilabile ad un colpo di stato. Poi c'era la questione di ciò che io volevo e tornare ad essere Kage era nel fondo della mia lista dei desideri. Inoltre, devo passare da Kurohai. Ci ho lasciato qualcosa, che devo recuperare. Forse aveva già notato che non avevo armi con me. Non avevo né Garyuuka ne Nishikigoi. Lui raccontò cos'era successo, quanto Kensei avesse cambiato il modo di fare a Kiri e non mi sorpresi minimamente della cosa. Io ero stata l'eccezione alla regola che vedeva Kiri come un posto cupo, ma nemmeno all'apice delle manie di collezionismo di organi di Shiltar si era parlato di nebbia di Sangue. Quell'ideologia, per come la ricordavo, era malata. Il discendente sbiadito di un'ideologia instillata dal terzo Mizukage che era controllato da un Uchiha rinnegato. Ma perché attirava a se così tanti seguaci, nonostante con Kiri non avesse nulla a che fare? Sospirai, passandomi una mano sul viso. Grazie per le informazioni Raizen. Purtroppo non so cosa potrò fare a riguardo, non so cosa voglio fare, in realtà. Ho lasciato Kiri, non merito di avere voce in capitolo a riguardo. Ma lo sai come sono, come la penso sull'Accademia, su tutto. E lo sai le minacce che sono dietro l'angolo. Il ricordo del Veterano mi tornò prepotentemente nella mente. L'esperienza nel Mondo Senza Tempo era stata terrificante, ma soprattutto, ci aveva lasciato in eredità un nemico troppo forte per essere sconfitto in un combattimento convenzionale, a capo di tre nazioni che volevano ridurre tutto in cenere. L'Accademia esisteva per quello e nonostante il ritorno dei Cremisi il meglio che si era fatto, in mia assenza, era stato continuare a litigare. Yogan, scendiamo Avrei detto alla dragonessa la quale prese a scendere in larghe spirali, molto lentamente. Dovrò tornare a Kiri. Da solo. Se fosse venuto anche lui, le cose sarebbero andate peggio. Dovrò parlare con Kensei, capire cosa vuole fare e perché si comporta come si comporta. Non potrò scendere a compromessi su certe questioni ed è probabile che qualcuno voglia tirarmi fuori il demone a forza se dovessero capire che non intendo prestare la mia forza a scopi che non sono in linea con la mia ideologia su quello, Raizen, poteva star tranquillo. Conosceva benissimo la mia ideologia votata alla ricerca della pace, delle soluzioni diplomatiche prima del conflitto armato, che era l'ultima spiaggia da percorrere. Se dovessi rimanere a Kiri... farò in modo che questi problemi vengano appianati. Ma se dovessi sentire puzza di bruciato, se Kensei sta portando il Villaggio in una direzione che non mi piace... lasciai in sospeso. A quello serviva la riflessione. A capire cosa fare, se quella eventualità si fosse verificata. Combattere? Volevo evitarlo. Non volevo combattere Kensei per un ruolo che non volevo ricoprire. Farlo per il bene di Kiri? Per Jukyu? Per quello avrei potuto farlo, ma Jukyu aveva deciso di camminare sulle sue gambe ed io, da padre, non avrei potuto farle scudo per sempre dalle conseguenze delle sue decisioni. Kiri non sarebbe affondata, non di certo, sarebbe semplicemente diventata un posto dove forse non avrei voluto vivere con un capo per cui forse non avrei voluto combattere. Tutto qui. Non dovevo salvare nulla. Almeno, quella forse era la mia prima impressione, ristretta. Yogan planò fino a poggiarsi al suolo e vi scesi con un balzo.
    La dragonessa, a quel punto, assunse nuovamente una forma umana, tornando ad essere la giovane donna dai capelli rossi che non vedevo da tempo. Si stiracchiò i muscoli, come dopo un lungo sforzo. Ovviamente, aveva seguito tutto il discorso e lei, più di tutti, poteva comprendere le mie intenzioni, ed i miei conflitti.
    Ho una brutta sensazione Itai mi disse Yogan, accigliandosi appena. Tu non sei solo un ninja. Sei l'ex Mizukage, e sei anche il Jinchuuriki del Sette code. Sei una mina vagante che qualunque capo sano di mente deve mettere sotto il suo controllo, se non fosse che non possono controllarti perché li prenderesti a calci nel sedere.
    Forse un tempo, ora non so se è ancora così puntualizzai, ma era indubbio che l'uso della violenza contro di me non sarebbe stato semplice. Ma hai ragione. Come ho detto prima, probabilmente vorranno Chomei. Ma Chomei... sospirai. Chomei non era un demone. Era un amico, un compagno di viaggio e di una vita. Eravamo legati da quattordici anni ormai. Non glie lo permetterò. Per niente al mondo. Razien mi rivolsi all'Hokage. Sapevo che forse gli stavo dando una delusione, con la mia volontà di non essere più incisivo sulla questione Kiriana, ma c'erano troppi livelli di complessità in quella situazione ed io, un Kage che aveva abbandonato il suo Villaggio, potevo fare ben poco. Qualsiasi mossa sarebbe stata vista come tirannica, anzi, avrebbe potuto peggiorare la percezione che i Kiriani avevano dell'Accademia. Non so cosa posso fare per Kiri. Probabilmente nulla. Ma noi siamo alleati. I tempi che arriveranno saranno funesti, e non importa cosa Kiri farà, io aiuterò chiunque abbia bisogno nelle guerre che veranno. E quella, era la promessa. La promessa di un Ryuukishi. ...Te lo chiedo di nuovo, conosci qualche posto in cui passare la notte?


  9. .

    ESEMPIO GRAFICA PG PERSONALIZZATA


    I



    Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Aliquam eu ullamcorper sem, ac feugiat nibh. Sed eget lectus nec est scelerisque ornare non commodo diam. In at orci sit amet arcu pretium maximus. Donec eu dolor non mi ultricies commodo. Donec tempus eleifend sem, id ultricies metus condimentum eget. Duis nec iaculis sapien. Interdum et malesuada fames ac ante ipsum primis in faucibus. In eu ipsum id sem ornare euismod nec in mauris. Suspendisse potenti. Curabitur vitae rhoncus nisl. Phasellus malesuada, diam nec interdum commodo, ex sapien ullamcorper lorem, et iaculis risus odio et mi. Aliquam ac iaculis lacus. Nulla ultricies maximus ultricies. Nullam accumsan euismod lobortis.

    In enim nisi, iaculis eget accumsan eu, eleifend et nulla. Donec a arcu nunc. Nullam congue justo id sem finibus tristique. Aliquam consequat nec leo id fringilla. Phasellus mattis nec nisl a mollis. Aliquam lectus lorem, consequat vel augue non, congue tempor elit. Orci varius natoque penatibus et magnis dis parturient montes, nascetur ridiculus mus. Aenean vel egestas nibh, et porttitor nulla.

    Ut rutrum, lacus quis volutpat venenatis, ipsum nisl egestas risus, quis placerat ex orci sed nibh. Mauris non fermentum sapien. Nulla venenatis scelerisque quam, ac porta mi efficitur et. Donec a faucibus augue, id bibendum lacus. Pellentesque volutpat velit a nulla mollis, a ullamcorper enim porta. Nam varius enim ante. Pellentesque vehicula eget purus ut dictum. Sed vitae tincidunt quam, in laoreet urna. Duis orci eros, gravida quis enim consequat, maximus maximus neque. Vivamus urna metus, tristique et sem sed, lobortis euismod mi. Donec sed tristique eros. Aliquam erat volutpat.

