Corso Genin Classe R

Regione: [E 11] Sensei: Raizen

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    Y Danone
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    Last adventure:
    My determination!



    ____________





    " Ricorda,
    il trucco è la pittura di guerra di una donna.
    Quando vai in battaglia, mettilo; in questo modo, certamente non puoi piangere.
    Se piangi, il tuo trucco colerà.
    Non importa quanto poco ne hai messo, il tuo viso finirà per sembrare vergognoso.
    Per questo, non importa quanto le cose saranno difficili, certamente non puoi piangere... perchè tu stai andando in battaglia, non è vero?
    Fa del tuo meglio.

    Ascolta,
    non importa ciò che dicono gli altri,
    sii sempre fiera di essere una donna!
    Anche quando sei sullo stesso palco degli uomini,
    non cambiare mai per diventare come loro.
    Sei una donna; fa ciò che un uomo non può fare. "




    « Molto bene »


    La vocina di Shizuka Kobayashi, 1.65cm di pura femminilità e testardaggine, risuonò viva e cristallina all'interno del gruppo dei quattro ninja che cadde nel silenzio non appena la voce tonante di Raizen non si spense in una sua ennesima manifestazione di arrogante intolleranza.
    La ragazzina, immobile di fronte ai suoi compagni di cui sosteneva caparbiamente lo sguardo, si distaccò lentamente da loro avvicinandosi poi al gregge di pecore che ancora, con placida ignoranza, brucava la verde erba che sotto ai tiepidi raggi del sole mattutino brillava dolcemente, piegandosi di tanto in tanto sotto al soffio di quel vento brioso e fresco così tanto piacevole da assaporare.
    Lì, la minuta kunoichi di Konoha rimase immobile per qualche istante prima di voltarsi verso i tre uomini alle sue spalle e sorridere loro con dolcezza e serenità: Le sue mani, intrecciate dinanzi a lei le une nelle altre, furono portate delicatamente in avanti mentre lei stessa -con graziosa eleganza- non fece qualche passetto casuale sul posto. Una breve danza che, nella sua totale inutilità, sperò potesse distogliere l'attenzione dal suo sguardo.

    Nei suoi occhi, vi era infatti l'intera costellazione della rabbia nata dall'impotenza.

    [...] Durante quelle poche ore che avevano preceduto il suo arrivo in quella radura smeraldina, si erano succeduti una concatenazione di eventi che lei -nella sua nuova consapevolezza di donna e kunoichi- aveva tentato ardentemente e disperatamente di controllare... invano.
    Benché si fosse impegnata tanto, non solo non era riuscita a rispondere correttamente a quell'ultima domanda di teoria che sperava potesse redimerla da quei due giorni di fallimenti, ma era riuscita a farsi persino aiutare nel suo primo combattimento... il suo punto di vista era stato inutile, le sue studiate accortezze ignorate, e lei -per quanto continuasse strenuamente a ripetersi che no, non importava dopotutto che fosse la prima in quel mondo di ombre e potenza- aveva cominciato a nutrire la sicurezza che...
    ...che non avrebbe mai e poi mai potuto continuare così.
    No. Non lei.

    Era gelosa di suo fratello, che nella sua premurosa dolcezza, sembrava esserle superiore in tutto.
    Aveva cominciato a provare astio verso i continui sguardi di Jaken, in cui le sembrava di scorgere le negative sfaccettature dello stupore e della rassegnazione.
    E infine... infine aveva cominciato a provare rivalità verso Raizen.

    Inevitabile.
    Era... davvero irritata. Colma di un'ira che non aveva mai provato.
    Lei, in verità, non aveva mai nutrito così tanta rabbia verso nessuno, tantomeno verso se stessa... ma ora ...

    ...Perché? Perché per quanto si impegnasse non riusciva a fare assolutamente nulla?
    Tutti le sembravano superiori. Persino suo fratello, che si presupponeva fosse al suo stesso livello, si dimostrava essere migliore di lei.
    Nonostante fosse cambiata così tanto in soli due giorni... nonostante si stesse così ardentemente impegnando nell'adempiere ai suoi nuovi doveri... nonostante cercasse disperatamente di essere al pari degli altri...
    ...eccola lì: Costantemente salvata e superata da tutti.
    Paradossalmente, quante fandonie si era raccontata?
    Solo la notte precedente aveva giurato a se stessa di aver compreso che l'essere ninja non significava essere la prima in tutto, ma non...
    ...non era lei... era... il suo sangue: Ribolliva. Le ribolliva dentro.
    ...Lei odiava essere l'ultima. Lo aveva sempre detestato.
    Non pretendeva di essere la migliore in un mondo sul quale si era appena affacciata, ma non intendeva rimanere per sempre lo scarto nel banchetto dei vincitori.
    Non lei.

    Voleva diventare forte.
    Forte abbastanza da spiccare tra tanti.
    Basta idiozie: Non si sarebbe mai accontentata di un posto di secondo piano... sarebbe morta dentro, per questo.
    E non aveva idea di che fine avesse fatto la sua diplomazia e la sua saggia mitezza. Non sapeva dove fosse scappata la sua razionalità e la sua gentile indole di mediatrice... ora, per lei, c'era solo la viva e bruciante sensazione del "Cristo, fai più attenzione Shizuka!" o del "Certo che no, hai sbagliato di nuovo" che come una lama velenosa e priva di pietà continuava a dilaniarle l'orgoglio e la generosità...
    ...se avesse dovuto sacrificare qualcosa, per arrivare a non essere da meno degli altri, lo avrebbe fatto.

    Stringendo entrambe le manine vicino ai sinuosi fianchi di donna lungo ai quali erano nuovamente cadute, Shizuka Kobayashi alzò lo sguardo, e ancora una volta -cancellata dal suo volto l'angoscia e la rabbia dell'inettitudine- sorrise.

    « Proporrei il seguente schema per riportare il gregge dove sarebbe sempre dovuto rimanere » Esordì Shizuka facendo scorrere lentamente lo sguardo sui suoi compagni « Come suggerito dal sensei: Kuroro si porrà in cima alla fila che creeremo con cura per passare attraverso la strada montana che ci condurrà a valle, in questo modo ci guiderà come si conviene al suo titolo da caposquadra. Jaken invece, essendo sicuramente più esperto di me, potrà rimanere nella metà della fila mentre io... beh, essendo la meno capace, chiuderò il gruppo » Continuò la piccola Kobayashi sorridendo priva d'espressione « ...per quanto riguarda il sensei: Beh, mettiti dove vuoi Raizen. Supponendo che non ci aiuterai minimamente, stammi dietro e possibilmente evitati ogni sorta di commento che, immagino, tu voglia tanto fare in questo momento » Aggiunse poi, scoccando un'occhiata tagliente al colosso di Konoha che, fermo a poca distanza da lei, ricambiava lo sguardo in silenzio.
    [...] Avrebbe totalmente perso la capacità di controllare se stessa se il ragazzo dai capelli d'argento e gli occhi di ghiaccio le si fosse avvicinato nel tentativo di un qualsiasi contatto. Sicuramente, si sarebbe ritrovata a vomitare all'esterno tutta la sua rabbia e la sua angoscia...
    ... e no, non lo avrebbe mai fatto. Non sarebbe di certo caduta più in basso di quanto già non fosse.
    Mentre questi pensieri le scorrevano in testa e i suoi compagni prendevano posizione, la graziosa principessa dai capelli color dell'orzo non riuscì a non sospirare stancamente... continuando di questo passo, cosa sarebbe mai diventata?
    Quanto ancora, il mondo Shinobi, l'avrebbe cambiata?


    ¨•¤º°º¤•¨




    Incredibilmente il cammino lungo il pendio non fu troppo problematico. Per lei quantomeno.
    Eccetto le svariate volte in cui rischiò di inciampare e cadere nel burrone alla sua destra a causa di quei suoi dannati sandali (che di positivo avevano solo la comodità e l'estetica), o delle innumerevoli volte in cui temette di lasciarsi scappare qualche pecora per colpa del terreno scosceso e dissestato sul quale la ragazzina dovette imparare a muoversi con calcolata precisione... Shizuka, almeno come pastorella, riscosse un certo successo.
    Essendo piccola e rapida, nonostante la breve difficoltà iniziale, imparò velocemente a sfruttare la sua corporatura a suo vantaggio... scoprendo con piacevole stupore (chiaramente subito stemperato dal rendersi conto che come caprara sarebbe stata una vera chicca) che con un pò di impegno, uno dei suoi punti di forza sarebbe proprio potuta essere l'agilità.
    Annuì orgogliosa, vagamente rincuorata da quella auto-constatazione e dal solletico che qualche capretta le suscitava sul palmo delle mani che di tanto in tanto, suo malgrado, era costretta a riempire di sale (Era infatti convinta del fatto che se le pecore non andavano da Shizuka; Shizuka andava dalle pecore... con il sale grosso e tanta pazienza, ma questo era un dettaglio trascurabile) ...e fu proprio mentre era intenta a salvare il suo sacchetto di tela dai denti dei testardi animali che alle sue spalle, Raizen esordì nuovamente con uno dei suoi soliti exploit privi di senso e ragione:

    “Tornando seri.
    Questa è la tecnica dell'evocazione.”



    L'aspirante Kunoichi di Konoha fece appena in tempo a voltarsi per poter osservare e memorizzare ogni posizione della mano effettuata dal suo maestro (mentre nella sua mente nasceva la sicura consapevolezza che se avesse provato a imitarlo, almeno per ora, ci sarebbero voluti due marinai per snodarle le dita) che un piccolissimo draghetto verdognolo apparì dal nulla, schizzando fuori da una densa nube di fumo creata dall'evocazione, per poi gettarsi addosso a Raizen, cingendolo con le minute zampette e il corpicino squamoso.

    “Fratelloneeeeeeeeeee!”



    [...] Inchiodò.
    Improvvisamente, e solo per una frazione di secondo, Shizuka Kobayashi bloccò il suo incedere: I profondi occhioni color della primavera, totalmente sgranati come anche la bocca di ciliegia -altrettanto dischiusa in un'espressione di totale stupore- erano completamente incentrati sulla minuta creaturina che, euforica e intrattenibile, volava da tutte le parti parlando senza mai smettere.
    Rigida come un pezzo di legno, dopo i pochi iniziali istanti di sconvolgimento, la ragazza non riuscì a non voltare il suo sguardo in un punto vuoto del suolo, provando con tutta se stessa a incentrare la sua attenzione sulla minuziosa sequenza di sassolini e buche... per evitare di accorgersi di quanto le sue guance stessero arrossando, e assieme ad esse -inesorabilmente e suo malgrado- addirittura le orecchie.

    Era... era così... carino!
    Oh cielo: Era veramente troppo grazioso!
    Quel musino, e quelle minute zampettine arcuate... per non parlare di quel corpicino così affusolato e... e... la vocina! Sicuramente la vocina riscuoteva il primo posto di tenerezza in quella scala immaginaria di pucciosità che si era venuta a creare nella mente malata di Shizuka la quale, ahimè, per le cose carine aveva veramente un debole... beh, nulla da giustificare, era una donna dopotutto.
    Forse l'unica cosa a cui trovare una spiegazione plausibile erano le strane canzoncine che caratterizzavano ogni colorato gradino della "scala della pucciosità" che brillava allegramente nell'immaginazione della diciassettenne della foglia, il cui sguardo -rigorosamente puntato verso il suolo per la paura che i suoi compagni potessero vederla e, nell'eventualità, deriderla- se solo fosse stato possibile ammirarlo... avrebbe brillato di tutte le sfumature della gioia femminile.
    Roba complicata... che raggiunse il suo culmine non appena il piccolo draghetto, volteggiando allegramente, non le si avvicinò con il musino che -muovendosi con tenera timidezza- non andò a ricercare lo sguardo della ragazzina dai capelli color dell'orzo.

    E lei? e lei? È la tua fidanzatina?
    Non me l’hai mai fatta conoscere! Non si tratta così un fratello minore!
    Mi dici come ti chiami?



    Silenzio.
    All'aspirante kunoichi bastò solamente udire la prima delle domande per alzare rapidamente lo sguardo e portarlo in quello della graziosa evocazione, lasciando trasparire per un attimo soltanto, tutto il suo abissale e oceanico sconvolgimento: La sua bocca, nuovamente schiusa in una smorfia di stupore, era ora quasi divertente da osservare... come del resto quel visetto da bambolina di porcellana che, in un istante, si corrugò di perplessità.
    « Certo che non sono la sua fidanzatina » Replicò incalzante Shizuka, inarcando un sopracciglio « Ti pare possibile? » Aggiunse poi con una buona dose di (non) celata ironia. Effettivamente per lei, la sola idea di poter essere scambiata per la compagna di quell'individuo era abbastanza ridicolo... certo, adorava profondamente il suo sensei, ma era altrettanto sicura che più di quello non sarebbe mai potuto essere.
    Sorrise divertita, ricercando per un attimo lo sguardo di Raizen come a voler condividere con lui la comicità di quel fraintendimento così eclatante, ma non ebbe il tempo di concentrarsi sul Chunin che il draghetto, avvolgendosi a spirale dinanzi a lei, le chiese il nome.
    ...Di fronte a cotanta pucciosità e a quella vocina così deliziosa, Shizuka -strizzando gli occhi per qualche istante, e portandosi le mani alla bocca- non riuscì a trattenere l'aspetto più coccoloso del suo carattere di ragazza e, sorridendo con radiosità intrattenibile, esclamò un felicissimo: « Il mio nome è Shizuka Kobayashi... piacere di conoscerti! Tu sei Kubomi, giusto? Posso chiamarti così? » Chiese poi a sua volta la ragazza, allungando timidamente le manine verso il cucciolotto di drago, nella silenziosa speranza che questo si accocolasse sopra i suoi palmi.

    Ovviamente però, come del resto si era immaginata, trattenere il piccolino vicino a lei fu un tentativo talmente arduo da essere annoverato nelle imprese titaniche della mitologia ninja.
    Kubomi amava scorrazzare ovunque, e soprattutto molestare quelle maledette stupide pecore (attirandosi, per altro, l'amore ancor più cieco della piccola kunoichi che, se solo avesse potuto, quelle bestie le avrebbe gettate giù dal dirupo una ad una, godendo nel sentirne il corpo ruzzolare giù senza salvezza) ...fu perciò necessario che Raizen intervenisse a placarlo e rimproverlo -tra una spiegazione e l'altra di che cosa fosse un'evocazione e quale fosse il rapporto tra essa e lo shinobi a cui era legata- perché la creaturina si accoccolasse su Shizuka con fare offeso, avvolgendosi sulle sue spalle durante tutto il lasso di tragitto nel quale rimase con il gruppo ninja.
    L'erede dei Kobayashi era a dir poco radiosa.
    Benché fosse decisa a non distogliere la sua attenzione dalle pecore che stava controllando, di tanto in tanto si abbandonava a qualche coccola al cucciolotto di drago, di cui accarezzava il musino e le zampette con una delicatezza e una felicità tali da farla apparire, agli occhi di chiunque, come quello che agli effetti era: Una ragazza di diciassette anni, dall'indole dolce e il carattere gentile. Nulla di più.
    « Sei troppo carino » Sussurrava di tanto in tanto lei, socchiudendo gli occhi e lasciando che il suo visetto strusciasse sul musino della creaturina « Spero davvero di poter avere un compagno come te, un giorno, da futura kunoichi » Sospirò poi, sorridendo...
    ...ed effettivamente era vero.

