Sopravvivenza & Patriottismo

[Kiri] | [Energia][Talento]

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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Mesi prima…



    Camminavo con passo lento verso il cancello del mio villaggio. Lo sguardo basso e scoraggiato, mentre una piccola preoccupazione ottenebrava la mia mente solitamente lucida anche nelle situazione più spinose. Passo dopo passo aumentava la consapevolezza della mia decisione di non fermare con più forza Ryo Aokawa quel giorno in cui aveva insegnato al suo demone che non doveva ucciderlo. Un Jinchuuriki inesperto, un Biju nel corpo di un ragazzino troppo vivace per poter sostenere mentalmente un peso del genere. Aveva dovuto lottarci però, io non ero in grado di donargli quel potere, non ero capace di lottare al posto suo.



    La pioggia scrosciante bagnava il mio viso e quasi mi affogava. Una guardia mi identificò e si avvicinò senza alcun intento guardino, riconoscendo in me un Kiriano. Anche se, per protocollo, aveva una mano sulla wakizashi appesa al suo fianco.



    Itai-san?
    Si, sono io. Devo fare rapporto per la missione svolta
    Può farlo in guardiola tranquillamente, qui piove a dirotto.
    Si, andiamo


    Entrammo, dopo aver attraversato il cancello che si richiuse alle nostre spalle, nel piccolo edificio posto dall’altra parte delle mura. Due piani, arredamento spartano e funzionale, poche finestre e una sola porta che affiancava una grande apertura rettangolare del muro dove sedevano scomposte due guardie. Il soldato che mi aveva aperto mi aprì la porta della guardiola e mi indicò la sala che si apriva subito di fronte al breve corridoio. Si notava appena nel buio umido di quella notte, ma sembrava che la tremolante luce delle lampade illuminasse quel posto.



    Percorsi velocemente la breve distanza che mi separava dalla porta semichiusa e quando l’aprii un Chunin dall’aria nota e consumata, di quelli che ormai avevano quasi scordato cosa fosse una missione, mi indicò una sedia. Aveva le sopracciglia corrucciate di fronte ad una pila di fogli dinanzi a lui.



    Mi avvicinai ma non mi sedetti sulla sedia che mi aveva indicato con un gesto scocciato della mano. Non avevo voglia e tempo di formalismi, la questione, era ben più urgente.



    Perché non si siede?
    Non c’è bisogno, sarà breve. Devo fare rapporto sulla missione dalla quale sono tornato
    Come si chiama lei?
    Itai Nara


    Visi la smorfia di sufficienza sul volto dell’uomo udendo il mio cognome e feci un sorrisetto sarcastico di rimando: si, ero un Nara originario di Konoha. Lui prese un foglio e scrisse le mie generalità e la missione che mi era stata assegnata, poi, cercando in una pila di rotoli, trovò il sunto della missione con il nome dei vari componenti.



    E Ryo Aokawa?
    La missione era una copertura. L’obiettivo aveva ingaggiato un altro ninja superiore a noi in grado e forza e con la nostra probabile morte l’Accademia avrebbe inviato sul posto dei Jonin immediatamente.
    Io ce l’ho fatta, ma Ryo Aokawa è morto. Non ho potuto recuperare il suo corpo, è stato letteralmente fatto sparire


    Così, mentre l’impiegato scriveva il mio rapporto sulla pergamena, io sorrisi amaramente con la testa bassa.



    Che balla tremenda che avevo raccontato.





    Oggi



    Passi. Passi frettolosi e spaventati, come li sentivo quasi sempre. Ogni volta che succedeva qualcosa alle mura fuori dal loro controllo non erano mai capaci, quelle guardie comprese quei nuovi strani innesti, di evitare di chiamarmi. Quanto ancora dovevo minacciare amputazioni prima di passare da un’arrabbiata teoria alla furiosa pratica?



    Ayame dormiva placidamente accanto a me, con la coperta completamente tirata fino a coprirle quasi il viso. I passi si arrestarono e io, con un movimento automatico, mi alzai aprendo la finestra e affacciandomi verso il basso. Feci cenno ai due ninja di salire e loro camminarono sul muro fino a poggiarsi sul davanzale della finestra della mia camera da letto.



    Complimenti, almeno stavolta avete evitato di far spaventare qualcuno. Che è successo? Spero per voi che sia qualcosa di serio.
    Itai-sama, lo è. È ricomparsa una persona che credevamo morta.
    Adesso anche i morti? Vediamo se riesce a scalzare di classifica la misteriosa infiltrazione di un pericoloso nukenin-cane.
    Chi è tornato dall’aldilà?

    Si fa chiamare Ryo Aokawa, ma risulta nell’elenco dei Ninja scomparsi
    COSA?


    Mi trattenni dal gridare per un miracolo. Ryo Aokawa era tornato. Quel ragazzo era ancora vivo e se era ancora vivo aveva dentro di se il prezioso Biju di Kiri. Feci cenno ai due di aspettarmi e in meno di due minuti fui vestito e armato. Mi avvicinai ad Ayame e le mormorai qualcosa nell’orecchio, dicendole di star tranquilla e che sarei tornato a momenti. Era abituata quanto me al fatto che dovevo scappare all’improvviso alle mura per qualsiasi questione.



