Costiera di Kiri

[Ambientazione]

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  1. Leøn
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    Il ragazzo sorrise, quasi a prendermi in giro rassicurandomi del fatto che potevo parlare liberamente con lui e difatti concluse che era proprio lui che si stava avviando verso quell'isola così candida. A quel punto, pareva evidente un mio precedente atteggiamento quasi scontroso nei suoi confronti, al quale volli immediatamente rimediare.
    I rapporti con gli altri certo non erano il mio forte e spesso cadevo in stupidi equivoci. Evidentemente dovevo pensar meno, agire più istintivamente. Spesso il raziocinio era inconveniente: in particolar modo in semplici discorsi quotidiani, del tutto ininfluenti a differenza di quelli permeati dalla filosofia ninja.



    « Mah, a dire la verità anch'io sono diretto in quella direzione. Ma più per un allenamento che per una gita turistica..Anche perché il calore non sembra certo un habitué di quei luoghi. »



    Conclusi per pochi attimi, a cui posi fine riemettendo suoni dalle labbra.
    Certo non scuse riguardo al precedente atteggiamento, in quanto non gliene dovevo né presumevo gli interessassero. Semplici, innocue, informazioni.



    « E tu come mai vai lì ? »

     
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    Mi strinsi nelle spalle, come per dire in un solo gesto "secondo te perché?". Certo, non era molto accogliente quella terra per una gita di piacere, se ci si andava era per il mero lavoro.
    "Anche tu diretto li?" chiesi con falsa noncuranza. La voglia di andarci era sottoterra e se forse ci andava anche lui avrebbe avuto l' occasione di chiacchierare con qualcuno che non era il mio ego.
    "Io ci sto andando per lavoro, devo recuperare qualcosa. Ah, se ti vuoi andare ad allenare li, te lo sconsiglio, è pessimo, freddo e poco stimolante." dissi elencando tutti gli effetti che aveva Genosha sulle capacità dei Ninja.
    "Ora vado, scusami per il disturbo. Rischio di perdere il traghetto." dissi con uno sbadiglio, annoiato, prima di superarlo e dirigermi verso il porto.
     
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  3. Leøn
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    "Eh beh, te l'ho detto, sì". Tutt'una risposta racchiusa in un semplice cenno del viso, che andava accompagnando i discorsi dell'indigeno che quasi sembrava lamentarsi. I suoi motivi, a differenza dei miei, erano lavorativi ed anzi, mi consigliò di cambiare meta poiché quello era veramente un ambiente ostile. E per fortuna, quello era ciò che cercavo.

    « Mah, tanto di guadagnato. Vorrà dire che resterò di meno, però avrò fatto un qualcosa in più.. »



    Ironizzai con tono solenne.
    Il discorso finì lì, con il ragazzo che si stava dirigendo verso il traghetto, cosa che ben presto anch'io mi sarei accinto di fare.
    Da quel che mi aveva potuto descrivere, sarebbe stata dura. Meglio, qualche esperienza in più.

     
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    CITAZIONE (Aydan @ 9/3/2009, 23:47)

    Rivelazione



    - Intendi lasciare la vita del Ninja?
    Il tono di Itai, piatto e privo di qualsivoglia reazione, lasciava trasparire una mal dissimulata sorpresa.
    Prevedibile, d'altronde. Lui stesso ci sarebbe rimasto quasi male, se gliel'avesse detto uno dei suoi amici.
    - Diciamo che la mia Yui vuole farmi fare ciò.
    Abbozzò un mezzo sorriso. La scelta finale era toccata a lui, tutto sommato.