    Che tipo di Kunoichi sarebbe diventata?
    Ormai quell'addestramento era terminato, presto ci sarebbe stato l'esame Genin e qualora lo avesse superato... lei sarebbe divenuta realmente una ninja.
    Avrebbe avuto il suo coprifronte, le sue prime missioni, forse addirittura un team stabile... avrebbe voluto poter pensare di essere già sicura e decisa sul suo futuro e le sue intenzioni prossime, ma purtroppo il panorama shinobi le appariva ancora estremamente confuso.
    In tutto quell'assortimento di possibilità e aspettative che caratterizzava il mondo nel quale sarebbe entrata come pedina portante della scacchiera del suo villaggio, c'era solo una certezza che aveva ormai messo radici dentro di lei: Non avrebbe mai ucciso nessuno. Mai.

    Abbassò lo sguardo, socchiudendo gli occhi mentre le sue mani ricadevano pesantemente lungo i suoi fianchi di donna.
    Il ricordo di quel lupo a cui aveva sottratto la vita solo poche ore prima, era ancora vivo dentro di lei... ed era stato proprio in quel momento -mentre si rendeva conto che come umana non aveva nessun diritto di privare qualcun'altro della vita che così fortunatamente aveva avuto in concessione dal fato- che promise a se stessa che non avrebbe mai più ucciso nessuno.
    Non avrebbe mai potuto farlo... ogni colpo che infieriva sul suo avversario, le strappava via un pezzo di anima e lucidità.
    Aveva detto di esser disposta a sacrificare qualcosa per poter diventare una ninja forte e stimata, ma se quel qualcosa era se stessa e il suo cuore... allora no, non si sarebbe mai abbassata al compromesso.
    Avrebbe semplicemente trovato un'altra strada: Sarebbe diventata forte senza nuocere agli altri.
    Già... e poi, non le sarebbe dispiaciuto capire qualcosa sui sigilli o come si chiamavano -pensò con fare assorto, scoccando un'occhiata a Raizen prima di rendersene conto- ...non male... ah si, e naturalmente anche lei voleva un'evocazione! E che fosse carina, mi raccomando!

    Fu proprio mentre ridacchiava allegramente che il gruppo giunse finalmente a destinazione: La radura di Konoha entro la quale il caminetto della casa del pastore fumava liberando un invitante odorino di nikuman caldi era proprio là, a poca distanza dal gruppo ninja, proprio come quando erano partiti il giorno prima... tutti dubbiosi gli uni verso gli altri, straniti e assorti nelle loro rispettive visioni di mondo che, purtroppo, non erano riuscite a trovare un incontro durante quella missione di infimo grado.
    [...] Nonostante tutto, forse quell'esperienza aveva cambiato qualcuno dei presenti, almeno in qualcosa, almeno un poco... ma, benché le piacesse sperare tutto questo, Shizuka Kobayashi si rese conto che quei due giorni di addestramento sarebbero stati indimenticabili solo per lei, poiché solo lei era probabilmente cresciuta così tanto in quell'alternarsi giornaliero che l'aveva ricondotta di nuovo lì, come il definirsi del disegno perfetto di una sfera che -partendo da un punto di speranza e curiosità, si riunisce nel medesimo punto di rinnovata consapevolezza.
    Sorrise, e fu proprio mentre si fermava assieme ai suoi compagni e il vento sferzava la vallata, scompigliandole i capelli e facendole ondeggiare il bel kimono rosso, che Raizen -ponendosi a braccia conserte davanti a loro- iniziò le sue ultime valutazione da sensei:


    “Vi farei fare un'ultima prova, ossia un ultimo combattimento contro di me in superiorità numerica.
    Ma l'inaspettato combattimento con i lupi è stato sufficiente, dovete allenarvi di più nel combattimento, anche se fondamentalmente l'allenamento non è mai troppo.”



    Non solo il combattimento temo -pensò Shizuka, sospirando nel raccogliere con le mani i suoi lunghissimi capelli castani che, avvolgendo a spirale, adagiò sulla spalla ove poc'anzi vi era ancora disteso il piccolo Kubomi, ormai ritrattosi alla compagnia dei quattro ninja.
    I suoi grandi occhioni policromi, così mutati dal giorno precedente, ricambiarono lo sguardo del chunin della foglia, riversando in lui le nuove sfaccettature del suo carattere che, da quel momento in poi, la minuta principessa tempesta avrebbe coltivato per divenire una grande kunoichi.
    Sorrise divertita, consapevole che in quel momento la sua malcelata strafottenza e determinazione sarebbe stata compresa solo da quell'uomo così dannatamente simile a lei, e fu poi quando proprio lui diede la possibilità di porre qualche ulteriore domanda che Shizuka, avanzando di qualche passo si fermò serenamente tra i suoi tre compagni di gruppo.

    « Ci rivedremo? » Domandò infine, mentre le sue parole venivano portate via dal vento con il quale esse danzarono.
    Nella sua voce non vi era la speranza di una bambina, né la presunzione di credere di poter legare a sé quelle persone... era probabile che non si sarebbero rivisti mai più, ma se in quel momento poteva porre una qualsiasi domanda, avrebbe utilizzato il suo bonus opportunità per chiedere proprio quello.
    Rimase un attimo in silenzio mentre i suoi bellissimi occhi profondi e divertiti non andavano ad adagiarsi al fianco di Raizen Ikigami, al quale poi fece un gesto con la mano per ricordargli con cortese grazia di restituirle i suoi geta laccati che ancora, tintinnando graziosamente, pendevano dalla cintura del ninja di Konoha.
    « Vorrei incontrarvi di nuovo... » Ammise dunque, mentre attendeva pazientemente di riavere indietro ciò che le spettava di diritto « ...Oppure aspettate che la mia futura fama raggiunga le vostre orecchie, e voi moriate dall'invidia di non avermi rivista prima? » Chiese ancora, ironica.
    Vi era la pungente sfacciataggine di qualcuno che aveva deciso di arrivare in alto nella sua voce, e benché non sapesse ancora se ci sarebbe o meno riuscita, per ora tutto quello che le bastava era la determinazione di credere di potercela fare. Tutto qua.



    Il suo primo addestramento Shinobi era disastrosamente finito.
    Un fallimento totale, avrebbe detto. Probabilmente negli annali dell'accademia di Konoha non si riscontrava un risultato talmente penoso da alcune svariate generazioni ninja... eh si, decisamente.
    Sorrise, e mettendosi le mani sui fianchi diede il caldo benvenuto all'inizio della sua nuova carriera da Kunoichi di Konoha.

    Da qui in poi, è tutta da giocare.






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    Intermezzo [Free] tra Shizuka e Raizen



    Quelle poche parole della minuta ragazza risuonarono nelle orecchie di Raizen con un timbro particolarmente sgradevole, non quella sgradevolezza che l’avrebbe nuovamente fatto reagire in malo modo, le sentiva ruvide, particolarmente ruvide.
    Non disse nulla, si limitò ad osservare con estrema minuziosità la ragazza che si allontanava verso il candido gregge, si voltò verso di loro e sorrise, Raizen non fu in grado di ricambiare alla stessa maniera, in primis perché gran parte dei muscoli della sua faccia addetti a quel compito erano probabilmente atrofizzati, e poi perché gli sembrava quasi innaturale farlo.
    Le sembrava innaturale sorridere dinnanzi a quello sguardo, si accigliò.
    Cosa avrebbe dovuto fare? Sapeva di essere simile alla piccola ragazza, di condividere con lei parte del suo carattere, se lui fosse stato al suo posto cosa avrebbe gradito?

    Nulla.

    Avrebbe avuto bisogno di un po’ di tempo per metabolizzare, guardando con attenzione al passato doveva ammettere che durante il suo corso genin lui non aveva un carattere così forte e temprato, per sua fortuna, altrimenti si sarebbe ritrovato nelle stesse condizioni di Shizuka.
    Non si mosse, si limitò a guardarla negli occhi, spalle, mani e piedi in secondo piano, non c’era alcuna danza per gli occhi di Raizen.
    Possibile che ogni suo gesto fosse stato frainteso?
    Possibile che ancora una volta non fosse stato compreso fino in fondo?

    Possibile.

    Si rispose un po’ sconsolato, quasi stufo di indossare la maschera di insensibilità che si era promesso di tenere per tutta la durata del corso.
    Guardando le azioni passate non gli pareva di aver commesso alcun errore, aveva cercato di moderare il carattere di Shizuka, quello di Kuroro, nel tentativo di prepararli a situazioni ben peggiori, eppure non veniva ringraziato.
    Kuroro lo vedeva come un cane randagio, Shizuka invece chissà che mai pensava, quello sguardo però non pareva promettere nulla di buono.
    Si domandò come avrebbe visto lui un sensei simile a se stesso.
    Non ne aveva bisogno, gli tornò subito in mente Jotaro, era l’unico che aveva agito in maniera simile alla sua, ed era l’unico che Raizen chiamava sensei.

    Beh, effettivamente io non sono del tutto imparziale in questo frangente.

    Si piegò a prendere un filo d’erba, per distrarsi, lo mise in bocca e prese a mordicchiarlo, come se in qualche modo potesse scaricarvi quella mole di domande che avevano preso a sciamarle nella testa.
    Lo gettò poco dopo, stufo di tenerlo tra le labbra.
    Fece un unico passo verso Shizuka, ma non avanzò oltre, gli premeva solamente mettersi un passo davanti agli altri.
    Perché?
    Non lo sapeva, ma ancora continuava a guardarla. Se l’aveva portata sino a quel rettilineo in cui pareva gettarsi a folle velocità forse era ancora in grado di mettere una curva prima che fosse troppo tardi.
    Per cosa poi? Per essere ricordato positivamente da qualcuno, quasi vanità.

    Patetico.

    Ma dopotutto era comprensibile il suo comportamento, forse.
    Forse era soltanto un violento guerriero fuori posto in quel clima di pace, in quell’ovattato mondo che l’accademia si sforzava di equilibrare, quel mondo scuro in cui tutti non vedevano che luce.
    Si risveglio dai suoi pensieri scuotendo impercettibilmente il capo e sbattendo più volte gli occhi.
    Non parlò, non si mosse, non agì, si limitò ad osservare.

    [...]

    Ascoltò la proposta della piccola nobile annuendo di tanto in tanto, infine sorrise rassicurante.

    Ssssth! Non mi vorresti far commentare proprio ora?
    La disposizione è buona, la migliore, anche se la tua posizione e quella di Kuroro possono tranquillamente essere invertite.


    Non aggiunse altro, più palese di così!

    [...]

    Kubomi, al contrario del suo evocatore, pareva riscuotere un certo successo, la sua ingenuità e la sua spensierata felicità in un modo o nell’altro riuscivano a mettere sempre Raizen di buon umore, o almeno a fargli imboccare la giusta via.

    Beh, effettivamente hai ragione, Raizen-chan è più bello di te!

    Kubomiiiiii...

    Quell’ammonimento poteva essere paragonato al sottile gorgoglio, di quelli che le più violente fiere rivolgono alla propria prole.

    Beh è vero!
    La tua pelle è più bella!


    Kubomi!

    Andava educato, come un qualsiasi bambino, e il grido di Raizen bastò a fargli raccogliere la testolina tra le sue stesse spire.

    Ma...

    Venne fulminato dallo sguardo del colosso.

    Lo sai che preferisco non parlarne.

    Ma era un gesto nob...

    Tentò di sussurrare il cucciolo.

    Ho detto basta.

    Nessuna inflessione nella voce, nessun grido, solo tre parole ben marcate che riuscirono a far tacere il piccolo drago che poco dopo si rifugiò tra i capelli di Shizuka.
    Era innegabile che il piccolo animaletto ricevesse da parte di Raizen un trattamento speciale, tutta quella pazienza non era affatto riconducibile al solito comportamento di Raizen.

    Mh, ok, va bene

    Non si lasciò scappare troppe parole il piccolo drago, ancora impaurito dalle parole di Raizen.
    Tuttavia dopo che la kunoichi gli diede confidenza non riuscì a fare a meno di riprendere a fare domande.

    Il tuo cognome è difficile da pronunciare. Che vuol dire Shizuka?
    Non dirmi che ti hanno dato un nome senza pensare al significato!


    Insistente e quasi tedioso, ma come si poteva dire di no a quegli occhietti vispi e ardenti di curiosità?

    [...]

    Certo che potevi fare un’altra domanda.

    Questa volta si poteva udire nella sua voce una lieve nota di delusione, ma nessuna di rimprovero.
    Si alzò tenendo lo sguardo basso per qualche istante, quando i suoi occhi riemersero da quel ombroso secondo erano invariati, i soliti occhi grigi e affilati.

    Non era un errore dopotutto.


    Si sfilò il mantello con movimenti misurati e attenti lasciandolo ricadere alle sue spalle.

    Ma vedo che l’acume non è un vanto dei Kobayashi.

    Mentre pronunciava quella frase la sua mano andò ad afferrare il colletto della tuta che indossava, quest’ultima si dimostrò estremamente elastica e le spalle riuscirono a passare dal foro una alla volta, in poco tempo il torace di Raizen fu scoperto.

    Così al primo incontro mi sono spogliato pure io.

    Guardò Shizuka qualche istante prima di riprendere a parlare.

    Non faccio mai complimenti a caso, guarda attentamente.