    Scesi dalla finestra con i due ninja, lasciandoli presto dietro, correndo come un forsennato verso le difese di Kiri, saltando di tetto in tetto con estrema facilità. Ryo era tornato.





    Posai una mano sulla porta della guardiola, spalancandola senza troppi ritegni, percorrendo il breve corridoio che portava fino all’ufficio del vecchio Chunin. Questo, quando mi vide entrare, chinò il capo in segno di saluto. Non lo guardai nemmeno, osservai il ragazzo ancora vivo, inaspettatamente, davanti a me. Proprio lì, dove mesi prima avevo dichiarato mentendo la sua morte.



    Sei tu Ryo?
    Itai-sama, potrebbe non essere lui.
    Lo so.
    Ryo, quante code ha?


    La risposta la conosceva benissimo e solamente il vero Ryo Aokawa avrebbe potuto rispondere correttamente. Nel frattempo, il vecchio Chunin ci guardava, passando lo sguardo prima su di me, poi su Ryo. Nell’ombra, alcuni Ninja miravano le loro armi verso il giovane Genin. Io invece lo fissavo profondamente, cercando nei miei ricordi l’immagine del suo viso, riscoprendola e confrontandola con quella del ragazzo che avevo dinanzi a me: era lui, ne ero certo. Se avesse risposto alla domanda, nessuno lì dentro avrebbe potuto dubitare di lui, perché come un macigno avrebbe pesato la mia parola.



    E la mia parola, da qualche tempo, a Kiri pesava veramente.







    Ryo Aokawa ottiene il Chakra del Demone Livello I!
     
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  2. Aokawa Ryo
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    Ritorno a Kiri!!!
    Sensei, mi siete mancato!




    Spirò una brezza gelida e inclemente sulle mura. Un brivido percorse tutte le vertebre del mio corpo e solo ad allora tutta quella babilonia di idee e di avulsi pensieri abbandonarono la mia psiche dandomi requie. Allontanai lo sguardo al di là delle mura, alla ricerca del villaggio vero e proprio. Il mio cuore e la mia testa non lo avevano mai abbandonato e la visione che lo ritraeva così austero, ma al tempo stesso ozioso, mi procurò un sussulto.
    Ero finalmente tornato a casa.

    Tornai in me appena in tempo per accorgermi che ero stato circondato. I loro sospetti nei miei confronti erano tangibili, palpabili e non si disdegnavano a tenere per sé questi loro pregiudizi. Ebbi quasi paura di loro, sembrava che il villaggio si fosse incattivito, che il seme del male avesse trovato terreno fertile per germogliare. Probabilmente, i tempi erano duri e i conflitti fra i vari paesi accademici erano sempre più aspri. La solenne istituzione dell'accademia vacillava; forse, era vera quella voce mendace secondo cui un gruppo di malviventi aveva attaccato l'accademia ed erano riusciti nell'ardua impresa di distruggerla. In un primo momento, mi sembrò ridicolo, un'idea malsana partorita dall'ingenua mente di un bambino, eppure ora si concretizzava quella ridicola distopia.


    « Deponete a terra ciascun'arma in vostro possesso.
    Nessun movimento sospetto oppure non garantiremo la vostra incolumità. »


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    Eseguii gli ordini. Con movimenti particolarmente flemmatici slacciai la cinta su cui vi erano entrambe le fodere con le rispettive wakizashi. Ebbi difficoltà a sbarazzarmi di quelle armi, avevo faticato a lungo prima di riceverle in dono lungo il mio peregrinare lontano da casa. Era evidente, infatti, che la loro pregevole fattura era aliena ai territori accademici. Le lame brillavano di un sinistro color mare particolarmente scuro e ambedue le armi presentavano particolari venature sulla lama che ne richiamavano la recondita origine ove erano state forgiate. Differenziavano l'una dall'altra per il colore che assumevano le venature: una virava al nero, confondendosi con il blu notte della lama, l'altra al bianco, risaltando la propria presenza. L'elsa presentava, in entrambi i casi, un mistico color cenere, che ben si sposava con le rimanenti decorazioni dell'arma. Allo stesso modo, depositai tutte le altre armi.


    « Bene.
    Ora seguiteci. »



    Nuovamente, gli ordini furono eseguiti con distaccata acribia.

    [...]



    Attendevo in silenzio nel bel mezzo di una stanza piuttosto angustia e monacale. Nessun particolare tipo di arredamento, se non fosse per un tavolo e una manciata di sedie. Dopo poco, stanco di rimanere in piedi, chiesi il permesso di sedermi, e prontamente mi fu accordato. Dovevamo aspettare l'arrivo di colui che governava le mura. Era stato eletto dopo la mia partenza, dal momento che non avevo memoria della sua figura al tempo in cui ero guardiano. Ero piuttosto curioso di sapere chi fosse e come mai si era arrivati al punto di creare una tale carica. I soli guardiani non erano più sufficienti? Per un istante, provai rammarico per la carica di cui ero stato spogliato.

