Palazzo Yakushi

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    虎穴に入らずんば虎子を得ず。

    If you do not enter the tiger's cave,
    you will not catch its cub.


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    Si narra che all'interno delle alte mura del Clan Yakushi, seduta su di un pavimento di legno lucido e con le mani congiunte nella serenità tipica della lungimiranza sapiente, vi sia una donna.
    Ella, guardiana silenziosa di un mondo a cui nessuno è dato sapere, par vivere il flusso della vita con la lentezza peculiare degli spiriti, limitandosi a stirare le dita su di un evento che è sua intenzione intrappolare, fermare o semplicemente spingere avanti...
    … Si dice anche che di ella nessuno conosca il volto e che a pochi sia dato di scoprire il suono della sua voce poiché lei, sovrana dell'oscurità, siede alle spalle di chi sembra gestire il tutto, muovendo le fila di un destino che vuole cantare solo per lei.

    Avanzate cauti, giovani intrusi...
    … il castello di fili in cui vi addentrate potrebbe non lasciarvi mai più uscire...




    “Ogen-dono, ricorda che le avevo parlato di una ragazza arrivata giusto ieri alle mura?”



    Era una mattina scarsamente soleggiata ma pregna di un'umidità quasi opprimente quella in cui la voce di un giovane uomo ebbe l'ardire di fare capolino all'interno di un'immensa sala di legno consunto che in molti, all'interno di quel clan, chiamavano Dojo. Oberato di un timore reverenziale che poco spazio lasciava alla sicurezza di cui al contrario avrebbe dovuto essere ricolmo, quel timbro ebbe scarsa risonanza all'interno di quella stanza dal soffitto alto e le finestre rettangolari, perdendosi infatti ben presto nel silenzio vigente di quel luogo sacro all'interno del quale l'unica presenza era quella di una donna curva che, nell'udire le parole a lei rivolte, ebbe appena il buon gusto di alzare lo sguardo.
    […] Sembrava avere all'incirca ottant'anni, un'età che si dimostrava nella ragnatela di rughe impresse su di un volto un tempo splendido, e in quegli occhi scuri socchiusi in un sorriso gentile e sereno. Inginocchiata immobile sul parquet del dojo, infatti, colei che era conosciuta come Ogen Yakushi non pareva affatto disturbata dall'arrivo dei due giovani Shinobi ma, al contrario, piuttosto divertita. Sempre che il sentimento che aleggiasse ignoto nei suoi lineamenti fosse divertimento.
    Invero Ogen era quel tipo di donna di cui raramente si comprendeva lo stato d'animo e che altrettanto raramente era facile da ingraziarsi. Di indole e animo tanto imperscrutabile quanto determinato infatti, la potente kunoichi difficilmente concedeva l'invito a scrutare all'interno del suo cuore, un dettaglio questo che si manifestò pienamente nel silenzio della destinataria di quella domanda, che si limitò solo ad annuire, intrecciando poi le affusolate e magre dita le une alle altre prima di alzare lo sguardo sulla creaturina ignota che l'amministratore di Oto portava con sé: Una ragazzina piuttosto eccentrica a quanto pareva, e nel suo essere tanto sfrontata persino sciocca...
    … un giudizio che trovò presto conferma in quanto accadde rapidamente dopo.

    “L'avevano presentata come un demonio a dodici teste sputante fuoco e fiamme, Ogen-sama, invece è una rispettabile signora che vive in una dimora estremamente curata e dal palese tocco femminile.
    Le ho portato un regalo, non sta mai bene per una neofita presentarsi a mani vuote dalla padrona di casa, nevvero?”



    Parlava con calma la mora sconosciuta, ma con una inclinazione di voce che lasciava trapelare la sua impazienza e il suo carattere poco incline a sfigurare per colpa altrui.
    Piuttosto rigida di animo e con un'attitudine naturale a imporsi atteggiamenti più o meno piacevoli, sembrava la classica ragazzina convinta di dover apparire tagliente e aggressiva per imporsi in un mondo che evidentemente non aveva fino a quel momento voluto collaborare con lei... un errore tipico dei più giovani quello, loro che erano così convinti che usare la ferocia servisse a manipolare la realtà delle cose.
    Abbassando lo sguardo nello scuotere leggermente la testa, la vecchia Ogen sospirò, alzando poi impercettibilmente gli occhi al soffitto del dojo.
    A quanto pareva aveva per le mani l'ennesimo pulcino spaurito. Cominciava a diventare troppo vecchia per quelle faccende lì...

    “So che non è molto, ma una donna del suo calibro ha tutto, servitù, manovalanza, sgherri e decisamente molti soldi. Forse quello che le farebbe piacere avere è un pò di semplicità. Questo è un serpente, rappresenta l'astuzia, la flessibilità e la pericolosità degne di una persona come lei.”