    Quando me lo disse per un attimo mi vennero in mente tutti i momenti, i guai, le missioni, gli allenamenti e le lotte fatte insieme. Mi ricordai di Aydan, il suo lupo incredibilmente vivace e spassoso.
    Ogni corso fatto insieme, ogni passo avanti da quando, da piccoli studenti ci conoscemmo. Era il mio migliore amico ancora in vita ed aveva deciso di prendere una strada diversa dalla mia.
    E per quanto mi sembrasse difficile da accettare, se lui era felice lo dovevo essere anche io. Forse smieloso e preconfezionato come pensiero, ma maledettamente azzeccato in quella situazione.
    "Me la dovrai far conoscere un giorno. Chissà, magari ci va d' accordo con Yui." risposi quindi dano una pacca sulla spalla dell' amico.
    "Sai, l' importante alla fine è fare ciò che si vuol fare. Se hai deciso di cambiare vita per te questa deve essere qualcosa di serio. O è colpa degli ormoni?" aggiunsi quindi, cercando di dimenticare che Kiyon Inuzuka non sarebbe stato più un Ninja.

     
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  5. Aydan
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    Ormoni



    Almeno esternamente, non sembrava che Itai l'avesse presa male. Ma Kiyon non era sicuro del fatto che la stessa reazione stesse avvenendo anche al suo interno.
    O magari no. Magari Itai non era come lui, magari non aveva quella punta d'egoismo che lo avrebbe fatto rimanere male se un suo amico gli avesse detto una cosa del genere.
    Magari era davvero solo contento della sua scelta, perché l'aveva fatta nella piena consapevolezza.
    - Me la dovrai far conoscere un giorno. Chissà, magari ci va d' accordo con Yui.
    - Guarda che la conosci già. Ti ricordi di Ruki, la cameriera più giovane alla Sala del Thé, no...?
    Lasciò in sospeso la frase, aspettando che Itai facesse quel semplicissimo 2+2.
    - Comunque, oso sperare che non siano sul serio gli ormoni, anche se non credo. Sono sempre stato irremovibile nelle mie decisioni, ma stavolta lo sono ancora di più. Non credo che un semplice sbalzo ormonale potrebbe farmi arrivare a certe conclusioni.
    Si mise le braccia dietro la testa spostando il peso all'indietro. Osservò il superbo spettacolo del mare mosso in quella scomoda posizione.

     
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    Felice che avesse voglia – poteva sbuffare per finta quanto voleva, tanto lo capivo – le diedi il tempo di prepararsi e io stesso andai a mettermi qualcosa di più “leggero”: mi tolsi gli abiti della missione e mi misi una semplice maglietta e un paio di jeans larghi, di quelli che amavo, con su una felpa blu. Strinsi il copri fronte vicino al braccio e attesi Ayame.

    Quando anche lei fu scesa, uscimmo di casa e scendemmo le scale del palazzo dove abitavamo, andando in strada per quella camminata di qualche isolato che ci separava dal mare. Appena fuori casa strinsi le mie dita della mano destra con le sue della mano sinistra. Il viaggio durò poco e la Costiera si rivelò come sempre per quello che era: una spiaggia pessima per i bagnanti, ma spettacolare a vedersi.

    Quindi iniziammo a camminare lungo le rocce, mentre le onde placide quel giorno si infrangevano contro gli scogli, sollevando buffi schizzi d’acqua che non ci bagnavano minimamente. C’era solo una leggera brezza marina che rinfrescava l’aria e si, era perfetto così: a volte pensavo che dovevamo prenderci una vacanza nel profondo Sud, vicino al Pese del Thè, dove le isole sono sicuramente più calde e ospitali di Kiri.


    « Avevo bisogno di staccare leggermente dalle missioni. Sai, ultimamente non riesco a curarmi degli affari di Kiri come vorrei.
    »




    Pensai per qualche secondo alle mura: Giants era partito ed il suo turno era rimasto vuoto, Etsuko inoltre aveva anche il suo incarico come medico e non c’era più un’ottima difesa. Dovevo chiedere più aiuto ai Tengu, forse loro mi sarebbero stati sicuramente più d’aiuto.