    Morbi eleifend eros iaculis luctus aliquam. Nulla quis pellentesque erat. Sed eu dolor commodo, pretium velit ut, placerat urna. Phasellus porttitor massa ut sapien lobortis tincidunt. Pellentesque eu sem lectus. Nunc dictum pharetra ipsum sed venenatis. Etiam a aliquet urna. In dignissim justo a cursus bibendum. Sed quam quam, euismod vitae nisl malesuada, venenatis mollis metus. Morbi hendrerit bibendum ipsum eget congue.

    In porta velit sit amet elementum fermentum. Cras condimentum, enim non malesuada lobortis, dolor arcu congue urna, nec volutpat nisi tortor pharetra augue. Integer nulla lorem, accumsan eget odio quis, porta pellentesque lorem. Integer et nibh in ligula venenatis blandit non vel lorem. Nunc porta massa felis, ut iaculis tellus fringilla molestie. Etiam nibh elit, tincidunt a felis non, sodales fringilla est. In hac habitasse platea dictumst. Praesent semper turpis at semper venenatis. Donec id arcu cursus, rutrum odio non, faucibus felis. Vivamus ut enim a nisi bibendum sagittis. Interdum et malesuada fames ac ante ipsum primis in faucibus. Morbi commodo orci ut feugiat tincidunt. Morbi sit amet vestibulum metus, id tincidunt enim.


    Edited by -Max - 14/11/2021, 08:25
  10. .


    Aggiornamento



    Personalizzazione con pg
    Da oggi è possibile personalizzare la grafica sostitutiva del profilo (si aprono suggerimenti al nome di questo tool, vi prego). Inserire la personalizzazione non è immediatissimo ed è una funzione di secondo livello per chi ama smanettare.
    Il codice che viene usato in questo specifico post è il seguente.
    HTML
    <a class='pg_post' data-pgid='618' data-custom='{"link":"https://www.narutogdr.it/pg/618/scheda","sfondo":"#0055AA","colore_principale":"#00FFFF","colore_testo":"#FFFFFF", "immagine":"https://i.imgur.com/7t7rEVN.jpg", "font_testo":"Calibri", "font_titoli":"Marcellus SC"}'></a>


    Ciò che regola la personalizzazione è l'attributo data-custom='...' il quale contiene una stringa che definisce le impostazioni personalizzate.

    {"link":"https://www.narutogdr.it/pg/618/scheda","sfondo":"#0055AA","colore_principale":"#00FFFF","colore_testi":"#FFFFFF", "immagine":"https://i.imgur.com/7t7rEVN.jpg", "font_testo":"Calibri", "font_titoli":"Marcellus SC"}

    • link: link a cui rimanda l'avatar ed il nick
    • sfondo: colore di sfondo
    • colore_principale: colore dei titoli
    • colore_testo: colore dei testi
    • immagine: link all'immagine che sostituisce l'avatar
    • font_titoli: font dei titoli (nick, parti in grassetto colorate)
    • font_testo: font del testo

    Attenzione: i doppi apici " sono necessari, e per usare l'attributo è necessario usare l'apice singolo '.

    Personalizzazione senza pg
    Possono usarlo i QM. Se non viene specificato l'attributo data-pgid ma solo l'attributo data-custom
    HTML
    <a class='pg_post' data-custom='{"link":"https://www.narutogdr.it/pg/4/scheda","sfondo":"#000033","colore_principale":"#0093CC","colore_testo":"#FFFFFF", "immagine":"https://i.imgur.com/CNRwgGY.jpg", "titolo": "L'Ex-Mizukage","font_testo":"Calibri", "font_titoli":"Marcellus SC"}'></a>
    • link: link a cui rimanda l'avatar ed il nick
    • sfondo: colore di sfondo
    • colore_principale: colore dei titoli
    • colore_testo: colore dei testi
    • immagine: link all'immagine che sostituisce l'avatar
    • font_titoli: font dei titoli (nick, parti in grassetto colorate)
    • font_testo: font del testo
    • titolo: ciò che sostituisce il nick (non funziona se è definito il data-pgid)


    Nuovi template
    I template che non sono generati in automatico dalla scheda del pg sono uniformati ai vecchi. Se avete template salvati potrebbe essere necessario riconfigurarli
    I nuovi template aggiungono in automatico questo codice, senza necessità di mettere mani da parte dei player.
    Se sono associati ad un pg, viene inserito il primo con l'attributo data-custom già configurato.
    Se non è associato il pg viene inserito il secondo, sempre con il data-custom già configurato ma senza titolo che andrà aggiunto manualmente per il momento.

    Posso personalizzare soltanto alcuni elementi inserendo un codice ridotto?
    Sì, ma non ve lo consiglio. Troppo sbattimento, vi consiglio di creare un template e di limitare le personalizzazioni ad eventi eccezionali. Se poi siete smanettoni, smanettate pure, zozzoni.


    Edited by -Max - 28/10/2021, 23:26
  11. .

    L'Erba tinta di sangue


    Il Re delle Armature



    [Un anno prima]
    Il clangore assordante di cento e più martelli che colpivano il duro metallo riempiva l'aria fino a rendere qualsiasi possibile accenno di conversazione francamente impossibile. L'aria era afosa per le innumerevoli fucine che, ad intervalli regolari, si aprivano vicino le pareti di quell'ampissimo spazio sotterraneo mentre un fiume di metallo fuso scorreva al centro della sala, diradandosi in molteplici defluenti che raggiungevano le diverse postazioni.
    Lo Stratega, pallido, ricoperto da un cappuccio, percorreva silenziosamente quel logo di lavoro, attraversando i fiumi di metallo fuso su piccoli ponticelli di pietra sopraelevati quando occorreva. Osservava, apprendeva, ed avrebbe riferito, com'era il suo compito. Giunse al termine di quello spazio dove una scala scavata nella roccia lo avrebbe portato all'esterno di quel luogo soffocante. Sbucò dopo molti scalini in un'ampia costruzione quadrata di muratura, con un tetto classico e ad attenderlo, fin troppo rilassato, c'era un uomo sulla quarantina, di bell'aspetto, dalla barba curata scura come i suoi capelli, con un sorriso sardonico sulle labbra.
    Allora Stratega, cosa ne pensa? Stiamo lavorando bene c'era una chiara speranza nella sua voce. Lo Stratega lo fissò, conscio che quell'uomo fosse fin troppo intelligente per il suo stesso bene. Aveva idee bizzarre, idee che non erano molto gradite. Non lo erano alle Colonne, almeno, ma ciò che si stava preparando non riguardava loro. Loro dovevano fornire il capitale umano per portare a termine l'impresa.

    Devo ammettere che siete... fece una breve pausa per cercare il termine più adatto. ...industriosi. Tuttavia Reigen, ho forti dubbi sulla riuscita del tuo piano. Hai chiesto il metallo di Kawakin e ti è stato fornito, ma questa tua nuova richiesta è... Notevole.

