Sopravvivenza & Patriottismo

[Kiri] | [Energia][Talento]

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  1. Aokawa Ryo
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    Sanbi no Isonade
    Prima Prova


    Sanbi no Isonade.
    Il nome del mio demone.
    Non pensavo che sarebbe giunto il giorno in cui qualcuno mi avrebbe detto: Ryo, al tuo interno vive un demone crudele e malvagio. Cioè, neppure nei miei peggiori incubi avevo sognato che mi potesse capitare qualcosa del genere. Se non lo stessi vivendo veramente e me lo avrebbero solo raccontato, non ci avrei creduto. Invece, ora, stavo lottando con il mio stesso corpo per riacquisirne il controllo. Controllo forse era una parola grossa. Stavo lottando per la sopravvivenza, perché per quanto potessi avere una volontà ferrea, mi era comunque impossibile pensare di rimanere lo stesso dopo essere riuscito a stabilire un quantomeno pacifico accordo con il Sanbi. Sempre se ci fossi riuscito e avrei impedito al fato di trasformarmi in cibo per squali.
    Questi furono i miei pensieri, riassunti in due parole, mente mi distendevo sul letto pronto a cimentarmi in un viaggio che non volevo fare, ma che ero evidentemente costretto a farlo. Era difficile concentrassi, svuotare la mente dai pensieri che mi assalivano come bambini che urlavano in un asilo. Era difficile isolarmi dal mondo, senza pensare quale oscuro futuro mi attendesse. Era difficile convivere per il resto della mia vita con un demone e con l'idea che ogni cosa faccia, lui è sempre presente. Era difficile affrontare quel cambiamento per un adolescente.
    Era semplicemente difficile.

    Nonostante tutte queste difficoltà, dovevo comunque provarci.
    Dovevo comunque provare ad entrare in contatto con il mio alter ego. Cominciai a rivivere i momenti salienti della mia vita, questi si susseguivano a velocità impressionante tramite semplici ricordi di azioni significative o immagini che nel bene o nel male erano rimaste impresse nella mia mente.
    Kiri, la mia fredda patria.
    Il Clan e il suo sterminio.
    Ryu e la sua maledetta fuga.
    Poi i pensieri cominciarono a sfumare come una nebbiolina che si dirada lentamente, lasciando che i fulgidi raggi solari illuminano e riscaldino la zona. Il conscio lascio lo spazio al sub-conscio, la ragione all'istinto. Tutto fu avvolte in un mistico torpore e il resto segnò la storia.
    La mia storia.



    image


    Non sapevo per quale strana legge fisica, ma fu come se la mia forza psichica riuscì a catapultarmi all'interno del mio corpo, probabilmente in prossimità del tentien.
    Ciò che vidi probabilmente non si trovava nemmeno nella più fervida immaginazione di un pazzo. Una stanza triangolare, senza soffitto e con il pavimento che non era altro che una massa d'acqua informe su cui riuscivo a camminare senza troppi problemi. Anche se in questa descrizione ho volutamente omesso il particolare più importante. Forse fu la mia sbadataggine, o la mia ragione che mi voleva impedire di accettare la realtà ormai tangibile sotto i miei occhi, ma non mi accorsi subito del demone. Un enorme cancello, il cui interno era avvolto dal buio. Da lì sentivo provenire una strana presenza che m'invitava ad avvicinarmi. Non riuscii a spiegarmi come, ma era come se pensavo che eseguire quell'ordine fosse la cosa giusta da fare.
    L'unico rumore a scandire il tempo in quella dimensione era lo scrosciare dell'acqua che si muoveva quando camminavo. Mi sentivo un insetto di fronte a tanta maestosità. Ero titubante, non sapevo cosa c'era che mi attirasse. Poi capii.



    Liberami......


    Lui. Il Demone dalle tre code.
    La sua voce era così profonda che mi fece paura, ma non riuscivo a percepire una reale malvagità nei miei confronti. Come d'impulso, strappai violentemente il foglietto su cui vi era impresso il kanji.
    Non lo avessi mai fatto.

