-
.
. -
Alastor.
User deleted
_The Doors_
EXTRA ~ CAPITOLO V
T h r e e W o o d e n C h a i r s
♦
C'è solo una cosa peggiore di ricevere una risposta non gradita: non riceverne alcuna.
E' assai peggio poiché, nel dubbio, puoi solo presagire lo scenario più negativo che ti venga in mente, soprattutto se non sei un tipo particolarmente ottimista come nel mio caso.
Al posto di un chiarimento da parte di Shizuka, arrivò l'intervento del guardiano, il quale ammise che lui stesso non riusciva bene a capire a cosa alludesse la ragazza, ma sottolineò che non c'era tempo di stare ad approfondire la questione dovendo a quel punto metterci in marcia verso l'Amministrazione.
Era chiaro che la giovane avesse una qualche idea in testa, forse una sorta di piano per indurre coloro che avrebbero esaminato il mio caso ad essere più magnanimi e flessibili nel formulare la sentenza. E potevo solo immaginare, basandomi sulle parole di lei, che tale progetto potesse essere portato a compimento sfruttando l'influenza di cui godevano i clan ai quali la kunoichi era affiliata. Fin qui l'intuizione era agevole e lineare, ma non mi sentivo in quel momento di vagare oltre con i pensieri. Accettare aiuto non era una possibilità da escludersi a priori, soprattutto se la situazione si fosse rivelata particolarmente avversa, tuttavia non avrei permesso che terze persone finissero nei guai a causa mia. Questo era fuori discussione.
Le parole dell'Uchiha furono comunque sufficienti a farmi desistere dal chiedere ulteriori delucidazioni in proposito. Quando egli si avvicinò ancora una volta manette alla mano, tornai ad offrirgli i polsi con movimento morbido e naturale. Questa volta non vi furono interferenze e la procedura di arresto fu ineccepibilmente portata a termine. Atasuke si rivolse poi al suo collega più anziano, il cui nome solo allora mi fu rivelato.
Costui ancora stazionava sulla sommità delle mura, e continuava a scrutarci col suo solito sguardo torvo e severo, colmo di una viscerale disapprovazione. Gli fu ordinato di prendere consegna degli effetti personali di cui mi ero volontariamente privato e di farli recapitare direttamente al palazzo amministrativo.
Non ero affatto preoccupato per la sorte di quelle poche cose, in realtà, visto che comprendevano unicamente armi della più ordinaria fattura, cordame e del filo rinforzato. Anche in caso non mi fossero state restituite o fossero andate in qualche modo perdute, non me ne sarei crucciato trattandosi di equipaggiamento facilmente rimpiazzabile.
Quando l'Uchiha dichiarò che potevamo avviarci, mi poggiò una mano sulla schiena e con una pressione decisa mi fece capire che dovevo cominciare a camminare, evidentemente davanti a lui anche se appena alla distanza di un passo. Probabilmente era un modo per tenermi meglio sotto controllo, in caso mi venisse in mente di fare mosse inconsulte. Oltretutto era chiaro che non avessi bisogno che mi facesse strada, dato che qualsiasi abitante della Foglia conosceva l'ubicazione del palazzo amministrativo.
La ragazza si posizionò al suo fianco e così, un passo dopo l'altro, raggiungemmo le imponenti porte del villaggio e le varcammo.
Ero ufficialmente a Konoha.
Dopo circa tre anni, i miei piedi, e il senso non potrebbe essere più letterale giacché ero pure scalzo, calpestavano ancora una volta il suolo del mio Villaggio. La nostalgia che avevo provato alla vista della nota cinta muraria, poco più di un'ora prima, era una sensazione ben meno potente rispetto a quella che provavo in quel momento, passeggiando per i sentieri del luogo che, pur avendomi ospitato per relativamente poco tempo e pur non avendo visto la mia nascita e la mia infanzia,ormai sentivo come mio.
La mia casa, la mia vita, il terreno dove profondare le radici del mio avvenire. E affinché la pianta crescesse forte e rigogliosa, era necessario che anzitutto tali radici fossero sane e capaci di trarre senza ostacoli il dovuto nutrimento dalla terra. Non potevano essere corrotte dalla malattia. Infettate dalla menzogna.
La vita di uno shinobi era già abbastanza caratterizzata da bugie e inganni senza dover anche preoccuparsi di fingere con la propria patria e i propri compagni. Io lo avevo fatto. E per quanto possa aver avuto delle ragioni per farlo, per quanto ne avessi pagato un amaro scotto, sapevo di dover essere punito per la mia condotta. In un certo senso volevo che mi punissero, come fosse una sorta di passaggio necessario, propedeutico ad un nuovo inizio. Ero pronto a fare ammenda.
La gioia e il sollievo di trovarmi a Konoha erano evidenti in me.
Quei suoni flebili e ovattati tipici di quell'ora della sera, quei profumi floreali e odori di vivande della più disparata sorta provenienti dalle abitazioni e dai locali ancora aperti, le strade quasi deserte. Quell'atmosfera così familiare e la sensazione di benessere che riusciva a infondermi erano guastate unicamente da due fattori.
In primo luogo, la mia corrente condizione. Tornare come prigioniero, come sospetto traditore, non era bello. Per niente.
La luna piena, che bagnava di lattea luce ciò che osservava, facendo risplendere la mia chioma corvina ancora in tumulto per le incessanti folate di vento, portava altresì a luccicare gli arnesi che mi serravano le braccia. E solo allora, forse, mi resi realmente conto che il tintinnio delle catene scandiva regolarmente i miei passi. Due anelli di robusto metallo connessi da una breve catena mi cingevano i polsi, limitando la mia liberà di movimento.
Continuando a camminare, alzai le mani all'altezza del viso, con i palmi rivolti verso di me, osservando più da vicino quegli affari, come fosse la prima volta che mi accorgevo della loro presenza. Chissà quando avrei potuto toglierli, o meglio se avrei potuto toglierli tanto presto. Non mi era dato saperlo.
Avevo anzitempo previsto fedelmente più o meno tutto quello che era accaduto dal momento della mia comparsa ai cancelli del villaggio. Tutto tranne Shizuka, ovviamente. Eppure, pur essendo preparato psicologicamente all'essere messo agli arresti, vivere l'esperienza era chiaramente un altro paio di maniche.
Riabbassai le braccia guardando davanti a me. Non dovevo stare a pensarci troppo, dovevo lasciare che gli eventi facessero il loro corso. Era giusto così.
Mi guardai intorno, stavolta con maggiore attenzione. E qui arrivava il secondo fattore di disturbo.
Konoha non era propriamente immutata rispetto a come la ricordavo, o per lo meno tanto si poteva dire degli edifici che ospitava, e il cambiamento non era certo in meglio.
Quasi la metà dei fabbricati che vedevo attorno a me erano provvisti di impalcature e ponteggi, danneggiati in maniera sostanziale o addirittura ridotti in ruderi disabitati. Era evidente che il villaggio fosse stato teatro di uno scontro di proporzioni vaste e palesemente devastanti, il che coincideva con le superficiali informazioni che ero riuscito a reperire mentre ero via. Tuttavia non avevo idea di chi o cosa avesse provocato un simile disastro, né ero a conoscenza delle ragioni di quello scempio o delle ripercussioni che aveva generato.
Probabilmente erano morte delle persone, anzi era difficile pensare altrimenti. E nemmeno poche, a giudicare dai danni che vedevo.
Questa constatazione prima mi rattristò, poi mi addolorò. Infine, mi resi conto che non c'ero stato. Nell'ora del bisogno, in un momento di vulnerabilità del villaggio e soprattutto dei suoi abitanti, il mio contributo era venuto meno.
Chissà dov'ero mentre la Foglia veniva aggredita con tale ferocia. Di certo non a divertirmi o in villeggiatura, anzi, in quegli anni avevo subìto una lunga sequela di problemi, ma anche questa consapevolezza non riusciva a consolarmi più di tanto e a distogliermi da un semplice pensiero: avrei dovuto esserci.
Volevo chiedere cosa fosse successo ai miei accompagnatori, ma mi astenni dal farlo dato che non mi sembrava l'occasione più opportuna.
Inoltre, il silenzio era appena stato interrotto dalla ragazza, la quale si rivolse direttamente ad Atasuke. Era evidente, fin dal loro scambio di battute fuori dalle mura, che i due si conoscessero abbastanza bene, in quanto c'era una certa confidenza. Io ovviamente, che avanzavo verso l'ormai prossima Amministrazione a solo un passo di distanza da loro, riuscii ad ascoltare la conversazione senza problemi, pur guardandomi bene dall'intervenire, dato che la stessa non mi vedeva coinvolto.
Inaspettatamente Shizuka cominciò a parlare di una certa Ritsuko Aoki, che a quanto sembrava aveva un legame fortissimo con lei, praticamente sororale, essendo le due fanciulle cresciute insieme, a strettissimo contatto e conoscendosi vicendevolmente alla perfezione.
Sinceramente non avevo la più pallida idea del perché la kunoichi avesse tirato fuori un argomento del genere, apparentemente dal nulla, in una simile circostanza. Mi sembrava strano che d'un tratto si mettesse a parlare del più e del meno così, come se stessimo facendo una piacevole scampagnata. Doveva esserci una ragione per cui aveva scelto proprio quel momento per introdurre quella persona. E così era, come ebbi modo di scoprire pochi istanti dopo.
Avevamo ormai raggiunto l'edificio che ospitava la sede amministrativa di Konoha, e proprio lì accanto al portone d'ingresso sostava una ragazza, apparentemente in attesa della nostra venuta.
Inizialmente pensai che si trattasse di una impiegata mandata ad accoglierci, anche se il suo abbigliamento, così elegante e raffinato, sembrava suggerire altrimenti. Normalmente chi lavorava in amministrazione vestiva in maniera molto più pratica e informale, non dissimile dal comune vestiario di un ninja, almeno per quanto ricordassi. Ciò che attirò maggiormente la mia attenzione fu però quello che la sconosciuta reggeva tra le mani. Due piccoli involucri di raso e un lungo indumento di seta verde. Non sapevo cosa fossero o a chi fossero destinati, e la faccenda si faceva sempre più misteriosa.
Quando ormai fummo a pochi passi di distanza dalla donna, questa ci salutò con un profondo inchino.
« Ojou-sama »
No in effetti stava salutando Shizuka, come le sue parole sottolinearono, e lo fece con un rispetto ancor più ossequioso dell'inchino stesso. Solo quando tornò a raddrizzare la schiena si rivolse espressamente a me e all'Uchiha.
« Atasuke Uchiha-sama, Magato Kanzaki-sama, è un onore e un piacere poter conoscere le vostre onorevoli persone » « Il mio nome è Ritsuko, ultima discendente del Clan Aoki e domestica personale della Principessa, prego gli Dei che entrambi possiate avere pietà di me »
Un nuovo inchino.
Non so perché ma avevo la netta sensazione che non fosse né felice né onorata di conoscerci, almeno a giudicare dal sorriso sottilmente beffardo che mi era parso di scorgere sul suo volto, ma non me ne curai.
Ora capivo come mai Shizuka ci avesse accennato di lei. Evidentemente sapeva che stavamo per incontrarla, anche se non riuscivo ad immaginare come, né il motivo della sua presenza. Il fatto che conoscesse il mio nome, il mio vero nome, mi colpì, in un primo momento.
In teoria solo coloro che erano presenti alle mura dovevano esserne a conoscenza, per il momento. Poi mi ricordai del giovane guardiano che Takumi aveva spedito chissà dove e pensai che probabilmente, dopo aver convocato la Kobayashi, si fosse recato in Amministrazione a fare rapporto e ad anticipare il nostro arrivo. Il nome di Magato Kanzaki era ovviamente già arrivato alle orecchie giuste, e a quanto pare anche a quelle della rossa.
Il clan Aoki. Non ne sapevo molto, a parte che aveva sempre servito e supportato il clan Kobayashi da quando si ha memoria. Certo che quando Shizuka si era riferita a lei come alla sua migliore amica non avevo pensato che, tecnicamente, fosse anche la sua attendente personale. Che rapporto singolare doveva essere il loro.
Chinai leggermente il capo in segno di saluto per poi rivolgere il mio sguardo agli occhi azzurri di Ritsuko e replicare alle sue parole con tono educato e asciutto.
«Piacere.»
Nel frattempo la Kobayashi aveva deciso di non fermarsi ad assistere ai convenevoli e aveva spalancato la porta. Senza attardarci oltre, la raggiungemmo nell'atrio, dove c'era qualcun altro ad attenderci. Il giovane guardiano, che scoprii chiamarsi Naoki, ci informò che un certo Fumio, che immaginai essere uno degli Amministratori, era già in nostra attesa presso la sala principale.
Shizuka gli diede a malapena il tempo di concludere il suo parlare che scattò nuovamente lasciando tutti indietro, tranne l'amica che, dopo un breve cenno al nostro indirizzo, la raggiunse celermente. Io mi attardai con Atasuke, il quale ringraziò il suo collega per la dritta.
Quando avevo sentito che l'udienza si sarebbe tenuta nella sala principale, la mia prima reazione era stata di curiosità. Avevo visitato svariate volte quell'edificio per le ragioni più disparate, ma non ero mai entrato in quella stanza in particolare, e anzi non ero neanche sicurissimo di ricordare la sua esatta collocazione all'interno della struttura. Tuttavia dal modo in cui l'Uchiha si avvide del luogo dell'incontro mi resi conto che forse l'emozione più indicata nella circostanza era piuttosto la preoccupazione.
Appena ci fummo congedati da Naoki, partimmo all'inseguimento delle due ragazze, che ci precedevano a svariati metri di distanza, parlottando tra loro di non saprei cosa. E nemmeno mi interessava saperlo, onestamente, mi chiedevo solo dove andassero così di fretta senza avere il prigioniero con sé.
Comunque le raggiungemmo a destinazione, davanti alla rossa porta di legno. Ci fermammo lì per alcuni lunghi istanti.
Atasuke sembrava restio a voler entrare, dubbioso. Shizuka era molto tesa, e la sorpresi persino a guardarmi con espressione a dir poco angosciata.
Dall'altra parte di quella porta mi attendeva il mio destino. Un destino che si sarebbe potuto rivelare infausto, date le premesse.
Eppure ero abbastanza tranquillo, sereno, paradossalmente più degli altri, eccezion fatta per Ritsuko che seguitava ad ostentare una flemma e un autocontrollo davvero invidiabili.
Addirittura io me ne stupii. Pur vigile e concentrata per affrontare al meglio la prova che mi aspettava, la mia mente era sgombra. La respirazione regolare, le membra rilassate.