    Si riferiva chiaramente al complimento fatto alla ragazza la prima volta che la vide, ma non era certe che l’ira avesse lasciato ricordo del breve istante.
    Senza badare alla reazione della ragazza Raizen estrasse la nodaichi per poi sedersi, incrociare le gambe e adagiarla sopra le stesse.
    Dopo qualche istante Raizen venne circondato dalle correnti ventose mentre la sua pelle e i suoi occhi avrebbero emesso un fioco quanto istantaneo bagliore che ne avrebbe rivelato la loro natura puramente chakrica, e mettendo in evidenza le minuscole cicatrici che lo rendevano un drago tra i draghi. Qualche secondo dopo l’attivazione della tecnica speciale Raizen si sarebbe alzato nuovamente in piedi impugnando la nodaichi che, come nella radura, avrebbe iniziato a risplendere di un aura spigolosa e affilata, questa volta ben più visibile.
    Ciò che interessava a Shizuka, il vero motivo per cui Raizen aveva mostrato la sua carta, stava all’altezza del ventre dello shinobi: un enorme sigillo che, partendo dalla costola flottante arrivava sino al bacino, le linee oltremodo stilizzate raffiguravano le fauci di un qualche animale, su ogni canino era impresso un ideogramma in una lingua sconosciuta.

    Sigillo dei quattro draghi.
    Tiene a bada il mio chakra, altrimenti impossibile da governare per via della quantità estremamente alta.


    Parlò in fretta e senza peli sulla lingua, voleva porre fine a quel momento il più in fretta possibile, si sentiva quasi un fenomeno da baraccone.
    La nodachi venne rinfoderata e la tecnica venne nuovamente sciolta, facendo tornare Raizen normale.
    Sospirò mentre aggiustava il coprifronte, scivolato quasi sopra l’occhio a causa delle correnti rilasciate dalla tecnica.

    Direi che questo è tutto, la risposta di Kuroro era esatta, ma quella di Shizuka gli era complementare.
    Questa è manipolazione della natura nella sua forma più estrema, ma il sigillo è parte essenziale della tecnica.


    Mentre parlava, con pochi gesti si rimise la tuta addosso, coprendo il torace secco e nerboruto, per poi tendere il colletto e farlo schioccare sul collo rilasciandolo improvvisamente.
    Sospirò nuovamente mentre le sue mani andavano a slegare i geta di Shizuka dalla fascia che teneva in vita.
    Li poso nelle piccole mani di lei e parlò.

    Con della buona volontà...

    Fece spallucce mentre inclinava il capo.

    ...Si può ottenere tutto.

    Tese una mano e la lasciò calare sulla testa della futura ninja, non voleva farle male, e non lo avrebbe fatto, ma probabilmente il colpo avrebbe quasi fatto cedere le gambe di lei.

    Veramente tutto, sempre e comunque.

    Tacque mentre riportava la mano lungo i fianchi.

    Tutti siamo passati per questa strada, tutte le nozioni merdose che vi ho fatto sciorinare durante il cammino sono utili quanto l’abbondante sterco che avete sotto le scarpe.
    Non mi è mai stato utile sapere che il mio avversario manipolava il chakra in una certa maniera, i suoi attacchi potevano comunque uccidermi, dovevo comunque schivarli.
    Il percorso che state per intraprendere sarà ben più severo di me, non perdonerà, e se abbasserete la guardia potreste rimetterci le penne, io vi ho dato un assaggio, un piccolo morso, il resto sarà una prima portata degna dei daimio delle grandi nazioni.
    Entrambi, Kuroro, Shizuka, siete zero.
    Non è crudele da dire, è solo la verità, e la verità se non taglia, come in questo caso, affila.
    Anche io ero zero, eppure son riuscito a guadagnarmi la vita che ora posseggo e che nessuno sarà in grado di strapparmi.


    Prese il mantello e lo indossò nuovamente.

    Iniziate a camminare, non vi resta altro da fare.

    Abbozzò un sorriso, decise di non rivelare, almeno per il momento, il motivo di quel suo metodo di insegnamento così violento, voleva dare ancora una possibilità all’intelletto dei due studenti.

    Edited by F e n i x - 28/5/2010, 12:59
     
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    My determination 2

    Intermezzo [Free] tra Shizuka e Raizen.



    ____________





    Contro ogni sua previsione, non appena la ragazza negò fermamente la sua relazione con Raizen Ikigami, il piccolo cucciolotto di drago non sembrò prenderla bene. Anzi, per un attimo i suoi occhietti grigi -ricercando dispettosamente quelli della kunoichi della foglia- si colmarono di vivo risentimento, tanto che la creaturina, allontanandosi di scatto dalla provvisoria compagna, si cimentò in una serie di infantili constatazioni che forse ai suoi occhi apparivano come insulti irrimediabilmente gravi... ma che a Shizuka risultarono solo come un blando e adorabile tentativo da parte di un bambino di proteggere una persona a lui cara.

    Sgranando i suoi bellissimi occhioni policromi, l'erede dei Kobayashi si ritrasse leggermente indietro, stupita da quella reazione che non aveva decisamente avuto modo di prevedere, rimanendo poi ad osservare il breve battibecco tra Kubomi e Raizen di cui lei, suo malgrado, era divenuta l'oggetto scatenante.
    ...Se avesse immaginato di far arrabbiare tanto il cucciolotto di drago, avrebbe decisamente evitato di rispondere preferendo eludere la domanda in qualche modo.
    Sospirò, sorridendo divertita dalla tenera scenetta che aveva l'opportunità di ammirare, e dopo qualche istante di iniziale silenzio -compiendo qualche passo verso i due compagni e scuotendo debolmente le mani dinanzi a sé, come a volersi schermare da eventuali reazioni di rappresaglia- borbottò un imbarazzato: « Non importa Raizen, lascia stare per favore, non sono offesa » ...che trovò grande conferma non appena la ragazzina accolse tra le sue braccia il cucciolo, a cui sorrise dolcemente.
    Nel suo sguardo vi era il calore e la gentilezza di una madre premurosa... caratteristica peculiare della minuta principessa della foglia la quale, forse per lo stupore generale, rivelò nella sua integrità le sfumature più nascoste della sua femminile personalità di donna. Sembrava quasi che Kubomi, infatti, nel suo essere così piccolo e bisognoso di attenzioni, suscitasse nella ragazza il desiderio forte di poterlo seguire e vezzeggiare.
    « ...Scusami Kubomi, non volevo farti arrabbiare » Sussurrò la kunoichi, posando l'indice affusolato sul musetto della creaturina « ...sono stata ironica e poco cortese, non era mia intenzione offendere il tuo fratellone, davvero... » Aggiunse ancora, sorridendo nuovamente con una dolcezza che mai i tre ninja presenti avevano avuto modo di osservare « Spero che potremo comunque essere ancora amici » Concluse poi, gentilmente...
    ...e la risposta a quella domanda -proprio come Shizuka aveva previsto, del resto- arrivò puntualmente non appena il draghetto, avvolgendosi a spirale tra i suoi capelli nel tentativo di fuggire dai rimproveri del fratello maggiore adottivo, non cominciò a stordirla con la sua parlantina incalzante e curiosa.


    "Il tuo cognome è difficile da pronunciare. Che vuol dire Shizuka?
    Non dirmi che ti hanno dato un nome senza pensare al significato!"




    Dinanzi a quella domanda così particolare, la ragazza non poté fare a meno di mettersi a ridere, per poi scuotere la testa sospirando allegramente. L'energia inesauribile di quella creaturina era talmente contagiosa, almeno verso i suoi confronti, che difficilmente si sarebbe potuta trattenere... nonostante tutto, fu solo quando il silenzio calò tra i due e l'attenzione del cucciolo di drago fu solamente per lei, che l'aspirante kunoichi prese a parlare.
    « Kobayashi... il mio cognome, significa "Piccola Foresta" » Esordì la ragazza con gentilezza, osservando il cucciolo adagiato con il musetto sulla sua spalla sinistra « ...ma non me lo hanno "dato" l'ho "acquisito" dal mio clan... è un cognome molto importante sai, esiste da tante generazioni » Confessò con una nota di orgoglio nella voce... ma guardando gli occhietti perplessi del suo piccolo interlocutore, capì di dover essere più chiara, così -con inesauribile e dolce pazienza- continuò la sua spiegazione: « Acquisire un cognome significa ereditare il sapere della propria famiglia e le tradizioni di essa, capisci? ...A me, per esempio, come futura capoclan Kobayashi, è stato insegnato il rispetto degli altri e la capacità di comprendere le persone. Trovo giusto ed essenziale impegnarsi nel trovare un punto di incontro con chi ti circonda... ed è meraviglioso condividere i tuoi pensieri, le tue gioie e le tue paure... » Sussurrò ancora, con una lieve punta di timidezza, l'aspirante kunoichi... timidezza che sfociò in un violento rossore non appena lei, spaziando con lo sguardo sui suoi compagni, si rese conto di esser ascoltata da tutti loro.
    Non era facile per una donna cresciuta con i principi severi e rigorosi del capoclan, esternare il proprio lato delicato e sensibile. Odiava farlo... aveva sempre il terrore che qualcuno potesse deriderla o ferirla; quando perciò si riscoprì a mostrarsi così nudamente dinanzi a quel cucciolo, non poté fare a meno di cambiare velocemente discorso, ridacchiando nervosamente.
    « In ogni caso, sai, anche il mio nome è stato scelto perché suonasse bene con quello ereditato dal mio clan natio: Shizuka è scritto con gli ideogrammi di "Pacata e delicata fragranza" ...è divertente, non trovi? Letteralmente parlando, la mia indole rispecchia "La delicata fragranza della piccola foresta" » Sorrise, scuotendo la testa dinanzi a quella constatazione infantile di cui da piccola, però, era per lei motivo di grande vanto.
    Ricordò il suo orgoglio nel ripetere il significato del suo nome durante le presentazioni ufficiali, suscitando l'ilarità di suo padre che -dolce e premuroso come sempre- le adagiava una mano sulla testa, sorridendo bonariamente.
    Sospirò, mentre il suo bel viso da bambola -levandosi verso l'alto e venendo baciato dal sole casuale della tarda mattinata- non si illuminava dei cristallini sentimenti che da sempre, vivi e indissolubili, albergavano in lei: Amore per le sue origini e la sua famiglia, rispetto per le tradizioni che le erano state insegnate e di cui vestiva l'eredità con nobile fierezza...
    ...nel suo sguardo, vi era la risoluzione gentile che nasce dalla sicurezza delle proprie capacità.
    Poiché, se come ninja aveva ancora molto da imparare, Shizuka Kobayashi -come donna- era la più esperta danzatrice dell'oikiya della vita.


    ¨•¤º°º¤•¨




    "Certo che potevi fare un’altra domanda.
    Non era un errore dopotutto, ma vedo che l’acume non è un vanto dei Kobayashi."




    Arrivati nella radura di Konoha, nella quale due copie di Raizen si presero cura di far rientrare le pecore nel recinto dove sarebbero sempre dovute essere, il colosso di Konoha -in seguito all'aver ascoltato la domanda posta dalla sua allieva- si eresse in tutta la sua altezza, mostrandosi agli occhi di lei se non deluso quantomeno scocciato.
    Ovviamente, come Shizuka aveva previsto, le parole che uscirono dalla di lui bocca per esprimere il suo stato d'animo furono tutt'altro che gentili, motivo questo che indusse la permalosa kunoichi, punta nell'orgoglio del suo clan, a compiere qualche misurato passetto in avanti -già pronta a cimentarsi in una lunga arringa in prosa sulla maleducazione che aveva da sempre caratterizzato il Chunin durante tutto l'addestramento... dettaglio che, ovviamente, l'aveva sempre irritata moltissimo- che improvvisamente, prima ancora che lei avesse il tempo di levare il suo indice accusatorio sul volto del suo interlocutore, egli -contro ogni sua più ampia e lungimirante previsione- si spogliò.

    Silenzio.



    Shizuka rimase immobile, schiudendo la bocca allibita di fronte a quel gesto a cui non riuscì né a collegare una motivazione, né tantomeno un senso... e fu solamente dopo il primo istante di stupore che -come del resto si poteva immaginare prendendo in analisi il soggetto particolarmente ingenuo- il volto della ragazzina avvampò di un rossore più tendente al porpora brillante.


    "Così al primo incontro mi sono spogliato pure io.
    Non faccio mai complimenti a caso, guarda attentamente."




    Inutile dire che se la situazione fosse stata diversa (come del resto anche il protagonista d'essa), e quelle frasi non fossero mai state dette, la piccola kunoichi avrebbe rivolto lo sguardo verso il basso, imbarazzata e intimidita...
    ...ma destino volle che quelle affermazioni -andando a stuzzicare il sarcasmo della bimba Kobayashi- diedero lei lo stimolo a superare la vergogna, e anzi, le offrirono persino una generosa concessione di intraprendenza, sentimento che, elettrizzandone la personalità, la indussero a compiere qualche passetto indietro rispetto al Chunin di Konoha, in modo da poter avere la totale visione del fisico di lui.
    I profondi occhioni policromi, socchiusi ora in un ghigno provocatore, serpeggiarono rapidi e attenti lungo il torace del suo interlocutore, analizzandolo con una malizia che difficilmente qualcuno avrebbe potuto attribuire ad una così graziosa ragazzina... la stessa dolce bimbetta che dopo qualche istante, scoccando un'occhiata divertita al suo maestro, rispose solo con un semplicistico e sussurrato: « Ah... più attentamente di così, credimi Raizen... non posso proprio guardarti » a cui seguì tuttavia un religioso silenzio, degno della più attenta delle studentesse...

    ...attenzione che, in ovvio, fu lautamente ripagata.
    Con suo immenso stupore, la mancanza improvvisa di pudore da parte del colosso di Konoha, non si rivelò essere -come al contrario aveva vergognosamente pensato la diciassettenne- un mal riuscito tentativo di provocazione, ma l'unico modo per mostrare a lei e i suoi compagni quello che la sua mente aveva sino a poche ore prima ardentemente ritenuto vero: Un sigillo.
    [...] Non appena il fuinjutsu si rivelò ai suoi grandi occhioni verdi, la ragazzina -trasalendo come se fosse stata scossa da pura e guizzante elettricità- non riuscì a trattenersi dal muoversi sul posto per una manciata di secondi, incapace persino di ascoltare le parole del maestro che invece, con paziente lentezza, stava in quel momento esponendo il nome di quella peculiare limitazione chakrica di cui era oggetto.
    La sua attenzione era altrove. Ferma. Immobile.
    Completamente incentrata sull'addome del temprato ninja della foglia.


    "...Doveva... doveva vederlo da vicino.
    Doveva, o sarebbe forse morta sul momento."