    « Anche se devo dire che non so quanto ancora vorrò prestare così totalmente le mie forze a Kiri.
    »




    Il mio sguardo si rabbuiò un attimo. La nomina di Fujiko era la cosa che mi aveva colpito di più, di tutta quella situazione. O Shiltar aveva le ossa anche nel cervello oppure il villaggio era in preda a qualche tipo di corruzione a sfondo chiaramente molto intimo. La cosa, ovviamente, non mi andava a genio. Non capivo perché una donna così avvenente fosse stata messa come Amministratrice anche se nessuno al villaggio avevano mai sentito parlare di lei o l’avevano mai vista prima d’ora. La cosa mi puzzava e mi infastidiva e sì, volevo capire.

     
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  7. Ayame•
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    Alla fine, convinta dal ragazzo, Ayame aveva accettato di seguirlo in spiaggia, per fare una passeggiata in riva al mare, lontano da tutto, lontano da tutti, per godersi la bella giornata.
    Quindi entrambi erano andati a cambiarsi, lui mettendoci circa due minuti, lei mettendocene circa venti: alla fine, quando fu pronta, tornò in cucina, dove lo trovò abbandonato su una sedia con un'aria abbastanza assonnata.
    Non si era vestita pesante, anzi, forse un po' troppo leggera, e no, non aveva preso in considerazione l'idea di poter avere di nuovo la nausea in giro.
    Aveva infatto indosso un semplice vestito, blu, con le maniche lunghe ma per niente pesante, una scollatura appena accennata e con le gambe per la maggior parte nude.
    Alla fine uscirono di casa, compiendo quei pochi metri che li separavano dalla costiera senza quasi parlare, tenendosi semplicemente per mano con un bel sorriso dipinto sulle labbra.
    Alla fine arrivarono alla spiaggia.
    Di bagnanti lì se ne trovavano raramente, non era, per così dire, comoda, ma di certo era bella a vedersi, e per passeggiare non era così brutta (poi lei aveva la sua lince a portata di mano, se fosse inciampata non avrebbe fatto a tempo a toccare terra, poco ma sicuro).
    Itai quindi si lasciò andare a qualche considerazione sull'accademia, e dopo un paio di secondi lei si fermò, facendo fermare anche lui e guardandolo negli occhi.


    "Non pensare all'accademia amore.."



    Gli prese una mano, posandosela sul ventre e continuando a guardarlo, pensando dentro di se quando avrebbero avuto l'occasione di prendersi una vacanza.
    Tra poco si sarebbero sposati, e poi avrebbero avuto un figlio, e un figlio non significa mai vacanza.
    Insomma, non li aspettava un bel periodo.


    "Non pensare all'accademia.."

     
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    Aveva ragione, non avrei dovuto pensare all’accademia, o a Kiri in quel momento. Purtroppo la situazione aveva un caos così generale che forse per me sarebbe stato meglio chiamarmi fuori e vivere la vita che stavo progettando con lei. Sorrisi teneramente quando lei mi prese la mia mano e se la posò sul ventre. Io la mossi appena e attirai dolcemente Ayame verso di me, facendole poggiare la sua schiena contro il mio petto.

    Le baciai velocemente la guancia e guardai il mare che si muoveva placido, mentre il sole per niente grigio in quelle latitudini gli dava, insieme al cielo mai troppo azzurro, un colore che non amavo particolarmente, ma al quale mi ero abituato e lei sicuramente più di me. Cosa significava l’ultima novità, insomma? La mia voglia più profonda era quella di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per proteggerla e non mi sembrava mai abbastanza. Difendere le mura di Kiri, invischiarmi in oscuri affari per rallentare battaglie, litigare con Amministratori e Kage per quella che ritenevo incompetenza suglia spetti fondamentali.

    Sospirai appena e sorrisi. Ero diventato il terzo uomo più importante di quel villaggio, superato da una prostituta da due soldi spuntata dal nulla. Avrei dovuto essere orgoglioso di me stesso, essendo anche un traditore. Forse, visti gli ultimi avvenimenti, sarebbe stato il massimo che avrei ottenuto da Kiri.

    « Non ci penserò più, promesso. »



    A dire il vero non avevo esattamente idea se avrei potuto mantenere la promessa, quantomeno però non glie ne avrei parlato. Purtroppo ormai ero invischiato nella politica Accademica, sebbene la vedessi ancora dall’esterno, e tornare indietro non era proprio facile.

