In cerca del Viola

Il buon gusto ed un minimo di senso di pudore suggerisce una censura diretta di qualsiasi scena possa precedere il poderoso, roboante, ferocissimo schiaffone che il buon Ledah ebbe modo di guadagnarsi come ricompensa per l'eccellente lavoro di cura praticato. Invero, la piccola Deidara fu forse fin troppo generosa nel reagire in tal modo, ma nel senso che avrebbe potuto (dovuto?) usare le spade nell'istante esatto in cui l'otese aveva avvicinato le sue dita adunche e scarne da cornacchia del malaugurio ai preziosi bottoni della sua casacca, che per via di un inviolabile incantesimo mai avrebbero dovuto aprirsi in luogo pubblico. In una mente delicata di fanciulla, le magie che tenevano quei bottoni bene assicurati ai lembi di stoffa della camicetta, simili ai lucchetti di uno scrigno dorato, mai avrebbero dovuto infrangersi, se non con l'avvento di un avvenente principe azzurro (alto, bello e affascinante, magari... ricco, se possibile, Deidara è una ragazza esigente); il suo spezzarsi così prematuro e per opera di quello che appariva agli occhi della principessa di questa fiaba avariata come l'equivalente di un attaccapanni amorfo dai dubbi gusti, le provocò un trauma se possibile ancora maggiore di quello che le aveva inflitto Febh qualche tempo prima, nel corso di violente torture fisiche e psicologiche. In questo senso Ledah era stato molto bravo: in trenta secondi aveva superato di molto il danno inflitto dal collega otese in ore e ore di lavoro di fino, praticamente un record. E buon per lui che Shaina ebbe il buon senso di ordinare seccamente all'allieva di non opporre resistenza alle cure e riuscì in qualche modo a tenere a bada una Celia decisamente non paga di sangue, e che non esitò nemmeno a puntare il fioretto addosso a Shaina.

« STAI ALLA LARGA DALLA SENSEI!!! »
La piccola averla era ferita quasi quanto la sua evocatrice, il braccio destro spezzato che giaceva inerte lungo il corpo bianco. Non per questo perdeva la sua ferocia naturale, e per un lungo istante nemmeno la voce furiosa di Deidara sembrò sufficiente a distoglierla dai suoi intenti di "salvare" Deidara da quella che sembrava a tutti gli effetti un'aggressione, anche a costo di passare sopra il corpo di una (presunta) alleata. I meccanismi arcani dall'aspetto così vicino a strumenti di tortura che si insinuavano sotto la cute della ragazzina non erano sembrati agli occhi dell'averla tanto diversi da coltelli che lacerano il corpo e martoriano le carni.
Celia rimase immobile per un po' anche dopo il richiamo accorato, gli occhi grigi, freddi e inumani che sostenevano lo sguardo nero ed oro di Shaina senza timore, indecisa se attaccare o sottostare a quell'ordine cui non sentiva di dovere obbedienza cieca, titubante non perché timorosa di un eventuale confronto che a chiunque altro sarebbe sembrato impari e del tutto insensato, ma solo ed esclusivamente perché aveva visto Deidara riprendersi e colpire il suo assalitore.
Alla fine rilassò i muscoli, abbassò la spada nell'istante in cui Deidara si rialzava e claudicando si frapponeva fra la maestra e l'averla.

« Scema!!! Non devi attaccare gli alleati!!! »
Celia inclinò la testolina, gli occhi vuoti.
« Alleati...? »
L'esempio di Deidara non era molto istruttivo, a dire il vero.
La situazione di tensione tornò a scemare, e con Deidara che a tempo di record era tornata in condizioni di agire ed il resto del gruppo uscito illeso dal secondo confronto diretto con il nemico, si pose il problema sollevato da due shinobi alleati, Krom e Sunami, circa il come proseguire e la selezione dei bersagli. Deidara non ci fece caso, poiché prendere decisioni non rientrava assolutamente nei suoi compiti ed il suo parere su simili quesiti non era né richiesto né indispensabile, quindi si preoccupò piuttosto di ciò che veramente le interessava, cioè la salute del piccolo mostro che si portava appresso, la quale aveva appena decapitato una kunoichi di elevato grado.

« Ce la fai a usare la spada? »
Le lanciò una pralina, un tonico che se anche non poteva curarle il braccio poteva aiutare almeno a continuare a combattere.
Farla curare da Ledah era fuori discussione: con lei non sarebbe bastato un semplice ordine per impedirle di provare a staccare la testa all'otese.
« Prendila! Devi inghiottire questa, ti farà bene. »
Puntò un dito nella bocca aperta per rendere esplicito ciò che doveva fare con il tonico, mentre gli altri discutevano.
Celia guardò il medicinale con disinteresse, poi si voltò e lo gettò via come se niente fosse, dedicandosi al suo ultimo trofeo di caccia.
« Ehi!!! »
In quel momento Celia, con la mancina, fece roteare con maestria la lama del fioretto rivolgendola verso il basso, per poi infilzare il cranio mozzato del nemico sconfitto sorridendo debolmente, l'espressione tetra dipinta in viso, gli occhi sempre del tutto eloquenti nel loro essere completamente muti e privi di luce. Giocò per qualche attimo col cadavere della kunoichi martoriandone il volto con la lama, finché Deidara non le fu addosso e la spintonò distraendola dal suo divertimento, e le due si azzuffarono sia verbalmente che a suon di piccole spinte e deboli manate, finché l'una letteralmente costrinse l'altra a inghiottire il tonico. Seguì anche per la bionda Danzatrice un'assunzione di un tonico di recupero per ripristinare una parte del chakra perduto durante lo scontro, ed infine le due folli gemelline tornarono efficienti e ansiose di battersi di nuovo, sempre ammesso che Shaina non decidesse di usare il guinzaglio...

« Siamo pronte! »
Si affiancarono a Shaina, del tutto ignare di cosa era stato deciso. Il dolore al costato c'era ancora, segno che l'otese come medico valeva quanto un soldo bucato. Però almeno le costole erano a posto e poteva perfino stringere le dita sulla spada, anche se con meno forza del previsto. Di lì a poco la nausea per l'assunzione continua di tonici si sarebbe attenuata, così avrebbe potuto inghiottire un altro tonico di ripristino e ridurre ulteriormente i danni.

« Posso prendere la testa del prossimo? »
Deidara volse lo sguardo sul cadavere martoriato di Pentasilea.
« E quella? »
Celia seguì gli occhi della gemella, come se notasse il cadavere per la prima volta.
« E' rotta. Non mi va. »
L'altra fece spallucce.
« Fa come ti pare. Però il prossimo lo ammazzo io. »