Stavo forse prendendo tutto troppo alla leggera? No, non era questo. Quella era la calma dell'uomo che mette in gioco la sua vita per perseguire un obiettivo di maggior valore. O forse la sconvolgente quiete del condannato a morte. Non che avessi intenzione di morire, sia ben chiaro, ma ormai ero pronto ad incassare qualsiasi colpo senza farmi intimorire, almeno fino a quando la situazione non fosse apparsa realmente disperata. Potevo sopportare. Dovevo riuscirci.
Così pensando, ricambiai l'occhiata preoccupata della ragazza dagli occhi smeraldini con un sorriso che voleva essere rassicurante.
Nel frattempo, Atasuke bussava alla porta e ci veniva aperto. Entrammo.
La stanza, di discrete dimensioni, era semivuota e l'unico arredamento degno di nota era una serie di dipinti che spezzavano la monotonia dell'ambiente. C'erano tre sedute, di cui solo una occupata dall'uomo la cui voce ci accolse immediatamente con il garbo e la cortesia di un oni.
« Sono le otto di sera e io sono qui piuttosto che a mangiare la mia cena ormai fredda, e sapete perché? » « Perché qualcuno ha ben deciso di costituirsi al Villaggio a quest'ora improponibile, sperando magari di attutire in questo modo la sua sentenza, aiutandosi con qualche gesto di strategia da seconda mano »
Quello che probabilmente era il Fumio di cui avevo sentito parlare era sicuramente un Inuzuka, a giudicare dalla peculiare pittura facciale. E aveva già il nervoso ancor prima di cominciare. Perfetto.
A rispondergli con la dovuta deferenza ci pensò il guardiano, dandomi anche conferma sulla sua identità.
«Fumio-sama... Perdonate per il disturbo a questa ora della sera, tuttavia è sorto alle mura un caso che non poteva essere ulteriormente posticipato... Immagino che Naoki vi abbia già informato con la dovuta premura... Costui è Magato Kanzaki, finora conosciuto al villaggio con il nome di Jaken Zangyaku... Costei invece è Shizuka Kobayashi ed è qui presente quale "garante" per quest'uomo dato che lo conosce da tempo...»
La replica sarcastica dell'individuo dall'inopportuno abbigliamento tirò in causa una donna che se n'era stata fino a quel momento ferma e in silenzio contro la parete opposta della sala.
Bellissima, senza dubbio, con quei capelli dorati, gli occhi di un celeste glaciale ed un fisico mozzafiato. Ma francamente non avevo il tempo o la disposizione mentale per constatare quanto Madre Natura fosse stata generosa con lei. Se era un'Amministratrice, come era lecito supporre, anche nelle sue mani giaceva la mia sorte, e questo la rendeva ai miei occhi esattamente uguale all'Inuzuka. Un'entità avversa da persuadere. Una minaccia. Un possibile carnefice.
Inoltre tutta la bellezza del mondo non riusciva a rendere meno repellente un animo laido e depravato. Non potevo affermare con certezza che quello fosse il caso di Yoko, ma l'espressione di sadica e maliziosa soddisfazione, unita ad un modo di parlare piuttosto deprimente nella sua intrinseca volgarità, non lasciava spazio a molti dubbi.
Una nuova voce, improvvisamente, si udì da un angolo buio della stanza, melodiosa e garbata. Il proprietario si rivelò a noi subito dopo, con lieve stupore da parte mia.
Singolare come un timbro vocale così delicato si rivelava appartenere ad un uomo di tale voluminosa stazza, ed era sorprendente pure come costui si muovesse con mirabile leggiadria malgrado il corpo pachidermico. Un persona piuttosto singolare ed eccentrica, potei subito rilevare. Un Akimichi, a giudicare dallo stemma circolare ricamato sulle sue vesti in corrispondenza del busto.
Questi, dopo aver rimarcato la presenza imprevista delle due giovani che mi scortavano, ci si avvicinò per poi esibirsi in un rispettoso inchino. Non fu difficile capire che Shizuka ne era la destinataria. Per conto mio osservai la scena senza muovere un muscolo.
« ...Kobayashi-Hime, è un piacere e un onore per il Concilio di Konoha ospitare una così nobile creatura » « Noto che è venuta in vesti ufficiali, mia Principessa » « ...Come membro dell'Amministrazione di Villaggio, mi è concesso chiedere il motivo di questa presentazione così lontana dai canoni a voi odierni? »
Portai dunque il mio sguardo sulla ragazza, con discrezione.
L'haori di una seta verde brillante, impreziosito dall'argentea effige della casata Kobayashi, un airone in volo, era ampio e forse ancora troppo gravoso per le giovani spalle della donna. Nonostante ciò, assieme al sigillo e ad un fermaglio che pareva ricavato da oro massiccio, contribuiva a conferirle un piglio regale, quasi ultraterreno. In maniera calzante, la sua espressione rivelava la più pura e implacabile determinazione.
Tale emanazione vacillò solo per qualche istante, sostituita dalla dolcezza di un sorriso quando il suo sguardo incontrò il mio. Uno sguardo che, francamente, mi allarmò, poiché sembrava preannunciare un atto di grande altruismo, se non addirittura di sacrificio, a beneficio di una persona cara.
Istintivamente, aprii maggiormente le palpebre volgendo con superiore intensità i miei occhi cenerini nei suoi, scuotendo impercettibilmente la testa in modo decisamente inequivocabile. Non doveva prendere iniziative avventate.
Ma ormai era partita.
« Sono qui in veste di Principessa ereditaria del Nobile Clan Kobayashi per determinare l'innocenza del qui presente Magato Kanzaki » « Essendo quest'uomo fedele alla Casata dell'Airone, l'Amministrazione è sollevata dal suo giudizio, la giurisdizione del caso passa sotto i Kobayashi, che si occuperanno personalmente di tutto » « Lasciate stare quest'uomo... o da domani tutta l'economia del Continente sarà bloccata »
Quando la kunoichi aveva cominciato a parlare avevo riportato lo sguardo sugli Amministratori, ma quando concluse dovetti ricorrere a un certo autocontrollo per evitare di volgere di scatto il capo verso di lei con occhi sgranati.
Aveva appena minacciato, neanche troppo velatamente, il Consiglio di Konoha, l'organo più potente del villaggio, la cui autorità era seconda solo a quella dell'Hokage. Che cosa le saltava in mente?
Non era detto che le alte sfere prendessero una drastica decisione in merito alla mia punizione, non vedevo il motivo di mostrarsi subito così battaglieri e usare parole che pesavano parecchio.
Non capiva che così facendo si stava mettendo in guai seri? O piuttosto non le importava?
Quando mi sfiorò il pensiero che stesse agendo in quel modo nel tentativo di sostenermi, di proteggermi, incurante delle conseguenze che avrebbero potuto colpirla direttamente, non potei sopportarlo.
Un conto era ricevere aiuto, un altro era trascinare a fondo con me una persona la cui unica colpa era conoscermi. Specialmente quella persona, l'unica, ne ero ormai certo, che si preoccupasse sinceramente della mia sorte. Non potevo accettarlo.
Dovevo fermarla, ma dovevo anche essere cauto. Non potevo sbugiardarla davanti a tutti, perché questo avrebbe solo aggravato la sua posizione, e contemporaneamente dovevo cercare di essere abbastanza netto con le mie affermazioni.
L'atmosfera si era già fatta pesante e nel silenzio generale era possibile riconoscere la proverbiale calma prima della tempesta, che non avrebbe certo atteso i miei comodi prima di scoppiare. Non avevo il tempo materiale per pensare a cosa fosse meglio dire, ma era fondamentale che parlassi per primo.
Mi accertai almeno di questo.
«Questo non è necessario» dissi serio e con voce ferma e cristallina, così che tutta la stanza potesse udire senza problemi.
«Shizuka-sama...» mi rivolsi allora alla ragazza voltandomi verso di lei, l'unico suono all'infuori della mia voce il tintinnio delle manette. Chinai il capo e mantenni tale postura.
«Il vostro generoso intervento mi commuove e non ho parole per esprimervi la mia gratitudine.»
Mi piegai in avanti, producendomi in un vero e proprio inchino, non dissimile da quello visto poco prima a opera dell'Akimichi. Quei modi così formali nei confronti della giovane, che mai mi sarei sognato di adoperare in circostanze normali, servivano proprio a corroborare le sue parole.
«Tuttavia, perdonatemi» continuai con un tono molto rispettoso ma altrettanto deciso, tornando in posizione eretta pochi istanti dopo «ma non posso, in coscienza, consentire che la vostra persona venga danneggiata o che il nobile clan Kobayashi entri in attrito con la dirigenza della Foglia affinché io possa trarre un vantaggio personale.»
Così dicendo, fronteggiai gli Amministratori facendo un passo avanti, così che, anche a livello visivo, fosse subito evidente chi tra i presenti era il solo e unico ad essere sotto accusa. I miei occhi colmi di dignità.
«Mi rimetterò volentieri al giudizio degli onorevoli membri del Concilio.»
Non sapevo se ero riuscito almeno in parte a smorzare i toni del confronto, ma sicuramente avrei fatto il possibile perché non vi fossero conseguenze nefaste per nessuno, a parte me.. -
Asgharel.
User deleted
SPOILER (clicca per visualizzare)Narrato°Pensato°
«Parlato»
"Parlato" (altri)
-Citazioni-
[Abilità/Potenziamenti/tecniche]~Una (troppo) forte presa di posizione~
Il viaggio fino alle sale amministrative fu tranquillo e relativamente normale a differenza invece di quanto era capitato poco prima alle mura. Ad ogni passo Atasuke si interrogava su che cosa Shizuka avesse mai avuto intenzione di fare una volta raggiunte le sale dell'amministrazione, ma soprattutto che cosa intendesse dire con il suo "gioco dei kobayashi e degli uchiha".°Che diavolo avrà in mente quella ragazza? Ho solo paura che in qualche modo possa mettersi nelle grane con l'amministrazione... Già con il clan senza il mio aiuto aveva rischiato di farsi staccare la testa dal collo... Solo che con l'amministrazione io non ho abbastanza potere per poter fare qualcosa, ne ho sufficenti punti di leva o debiti da ricquotere e poi°
"Conosci Ritsuko, Atasuke?"
la semplice domanda di lei spezzò il monotono silenzio prendendolo un po alla sprovvista e lasciandolo un istante disorientato."Ritsuko Aoki, intendo ... Temo di non avertela mai presentata... il che è un grande peccato, è la mia migliore amica. Sai... io e lei siamo cresciute insieme sin da quando siamo nate"
Alle parole seguì un sorriso della giovane Shizuka ed Atasuke dal canto suo non si lasciò sfuggire la cosa approfittandone per risponderle.«In effetti non ho mai avuto il piacere di fare la sua conoscenza... ma a dirla tutta non ricordo me ne avessi mai neppure parlato... Non che in effetti fossimo mai entrati nel discorso»
Sorrise a sua volta, compiaciuto della disquisizione tranquilla e "normale", possibile segno di un normale proseguio della questione burocratica."E' una persona adorabile, in fondo penso siate abbastanza simili di carattere ... Sono sicura che andrete d'accordo"
«Se lo tu lo credi... certamente dovrò crederci a mia volta... sarà dunque un piacere poter fare la sua conoscenza un giorno di questi»
Rispose lui ignorando quanto presto invece sarebbe giunto il momento del loro incontro."E' una persona molto importante per me, non ho mai vissuto senza di lei. Imparerai a comprendere come io e Ritsuko siamo l'una l'ombra dell'altra... e come lei sappia assolutamente tutto di me"
°Trovo che questo discorso stia prendendo una sorta di piega... inquietante°
Pensò tra se mentre un'altra figura si approcciò al trio con riverenza, rivolgendosi prima di tutto a Shizuka per poi passare il suo sguardo anche su Atasuke ed il suo "prigioniero"."Ojou-sama ... Atasuke Uchiha-sama, Magato Kanzaki-sama, è un onore e un piacere poter conoscere le vostre onorevoli persone ... Il mio nome è Ritsuko, ultima discendente del Clan Aoki e domestica personale della Principessa, prego gli Dei che entrambi possiate avere pietà di me"
Ed un nuovo inchino terminò le sue presentazioni a cui rapido Magato rispose con un diretto "piacere" evitandosi chiaramente le formalità a cui Atasuke preferì non rinunciare più per riflesso condizionato che per vera e propria volontà.«Lieto di fare la tua conoscenza Ritsuko, Shizuka stava giusto parlandomi di te e non credevo avremmo fatto conoscenza così presto... Tra l'altro... perdonami la scortesia ma non comprendo per quale motivo dovremmo avere pietà di te... In effetti non hai fatto nulla di male, quindi...»
Sorrise cordiale alla giovane di rimando spostando i suoi neri occhi in quelli azzurri di lei come ad accettare quella sorta di segno che la giovane amica aveva lanciato con quelle parole e quel particolare ghigno.[...]
Shizuka entrò nel grande edificio amministrativo confabulando con l'amica mentre Atasuke perse pochi istanti con il suo giovane collega raccogliendo le poche informazioni che questi gli poteva dare ed iniziando a preoccuparsi quanto bastava per ciò che sarebbe seguito.
Giunsero quindi all'interno della grande sala e come previsto l'amministratore non concesse loro un amichevole ingresso, anzi... Se già di solito lo si poteva considerare poco incline ad ascoltare ed a comunicare in tranquillità quella sera di certo era molto più intrattabile.
Alle parole dell'Uchiha l'amministratore che faceva riferimento al nome di Fumio Inuzuka ironicamente fece dello spirito "mandando" la collega amministratrice a recuperare del sakè. Ella di rimando prese la parola in tono molto meno aggressivo, ma non per questo più rassicurante, specialmente nel tono particolarmente perverso.
Si aggiunse poi al coro una terza voce, giungendo dall'unico angolo buio della stanza, una sorta di velato e gentile ammonimento a cui seguì il grasso amministratore degli Akimichi.
Alla sua vista Atasuke represse a stento un sussulto, era chiaro che in questa situazione ogni mossa falsa poteva diventare una dura punzione per l'uomo che aveva portato a loro, ma soprattutto poteva divenire un problema per Shizuka, specie conoscendo la sua natura avventata.°Quindi ci sono proprio tutti e tre... Passi per fumio, tuttavia, la presenza di Yoko e di Tsuneo non promette nulla di buono... Specialmente tsuneo, per quanto cerchi di dimostrarsi gentile e remissivo è in grado di diventare una spina nel fianco in meno di nulla... Non c'è da stupirsi se è lui a gestire le squadre speciali e le unità informative del villaggio... Quelle sue mani grassocce sembrano quasi essere invischiate ovunque e questo è un male... per questo tizio°
Quando tutti e tre si fossero seduti sui relativi scranni Atasuke fu il primo a rompere nuovamente il silenzio con un inchino di riverenza e con il relativo saluto, azione che probabilmente gli costò molto dato che non notò lo scambio di sguardi tra Shizuka e magato.«Yoko-sama... Tsuneo-sama... Sono lieto di vedere anche voi qui per questa questione a dir poco spinosa... Mi dispiaccio solo che ciò porti disagio anche a voi privandovi di una più che meritata cena... Spero che ciò non vi abbia indisposti troppo»
Non ottenne risposta se non un cenno dei relativi capi come rimando al saluto, ma nulla di più.