    Solo gli arditi possono ottenere qualcosa in questo mondo, Stratega. E funzionerà Reigen strinse un pugno dinanzi a se. Mi rendo conto di cosa c'è in ballo e se dovessi avanzare una richiesta simile al Veterano senza portare risultati... la mia testa non rimarrebbe attaccata al mio collo a lungo. Ma a me piace la mia testa.

    Quantomeno ti rendi conto che stai camminando su ghiaccio sottile, Raigen. Ma mi hai convinto, sottoporrò la tua richiesta al Veterano. Ombre fumose e pensanti, avvolsero il corpo dello Stratega il quale si fece sempre meno chiaro, come se la sua figura stesse andando fuori fuoco. Hai un mese di tempo per preparare questa meraviglia di cui parli, Reigen.


    [Due mesi dopo]
    Il Veterano sedeva sul suo trono di pietra Cremisi. Alla sua destra, in piedi e defilato, lo Stratega, che gli parlava all'orecchio. Reigen era al centro della sala. Indossava un costoso Kimono scuro con finimenti dorati, che, dalla fattura, doveva valere quanto un piccolo Villaggio di qualsiasi paese più povero. Nella mano destra stringeva un lungo rotolo di richiamo ed aveva l'aria soddisfatta, l'aria di chi sapeva di aver fatto un'ottima figura.
    Sono sorpreso, Reigen disse il Veterano con voce profonda. Era seduto rilassato, la sua enorme mole faceva sembrare quel grosso trono una normale sedia. Sull'anulare della mano sinistra aveva un anello con una pietra verde ben evidente incastonata sopra, su quello della mano destra invece c'era un anello simile, con una grande pietra che riluceva di luce azzurra. Un bracciale, tenuto sulla mano destra, invece, conteneva una pietra di colore rosso, la stessa che un tempo era stata nel cranio di un pover'uomo chiamato Yobu. Null'altro sembrava essere visibile in quel momento.

    Spero piacevolmente, mio signore disse spavaldo l'uomo, mantenendo però il capo chinato in segno di rispetto. Sono convinto che questo possa darci una mano, Veterano. Ed è al suo servizio.

    Il Veterano fissò l'uomo in silenzio, lo sguardo impenetrabile che non lasciava trasparire né soddisfazione, né delusione. Dunque si alzò, percorrendo con passi lenti e pesanti la distanza che lo separava da Reigen che perse totalmente qualsiasi residuo di spavalderia.
    Stratega, il Cristallo disse il Veterano e lo Stratega si avvicinò, tenendo tra le mani uno scrigno di metallo che aprì con un tocco della mano, rivelando un Cristallo Mugen ben lavorato, di forma perfettamente circolare. Ti affido l'ultimo Mugen. Fanne buon uso. lo Stratega passò il cristallo a Reigen che lo prese tra le mani, senza riuscire a nascondere la soddisfazione. Reigen di Iwa. Ti nomino Generale Cremisi. Da ora in poi sarai... fece una pausa, alzando la mano per porla sulla sua testa, quando la sollevò, vi era un Kanji, che era in realtà un Sigillo.



    IL RE DELLE ARMATURE




    [Ottobre 41]
    I messaggi giunsero funesti, rapidi, quanto poterono. Mentre i grandi del mondo si rimbeccavano, rompevano e disfacevano alleanze, forse rassicurati da un periodo di relativa tranquillità, la macchina della guerra dei Cremisi, dopo aver scaldato i motori, partì.
    Da Taki e da Iwa due eserciti attanagliarono la parte Settentrionale del Paese dell'Erba che, preso alla sprovvista, non riuscì a garantire una difesa efficace. Soyo era stata spazzata via ed il fronte dei combattimenti si era spinto verso meridione, a soli trenta chilometri da Kusagakure. Tuttavia era stata lasciata una striscia di terra di dieci chilometri circa tra il fronte ed il confine di Konoha [MAPPA DEL FRONTE]s0JYJQU.
    Le forze di Kusa, schiacciate in una settimana, si erano rintanate in poche roccaforti destinate a crollare, delle quali la più importante era proprio Kusagakure no Sato, che si preparava ad un doloroso assedio.
    Le notizie che giungevano ai Villaggi Accademici erano... sconfortanti. I Cremisi si erano risvegliati ed in una settimana avevano conquistato per metà un Paese neutrale e in un nulla avrebbero completato l'opera, creando un ulteriore confine tra il Paese del Fuoco e le terre dei Cremisi.
    Ma non era tutto. Si diceva che i ninja aggressori fossero guidati da un guerriero in armatura impossibile da scalfire, che non sembrava mai provare stanchezza. Ma non erano i soldi, molti altri sembravano indossare armature simili, sebbene non tutti, ed agivano (secondo le informazioni) sempre assieme a quel potente e temuto guerriero.
    Si diceva, inoltre, che i prigionieri di Guerra venissero rimandati indietro, morti, prosciugati totalmente nel corpo.

    L'Accademia non stava passando un periodo semplice. Gli attriti si erano fatti sempre più forti e la volontà di porre fine a quell'Istituzione serpeggiava in ben più di uno Shinobi. Eppure, il nemico che aveva portato alla sua creazione, era tornato.
    Cosa avrebbero fatto i potenti del mondo? Sarebbero stati a guardare?

    Nel mentre Kusa lanciò un grido di aiuto, a tutte le nazioni, specialmente ai potenti Paesi Accademici. I Cremisi avevano iniziato una guerra di aggressione, senza motivazione e preavviso. Erano stato meschini, ma cosa avrebbe comportato rispondere all'appello? In ogni caso, l'esistenza di quel corridoio tra il fronte Cremisi ed il confine del Paese del Fuoco rendeva, ai ninja accademici, possibile spostarsi fino a Kusagakure, dove si era ritirata la maggior parte delle forze, nonché il comando generale delle forze del Paese dell'Erba. Qualsiasi aiuto possibile sarebbe dovuto arrivare lì, anche solo per comprendere a fondo una situazione disperata ed avere indicazioni precise sulle disposizione delle forze in gioco.

    Alla fine, tanto promessa, era giunta.
    La Guerra.
    La Guerra che avrebbe tinto di sangue rosso Cremisi il mondo.

    [Note]Salve a tutti!
    La partecipazione a questa News è libera e farò in modo di porre i personaggi dinanzi a sfide difficili, ma adeguate al loro grado/energia.
    Come sempre nelle News c'è massima libertà di movimento. Ovviamente, se non sapete cosa fare, fate post più brevi e lasciatemi intervenire.

    Notate: questa è una guerra, e quindi QUALSIASI ninja è richiesto, di QUALSIASI ruolo, possono avere qualcosa da fare. Come si svilupperà, lo vedremo dopo.
    Buon game!
    Posterò tra 14 giorni.





    Edited by -Max - 28/10/2021, 23:27
  12. .
    Ho aggiunto una primissima versione dei grafici delle statistiche presenti nella scheda.
    Fate ctrl + f5

    Tuttavia ci sono alcuni problemi risolvibili:

    1) Chi non ha colori personalizzati vede nero. Lo sistemerò, ora è tardi.
    2) I pg appena creati hanno un problema riguardante l'id, che dipende da come il creaschede fa le schede. Basta aggiornarla, anche senza cambiare nulla, e si risolve.
  13. .