    « Per quanto ancora dovrete trattenermi qui?
    Il viaggio è stato piuttosto stancante, ho bisogno di riposare!! »



    Affermai in tono querulo e supplichevole, sperando che un'anima pia mi permettesse di tornare a casa. Più che una vera e propria richiesta, la mia non fu altro che una lamentela rivolto a me stesso. Era come se il corpo dialogasse con la mente. Per fortuna, le mie preghiere furono ascoltate e sentii la porta aprirsi con violenza. In un primo momento, mi soffermai sulla parta anziché sull'uomo che l'aveva aperta. Solo in un secondo momento, razionalizzai, alzando gli occhi e soffermandomi sul sua figura. La riconoscevo; certo che la riconoscevo!
    Strinsi i pugni, trattenendo a stento l'emozione che avevo nel rivederlo. Quanto tempo era passato, quante volte durante quell'estenuante pellegrinaggio avevo invocato il suo nome affinché mi aiutasse nel domarlo, ma le mie suppliche si erano sempre rivelate vane. E ora era lì, dinanzi a me.
    Strofinai celermente gli occhi, asciugando qualche lacrima che non ero riuscito a sopprimere.
    Le sue parole iniziali riguardarono lui.

    Sebbene il suo nome non fosse stato assolutamente nominato, sentii in me il suo feroce boato. Sentivo che desiderava uscir fuori, bramava la vita di quelle povere guardie. Con i miei addestramenti in solitaria, ero riuscito a placarne leggermente l'ira e a impedire che prendesse il mio corpo ogniqualvolta volesse. Inoltre, la vista di Itai mi rasserenò e mi aiutò nell'arduo compito di reprimerlo. In breve tempo, il suo ruggito fu soppresso dalla mia volontà.
    La risposta alla sua domanda fu accompagnata dal cenno della mano destra che ne indicò e puntualizzò il numero.

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    « Tre. »



    Poi, la gioia esplose in me e mi abbandonai alle emozioni. Entrambe le mani andarono a coprire gli occhi rossi che non riuscivano più a bloccare il fuoriuscire incessante delle lacrime.

    « Sensei *sigh* mi siete mancato. »

     
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    Se si presentava un morto mesi dopo alle mura di Kiri, ebbene, era assai probabile che quello non fosse veramente mai morto. Io, d’altro canto, avevo dato adito a quell’ipotesi, spingendola, perché se avessero saputo che era vivo l’avrebbero cercato e quasi sicuramente, non trovandolo, dichiarato traditore e Nukenin. Era tornato ed era vivo, anche se non sapevo quanti problemi avesse ancora con Isonade.



    È lui, restituitegli le armi.


    Sentenziai infine, avvicinandomi a Ryo. Gli misi una mano sulla spalla e sorrisi, conducendolo fuori da quella stanza. Una guardia portò le armi e le depositò a terra, al suo fianco. Aspettai che Ryo le sistemasse e quindi, gli indicai la scala che conduceva al piano superiore. Lì, al contrario del primo piano, l’arredamento era più piacevole: si trattava di una sala adatta a chi volesse restare nei paraggi delle mura per riposare.



    Dovrai raccontarmi un po’ di cose, ma vedo che sei ancora vivo e con tutti e quattro gli arti attaccati, quindi suppongo che stai bene.
    Come te la sei passata?
    Come te la passi con il tuo compagno di giochi?


    Gli chiesi. Nessuno ci avrebbe ascoltati lì e se qualcuno fosse salito me ne sarei accorto. Immaginavo che lui voleva tenere il segreto, anche se, volente o nolente, a qualcuno l’avrebbe dovuto svelare. Inoltre, se lui aveva ancora problemi nel gestire Isonade, bisognava risolverlo. Se la simbiosi non era perfetta c’era solamente un minimo vantaggio e tanta odio e rabbia. Doveva prendere meno intenti violenti del demone e più chakra per divenire più potente e soprattutto, per non lasciarlo andare ogni qualvolta succedeva qualcosa.



     
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  4. Aokawa Ryo
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    Addio Convenevoli!
    Ardue questioni da affrontare.





    La flemma appena accennata nel privarmi delle armi si trasformò in una verace avidità quando si trattò di riprenderle. Con distaccato gaudio seguii Itai nella stanza successiva, le lame delle wakizashi si incontravano ogniqualvolta un piede scavalcasse l'altro, creando un fastidioso tintinnio che scandiva il trascorrere del tempo. Durante tutta la durata di quel lapidario tragitto, non abbozzai altre parole per esprimere i miei sentimenti, ma riuscii proficuamente a mascherarli. Il mio corpo non si sentiva più oppresso dalla fastidiosa presenza del demone, e mi cibai completamente di quella sensazione di libertà. Qualche passo più tardi, il suo incombere fu nuovamente percepito. Tuttavia, erano secoli che non avevo avvertito più quell'ormai strana sensazione di beatitudine, benché il tempo che trascorse fra libertà e prigionia fu esiguo.