Ebbe appena il tempo di riprendere la posizione eretta che Shizuka desse il via al finimondo, segnando di certo un pessimo punto di inizio."Sono qui in veste di Principessa ereditaria del Nobile Clan Kobayashi per determinare l'innocenza del qui presente Magato Kanzaki ... Essendo quest'uomo fedele alla Casata dell'Airone, l'Amministrazione è sollevata dal suo giudizio, la giurisdizione del caso passa sotto i Kobayashi, che si occuperanno personalmente di tutto ... Lasciate stare quest'uomo... o da domani tutta l'economia del Continente sarà bloccata"
A quelle parole Atasuke scattò il volto verso Shizuka ad occhi sbarrati dallo stupore.°Ma che diavolo le è saltato in testa? Vuole farsi ammazzare? Capisco che il clan dei Kobayashi ha un certo peso qui al villaggio, ma non può aspettarsi di certo che accettino una proposta del genere... anzi, una minaccia del genere!°
A quel punto anche la voce di Magato si aggiunse al coro mentre gli sguardi interrogativi e a dir poco inferociti dei tre amministratori puntavano con rabbia la giovane erede dei kobayashi che con quell'uscita sguaiata aveva praticamente firmato la sua condanna a morte o poco meno."Questo non è necessario ... Shizuka-sama...Il vostro generoso intervento mi commuove e non ho parole per esprimervi la mia gratitudine... Tuttavia, perdonatemi, ma non posso, in coscienza, consentire che la vostra persona venga danneggiata o che il nobile clan Kobayashi entri in attrito con la dirigenza della Foglia affinché io possa trarre un vantaggio personale. Mi rimetterò volentieri al giudizio degli onorevoli membri del Concilio."
Un maligno sorriso comparve sul volto dell'Inuzuka che senza farselo ripetere una seconda volta prese nuovamente la parola."Ben detto... Non solo ci facciamo belli costituendoci ad un'orario indegno, ma anzi, ci portiamo dietro anche una ragazzina presuntuosa per farle sparare in aria minacce inutili facendo la buona azione di rimettersi al nostro giudizio... Ben giocata TRADITORE, ma non ti basterà per uscirne tranquillo, stanne certo!"
°Più che ovvio... Se già prima la situazione era complicata a questo punto si fa a dir poco mortale... DANNAZIONE... dovrò mettermi a rischio a mia volta se non voglio rischiare di doverli personalmente eliminare in questa stanza...°
Atasuke non ebbe il tempo di intervenire che anche l'Akimichi prese a sua volta parola, prima l'Akimichi con i suoi consueti toni remissivi e viscidi come la sua persona."Shizuka... mia cara... Posso ben comprendere quanto tu tenga alla vita del tuo ex-maestro... tuttavia comprenderai pure che questo è un problema di konoha e non di una famiglia di mercanti... Inoltre, non vorrei mai che questa azione possa in qualche modo danneggiare la vostra onorabile famiglia... Vi consiglio di controllare meglio le vostre parole..."
°Maestro? Dunque sanno di questo legame tra loro due... farò bene ad approfittarne per cercare di tirare fuori anche Shizuka dai guai°
«Amministratori... perdonate se mi intrometto in questa discussione, ma in un certo senso quale membro dei guardiani di Konoha mi sento in dovere di esprimere la mia opinione...»
"Di pure che ti senti in dovere per proteggere questa ragazza..."
Ammiccò la donna forte dell'informazione che Tsuneo aveva pubblicamente rivelato in modo da sminuire non di poco la credibilità delle parole di Atasuke.«Comunque sia...»
Proseguì imperterrito senza concedere loro nulla.«Vorrei ricorare a lo signori ed alla qui presente Shizuka che siamo qui per discutere del destino di quest'uomo in una questione che riguarda lui medesimo ed il villaggio e non i clan di cui possiamo fare parte...»
Si voltò quindi nuovamente verso la compagna, nella speranza che ella lo ascoltasse con la dovuta attenzione.«Shizuka... Comprendo bene che tu sia legata a quest'uomo e che quindi tu voglia proteggerlo con tutte le tue forze, tuttavia questo è ben al di fuori della tua e della mia portata... Sai anche tu che difficilmente il clan kobayashi, per quanto potente, possa in un qualche modo bloccare l'economia del villaggio... senza contare delle conseguenze che questo avrebbe con il resto del continente»
°E dannazione trattieni la lingua con questi tre, altrimenti non solo non aiuterai il tuo amico, ma anzi lo condannerai a morte e con lui anche noi due!°
Non restava quindi che attendere la risposta degli amministratori e magari anche una ripresa di coscenza di shizuka, nella speranza che in un qualche modo quel suo piccolo intervento potesse migliorare la situazione ormai fin troppo pericolosa evitando che tutto degenerasse ulteriormente.. -
.
. -
Alastor.
User deleted
_The Doors_
EXTRA ~ CAPITOLO VI
G a m b l e r s
♦
Sapevo che non sarebbe stato facile. Ne ero ben conscio, non ero uno sprovveduto. Non mi ero mai azzardato a sperare che me la sarei cavata con una strigliata e uno schiaffo sulle mani, ero consapevole che le colpe di cui mi ero macchiato erano concrete, avevano un certo peso e che, di conseguenza, sarebbero state punite adeguatamente. Non mi aspettavo sconti o trattamenti di favore, né li pretendevo.
Facendo ritorno alla Foglia e consegnandomi spontaneamente all' autorità avevo implicitamente accettato di ricevere il castigo che mi avrebbe inflitto chi di competenza, qualunque esso fosse, nutrendo però la viva speranza che, a dispetto di tutto, i reati a me ascritti non venissero valutati con tanta severità da esigere la mia vita per scontarli.
Eppure, avrei affrontato qualsiasi fato. L'unica cosa che osavo chiedere era di essere ascoltato, di essere trattato dignitosamente, ma soprattutto di essere giudicato con criterio e imparzialità. Perché aspettarsi qualcosa di diverso, in fondo? Konoha non era un luogo perfetto, non esisteva qualcosa del genere al mondo, ma tra tutti i villaggi ninja maggiori era forse quello che godeva della miglior reputazione, probabilmente grazie al connubio tra professionalità, serietà e contemporaneamente umanità che caratterizzava buona parte degli shinobi che la popolavano. Gente laboriosa, irreprensibile e guidata da un senso della giustizia a volte persino molesto. Luoghi comuni, per lo più, non dissimili da quelli che inducono ad associare una certa località a una pietanza caratteristica o una inflessione linguistica peculiare, ma una base di verità c'era sicuramente.
Questa, almeno, era la situazione tre anni prima, quando lasciai il villaggio, ma più passavano i minuti e più mi rendevo conto che molte cose erano cambiate. E non mi riferisco solo agli edifici che avevo avuto il dispiacere di ritrovare orrendamente sfigurati e devastati sulla strada verso l'Amministrazione, ma anche ad alcuni compaesani i quali, anche se presi in modestissimo campione, avevano manifestato modi di agire e di ragionare a dir poco discutibili, e non potevo fare a meno di interrogarmi sull'opportunità che simili individui ricoprissero ruoli di tale delicatezza e importanza. Il guardiano Takumi era stato solo un misero antipasto rispetto a ciò che mi aspettava in quella stanza.
Le parole che proferii non parvero abbastanza efficaci e non riuscirono a distogliere l'attenzione degli Amministratori dall'intervento di Shizuka, ma almeno non peggiorarono la situazione e forse riuscirono addirittura a dissipare, anche se probabilmente solo in via momentanea, la tensione e le espressioni iraconde che si erano dipinte sui loro volti in reazione alle audaci parole della ragazza.
Quest'ultima, dal canto suo, non aveva avuto alcuna reazione. Dal momento della sua imprudente esternazione, continuava a esibire uno sguardo fiero e indomito, fisso sulla figura che per prima si era palesata ai nostri occhi quando avevamo messo piede nella sala principale. E fu proprio questi, l'Inuzuka, a curvare le labbra in un ghigno soddisfatto quando mi concesse la replica.
«Ben detto... Non solo ci facciamo belli costituendoci ad un'orario indegno, ma anzi, ci portiamo dietro anche una ragazzina presuntuosa per farle sparare in aria minacce inutili facendo la buona azione di rimettersi al nostro giudizio... Ben giocata TRADITORE, ma non ti basterà per uscirne tranquillo, stanne certo!»
Non mi scomposi minimamente. Restai fermo a osservarlo con sguardo neutro, come se stessi soppesando le sue parole. In realtà c'era poco da soppesare.
Costui, nella sua mente, aveva già emesso la sentenza che mi riguardava. Colpevole di Tradimento.
Gli era bastato squadrarmi dalla testa ai piedi, tutto sommato. Aspetto trasandato, indumenti lisi, piedi scalzi. Manette ai polsi. Presentatogli come persona che aveva mentito al villaggio sulla propria identità. Questo faceva di me un traditore, secondo lui.
Era così semplice decidere del fato di un uomo? Decretarne la vita o la morte? Non riuscivo a capacitarmi di come si potesse essere così superficiali, così approssimativi. Così ottusi. Ero pur sempre un abitante di Konoha, e per giunta mi ero consegnato pacificamente alle sentinelle della Foglia.
Non ero stato catturato. Anzi da quanto avevo capito nemmeno si immaginavano che io esistessi ancora sulla faccia della terra. Io ero lì, a un passo dalla rovina, in virtù di una mia libera scelta. Ma tutto questo sembrava non contare nulla.
Stupidamente, ingenuamente, a quel punto mi ritrovai a pensare, avevo riposto fiducia in qualcosa con la quale non avevo direttamente familiarità, e specialmente non in tempi recenti, vista la mia assenza: la giustizia di Konoha.
Nessuna di quelle tre persone che ricoprivano la posizione di maggior responsabilità e potere, data l'ormai perpetua latitanza dell'Hokage, si era anche solo degnata di chiedermi chi fossi, dove fossi stato o cosa avessi fatto. Da quando ero giunto al loro cospetto a malapena mi avevano rivolto la parola, a stento mi avevano concesso un briciolo di attenzione. Parevano, o almeno questo era il caso di Fumio, più avviliti per il fatto di aver dovuto rimandare la cena o comunque di essere stati importunati a quell'ora della sera, che tra l'altro non era neanche particolarmente tarda. E quand'anche fossi giunto a loro a notte fonda, cosa avrei preteso da loro se non che svolgessero il loro lavoro, un lavoro difficile e che non prevedeva orari rigidamente stabiliti?
Cominciavo a dubitare che costoro possedessero i giusti requisiti e soprattutto la volontà di assolvere ai propri doveri degnamente. Prendere atto di tutto ciò mi fece intuire che il mio destino era realmente appeso a un filo, poiché più che al buon senso dei miei giudici potevo solo appellarmi alla buona sorte, una prospettiva a dir poco terrificante. Tuttavia non persi la mia compostezza, sicuramente c'erano delle carte che potevo ancora giocare, c'era una via d'uscita. Ci doveva essere. Per forza.
Intanto c'era qualcosa che volevo mettere in chiaro. Mi rivolsi quindi all'uomo dalle guance segnate di rosso col tono educato di chi stava mettendo qualcuno al corrente di un semplice fatto, nei miei occhi neanche l'ombra del timore reverenziale.
«Vorrei precisare che Shizuka Kobayashi-sama è stata convocata per volontà di Takumi-san, il guardiano che per primo mi ha ricevuto alle Mura, affinché confermasse la mia identità.
Atasuke-san l'ha condotta qui insieme a me per la medesima ragione, ma se ritenete futile la sua presenza suppongo che possa essere congedata, assieme a Ritsuko-san.
In fin dei conti, questa vicenda non le vede coinvolte personalmente.»
Un tentativo inutile, lo sapevo bene, ma provare non mi costava niente. In quel momento ciò che mi premeva di più era assicurarmi che Shizuka non finisse nei guai, quindi sarebbe stato davvero l'ideale se la giovane, in compagnia della fedele ancella, avesse potuto mettere quanta più distanza poteva tra lei e quella stanza, tra lei e i membri del Consiglio. Tra lei e me. Nulla di positivo poteva capitarle fin quando restava lì, al mio fianco, tentando ostinatamente di intercedere in mio favore o peggio di farmi scudo con la sua persona e con il suo nome.
Ma ormai non avevo speranze di metterla al sicuro, di mandarla via, non dopo le parole che incredibilmente e lasciando tutti senza fiato aveva osato pronunciare. Il trio di burocrati non avrebbe lasciato correre, questo era fin troppo evidente.
Ancor più chiaro fu, in caso ci fosse stato bisogno di ulteriori conferme, quando udii l'intervento dell'Akimichi.
Mi resi conto, d'un tratto, che il corpulento uomo poteva essere tranquillamente il più insidioso e temibile tra i suoi colleghi, i quali quantomeno parevano palesare senza riserbo la loro natura e i loro propositi. La rabbiosa ostilità di Fumio e il perverso sadismo di Yoko erano talmente evidenti da sembrare ostentati. Al contrario, i modi affabili e ossequiosi di Tsuneo, solo apparentemente rassicuranti, si rivelavano sempre più ai miei occhi come la melliflua facciata che nascondeva un'essenza spregevole e velenosa.
Dietro a quelli che potevano sembrare consigli rivolti a Shizuka, elargiti quasi con tono preoccupato e coinvolto, c'era un chiaro avvertimento, per non dire una minaccia.
"Non interferire in questa faccenda, oppure i Kobayashi ne pagheranno le conseguenze".
Il messaggio autentico, puro, sembrava proprio questo. Lanciai un'occhiata discreta all'indirizzo della giovane per scoprire la sua reazione a quel nuovo intervento, ma ancora una volta non ve ne fu alcuna. Evidentemente ci voleva ben altro per intimidirla, malgrado, riflettei, le minacce dell'Akimichi non fossero affatto impossibili da realizzare e fosse quindi auspicabile, da quel momento in poi, muoversi con molta cautela.
E fu probabilmente proprio per gettare acqua sul fuoco che il guardiano Atasuke si prodigò nel dire la sua.
«Vorrei ricorare a lo signori ed alla qui presente Shizuka che siamo qui per discutere del destino di quest'uomo in una questione che riguarda lui medesimo ed il villaggio e non i clan di cui possiamo fare parte...»
