L'Arena

[Ambientazione]

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    Un sollazzo, un semplice gioco per passare il tempo. Così vedevano l’entrata di yashimata in quel luogo, credevano che era andato fino ad Oto per mere questioni diplomatiche. Rimase deluso su quanto stolti fossero gli amministratori, non riuscivano a concepire il suo grandioso progetto. Infatti nessuno riusciva a capire ed a comprendere la vastità e l’effimera bellezza del suo piano congeniato da mesi, oramai. Tutti lo guardavano sottecchi, taluni per timore ed altri in gesto di sfida. Una sfida che non avrebbe accolto, non era l’ora di spargere sangue, malgrado alcune risposte che gli furono date fecero accrescere la sua furia omicida, che reclamava in qualsiasi momento, in ogni istante e dovunque, sempre più sangue. Lo sguardo giocoso, sotto taluni aspetti, diventò serio, e, nello stesso, si intravedeva la noia che stava combattendo assiduamente. Era ora di chiudere la questione.

    Shinodari gli diede il permesso di rimanere ad Oto, purché fosse accompagnato e scortato da qualche Shinobi del medesimo paese. Non rispose, rimase in un impassibile silenzio. L’altra amministratrice, invece, mise in tavola un ottimo compromesso che Yashimata accettò senza problemi. A lui non servivano le armi. Infine, dopo che sussurrò le fatidiche (?) parole a Shinodari, notò che qualcosa aleggiava nell’aria. Qualcuno aveva riprodotto la sua voce senza alcun problema, e molti, stoltamente, credettero che fosse proprio lui a sussurrare quelle parole di odio nei confronti del suo amministratore. Tutti, tranne qualche eccezione, ci cascarono in pieno. Possibile che fossero così stupidi e che non capissero il tranello? Secondo loro era mai impossibile che Yashimata denigrasse a tal punto il proprio amministratore, conscio del fatto che solo lui poteva concederli il permesso tanto ambito? Probabilmente sì, li aveva enormemente sopravvalutati.

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    Fu il turno di Godsan, e poi di Shiltar. Lasciò loro parlare senza interromperli in alcun modo. Era di carattere aperto, o, semplicemente, si era annoiato di far comprendere le sue ragioni: era come spiegare il linguaggio umano ad un mulo, e, come si poteva ben intuire, la missione era pressappoco impossibile.

    « Tokugawa? No, io non faccio parte di quel clan e mai né diventerò un membro. Credo che abbiate sbagliato persona. »
    Sussurrò in tono pacato, rivelando la più pura verità. Dei Tokugawa conosceva solo la proibita arte, nient’altro. Non aveva il cognome né si era mai sentito un membro di quel clan: era un sentimento di odio-amore che provava nei loro confronti e più stava distante da loro, meglio era; anche se sapeva bene che prima o poi il Maestro sarebbe venuto ad esigere il debito e lì, per lui, non ci sarebbe stato scampo. Ma non pensava a quel giorno, sembrava qualcosa di lontano, remoto.

    « Shiltar- Sama, la pregherei di concedermi quel permesso senza continuare questa pagliacciata. A me serve, non credo che i miei affari privati debbano essere svelati in pubblico per un pezzo di carta. »
    Continuò con voce stranamente cordiale.
    « Prima quel tizio mi ha chiesto se agirei ugualmente. Sì, agirei senza che voi nemmeno riuscireste a rendervene conto e avrei potuto fare così sin dall’inizio se solo lo avessi desiderato. Ho voluto essere sincero, ma a quanto pare non è servito a nulla. »
    Quindi, si voltò dandoli le spalle. Ancora non aveva capito chi fosse stato ad emulare la sua voce, ma chiunque fosse stato l’avrebbe pagata cara. Si rivolse a Shinodari, forse per un ultima volta.

    « Di grazia, qual è il nome di colui che mi scorterà ad Oto? »
    Domandò, per poi aspettare le ultime risposte. Avrebbe aspettato, dopo l’ultimo disperato tentativo, che Shiltar gli concedesse il permesso e che Shinodari rivelasse il nome di colui che lo avrebbe scortato, senza avanzare un suo nominativo. Attese, pertanto, che giungessero i responsi, dopodiché avrebbe abbandonato quel loco, probabilmente, nel medesimo modo in cui era venuto.
    Ad un tratto il cigolio di una porta, che fu seguito dall’entrata di un uomo. All’improvviso, le flebili speranze tornarono a risplendere: era giunto l’altro amministratore di Kiri, Kisugy Shineretsu…

     
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