    Quando il discorso precipitò nuovamente sul mio compagno di giochi, esso ebbe l'ardore di farsi sentire. Il tempo attorno a me parve arrestarsi e lo spazio sembrò cangiare nella dimensione sottomarina ove ero stato costretto a fare la sua conoscenza. In un baleno, mi trovai il suo sorriso malefico di fronte, imprigionato da sbarre di un carcere di cui non riuscivo a scorgerne la fine. La sua figura, avvolta da un manto di chakra blu scuro, cominciò a fissarmi altera del proprio potere. Dal mio canto, lo guardavo sottecchi avvilendomi delle emozioni che esso riusciva a suscitarmi, un misto fra curiosità e soggezione. Durante tutta la conversazione con Isonade, il mio volto fu funereo e cupo, come se avessi perso la gioia di vivere.

    Quel marmocchio è il Jinchuuriki dello Shichibi.

    « Ne sono consapevole. »

    Dunque, cosa stai aspettando a cibarti del mio potere per distruggerlo?

    « Lo Shichibi non rientra nel patto. »

    Giusto. Il patto. Arriverà il momento in cui sarai costretto ad osservarlo, ne sei consapevole?

    « Ne sono consapevole. »

    Orbene, così sia. Al momento non ho motivo di andarti contro. Stai attento a non tradire la fiducia che ho riposto in te, ragazzo.



    Quel "ragazzo" sancì il momento in cui tornai nel mondo cui ero abituato. Dinanzi a me, Itai attendeva una risposta al suo quesito.

    « Aahahahahah... credevi davvero che il grande Ryo Aokawa si sarebbe dato per vinto??!? »



    Sorrisi, e quell'ombra di preoccupazione che velava il mio volto scomparve momentaneamente. Era come se lo sguardo andasse indietro nel tempo per farmi rivivere i momenti che avevo trascorso lontano da casa, ma preferii astenermi dal raccontare la verità. Avevo vissuto in completa solitudine, l'unica voce a farmi compagnia era quella del demone che, col trascorrere del tempo, diveniva sempre più suadente e meno minacciosa. Avevo tagliato tutti i legami con il genere umano, eccetto quando mi era necessario recarmi in un piccolo e solito borgo di montagna a comprare approvvigionamenti, e in ogni caso le mie parole si limitavano al fine che dovevo perseguire. Fui finanche chiamato il "Vagabondo Spettrale".

    « Come ben sai, il mio non è stato un viaggio di piacere.
    Tutto sommato, però, devo ammettere che il tempo è trascorso abbastanza velocemente e spesso, perfino, all'insegna dell'allegria.
    Sai bene come sono fatto, no? »



    Forse un tempo lo sapeva, ora non più. Neppure io sapevo quanto ero cambiato, se ero cambiato. Conoscevo soltanto il perché, e invano avevo desiderato di dimenticarlo. La maschera che portavo tradiva ciò che sentivo realmente, ma compresi che era troppo presto per far scattare l'allarme e non era mio desiderio dare preoccupazioni inutili a chi mi stava intorno.

    « Per quanto riguarda Isonade - e nel dire il suo nome così apertamente, un brivido di terrore mi scosse -, diciamo che siamo giunti ad un accordo. Un patto, ad essere precisi.
    Diciamo che al momento, in situazioni standard, riesco ad arginare il suo potere e a mantenere un certo autocontrollo sul mio corpo.»



    Su quali fossero i punti salienti del patto, preferii tacerne. Era una cosa che non lo riguardava, né tanto meno era opportuno che ne venisse a conoscenza lo Shichibi. Cambiai subito discorso: ero stanco parlare di me e di cosa mi era successo in questi lunghi mesi; per quanto mi dolesse, però, seppi che per Kiri ero diventato un'arma, un oggetto utile per un'equa partizione del potere.

    « Tu, invece, che mi racconti di bello?
    Ho notato che il villaggio senza di me se la sta passando piuttosto male, eh? Ahahah.. »


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    Un posto chiamato casa
    Dove le preoccupazioni spariscono e le soluzioni affiorano



    Non credevo che fosse stato un momento allegro. Non credevo che, nonostante tutti i suoi sforzi, avesse dato uno sferzata totale a quella sua nuova vita, così da adattarsi alla presenza di un fastidioso coinquilino. Avrei tanto voluto capire se era migliorato e se aveva raggiunto un miglior controllo di sé, necessario a sopravvivere con un ospite che all’inizio era sgradevole e fastidioso. Mi sedetti su una poltrona e poggiai i gomiti sulle ginocchia, congiungendo le mani per poggiarvi le labbra, pensieroso.



    Sono successe un po’ di cose durante la sua assenza, a Kiri niente di piacevole.
    Ah si, abbiamo una nuova amministratrice, io non mi fido, non l’ho mai vista prima d’ora ed è una donna anche abbastanza avvenente.
    È comparsa al villaggio solo per essere nominata Amministratrice e ciò oltre a infastidirmi mi ha anche fatto venire molteplici sospetti su Shiltar, ma preferisco tenerli per me.
    Per quanto riguarda me, me la passo abbastanza bene, ma non voglio rovinarti un’eventuale sorpresa.


    Anche perché, fintanto che lui era a Kiri non mi sentivo per niente in grado di lasciarlo scorazzare con il rischio che, se un bambino gli versa il gelato addosso, lui possa diventare una bestia che di umano non ha assolutamente nulla. Fintanto che non calmava gli impulsi animaleschi dovuti allo scarso controllo del chakra del demone, avrei preferito tenerlo a vista d’occhio.