«Shizuka... Comprendo bene che tu sia legata a quest'uomo e che quindi tu voglia proteggerlo con tutte le tue forze, tuttavia questo è ben al di fuori della tua e della mia portata... Sai anche tu che difficilmente il clan kobayashi, per quanto potente, possa in un qualche modo bloccare l'economia del villaggio... senza contare delle conseguenze che questo avrebbe con il resto del continente»
A tali parole seguì un lungo silenzio.
Non aveva tutti i torti. Minacciare il Concilio di Konoha in maniera così diretta e sfacciata era stata un'idea tutt'altro che salutare per la ragazza, e per quanto sia io che l'Uchiha potessimo sforzarci di mitigare la gravità di quanto avvenuto, era chiaro che non sarebbe mai stato abbastanza.
Quelle persone non avrebbero ignorato un tale atto di insubordinazione.
La cosa che mi dava un po' di conforto era che almeno avevo un alleato nel giovane guardiano. Non un alleato che appoggiasse la mia causa personale, cosa del tutto normale considerando che egli non solo era colui che aveva eseguito il mio arresto, ma era anche una persona che avevo appena incontrato e oltretutto un diretto subalterno degli Amministratori lì presenti. Ma un alleato che chiaramente aveva a cuore la sicurezza della giovane, e che dunque avrebbe potuto assisterla molto meglio di quanto avrei potuto fare io nelle condizioni in cui mi trovavo, in caso la situazione si fosse messa male per lei.
D'un tratto l'Inuzuka parlò, il suo viso deformato da una frenesia e una collera che ricordavano in maniera piuttosto preoccupante quelle di una bestia idrofoba.
L'uomo obiettò allo scetticismo dell'Uchiha, il quale riteneva poco plausibile che il clan Kobayashi fosse effettivamente in grado di mandare in crisi l'economia continentale con le proprie sole forze, rivelando che non solo sarebbe stato possibile, ma che in verità non sarebbe stata neanche la prima volta.
A quanto sembrava, molti anni addietro, la nonna di Shizuka aveva prima minacciato e poi messo in atto la stessa estrema misura di fronte al diniego dell'Amministrazione del tempo di consentire l'ingresso nel villaggio del futuro sposo di lei, un uomo proveniente dal Paese del Tè, Terra all'epoca politicamente avversa alla Foglia. In poche ore il caos più totale si riversò nel continente, il commercio subì gravi danni portando l'intero sistema economico sull'orlo del fallimento, se non si fosse posto rimedio a una simile sciagura rapidamente.
Fu così che le alte sfere di Konoha furono costrette a piegarsi alla volontà del nobile casato. Riuscirono però ad assicurarsi che una cosa del genere non accadesse più, stipulando dei trattati dove i Kobayashi, in cambio dell'assoluta indipendenza nelle questioni legate alla loro stirpe, si impegnavano a non usare mai più il loro potere come arma di ricatto contro il villaggio.
Tutto ciò significava che Shizuka, la quale era chiaramente già al corrente della storia riguardante la sua ava, aveva consapevolmente violato i patti presi in passato dalla sua famiglia, la quale, proprio come avevo sospettato con timore e come Tsuneo aveva successivamente suggerito, avrebbe potuto a quel punto subire gravi ritorsioni per il comportamento della sua erede.
Ero sempre io la causa di tutto ciò? Certo, era chiaro.
Non sapevo perché la giovane si fosse spinta a tanto pur di aiutarmi. L'unica cosa che sapevo era che non sopportavo l'idea che lei e i suoi cari potessero andarci di mezzo per colpa mia. Volevo fare qualcosa, qualcosa per portare il confronto finalmente sui giusti binari, dove sarei stato io e solo io l'oggetto delle spiacevoli attenzioni dei membri del Concilio, permettendo alla ragazza di non farsi carico di problemi e responsabilità che non le spettavano. Ma ormai la situazione era sfuggita ad un controllo del quale comunque ero stato privo fin dall'inizio, ed era obiettivamente diventata troppo grande perché riuscissi a maneggiarla senza rischiare di incrinarla ulteriormente.
Non sapevo come comportarmi.
Era mentre cercavo di riflettere sul da farsi che Fumio si mosse appena, poi sparì dalla mia vista.
Prima di rendermi conto che si trattava di un'aggressione, le braccia si erano già alzate, cercando istintivamente la copertura del torace e della testa, tuttavia queste subito deviarono lateralmente e simultaneamente la mia testa si voltò di scatto verso Shizuka.
I miei occhi sconvolti, impauriti. Era lei il bersaglio.
Il mio patetico tentativo di protendere le braccia incatenate davanti a lei nel tentativo di intercettare l'attacco fu ampiamente anticipato. In realtà, quando avevo posato il mio sguardo su di lei, già era tutto finito. Io ero troppo lento e lui troppo veloce, semplicemente. Grazie al Cielo si era trattato solo di una finta, in quanto il colpo di mano simile a un'artigliata si era bloccato a un paio di millimetri dal viso di Shizuka.
Di colpo sentii il sangue rifluire nel corpo. Espirai lentamente mentre le braccia, che comunque non erano neanche arrivate vicino alla loro intesa destinazione, furono ritratte e caddero pesantemente con un sonoro tintinnio. Chiusi le palpebre per un lungo istante mentre tornavo a inspirare dalle narici.
A stento mi ero accorto del tentativo di Ritsuko di frapporsi tra la sua signora e l'assalitore, facilmente vanificato dall'interferenza dell'obeso Amministratore, ma quello che mi aveva colpito di più era stata la totale mancanza di reattività della Kobayashi. Non aveva mosso un muscolo, nemmeno ci aveva provato a difendersi da quell'uomo che palesemente provava astio nei suoi confronti.
Possibile che sapesse sin dall'inizio che si trattava di una mera azione intimidatoria e che non le sarebbe stato fatto alcun male? Sembrava proprio di sì. O conosceva molto bene quell'uomo e i suoi metodi, oppure la consapevolezza di appartenere ad un clan potente e prestigioso come il suo le conferiva una certa tranquillità.
« Tu sai perfettamente che non puoi fare niente per salvare il tuo sporco compagno dalla pena di morte che spetta ai traditori... »
Riaprii gli occhi all'udire di quelle parole, solo per vedere Fumio accarezzare una rosea guancia della giovane, un gesto che di affettuoso non aveva assolutamente nulla.
Sì, d'accordo, si parlava della mia imminente condanna a morte, forse dovevo concentrarmi su quello. Ma restai sbalordito dal comportamento dell'uomo. Le sopracciglia si aggrottarono leggermente mentre le labbra si schiusero in un'espressione velatamente incredula. Cos'era tutta quella confidenza?
« ...perché tu non sei la Capoclan dei Kobayashi... »
Mentre il suo viso si avvicinava a quello della ragazza, la mia bocca tornava a serrarsi rigida, la fronte si distendeva. Le palpebre si allargarono dando spazio a uno sguardo immobile, piatto, quasi assente.
« ...Cosa stai progettando di fare, Shizuka? »
Sentii le mani, costrette alla vicinanza dalle manette, serrarsi. Come se il comando non fosse partito dal mio cervello ma da chissà quale forza sovrannaturale.
Calma. Calma. Shizuka non stava facendo una piega, andava tutto bene. Stava solo cercando di provocarla. Era tutto sotto controllo.
Però doveva essere proprio vero. Shizuka aveva qualcosa in mente. Arrivati a quel punto non avevo la più pallida idea di come avremmo fatto ad uscirne, e nel mio caso specialmente il futuro appariva tutt'altro che florido, data la dichiarata intenzione del capo del Consiglio di esigere la mia pelle.
Eppure Shizuka, da quando eravamo arrivati, non si era minimamente scomposta, come se confidasse in un qualche miracoloso intervento che risolvesse ogni cosa. A pensarci bene, anche la sua imperiosa dichiarazione non poteva essere stata fatta con tanta leggerezza, e soprattutto era difficile credere che, a fronte delle minacce e dei possibili provvedimenti che avrebbero potuto prendere gli Amministratori nei suoi confronti, ella continuasse a non mostrare sentimenti diversi dalla più serena risolutezza.
Era vero che la conoscevo appena, era vero che non la vedevo da anni, ma quella ragazza era tutt'altro che stupida. Di questo ero convinto. Quindi doveva esserci qualcosa sotto.
Mi venisse un colpo se riuscivo a capacitarmi di come avessero potuto mettere Konoha nelle mani di simili individui.
Vidi la povera Ritsuko dimenarsi disperatamente per accorrere in soccorso dell'amica, cercando invano di liberarsi dalla presa dell'enorme Akimichi, il quale con una semplice frase e senza rinunciare al viscido sorriso la indusse immediatamente a desistere dal suo intento. Yoko, comodamente adagiata sul suo scanno, si godeva l'intera scena con espressione a dir poco estatica.
« ...Non sei tanto stupida da venire qui e renderti complice di un traditore, rubando di nascosto l'haori di tuo padre, impadronendoti del sigillo della tua famiglia che ti piace ostentare in questa tua manina sudata, e minacciando pubblicamente tutto l'organo amministrativo di Konoha... »
Fumio intanto diventava sempre più inquietante e disgustoso.
Nella mia mente, mi vedevo a far scivolare la catena che serrava le mie mani oltre il capo dell'Inuzuka per poi serrarsi attorno al suo collo, mentre dietro di lui stringevo e strattonavo fino a farmi sanguinare i polsi per i bracciali d'acciaio, fino a udire lo spezzarsi del suo collo.
Scacciai rapidamente tale pensiero dalla testa, quasi meravigliandomi di me stesso. Non era da me innervosirmi in quel modo, che diavolo mi prendeva? Ero sempre stato abbastanza fiero di come riuscivo ad affrontare situazioni anche critiche senza perdere la calma e la lucidità, e per quanto anche in quel preciso momento solo una piccola frazione di quanto stavo provando fosse visibile dall'esterno, dentro di me stavo lottando. Lottavo per non fare stupidaggini.
Buffo come, in certe situazioni, non fare nulla fosse la cosa più difficile di tutte. Dovevo mantenere i nervi saldi, soprattutto perché era appena affiorato un pensiero tanto semplice che pareva ovvio.
L'Inuzuka stava senz'altro cercando di far cedere Shizuka, questo ormai era palese, ma il suo comportamento poteva benissimo avere una funzione accessoria che riguardava me. Gli Amministratori sapevano che io e la ragazza ci conoscevamo, per cui, che stesse l'uomo cercando, oltre che di scoprire gli intenti di lei, anche di scatenare in me una reazione nel vedere la mia compagna trattata in quel modo? Magari una reazione violenta?
Sapevo bene che se avessi detto una parola sbagliata o avessi toccato anche solo con un mignolo uno qualsiasi dei tre funzionari, avrei offerto loro la scusa perfetta per prendere davvero la mia testa. Un sospetto traditore che "aggredisce" un membro del Concilio di Villaggio. Quale accusa più schiacciante per affossarmi definitivamente?
Forse vedevo piani contorti dove non c'erano, ma era indubbio che se avessi sgarrato in quel momento, avrei pagato col sangue.
Inoltre se avessi fatto idiozie simili avrei completamente vanificato gli sforzi di Shizuka, che stava già rischiando abbastanza per me senza che intervenissi per rovinare tutto.
Ormai potevo solo aspettare, stare tranquillo, e fidarmi di lei. Sì.
Io volevo fidarmi di lei.
« Shizuka, ciò che temo di te, prima ancora di questo tuo visetto su cui potrei fare troppe cose che è meglio non citare di fronte ai tuoi due affezionati cavalieri... »
Quando sentii quelle parole e vidi Shizuka vacillare per la prima volta, anche se solo per un istante, mi mossi.
Ero inutile. Mi sentivo completamente e irrimediabilmente inutile. Ma almeno una cosa, una minuscola cosa potevo farla.
Eravamo vicini, quindi mi bastarono due brevi passi per azzerare la distanza tra noi. Mi fermai proprio accanto a lei, appena più arretrato, il mio braccio contro il suo, si toccavano. Il mio sguardo sull'Amministratore, distaccato.
Se l'uomo l'avesse incrociato, avrebbe potuto intravedere fermezza quasi austera e una determinazione paragonabile a quella di colei che così abilmente lo stava sfidando. Le catene tintinnarono in modo quasi sinistro.
Non pensai neanche per un secondo di poterlo indurre a fermarsi, e tantomeno di impensierirlo. Lui avrebbe potuto colpirmi o uccidermi senza dover dare troppe spiegazioni, in fin dei conti io non avevo un cognome importante da temere. Ma volevo ricordargli che io c'ero, che non era solo con Shizuka in quella stanza, e che non poteva fare il suo porco comodo ancora a lungo.
Ma cosa molto più importante, volevo che Shizuka sentisse la mia presenza, il mio sostegno, addirittura fisicamente, anche se solo tramite il contatto di un braccio.
Malgrado la mia impotenza, io c'ero. Ero lì con lei, era il minimo che potessi fare visto il rischio che stava correndo per me.
Non sarei andato da nessuna parte.
Fumio ciarlò ancora per un po', ma quando si rese conto che la donna non avrebbe ceduto, montò su tutte le furie e si trovò costretto a ordinare la convocazione del capoclan Kobayashi. Fu in quel momento che la grossa porta alle nostre spalle si spalancò all'improvviso, cogliendomi di sorpresa.
Senza muovermi da dov'ero, girai il collo e vidi una mezza dozzina di uomini avanzare. In testa a tutti uno che aveva un aspetto stranamente familiare.
« Non è necessario che venga chiamato nessuno... io sono già qui »
« Buonasera miei Signori, sono in ritardo? »
Occhi di smeraldo, capelli castani, bei lineamenti. Guardai Shizuka, poi di nuovo l'uomo. La somiglianza era lampante.
Quindi era lui il famoso Toshiro Kobayashi, il capoclan dell'omonimo casato. Sembrava un uomo alla mano e non troppo attaccato all'etichetta, tutto sommato, cosa non certo scontata per un individuo di tale estrazione. Inoltre sembrava emanare un'aura di positività, come se nulla potesse scalfirlo o affliggerlo.
Non potei fare a meno di notare come Fumio e colleghi gli diedero un benvenuto che sconfinava quasi nel servilismo.
I vari "maledetto Clan" e "maledetti mercanti" che avevo udito due minuti prima erano magicamente svaniti nel nulla, assieme all'arroganza di colui che aveva pronunciato tali parole. Patetico.
L'uomo rispose con disinvoltura al saluto offertogli, poi avanzò verso di noi, per l'esattezza posizionandosi accanto alla figlia, sul lato opposto rispetto al mio.
Decisi che non era il caso di porgergli i miei saluti per il momento, a costo di apparire maleducato. Mi sembrava fuori luogo. Mi sarei limitato a chinare il capo se avesse guardato in mia direzione.