    « Sai Ayame, pensavo ad una cosa.
    Noi il diciannove giugno ci siamo fidanzati, il diciannove luglio abbiamo fatto per la prima volta l’amore. Il diciannove ricorre spesso nella nostra storia.
    Pensavo… diciannove, si dice jukyu. Jukyu è un nome adatto sia ad un maschio che ad una donna.
    »



    Dissi sovrappensiero. Si, erano questi gli effetti di diciotto minuti di attesa prima che lei fosse pronta. A volte l’attesa era utile.

     
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  9. Ayame•
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    Restarono per qualche istante in silenzio, abbracciati, lui ancora con la mano sul suo ventre non ancora gonfio (era presto, si), entrambi occupati a fissare il mare: quel mare che lui vedeva così grigio, e che la ragazza, abituata da sempre al clima di Kiri, vedeva quel giorno di un colore particolarmente acceso.
    Cosa avrebbe portato la loro unione?
    Lei era una Kiriana e non si sentiva come tale, lui non era nato a Kiri ma era affezionato a quel posto molto più di lei, ed entrambi non avevano uno splendido esempio di modello familiare.
    A cosa stavano andando incontro?
    La verità era che non lo sapevano, non ne avevano idea.
    La cosa al momento la spaventava ancora un po': un figlio, un matrimonio..lui così occupato con la carriera all'accademia, ed entrambi abbastanza giovani da correre il rischio di perdersi pezzetti di vita.
    Lui, sovrappensiero, le propose un nome.
    Diciannove, Jukyu.
    Era adatto sia per una femmina che per un maschio, ed era una data importante per la loro storia.
    Ed era un bel nome.
    Jukyu Nara.
    Ayame Nara.
    E Itai Nara.

    "E' bellissimo"



    Sussurrò lei con un sorriso, cercando di renderlo più che accennato, nascondendogli quello strano stato d'animo un po' tormentato che la invadeva in certi momenti, nascondendogli le preoccupazioni che la invadevano ogni istante di più.
    Sarebbe andato tutto bene, sarebbero stati felici: in un certo senso ne era convinta.
     
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    Avvicinai per quando possibile di più il corpo di Ayame a mio e la feci voltare a guardare il mare, abbracciandola da dietro. Le sfiorai la guancia con le mie labbra e posai poi la fronte contro la sua nuca, socchiudendo gli occhi. Jukyu era perfetto. Sicuramente più carico di significato di un qualsiasi nome estratto a sorte tra le centinaia che esistevano. Sfiorai una sua mano con la mia e sentii la tensione, persino il suo viso, che non potevo vedere, sembrava preoccupato. Come biasimarla.

    Tutto sembrava essere stato rapido. La nostra storia, la decisione di sposarci e ora anche il bambino, tutto estremamente più veloce di una concezione del normale. Sarebbe stato abbastanza da far spaventare qualsiasi altra persona, ma si sa, se entrambi eravamo ancora lì vuol dire che la fuga non è stata necessaria, per nessun motivo. Feci scivolare con delicatezza una mano sul suo ventre, insinuandola tra i bottoni del suo abito per accarezzarle direttamente la pelle, per poi avvicinare le mie labbra al suo orecchio destro, mentre l’altra mano si posava delicatamente sulla sua spalla.

    image

    « Sei spaventata.
    Non negarlo, non con me, le conosco tutte le tue facce ormai. Tuttavia mi preoccuperei se non lo fossi.
    »



    Sorrisi appena al pensiero che mi era passato per la testa. Stupido, un battuta da quattro soldi, ma che non resistetti dal dirle.

    « Insomma, se tu fossi troppo sicura di te stessa, finiresti o col far cadere il bambino perché lo prendi in braccio troppo convinta oppure lo soffocheresti per lo stesso motivo. »



    Macabro pensiero, e anche comico. Dopotutto però vero, perché la guerra non era tanto diversa dalla vita. Forse la guerra non era altro che un pezzo di vita. Se in guerra non si aveva paura, si moriva inevitabilmente: la troppa sicurezza conduceva alla cecità.