    Where everything Started


    The last Kinght


    Ricordavo ancora come fare qualche sigillo. Avrei potuto farli velocemente, quella memoria muscolare non si era persa nel tempo ma, con deliberata lentezza, composi i sigilli della tecnica del richiamo sfruttando una goccia di sangue, una singola goccia. Ad ogni sigillo l'ansia si faceva sempre più forte. La consapevolezza di un legame che avevo trascurato in tutti quegli anni iniziò a gravarmi addosso con sempre maggior dolore, e man mano che il momento di rivedere Yogan si avvicinava si faceva sempre più chiaro, nella mia testa, la certezza che il mio dolore l'avesse ferita in maniera irreversibile.
    Del resto io ero un Ryuukishi.
    Io ero L'ULTIMO DEI RYUUKISHI e per chiunque non lo fosse quel semplice titolo poteva suonare solo un altisonante vanto, ma per me non era né un titolo, né un vanto. Era la realtà, triste, di una condizione che sembrava destinata a non cambiare, in quanto Ultimo, ed un essere più profondo del semplice titolo affibbiatomi. Ero stato il Mizukage, ora non lo ero più. Ma non sarei mai potuto smettere di essere un Ryuukishi, nemmeno alla morte di Yogan, se per qualche disgrazia impensabile fosse avvenuta prima della mia. Era un elemento che definiva il mio essere e senza ne sarei stato mutilato
    Per questo, la consapevolezza che Yogan avesse potuto soffrire per il mio dolore e per il fatto che mi fossi chiuso totalmente a lei mi pesava, tanto ed era la vergogna segreta che avevo nascosto nel cuore, che mi impediva di richiamarla, o meglio, che me lo aveva impedito fino a quel momento.
    Ma aver riacquisito quel canale con Chomei mi aveva consentito di rendermi conto, sebbene solo in piccola parte, di quanto, effettivamente, avessi vissuto per mesi in un delirio da me creato, una pura e semplice negazione della realtà dove mi sentivo abbandonato da tutti quando in realtà ero stato io ad aver chiuso i rapporti con il mondo. Paura di contaminare la Fiamma Immacolata? Ma che idiozia era mai quella. La Fiamma Immacolata non poteva essere contaminata da me, che soffrivo in maniera quanto più umana possibile. Il dolore che provavo era dolore, ma non c'era accenno alla furia, non c'era vendetta, non c'era vero risentimento. Solo dolore. Ed il dolore era umano, era quanto di più umano esistesse, ed i Ryuukishi rifuggivano la violenza gratuita, la vendetta, la furia... ma non il dolore. Avevo accettato il lutto da tempo, ma l'accettazione non aveva mai portato alla scomparsa della sensazione di essere privo di una parte di me. Ma quello era normale!

    Poggiai la mano contro la roccia e Yogan comparve, volando, ferita. C'era qualcosa che non andava in lei e potei comprendere facilmente cosa. Del resto, il suo dolore ed il mio, ed il mio dolore era il suo. Tutto ciò che di tossico avevo riversato nel nostro legame l'aveva lentamente erosa nell'animo, la mia depressione era divenuta sua e così come i miei poteri sembravano essersi guastati... così lo erano stati i suoi. E non solo i suoi poteri, tutto di lei sembrava danneggiato. Il colore scuro delle sue scaglie sembrava quello del carbone mischiato a sangue, e la sua incapacità di volare era dolorosamente penosa da vedere. Ed il suo fiato... Un fiato pesante. Yogan non si stancava mai di volare. Persino dopo ore ed ore di volo, atterrando, non era mai apparsa affaticata.
    La guardai, rimanendo immobile per dei lunghi istanti, senza sapere bene che fare. Lei fece uno sbuffo, soffiando aria calda dalle narcici, cosa che sollevò piccoli vortice di polvere. Un suo occhio mi guardava. I draghi non piangevano, non nella loro vera forma. Ma lessi in quei grandi occhi famigliare una commozione mista a sorpresa, forse la sorpresa di vedere quanto fossi cambiato in quel tempo.
    Yogan... chiamai il nome della fedele compagna, dell'estensione draconica del mio essere. Feci un passo, allungai una mano lentamente fino a poggiarla sul suo muso scaglioso, accarezzandolo con le dita, carico di affetto. Nessuno forse avrebbe mai potuto capire quel legame con una bestia tanto fiera e pericolosa e di come io riuscissi, con lei, a comportarmi in quella maniera così umana. Forse solo Raizen, ma lui, per i draghi era qualcosa di diverso. Io non avevo un granché a che fare con gli altri draghi, tutto era concentrato su di lei. Perdonami... Io non riuscivo... lei continuava a respirare affannosamente, come una bestia ferita in punto di morte. Mi avvicinai ancora, inginocchiandomi dinanzi a lei, poggiando la fronte contro le sue scare ancora tenevo una mano su di esse, in un che voleva essere quanto più simile ad un abbraccio fosse possibile tra due esseri con una fisiologia così differente.
    I..Itai... la sua voce giunse debole, eppure, fu chiara, con il sottofondo di un ruggito che accompagnava ogni parola come sempre succedeva con lei, una fisiologica conseguenza della sua fisionomia. Sei... sei tornato... sembrava stupita e commossa. Io annuii, allontanando la testa della sua pelle. Era calda, ma non quanto ricordavo.
    Sono stati anni... difficili... il tono di voce era basso, ma lei avrebbe sentito. Ayame... feci per dire, ma mi resi conto che lei già sapeva. Non avevo bisogno di parole per farle capire l'enormità di cosa fosse successo. Solo Jukyu... Solo lei... e non vuole vedermi, lei è... lei è arrabbiata. A quelle parole qualcosa di profondo e scuotente parve nascere dalla dragonessa. Sembrava una risata, triste.
    Quella piccola peste... Yogan aveva sempre avuto un debole per Jukyu. Era stata lei, del resto, ad imbattersi per prima nel talento precocissimo di mia figlia e da sempre l'aveva supportata, protetta (specie da se stessa) e guidata. Parte del mio amore genitoriale era fluito da me in lei, come accadeva per qualsiasi cosa. Pensavo fossi... fossi morto poco fa...
    Quelle parole mi fecero abbassare lo sguardo, pieno di vergogna. Se non fosse stato per Raizen lo sarei stato davvero. Non potevo nasconderlo a lei, tuttavia. Yogan io... Stavo facendo una cazzata. La più grande della mia vita le toccai ancora le scaglie. Non le chiesi scusa per quello, lei, tra tutti, non aveva bisogno di comprendere il mio dolore, poiché lo condividevamo. Sono rinsavito ora... Ma tu...
    Sono... sono malata Itai... Questi mesi, la tua assenza, tutto questo dolore... Sollevò il capo, spingendolo contro la mia mano. Per un attimo fui colto dal panico più assoluto, senza sapere cosa fare ma poi... all'improvviso, giunse un'altra voce nella mia testa. L'altro compagno della vita, l'altra parte che definiva il mio essere quale Il Jinchuuriki del Sette Code.

    Ohi, Itai la voce di Chomei mi rimbombò forte in testa, al solo scopo di attirare la mia attenzione. C'è una soluzione. Il tuo chakra. Dalle il tuo chakra. Credo che come è successo con me, hai inconsciamente chiuso il legame, ma lei ne soffre tremendamente. Il Bijuu fece una pausa, che durò alcuni secondi. Cioè, state da schifo entrambi... ristabilisci quel legame.