Quando l'uomo cercò di sfilare il verde haori dalle spalle della sua erede, incontrò inizialmente un po' di resistenza. Il mio braccio, contro quello di lei, ostacolava l'operazione.
«Ah...» feci, lievemente imbarazzato, mentre mi affrettavo a spostare l'arto.
Quando il capoclan finalmente ebbe indossato il pregiato indumento, fece un'osservazione sul fardello che rappresentava quel soprabito, e mi stupì quanto tale pensiero fosse simile a quello che avevo io stesso partorito quando, per la prima volta, avevo visto lo smeraldino manto indosso alla discendente.
L'uomo poi bisbigliò qualcosa al suo orecchio e le scompiglio i capelli affettuosamente, tanto che lei, per la prima volta da quando avevamo messo piede in quell'edificio, sorrise.
Distolsi lo sguardo dai due familiari. Abbassai la testa, guardandomi distrattamente le mani. Sorrisi lievemente, a mia volta, sollevato.
Era salva. Almeno Shizuka era salva, questo pensai.
Si fece poi avanti un altro uomo, che di lì a poco scoprii essere membro della Polizia di Konoha.
Questo individuo, dall'aspetto che ispirava rispetto e timore, e un modo di parlare che alternava il gelo dell'imperturbabilità alla collera più incandescente, illustrò quello che, con ogni evidenza, rappresentava la mia salvezza. Per farla breve c'era stato un vizio nella procedura.
Dopo essere stato arrestato, anziché essere condotto direttamente in Amministrazione, sarei dovuto passare per l'organo di Polizia gestito dal clan Uchiha, il quale, con il supporto investigativo dell'unità ANBU, avrebbe dovuto effettuare le indagini e gli accertamenti del caso. Compito che, a quanto sentivo, in buona parte era già stato portato a termine grazie al clan Aoki.
Come avessero fatto a reperire informazioni bastevoli sul mio conto in così poco tempo era un mistero, ma da quanto era emerso non vi erano gli estremi per applicare su di me la pena capitale. La faccenda non si chiudeva lì, ovviamente, ma quantomeno sembrava che stessi per essere sottratto dalle grinfie di quei tre squilibrati.
Inutile dire che la faccia di Fumio Inuzuka, quando l'Uchiha ebbe terminato il suo parlare, fu qualcosa di impagabile.
"Il gioco dei Kobayashi e degli Uchiha". -
Asgharel.
User deleted
SPOILER (clicca per visualizzare)Narrato°Pensato°
«Parlato»
"Parlato" (altri)
-Citazioni-
[Abilità/Potenziamenti/tecniche]~E quando tutto pare perduto~
Le sue erano state parole nulla più che vane ed insignificanti. A nulla infatti portarono, se non una ulteriore e snaturata reazione dell'amministratore che più di tutti aveva mostrato la sua natura aggressiva, segno indistinguibile per certi versi del clan Inuzuka.
Atasuke temeva infatti che il clan dei Kobayashi potesse in effetti sfruttare il proprio potere per raggiungere il tanto millantato blocco commerciale, tuttavia non credeva che questa fosse veramente uan condizione tanto probabile e men che meno poteva immaginare che già fosse capitato in passato al punto tale da far stipulare un particolare trattato tra le due parti per evitare che questo potesse nuovamente capitare.
Tutto ciò che accadde poi, fu una cosa a dir poco assurda. Per primo l'inizuka si avvicinò minaccioso verso shizuka, intanto Ritsuko parve tentare di frapporsi, ma inspiegabilmente venne trattenuta dall'akimichi che intanto si era portato alle sue spalle senza che nessuno avesse miniomamente notato il movimento. Ulteriore motivo per cui tutti da un certo punto di vista lo apprezzavano, ma più che tutto lo temevano e lo volevano vedere a debita distanza.
Atasuke non osò in alcun modo interrompere lo scambio di parole, o meglio, il monologo che l'amministratore stava minacciosamente tenendo in faccia a Shizuka, osservando con attenzione come questa non smuovesse alcun muscolo, non effettuasse alcun movimento, non avesse alcun cedimento alle chiare minacce ed alle insinuazioni dell'Inuzuka.°Dannazione... Qui si sta mettendo seriamente male... Se non troviamo una scappatoia rischio che anche Shizuka perda la testa per questo qui... letteralmente... L'unica è sperare in qualche miracolo o in qualche forma di intervento esterno abbastanza potente da rimettere la situazione in quadro... ma senza un Kage... Sono seriamente cazzi°
Pensava mentre il volto si manteneva fisso sulla scena, come marmotizzato. La sua abitudine alla recitazione aveva ormai preso il sopravvento celando, per quanto possibile, l'ansietà e la preoccupazione che provava in quel momento, tuttavia i suoi occhi, per quanto abituati a simli scempi probabilmente lo stavano tradendo anche se il suo volto contratto tentava di mostrarsi completamente distaccato.
Poi una voce ruppe il silenzio generatosi dopo l'urlo a dir poco ferale dell'inuzuka. Una voce che non conosceva, una voce garbata, una voce che sembrava essere proprio la loro salvezza.
Ancora una volta Atasuke non fece altro che essere uno spettatore anche se in vero il suo volto perse parte della tensione, rilassandosi leggermente e donandogli una reale aria di rilassatezza. Erto era che la situazione non si poteva ancora definire risolta, ma di certo i rischi che lui correva, ed in particolare quelli che Shizuka stessa stava correndo erano di certo di molto inferiori rispetto a pochi istanti prima.
In seguito fece il suo ingresso anche Isamu Uchiha, seguito da altri membri del clan e molto probabilmente membri anch'essi del corpo di polizia, bacchettando questa volta Atasuke ed il corpo dei guardiani in merito al vizio di procedura che era stato commesso, vizio di cui in vero Atasuke era completamente all'oscuro.°Come sarebbe a dire che non sono stati avvisati? Quell'idiota di Takumi... Probabilmente non ha neppure avuto la decenza di mandare qualcuno dalla polizia... E stupido anche io ad aver dato per scontato che fossero stati allertati... Dannazione, probabilmente mi riceverò una lavata di testa direttamente dal clan... è in questi momenti che vorrei non essere così di casa...°
Pensava tra se sorbendosi la dovuta ramanzina ed allietandosi del fatto che per certi versi poteva tranquillamente scamparsela semplicemente con una lavata di testa nella peggiore delle ipotesi.
Inutile descrivere lo sguardo a dir poco iracondo dell'amministratore quando questi si vide letteralmente scivolare via dalle mani sia Shizuka che il relativo traditore a causa di quel semplice vizio di forma, per certi versi talmente semplice e sciocco da sembrare assurdo per quanti problemi burocratici aveva creato.
Dato poi che la situzione ora sembrava aver riacquisito la calma si sentì di potersi nuovamente esprimere con la dovuta libertà e così fece, cercando di mantenere il suo tono serioso, come d'altronde la situazione richiedeva.«Se posso permettermi... Innanzitutto mi scuso ufficialmente in nome del corpo dei Guardiani, non immaginavo si fosse sviluppata una tale situazione, credevo che come era stato allertato il concilio amministrativo foste stati a vostra volta allertati, tuttavia mi prendo le mie responsabilità. In fondo è anche colpa mia dato che ho dato per scontata tale comunicazione...»
Fece un cenno di composto saluto verso Isamu, prima di voltare il proprio sguardo verso Shizuka ed il relativo padre, sennonchè capoclan dei Kobayashi.«Kobayashi-dono... mi ritengo per certi versi anche responsabile delle azioni di vostra figlia... ella avrebbe dovuto semplicemente presenziare e testimoniare in merito a quest'uomo dato che lo conosceva, ed invece per la mia imperizia si è messa in pericolo e forse ha anche messo in pericolo il vostro clan o i vostri rapporti con l'amministrazione... Vi prego quindi di accettare le mie più sentite scuse...»
Si voltò poi un'ultima volta, in questo caso verso gli alti scranni degli amministratori, ed in particolare verso Fumio Inuzuka, l'unico dei tre rimasto, o meglio, tornato verso la sua posizione.«Onorevoli amministratori... Mi dispiaccio per la questione e per la sua risoluzione finale... Come già detto pensavo che fossero stati compiuti i vari passi e non immaginavo si fosse generata una simile situazione, tuttavia imploro la vostra clemenza verso la qui presente Shizuka del clan Kobayashi e spero che le sue parole non vi abbiano recato troppa offesa... Detto questo...»
Sorrise cordiale con un doveroso ed onesto inchino di ringraziamento.«Vista la decisione dell'onorevole Isamu Uchiha, dopo la consegna del prigioniero nelle mani della polizia, mi riavvierei verso le mura. In seguito consegnerò personalmente il mio rapporto in merito alla procedura di identificazione ed arresto del qui presente»
Con quelle parole si avviò lento verso il compagno di clan, strattonando lievemente l'uomo in modo che questi seguisse il suo movimento fin nelle mani dell'Uchiha.
Intanto i suoi occhi andarono in cerca di quelli di Shizuka, nella speranza che questa li notasse e riuscisse a carpirne il tentativo di conforto.. -
.
. -
Alastor.
User deleted
_The Doors_
EXTRA ~ CAPITOLO VII
H e a v i e r S h a c k l e s L i g h t e r H e a r t
♦
Non sapevo se esisteva qualcosa come i miracoli.
Nutrivo seri dubbi in proposito, francamente, almeno se si considera l'accezione del termine strettamente teologica. Non credevo che gli Dei fossero particolarmente inclini a scomodarsi per intervenire in maniera grandiosa e provvidenziale nelle piccole faccende degli altrettanto piccoli esseri umani. I veri miracoli, se davvero esistevano, erano quelli che riusciamo a realizzare con le nostre stesse mani, al costo del sudore della fronte, del sangue, di folle determinazione e irriducibile perseveranza.
Io avevo mancato nei confronti di Konoha.
Avevo mentito riguardo la mia persona e la mia identità presso il villaggio, ero sparito dalla circolazione lasciando che tutti mi credessero verosimilmente morto in missione. Mi ero spinto a tanto per ragioni che non esiterei a definire vitali, e sicuramente arrecare danno alla Foglia, anche solo in maniera marginale o collaterale, non era una di queste. Tuttavia non vi erano scuse da accampare, e da principio non avevo cercato di schermirmi dietro giustificazioni più o meno valide e che potevano o, più probabilmente, non interessare a chi avrebbe valutato le mie azioni e decretato il mio futuro.
Da tempo la mia vita aveva preso una certa direzione, il susseguirsi di una serie di vicissitudini mi aveva spinto a scelte difficili, sia da concepire che da praticare, e ad agire solo come lo spettro dell'uomo che avevo sempre saputo di poter essere. Tuttavia, dopo tanto penare, quando la tenacia e la speranza mai abbandonate erano state ricompensate, quando avevo infine trovato ciò che così lungamente avevo cercato, avevo finalmente preso coscienza di un'importante verità.
Non sono gli eventi passati a decidere chi siamo e dove andiamo, bensì solo noi stessi.
Non sapevo se sarei stato capace di riparare ai miei errori e a ricominciare a camminare su un sentiero che, per la prima volta, sarebbe stato davvero scelto per un mio intimo desiderio, riuscendo quindi a percorrerlo con serenità, sincerità e convinzione nuove, senza precedenti. Non lo sapevo.
Quello che stavo facendo in quel momento era bloccare l'impetuoso scorrere della mia esistenza che sarebbe sfociato, mi era facile prevederlo, in un futuro di miserabile infelicità ben peggiore di quello presente, e invertire quello stesso flusso facendogli intraprendere il percorso che ritenevo essere più giusto per me. Più o meno come pretendere che un fiume smettesse di seguire la sua naturale corsa, determinata dalla morfologia del territorio che lo accoglieva, e, di punto in bianco, imboccasse una deviazione strana e decisamente inverosimile.
Era questo il miracolo che mi ero messo in testa di fare a ogni costo, persino a quello della libertà o della vita.
Per questo ero tornato a Konoha, e per questo mi ero consegnato mansueto alle autorità. Un nuovo punto d'origine per il mio avvenire doveva necessariamente germogliare dalla verità, per quanto poco piacevole o gradita. Non volevo più tirarmi indietro, sarei andato incontro a qualsiasi cosa pur di aggiustare le cose, persino al pubblico disprezzo, alla prigionia, o peggio.
Sarei tornato nel villaggio che già una volta mia aveva accolto con l'intento di farne la mia casa e avrei scontato senza protestare qualsiasi castigo mi fosse stato inflitto. Dopodiché non sapevo cosa mi avrebbe riservato la vita, ammesso che in conclusione di quella vicenda riuscissi a conservarla, ma ne avrei ripreso finalmente possesso, ogni mia azione e decisione sarebbe stata dettata solo dalla mia volontà, e forse, col tempo, sarei riuscito addirittura a trovare delle persone che potessero far parte di tutto ciò.
Questo era il mio piano, forse talmente semplice e banale da non poter neanche essere definito tale, ma in un contesto ideale avrebbe funzionato senza problemi, ritenevo. Peccato che non fosse quello il caso.
Gli individui preposti al giudizio della mia persona si erano rivelati tutt'altro che seri e irreprensibili, anzi peggio, avevano loro per primi infranto le leggi e le procedure delle quali dovevano essere massimi garanti e rappresentanti. Questa era un'eventualità che, in maniera abbastanza insolita devo dire, non avevo preso in considerazione, e questa mia leggerezza sarebbe potuta costarmi molto cara.
A volte, per quanto potesse essere duro ammetterlo, il coraggio e la determinazione da soli non bastavano ad abbattere certi tipi di ostacoli, persino se avevi ogni buona ragione dalla tua parte. Forse il miracolo non mi era riuscito del tutto, e date le circostanze imprevedibilmente avverse forse me la sarei vista parecchio brutta, se non fosse stato per qualcuno che si era dato da fare forse persino più di me per tirarmi fuori da quel guaio. Non ci avevo mai fatto molto affidamento, ma evidentemente se era più di una persona a lavorare nella stessa direzione al fine di raggiungere il medesimo obiettivo, con intelligenza e risolutezza, allora le probabilità di avere successo aumentavano concretamente.
Da solo non ero stato in grado. Però in due, a quanto pareva, quel benedetto miracolo era ancora possibile realizzarlo.
Non sapevo perché, non sapevo esattamente come, ma era grazie a Shizuka che la mia esecuzione, quasi certa se fossi rimasto nelle mani di quegli scellerati Amministratori, era di colpo diventata un'opzione remota nel momento in cui la giurisdizione del mio caso era passata alla Polizia, che a giudicare dalle parole del suo autorevole esponente, pareva intenzionata a portare a termine il proprio ufficio con ben altra assennatezza ed equilibrio.