    Si manifestò, dinanzi a me.
    Così maestoso, così grande, così malvagio.
    I suoi denti acuminati risplendevano in quel buio pesto e le sue tre code si muovevano vorticosamente. Sul suo volto un ghigno malvagio, crudele, tipico di uno squalo che non vede l'ora di azzannare il proprio predatore. Ma lui non era così; quello dello squalo era solo una maschera per coprire il suo reale essere. Non importava che forma assumesse, era pur sempre un enorme ammasso di chakra. Non dovevo avere paura di lui, se morivo io moriva anche lui. Ero il suo corpo, lui doveva diventare la mia forza. Le sue parole successive, mi lasciarono di stucco.



    Parla, dimmi cosa vuoi.
    E dammi un buon motivo per accettarla!


    Cosa volevo? Un buon motivo per accettarla?
    Ero furibondo, irato. Dovevo essere io a porgli quelle domande, io ero la vittima lì in mezzo, io ci rimettevo il corpo. E come se non bastasse, dovevo dargli anche qualche motivazione per accettare un rapporto simbiotico. Non sapevo davvero cosa rispondere. Arrabbiarmi, maledirlo, denigrarlo. Ogni cosa che pensavo in quel momento mi pareva tremendamente fuori luogo. Perciò, decisi semplicemente di dirgli la verità, ciò che pensavo e sentivo io realmente.



    « Dovrei essere io a farti queste domande, Isonade.
    Sei tu quello che si è impossessato del mio corpo, non il contrario.
    Sei tu quello che mi dovrebbe chiedere il permesso, non io a te.
    Insomma, Isonade, sei tu l'ospite qui dentro! »


    Il mio tono non era minaccioso. Era deciso.
    In fondo, avevo obbiettivamente ragione, quindi non vedevo il perché non esporgli il mio problema. E sottolineiamo il mio, visto che ultimamente si sta confondendo la mia personalità con quella del demone. Quel demone che diede una risposto ancora più enigmatica, e, per certi versi, strana. Aveva qualche millennio più di me, certo, nessuno lo metteva in dubbio, ma non era un buon motivo per esprimersi in frasi alquanto insensate.


    Mi spiace, ma il motivo non lo ritengo valido!


    Non riuscii a focalizzarmi bene sulle sue parole. Non ne ebbi il tempo per metabolizzare il suo discorso e in generale la serie di eventi che stavo vivendo. Accadde un altro prodigio, che mi lasciò senza fiato. Il livello dell'acqua si alzò, crebbe, crebbe e crebbe finché non ne fui completamente sommerso. Ero rinchiuso in una gabbia d'acqua; però potevo respirare, perfino parlare. Era un acqua strana; era acqua demoniaca.
    Mi guardavo attorno, cercavo di trovare una risposta razionale a ciò che stava accadendo. Ma sapevo dentro di me che questa risposta non ci fosse. Ero costretto ad affrontare la prova senza capirne il reale significato.



    « Isonade! Liberami!! »


    Un urlo inutile, non mi sentii o fece finta di non ascoltarmi. Attimi di tensione, di paura verso l'ignoto, finché la sua voce profonda non risuonò nell'acqua da sovrana.
    Il Dio dell'Acqua stava emanando la sua sentenza e non potevo fare altro che accoglierla con disgusto.



    Ma forse dovrei lasciarti provare.
    Avanti, fammi vedere se hai le palle!


    Mi voleva mettere alla prova.
    Ora si spiegavano le parole precedenti, tutto acquistava un senso, perfino l'innalzamento del livello dell'acqua. D'altronde, era normale che voleva assicurarsi che il suo futuro coinquilino fosse abbastanza forte da sopportare la sua presenza in grembo.
    Sorrisi in modo determinato, pronto a qualsiasi prova a cui mi avrebbe sottoposto. Non avevo più timore, non provavo più riverenza, ora eravamo allo stesso livello, malgrado lui fosse un Dio ed io un uomo. Non avevo paura di lui, sapevo che in realtà non voleva uccidermi.
    Desiderava semplicemente testare il suo nuovo corpo.



    « Una prova?
    Tsk.. non chiedo di meglio!! »

    image

    Una sfida? Il mio pano quotidiano.
    Intanto, l'acqua scura del mare, in alcune determinate zone, cominciò a brillare e a solidificarsi prendendo forma di piccole sfere fluorescenti e brillanti. All'inizio non capii di cosa si trattasse, ma quando la forza di Isonade mi spinse contro una di esse, provai sulla mia pelle cosa significasse per Un Dio il "metterti alla prova". Venni scaraventato alla parte opposta della camera, come se fossi stato soggetto di un esplosione di pura repulsione, che, oltre al movimento repentino in quella massa d'acqua, mi causò anche dolore.