    Il suggerimento di Chomei aveva senso. Dopotutto quando lei era nata io le avevo donato senza accorgermene una enorme quantità di chakra, consentendo all'uovo di schiudersi ed a lei di avere un corpo adeguato alle sue conoscenze ancestrali. Ma a quel piano c'era un problema. Era da quando ero stato assaltato ed infettato che non riuscivo più ad evocare il potere da me stesso creato e maturato. Abbassai lo sguardo sulla mia mano, sentendo la sensazione di inutilità farsi strada dentro di me, minacciando di destabilizzarmi ancora.
    No.
    Non avrei perso anche lei. La mano si chiuse in un pugno saldo. Dunque, avrei chiuso gli occhi, richiamando a me quel potere che avevo dimenticato. C'era una sorta di blocco. Una barriera di un qualcosa di ignoto attorno al nucleo vorticoso del potere, una barriera che non aveva alcun motivo di esistere per la natura stessa della Jishin no jutsu. Connettere, donare. Cercai, spasmodicamente, di sfondare quel muro, senza però riuscirci subito. Yogan si avvicinò ancora alla mia mano ed io, anziché tenere il pugno stretto nel tentativo di rievocare il potere, la aprii, rilassandomi, poggiandola su Yogan.
    Ricordi, il giorno che sono uscita dall'uovo? mi chiese lei. Io, in tutta risposta, chiusi gli occhi, annuendo. Nel cratere del Monte Gekido, prima che il Faro fosse ricostruito, quando non vi erano draghi poiché tutti nel Sonno. Un singolo uovo, rosso, al centro di un lago di lava ed il dolore atroce per recuperarlo, seguito poi dalla schiusa. Un serpente non più grande del mio avambraccio, rosso e piccolo e, nel momento in cui l'avevo toccata... una connessioneGià, le connessioni. Il Chakra era nato per connettere e distorto nel suo uso come arma. Il mio chakra si era fuso con quello di Yogan, in un prototipo della Jishin no jutsu che però altro non era che la funzione stessa e pura del chakra stesso. Ricordai quella sensazione, la sensazione di trovare un incastro tra il mio chakra ed il suo. Ricordai.

    L'esplosione di chakra fu vivida, improvvisa, quasi accecante. All'improvviso il mio chakra aveva perso la sua individualità e finalmente potei toccare quello di Yogan, riversandone in lei in abbondante quantità, lasciando che il mio chakra la guarisse dalla malattia della lontananza. Le scaglie di Yogan si schiarirono, dilavate dal nero del dolore, tornando al loro colore rosso vivo, rosso fuoco.
    Quando separai la mia mano da Yogan la dragonessa alzò il capo verso l'alto, aprì la bocca e ruggì. Un selvaggio ruggito gioco, accompagnato da un possente fiammata che forse avrebbe fatto preoccupare qualcuno a Konoha, ma non importava. A Yogan quelle cose non importavano mai.
    La guardai, commosso, sapendo che era tornata. Che io ero tornato. Mi voltai a guardare Raizen, ancora avvolto in quella specie di vorticosa aura di chakra.
    Spero che nessuno corra qui... una specie di timido sorriso incurvò le mie labbra, il che era il massimo che avrei fatto. Un tempo, avrei riso di gusto al pensiero di qualche specialista di Suiton di Konoha che si precipitava lì per spegnere un incendio salvo poi trovarvi un drago. Sai Raizen, io sono l'ultimo di Ryuukishi. L'ultimo cavaliere dei draghi dissi all'Hokage, mentre Yogan si avvicinava abbassando il capo, avendo compreso le mie intenzioni. Ed un Ryuukishi... è abituato a volare. Saltai con un balzo sulla testa di Yogan. Ritrovai quel contatto famigliare, mettendomi in piedi sulla testa della dragonessa com'era mia abitudine e lei ruggì ancora di gioia.
    E voleremo! La dragonessa fece presa sulle nubi di fuoco e si diede una pinta verso l'alto, in cielo, solcandolo a piena velocità, lasciando che il vento mi fischiasse nelle orecchie.
    Yogan risalì le correnti d'aria fino a che Konoha non fosse stata ben visibile sotto di noi. Chiunque, al Villaggio, avrebbe potuto vedere la scena e quella divenne una dichiarazione di ritorno. Poiché Yogan ed Itai tornarono a solcare i cieli insieme. Allargai le braccia, godendomi la sensazione del vento tra i capelli e sul viso.
    Andiamo? Fu la domanda di Yogan. Feci un altro timido sorriso e e mi inginocchai, posando una mano sulla sua testa.

    Andiamo. Fu la mia unica parola. La dragonessa ruggì ancora, di gioia pura e selvaggia, ma velata da una specie di malinconia. Io avevo perso tutto, per cui anche lei. Ma non importava. Ciò che voleva fare ora era volare. Io ero il Jinchuuriki del Sette Code. L'Ultimo dei Ryuuikishi. Il mio elemento ero il cielo, non il mare. Non la terra. Il cielo. E nel cielo Yogan sfrecciò, sorvolando Konoha, salendo verso l'alto per poi fare una picchiara verso il monte dei Kage, passando di stretta misura tra due ciocche di capelli del quarto, senza toccare nemmeno un sasso, poi si abbassò sul Villaggio, in preda al senso di liberazione, sorvolandolo ad una quota non troppo alta, ad una decina di metri dagli edifici smuovendo con la forza del suo passaggio i panni distesi ad asciugare di metà del Villaggio. Poi sarebbe risalita fermandosi in aria, Avevo dimenticato avrei dunque iniziato a dire, rendendomi conto che le lacrime rigavano il mio viso. Avevo dimenticato cosa fosse volare... In tutto ciò, non sapevo se Raizen mi avrebbe seguito o meno, magari si sarebbe preoccupato che Yogan avesse deciso di distruggergli il Villaggio con il suo volo liberatorio, ma eravamo fermi lì e lui non avrebbe potuto far altro che raggiungerci.
    Se lo avesse fatto, lì, tra i cieli, mi avrebbe trovato seduto sulla testa di Yogan, a guardare lontano. Verso est, vero Kiri. Vero casa.
    Cosa è successo a Kiri, Raizen? Era il momento di tornare nel mondo. Itai Nara che tutti conoscevano non sarebbe mai più tornato. Una versione diversa, segnata, ma pur sempre Itai, era rinata quel giorno. E quell'Itai, che fu Mizukage, voleva sapere. Cosa fosse successo alla sua casa, alla casa dove sua figlia aveva deciso di scappare per stare lontano da lui, convinta che non sarebbe tornato mai più.

  14. .