    Sarò franco Ryo, ho paura per te e per l’incolumità della gente. Hai scelto la via più difficile e meno efficace, per quanto più sicura, per imparare a gestire il potere che ti è stato dato con la forza. Ho paura che un nonnulla possa farti scatenare e mi preoccupa di cosa potresti commettere in quello stato.


    Dunque presi una pausa. Chiusi gli occhi, immergendomi in una breve riflessione, cercando un modo per capire cosa fare. Lo trovai e preferii mantenerlo segreto fino al momento opportuno, fino al momento di conoscere quali erano le potenzialità di Ryo e il suo livello del legame con Isonade. In quel posto chiuso, di notte, con lui appena tornato, non era assolutamente il momento opportuno per darsi ai test. Quindi riaprii gli occhi e mi rilassai.



    Se ti consola, finché io sarò in questo villaggio, non ci saranno pericoli Ryo, ma presto, molto presto, ti aiuterò a non essere succube del demone. Ricorda che è una simbiosi, lui ha bisogno di te per essere qualcuno.




    Perché aiuti quel bastardo?



    Mi ritrovai catapultato nella dimensione interiore, davanti al cancello di Kaku. Lì, dove le regole dello spazio e del tempo erano sovvertite e intere ore di chiacchierate con il demone erano e pochi secondi all’esterno, dove il tempo scorreva normale con la sua solita lentezza.



    Parli di Ryo o di Isonade?
    Sai che non c’è differenza.
    Mi ucciderò il giorno in cui permetterò alla gente di confondermi con te Kaku. Ryo non è Isonade, io aiuto Ryo e se ciò provocherà un aumento del potere di Isonade, ricorda che aumenterà anche la lucidità del ragazzo e lui non verrà ad uccidermi. Quanta acqua sotto i ponti deve passare prima che raggiungano il nostro livello.
    Molta Itai, molta. Non fidarti delle persone, voi umani siete deboli. Dovrai guardarti sempre le spalle se lo aiuti Itai.
    I vostri conflitti non sono i nostri. Temo che pur di avere un po’ di pace Ryo abbia promesso la testa di qualche Jinchuuriki a Isonade Kaku. Tu non ci hai mai litigato?
    Era una guerra! Non scaramucce da quattro soldi. Ci ho combattuto e ho perso, sono io quello che si vuole vendicare di lui.
    Finché non vivo non ci saranno vendette Kaku. La guerra è finita quando avete deciso di legarvia noi umani. Isonade non ci nuocerà, sta tranquillo.
    Riderò sulla tua tomba se non sarà così.


    Risi appena alle parole del Biju, che in tutta risposta brontolò possente, facendo tremare la superficie acquosa dove posavo i piedi.



    E sia.




    Riaprii gli occhi che erano passati due secondi da quando avevo terminato di parlare. Ero felice che Ryo fosse tornato ed ero felice che fosse intero. Mi alzai e con passo lento mi avvicinai all’unica finestra, anche abbastanza piccole sbarrata, che dava sulla strada. Non passava nessuno e le guardie pattugliavano le mura dall’alto e da vicino al cancello.



    Nessuno a parte me sapeva che cos’era. Ormai che io fossi il Jinchuuriki del Sette Code era noto a tutti, avendo deciso io di rompere il segreto tempo fa per cautelare me e la mia famiglia da eventuali sprovveduti che si credevano troppo forti per venire ad attaccarmi. Ormai, raggiunto il livello di potere di Mizukage, non avevo più bisogno di un mero segreto a celare la mia forza. Tutti dovevano sapere cos’ero.



    Di Isonade ne parleremo domani, dovrai dirlo al Mizukage, non è una richiesta questa Ryo.
    Sai dove andare stanotte?


    Era stato via molti mesi, era abbastanza probabile che lui non avesse un posto dove tornare dopo più di un anno passato in solitudine.



    Edited by -Max - 30/6/2010, 11:29
     
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  6. Aokawa Ryo
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    Panta Rei
    Tutto scorre.




    Cominciai a grattarmi il capo, come se fossi alla ricerca di una soluzione di un'improponibile enigma. I capelli, stranamente, erano allo stato brado, naturale; fuori da Kiri, non avevo avuto l'opportunità per aggiustarmi i capelli con tutti i prodotti gelatinosi che, invece, a casa disponevo. La notizia della nuova amministratrice era alquanto bislacca e singolare: evidentemente, dietro le quinte c'era qualcosa che il Mizukage desiderava tenere nascosto ad ogni costo. Anche la più alta carica del villaggio, dunque, aveva degli scheletri nell'armadio.

