In cerca del Viola

Al solito, abbassò lo sguardo scappando da quello della sensei, che in quel momento le sembrava tanto arrabbiata da minacciare chissà quale punizione da un momento all'altro. Adesso che le aveva assicurato che non l'avrebbe rimandata indietro, più di ogni altra cosa Deidara temeva per la sua libertà d'azione, e con la bravata della permanente a quel Coso quando mai Shaina si sarebbe fidata a lasciarle prendere qualche iniziativa??
Rossa in viso come se le guance dovessero andare in fiamme da un momento all'altro iniziò a giocherellare con l'abitino bianco perla di Celia e non schiodò lo sguardo dalla punta dei piedi.
Un cambio di argomento. Aveva disperatamente bisogno di un cambio di argomento.

« Non l'ho fatto apposta, sensei... »
Disse piano piano, in un sussurro appena udibile, dandosi della stupida subito dopo perché quella era proprio una risposta del cavolo. Sì che l'aveva fatto apposta di provare a fare la permanente al Coso, cioè mica si era sostituita a Celia indossando la sua roba ed era inciampata nella camera di quel cretino tentando involontariamente di cavargli i capelli di dosso! Cioè, quello che voleva dire in realtà era che non l'aveva fatto apposta a farla preoccupare, ecco. Cioè, fare la permanente al Coso era parte dei suoi intenti, far preoccupare sensei no di certo. Di fatto, era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare quella sera... forse.
Meglio tornare a giocherellare con le pieghe di quel vestitino bianco perché in quel frangente "pensare" è decisamente più deleterio che mai.

Cioè, praticamente c'è da levare di mezzo i gattacci guardiani?
Ma andare là e riempirli di mazzate richiede così tante discussioni?
Iniziava ad innervosirsi. Non capiva dove fosse il il problema: bastava andare là e pestarli tutti, no??
Possibile che solo lei vedesse quella questione come estremamente semplice??

Aggirare?? E perché??
Uffa, che noia!! Ma perché non è possibile levare semplicemente di mezzo quelle bestiacce ed entrare??



« Umana, ma siete talmente deboli che non riuscite nemmeno a farvi valere su di un paio di gattini...? »
La voce noncurante, impietosa e quasi apatica di Celia aveva un volume abbastanza alto da essere udito da tutti.
Pure il pugno che Deidara le tirò sulla nuca.
« Taci!! »
Le intimò la Danzatrice, pure lei a voce un po' troppo alta.
« Magari quelli là due sì, ma io e la sensei no, capito?!! E poi... »
Stava per scoppiare una furibonda discussione che avrebbe richiesto l'ennesimo intervento pacificatore di Shaina per essere sedata, ma Deidara all'improvviso si bloccò e, dopo una pausa di silenzio in cui dette la netta impressione di essersi improvvisamente ricordata qualcosa di importante su cui ponderare, si rivolse alla sensei con voce quieta-quieta come se il battibecco fra lei e Celia non fosse mai scoppiato.



« Ora che ci penso... »
Disse grattandosi l'angolo della bocca.
« ... Beh, non è che ho capito bene, però io e questa quà possiamo anche superare quelle bestiacce senza farci vedere, volendo. Non serve neanche tanto chakra per farlo, credo. »
Si rendeva conto da sola che non sembrava esattamente il piano più geniale della storia, dunque dopo aver fatto vagare gli occhi azzurri un po' a destra e un po' a sinistra, aggiunse un po' titubante.
« ... Beh, ecco, cioè, noi... siamo brave... Davvero... ok, ok, non parlo più. »

Abbassò il capo, fece un sospirone e aspettò che la sensei le dicesse che cosa fare.

La cosa fastidiosa era che il tipo con cui erano finiti, tale Kujaku, le stava terribilmente antipatico e le faceva venire una gran voglia di giocherellare con l'elsa delle spade con un desiderio crescente di snudarle. La cosa positiva era che il Coso e quell'altro tizio erano altrove, su altre evocazioni, a distanza di sicurezza dalla sensei. In ogni caso, la cosa non le andava bene per niente, ma per qualche motivo nessuno sembrava stupirsene più di tanto, e tantomeno curarsene. In effetti, nessuno la stava calcolando più di tanto, situazione a cui di solito reagiva con colpi di testa a caso mitigati -almeno per il momento- dalla presenza di Shaina. In definitiva, era certa che in mancanza di qualcosa con cui tenersi occupata per svuotare la mente da pensieri foschi, da un momento all'altro avrebbe fatto qualcosa di molto, molto stupido.
Tipo ammazzare qualcuno.