    « La paura ci aiuterà, perché anche io ne ho. Ma penso che va bene così, che non abbiamo sbagliato nulla, che ci spingerà a diventare migliori. »



    Quindi tolsi le labbra da vicino al suo orecchio e le baciai delicatamente il collo, rimanendo lì vicino con le labbra per poi parlare con tono leggermente più alto, per farmi sentire.

    « Hai idea della paura che ho io a pensare che dovrò sopportarti per tutto il resto della mia vita? Se non mi rende immortale questo giuro che divento monaco e mi do alla meditazione. »



    Dissi ridendo con tono palesemente scherzoso. Perché non c’era niente di meglio che sopportarla per tutto il resto della mia vita.
     
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  11. Ayame•
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    Il ragazzo la strinse a se, facendola girare per guardare il mare, così abbracciati, stretti di fronte a quella visione, tutto il resto sembrava andare tutto bene, tutto il resto sembrava tranquillo.
    Aveva paura.
    Era vero, come non averne? Ed era altrettanto vero che ogni volta che lei aveva paura o era preoccupata, e che ogni volta che tentava di nasconderlo a Itai, per un motivo o per l'altro, lui se ne accorgeva, sempre.
    La conosceva, troppo bene a dire il vero, meglio di chiunque altro fino a quel momento.
    Le fece scivolare una mano sotto al vestito, per farla andare a diretto contatto con la pelle del suo ventre, e lei, nonostante tutto, sorrise.

    - Insomma, se tu fossi troppo sicura di te stessa, finiresti o col far cadere il bambino perché lo prendi in braccio troppo convinta oppure lo soffocheresti per lo stesso motivo. -



    A queste parole fece una smorfia e gli mollò un pizzicotto sul braccio, sentendo i brividi lungo la schiena al solo pensiero.
    No, sarebbe stata attentissima col bambino, quasi paranoica, già lo sapeva.
    Alla fine sorrise per le sue parole, che riuscirono a consolarla e a tirarle su l'umore più di qualsiasi altro bacio.
    Jukyu..
    Quasi ancora non ci credeva, che avrebbero avuto un bambino, o una bambina, ma era come se lo sentisse crescere dentro di se, e ora che aveva anche un nome, si sentiva vicina come non mai a lui o a lei.
    Decise anche che non avrebbe voluto scoprirne il sesso fino alla nascita, voleva avere la sorpresa.
    Anche se aveva la sensazione che più avanti nella gravidanza si sarebbe convinta che il bimbo era di un determinato sesso e nessuno le avrebbe tolto questa convinzione.

    "Non voglio scoprire il sesso del bambino, voglio avere una sorpresa..anche se so che sarà femmina"



    Sussurrò lei, con un lieve sorriso sulle labbra, pronunciando quella domanda sottintesa, sperando che lui fosse daccordo con lei.


     
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    Mugolai divertito alla sua affermazione sul sesso del nascituro. Se ne era sicura lei, allora chi poteva esserne più certo? Non di certo io: nostro figlio (o figlia, anzi, secondo sua madre era proprio così) non stava crescendo certamente nel mio di corpo, tuttavia la sua richiesta la potevo accettare senza crucci di nessun tipo. Infondo conoscere il sesso del bambino non era necessario: avremmo avuto pazienza per quello.

    « Se ne sei certa tu Ayame, io non posso che essere d’accordo con te. »



    Dissi quindi, togliendo la mano da sotto il suo vestito subito dopo per prenderne una sua, camminammo un po’ finché non trovammo uno scoglio abbastanza comodo. Mi sedetti sopra la roccia e la feci sedere sulle mie gambe, passandole un braccio attorno alla vita. Quindi scrutai un attimo il mare non troppo agitato e spostai il viso, guardandola.