Fu quando l'uomo interruppe il suo parlare che il guardiano che fin lì mi aveva scortato prese ancora una volta la parola, sostanzialmente scusandosi con buona parte dei presenti, anche se per le più diverse ragioni.
Si rivolse dapprima al suo consanguineo, affermando di essere ignaro della mancata comunicazione relativa alla mia presa in custodia presso la squadra di Polizia, ma chiedendo ugualmente venia per tale mancanza e per la sua leggerezza.
Sembrava realmente dispiaciuto, però mi sfuggiva un dettaglio. A prescindere da tutto, non avrebbe dovuto comunque condurmi dalle forze dell'ordine Uchiha prima ancora che dai membri del Consiglio? Se così avesse agito, non ci saremmo risparmiati tutti un sacco di problemi?
«Kobayashi-dono... mi ritengo per certi versi anche responsabile delle azioni di vostra figlia... ella avrebbe dovuto semplicemente presenziare e testimoniare in merito a quest'uomo dato che lo conosceva, ed invece per la mia imperizia si è messa in pericolo e forse ha anche messo in pericolo il vostro clan o i vostri rapporti con l'amministrazione... Vi prego quindi di accettare le mie più sentite scuse...»
Per quanto le sue intenzioni fossero lodevoli, probabilmente era un po' azzardato prendersi la responsabilità del comportamento di Shizuka nei confronti dei burocrati.
Non fatico ad ammettere che lo sconcerto e la disapprovazione che avevo provato di riflesso alle avventate parole della ragazza non erano stati inferiori a quelli di lui, tuttavia parlavamo di una persona adulta e perfettamente in grado di decidere come agire in piena autonomia. Per di più, era fin troppo palese, una donna tremendamente testarda e indipendente. Anche se fossimo stati al corrente dei suoi intenti, impedirle di fare ciò che voleva sarebbe stato assai arduo per entrambi. Fermo restando che non mi piaceva affatto che avesse messo a rischio come minimo la sua libertà solo per aiutare me.
Se c'era uno responsabile per il pericolo che lei aveva corso, tutti sapevamo chi era, e di certo non rispondeva al nome di Atasuke Uchiha.
Dopo che il guardiano si fu rivolto per un'ultima volta agli Amministratori, questi mi afferrò per un braccio e prese ad avanzare verso quello che finalmente scoprii chiamarsi Isamu Uchiha, per consegnarmi a lui come le sue parole avevano annunciato.
Io seguii i suoi passi senza alcun problema, senza esitazioni, evitandogli il disturbo di dovermi trascinare in giro.
Dopo quanto avevo sperimentato in quella stanza e soprattutto con la prospettiva nella mente di quanto ancora sarebbe potuto accadere se quella mezza dozzina di uomini non avesse fatto capolino in maniera provvidenziale, ero più che lieto di essere affidato a qualcuno che pareva intenzionato a svolgere il proprio dovere nel migliore dei modi.
A quel punto, pareva che non ci fossero ulteriori motivazioni per prolungare la nostra permanenza in quel luogo, ed infatti le robuste porte rubiconde, ancora spalancate alle nostre spalle dopo l'insperata intrusione, parevano pronte a concederci un pacifico e sicuro congedo.
Ma Fumio Inuzuka pareva non essere dello stesso avviso.
Dopo essere stato platealmente zittito e redarguito dall'alto esponente della Polizia, il suo sbigottimento si era presto tramutato in una rabbia che sembrava montare al passare di ogni secondo. Fu forse la consapevolezza di essere stato umiliato dalle parole evidentemente inoppugnabili dell'Uchiha, e i suoi metodi esposti come fuorilegge. Fu forse la consapevolezza che un prigioniero, che nella sua mente già era pronto ad essere falciato dalla sua impietosa mannaia, gli era stato soffiato da sotto al naso, o forse la presa di coscienza che il rischioso piano perpetrato dalla kunoichi aveva dato i frutti sperati e che lui solo adesso riusciva a comprenderne la natura e le ramificazioni, facendolo probabilmente sentire come un povero idiota.
Magari fu per tutte queste ragioni messe insieme che il burocrate, apparentemente dimentico di trovarsi in presenza di un importante rappresentante della Legge e di uno degli uomini più potenti del Villaggio, per non dire del Continente, e trascurando il fatto di essere stato sconfitto su tutta la linea, diede libero sfogo ad una furia incontrollabile. Sbraitò di come sarebbe stato suo personale piacere e premura infliggere non solo a me e a Shizuka, ma persino ad Atasuke, che tutto sommato non aveva fatto nulla per incorrere nell'ira dell'Amministratore, anzi, una punizione esemplare, di una tale ferocia e aberrante crudeltà che anche un genocida non ne sarebbe stato degno. Sembrava che l'ira l'avesse fatto uscire completamente di senno.
Lo osservai con estrema cura, gli occhi attenti. Di fronte a me l'immagine della più alta personalità istituzionale della Foglia, colui che avrebbe dovuto essere un esempio e un vanto per tutti i suoi abitanti, dare uno spettacolo talmente squallido che neanche il peggiore degli ossessi avrebbe potuto eguagliare. Una bestia ferita, che non poteva più nuocere a nessuno, ma che continuava ad agitarsi ruggendo e mostrando minacciosa i denti e le unghie. Anzi no, una bestia sarebbe caduta con maggiore grazia.
Nonostante il disprezzo che gli serbavo nel mio cuore, l'Inuzuka mi fece quasi pena. Quasi.
Poi l'atmosfera cambiò bruscamente.
« Il modo in cui educo mia figlia e gestisco gli affari interni del mio Clan sono decisioni che spettano esclusivamente a me »
« Non vi azzardate mai più ad insinuare che io non sia in grado di provvedere agli errori degli esponenti della mia famiglia, Inuzuka-san »
Nonostante tali parole non lasciassero dubbi su chi fosse il loro autore, per alcuni istanti la sopresa fu tanto marcata da costringermi a voltarmi per sincerarmene.
Il gioviale Capoclan non era più gioviale, bensì glaciale, duro, terrificante. L'aura di positività che lo aveva avvolto fino a quel momento era solo un ricordo remoto, ormai scalzata da una esalazione venefica e opprimente che difficilmente si riusciva a sostenere.
« Chi non sa mantenere l'armonia del proprio animo non è degno di fregiarsi del titolo di Amministratore di Konoha... prego gli Dei perché possano avere pietà del mio amatissimo Villaggio »
Persino il timbro di voce pareva mutato, e a stento riconducibile ad un essere umano.
Pur sapendo che la tremenda ira del Kobayashi non era a me indirizzata, per puro istinto mossi lentamente un passo indietro. Volsi poi lo sguardo a Shizuka, constatando con un certo stupore ed una punta di preoccupazione che ella fissava immobile il genitore con espressione stravolta e atterrita, bianca come un lenzuolo. Pareva che fosse rimasta sconvolta da una simile reazione da parte del padre, o forse persino lei raramente l'aveva visto in quelle condizioni.
Riportai l'attenzione sugli uomini che si stavano confrontando, e notai subito che Fumio stava accusando il colpo non meno di noialtri. La sua folle e rabbiosa foga, infatti, si infiacchì subito fino ad estinguersi del tutto, lasciando dietro di sé un attonito ascoltatore, che ora muto e inerme non si arrischiava neanche lontanamente a replicare.
« State lontano da mia figlia e da questi altri due giovani... avete ormai errato, Inuzuka-san, la prossima volta sono sicuro che sarete più accorto nel prendere le vostre decisioni »
« Chi brama il potere come voi, Inuzuka-san, può andare incontro a due destini: La vittoria o il fallimento... mi sembra ovvio quale dei due è stato scelto per voi »
Così dicendo, senza degnare di ulteriore attenzione nessuno dei tre funzionari e neanche il resto dei presenti, Toshiro imboccò la porta uscendo dalla stanza, seguito immediatamente dal taciturno uomo la cui identità mi era ancora ignota, sebbene mi appariva abbastanza chiaro che si trattasse di un attendente del capoclan.
Ecco la regione per cui le persone non vanno mai giudicate in maniera superficiale. Chi l'avrebbe mai detto che quella persona dall'aria così tranquilla e scanzonata fosse capace di esternare una tale collera, di rendersi artefice di una simile manifestazione di assoluta autorità? Le sue parole, inoltre, non potevano che essere condivise. Trovavo davvero preoccupante che una persona dall'indole crudele e dalla mente instabile come l'Inuzuka, senza neanche menzionare i suoi due colleghi che mi parevano tuttavia quasi altrettanto riprovevoli, si ritrovasse a capo del villaggio. Essendo poco fiducioso nel ravvedimento di costoro, non potevo che auspicare che al più presto fossero nominati individui di maggior levatura morale e più consoni all'incarico.
Ad ogni modo, almeno per il momento, queste erano considerazione che non mi riguardavano più direttamente, dato che, grazie al Cielo, il mio destino non dipendeva più dal loro capriccio.
Dopo che Isamu ebbe concordato gli ultimi dettagli burocratici con i tre funzionari, egli tornò lesto da noi. Poggiando una mano sulla spalla di una ancora scossa Shizuka, incoraggiò i suoi passi sospingendola verso l'uscita. Entrambi furono seguiti da me, scortato dai tre agenti di Polizia e dal guardiano.
La porta si chiuse pesantemente alle nostre spalle, poi, percorrendo corridoi e superando rampe di scale nel più religioso dei silenzi, ci ritrovammo infine all'esterno del fabbricato.
Il mio animo era conteso. Sentivo un senso di sollievo per aver evitato, io e gli altri, un infausto destino, nonostante ovviamente il mio caso fosse tutt'altro che chiuso. Molta della tensione che avevo accumulato negli ultimi minuti stava a poco a poco scemando.
D'altro canto, non riuscivo a capacitarmi di come una situazione che avrebbe dovuto essere così lineare e semplice da gestire si fosse trasformata in un tale pandemonio. Prima di arrivare a Konoha avevo immaginato quel momento, il momento in cui venivo condotto al cospetto dei miei giudici. Nelle mie fantasie c'era un accompagnatore, due al massimo, e a prescindere dall'esito dell'incontro, sia che fosse risultato nella mia riabilitazione, incarcerazione o esecuzione, c'era sempre una costante. Io solo subivo le conseguenze dei miei atti.
E allora, perché lì presenti vi erano, tolto me, ben nove individui? Certo, quasi tutti loro nemmeno sarebbero accorsi se non fosse stato per Shizuka.
Già, Shizuka.
Come diamine le era saltato in mente di rischiare il collo per me?
Uno scatto fulmineo del braccio e la mano di Isamu andò a schiaffeggiare una ancora cerea guancia della giovane, che colta alla sprovvista quasi cadde a terra.
I miei occhi si aprirono larghi e le labbra si separarono a malapena. Le catene tintinnarono debolmente. Feci scivolare subito il mio sguardo sul massimo rappresentante dei Kobayashi, aspettandomi una qualche reazione, che tuttavia non ebbe luogo. Egli osservava la scena in disparte, senza tradire alcuna emozione degna di nota. Riportai gli occhi sugli altri due.
Mi ero accorto che l'esponente della Polizia aveva una certa confidenza con la ragazza, probabilmente si conoscevano bene o forse era in stretti rapporti con la famiglia di lei. Un gesto come il suo, per quanto odioso, poteva essere se non condivisibile quantomeno comprensibile.
E lo fu ancor più quando egli, a modo suo, diede voce alla preoccupazione che aveva procurato probabilmente non solo a lui ma in generale alle persone che le volevano bene, alcune delle quali lì presenti, nel compiere un atto sconsiderato che avrebbe potuto avere ripercussioni sulla sua acerba persona anche più gravi di quanto potesse aver previsto.
« S-scusami... scusami zio... »
« ...Io volevo solo... »
Zio? Dunque quell'uomo era addirittura un parente stretto. Ed era un Uchiha.
Sì, in effetti il legame di Shizuka con quel clan era un dubbio che non ero mai riuscito a chiarire. Ricordavo ancora di come ai tempi della missione che per la prima volta fece incrociare le nostre strade, suo fratello, Kuroro, indossasse un keikogi dotato della famosa effige del ventaglio bianco e rosso. All'epoca avevo pensato che i due ragazzi avessero sangue Uchiha per eredità materna, dato che non ne avevano acquisito anche il cognome, tuttavia si era trattato di una congettura mai verificata.
Quando la ragazza mi guardò smarrita, come se cercasse nei miei occhi le parole che le facevano difetto, io aprii maggiormente le labbra inspirando aria nei polmoni, poi le sigillai nuovamente. Non dissi nulla, mi limitai a ricambiare con uno sguardo deciso, ma incoraggiante.
Il congiunto non aveva torto, io sarei stato altrettanto turbato al posto suo. E pur non essendo al suo posto, ero rimasto comunque molto contrariato dalla pericolosa iniziativa della donna. L'ultima cosa al mondo che avrei mai voluto era che lei andasse incontro alla propria rovina. Specialmente a causa mia.
Eppure, io avevo ben compreso quale era stato il suo intento. Non ne conoscevo la ragione, non sapevo che cosa avessi fatto per poterlo meritare, ma io capivo cosa aveva fatto.
Cosa aveva voluto fare.
E la parola "riconoscenza" poteva solo cominciare a spiegare come mi sentissi al riguardo.
« AIUTARE GLI ALTRI NON E' UN PRETESTO PER FARE DEL MALE A SE STESSI, STUPIDA RAGAZZINA »
L'Uchiha, che aveva precedentemente levato le braccia in aria in preda alla cocente rabbia, le calò nuovamente sulla nipote, la quale non poté fare altro che piegarsi su se stessa portando le braccia alla testa per difesa.
D'accordo. Quel tizio stava esagerando adesso, però. Non era mia intenzione intromettermi, in fin dei conti si trattava di affari di famiglia, in un certo senso, e per di più l'uomo era un pezzo grosso della Polizia e data la mia delicata posizione giudiziaria non sarebbe stato furbo da parte mia inimicarmelo.
Però sentivo una forte sensazione di disagio, quasi un malessere fisico, come se qualcosa mi avesse afferrato le viscere strattonandomi in avanti, imponendomi di intervenire. E stavo anche per farlo, sennonché quelle che pensavo fossero percosse non si rivelarono tali.
L'uomo semplicemente, e con una delicatezza insospettabile, prese il viso della nipote tra le mani e appoggiò la propria fronte a quella di lei.
Molti parvero sconcertati da quel gesto di apparente dolcezza, Shizuka sopra tutti gli altri, ma io non ci vidi nulla di strano, anche se probabilmente solo perché non conoscevo quella persona. Per quanto severo e inflessibile, si trattava pur sempre dello zio. Doveva comunque volerle bene, no? E tutta quella rabbia in un certo qual modo era una testimonianza di ciò.