Celia non la stava aiutando a rimanere calma.
Aveva assunto la forma di un piccolo uccellino dal piumaggio grigio spento, talmente minuto che poteva benissimo accoccolarsi nel palmo della mano di Shaina, e cinguettava felice spandendo nell'aria una chiara melodia identica a quella che si può ascoltare camminando per i boschi in primavera. Salvo per le piccole cicatrici che punteggiavano il suo corpicino, pareva in tutto e per tutto un normalissimo volatile come ce ne sono tanti a popolare i boschi; appollaiato sulla spalla della giovane Danzatrice di Suna sembrava essere l'unico passeggero là in mezzo a godersi il viaggio del tutto indolente al fatto che si trovavano nel bel mezzo di una missione potenzialmente mortale. In effetti, Celia non dava l'idea di essere realmente cosciente di ciò che succedeva attorno a lei. L'Averla aveva preso con un divertimento infantile l'idea di "andare a caccia" e dentro di se il suo unico pensiero andava alla collezione di trofei che avrebbe potuto portare al suo albero. Di missioni, scopi, ostaggi, ordini o gerarchie non avrebbe potuto importarle meno, ed ostentava questa sua mentalità quasi da bambina come se nulla fosse, come se non ci fosse niente di male. Deidara se ne rendeva conto, e la cosa le dava fastidio. In un certo qual modo la biondina condivideva alcuni aspetti della psicologia dell'Averla, ma era vincolata al legame che aveva con la sua maestra e costretta a seguire gli intenti e gli scopi della missione, cercare e liberare l'ostaggio amica-di-oto anche se non le piaceva per niente, ma sopratutto sottostare agli ordini ed alla gerarchia sebbene ciò significasse fare cose che non voleva fare e scoprirsi controvoglia l'ultimissima ruota del carro, quella al di sotto di tutto e tutti.
Praticamente la novellina del gruppo.
Tanto per cambiare...

"Oh, sì!"
Schiuse le labbra in un ghigno feroce e impaziente, mettendo finalmente mano alle spade e snudandole di scatto. Quel gesto le venne automatico, istantaneo. Quasi si stupì di avere le lame prive di guaina fra le mani. Sembrava quasi che le letali wakizashi cerimoniali bramassero la libertà quasi quanto lei.

« Sensei, gli altri stiano pure a guardare. Io finirò tutto in quattro secondi. »
Poi si voltò verso il tizio, proprietario dell'evocazione su cui stavano volando in quel frangente.
« Ehi, tu! Vedi di far avvicinare di più questa bestiaccia! »
Era cosciente del fatto che il tono non era dei più rispettosi, e che stava soprassedendo sui gradi.
Pensandoci meglio, probabilmente questo alla sensei non sarebbe piaciuto affatto.

... Non gliene fregava. Almeno in quel frangente.
Si levò in piedi, sollevando le spade.



« Più vicino. Più veloce. »
Attese l'attimo ideale, miracolosamente in equilibrio nonostante la situazione precaria come solo una kunoichi del livello di una Danzatrice può fare.
Infine, si lanciò nel vuoto.

Celia aprì le piccole ali e si librò nell'aria, prima di sparire in una nube di fumo bianco da cui riemerse con le sue consuete sembianze umane. Deidara la precedette in picchiata, puntando a piombare proprio nel bel mezzo dei due grandi felini. Un istante prima dell'impatto ruotò le spade con la punta rivolta verso il basso e disegnò una violenta mezzaluna con entrambe. Come se fossero pugnali e non spade corte, avrebbero impattato sul collo di ambedue le belve, scaricando direttamente sulla loro spina dorsale tutto il suo peso amplificato dalla caduta, presumibilmente frantumando le vertebre e riducendo all'impotenza quelle creature. Ancora sospesa in aria, Deidara allargò le braccia e fletté le ginocchia, assorbendo così l'impatto ed al contempo concatenando un fendente diretto agli occhi e finalizzato all'accecare, concatenato al colpo di apertura. Muovendosi come se non si fosse appena gettata da cinque metri di altezza, ritrasse le spade e piroettò su se stessa, disegnando una coppia di circonferenze eleganti, in una pioggia di colpi a velocità crescente contro le due creature, tutti rivolti alla gola, puntando proprio alla trachea e all'arteria principale. Tutti colpi sufficienti ad ammazzare due o tre volte un normale essere umano: decapitandolo, condannandolo al dissanguamento o a morire soffocato per mancanza d'aria. Concluse la rendan balzando di nuovo, incrociando le spade e poi colpendo prima all'una, poi all'altra bestia, mirando in ambo i casi a staccarle la testa dal collo con un colpo doppio. Fu più o meno allora che anche Celia piombò nella mischia portando il suo apporto, stringendo il fioretto con la punta rivolta verso il basso in modo da conficcarlo nel cranio di una creatura, per poi voltarsi ed effettuare un affondo verso la seconda evocazione in modo da trafiggerne il cranio da sotto il palato fino a incastrare la punta direttamente nelle parti molli del cervello, uccidendola sul colpo.

Il tutto in quattro secondi netti, come promesso. In tale lasso di tempo, Deidara e Celia avevano portato insieme un totale di dieci colpi, ripartiti equamente fra i due felini...