    « Quello che mi farebbe piacere avere sarebbe l'educazione di una sconosciuta e magari il silenzio di una bambina »
    Esordì così Ogen Yakushi e la sua voce, bassa e ironica, venne presto accompagnata da un sorriso divertito che poca fantasia lasciava all'interpretazione. Il messaggio che trasmetteva, ahimé, era infatti forte e chiaro: Si stava beffando della sua interlocutrice « Ti ringrazio per il gentile pensiero tuttavia, sei l'unico uccellino che si è preso la briga di portarmi in dono qualcosa che non sia un topo morto chiuso in un sacco di farina di riso... » Continuò la vecchia donna, facendo scivolare per neanche una frazione di secondo lo sguardo vitreo sulla figura di Febh, a cui venne in ogni caso rivolto un grazioso sorriso. Per quanto potesse essere grazioso il ricordo di un episodio simile « Avrò piacere di farne tesoro --... » Disse la donna, interrompendosi però improvvisamente nell'alzare le sopracciglia con fare perplesso, guardando poi dritta negli occhi la mora fanciulla, che forse a quel punto, e solo a quel punto, avrebbe avuto la sensazione di essere piccola e sola. Completamente fuori luogo. Decisamente inadatta a tutto, forse persino al mondo « ...perdonami, come hai detto di chiamarti, uccellino? » Domandò dunque Ogen, prima di sorridere nuovamente. E adesso sembrava veramente divertita « Ah... temo che tu non lo abbia ancora detto, nevvero? » E così dicendo si portò di fronte alla bocca una mano rugosa in un gesto volutamente troppo lento per celare l'ironia che lentamente si stava impossessando di quel volto molto più espressivo di pochi minuti prima.

    […] Pungente, acuta e discutibilmente divertente. Ecco come sarebbe apparsa Ogen Yakushi.
    Perennemente tranquilla, proprio come se tutto ciò che la circondasse fosse il semplice scherzo di un destino beffardo, la vecchia kunoichi non sembrava prendere niente seriamente... come avrebbe potuto del resto? Quei due ragazzini con ogni probabilità apparivano ai suoi occhi come semplici cuccioli lanugginosi tutti da formare.
    Ogni loro tentativo di compiacerla era un gioco. Ogni loro astuzia un passatempo. Ogni loro profonda riverenza una nenia già sentita.
    Se la loro intenzione era stupirla, avrebbero dovuto fare molto più di questo. Aveva visto troppe lune per provare ancora meraviglia dinnanzi alla puerile evidenza.

    « E' mia convinzione il credere che quando si entri in una casa che non è la propria, sia necessario presentarsi prima ancora di cedere al desiderio di arruffianarsi il padrone di casa »
    La voce di Ogen Yakushi era ora diversa rispetto a qualche attimo prima. Improvvisamente infatti, proprio come se di punto in bianco quella circostanza non la dilettasse più, la vecchia aveva assunto un'espressione piatta e attenta, e ogni sua parola veniva adesso offerta con precisione soppesata.
    Evidentemente oltre che la meraviglia, la kunoichi aveva perduto anche l'indulgenza.
    « Giungi al mio cospetto ponendoti infetta dalla demenza della parola e dell'intelletto, offrendomi in dono il tuo orgoglio e la tua deferenza senza nemmeno darmi il beneficio del tuo nome » Riprese a parlare la donna, guardando la ragazzina immobile a qualche metro da lei con i suoi profondi occhi neri taglienti e glaciali « Pensi che serpe non sia in grado di divorare un topolino? » Domandò a quel punto, sorridendo « Se il tuo obiettivo era fare colpo su di me, temo tu abbia perduto la tua possibilità iniziale... vediamo se avrai il buon gusto di recuperare spiegandomi il motivo per cui dovrei sopportare ancora la tua vista » Sospirò poi, prima di portare il suo sguardo straziatamente stanco sul giovane accompagnatore dell'intrusa, cui fu rivolto però solo un lungo silenzio « Febh... » Chiamò dopo un perpetuo attimo l'anziana, con voce talmente bassa che difficilmente qualcuno avrebbe potuto udirla. Nei suoi occhi, adesso, si leggeva il disappunto « ...per l'amor del cielo... » Aggiunse la kunoichi, portandosi poi una mano alla fronte e sospirando sonoramente, ma detto questo si fermò e non disse né fece nient'altro se non mettersi a mani conserte, inarcare un sopracciglio e fissare nel modo paziente riservato ai menomati mentali quel povero cristo di un tuttofare il quale... ahimé, che avrebbe dovuto fare? Non gli era stato detto niente.
    Ma se aveva a cuore la sua incolumità, avrebbe dovuto improvvisarsi indovino e risolvere al più presto il desiderio della sua signora... le conseguenze, altrimenti, non si sarebbero fermate ad un semplice sospiro di rassegnazione.

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