L'idillico momento fu però malamente guastato da una capocciata che l'uomo somministrò alla parente che ebbe l'esito di mandare questa in ginocchio lagnandosi mentre si reggeva la fronte dolorante, nonché di lasciarmi letteralmente a bocca aperta.
L'Uchiha era ben lungi dal porre fine alla sua rampogna. Annunciò alla giovane che avrebbe pensato personalmente a punirla per quello che aveva fatto e che avrebbe addirittura aperto un'inchiesta su di lei, in merito alla sua condotta ambigua e non conforme alla procedura della quale così palesemente era a conoscenza.
Stessa cosa avrebbe fatto con Atasuke, probabilmente reo ai suoi occhi di non aver espletato la propria funzione con la dovuta attenzione e accuratezza. Ma come rese presto evidente, quella doveva essere solo la ragione di minor importanza per cui l'esponente della Polizia dimostrava un certo astio nei suoi confronti.
« P-perciò stai lontano da Shizuka! Questa ragazzina dovrà scontare inaudite punizioni per ciò che ha fatto! State separati fino a data da destinarsi! »
« Se le rivolgerai la parola senza chiedermi il permesso ed esserti inchinato di fronte all'uscio della porta della mia abitazione, la pagherai molto cara! Non è la prima volta che ti vedo al suo fianco! »
Mentre il viso dell'uomo avvampava suo malgrado, mi accorsi che Toshiro, nonostante un lodevole quanto vano sforzo per trattenersi, se la rideva di gusto, probabilmente a causa dell'improvviso e probabilmente insolito cambio di registro del parente. Quella reazione quasi mi indusse al sorriso, però stavo pensando ad un'altra cosa in quel momento, mentre le mie mani si sovrapponevano, il pollice della sinistra che grattava il dorso della destra, lo sguardo assorto.
Allora quei due stavano insieme? Sinceramente non avevo avuto quella impressione, però proprio non si poteva dire. A pensarci bene, ricordai che Takumi aveva menzionato un certo "fidanzatino Uchiha", e anche l'Amministratrice Yoko aveva fatto un'allusione neanche troppo sottile in tal senso. Ora le parole di Isamu.
Quindi poteva essere che mi fossi sbagliato. In fondo lo stesso Atasuke, malgrado un atteggiamento serioso e ligio, addirittura rigido forse, aveva dato chiari segnali di tenerci a lei, anche quando la situazione era parecchio brutta con i membri del Concilio. Però, non so, c'era qualcosa che non mi tornava. Osservando Shizuka non sembrava particolarmente infastidita o imbarazzata dalle parole dello zio, o almeno questo dava a vedere.
Strano.
Sì ma poi perché stavo lì a domandarmi cose del genere? Mica erano fatti miei?
Quella che seguì fu una sorta di smentita da parte della donna, che probabilmente voleva riportare il parente alla quiete di un animo ormai palesemente agitato da gelosia e senso di protezione nei confronti della giovane congiunta, o almeno questa era la spiegazione che attribuivo a tale comportamento. Il tutto ancora scandito dalla crescente ilarità del padre di lei, al quale riusciva sempre più difficile contenersi.
Ciò che non potevo aspettarmi era che neppure io sarei stato risparmiato da quel furore che, per quanto quasi toccante data la sua origine e natura, avrei evitato con grande gioia.
E invece niente.
« … E TU! »
L'Uchiha si voltò di scatto verso di me, il dito puntato sulla mia faccia.
«Eh?» feci cauto, prima di riuscire a trattenermi, un po' colto di sorpresa dall'improvvisa attenzione che mi veniva rivolta.
Sostenni il suo sguardo adirato senza troppe difficoltà, osservandolo con misurata curiosità.
« Non ho idea da dove tu sia sbucato, ma ho ben visto come ti sei comportato al cospetto degli Amministratori e non avrei problemi ad attribuire un sentimento ai tuoi sguardi... nonostante tutto non provare neanche a pensare che lei possa... »
« ...suvvia, ha solo diciannove anni... »
Ma aveva ben visto cosa? Di che stava parlando con precisione?
Abbassai lo sguardo in un punto non meglio precisato, in quel caso occupato dai piedi di Ritsuko.
Esitai un attimo, poi con un certo sforzo lo posai nuovamente sull'uomo. Aprii la bocca come per rispondergli, ma la richiusi subito dopo.
No, molto meglio tacere. Qualsiasi cosa avessi detto avrebbe potuto essere facilmente travisata o liberamente interpretata da una mente che in quel momento era tutt'altro che lucida e obiettiva.
E poi non avrei risposto comunque ad illazioni del genere. Così poi, davanti a tutti quegli sconosciuti.
Cioè no, non c'entrava che erano sconosciuti. E' solo che non c'era niente da dire, ecco.
Poi intervenne la kunoichi.
« Quasi venti, veramente »
Le rivolsi uno sguardo conteso tra il severo e l'incredulo.
Perché si metteva ad assecondare i vaneggiamenti dello zio? Proprio quando c'ero io di mezzo, poi?
Comunque, a dispetto di tutta quella parentesi più o meno tragicomica, pareva proprio che l'alto esponente della Polizia non avesse dimenticato di svolgere il proprio lavoro.
Egli ordinò ai suoi colleghi di togliermi le manette, ma il mio sollievo fu assai effimero, poiché subito mi resi conto che sarebbero state sostituite dai tekase, strumenti di costrizione più robusti e gravosi. Osservai i miei polsi mentre venivano serrati da una nuova e più crudele morsa. Quegli affari pesavano sul serio.
Ovviamente non opposi nessuna resistenza, in fin dei conti doveva essere la normale procedura.
D'un tratto una mano mi si poggiò sulla spalla.
Mi voltai a guardarla un po' interdetto, apparteneva a Isamu. Spostai dunque lo sguardo nei suoi occhi d'ebano, quando egli riprese a parlarmi.
« Shizuka appartiene ad una dinastia potente e rinomata, mi dispiace che tu abbia nutrito per tanti anni la speranza di poterla rendere tua sposa, ma come puoi ben immaginare una donna del suo calibro merita un alto esponente del nostro apprezzato villaggio... »
Mi guardai bene dal replicare, ma nemmeno sapevo bene cosa fare. Ero fermo, immobile, come imbalsamato, ma al tempo stesso sentivo una grande urgenza di indietreggiare, allontanarmi da quell'uomo e dalle sue assurde parole.
Forse sarebbe stato saggio annuire per rassicurarlo, o distogliere lo sguardo, o fare un inchino. Rispondergli qualcosa. Ma non feci nulla di tutto ciò, restai lì impalato a fissarlo serio con le labbra leggermente schiuse.
Aggrottai giusto la fronte quando un paio di minute mani sbucarono ai lati del collo dell'uomo per poi premersi con forza sulla sua bocca, tappandogliela in maniera efficace, forse addirittura letale a giudicare dal colorito che stava assumendo il suo volto.
Shizuka sembrava determinata a porre fine al vaniloquio del parente con ogni mezzo, anche uno poco fine come quello. Ora erano entrambi rossi in viso, anche se, supponevo, per ragioni diverse.
Quando intervenne il capoclan dei Kobayashi, questi sembrava essersi finalmente ricomposto e tornato al suo precedente placido splendore.
Dopo uno scambio di battute fra i tre familiari ai limiti del plausibile, sembrava alla fine giunto il momento dei congedi.
Un paio degli agenti di Polizia mi si avvicinarono a seguito di un eloquente cenno della mano del loro superiore, si posero ciascuno su un mio lato e afferrandomi per le rispettiva braccia mi sollevarono quasi di peso, più o meno come avrebbero fatto per sorreggere uno storpio.
«Posso farcela da solo» sussurrai a uno dei due, vagamente seccato.
Almeno la concessione di recarmi nel mio luogo di detenzione con le mie stesse gambe potevano anche farmela.
Bellamente ignorato, fu lo zio di Shizuka a rivolgermisi, comunicandomi che avrei trascorso la notte in una cella di isolamento, ma che a partire dal giorno seguente sarebbero partite tutte le procedure che avrebbero portato, se tutto fosse risultato in regola, ad accordarmi la libertà vigilata.
Mi limitai ad annuire alle sue parole, che ascoltai con molta attenzione. Andava bene così, una nottata in prigione non era qualcosa che potesse spaventarmi visto i possibili esiti assai peggiori paventati.
Tuttavia, ancora una volta vi fu un'intervento da parte di Shizuka.
« Per stanotte lascialo a me, Oji-sama »
« Permetti a quest'uomo di rimanere ospite della magione Kobayashi, per questa notte... la cella di detenzione non... »
Non potei fare a meno di aggrottare le sopracciglia e spalancare gli occhi nel guardarla, mentre le labbra si schiudevano lentamente. La mia testa sembrava muoversi al rallentatore, ma cercai di scuoterla, mentre la mano sinistra, portandosi dietro anche l'altra a causa delle catene, si alzava quanto bastava per mostrarle il palmo, come a suggerirle di fermarsi.
«Non occo-» iniziai, ma Isamu mi interruppe immediatamente, puntualizzando che non avrebbe mai potuto consentire una cosa del genere, poiché senza la sorveglianza della Polizia sarei potuto fuggire sottraendomi alle mie responsabilità.
Mi sarebbe piaciuto puntualizzare, a mia volta, che non avrebbe avuto alcun senso scappare dopo che ero tornato a Konoha spontaneamente a mio rischio e pericolo, soprattutto ora che le cose parevano sulla buona strada per una pacifica e relativamente indolore risoluzione.
Tuttavia fu ancora la ragazza a replicare che, anche a casa sua, sarei stato comunque tenuto d'occhio.
« Io sono la figlia di Heiko Uchiha, la capoclan reietta »
Parole dette con gran semplicità.
Io praticamente non feci una piega. Non conoscevo quel nome e la donna a esso associato, ma ormai avevo già scoperto, dalla conversazione tra la giovane e suo zio, che la madre di lei era un'Uchiha, e per la precisione sorella di Isamu Uchiha. La definizione di capoclan reietto non mi era molto familiare, ma comunque la cosa non mi colpì in particolar modo.
Quello che mi lasciò interdetto fu la reazione che ebbero praticamente tutti gli altri presenti nell'udire quella frase.
Pareva quasi che la donna avesse rivelato una verità nefanda che avrebbe dovuto piuttosto portare con sé nella tomba. Forse non ci ero andato troppo lontano. Non sapevo però se tutti fossero rimasti così sconcertati perché era un argomento tabù, del quale non si doveva parlare e basta, oppure perché ne ero stato messo al corrente io, che forse ero l'unico tra gli astanti a non saperne nulla.
Ad ogni modo ascoltai con interesse le parole di Shizuka, e di come la sua dimora fosse abitata oltre che da sua madre, che a quel che sembrava era stata uno dei ninja più potenti della sua generazione, almeno da altri due shinobi che, seppur anziani, erano quasi altrettanto temibili. Probabilmente si trattava dei nonni materni di Shizuka.
La ragazza stava dunque cercando di convincere l'ufficiale di Polizia a consegnarmi nelle sue mani poiché, quand'anche avessi tentato di fuggire o di nuocere a qualcuno, vi sarebbero stati fior fiori di shinobi pronti ad abbattermi ancor prima di poter avvicinarmi a realizzare i miei riprovevoli propositi.
Inoltre c'erano i famigerati Aoki, le cui capacità nello scovare informazioni e nell'arte dello spionaggio erano, nella loro enigmaticità, effettivamente sbalorditive, come avevo avuto modo di constatare dalla velocità con cui avevano raccolto dati per riempire un intero fascicolo sul mio conto in un arco di tempo ridicolo.
« Nonostante tutto Magato non fuggirà perché -e ci posso giocare la mia libertà nelle Terre del Fuoco- è più che intenzionato a scontare la pena che voi, Oji-sama, sceglierete sapientemente per lui... »
Strinsi i pugni, serrai la mascella. I miei occhi fissi su di lei, le palpebre sembravano aver smesso di lavorare.
Niente, non riuscivo a capacitarmene. Dove la prendeva tutta quella sicurezza nel prossimo? Quella sicurezza in me.
Perché quella donna metteva a repentaglio la propria vita, la propria reputazione e il rapporto con i suoi cari senza avere nessuna concreta certezza tra le mani? Io non riuscivo a comprenderlo.
Però era qualcosa che desideravo scoprire. Al più presto.
La ragazza parve infine riuscire a convincere lo zio, il quale acconsentì a lasciarmi nelle mani del cognato e della nipote.
Dopo che i membri del Corpo di Polizia e il guardiano si furono congedati per tornare alle rispettive case o ai rispettivi incarichi, noialtri cinque cominciammo ad incamminarci verso la magione Kobayashi.
Shizuka cominciò a camminarmi accanto, cercando la mia mano più vicina, che poi afferrò in maniera decisa con la sua. Una manina piccola, morbida. Calda soprattutto, il calore che trasmetteva al tatto fu la prima cosa di cui mi accorsi e che quasi mi fece sobbalzare.
La mia mano era ancora aperta, praticamente inerte.
Osservai per un breve istante quelle due mani così diverse eppure così vicine. Poi, evitando accuratamente gli occhi smeraldini che avrei potuto incrociare, guardai la strada davanti a me, quasi con aria smarrita.
Alcuni metri più avanti, improvvisamente, sentii la mia mano, lentamente, chiudersi.. -
.
Deception
Avviso all'Hokage
Sojobo era parzialmente preoccupato per ciò che Itai gli aveva chiesto di fare. Per quanto la fiducia che Itai riponesse in lui lo onorasse, non sopportava quando qualcuno sminuiva il ruolo che Itai gli aveva affidato. In genere messaggi segreti potevano essere affidati solo alla bocca di gente che mai ti avrebbe tradito.
E Raizen Ikigami era bravissimo a sminuire qualsiasi cosa che non fosse il suo ego.
Ma, essendo estremante vecchio decise di prepararsi ad ingoiare il suo orgoglio che certamente sarebbe stato pesantemente danneggiato dall'Hokage: Itai aveva ritrovato quello che doveva essere stato un pericoloso nemico di un tempo e lo aveva in custodia. Il fatto che lo volesse far sapere all'Hokage poteva voler dire che stava tramando qualcosa.
Sojobo, in forma di corvo, sorvolò Konoha ed arrivò dritto in Amministrazione. Conosceva quel villaggio meglio di quanto si potesse sospettare: tutti i precedenti possessori del contratto dei Tengu erano Uchiha di Konoha ed aveva passato in quel villaggio molti giorni.
Con il becco picchettò la finestra, vedendo che c'era dentro l'enorme ninja dai capelli bianchi. Qualora Raizen avesse aperto la finestra il Tengu saltò all'interno, riassumendo la sua forma originaria.