    « Da un lato, devo ammettere, comprendo la tua diffidenza nei confronti della nuova amministratrice. D'altra parte, però, non posso credere che il Mizukage agisca contro il bene del villaggio. Per quanto indubbiamente abbia gusti discutibile, è pur sempre l'emblema del villaggio. »



    Inoltre, per quanto concernesse la sfera privata e politica del Mizukage, non tenevo in gran considerazione ciò che dicesse Itai; il motivo era semplice: dopo quanto era accaduto al suo Sensei, era impossibile che il Nara riuscisse ad affrontare le questioni riguardanti il Kage con raziocinio e con distaccata oggettività. Probabilmente, lo odiava per ciò che aveva fatto. Non sopportava l'idea che il suo maestro fosse morto per mano sua. Proprio per tutte queste ragioni, non potevo considerare veritiere le sue parole. Tuttavia, era evidente che ci fosse sotto qualcosa: l'amministratore è un ruolo secondo solo alla figura del Kage e non si può assegnare questo carico con leggerezza e faciloneria.

    Tuttavia, questa recondita digressione ritornò in secondo piano, e nuovamente l'attenzione fu rivolta a me e, sopratutto, a Isonade. In pratica, Itai non si fidava di ciò che ero diventato e della mia capacità di tenere a bada me stesso. Le sue parole m'infastidirono non poco, non capii se mi sottovalutasse fino a tal punto o se non credesse che ce la potessi fare.
    Ero tornato a Kiri perché ero sicuro di riuscire a frenare gli impulsi animaleschi di Isonade: se ci fosse stata soltanto una remota possibilità, se avessi avuto soltanto qualche dubbio sulle mie capacità, allora non sarei mai ritornato.
    Preferivo morire anziché mettere in pericolo Kiri ed i suoi abitanti.

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    « Non devi preoccuparti.
    Se sono tornato solo adesso, significa che sono sicuro di potercela fare. »



    Battei il pugno contro il tavolo. Riuscii a scaricare la rabbia soltanto parzialmente; ripensavo a tutto ciò che avevo passato, a tutti i dolori e le sofferenze che avevo dovuto patire. Pensai a quanto era stata dura farcela con le mie sole forze, pensai a quanti sacrifici dovetti sostenere per riacquistare la mia umanità. Battei anche l'altro pugno contro il tavolo.
    Sapevo di essere diventato un mostro, un'arma. Sapevo che nulla sarebbe stato più come prima. Eppure, anziché darmi per vinto, ho lottato. Ho combattuto contro il demone e contro una parte di me che voleva farla finita. Ho combattuto ed, dopo un'innumerevole serie di vicissitudine, ho vinto.

    Il demone approfittò di quel momento per venire fuori. Sentiva che ero vulnerabile, che ero una facile preda. Ma mi sottovalutò. Un'altra volta.

    «Non puoi neanche immaginare quante ne ho passate. »



    Il mio tono di voce era cambiato, i canini si erano allungati. Gli occhi, di un vivace color nero, era diventati blu e l'intera criniera bicolore si era coperta sotto il medesimo peculiare colore. Tuttavia, conservavo ancora un po' di lucidità, il demone non riusciva a sconfiggermi del tutto.
    Non riusciva ad abbattermi.

    « In questi nove mesi, ho combattuto contro me stesso un miliardo di volte. All'inizio, perdevo sempre. Non riuscivo a bloccare l'enorme afflusso di chakra del demone. »



    Attorno al mio corpo si materializzava il chakra del demone. Così fitto, denso, spaventoso. Nonostante quello che stava accadendo, però, non mi diedi per vinto. Continuavo a lottare senza sosta, convinto che potessi farcela.
    Se nessuno crede in te, tu credi in te stesso.

    « Una volta, però, vinsi quello scontro.
    Probabilmente fu soltanto un colpo di fortuna, ciò nonostante ripresi coraggio. Continuai a lottare intensamente, finché accadde un'altra volta.
    Vinsi ancora. »



    All'improvviso, i capelli ripresero il proprio colore, gli occhi tornarono a risplendere di quel nero ebano e cristallino. Il chakra lentamente si disperse nell'aria, e il demone tornò a dormire nella propria tana. Sconfitto.

    « Capisci?
    Compresi di potercela fare.
    Compresi che il mio futuro era ancora nelle mie mani. »



    Alzai le mani dal tavolo, mostrandole a Itai. Un turbinio di emozioni contrastanti mi pervadevano, alcune residue dall'incompleta possessione del demone.

    « So bene che hai paura per l'incolumità degli abitanti. Anch'io ho paura, non ci dormo la notte. Eppure, sentirtelo dire così apertamente mi fa stare male, ridicolizza tutte le fatiche che ho patito. Non dirlo mai più così apertamente.
    Non ti riuscirei a perdonare. »



    Tutto era tornato alla normalità. Dalle stanghe della finestra soffiò una folata fredda, probabilmente originaria di Genosha. Ansimavo leggermente a causa dello sforzo psicofisico causato dalla volontà di sopprimere Isonade. Quel bastardo; aveva detto che non aveva motivo di andarmi contro qualche minuto prima... presumibilmente, era nella sua natura essere così malvagio e opportunista. Mi dispiaceva quasi per ciò che era costretto a subire: al contrario di me, che potevo ancora plasmare il mio futuro, esso era costretto a quella vita demoniaca. Isonade: dio dell'acqua. Freddo come lo stato solido del suo elemento.