    « Credo di doverti presentare due persone Ayame. Non credo che tu sia in qualche modo in pericolo, ma se li vedi scorazzare dalle nostre parti non vorrei che ti spaventassi.
    Kira, Mizuki, fatevi vedere.
    »



    Dall’ombra uscirono due ninja. Erano appostati nell’ombra dei palazzi adiacenti alla costiera ed erano immobili. Il loro compito era quello di seguirmi a distanza, ogni volta che uscivo di casa, salvo ordini contrari. Un ragazzo era avvolto in un mantello nero con un cappuccio e s’intravedeva un viso giovane con delle ciocche bionde. La ragazza invece aveva i capelli rossicci e li occhi azzurri, con lo sguardo abbastanza distaccato.

    « Sono due studenti, miei allievi finché vorranno. Ronzano spesso attorno a me per miei ordini. Mizuki, Kira, lei è Ayame. È la mia fidanzata, presto mia moglie ed è un Genin.
    Lei è un vostro superiore in mia assenza. Rimane valido che non avete vincoli se io lo decido o muoio. Il vostro ordine, se dovesse accadere qualcosa, è di proteggerla.
    »
    « La tua fidanzata? Quale onore, eri diventata famosa ormai. »



    Il primo a parlare fu Kira, con un tono che sembrava venire dall’oltretomba. Mizuki fece un cenno e restò in silenzio: quella ragazza parlava poco e quando lo faceva non diceva mai più di cinque parole di fila. Non mi aspettavo nulla da lei.

    « Ora dileguatevi, potete andare dove preferite. Appuntamento per domani come al solito. »



    I due annuirono e quindi si voltarono, dileguandosi per le vie di Kiri. Non sapevo dove abitassero, né molto sulle loro vite, anche se da tempo avevo capito che potevo fidarmi totalmente di loro.

    « Tipi strani, ma affidabili. Non stavano passando un bel momento quando li trovai, ora però mi sembra di capire che la loro vita vada meglio.
    Non mi faccio venire l’ansia di protezione e non li avrai sempre intorno, tranquilla, ma sei occhi sono meglio di due, e sanno essere discreti come pochi.
    »



     
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  13. Ayame•
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    Lui mugolò divertito di fronte a quella affermazione, più che mai scorretta, almeno tecnicamente.
    No, non poteva avere idea del sesso del bambino, in effetti la sua era solo una speranza.
    Ma in ogni caso sarebbe stato perfetto, che fosse un maschio o una femmina.
    Tuttavia Itai non sembrava avere nulla in contrario nemmeno con la sua seconda affermazione, e quello in effetti era ciò che le interessava sapere.
    Bene, erano daccordo allora.
    Ovviamente avrebbe fatto tutti gli esami che si facevano normalmente quando si era in attesa di pargoli, ma non avrebbe voluto sapere nulla riguardo il sesso, solo la salute le interessava.
    Alla fine il ragazzo levò la mano da sotto il suo vestito (in effetti, o la insinuava più in basso, o la levava) e i due ripresero a camminare lungo gli scogli, con lei che si stringeva a lui talvolta cercando anche riparo da qualche sbuffo più freddo di vento.
    Dopo un po' trovarono una roccia che sembrava comoda, e lui decise di sedersi, trascinandosi subito lei sulle gambe, con sua somma gioia.
    Gli posò quindi un bacio sul collo, con una certa voglia di spostare la conversazione su..argomenti più interessanti, per così dire, ma lui la interruppe.
    Doveva presentarle due persone.
    Cosa voleva dire che non credeva che lei fosse in pericolo? Che significato aveva tutto ciò? Le voleva dare due guardie del corpo per caso?
    All'improvviso si mostrarono due ninja, un ragazzo e una ragazza, entrambi dall'aspetto strano.
    Spiegò a loro chi Ayame fosse, e lei sorrise appena ai due, perplessa per la scenetta.
    La conversazione durò poco, e loro alla fine si dileguarono.
    Da quanto li seguivano? Quanto avevano ascoltato della loro vita fino a quel momento?
    Itai le spiegò che servivano a farlo stare più tranquillo.


    "Non ho bisogno di protezione.."