    Gli Abiti della Nebbia


    III

    La situazione si fece... tesa. Forse non avevo compreso, fino in fondo, cosa il regime di Kensei avrebbe significato sia per Kiri, sia per me. Sapendo come si comportava mio padre di certo lui non avrebbe mai fatto ciò che Kensei aveva fatto e né altri, in sua presenza, avrebbero tirato fuori le armi per minacciare un altro Kiriano solo per aver espresso uno stupido dissenso. Ci fu caos, un'esplosione di luce che mi abbagliò, ci furono lame puntate alla gola e poi, ci fu lui. Il Mizukage.
    Osservai l'uomo, alto al punto di essere torreggiante, fece qualcosa. l'aria si fece più gelida, sentii distintamente una sensazione disturbante afferrarmi le viscere, spingendomi a fare un passo indietro. Quello era l'istinto che mi diceva scappa! Pericolo! La parte più istintiva di me, il rettile primordiale nel mio romboencefalo che scalpitava per cercare riparo dal predatore. Non vidi il pezzo di cancelleria (dall'aria in qualche modo famigliare) viaggiare dalla mano del Mizukage alla spalla di Fudoh e non vidi ciò che fece ad Etsuko, notai solo che il Kage aveva alzato una mano, quasi a volerlo bloccare attraverso l'aria. Sentii i capelli muoversi appena e compresi, allora, che di fatti il Kage aveva proprio usato l'aria.
    Parlò, spiegando, e raccontanto. Ed io, silenziosamente, appresi. Assimilai quei nuovi concetti dentro di me, divorandoli come solo un mente giovane e plastica può fare. Ero alla disperata ricerca, a livello inconscio, di una nuova guida per il mondo, per colmare il vuoto che Itai aveva lasciato. Itai... modellava ancora il mio destino, persino con la sua assenza. Il legame tra padre e figlia non poteva essere spezzato, poiché anche solo l'assenza del legame era, per entrambi, un'esperienza condivisa. Lì, in quel luogo, avevo rinnegato tutto ciò che mio padre aveva fatto con poche e semplici parole, parole dure e forse immature, figlie della necessità di accanirsi furiosamente contro l'oggetto del costante dolore. Era stato facile, nella rabbia, dire che la pace non esisteva, ma ciò andava contro ogni singola cosa che mio padre mi aveva insegnato. Dunque, andava contro il nucleo stesso del mio essere. Quello stesso nucleo fratturato, spezzato e che necessitava di essere ricostruito.
    Ascoltai le accuse nei confronti dell'Hokage, ciò che aveva fatto il giorno dell'insediamento del Decimo ed ancora, quanto l'Hokage stesso si fosse dimostrato inadatto dinanzi la necessità di recuperare un suo Shinobi che, coincidentalmente, era anche il figlio del Mizukage. Quel particolare mi fece riflettere. Avevo immaginato che Kensei fosse soltanto un avatar delle sue stesse idee, non animato da passioni che non fosse la fredda necessità di perseguire i suoi scopi. Tuttavia quel suo attaccamento al figlio perduto lo umanizzava, gli donava una dimensione più comprensibile rispetto il robotico signore che si era palesato dinanzi loro quel giorno, imponendo la sua volontà con dolore e parole furiose.
    E le parole verso l'Accademia... mi fecero riflettere. Quell'alleanza era nata quarant'anni prima dopo una sanguinosa guerra che aveva riunito quattro Villaggi in un'Alleanza in grado di ricacciare il nemico. Avevano deciso di condividere missioni, di istruire assieme i propri Shinobi, da cui il nome scolastico, ma stava sgretolandosi sotto i loro occhi. Jukyu non aveva ancora un'idea precisa. Itai era stato uno stenuo difensore di quella istituzione, ma suo padre era stato un idealista che sperava sempre il meglio. La realtà era che un Villaggio Ninja poteva formare alleanze nella misura in cui beneficiavano primariamente i suoi interessi, per cui, di fatti quell'impresa Accademia era per logica destinata a fallire... a meno che non comparisse qualcosa che avrebbe fatto coalizzare tutti contro un unico potente nemico. Ma che senso aveva un'istituzione che esisteva soltanto a quello scopo?
    Poi, Il Mizukage elencò una serie di nuove istituzioni ed assegnò ognuno di noi ad una nuova. Io, a quel punto, sapevo che sarei finita a controllare gli ingressi alle mura. Del resto ero un'incognita troppo grande per poter essere membro della Mano Nera o Rossa, non ero un ninja medico e Consigliere... Ero semplicemente ancora troppo inesperta.
    Fui l'ultima ad essere assegnata. E fui assegnata alla Mano Dorata. L'enormità della cosa mi spinse a fare un passo indietro, quasi inciampando nella sedia. Alzai la mano sinistra quasi a volermi difendere dall'enormità della notizia. Immediatamente una fredda stretta mi afferrò il cuore. Ero tornata da quattro giorni! Avevo tredici anni!
    Com'era possibile! C'era solo una possibilità, una possibilità che mi faceva tremare di rabbia. Possibile che fosse ancora a causa sua?
    Sfruttai il silenzio generato dalle rivelazioni per fare un passo in avanti, lo sguardo severo a fissare l'elmo del Kage, direttamente nella fessura da dove lui guardava il mondo, immaginando così di guardarlo negli occhi. Avrei ricevuto una punizione anch'io? Forse. Ma non mi importava. Il braccio destro quasi tremava per l'agitazione ed una singola macchia rossa bagnò le bene. Il taglio più recente aveva ripreso a sanguinare, ma non lo notai.
    Mizukage-sama quella prima parola fu pronunciata con durezza, ed un accenno di sfida. Per favore, mi dica che questa nomina non è perché sono sua figlia. Feci una pausa, ma fu troppo breve per dare al Kage l'opportunità di rispondere alla domanda. Io sono stanca, Mizukage, stanca di farmi definire da lui. I miei occhi verdi fiammeggiarono.

    BodVbJM


    Se sono insolente mi punisca, mi lanci contro un fermacarte, non mi importa. Io devo sapere. Devo sapere se per l'ennesima volta l'ombra di mio padre mi sta oscurando quello sfogo così duro fu accompagnato da un passo in avanti, quasi fino alla scrivania del Kage, che però non avrei osato toccare. Però continuai a fissarlo in viso. Perché non capisco, perché non trovo un'altra ragione, sono troppo inesperta, sono tornata da troppo poco... quelle parole furono dette in tono che via via scemava nella supplica. Sentii l'ansia afferrarmi il petto con una presa salda, ferrea e gelida. Sentivo il panico crescere non per l'enormità del compito che mi era stato assegnato ma per la prospettiva che questo fosse, per qualche motivo, legato ad Itai... Forse voleva fare di me un ostaggio? Tenermi vicina a sé per potermi usare contro mio padre quando e se fosse tornato, ammesso che fosse ancora vivo? Di certo non avrebbe apprezzato la piega che Kiri stava prendendo, forse avrebbe voluto fare qualcosa a riguardo. Ed io, la piccola Jukyu, sarei stata la pedina perfetta per impedirgli di fare qualsiasi cosa. Io ero fedele a Kiri, ma non sarei stata una marionetta che danzava ai fili di uomini più potenti di lei.

    Lei era Jukyu Shinretsu.






  15. .