    « Un tempo avevo una casa vicino alla periferia... ma, sinceramente, non so se l'abbiano abbattuta perché mi credevano morto. Spero di no, altrimenti dovrei abituarmi a vivere come un barbone. »



    Quel pensiero mi raggelò il sangue.
    La mia casa, piena di ricordi, di immobili e di oggetti preziosi, rischiava di essere stata distrutta. Se solo avessero provato a sfiorare con un dito la Mizukami, l'arma che mi avrebbe reso famoso e che da secoli apparteneva al clan Aokawa, avrei raso al suolo l'amministrazione pur di vendicarmi. Avrei picchiato selvaggiamente tutti gli addetti di quel maledetto centro burocratico.
    Anche se, al momento, il problema principale era trovare un posto dove dormire.
     
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    No. Non mi aveva convinto affatto. Nessuna delle sue parole mi aveva convinto del fatto che qualcosa potesse andare storto. A un basso livello di controllo del demone, esso poteva diventare imprevedibile e la sicurezza di poterlo controllare era solo un’illusione. Così, quando lui mi disse di non ridicolizzare le sue fatiche, mi avvicinai fino a trovarmi in piedi, davanti a lui.



    Vuoi vedere cosa sa fare un Jinchuuriki degno di tale nome Ryo? Quel Jinchuuriki che io voglio che tu diventi?


    Non attesi una risposta. Chiusi gli occhi, lui sapeva bene cosa stavo facendo. Quando li riaprii erano gialli, con una pupilla nera felina e fendere quell’oro che macchiava la mia iride, prima verde smeraldo. Allargai le braccia e lasciai che la pura potenza del demone avvolgesse il mio corpo, un ribollente chakra dorato che avvolse il mio corpo e che formò tre code. Queste si mossero, afferrarono all’unisono la poltrona e la sollevarono spostandola lontano senza fatica. Poi scomparvero sotto mio comando.


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    Chiusi gli occhi, lasciando che l’effetto inebriante di quel chakra scomparisse, trattenendo il fiato per qualche secondo per poi riaprirli, che erano ormai dello stesso colore di sempre. Aveva solamente assaggiato cosa avrebbe potuto fare, se avesse capito come sfruttare il potere del demone.



    Credi che io non sappia cos’hai patito Ryo? Non sono stupido, ho dovuto perdere la libertà una volta, poi la mia ragazza e mio foglio un’altra volta, per combattere contro il demone e riuscire ad aumentare quel legame indissolubile che mi lega a Kaku.
    Non voglio che tu patisca questo, non voglio che il fato ti metta di fronte a prove così dure che vanno oltre la tua immaginazione, così da farti tirare fuori il piacere di usare quel potere che tenti di sottomettere.


    Il tono non era severo, nemmeno duro. Era quasi dolce, quasi come un consiglio fraterno di chi conosceva fin troppo bene cosa il destino ti avesse riservato. Ryo era un ragazzino, Ryo era il mio allievo. Che razza di sensei ero se permettevo a chi si affidava a me di scegliere la via del dolore per controllare i suoi poteri? Che razza di sensei ero se gli permettevo di aspettare il momento in cui sarebbe stato costretto a diventare un Jinchuuriki migliore, con tutte le conseguenza che ne seguivano?



    Hai provato tanto dolore, come l’ho provato anche io, come lo proviamo noi tutti che per scelta o costrizione ci ritroviamo legati a loro. Io ne ho provato molto più di te, so quanto ne proverai ancora.
    Ti fidi di cosa ti dico Ryo? Posso aiutarti, perché tutti gli sforzi che hai fatto, rischiano di vanificarsi, qualora tu dovessi provare rabbia o dolore troppo grandi.
    Allora sarai costretto ad affrontare il demone più duramente della prima volta, per tentare di controllare i suoi poteri. Potresti uscirne rafforzato, o totalmente distrutto.
    Prima che questo accada, prima che tu stesso possa far del male a te stesso, voglio che diventi migliore adesso prima che tu sia costretto a farlo.
    Io ci sono passato, non è piacevole come cosa, davvero.


    Sorrisi appena. La mia mente vagò ai primi tempi con Kaku. Le notti insonni, le continue lotte interne, il chakra mantenuto a stento e pronto a esplodere con tutta la sua rabbia e potenza, ogni volta che con paura chiedevo i suoi poteri e pian piano avere la consapevolezza di poter fare ancora meglio. Poi il rapimento, l’incontro con Yui, quella lotta intestina tra me e il Biju dalla quale uscii vincitore, il dolore nel vedere Yui ridotta a uno straccio e l’esplosione dei nuovi poteri che mi diedero stabilità, poi il rapimento di Yui, incinta, il suo inseguimento in compagnia di Yami, la prigionia e le torture, fino ad arrivare alla morte della ragazza e del nostro bambino che ancora portava in grembo, la nuova esplosione dei poteri e la strage.



    Il ricordo di quelle sofferenze mi scosse, nuova determinazione mi assalì. Non potevo evitare che Ryo soffrisse, potevo evitare che in quei momenti si ritrovasse a combattere con il demone.



    Non ho idea di cosa abbiano fatto a casa tua Ryo, l’Amministrazione si è ripresa da poco e quindi non credo che l’abbiano toccata.
    Ti consiglio di non scoprirlo stasera però. Stasera resta da me, domani tornerai a casa tua dopo che avremo parlato con il Mizukage e averlo messo a conoscenza che tu sei il Jinchuuriki di Isonade. Non voglio proteste su questo punto, lui lo deve sapere.
    Domani poi voglio vedere a che punto sei, in un anno sarai migliorato in qualche modo, no?