    Mormorò lei, leggermente irritata all'idea che quei due le stessero tra i piedi, e soprattutto all'idea di essere rimasta all'oscuro di una porzione tanto ampia della vita di Itai, che, per il momento, le era abbastanza oscura.
     
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    Lo sapevo che non aveva bisogno di protezione. In questo momento non c’era nessun pericolo per lei. Annuii e le baciai le labbra delicatamente, accarezzandole la guancia con la punta delle dita. Kira e Mizuki avevano l’ordine di seguire me, non lei. Io non speravo di farmi proteggere da loro due, ma speravo di insegnare loro la tattica e la strategia del cogliere di sorpresa gli avversari.

    « In questo momento la cosa più pericolosa che puoi fare è cadere dal letto. Non proteggono te, o meglio, lo fanno se proprio dovesse essere necessario, ma seguono me. Proteggeranno te solo se stiamo insieme e non li ho mandati via.
    Il loro ordine è seguire me, sebbene non credo mi serva la loro protezione, possono essere utili.
    »



    Un’onda un po’ più forte si infranse contro lo scoglio, sollevando una delicata schiuma bianca dall’odore salmastro che si riversò nell’aria, inumidendola appena assieme alle nostre pelli. Il sole ormai stava tramontando e la luce rossa aveva invaso il cielo di Kiri. Da est si intravedevano nuvoloni poco piacevoli che ben presto avrebbero portato il classico clima poco piacevole nel villaggio.

    « Rientriamo? Stanno arrivando dei brutti nuvoloni, credo che tra non molto inizierà a piovere. »



    Proprio come il giorno in cui ci siamo messi insieme, pensai e sempre tenendola in braccio mi alzai, facendo qualche agile balzo per tornare in strada. La posai per terra e guardai i tetti delle case davanti a noi.

    « Sai Ayame, da quando hai imparato tu, non lo facciamo spesso. »



    Mi voltai e le indicai la mia sciena, voltandomi a gaurdarla con un sorriso sulle labbra.

    « Salta su, oggi ti ci porto io a casa. »



     
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  15. Ayame•
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    Pensierosa, la giovane si strinse nuovamente al ragazzo, lievemente imbronciata (cominciava già a diventare più intrattabile del solito, e in quel momento le stava tornando quel fastidioso senso di nausea, probabilmente collegato al nervoso o all'ansia).
    Lui le baciò una guancia, spiegandole che quei due non le sarebbero stati tra i piedi, se non in caso di necessità.
    Ma lei si rifiutava anche solo di concepire che ci potesse essere un caso di necessità, perchè avrebbe voluto dire che Itai non poteva più prendersi cura di lei.
    E che, quindi, o era costretto a starle lontano per un tempo prolungato o che era morto: quindi, in sintesi, quei due non li voleva tra le scatole, non li voleva più rivedere.
    Ormai il sole stava tramontando, e quando un'onda più forte delle altre li bagnò appena, lei rabbrividì, stringendosi maggiormente a lui, cercando il calore della sua pelle.
    Intanto all'orizzonte cominciavano a farsi vive delle nuvole che no, non promettevano bene.
    Come il giorno in cui si erano conosciuti.
    Se la ricordava quella sera, se la ricordava fin troppo bene.
    Era tornata a casa fradicia, ma non era mai stata tanto felice.
    Così il ragazzo la prese in braccio, tornando sulla strada e posandola nuovamente a terra.
    Ma invece che lasciarla camminare da sola, decise che voleva portarla lui.
    Difatti si girò di schiena, abbassandosi appena e dicendole di montare su, strappandole un sorriso sinceramente divertito.
    Allora salì sulle sue spalle, sentendo il suo profumo così vicino a se e dandogli un morso giocoso sul collo, avvicinando poi le proprie labbra al suo orecchio, sussurrando alcune parole con tono malizioso, stuzzicandolo, giocando con lui, con il suo fidanzato.

    "Peccato che ci stessero osservando prima..mi sarebbe piaciuto non fare la brava in quel momento"
     
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