    Where Something Starts Again


    Fly ag



    IL DEMONE

    Diciotto mesi prima





    Il buio, cos'è questo buio. Soffocante, mi toglie forze, non riesco a volare. Cado, cado senza mai toccare il suolo perché non posso toccare il suolo. Non esiste la dura terra in quel mondo, in quel costrutto onirico dell'inconscio condiviso con Itai, dove entrambi avevamo deciso che dovesse essere cielo, cielo infinito e libero, dove potevo librarmi. Niente più sbarre per me, il Sette Code, il Demone che vola, che si libbra nei cielo. Niente più terra sotto di me, attorno a me, niente più roccia a scolpirmi addosso un guscio fasulla, un ricettacolo di puro odio, furia e rancore. Qualcosa però mi aveva sottratto forza, potere. Aveva cercato di staccarmi da Itai, senza riuscirci. Qualcosa di invisibile aveva interferito con la mia connessione con Itai, danneggiandola. Non in maniera irreparabile, ma quanto bastava per rendere facile l'operazione di estrarmi, imprigionarmi ancora dove non avrei avuto il lusso di vivere in un mondo aereo senza la dura roccia ad aspettarmi al fondo della caduta. Catene invisibili avevano strappato via il mio chakra finché, privo di forze, non era iniziata la caduta infinita. Ero dolorante, ferito, ma non sconfitto. Ero vivo, Itai era vivo, ero debole ma avrei ripreso a volare: non mi avevano ucciso. Chiusi gli occhi, accartocciai le ali con difficoltà e mi lasciai andare, una infinita caduta verso il basso-non basso, assorbendo tramite il corpo di Itai l'energia necessaria a restare vivo. Non riuscivo a parlare, ero troppo debole. Lui sapeva che ero ancora vivo, lo percepiva, non c'erano dubbi, ma la connessione... la connessione era interrotta, tranciata da quella malattia e poi ripristinata, ma flebile, troppo flebile per poter essere sfruttata per tornare a parlare. La mia voce era stata silenziata e mi sforzavo, mi sforzavo di parlare, di farmi sentire, di sussurrare che io c'ero.
    Non ci riuscivo.

    Poi, venne la Tempesta.

    Iniziò alcune settimane dopo la sconfitta. Avevo riacquisito forze a sufficienza da riaprire le ali e planare dolcemente anziché continuare a cadere come un peso morto, attratto da quella forza di gravità illusoria che aveva il solo scopo di dare valore alla libertà del volo. Iniziò come una scossa, un tremito nell'aria che avvertii in tutto il corpo. Compresi che il mondo era stato scosso poiché Itai era stato scosso da qualcosa che non potevo comprendere con quella connessione ancora tronca, mozzata dalla debolezza. Agitai nervosamente le ali, tentando invano di risalire, ma ero ancora debole e prosciugato. Fu allora che vidi, un'ombra. La sagoma famigliare di Itai comparve nella dimensione condivisa tra noi, eppure, era così diverso da come lo ricordavo. Un'ombra, più che un uomo, dai confini non netti, distorti, nebulosi. Con fatica riuscii a planare verso di lui, che mi dava le spalle, e questi si voltò, scomparendo in un'esplosione che mi spinse indietro con una forza inarrestabile. Allargai le ali usandole per franare ed un dolore immenso, infame mi travolse. Il cielo si riempì di nuvole, tuoni, pioggia in un istante ed urla. Urla senza fine, mischiate al fragore possente dei tuoni. Chiamai il Jinchuuriki. Lo feci con disperazione, poiché quella era opera sua, e non potevo credere che l'Itai che conoscevo stesse alterando così tanto quella sua parte subconscia di se al solo scopo di creare, nella mia esperienza sensoriale, un vero e proprio inferno. Qualcosa era accaduto, ma non sapevo cosa, e quell'ombra era stata l'inconscia proiezione di Itai, di un qualcosa di oscuro che aveva seppellito dentro di sé, forse per proteggere la sua mente da un assalto improvviso. Ma così facendo aveva reso quel mondo un posto ostile, buio, non più fatto di un cielo infinito. Allora, in un disperato tentativo, raccolsi le energie dal fondo della mia anima e urlai la mia richiesta, sfruttando il canale danneggiato ma ancora presente che ci collegava.
    Funzionò. Le nuvole si contrassero, venendo attirare da un punto distante, quasi una forza di gravità misteriosa fosse comparsa all'improvviso. Una nube, la Tempesta, nacque. Una sfera larga cento metri, impenetrabile, turbolenta e soprattutto, separata da me.



    Compresi subito. Ed avrei fatto di tutto per rientrare lì.


    IL DRAGO

    Allo stesso tempo



    Yogan era... devastata. Itai era scomparso da due anni, eppure sapeva che lui era ancora vivo. Per un drago dell'ordine dei Ryuukishi vedersi rifiutata dalla propria metà umana era la vergogna più grande che si potesse concepire eppure, nel profondo, Yogan sapeva che Itai non l'aveva fatto e che non l'avrebbe mai fatto. Il collegamento, nato alla radice stessa della loro anima che faceva di Yogan ed Itai due estensioni distinte dello stesso essere, le diceva che era ancora vivo e che soffriva, orribilmente, per qualcosa, al punto che quel dolore spirituale si fece fisico, in una violenta somatizzazione che si riversò in egual misura su Itai e Yogan. La dragonessa, in forma umana, atterrò al centro del Faro, laddove vi era un'isoletta al centro del male di lava bollente, uno scoglio di roccia lavica incandescente che lei trovava di conforto. Cadde con le ginocchia al suolo, stringendo il petto con le braccia, tremando violentemente.
    Itai... era morto.
    Non c'era altra spiegazione per quel dolore così violento ed acuto. Lacrime calde le caddero dagli occhi, vaporizzandosi all'istante nell'aria atrocemente calda del vulcano, attendendo di sentire ciò che altro draghi le avevano descritto come l'esperienza peggiore che potesse loro accadere. Il sentirsi mutilati, senza possibilità anche solo di abituarsi alla menomazione. Avrebbe potuto condurla alla follia. Ma l'attesa, terribile sensazione... Non giunse. Qualcosa la fermò all'improvviso, come se l'atto stesso della morte fosse stato interrotto da qualcosa che avesse agito all'improvviso.