    Benché l'indole della fanciulla fosse in quel momento domata dall'imbarazzo dell'ingenuità e dalla sua ferma imposizione di compostezza (ormai persa da tempo in quell'addestramento Genin), Shizuka -dopo poche brevi esitazioni iniziali- non riuscì a trattenersi dal correre in avanti prima che il ragazzo dai capelli color della luna si rivestisse del suo abbigliamento.
    Schizzando in avanti con velocità forse addirittura spiazzante, l'aspirante shinobi impiegò solo pochi secondi per azzerare la distanza che la separava da lui e che le impediva di porre le sue minute manine sull'addome di Raizen, prendendo ad analizzare il suo sigillo con un'attenzione quasi imbarazzante: Non vi era né pudore né incertezza nelle dita dell'erede dei Kobayashi, mentre questa scorreva con attenzione ogni particolare tatuato su quella carnagione bianca ricca di cicatrici che aveva l'opportunità di guardare tanto da vicino.
    Nei suoi occhi, in quel momento, vi era solo l'attenzione emozionata di una studiosa a cui è stata data l'opportunità di osservare una nuova scoperta sino a quel momento tenuta riservata: Pura gioia ed eccitata curiosità.

    « Lo sapevo! Avevo ragione io! » Strillò la ragazza, elettrizzata ed orgogliosa, mentre i suoi palmi serpeggiavano esperti sul torace dell'uomo dinanzi a lei « E adesso dimmi: Chi te li ha fatti? Come? Voglio imparare anche io, posso non è vero!? » Nella sua voce, l'insistenza tipica dei bambini « Ti prego, Raizen, dimmi come... »
    ...come si fanno i Fuinjutsu.
    Questa, tecnicamente, era la domanda che Shizuka avrebbe tanto voluto porre per l'ennesima volta al colosso di Konoha... ma quando -alzando lo sguardo e andando a incrociare quello del suo interlocutore- si rese improvvisamente (quanto miracolosamente) conto della posizione nella quale si trovava, del comportamento che stava tenendo, e della sua totale mancanza di pudore e ritegno... avvampò talmente tanto che, per un attimo, la colse un capogiro.
    Indietreggiò, rischiando quasi di inciampare sui suoi stessi piedi, mentre poneva di fronte a sè le mani come a voler nascondere l'onta della sua sfrontatezza in un ultimo gesto di disperata salvezza che, invano, accompagnava una sequela di balbettii imbarazzati e di difficile comprensione che la vedevano protagonista (povera vittima innocente) di un attacco improvviso di selvaggia curiosità che non aveva mai sperimentato prima d'ora e che, ahimè, non era proprio stata in grado di controllare...
    ...certo, con quel suo comportamento non voleva sicuramente lasciar intendere che era solita toccare sempre tutti con quella sfacciataggine, e anzi si scusava tanto di aver messo le mani sopra il suo simbolo...cioè sigillo... o come si chiamava insomma... e lei, ecco, sicuramente non l'avrebbe mai più fatto. Mai. Davvero... sul serio!

    Borbottii a caso, costellati di qualche boccheggio da pesce e una sequela interminabile di gesti senza senso che, nella loro complessità, non solo risultavano inutili ma persino disastrosamente divertenti... ma questo, ovviamente, Shizuka Kobayashi non l'avrebbe mai capito. Non solo perché trascorse il resto del discorso del Chunin di Konoha a tenersi la testa livida di imbarazzo e sconvolgimento, accovacciata a terra e con il volto sprofondato nelle sue stesse ginocchia, ma anche e soprattutto perché la sua mente -nonostante tutto l'accaduto- continuava irrimediabilmente a ripassare la mappatura precisa di quel Fuinjutsu, decisa più che mai a non dimenticarne neanche un dettaglio, così da poterlo successivamente trascrivere e quanto prima studiare.
    Insomma, la povera diciassettene della foglia, vittima della sua stessa curiosità, non sembrava più aver scampo...se non fosse giunta in suo soccorso, inaspettatamente, la voce del suo maestro.


    "Con della buona volontà...
    ...Si può ottenere tutto."




    Queste parole giunsero alle sue orecchie accompagnate dalla mano del colosso di Konoha che, cadendo sulla sua testolina color dell'orzo, la sospinse pesantemente a terra, ove cadde di sedere e dove rimase immobile, mentre i suoi profondi occhioni policromi non si alzavano a cercare quelli del suo interlocutore.


    Tutti siamo passati per questa strada, tutte le nozioni merdose che vi ho fatto sciorinare durante il cammino sono utili quanto l’abbondante sterco che avete sotto le scarpe.
    Non mi è mai stato utile sapere che il mio avversario manipolava il chakra in una certa maniera, i suoi attacchi potevano comunque uccidermi, dovevo comunque schivarli.
    Il percorso che state per intraprendere sarà ben più severo di me, non perdonerà, e se abbasserete la guardia potreste rimetterci le penne, io vi ho dato un assaggio, un piccolo morso, il resto sarà una prima portata degna dei daimio delle grandi nazioni.
    Entrambi, Kuroro, Shizuka, siete zero.
    Non è crudele da dire, è solo la verità, e la verità se non taglia, come in questo caso, affila.
    Anche io ero zero, eppure son riuscito a guadagnarmi la vita che ora posseggo e che nessuno sarà in grado di strapparmi.




    Sembrava che la stesse consolando.
    Con quelle sue parole dal timbro forse troppo aggressivo o troppo saccente, Raizen Ikigami -il sensei verso il quale provava la più grande delle rivalità, e che le aveva reso la vita impossibile dall'inizio di quell'addestramento di scarso risultato- sembrava cercare di farle capire che i suoi sentimenti di impotenza e frustrazione non avevano motivo di esistere in una forma tanto dilaniante da distorcere la di lei personalità, così naturalmente incline alla gentilezza e l'altruismo...
    ...prima o poi, anche lei sarebbe arrivata. Tutto qua.
    Non importava quanto tempo ci avrebbe impiegato: Non sarebbe mai stata l'ultima, come temeva invece in modo così straziante.
    All'inizio di un'avventura grande com'è quella del divenire ninja, l'ombra del proprio villaggio, è normale tremare sulle proprie gambe ancora incapaci di correre con indomabile potenza...
    ...Già. E lei, di precarietà sulle gambe, ne sapeva qualcosa -pensò la ragazza guardandosi, con un sorriso, lì seduta sull'erba fresca della radura di Konoha.

    Sospirò, alzando poi ancora una volta gli occhi al cielo.
    Le sfumature smeraldine delle sue iridi brillarono serpentine nell'oceano primaverile dei suoi occhi, e fu solo dopo qualche istante che lei -rimanendo ferma ove si trovava, adagiata sui palmi delle mani e con il nasino all'insù- pensò che no... la vita, alla fine, era davvero bellissima.
    E il suo sensei, forse così grezzo e malvagio come dava a vedere, non lo era proprio.

    Mpf... eh eh eh...

    Inspirando a fondo l'invitante odorino di soffici e candidi nikuman che proveniva dalla capanna del pastore, Shizuka Kobayashi -la principessa tempesta del villaggio della foglia- non poté fare a meno di sorridere...





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    Mentre denudava il torace, Raizen, si lasciò sfuggire un ghigno, non si curò di mascherare l’effetto dell’erroneo commento della futura kunoichi, anzi, lo accentuò, dandogli un tocco della spavalderia che lo rendeva tanto odioso, mostrando lievemente un candido canino lievemente più grande della norma.

    [...]

    Si aspettava una reazione simile da Shizuka, ma certamente non così “spinta”

    Shiz... Shizu... offfh...

    Le piccole manine della studentessa quasi non lo lasciavano respirare, non soffriva troppo il solletico, ma le affusolate mani che cercavano di distenderne al meglio la pelle iniziavano a procurargli un fastidioso prurito.

    Dai, dai bast...
    Basta Shizuka!


    Riuscì a pronunciare tra le brevi risate quelle due parole che lo salvarono dalla piccola tortura cinese facendo rinsavire la piccola Kobayashi, quasi senza volerlo le aveva afferrato entrambe le mani, non voleva che quelle cicatrici venissero toccate, non voleva essere toccato, si accorse dopo qualche istante di aver probabilmente stretto troppo la presa, lasciò andare le piccole mani immediatamente, come se fosse pentito. La kunoichi, rossa come non mai si accucciò dinnanzi a lui.

    Non serve dirtelo, è veramente troppo complesso, non è un lavoro che un umano potrebbe comprendere, almeno non in una sola vita.
    Quindi evita pure di sforzarti a ricordarlo, è inutile, volendo, per dartene la prova posso permetterti di ricalcarlo per filo e per segno, ma pur sottoponendolo al più grande esperto in fuuinjutsu non ne verresti a capo.
    Potresti comprenderne il funzionamento, ma non servirebbe poiché te l’ho già detto io.
    Ti basti sapere che questa è solamente un infinitesima parte dell’intero sigillo.


    Si fermò a riflettere qualche istante.

    Si, direi che più o meno è la parola “fine” del libro che racconta la storia dell’universo istante per istante.
    Inoltre è stato fatto da esseri che mediamente hanno un intelligenza e una vita ben più grande e lunga della nostra, insomma, troppi fattori troppo importanti ti vengono contro.


    Rise serafico per poi continuare a parlare.

    Posso però dirti che i fuuinjutsu sono tra le arti ninja più complesse, è necessaria una discreta abilità nel manipolare il chakra, buona fantasia, particolari inchiostri e una pazienza estrema. Dopotutto più grande è il potere che si ottiene più tempo ci vuole per ottenerlo.
    E i fuuinjutsu hanno applicazioni veramente ampie.
    Il mio sigillo ad esempio credo che possa rendere voi tre chakricamente inoffensivi al minimo contatto.
    Un contatto prolungato penso che invece possa addirittura uccidervi.


    Fissò Shizuka a lungo e insistentemente, quasi volesse dilatarne con forza bruta le iridi e calarsi all’interno della sua anima.

    È un gioco assai rischioso.

    Distolse lo sguardo per poi guardare Kuroro e sorridere, era realmente divertito, ma il suo sorriso sarebbe apparso quasi sinistro.

    Tu? Niente domande?

    Edited by F e n i x - 29/5/2010, 00:42
     
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  5. Arcangelo Gabriel
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    Kuroro's Loneliness



    CITAZIONE
    « E' un sigillo? »« Non hai usato nessuna posizione delle mani, e non hai neanche avuto il tempo di condensare il Chakra sulla tua arma... o come si dice insomma... emh, sempre che si possa fare qualcosa del genere, ma non è questo il punto »« ...Quindi non è che hai sciolto un sigillo? »« Allora? Ho ragione? Hai dei sigilli impressi sul tuo corpo, sensei? Dove? E chi te li ha fatti? »« Come funzionano? »

    Kuroro era rimasto impassibile nell’ascoltare le parole della sorella. Di certo i suoi ragionamenti l’avevano sorpreso. Da cosa poteva dedurre che si trattasse di un sigillo? La manipolazione della natura non necessitava affatto di posizioni magiche o tempi eccessivamente lunghi, dunque le motivazioni della sua supposizione era errate. Anche se avesse colto nel segno dunque sarebbe stata questione più di fortuna che altro. Per quale motivo i Fuuinjutsu la interessavano a quel modo? In fondo non li aveva mai visti prima in azione, quindi per quale motivo doveva focalizzare su di loro la sua attenzione?
    Anche l’espressione di Jaken lasciava facilmente intuire quanto potesse ritenere corretta quell’ipotesi. Fu la volta di Raizen il quale con poche frasi secche e diretta diede la ragione proprio al primogenito Kobayashi

    No, ovvio che no.
    Come ha detto Kuroro è semplicemente manipolazione della natura.
    Niente di più niente di meno.


    A differenza di Kuroro, Shizuka sembrava aver totalmente dimenticato quanto accaduto la notte prima. Come poteva davvero comportarsi in quel modo? Sempre più aveva l’impressione che sua sorella avesse sbalzi d’umore e comportamento troppo repentini. Era evidente come i due fossero davvero estremamente diversi nonostante il legame di sangue.

    [...]

    Terminato lo scontro con i lupi il ragazzo ripensò alle parole dell’aiuto-sensei

    «Mantenete la calma.
    Stanno solo proteggendo il loro territorio, che noi abbiamo invaso. E sospetto che siano anche stati insidiati da un elemento del gruppo».
    «Vi sarei grato se evitaste di *uff*...»


    Il suo discorso era stato interrotto dalla brutale azione di Raizen, ma riflettendo bene si poteva facilmente dedurne il finale. Osservando gli spostamenti e l’atteggiamento di Jaken aveva compreso cosa volesse comunicare ai due studenti. Ormai era troppo tardi, la maggior parte delle fiere era stata uccisa.

    Mmmmm Kuroro aggiungi una fasciatura inumidita con la pomata al tuo braccio, basterà a curarlo. Shizuka a te basterà la pomata.
    Un punto al damerino, i suoi lupi erano decisamente più aggressivi e preparati, Shizuka è stata probabilmente aggredita da due cuccioli.


    « Kuro-nii, quando hai finito passami la pomata, altrimenti temo di morire dissanguata »
    Kuroro abbozzò un sorriso alla sorella. Non aveva apprezzato molto il comportamento della ragazza in quel frangente. Terminato lo scontro si era premurata prima delle carcasse dei lupi morti piuttosto che delle condizioni del fratello. Una frase detta ironicamente per sdrammatizzare non poteva essere sufficiente.
    Non aveva intenzione di far notare ancora una volta la sua delusione. Evidentemente Shizuka era cambiata e quell’esperienza forse l’aveva allontanata dal fratello.
    Impiegò cinque minuti circa per inumidire e applicare la fasciatura come consigliato dal sensei. Fatto ciò si diresse da Jaken per scusarsi. Aveva intuito che per il Genin salvare le vite di quei lupi era più importante di uno sciocco allenamento. Al momento però le sue capacità non gli permettevano di porsi al di sopra di quelle bestie e sconfiggerle senza necessariamente ucciderle. Era stato costretto dalla sua stessa incapacità.
    Giunto a circa due metri dal ragazzo, il quale stava medicando uno dei lupi sopravvissuti, mantenendo bassa la testa e fissando il terreno si rivolse al suo superiore


    “Perdonami Jaken, non sono riuscito ad evitare l’uccisione di quei lupi ma…non avevo le capacità per respingerli senza ucciderli. Spero che questo non influenzi la tua opinione su di me, ucciderò soltanto quando questa soluzione dovesse risultare l’unica inevitabile”

    [...]

    « Nessuno di noi ha mai visto il pastore se non sbaglio, per questo motivo effettuare una buona e ben riuscita Tecnica della Trasformazione ci è impossibile Kuro-nii... »
    « Tutti tranne il sensei immagino, ma... parliamo di "Raizen-questa-non-è-la-mia-prova-fate-da-soli" Ikigami, quindi cambiamo i conti in modo diverso, mh? » « Per quanto mi riguarda ho incontrato la moglie del pastore, e sono in grado di usare la Tecnica della Trasformazione... » « ...Inoltre ho a disposizione un pò di sale.» « Se per voi va bene, possiamo tentare questa strategia, altrimenti: tu, Jaken, cosa proponi? » « Per il sentiero, direi di evitare quello che abbiamo intrapreso visto quanti dettagli rivelatori ci siamo lasciati alle spalle... ma siamo sicuri che una strada di montagna sia più adatta? ...Di montagna? Riflettici Kuro-nii »


    A dispetto di quanto avesse supposto Kuroro, Shizuka non aveva visto il pastore ma soltanto la moglie. Il trucco della moglie e del sale forse avrebbe anche potuto funzionare, ma effettivamente il dubbio più grande restava…quale percorso scegliere?