    Chiesi speranzoso, ma non troppo sicuro. Probabilmente Ryo si era dato a battaglie mentali, più che fisiche, per controllare il demone. Tuttavia oltre che a una buona mente per contenere un potere così immenso ci voleva anche un buon corpo.



    Edited by -Max - 1/7/2010, 17:39
     
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  8. Aokawa Ryo
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    Essere Jinchuuriki!
    Costretti ad una Vita di Sofferenze



    Il destino aveva così predicato: eravamo costretti per l'eternità ad affrontare i nostri atavici nemici. Questo significava essere Jinchuuriki. La differenza fra un demone ed un altro dimorava solo nell'essenza propria dei singoli nomi propri. Cambiava il soggetto, ma non il senso intrinseco della frase. Mi era stata imposta questa vita, mi era stato imposto di essere un Jinchuuriki. Non potevo cancellarlo come si fa con una macchia su un vestito, non potevo semplicemente dimenticare di esserlo. Ogni istante era volto alla consapevolizza di essere un uomo che porta in grembo un demone. Prima lo si accettava, prima si riusciva a canalizzare il potere del demone verso i propri fini personali.

    Itai ci era riuscito: il suo controllo era all'incirca perfetto; riusciva a richiamarne il potere a comando e riusciva straordinariamente a mantenere la lucidità. Le sue successive parole non fecero altro che avvalorare la mia tesi. La nostra vita era una chimera di dolore a cui eravamo sottomessi. L'enumerazione dei suoi dolori riuscirono a far perdere colore ai miei, vanificandone le conseguenza che avevano procurato. Però, ora sembrava che fosse riuscito a raggiungere una labile posizione di equilibrio. Non sapevo quanto sarebbe durato e se fosse durato. In ogni caso, speravo che quell'evanescente posizione di stabilità sarebbe durate in eterno. Se lo meritava e mi dava speranza. Forse, potevo riuscirci anch'io.

    « Guarda, non vorrei essere di disturbo... »

    Non avevo mai visto casa sua né sapevo se avesse qualche coinquilino. Tuttavia, se avesse risposto negativamente al mio abbozzo di domanda, non mi sarei creato problemi inesistenti e, per quella notte, avrei pernottato a casa di Itai. Anche perché il giorno dopo era costellato da un programma interminabile. Questa volta non potevo redimermi dall'osservazione da parte sua di voler confessare
    image
    al Mizukage che fossi il Jinchuuriki del Sanbi. Ero sicuro che non si fidasse della sua figura, quindi perché rivelargli questo particolare così considerevole. Per il bene di Kiri? Presumibilmente, era l'unica risposta plausibile alla sua categorica disposizione.

    « Uhm... d'accordo.
    È giusto che sappia. »

    Assentii con malcelato fastidio. Preferivo che la verità fosse prerogativa solo di Itai, ma ero consapevole che il Mizukage dovesse sapere che una delle armi del villaggio ora era custodita da me. Al di là di questo, l'ultimo punto all'ordine del giorno erano i miglioramenti fisici. L'ultimo allenamento di questo tipo lo avevo svolto proprio sotto lo sguardo vigile del Nara e l'immagine di me, straziato a terra dal dolore e quasi esanimi, era ancora vivida nella mia mente. Sapevo che egli sapesse che le mie lotte erano state esclusivamente mentali e psichiche e che, quindi, avevo avuto ben poco tempo da dedicare alla cura del mio corpo. La barbetta appena accennata e la capigliatura spettinata ne erano un ulteriore esempio.

    « Che te ne pare? »

    Domandai, alzando il bicipite ed indicandolo con lo sguardo e con l'indice della mano opposta.
    La domanda non necessitava una risposta.


    Edited by Aokawa Ryo - 5/7/2010, 21:51
     
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    Strinsi le spalle. Oltre ad Ayame a casa non c’era nessun’altro da disturbare e lei a quest ora della note dormiva profondamente, abbastanza profondamente da rendere impervio il compito di svegliarla anche alle più potenti cannonate.



    Nah, nessun disturbo Ryo, si tratta solo di una notte ed ho una stanza vuota ancora per poco. Quella di Ishimaru sai?


    Vero. Presto quella stanza, un tempo di Ishimaru, sarebbe stata adibita a stanza per il bambino in arrivo tra pochi mesi. Inoltre saremmo partiti la mattina dopo di buon’ora, perché il posto in cui avevo intenzione di portarlo – dopo la visita dal Mizukage – non era né ospitale e né vicino, quindi perdite di tempo non erano per niente ammesse.



    Poi volevo che capisse, che anche se portavamo in grembo un demone millenario molto fastidioso, la felicità non ci era negata.



    Andiamo.


    Dissi quindi, tendendogli la mano. Per farlo alzare da quella sedia. Kiri cambiava ancora dopo il suo ritorno e tornava forse l’unico allievo ancora degno di essere chiamato tale.


     
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