Hokage-sama porse i suoi rispetti, com'era logico fare dinanzi ad un'alta carica straniera (e sia mai che fosse tacciato di aver iniziato lui la maleducazione!) Porto un importante messaggio da parte del Mizukage. Siamo in un posto sicuro, lontano da orecchie indiscrete? Domandò il Tengu. Qualora l'Hokage avesse detto di sì, avrebbe dunque parlato.
Itai ha trovato Seinji Akuma. Come sai, era sparito da Ame. Le esatte circostanze non mi sono state rivelate, ma in questo momento è a Kiri, in attesa di giustizia. il tengu fece un profondo respiro Itai vuole interrogarlo e dunque giustiziarlo.
A quel punto, l'Hokage avrebbe potuto trarre le sue conclusioni.. -
.
Lavoro pesante
Una mattina come tutte le altre all’amministrazione di Konoha, una di quelle che l’Hokage amava passare a baloccarsi nel suo nuovo ufficio, sonnecchiando in una piccola amaca pieghevole che si era costruito da solo, perfettamente in grado di scomparire sotto al ripiano della scrivania.
Un vero oggetto prezioso per le giornate in cui si ritrovava a non avere nulla da fare, ormai tutti gli impiegati erano stati minuziosamente esaminati e solo su una manciata di essi aveva qualche dubbio che se non fugato al più presto, mediante l’applicazione della legge del sospetto, sarebbe comunque stato radiato.
Azione che, seppur non lo dava a vedere, lo divertiva.
L’operazione aveva si ridotto l’amministrazione all’osso, ma era altamente improbabile che al suo interno ci fosse qualche traditore doppiogiochista, considerando poi la scarsa attività degli shinobi la carenza di organico non si faceva troppo sentire, e visto che quel posto brulicava di burocrati gran parte delle scartoffie potevano passare attraverso di loro mentre lui doveva occuparsi delle poche che riuscivano a passare attraverso quel fitto filtro anti scocciature.
Fu proprio nel momento in cui contava i nodi della radica della sua preziosa scrivania, ipnotizzato dalle volute create dalle venature del legno, che un corvo gli bussò ai vetri dell’ufficio.
Ticchettio che in un primo momento lo infastidì, per via della mole di compiti che avrebbe potuto portargli, ma che dopo un po’ di insistenza gli ricordò anche la carica che adesso ricopriva. Pensiero che lo portò a raccogliere le forze abbondantemente risparmiate per recarsi alla finestra e spalancarla.
Oh, Sojobo!
Esclamò senza mascherare il suo stupore per la trasformazione appena vista.
Non sapevo ne fossi in grado, ma lascia pure da parte i titoli, chiamami pure Raizen fino a che saremmo soli, non amo eccessivamente i titoli quando non occorrono.
Gli indicò una sedia per farlo accomodare.
Dimmi, cosa ti porta qui?
Parla pure tranquillamente, nessuno ti sentirà da dietro queste mura, e seppure lo farà reputa quell’informazione seppellita insieme al suo portatore, l’amministrazione di Konoha è pulita.
Affermò con un certo orgoglio.
Si sedette, prestando orecchio alle parole del tengu mentre teneva le mani unite per i polpastrelli davanti al volto, concentrato.
Salvo ridacchiare sul terminare del discorso.
Lo dicevo io che era un inutile spreco di tempo correre dietro a quella mezza tacca, anche se onestamente non credevo che sarebbe bastato aspettare per fargli tirare le cuoia.
Sarò anche stronzo, ma vieni a dirmi che non avevo ragione.
Sospirò pesantemente, imitando il tengu.
Ma passando a cose serie, come mai vuole giustiziarlo? Non mi sembra da lui, soprattutto non con un individuo simile.
Capisco la gattabuia, ma giustiziarlo mi sembra un po’ troppo, che è successo tra i due?
Non dirmi che Itai l’ha preso a sberle perché non ce lo vedo a rovinarsi la manicure che gli fa la moglie!
Insomma, dimmi qualcosa di più!
Ironizzò prima di passare la parola a Sojobo.. -
.
Deception
Sojobo non sapeva bene cosa dire. Ricordava Seinji già svenuto e le parole di Itai che sembravano nascondere ben altro. Il Tengu poteva comprendere facilmente il perché Itai non gli avesse detto tutto: sicurezza. Se aveva in mente un piano che riguardava Seinji Akuma e voleva che rimanesse segreto affidarlo a chiunque altri fosse al di fuori della sua testa poteva essere un rischio senza le dovute precauzioni.
Itai era strano. Seinji era svenuto, ma il suo corpo non recava segni di lotta, non mi è stato detto altro rispetto ciò che ti ho detto. Disse il Tengu, dunque incrociò le braccia, battendo l'indice destro sul braccio sinistro alcune volte prima di riprendere a parlare.
Posso sospettare che Itai non mi abbia detto nulla per sicurezza. Su una cosa hai ragione, non è il suo stile. Non so dire se da Mizukage potrebbe aver cambiato idea, ma la condanna a morte è così definitiva che la mal sopporta.
Ripenso a Yukari ed a quanto gli aveva detto Itai dopo quella storia. Nonostante tutte le malefatte di quell'individuo - che aveva distrutto il villaggio usando Yogan ed aveva agito come mezzo per i piani di Jigoku - Itai aveva preferito perdonarlo e dargli una seconda possibilità, sperando di cavarci qualcosa di buono piuttosto che porre una fine violenta e definitiva alla sua vita ed ai futuri problemi che avrebbe potuto causare.
Il suo comportamento era rischioso e poteva creare molti problemi, ma se dava i frutti che sperava poteva premiare con un guadagno insperato. Era difficile che Itai non volesse applicare la stessa logica a Seinji Akuma.
Se avesse voluto mandarti un semplice avviso avrebbe usato una lettera, invece ha usato me. Mi ha dato poche informazioni per evitare qualsiasi rischio. Per quanto ti piaccia considerarmi come "Re Postino" fece un grugnito, ancora ferito per quell'appellativo Ho la fiducia di Itai in qualsiasi cosa e se prendessi decisioni di mia iniziativa lui capirebbe. Non so cosa Itai voglia fare di Seinji Akuma, ma è possibile che voglia parlarne con te prima di farlo... Oppure, intende davvero impiccarlo al che mi verrebbe da chiederti di fermarlo. Se Itai stava lasciando che l'odio per Seinji Akuma offuscasse il suo giudizio questo poteva essere un grosso rischio da correre per lui, che aveva promesso a Chomei di non incanalare più rabbia immotivata, scaricandola addosso al Demone.
Se Itai si lasciasse guidare dall'odio ancora una volta, le conseguenze non sarebbero piacevoli. Eppure, non ho avvertito nulla di tutto ciò, solo... riflessione. Itai trama qualcosa, Raizen-san e sta cercando di farlo più in segreto possibile. Con o senza te andrà avanti. Se non ti avesse voluto tra i piedi, io non sarei qui. Concluse il Tengu, sicuro di quanto aveva appena dedotto.. -
.
Partenza
Raizen ascoltò nuovamente il tengu senza fiatare, strizzando le labbra quando questo concluse il discorso.
Insomma, abbiamo più o meno le stesse informazioni, si sa solo che al Nara scolorito serve il Fuoco della sua patria d’origine, anche se non sono la persona più indicata per calmare il prossimo.
Sorrise, senza alcuna malizia, essere Hokage dopotutto non gli dispiaceva, stare al vertice, per un motivo o per l ‘altro risultava sempre gradevole.
Resta solo da chiedersi cosa mai sia successo a quell’altra mezza tacca, onestamente lo reputo un affare da poco, nel senso, è morto un povero idiota, non capisco perché tanta agitazione.
E neanche era un pezzo grosso, era proprio il primo stronzetto.
Sospirò mentre si alzava, recandosi svogliatamente ad un armadietto.
Perché negarglielo a questo punto?
Ma direi che per cortesia diplomatica farmi una visitina a Kiri non sia chissà quale fatica.
Guardò varie volte la finestra ed il tengu, e prima di prendere nuovamente parola sbuffò, palesando nuovamente la sua svogliatezza.
Devo davvero evocare uno dei miei o puoi darmi uno strappo te?
Ah, ed è un sacco di tempo che non mangio del buon pesce, se i kiriani gradiscono mettermi da parte un po’ del loro pescato non sgradirei affatto banchettare con del buon pesce.
Quale che fosse la risposta, una volta ottenuta si sarebbe avvicinato alla finestra e dopo aver guardato al di fuori avrebbe fatto suo prima il cornicione e poi il tetto, aveva lasciato un biglietto sulla scrivania definendo il suo allontanamento come “necessario per l’equilibrio diplomatico dell’accademia” una verità lievemente gonfiata, ma nessuno l’avrebbe saputo.
Allora, direzione?
Chiese mentre guardava l’orizzonte di fronte a se.. -
.
Deception
Sojobo non riuscì a trattenere una risata alla richiesta dell'Hokage. Se c'è una cosa che non c'è bisogno di essere messa da parte a Kiri, è il pesce, Raizen. Ne avevano fin troppo.
Il Tengu annuì alla richiesta dell'Hokage e dopo essere saltato fuori si trasformò in un enorme corvo, ben più grande rispetto a prima: lungo almeno tre metri, con un'apertura alare di quattro, era abbastanza grande da ospitare persino l'Hokage (che era un uomo fin troppo grosso). Il tengu dunque spiccò il volo, schizzando via a massima velocità verso Kiri.. -
.
Convocata
Erano circa le due del pomeriggio, e Oboro si trovava in una delle serre di coltivazione del suo clan, dove gli Aburame tengono parte degli insetti appena nati per studiarli, nutrirli, e in parte addestrarli. Era seduta ad un banchino, circondata da contenitori di vetro contenenti insetti di vario tipo, una matita su un orecchio e un'altra tra le dita. Catalogava abitudini delle piccole creature, dimensioni, alimentazione, e la loro risposta agli stimoli del chakra. Ne teneva uno alla volta su una contenitore metallico davanti a sè, faceva affluire il chakra alla punta dell'indice e cronometrava entro quanto tempo l'insetto fiutava la sua energia e correva verso di essa. Aveva fatto questo tipo di esperimenti sin da piccola, di nascosto ai genitori, con la scusa di studiare per il clan, e in questo modo aveva potuto creare un suo legame con gli insetti, anche se non le era stato permesso di avere una colonia propria, per non trovarsi a partire da zero quando il giorno fosse stato propizio.
Quel giorno però ci fu un leggero imprevisto, sentì distintamente un suono come di passi fuori dalla tenda di coltura, come se qualcuno fosse arrivato saltando o teleportandosi; infatti, poco dopo, un ambu fece il suo ingresso nella tenda, scusandosi per l'intromissione con un inchino. Estrasse un rotolo dalle vesti, lo posò per terra, si inchinò di nuovo e scomparve in una nuvoletta di foglie. Oboro non riconobbe il ninja a causa della maschera, ma non ne fu turbata, non era la prima volta che veniva contattata in questo modo; i membri del suo clan sono sempre tenuti in maniera discreta dal villaggio, e trattati professionalmente, per questo tra gli Aburame e Konoha, c'era un saldo legame di rispetto.
Si alzò dalla sedia e recuperò il rotolo, era nero e verde e aveva il simbolo della foglia, ma era sigillato. Lo poggiò sul tavolo facendosi posto dai libri e dai contenitori, e posizionò le mani per utilizzare la tecnica del rilascio.
Eseguita, il legaccio del rotolo scomparve in un leggero scoppietto, e il rotolo divenne apribile.
Una volta srotolato, Oboro fu in grado di leggere le seguenti parole:CITAZIONEAll'attenzione di Aburame Oboro, Chunin scolara del clan Aburame,
Gentile Oboro, nella data di oggi alle ore 14.30 richiedo formalmente la tua presenza al palazzo dell'amministrazione per un colloquio informativo personalmente con me, l'aiuto del clan Aburame è da sempre prezioso.
Firmato, Raizen Ikigami, decimo Hokage del Villaggio della Foglia
Una convocazione dal Kage stesso, doveva essere successo qualcosa, o forse c'era un lavoro da svolgere in fretta, Oboro non si pose troppe domande, non essendo ancora stata accettata come Aburame in piena regola per essere utilizzata sul campo, aveva studiato molto l'entomologia e spesso veniva invitata a informare l'intelligence della foglia riguardo indagini, oppure inviata in infiltrazione, tutte cose che richiedevano convocazioni sul momento, anche se era da almeno un anno che l'Hokage non la convocava personalmente. Si sarebbe recata subito al capovillaggio, infilandosi il mantello del Clan.. -
.
L'invisibile insospettabile
L’Hokage, tale Raizen Ikigami, individuo a cui piaceva sempre maggiormente il suo ruolo, aveva rovistato più di una volta tra le svariate schede dei ninja presenti nel villaggio alla ricerca di una figura in grado di colmare il vuoto che al momento rendeva le sue fila sguarnite di una figura importante: l’invisibile.
Paradossalmente nel mondo dei ninja non era semplice essere un signor nessuno, tutti progredendo nella carriera, avevano sempre l’opportunità di brillare, di farsi notare, di guadagnarsi uno spicchio di popolarità.
Tutti erano inevitabilmente visibili.
E chi non lo era generalmente era un totale incapace o un novellino con i denti da latte.
Tutti tranne uno.
La scheda che aveva faticosamente riesumato dal fondo di chissà quale scaffale brillava ora dinnanzi a lui come un tesoro proibito ma che probabilmente chiunque avrebbe guardato con sufficienza: trovare un chunin invisibile non era cosa da tutti i giorni.
Arrivò nel suo ufficio con qualche minuto di ritardo, quel tanto che bastava a non domandarsi il perché di tale imprecisione o a quantificare la sua precisione.
La accolse nel suo ufficio cordialmente.
Prego entra, accomodati pure.
Leggevo qualche rapporto su di te.
Dimmi, dico il vero se affermo che da essi mi sfugge qualcosa, o posso ritrovare tutto di te tra quelle pagine?
Aspettò risposta prima di interromperla con una faccia sorpresa.
Perdonami, non mi sono presentato: sono Raizen Ikigami.
Abbastanza informale, ma era nel suo carattere dopotutto, e Oboro a cosa era abituata?
Come avrebbe reagito la Kunoichi invisibile a quegli stimoli?
Quella dell’Hokage non era una vera e propria prova, piuttosto un warm up per comprendere quanto invisibile potesse essere la ragazza, doveva constatare se quella percepita tra le scartoffie era una vera dote naturale oppure una mera casualità.
Avrebbe spiegato in seguito alla ragazza il reale motivo di quella convocazione, ora doveva solamente osservare. Anche se non con gli occhi, da buona Aburame aveva una di quelle casacche sexy che farebbero ammosciare persino una barra in diamante..