    «Shizuka ha ragione, non conosciamo aspetto e voce del pastore, o almeno io li ignoro.
    Credevo che tu lo avessi incontrato quando ti recasti in casa sua per cambiare calzari, ma a quanto pare non è così.
    Ma anche se fosse stato, non so se le pecore si sarebbero fatte ingannare facilmente.
    Hanno un ottimo campo visivo, ma la qualità della vista in sé è piuttosto scarsa, mentre hanno un eccellente olfatto. Ovviamente non è possibile riprodurre l'odore di una persona con la Henge.
    Tuttavia, forse non occorrerà questo sotterfugio. Basterà convincere il leader del gregge a seguirci, e le altre pecore si adegueranno.

    «Se volete, posso occuparmi io di questo aspetto, ne sarei lieto. E quel sale potrebbe essere di grande aiuto come incentivo.»

    «Concordo con voi.
    L'unico svantaggio di abbandonare il percorso nella foresta è che ormai lo conosciamo bene, mentre cambiando strada non sapremo cosa può attenderci.
    Ma per tutte le ragioni che avete elencato, approvo l'idea di un diverso itinerario.
    In questo modo magari eviteremo anche ulteriori, futili spargimenti di sangue.
    Ma non dirò altro in proposito, a Kuroro la decisione.»


    Jaken aveva smontato facilmente l’idea dell’utilizzo della Henge per ingannare il gregge. Sicuramente non avrebbero percepito l’odore del loro padrone e non avrebbero seguito il gruppo ninja con un trucchetto simile.
    Anche l’ipotesi del costringere il capo del gregge a seguirli e in questo modo legare a lui il resto del bestiame poteva essere un’idea.
    Sarebbe rimasta a lui la decisione sul percorso. Doveva essere deciso altrimenti il gruppo ne avrebbe risentito. L’idea di tornare nella foresta con il rischio di incappare in altri assalti da parte di lupi non lo allettava affatto.
    Camminando in montagna avrebbe avuto ampio campo visivo, impossibilità di subire agguati e maggior raggio d’azione.
    Non aveva dubbi, il passo di montagna, per quanto fosse sconosciuto e potenzialmente pericoloso, costituiva la soluzione migliore. Probabilmente sarebbero sbucati proprio al bivio del giorno precedente, confermando le sue ipotesi iniziali.
    Rivolgendosi ai due compagni comunicò la sua decisione


    “Ho deciso, per il percorso prenderemo il passo di montagna. Se non siete d’accordo ditemi quali alternative abbiamo e le prenderò in considerazione. Al momento ritengo che tornare nel bosco dove potrebbero attenderci altri lupi non sarebbe la soluzione migliore. Con le mie attuali capacità e quelle di Shizuka non saremmo in grado di difenderci e al contempo proteggere il gregge in uno spazio angusto come i sentieri della foresta. Probabilmente Raizen impedirebbe nuovamente a Jaken di agire e ci troveremmo soli per la seconda volta.
    Per il passo di montagna avremo ampia visuale data dalla mancanza di vegetazione. Ciò ci darà la possibilità di difenderci meglio da possibili assalti. So che scegliere una via sconosciuta e potenzialmente impervia è un azzardo, ma dobbiamo correre questo rischio.
    Per quanto invece riguar..”


    Le parole del giovane furono interrotte da uno dei solito sbotti del sensei

    Si si, ok. Tante inutili parole, direi che è il momento di rimettervi in marcia no?
    Non vi farò vedere l’aspetto del vecchio. Ma non prendetevela a male, le pecore non vi seguirebbero comunque, sono stupidi animali che si guidano attraverso la paura.
    Per meglio dire vanno “spinte” verso la meta.
    Ciò che vi serve quindi è condurre un informe ammasso di pecore giù per il pendio stando attenti a non farle cadere di sotto.
    Visto che il costone della montagna è più o meno un muro invalicabile per loro in tre sarete sufficienti.
    Uno sul lato opposto per controllare che qualche pecora non si spinga troppo verso il bordo, uno davanti per non far accelerare troppo il passo, e uno dietro per essere sicuri di non lasciarne qualcuna indietro.
    Abbastanza semplice direi.
    Scegliete come disporvi.


    « Proporrei il seguente schema per riportare il gregge dove sarebbe sempre dovuto rimanere »« Come suggerito dal sensei: Kuroro si porrà in cima alla fila che creeremo con cura per passare attraverso la strada montana che ci condurrà a valle, in questo modo ci guiderà come si conviene al suo titolo da caposquadra. Jaken invece, essendo sicuramente più esperto di me, potrà rimanere nella metà della fila mentre io... beh, essendo la meno capace, chiuderò il gruppo » « ...per quanto riguarda il sensei: Beh, mettiti dove vuoi Raizen. Supponendo che non ci aiuterai minimamente, stammi dietro e possibilmente evitati ogni sorta di commento che, immagino, tu voglia tanto fare in questo momento »

    Shizuka prima del suo discorso si era esibita in uno strano balletto, alquanto fuori luogo e inutile. Kuroro la guardò per qualche istante con aria basita e attonita.

    §Ma che diavolo le è preso ora?§

    Non riusciva a pensare altro, qual’era il senso di tutto ciò? Inoltre quanto aveva detto era assolutamente falso. Per quale motivo si considerava la meno capace? Per aver sbagliato la risposta ad una domanda di teoria?
    Doveva crescere, non poteva di certo intraprendere la via del ninja se era sufficiente un’inezia simile per farla vacillare.
    Comunque, vista la decisione presa sulle posizioni, la accettò tacitamente. Non aveva intenzione di iniziare un inutile dibattito anche sulla disposizione dei tre ninja rispetto al gregge.
    Il percorso era insolitamente facile da percorrere e privo di particolari difficoltà. Il gruppo si imbatté in alcune strettoie le quali costrinsero il gregge a rallentare il suo passo.
    Sotto la loro supervisione il gregge non corse gravi rischi. Era certo che Shizuka e Jaken avrebbero svolto il loro compito al meglio. Per quanto invece lo riguardava tenere a bada il gregge in testa non era un compito così difficile.
    Di tanto in tanto qualche pecora tentava di accelerare per portarsi più avanti delle altre trovando così l’opposizione del ninja che colpendo con l’Hanbo il muso della bestia troppo “intraprendente” spegneva sul nascere qualunque iniziativa. Una di loro aveva anche azzardato una spinta con la testa diretta alla schiena del Kobayashi. Kuroro voltandosi riserbò all’ovino uno dei suoi sguardi peggiori. Tentare un atto del genere sarebbe costato caro allo sciocco animale.
    Salvo dunque queste sporadiche occasioni le pecore non diedero problemi al ninja.
    Durante la camminata inoltre Raizen decise di ravvivare un po’ la situazione eseguendo la tecnica dell’evocazione di fronte ai due allievi. Aveva cercato di fare una battuta per sdrammatizzare la situazione, ma come poteva riuscirci affermando pochi istanti prima che quel corso era stato terribile?


    Beh, direi che siamo arrivati alla fine di questo terribile corso.
    Mancano ancora poche cose, anzi, una cosa.
    Credo che quei sandali non siano il massimo.
    Tornando seri.
    Questa è la tecnica dell’evocazione.


    Kuroro seguì le diverse posizioni delle mani eseguite dal maestro. Sapeva che sicuramente non era sufficiente ciò per eseguire un’evocazione, probabilmente sarebbe servito anche una sorta di patto di sangue con la famiglia di animali alla quale legarsi.
    Il ninja era curioso di vedere quale fosse l’animale che avrebbe evocato Raizen.


    §Un drago? Non avevo mai sentito parlare di questa famiglia di animali…§

    L’espressione dell’Uchiha per un attimo lasciò traspirare il suo stupore. Quello era un esemplare ancora cucciolo, ma chissà quali possenti draghi avrebbe potuto evocare il suo maestro. Ovviamente non avrebbe mai scomodato un membro anziano solo per mostrarlo ai suoi allievi, era più che comprensibile.
    Kubomi, questo era il nome del piccolo. Era particolarmente curioso e loquace, forse più di quanto avrebbe voluto il suo evocatore stesso.
    Prima che l’attenzione dell’animale fosse attirata da sua sorella rivolse rapide domande agli altri due membri del team


    È tuo amico?

    Lo è anche questo tipo dagli strani capelli?


    Il draghetto aveva girato intorno al ragazzo per poi passare attraverso i suoi capelli. Il sensei però non ebbe il tempo di rispondere poiché Kubomi sembrava non riuscire a placare la sua sete di domande. L’unico modo che potè trovare per zittirlo, fu chiudergli la bocca nel vero senso della parola.

    Parli sempre troppo.
    LUI è Kubomi.
    E' un evocazione, io ho stretto un patto con la specie a cui appartiene, quando evoco qualcuno di loro devo essere in grado di proteggerli come loro devono proteggere me, insomma ci si aiuta a vicenda.
    Anche se la buona convivenza e la durata del patto è influenzata in primis da come ci si pone con i propri compagni.
    Non credo ci siano troppe domande da fare sull'argomento, mi pare d'aver detto tutto.
    Ma spesso dimentico qualche frammento, per cui se dovete domandare fatelo.
    Avanti Kubomi! Smettila!


    Le parole di Raizen non sorpresero troppo Kuroro. Era naturale che stringere un patto con una specie portasse dei privilegi e al contempo dei doveri. Il rispetto era alla base di un contratto d’evocazione, almeno secondo gli ideali di vita e convivenza di Kuroro stesso.
    La permanenza di Kubomi in mezzo a loro non durò molto, e durante quei minuti la sua attenzione fu focalizzata su Shizuka.
    Insieme a Raizen parlarono per diversi minuti. Soltanto le disquisizioni sul significato di nomi e cognomi attirò leggermente l’attenzione del ragazzo il quale stava proseguendo il cammino isolato in testa al gregge.
    Ebbe modo di riflettere sul suo nome…Kuroro…cosa significava? Nessuno gliel’avrebbe mai chiesto e probabilmente non sarebbe nemmeno interessato a qualcuno. La radice del suo nome, Kuro, significava nero. Cosa rispecchiava dunque quel nome? Cosa a parte la capigliature era nero in Kuroro?
    Fissava il cielo pensieroso, dopo qualche minuto abbassò il volto guardando i ciottoli che si susseguivano lungo il cammino.
    Il suo spirito forse? C’era qualcosa che non andava in lui? La mancanza di amici e affetti al di fuori dei suoi parenti più stretti era dovuta a lui, non aveva dubbi.
    Non avrebbe mai potuto far parte di un team ninja se non avesse trovato prima la sua dimensione. Ora tornavano alla sua mente le parole ironiche dei suoni nonni che lo rimproveravano di non avere amici e di non impegnarsi per averne…frasi del tipo “farai una vita da lupo solitario” o “attento che di questo passo diventerai un eremita” ora suonavano stranamente rivelatrici.
    Che il suo destino fosse davvero quello? Divenire un eremita? Non poteva escludere quella possibilità, non più ormai.

    [...]

    Era terminata dunque, quella missione che era stata molto più che un semplice allenamento per i due studenti.
    Shizuka forse non l’aveva afferrato ma per Kuroro ciò invece sembrava evidente. Tra i due quello per il quale non c’era posto in quel villaggio era proprio lui.
    Non appena Raizen ebbe riconsegnato il gregge al pastore rivolse nuovamente la sua attenzione ai due studenti, in special modo a Shizuka.


    Certo che potevi fare un’altra domanda.
    Non era un errore dopotutto.
    Ma vedo che l’acume non è un vanto dei Kobayashi.
    Così al primo incontro mi sono spogliato pure io.
    Non faccio mai complimenti a caso, guarda attentamente.
    Sigillo dei quattro draghi.
    Tiene a bada il mio chakra, altrimenti impossibile da governare per via della quantità estremamente alta.
    Direi che questo è tutto, la risposta di Kuroro era esatta, ma quella di Shizuka gli era complementare.
    Questa è manipolazione della natura nella sua forma più estrema, ma il sigillo è parte essenziale della tecnica.
    Con della buona volontà...
    ...Si può ottenere tutto.
    Veramente tutto, sempre e comunque.
    Tutti siamo passati per questa strada, tutte le nozioni merdose che vi ho fatto sciorinare durante il cammino sono utili quanto l’abbondante sterco che avete sotto le scarpe.
    Non mi è mai stato utile sapere che il mio avversario manipolava il chakra in una certa maniera, i suoi attacchi potevano comunque uccidermi, dovevo comunque schivarli.
    Il percorso che state per intraprendere sarà ben più severo di me, non perdonerà, e se abbasserete la guardia potreste rimetterci le penne, io vi ho dato un assaggio, un piccolo morso, il resto sarà una prima portata degna dei daimio delle grandi nazioni.
    Entrambi, Kuroro, Shizuka, siete zero.
    Non è crudele da dire, è solo la verità, e la verità se non taglia, come in questo caso, affila.
    Anche io ero zero, eppure son riuscito a guadagnarmi la vita che ora posseggo e che nessuno sarà in grado di strapparmi.
    Iniziate a camminare, non vi resta altro da fare.

    La rivelazione del sigillo destò lo stupore del ninja. Fissò quel simbolo impresso sul corpo del maestro per diversi secondi. La spiegazione del sensei fu chiara e concisa. Ma in fondo la manipolazione della natura poteva avvenire anche senza quell’espediente. L’utilizzo di quel sigillo era volto a contenere il Chakra e non al suo diretto impiego.
    Quanto ai commenti che seguirono poi, risultarono pressoché scontati per il ragazzo. Era consapevole fin dall’inizio che il suo valore nel mondo nel quale si stava addentrando in quel momento fosse praticamente nullo. Riguardo invece la critica sul nozionismo Kuroro non poteva approvare. Senza alcun dubbio in combattimento non gli sarebbero mai stati d’aiuto tutti quei concetti, ma sicuramente non poteva saltare quella fase dell’apprendimento.
    Controbattere con l’energumeno? No…non ne valeva la pena. Sicuramente avrebbe con prepotenza preteso la ragione.