    IL JINHUURIKI, IL RYUUKISHI


    LASCIAMI MORIRE MALEDIZIONE! Fu un'esplosione di rabbia che non riuscii a controllare e che sorprese anche me o meglio, lo avrebbe fatto se non fossi stato in uno stato di così profonda alterazione da sentire come sacrosanta quella richiesta a cui nessuno avrebbe potuto acconsentire, non a quelle condizioni. Le parole di Raizen avevano, come le precedenti, la virtù della verità e della saggezza, ed il difetto di essere... solo parole. Parole che non potevano scalfire la dura corazza che avevo costruito per difendermi da qualsiasi possibile intromissione al compimento della mia somma e finale volontà. Ero stato rispedito nella mia dimensione interiore, privata di Chomei ed esclamate quelle parole mi sarei allontanato da Raizen il più possibile, ponendomi quasi al centro di quella tempesta sferica, levitando con aria furiosa. Rabbia.
    Da quanto non la provavo? Da quanto non provavo qualcosa che non fosse apatia? Persino la scoperta della lettera di Jukyu non era stata accolta con quelle sensazioni, né con un'esplosione acuta di dolore profondo, ma solo con l'acuirsi di quella sensazione di assoluta impotenza che aveva posto al di là del regime del possibile il ricostruire qualsiasi rapporto con Jukyu e dunque, come logica conseguenza, tolto qualsiasi stimolo per continuare a vivere una vita indegna. L'ironia vuole che tra tutte le emozioni che potevano spezzare il muro di indomabile apatia, fu proprio la rabbia quella che per prima provai. La rabbia che acceca, la rabbia distruttiva che io - tra tutti - avevo imparato a domare, a cancellare. TU NON PUOI SAPERLO! NON PUOI SAPERLO COSA VUOL DIRE QUESTO SCHIFO RAIZEN! La Tempesta stava mutando con quelle parole, divenendo sempre più agitata. Il vento divenne così forte da arrivare quasi a spostare l'Hokage - ma non la Volpe - ma, giacché cambiava direzione in maniera continua e fluida qualsiasi centimetro guadagnato in una direzione veniva immediatamente perduto subito dopo, sicché alla fine, Raizen rimase al proprio posto.
    Kurama tentò, inutilmente, di fare quanto chiestogli da Raizen. Itai tuttavia non poteva essere ancora trasportato nel Regno Profondo poiché quello era il regno di Bijuu, non dei loro Jinchuuriki. Solo un Jinchuuriki con un legame totalmente saldo poteva essere trasportato in quel cerchio ed il legame tra Chomei ed Itai attualmente non lo era. La Tempesta! La Tempesta bloccava la possibilità di riunire Itai e Chomei, la tempesta che era la rappresentazione inconscia del dolore che aveva travolto l'intera dimensione diciotto mesi prima. Il disperato grido di Chomei non era andato inascoltato, qualcosa avevo fatto, sebbene non consapevolmente. Forse nel sonno, o forse nel tentativo di placare il dolore interiore che quel grido ovattato mi provocava avevo contratto la Tempesta attorno a me e, così facendo, tagliando di netto la comunicazione tra me e Chomei. Si diceva che spesso, chi soffriva, ergeva muri attorno a se nello sconsigliato tentativo di isolarsi dal mondo.
    Io avevo eretto muri di nubi tempestose dentro di me per tagliare via l'unica entità mia mica che, in nessun modo, potevo allontanare. Lo avevo fatto con tutti gli altri, persino con la mia bambina, nella maniera classica con cui l'essere umano decide di restare solo e lo avevo fatto anche con Chomei. Quello però impediva a Raizen e Kurama di trasportarmi dove avrei potuto trovarmi faccia a faccia con il Demone, senza possibilità di scappare.



    Tuttavia... qualcosa cambiò. Così come avevo contratto la Tempesta per proteggere Chomei, quella furia che provai nei confronti di Raizen mi fece perdere il controllo del limite che mi ero imposto. Le nubi, sempre più agitate, parvero bollire, formandosi e disfacendosi di continuo in un processo equilibrato che parve sbilanciarsi verso la graduale dissoluzione. Quasi come a grattare l'interno di una caverna, le pareti della Tempesta divennero sempre più ampie, allargandosi a velocità esponenziale, finché queste non furono distanti, onnipresenti, ma che non delimitavano più uno spazio chiuso.
    Razien, allora, avrebbe sentito qualcosa oltre i tuoni. Kurama l'avrebbe percepito ancora prima. Voltandosi l'avrebbero visto, il Sette Code, tornato nella sua forza.


    Kurama Chomei salutò quella proiezione del fratello, dunque si rivolse all'Hokage. Hokage... Non so cosa abbiate fatto, ma grazie. Sono mesi che cerco di superare quelle nubi Il cercoterio quindi volse la propria attenzione al suo Jinchuuriki, facendo fremere le enormi ali in un gesto di impazienza. Il dolore... Queste nubi erano una barriera, l'ha creata senza rendersi conto di cosa faceva, si è isolato da me... Dunque mosse le ali, cavalcando agilmente il vento, fino a trovarsi di fronte a me. Io, nel mentre, avevo messo le mani sulle tempie, ed ero caduto in ginochio, prostrato da tutto quel dolore. Sentii che qualcosa era cambiato quando i tuoni si fecero più distanti, ma presenti. Riaprii gli occhi, allora, e rividi Chomei.
    Chomei... mormorai, allungando una mano verso il duro carapace. Il Bijuu mosse ancora le ali. Sei qui... Io... Cosa sta succedendo, non capisco... misi una mano alla mia testa, confuso, traumatizzato dal mio stesso gesto di poco prima che inizia a rifutare di aver compiuto. Io... ed a quel punto Itai Nara, crollò. Forse la vista del Bijuu che credeva avesse deciso di nascondersi da lui, o forse quella rabbia che era un'emozione diversa dalla nera e cupa disperazione apatica aveva fatto breccia in lui. Probabilmente, entrambe le cose.
    Ricaddi in ginocchio, tenendo il viso tra le mani e, dimentico di qualsiasi forma di dignità... piansi. Per la prima volta, piansi i figli che avevo perso. Piani la moglie che si era uccisa.
    Piansi, e piano piano, quel mondo di tempesta, iniziò a schiarirsi.

    Riemersi dal mondo interiore a terra, con le gambe che dolevano. Alzai lo sguardo verso la montagna dei Kage, dunque mi guardai le mani, accorgendomi che fino a poco prima erano premute contro il mio viso e che erano bagnate di lacrime. Il dolore era atroce. Ma era vivo, un dolore acuto, penetrante, simile ad una spada piantata nello stomaco. Ma era qualcosa.
    Mi rimisi in piedi allora, con estrema difficoltà: le gambe soffrivano per l'abuso a cui le avevo sottoposte.

    Scusami se ti ho tagliato fuori dissi a Chomei, attraverso la mia mente, accorgendomi che ancora altre lacrime stavano sgorgando dai miei occhi, incapaci di fermarsi. Cosa avevo cercato di fare? Come avevo potuto pensare di... uccidermi?
    Sono vecchio qualche millennio, ragazzo Chomei rise, anche se non condivisi quell'ilarità. Per me diciotto mesi non sono nulla... Ma parleremo poi di questo... Ora vola
    Non fui io a chiedere il suo chakra. Fu lui ad inondare il mio corpo di potere, quel potere famigliare ed il manto del demone prese ad avvolgermi. Non assunsi l'aspetto bestiale e non raffinato di Chomei, ma fu un manto azzurro, che lasciava intravedere la mia persona. [Tecnica]
    Mi librai in volo, per la prima volta da quasi due anni, risalendo per una decina di metri, quasi rinato, scendendo poi subito dopo verso il basso. Sentivo vergogna e sollievo in egual misura e seppi, a quel punto, la vastità di ciò che avevo cercato di commettere.
    Sono stato un idiota dissi, levitando fino a toccare nuovamente terra, quando quel manto del demone svanì, rivelando la mia figura tramortita, quasi tremante.Grazie... Mi... Mi hai salvato la vita. Lo sfinimento giunse all'improvviso. Caddi sulle ginocchia e subito dopo, poggiai le mani sulla roccia, leggermente piegato in avanti. Sono... sono esausto Raizen... è tutto così pesante... Quelle ultime parole erano praticamente un sussurro. Ero tutt'altro che guarito, ma, quantomeno, se adesso avesse teso una mano verso di me l'avrei presa e mi sarei rialzato di nuovo. Manca ancora qualcuno però... manca lei E lui avrebbe capito subito a chi mi riferivo. A Yogan. Ma non avevo ancora il coraggio di affrontarla... a differenza di Chomei, Yogan era giovane. Per lei quel tempo pesava molto di più. Ed io l'avevo ferita, terribilmente, chiudendomi persino a lei. Lo sapevo. Sapevo che parte del dolore che provavo era il suo, nato da quello che avevo provato io stesso, in una folle risonanza che ci avrebbe portati entrambi alla follia.







    Edited by -Max - 22/10/2021, 23:24
9094 replies since 15/5/2006
.