    - Cavolo, non credevo che sentissi realmente il dolore! –


    Meditai, mentre il mio corpo veniva spedito nuovamente dalla parte opposta della stanza, dove vi erano altre sfere. Al momento non vedevo alcuna possibilità di salvezza da quella tortura, la pressione dell'acqua e la forza che generavano le sfere se toccate erano al di sopra delle mie normali capacità. Di nuovo venni sballottato contro un'altra sfera, e poi un'altra, e un'altra ancora. Si rigeneravano e riacquisivano le medesime capacità, e quel supplizio stava accadendo tutto sotto gli occhi giudicatori di Isonade.
    Tutto questo per dimostrarmi degno. Degno di poter usufruire del suo potere e al contempo degno di potergli donare il mio corpo. Ormai ero invischiato in quella situazione, di certo non per colpa mia, e non potevo sottrarmi dal suo volere. L'unica cosa che aveva una parvenza di logico in quel momento era soffrire in silenzio e cercare di superare le prove a cui il Dio mi sottoponeva. Almeno, così, sarei sopravissuto.
    Pure Itai era stato sottoposto a tutto questo e forse anche ad altro. Lo Shichibi era il maestro della Terra, non osavo neppure immaginare a quali prove lo aveva sottoposto. Chissà se anche gli altri demoni avevano trovato rifugio in un Jinchuuriki, chissà quali di quei nove era ancora libero.
    Il Dio dell'acqua aveva voluto me, un kiriano doc. Almeno, l'accoppiato risultava azzeccata..



    « ARGHH!! »


    Dopotutto non era così semplice soffrire in silenzio. Quella volta non riuscii a trattenermi dal convogliare le mie forze in uno urlo di strenua resistenza, da cui, a seconda dei casi, s'intravedeva la mia debolezza o la mia tenacia.
    Ma nonostante il mio ardore nel perseguire in quella folle prove, Isonade non pareva voler smettere. Continuava a guardare mentre soffrivo, mentre tentavo di assumere un'espressione quantomeno dignitosa per dimostrarmi alla sua altezza. La sua crudeltà nel vedermi sofferente era qualcosa che andava oltre la semplice concezione umana. Tra l'altro, esso era un demone. Ovvio che i parametri per cui giudicavo spesso gli umani con lui risultavano ortodossi o primitivi e del tutto falsi. Con lui, dovevo comportarmi in modo diverso.
    E sebbene un lato di me lo disprezzasse per ciò che aveva fatto, per la sua natura demoniaca e per il piacere che traeva dalla sofferenza altrui, l'altro lato di me desiderava continuare a combattere con la caparbietà e tenacia di sempre pur di dimostrarmi degno.

    Non avevo la più pallida idea se il danno che stavo subendo in quella dimensione si trasmettesse anche al mio corpo umano, che ora in chissà quale stato si trovava, oppure non fosse altro che uno stato psichico del mio subconscio che, unito dalla volontà del demone, trasmetteva comanda alla mia mente in modo tale che provassi dolore. E mentre tutti questi enigmi mi passavano per la mente, come una pioggia primaverile che si scatena e dopo qualche istante sembra che non sia mai avvenuta, rimanevo là con un unica certezza.

    Isonade.

    Ogni tanto incrociavo i suoi occhi che mi trasmettevano un senso di saggezza, quasi di bonaria anzianità. Ma quando il mio sguardo si posava su quel ghigno, così cattivo, così sinistro, preferivo concentrarmi sul dolore che provavo. Dolore che per altro non accennava a diminuire.
    E mentre venivo scaraventato a destra e manca senza tregua alcuna, come fossi uno stupido giocattolo, in me avvampava la ferrea volontà che mi faceva andare avanti.



    « Isonade, sappi che non mi arrendo per tanto poco! »


    Esclamai senza esitazione, senza che un'ombra di dubbio pervadesse il mio stato d'animo. Provavo a fare il forte, ma invece il mio corpo urlava e si straziava per il dolore. Ero la preda, ma come sempre mi volevo comportare da predatore.

     
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38 replies since 15/4/2009, 14:42   1147 views
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