    « Lo sapevo! Avevo ragione io! « E adesso dimmi: Chi te li ha fatti? Come? Voglio imparare anche io, posso non è vero!? » « Ti prego, Raizen, dimmi come... »
    Shizuka era entusiasta per non dire pazza dalla gioia. Vedere un sigillo era per lei così importante? Non l’avrebbe mai detto.

    Shiz... Shizu... offfh...
    Dai, dai bast...
    Basta Shizuka!
    Non serve dirtelo, è veramente troppo complesso, non è un lavoro che un umano potrebbe comprendere, almeno non in una sola vita.
    Quindi evita pure di sforzarti a ricordarlo, è inutile, volendo, per dartene la prova posso permetterti di ricalcarlo per filo e per segno, ma pur sottoponendolo al più grande esperto in fuuinjutsu non ne verresti a capo.
    Potresti comprenderne il funzionamento, ma non servirebbe poiché te l’ho già detto io.
    Ti basti sapere che questa è solamente un infinitesima parte dell’intero sigillo.
    Si, direi che più o meno è la parola “fine” del libro che racconta la storia dell’universo istante per istante.
    Inoltre è stato fatto da esseri che mediamente hanno un intelligenza e una vita ben più grande e lunga della nostra, insomma, troppi fattori troppo importanti ti vengono contro.
    Posso però dirti che i fuuinjutsu sono tra le arti ninja più complesse, è necessaria una discreta abilità nel manipolare il chakra, buona fantasia, particolari inchiostri e una pazienza estrema. Dopotutto più grande è il potere che si ottiene più tempo ci vuole per ottenerlo.
    E i fuuinjutsu hanno applicazioni veramente ampie.
    Il mio sigillo ad esempio credo che possa rendere voi tre chakricamente inoffensivi al minimo contatto.
    Un contatto prolungato penso che invece possa addirittura uccidervi.
    È un gioco assai rischioso.
    Tu? Niente domande?


    Fu ovviamente la volta di Raizen il quale cercò di spiegare brevemente quello che probabilmente era una mondo tropo vasto per essere sintetizzato in pochi minuti e in un misero corso Genin.
    Si era rivolto a Kuroro infine. Aveva domande il ragazzo da porgli?
    No, per lo meno non in quel momento. Avrebbe voluto chiedergli il perché del suo comportamento la notte scorsa. Avrebbe voluto sapere cosa lo aveva poi spinto a passare la nottata insonne e presentarsi a loro in quello stato.
    Non voleva farlo di fronte a Shizuka e Jaken, voleva un confronto a quattr’occhi perché quella notte gli occhi di Raizen si erano fissati in quelli di Kuroro…perché quella notte pareva aver scosso soltanto lui, mentre Jaken e Shizuka sembravano non pensare affatto a quanto accaduto.
    Quell’uomo che lui si ostinava a chiamare sensei aveva agito seguendo uno scopo. Ma probabilmente non aveva compreso la natura dell’animo del suo studente.
    Per queste ragioni non avrebbe rivolto una sola parola al maestro in quel momento.
    Dunque rispondendo alla domanda di Raizen si limitò a scuotere il capo.


    « Ci rivedremo? » « Vorrei incontrarvi di nuovo... » « ...Oppure aspettate che la mia futura fama raggiunga le vostre orecchie, e voi moriate dall'invidia di non avermi rivista prima? »


    Fu la volta dei saluti di Shizuka…non sapeva come rispondere alla sua domanda. Non sapeva se si sarebbero rivisti. I fatti avrebbero parlato.
    Kuroro si limitò a sorridere alla sorella, un sorriso spento, deluso, malinconico. Il suo sguardo era profondo e oscuro, più del buio della notte forse…
    Effettuato un gesto di commiato verso i tre si sarebbe silenziosamente diretto verso uno dei tanti sentieri che conduceva a Konoha. Non sapeva come e quando avrebbe potuto ritrovare Raizen per parlargli ma in qualche modo ci sarebbe riuscito.

    CITAZIONE
    Narrato
    Parlato aiuto-sensei
    Parlato Shizuka
    Parlato sensei
    Parlato Kuroro
    Pensato Kuroro

     
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    b u c o l i c a » Chapter VI
    The Good Shepherd



    Immobili le loro figure riverse a terra. Non un movimento, nemmeno uno spasmo prima della fine, tutto si era già compiuto. Gli occhi sbarrati, vitrei nella loro staticità, le fauci schiuse, immortalando quello che doveva essere stato l'ultimo affannoso respiro. Solo il pelo, conteso fra le sfumature del bruno e del grigio spento, meno ispido del solito oscillava per l'influenza della leggera brezza che spirava in quello stretto corridoio forestale, per l'occasione adibito a piccolo anfratto di morte.
    Posi la mano sul petto villoso di uno dei lupi lì accasciati. Era ancora caldo, ma il cuore che fino a pochi momenti prima batteva veloce e forte come un tamburo per l'affanno del combattimento, aveva già da un po' ormai cessato le sue funzioni. Ritirai la mano lentamente, mentre osservavo la sorprendente quantità di sangue che ancora non aveva terminato di espandersi attorno alle carcasse. Una minima parte apparteneva ai due studenti, i quali si erano procurati entrambi delle ferite da morso agli avambracci, ma la fonte principale di quella pozza di viscoso fluido rossastro erano le varie ferite che avevano effettivamente cagionato la dipartita delle bestie. Gole lacerate, crani spappolati, c'era di tutto. Sicuramente non ci erano andati leggero i Kobayashi, non avevano usato nessun tipo di riguardo. E, obiettivamente, avevano fatto bene.
    Avrei potuto biasimarli, addossare loro la colpa di quell'inutile ed insensata strage, ma sarebbe stato irragionevole e scorretto. La verità è che quando la lotta è all'ultimo sangue, quando in gioco c'è la propria vita e quando l'avversario è determinato ad andare fino in fondo, nessuna azione atta a preservare la propria sopravvivenza è illecita, e difficilmente può essere criticata. Uccidere o essere ucciso, queste quattro parole riassumevano efficacemente il concetto. Personalmente, ero capace di sopprimere un essere umano senza fare una piega, ma con un animale di mezzo la faccenda cambiava completamente. Cionnonostante, nell'ardua eventualità che una bestia fosse talmente forte e feroce da minacciare seriamente la mia vita, mettendomi con le spalle al muro e costringendomi ad una dura scelta, non potrei fare altro che passare alle maniere forti. Dopo essermi accertato che non ci fossero altre soluzioni o stratagemmi per aggirare l'ostacolo, indubbiamente non avrei esitato ad uccidere la fiera. E' inutile nasconderlo. Del resto, una circostanza del genere è l'unica che ai miei occhi giustifica l'atto estremo, eccezion fatta per quando si uccide un animale per necessità di sfamarsi.
    Ritenevo dunque che il gesto dei due ragazzi fosse stato giustificato dalle circostanze stesse. Dal poco che avevo potuto osservare di quel violento confronto, prima che mi gettassi al salvataggio di uno dei lupi che era miracolosamente scampato al macello, potevo affermare con una certa sicurezza che i canidi erano abbastanza forti da mettere in seria difficoltà i novelli shinobi. Anzi, almeno un paio di quelli parevano essergli superiori sia in forza che in velocità. Se avessero combattuto a mani nude, avrebbero sicuramente avuto la peggio ed in quel lago di sangue ci starebbero loro a quell'ora. Se avessero tentato la fuga, sarebbero stati riacciuffati e sbranati. Mostrare debolezza avrebbe solo aggravato la situazione. Avrebbero potuto arrampicarsi su di un albero, al riparo, ma si trattava solo di una soluzione provvisoria, non risolutiva, e persino elaborata in quella circostanza. Infatti quando ci si sente in pericolo, un pericolo immediato che ci coglie alla sprovvista, sull'onda dell'adrenalina la maggior parte delle persone reagisce istintivamente. Questo non è un male, poiché senza l'istinto di sopravvivenza l'aspettativa di vita di una persona si ridurrebbe drasticamente.
    "Difenditi!""Fermalo!""Meglio lui che me!". La nostra testa egoisticamente ci impone di fare tutto il necessario per contrastare la crisi improvvisa, perché nulla è più prezioso della propria vita. Nessun ideale, nessuno scopo, nessuna fede. Quando è giunto il momento della verità, i miei due compaesani hanno scelto la vita, e contestualmente la morte altrui. Se avessero agito diversamente c'erano ottime probabilità che sarebbero stati feriti gravemente o peggio. Questi erano i fatti, non c'era molto altro da aggiungere.
    Se a qualcuno doveva andare la colpa dell'accaduto, ero incline a darne ai due protagonisti solo una minima parte. Anche più piccola era quella dei lupi, i quali avevano agito come avrebbe fatto qualsiasi creatura che avesse percepito la nostra presenza come una minaccia, dimostrando tra l'altro una triste lungimiranza. Il ruolo che aveva avuto Raizen in quella faccenda era invece più rilevante di quanto voleva far credere. Sospettavo che la notte prima avesse aggredito quegli stessi lupi oppure dei membri dello stesso branco, spaventandoli e spingendoli verosimilmente a classificarci come degli intrusi pericolosi. Inoltre, ero sicuro che si fosse accorto dell'avvicinamento degli animali da un bel pezzo, ben prima che ci imbattessimo in loro. Eppure non ne aveva fatto cenno, non aveva messo in guardia nessuno. Sapeva benissimo quello che sarebbe successo e non aveva fatto nulla per scongiurarlo. La ragione non era difficile da desumere. Egli vedeva quei canidi come degli strumenti di cui disporre a suo comodo, dei mezzi per mettere ulteriormente alla prova le reclute. Misere vittime sacrificali predisposte affinché i fratelli potessero sperimentare, in caso fosse stata la loro prima volta, un'esperienza di conflitto reale, mentre lui avrebbe potuto constatare il loro grado di preparazione in combattimento. E se qualcosa fosse andato storto, se la pedina avesse tentato di rivendicare il suo diritto alla vita con le unghie e con i denti, letteralmente, la sua stessa mano avrebbe castigato tale sacrosanto guizzo d'insubordinazione. Pessimo.
    Ma nemmeno io ero esente da ogni biasimo. Al pari del sensei, ero stato fermo a guardare senza muovere un dito, seppur non fosse quella la mia risoluzione iniziale. Se fossi intervenuto, contravvenendo apertamente a quella che era la chiara volontà del Chunin, avrei potuto rabbonire le bestie ed indurle ad una più saggia ritirata, o nel peggiore dei casi avrei potuto bloccarle o scacciarle senza tuttavia arrecargli danni rilevanti. Nessuno si sarebbe fatto male, nessuno sarebbe morto. Forse mi stavo facendo carico di una responsabilità che non mi competeva, tuttavia non potevo negare che l'assistere impotente al corso degli eventi mentre prende una piega maledettamente sbagliata era quantomeno deprimente.
    Ma in definitiva, a cosa giovavano questi pensieri giunti a quel punto? Ormai non importava se qualcuno aveva colpa e chi fosse, era effettivamente una riflessione sterile e priva di ogni interesse o utilità. Ciò che era stato fatto non poteva essere disfatto, ed in fin dei conti al mondo avveniva ben di peggio. Ma molto peggio. Mi levai dunque dalla mia posizione accovacciata e voltai le spalle ai cadaveri, che quantomeno avrebbero contribuito al nutrimento di molti abitanti della foresta. Kuroro giunse subito dopo.
    Si fermò ad una piccola distanza da me, ma parve schivare il mio sguardo. Infatti abbassò la testa e prese a guardare per terra, in un punto impreciso e privo di ogni attrattiva, poi parlò. Inaspettatamente si scusò per aver ucciso i lupi, asserendo di non aver potuto fare altrimenti per fermarli. Si ripropose inoltre di ricorrere all'assassinio solo quando vi fosse stato costretto.
    La sua aria contrita non sapevo bene se fosse imputabile più all'aver ucciso quegli animali o all'essere in qualche modo andato contro quella che era la mia volontà. Il ragazzo aveva chiaramente compreso che avevo particolarmente a cuore la sorte di quei canidi, in parte dallo spezzone di discorso che avevo intrapreso alla loro comparsa, prima di essere interrotto dal brusco intervento di Raizen, ed in parte dal mio silente atteggiamento nei loro riguardi, non essendomi affatto sforzato di nascondere il mio sentimento. In caso contrario non avrebbe avuto ragioni per scusarsi, non con me almeno. Forse con quelle parole voleva solo compiacermi, o voleva la mia assoluzione, non saprei. Sembrava sinceramente dispiaciuto, ma non aveva modo di fare ammenda, non nell'immediato, e delle scuse erano per lo meno futili. Futili e fuori luogo.
    Continuai a guardare lo studente e, che avesse deciso di guardarmi finalmente negli occhi o meno, gli risposi con tono calmo e grave.


    «Non mi devi alcuna scusa, né spiegazioni.
    Hai agito come meglio hai ritenuto opportuno per difendere la tua vita, non v'è colpa in questo.

    E non curarti troppo dell'opinione che io ho di te, ammesso che ne abbia una.
    Essa è irrilevante.»

    Così dicendo, mi allontanai lasciando il mio interlocutore ai suoi pensieri.

    [...]