« Ci vuole ancora molto...? »
L'idea di dover camminare in un posto così stretto era irritante quasi quanto la vocetta melodica di Celia che riproponeva l'ennesima variante alla domanda "quando arriviamo??". Domanda che, fra parentesi, risuonava con insistenza anche nella testolina bionda di Deidara. C'era poco spazio per muoversi in quel posto, e se un avversario fosse piombato in mezzo alla fila lei non avrebbe avuto molta aria per schivare, il che le provocava un certo nervosismo e la faceva sentire come in procinto di finire in trappola. Non era tutto, c'era tutta una serie di elementi in quella situazione che le provocavano un netto abbassamento del suo grado di tolleranza: aveva ancora fra i piedi i due idioti (ma quanto ci mettono a crepare??), gli indigeni del posto non avevano ancora tirato le cuoia (e quanto avrebbe voluto facilitare loro il trapasso!) e non c'erano nemici decenti nemmeno a pagare! Già. Ecco. Esatto. Alla fine della fiera, il problema era tutto lì: nemici!! Voleva qualcuno da ammazzare per sfogarsi. Qualcuno che non sia una bestia senza cervello.
« Secondo voi ci vuole ancora molto tempo...? »
Celia fremeva, impaziente. Ed il ciclico martellare della sua voce non era di aiuto ai nervi di Deidara. E tutte e due erano stufe allo stesso modo, proprio come se fossero davvero delle gemelline separate alla nascita che condividono i loro pensieri neanche fossero telepatiche. Noia e tensione sono una brutte bestie, uniscile e portale all'esasperazione, poi scaldale nel pentolone ribollente della mente scheggiata di una Danzatrice con la pazienza di un puma affamato ed ottieni la Deidara che in quel momento camminava attaccata come al suo solito alla gonna della sua sensei -l'unico motivo per cui era rimasta relativamente calma.

Si bloccarono. Tutti quanti. Deidara quasi sbatté addosso alla schiena di Shaina sussultando nel rendersi conto di quanto era andata vicina dal rovinarle addosso, soltanto per poi sbatterci effettivamente quando Celia praticamente la travolse, ottenendo un involontario buffetto alle spalle esili dell'Amministratrice di Suna. Sfoderò le spade e represse un ringhio di frustrazione, come un animale in gabbia che crede di intravedere uno scampolo di libertà ma rimane deluso da un patetico nulla di fatto. Spade alla mano si guardò attorno freneticamente, ma non c'era niente. Non stava succedendo niente.
Nulla. Non c'è niente. La sensei dice che c'è qualcosa, ma non vedo alcunché. La sensei si sbaglia. Falso allarme...?

« Mi sono rotta. »
Contrasse le labbra e fece roteare la spada nella destra, pronta a rinfoderarla. Era trascorso poco più di un istante da quando Shaina aveva mandato un prudente allerta. A Deidara era sembrato un'eternità di nulla. Era già pronta ad abbassare di nuovo la guardia con noncuranza, quando accadde.

Saltò per riflesso, puro e semplice istinto. Fletté i muscoli e balzò perché così gridò quella parte della sua mente che serviva a rimanere vivi durante i combattimenti mortali. Nessun raziocinio, nessuna premeditazione: in casi come quelli, se pensi muori. Se agisci, vivi... forse.
Saltò, e fu rapida. Con sua sorpresa, i costrutti di terra lo furono di più.
Rinsaldò la presa sulle armi e fendette l'aria: una, due, tre volte, ogni volta che la terra compatta si avvicinava e si chiudeva seguendola nell'apice del salto, le wakizashi le falcidiavano respingendole più in basso, finché non arrivò allo zenit della sua traiettoria ascendente e ricadde in basso, sempre inseguita dalla ninjutsu. Con due spirali precise e mortali disegnò archi nell'aria che fendettero gli arti di terra. Quando con eleganza toccò di nuovo il suolo, alle sue spalle c'erano solamente pietre in disfacimento tranciate di netto in frammenti delle dimensioni più svariate.



« Un nemico!!! Finalmente!!! »
Il suo cuore ebbe un tuffo, la sua espressione si illuminò in un sorriso feroce come quello di un'animale finalmente libero dalle sbarre dopo eoni di cattività, e la sua voce si dipinse di tutte le tonalità luminose della gioia -comprese quelle più nere, quelle che ti rammentano che ci sono persone a questo mondo che traggono felicità da cose che le persone sane di mente rifuggono e giudicano disumane.
« E' mio!!! Il primo che osa mettergli le mani addosso giuro che lo riduco a carne macellata!!! »
Si voltò nel punto da cui provenivano le mani, scostò Celia in malomodo, cercò di superare Shaina e allungò una mano per levare di mezzo anche la sagoma corpulenta dello straniero in testa al gruppo, in modo da farsi largo ed avere via libera per scagliarsi in avanti, in caccia. Che i nemici potessero essere più di uno, che potessero essere più forti di lei o anche solo che potessero fermarla non le passò neanche per la testa, come non passarono per la mente di Celia che tutta contenta si piazzò sulla scia di Deidara felice di poter trovare materiale nuovo grondante sangue per decorare i rovi appuntiti del suo albero.