    Dopo aver sentito ciò che Shizuka e io avevamo da dire sulla faccenda, Kuroro rivelò il risultato delle sue valutazioni e quindi il verdetto.
    Avremmo preso il sentiero di montagna, come suggerito dal sensei. Lo studente riteneva infatti che avventurarsi nuovamente nella foresta con un intero gregge da difendere, si sarebbe rivelata una tragica decisione in caso avessimo fatto altri incontri imprevisti. In montagna avremmo avuto un maggiore campo visivo, e quindi un preavviso maggiore di eventuali attacchi, più spazio per manovrare ed una inferiore probabilità di incontrare belve feroci, per così dire. L'elemento incognita restava valido, ma il rischio andava corso.
    L'argomentazione del Kobayashi sembrava lineare ed essenzialmente corretta, anche perché ciò che io avevo sostenuto rispecchiava quelle parole. Percorrere un passo che non conoscevamo e che probabilmente a Raizen era almeno vagamente noto, avendolo proposto, non mi ispirava una grande fiducia, dati i precedenti. Non mi avrebbe affatto stupito se avessimo incontrato altri ostacoli anche lungo quella strada, più o meno previsti dal Chunin, ma non vi erano alternative. Era effettivamente troppo rischioso ritornare nel mezzo della selva con tutti quei bersagli indifesi da proteggere da chissà quanti predatori che si acquattavano nell'erba. No, meglio evitare altri spiacevoli accadimenti. Aveva già del miracoloso che gli ovini avessero fatto tutta quella strada attraversando la foresta senza subire nemmeno una aggressione, sempre supponendo che non fossero stati aiutati o protetti da nessuno. Non ritenevo saggio sfidare ulteriormente la sorte.
    Kuroro seguitava a spiegare il piano di spostamento, e probabilmente stava per esporre la sua formazione ideale, quando fu interrotto dal sensei, che evidentemente si era stufato di sentirci disquisire. Osservò che ci stavamo dilungando troppo, e che sarebbe stato il caso di metterci in cammino. Anche a suo avviso usare la trasformazione per trarre le pecore in inganno non avrebbe portato frutti, mentre asseriva che, trattandosi di animali stupidi, dovevano essere governati con vigore, tramite la paura. Avremmo dovuto praticamente incalzarli giù per il pendio montagnoso, disponendoci in modo da mantenere il gregge compatto e presidiato. Un elemento in testa, uno in coda ed uno sul lato che dava sulla scarpata. Da quello che riuscivo ad intravedere ed intuire del sentiero da noi selezionato, mi pareva di capire che la formazione descritta da Raizen fosse l'unica ragionevolmente possibile, trovandoci nel numero esiguo di tre individui. Esiguo ma bastevole, ero fiducioso che anche senza la collaborazione del superiore, il quale immancabilmente si sarebbe astenuto da qualsiasi mansione, ce la saremmo cavata egregiamente.
    Ero tuttavia in netto disaccordo sull'affermazione che vedeva le pecore come degli animali stupidi e quindi privi di ogni ragionevolezza. Non era affatto così. Insomma, non era una specie nota per la sua genialità, questo no, ma in quanto a materia grigia non se la cavava affatto male rispetto ad altre. Non amavo fare graduatorie o paragoni per quelle che erano le qualità fisiche o mentali di un animale, ma potevo asserire con una certa tranquillità che la loro intelligenza, mediamente, non era inferiore a quella di un cane domestico. Diciamo che la loro natura marcatamente gregaria e l'atteggiamento pavido in situazioni di pericolo avevano contribuito a conferir loro una nomea non proprio lusinghiera. Ma in fin dei conti facevano quello che potevano con quanto madre natura gli aveva concesso. Le pecore erano dei bersagli assai ambiti dai predatori presenti nel loro stesso ecosistema, e si trovavano in una posizione alquanto scomoda nella catena alimentare. Non era un caso che fossero l'animale più frequentemente associato alla parola "preda" nell'immaginario collettivo. Vi erano tantissime creature che venivano regolarmente cacciate da altre per il sostentamento, ma erano poche quelle più indifese di una pecora. A differenza di molti erbivori, inclusi gli stessi ungulati, non erano particolarmente veloci nella corsa, e praticamente non c'era belva che potessero seminare. Non erano per niente grandi e forti abbastanza da potersi difendere, nemmeno da predatori di taglia inferiore come ad esempio le volpi. Erano prive di un apparato velenifero, di aculei, o di qualsiasi altro meccanismo difensivo che potesse sopperire alla scarsa prestanza fisica. I maschi erano provvisti di corna, questo è vero, ma esse erano utilizzate soprattutto nelle dispute territoriali e amorose, con i propri simili. Non si trattava infatti di armi competitive se paragonate alle zanne e agli artigli affilati dell'aguzzino, quindi fuggire, quando ce n'era la possibilità, era sempre la scelta più prudente. Essendo così spaventosamente vulnerabili, questi animali avevano trovato il modo di acquisire almeno una parvenza di sicurezza raccogliendosi in gruppi più o meno nutriti, guardandosi le spalle gli uni con gli altri e facendo fronte comune d'innanzi al nemico. La forza dei numeri, potremmo dire. Piuttosto furbo da parte di chi veniva comunemente ritenuto stupido. D'altre parte, gli ovini si arrischiavano a tentare il confronto diretto, anche in superiorità numerica, solo quando non vi erano vie di scampo oppure quando c'era la prole da difendere. In questi ultimi casi in particolare, pur andando incontro a morte quasi certa, dimostravano un'audacia ed una risolutezza insospettabili, straordinaria caratteristica che tuttavia condividevano con gran parte del ragno animale. Purtroppo non sempre si poteva constatare altrettanto in una specie di mia conoscenza.
    Shizuka fu la prima a reagire alle parole del sensei, esprimendo con laconica brevità il suo assenso. Dopodiché, si allontanò di un pugno di metri da noialtri e, dopo un breve sorriso a noi rivolto, si cimentò in quello che sembrava un muto balletto. Brevi passi che conducevano sempre allo stesso punto, aggraziati ma caotici, le mani serrate davanti al corpo. Movenze sbilenche, alla fin fine, e prive di qualsiasi funzione. Sembrava quasi il rito di esorcizzazione di un qualche turbamento interiore.
    Fui lesto a distogliere l'attenzione da quella strana esibizione, e a porlo sul volto di lei, dove sapevo di poter trovare una risposta più soddisfacente. I suoi begli occhi nocciola erano particolarmente espressivi, sebbene incoerenti col tenore della situazione. Vedevo tracce di dolore, ma specialmente di frustrazione e rabbia in essi. Sì, il suo sguardo parlava quantomeno di profondo disappunto, nonostante il resto del corpo, ora era evidente, si affannasse a dissimularlo. Per cosa poteva essere così adirata?
    Nonostante non avessi modo di dare un vero giudizio, essendomi degnato di osservare solo la prima parte della lotta contro i lupi, immaginavo che se la fosse cavata. Aveva anche subito ferite più leggere rispetto al fratello, sebbene il sensei avesse poi asserito che i canidi affrontati dal ragazzo fossero più ostici. Aveva preso un abbaglio rispondendo alla domanda sulla manipolazione della natura del chakra, e non si era resa protagonista di particolari exploit né fisici né intellettuali nel corso della missione, ma non l'avrei definita disastrosa come prima esperienza. Avevo senz'altro visto di peggio, anche nel mio stesso corso Genin. In un ambito di segretezza, sotto copertura, ragazzini che si ubriacavano in pieno giorno e spiattellavano a pieni polmoni chi eravamo veramente, mettendo più volte a repentaglio la missione e la vita degli altri. Ricordavo ancora nitidamente come indussi uno di quei disgraziati a più miti consigli ficcandogli la testa in un lavello che sputava acqua gelida. Ma non era il momento di indugiare in quei ricordi.
    La ragazza dunque era arrabbiata, probabilmente pensava di star facendo una pessima figura o di non essere all'altezza della situazione. Non che avesse propriamente torto, sebbene il suo manifesto grado di preparazione fosse una sostanziosa attenuante, ma di certo non c'era nulla che potesse fare lì sul momento per cambiare le cose, nemmeno prendersela con se stessi e con gli altri era d'aiuto. Shizuka era sin da subito apparsa come una persona molto orgogliosa, e quel comportamento confermava ulteriormente quanto fosse difficile per lei digerire non solo il fatto di non essere la migliore, ma addirittura l'umiliazione del fallimento.
    Finalmente la giovane si decise a ricongiungersi al gruppo, almeno in parte rinfrancata. Ogni traccia di astio era scomparsa, forse accantonata per concentrarsi su ciò che andava fatto. Cominciò quindi ad illustrare quella che secondo lei era la migliore formazione per spostarci con il gregge.
    Essa vedeva Kuroro a condurre l'avanzata, io a ricoprire la posizione mediana esterna e la kunoichi a chiudere il corteo. Raizen, in quanto esente da ogni attività, si sarebbe posto dove preferiva, probabilmente anche lui sul fondo. Nonostante l'avvertimento rivolto al Chunin riguardo all'astenersi da ogni genere di commento negativo o ironico, l'uomo probabilmente la stupì affermando che si trattava di un'ottima scelta, anche se le posizioni sua e del fratello potevano essere intercambiabili.
    Lanciai uno sguardo a Kuroro il quale, pur non proferendo parola, diede chiaramente ad intendere che non aveva nulla da obiettare. Io mi limitai ad annuire con aria distratta, avviandomi verso gli ovini.
    La disposizione degli elementi del gruppo era effettivamente buona. Kuroro, anche in qualità di caposquadra, avrebbe condotto la discesa lungo il passo di montagna assicurandosi che la velocità di avanzamento non andasse fuori controllo e che le pecore restassero ben allineate sul davanti, senza prendere iniziative o strane deviazioni. Shizuka di contro, al capo opposto della processione, avrebbe controllato che i candidi animali non se la prendessero troppo comoda e che nessuno di essi restasse indietro. Il sottoscritto invece doveva presidiare tutta la fascia laterale esterna, quella contrapposta alla parete montuosa dell'altura, che senza alcuna barriera protettiva affacciava direttamente sul crepaccio. Ovviamente dovevo assicurarmi che le fila non si dilatassero troppo, impedendo che qualche bestia cadesse rovinosamente di sotto. Probabilmente era il compito più delicato e importante, quindi era un bene che fosse stato affidato a me. Non potevo proprio lamentarmi.
    L'unica cosa che avevo trovato vagamente sgradevole nell'intervento della kunoichi era stato quella sorta di autocommiserazione che traspariva in maniera neanche troppo velata dalle sue parole.
    Essere autocritici era un'ottima cosa, anche io lo ero. Ero il censore di me stesso, per così dire, ed ero severo. Rigoroso, sicuramente più di quanto non lo fossi con chi mi stava intorno. Non per quel che riguardava la condotta etica o comportamentale, aspetti privi di qualsiasi attrattiva e che poco mi tangevano, quanto piuttosto ero sempre risoluto ad agire con la massima efficienza ed efficacia, a far lavorare la mia mente in modo da essere sempre il primo ad arrivare alla giusta idea o intuizione, e ad essere indipendente dagli altri. Quando sgarravo, non agli altrui occhi ma ai miei, poteva facilmente partire l'autoflagellazione mentale, dove mi rimproveravo di aver fallito o di non aver fatto le cose in maniera da soddisfare le mie aspettative, e analizzavo scrupolosamente gli elementi che mi avevano portato ad errare, in modo da non replicare lo sbaglio. Era però qualcosa di assolutamente intimo e personale, che nessuno aveva modo di sospettare.
    Piangersi addosso davanti a tutti, come aveva fatto Shizuka, era cosa ben diversa e la ritenevo fastidiosa e piuttosto patetica. Un complesso di inferiorità così marcato e scioccamente superficiale, che non teneva conto delle difficoltà oggettive di una ragazza della sua età e della sua inesistente esperienza, al suo posto avrei cercato di tenerlo accuratamente celato agli altri, per la vergogna. Era ovvio che si sentisse inutile ed insoddisfatta, ed era ancor più evidente che il suo ego e la sua ambizione ben sviluppati le impedissero di accettare le sue attuali mancanze, ma non poteva fare altro che buttare giù il rospo. Doveva, una buona volta, compiere questo atto di umiltà, e pazientare fino a quando non fosse diventata più forte, lavorando ed impegnandosi con costanza. Cos'altro pretendeva, che qualcuno, toccato dalle sue parole accorate, le dispensasse carezze e qualche calorosa parola di conforto? Io no di certo.
    Ero arrivato in mezzo alle percore, e continuavo a muovermi tra loro con passo leggero ma non furtivo, per non disturbarle né allarmarle. Mi fermai di fianco al montone, che come le sue amiche brucava in quel fertile spiazzo erboso.
    Mi chinai lentamente, poggiando entrambe le ginocchia al suolo. Con la mano destra agguantai un ciuffetto di fresca erba e lo strappai, per poi porgerlo gentilmente all'ariete una volta che ebbe terminato di masticare il boccone. La mano che conteneva i divelti fili sostava a mezz'aria una decina di centimetri sotto il muso pronunciato dell'animale. Quest'ultimo cominciò con l'annusarla, poi esitò per qualche secondo. Alla fine, apparentemente soddisfatto, prese a mangiare ciò che gli avevo offerto, inumidendomi la pelle di un po' di saliva allo stesso tempo. Sorrisi amichevole, mentre passavo con delicata discrezione l'altra mano sul morbido vello.
    Mi rivolsi all'animale con paziente benevolenza.


    « Temo che la vacanza sia finita, si va a casa.
    Ed evitate di crearci delle noie, per favore.
    Quell'uomo laggiù non è affato un tipo comprensivo.»
    Conclusi, facendo un cenno con la testa che indicava il sensei.

    A quel punto gli altri avevano cominciato a disporsi come concordato, ed io feci altrettanto. La nostra marcia ebbe inizio.
    Dal punto di vista strettamente pastorale, il viaggio non fu particolarmente aspro e non vi fu un'occasione particolare in cui l'incolumità delle pecore fu a rischio. Il sentiero era in discesa e appena tortuoso, ma abbastanza ampio e solido da non essere classificabile come terreno accidentato. Tutto sommato, salvo aggressioni esterne o problemi di altra natura, non avremmo dovuto avere grossi grattacapi. Lungo tutto il percorso mi limitai a tenere il passo e a sorvegliare con solerzia gli ovini. La sola seccatura del mio compito era che dovevo occuparmi di un'intera fascia laterale, quindi pur posizionandomi al centro della fila dovevo comunque tenere d'occhio sia di fronte che dietro di me, e al tempo stesso avanzare. Non era il massimo della comodità, ed infatti dovetti camminare tenendo il busto girato di novanta gradi in direzione del gregge, così da averlo tutto nel mio campo visivo e potermi spostare tempestivamente a supporto di un suo elemento. Contemporaneamente, dovevo stare attento a dove mettevo i piedi dato che passeggiavo a meno di un metro al lato del burrone, e camminare mezzo voltato non era proprio il massimo della sicurezza. Ma erano inezie.
    Più di una volta qualche pecora si avventurò un po' troppo vicino al margine della strada, ma con una sapiente spinta del braccio non fu difficile ricondurle nuovamente in riga. Trovai anche il tempo di tenere d'occhio i due studenti, assicurandomi che facessero bene il loro lavoro. Poco dopo la partenza, Raizen prese la parola, osservando come quel terribile corso fosse ormai in procinto di giungere al termine, dopodiché dichiarò di avere ancora una cosa da mostrare agli allievi. Lo vidi mordersi un dito ed eseguire un sigillo con le mani, ma la prima azione particolarmente, che risultò nella comparsa di una goccia di sangue sul suo polpastrello, mi permise di intuire anzitempo, con discreta sicurezza, quale tecnica stesse eseguendo.
    Fu questione di istanti e da uno sbuffo di denso fumo bianco affiorò qualcosa che si fiondò al collo del Chunin chiamandolo "fratellone".
    Per un attimo fui distratto da Shizuka, la quale si era improvvisamente fermata e guardava ostinatamente ai suoi piedi, rossa in viso. Sembrava imbarazzata o turbata, ma in un primo momento non compresi la causa di tale reazione. Mi ci volle un po' a capire, dopo aver osservato nuovamente la creatura ed aver studiato il tempismo delle emozioni della ragazza, che forse, ma non ci avrei giurato, era rimasta estasiata dalla bellezza dell'essere. O qualcosa del genere, insomma. Mi era noto che la maggior parte delle donne, anche quelle apparentemente più dure e distaccate, fossero inclini a sciogliersi come neve al sole di fronte a qualcosa o qualcuno di "piccolo e carino". In tali circostanze assumevano atteggiamenti goffamente imbarazzati e pietosamente sdolcinati. Davvero un'esagerazione brutta a vedersi.
    Ad ogni modo, la mia attenzione fu immediatamente catturata dall'evocazione. Ammetto che rimasi alquanto colpito, per non dire stupito. Si trattava sicuramente di un rettile, ma in natura non avevo mai visto niente del genere, con quei tratti fisici così peculiari. Però quella creatura l'avevo vista altrove: su rotoli e libri. A meno che il sensei non si stesse prendendo gioco di noi, ma questa volta ne dubitavo, quello che avevo davanti era un cucciolo di drago. Non quei draghi di cui si narrava negli antichi racconti di terre lontane, quadrupedi massicci e provvisti di enormi ali, piuttosto di quelli rappresentati nel nostro folklore. Creature quasi mitiche, sebbene fossi sempre stato convinto della loro esistenza così come lo ero di quella di molte altre che dai più erano ritenute semplici figure di fantasia.
    Mentre l'esserino faceva le feste al suo evocatore, ebbi modo di osservarlo scrupolosamente, con occhi contesi tra la delizia e la misurata curiosità di chi vuole saperne di più. Forse anche troppo scrupolosamente, dato che ad un certo punto una pecora stava quasi per sfuggire al mio controllo, che fino a quel momento era stato impeccabile. Nulla di grave comunque, me ne accorsi in tempo e non vi furono danni, ma ciò fu anche utile a ricordarmi di non trascurare ciò che stavo facendo.
    Guardai dunque il draghetto, mentre mi si avvicinava e mi svolazzava intorno irrequieto, chiedendo a Raizen se fossi suo amico. Nessuno dei due ebbe tempo di rispondere che il piccoletto si precipitò allo stesso modo anche su Kuroro ed infine su Shizuka. Anche il mio timido tentativo di toccarlo fu così vanificato.
    L'animale doveva essere lungo non più di un metro, il che mi aveva suggerito, assieme al timbro di voce e al comportamento iperattivo e soverchiamente curioso, che si trattava solo di un cucciolo, anche perché un drago adulto si supponeva fosse di ben altra stazza. Era strutturalmente simile ad un massiccio serpente, il suo corpo era infatti lungo e affusolato e aveva solo due zampe anteriori, non dissimili per forma a quelle di una lucertola. La testa si sviluppava in un lungo muso, la cui bocca era provvista di dentini dall'aria aguzza. Aveva anche una sorta di criniera, anche se poco folta probabilmente per la giovane età, e delle piccole corna da cervide. Il suo manto squamoso era verde scuro, ma insolitamente cangiante ed instabile. Ma la caratteristica più singolare di quella creatura era che riuscisse a svolazzare sospesa nell'aria senza un apparente motivo. Era priva di ali o di qualsiasi altro apparato esterno visibile che potesse consentirgli di librarsi da terra, eppure levitava tranquillamente. Ovviamente era risaputo che i draghi sapessero volare, ma vederlo dal vivo faceva un certo effetto. Davvero un fenomeno interessante, mi chiedevo come ci riuscissero.
    Il nostro incedere non fu tuttavia interrotto o rallentato dalla comparsa del nostro nuovo compagno di viaggio, quindi si proseguì ed io ripresi a donare molta della mia attenzione ai candidi ungulati. Nel frattempo, Raizen, Shizuka e Kubomi, così avevo udito chiamare l'evocazione dal sensei, se ne stavano nelle retrovie a chiacchierare tra loro. Dalla mia posizione, pur distaccata, riuscivo a sentire bene i loro discorsi. Parlarono di presunti fidanzamenti, di aspetto estetico e di onomastica, in maniera più o meno animata. Frivolezze insomma.
    Quando tali ciarle si furono esaurite, il Chunin parlò con voce ben squillante, così che anche Kuroro al capo opposto della fila potesse udire bene. Egli presentò ufficialmente il draghetto, spiegando poi che aveva stipulato un contratto suggellato dal sangue con la sua specie, e da quel momento erano divenuti compagni. Quando li richiamava, evocatore e creatura evocata dovevano aiutarsi vicendevolmente ed instaurare un rapporto di paritaria alleanza, e non di subordinazione.
    Non potevo che concordare con lui, il suo punto di vista in quella circostanza era ineccepibile. Se un giorno avessi trovato degli esseri che mi avessero fatto l'onore di formare un'alleanza con me, non avrei accettato condizioni differenti. Per me era totalmente impensabile soggiogare una qualsiasi creatura ed usarla come un'arma o uno schiavo. Inoltre, per quanto ne sapevo le creature con le quali si voleva stringere un patto di sangue non erano affatto docili o condiscendenti, e bisognava innanzitutto conquistare la loro fiducia ed il loro rispetto se si voleva sperare che l'accordo andasse in porto. Il che era più che giusto, ed un ottimo deterrente contro chi cercava unicamente di aggiungere una freccia alla propria faretra. Sospettavo che molti shinobi fossero morti nell'intento di legarsi a delle creature, semplicemente perché ad esse poco graditi.
    La cosa che più mi incuriosiva riguardo a tutta quella faccenda non era tanto il dopo, il come impiegare quelle forze a proprio supporto, ma piuttosto il prima. Il modo più semplice di firmare un rotolo di contratto era incontrare il suo proprietario e convincerlo, ma di certo non era cosa facile. Mi chiedevo quali circostanze avessero condotto Raizen a raggiungere l'obiettivo, e mi chiedevo anche se io ne avrei mai avuto l'occasione. Solo il tempo l'avrebbe deciso.
    Voltandomi di tanto in tanto, vidi spesso la kunoichi vezzeggiare il rettile con dolcezza che avrei definito quasi materna, tanto che il giovanotto preferì trascorrere il resto della sua permanenza con il gruppo appollaiato sulle spalle di lei. Questo fino a quando, alcune centinaia di metri più avanti, la bestia non decise di lasciarci tornando da dove era venuta. Salutò tutti prima di sparire in modo analogo a come era comparsa, ed io alzai una mano sorridendo in segno di commiato, domandandomi se l'avrei mai più rivista.
    La strada si spianò e la vegetazione riaffiorò rigogliosa, e pochi minuti dopo ci ritrovammo nuovamente al punto di partenza. La casa del pastore si stagliava placida e silenziosa, tale e quale a come l'avevamo lasciata. Il tramonto era prossimo.
    Il Chunin si rivolse ai due studenti, osservando come quel corso Genin non fosse stato tanto male tutto sommato, e che sebbene fosse stato intenzionato a farli combattere contro di lui, avrebbe desistito dati i precedenti con i lupi. Chiese infine se c'era qualche ultima domanda che gli volessero porre, e nel frattempo creò due cloni che si occuparono di far convergere il gregge nel recinto lì vicino. Doveva trattarsi di copie corporee, dunque.
    Fu prevedibilmente la kunoichi a rispondere all'invito del sensei, lo sguardo deciso rivolto a lui. Si limitò tuttavia a chiedere se ci saremmo mai rivisti, ammettendo che le avrebbe fatto piacere. O in caso contrario, non ci sarebbe voluto molto prima che sentissimo parlare di lei e delle sue gesta.
    Fortunatamente con il termine di quella missione era giunta al termine anche la gara di spacconate che Raizen e Shizuka pareva avessero intrapreso sin dal loro incontro. Ovviamente c'era dell'ironia nelle sue parole, quindi ragionevolmente non doveva credere alle sue stesse affermazioni. Era più un modo per stuzzicare gli altri e attirare l'attenzione, ciò nondimeno trovavo alquanto insensato e sciocco sparare fanfaronate così a vanvera.
    Ad ogni modo, abitando tutti nello stesso villaggio era casomai improbabile che non ci rincontrassimo da qualche parte. Che fossimo tutti e quattro presenti all'appello, di contro, già era più difficile.
    Il sensei glissò tranquillamente sulle parole della giovane e si dichiarò deluso. Dopodiché, inspiegabilmente, cominciò a spogliarsi. Prima rimosse il mantello, poi sfilò le braccia dalla tuta elastica scoprendo il busto. Mentre Shizuka diventava paonazza, io mi chiesi cosa stavolta il Chunin avesse in mente. Lo vidi sedersi a terra con le gambe incrociate e la spada sguainata. Poi qualcosa cambiò.
    Era come se avesse cominciato ad emettere luce dall'interno, luce che si palesava anche all'esterno rendendo il suo intero corpo luminoso. Si alzò in piedi, la nera nodachi risplendeva anche più sfavillante di un'aura ruvida e tagliente, del tutto uguale a quella di cui ci aveva dato dimostrazione in mattinata, solo più prominente.
    Fu in quel momento che lo vidi, ponendo il mio sguardo sul suo addome. Le mie sopracciglia si aggrottarono leggermente mentre gli occhi traducevano un po' dello stupore che provavo dentro, paragonabile a quello di chi mette il piede in fallo pensando che ci sia un gradino da scalare.


    CITAZIONE
    Sigillo dei quattro draghi.
    Tiene a bada il mio chakra, altrimenti impossibile da governare per via della quantità estremamente alta.

    Direi che questo è tutto, la risposta di Kuroro era esatta, ma quella di Shizuka gli era complementare.
    Questa è manipolazione della natura nella sua forma più estrema, ma il sigillo è parte essenziale della tecnica.

    Ovviamente Shizuka poco ci mancava che facesse i salti di gioia, e piena di soddisfazione per la sua incredibile intuizione si scagliò sul ventre del sensei tastandolo senza il minimo ritegno e chiedendo ancora con quella odiosa insistenza un sacco di cose riguardo a quel sigillo, e esprimendo l'ardente desiderio di imparare a farne anche lei.
    Dal canto mio, ero ancora incredulo. Non mi sembrava vero. Non che Raizen potesse avere un sigillo impresso sul corpo, dato che ne esistono le più disparate varietà e dalle altrettanto svariate funzioni, non era quello il punto. Non riuscivo a capacitarmi di come la kunoichi, andando contro ogni logica e contro anche la più fantasiosa congettura, ci avesse azzeccato. La manipolazione del chakra del vento, in quel caso, era dipendente da quel sigillo per davvero. Ma come aveva fatto?
    A meno che un suo conoscente che aveva già avuto a che fare con Raizen non le avesse parlato di lui entrando anche in certi particolari, e tendevo a dubitarne a giudicare dal giubilante tripudio che stava mostrando lei genuinamente, davvero non sapevo spiegarmelo, se non con un propizio salto nel buio. Sì, un colpo di fortuna era l'unica possibilità che mi veniva in mente.
    Eppure non riuscivo a non torturarmi pensando che forse doveva esserci un'altra ragione, forse mi era sfuggito qualcosa, anche un minuscolo particolare. Non sapevo cosa pensare, e nemmeno cosa fare. Mi limitai a scrutare con maniacale attenzione il Fuuinjutsu dell'uomo, imprimendolo in maniera indelebile nella mia memoria. Pareva rappresentare una bestia con le fauci spalancate e strani glifi che non riuscivo a decifrare su ciascun canino.
    Nel mentre, il sensei aveva rinfoderato lo spadone e immediatamente era tornato al suo aspetto usuale. Mi chiedevo se quella spada giocasse qualche ruolo nella gestione di quel singolare potere. Tutte le volte che ce l'aveva mostrato, il sensei l'aveva impugnata, nonostante poi non ci avesse fatto niente di particolare.
    Comunque, si era evidentemente stufato delle appiccicose attenzioni della Kobayashi, la quale solo a quel punto si rese conto della spudoratezza del suo comportamento, e lasciò che il superiore la allontanasse. Le delucidazione che aveva chiesto inoltre non arrivarono, poiché Raizen asserì che sarebbe stato troppo difficile da capire e che nemmeno un esperto di Fuuinjutsu ci sarebbe riuscito. Affermò che era il frutto di creature, da quel che potevo capire, ultraterrene, qualcosa di indescrivibilmente complesso e che non poteva essere afferrato dalla mente umana.
    Tutto ciò era quantomeno difficile da credere. Sembravano davvero una grossa esagerazione quei discorsi pomposi e reboanti, e mi chiedevo quanto ci fosse di vero e quanto invece ci stesse ricamando sopra. Voleva forse darmi ad intendere che quel sigillo fosse opera di una divinità, o qualcosa del genere? Mah.
    Sorvolando su questi dettagli abbastanza oscuri, l'attenzione fu indirizzata su Kuroro, al quale era stata offerta l'opportunità, come alla sorella, di esprimersi, ma il giovane non se ne avvalse.
    Le pecore erano ormai al sicuro nella loro squallida recinzione, e sembrava che non vi fosse altro da fare o da aggiungere.
    Era alla buon'ora giunto il momento del distacco?
     
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    Guardò Kuroro allontanarsi, senza aver posto alcuna domanda, in silenzio, strisciava quasi via.
    Un po’ di malinconia colse il colosso di Konoha mentre osservava lo studente allontanarsi, in un altro momento l’avrebbe preso nuovamente per il colletto, ma ora era meglio lasciarlo andare.
    Rimasero in tre in quella radura che lentamente pareva stringersi attorno ad essi.
    Sospirò.

    Beh, direi che è giunto veramente il momento di salutarsi.

    Ma Raizen non era troppo bravo in questo genere di cose, si limitò a stringere le labbra e ad abbozzare un sorriso.

    Allora...ciao Jaken, non mi stai troppo simpatico, ma il corso non è stato pessimo come ho detto, ti saluterò per strada.

    Diceva, a modo suo, che Jaken era un buon compagno di squadra, ma come al solito sarebbe stato parecchio difficile da comprendere.
    Si rivolse poi a Shizuka.

    Te ci arrivi a casa da sola o ti si deve accompagnare?

    Sorrise lievemente, ironico e pungente.
    In caso avesse ricevuto una risposta affermativa si sarebbe lievemente stupito per poi farsi guidare dalla kunoichi, se invece gli fosse stata data una risposta negativa avrebbe allargato il sorriso per poi voltarsi e prendere la via di casa a passo lento, non le piaceva troppo casa sua, ma sta volta, seppur a malincuore, doveva farci una capatina.










    CITAZIONE
    corso genin terminato *O*
    è veramente stato un piacere ruolare con voi, spero che ci si rivedrà presto on gdr.
    buona fortuna con l'esame genin!

     
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