The Dream's Illness[Free GdR]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Akashi
        Like  
     
    .

    User deleted



    Un Goccetto?



    Oltrepassate le mura non fu difficile individuare Itai: lo vidi da lontano "giocare" con un tengu. Quella figura non mi era del tutto nuova, forse Itai l'aveva evocato mentre mi allontanavo con la Umibozu durante lo scontro col Demone e quindi lo avevo visto di sfuggito. O forse era che a me i tengu sembravano tutti uguali.


    Ciò che era certo era che lui si ricordava di me, e questo avvalorava la mia prima ipotesi, tanto è vero che dopo il saluto rivoltomi da Itai, prese la parola offrendomi del Sakè. Quando Itai prontamente rispose che non gradivo, preso la parola: Chi ti ha detto che non gradisco, Itai-Sama? Certo che gradisco! Risposi con aria scherzosa lasciandomi sfuggire un sorriso, poi continuai rivolgendomi al Tengu: Scherzi a parte, accetterei volentieri il suo Sakè, se non fossi di recente uscito dall'ospedale. Magari sarà per un'altra volta, la ringrazio Sorrisi al tengu di cui non conoscevo nemmeno il nome. Pensai che sarebbe stato scortese chiederglielo dal momento in cui lui mi conosceva: probabilmente si trattava di una creatura di cui avrei dovuto sapere qualcosa, almeno per sentito dire, e per questo preferii restare in silenzio per non apparire ignorante.


    Le parole che seguirono a quel breve intermezzo minarono la mia tranquillità: Itai mi disse che non mi chiedeva come stessi per il semplice fatto che di li a poco non sarei stato bene. Ottimo modo per cominciare l'allenamento che doveva mettere le pezze ad un sigillo atipico. Non dissi nulla, mi limitai ad ascoltare. Mi disse ciò che già mi aveva detto, che con lui nei paraggi non c'erano problemi, ma se in ospedale gli avevo creduto fermamente, vuoi perchè ero sotto effetti di farmaci, vuoi per la felicità dell'essere diventato speciale, adesso la mia fiducia vacillava. Come si può biasimare un comportamento del genere se qualcuno ti ha appena detto che di li a poco le cose si sarebbero messe male?


    Poco male, volente o nolente dovevo seguire i consigli di Itai, era l'unico che aveva più o meno chiare come le cose andavano svolte e per di più se non lo facevo rischiavo di morire portandomi mezza Kiri con me. Per questo motivo, non appena Itai mi disse di "fare qualcosa", io lo feci. Inizialmente mi limitai ad usare l'Onda Acquatica mirando nel vuoto a me circostante. Quando l'acqua che avevo rigurgitato si disperse cadendo al suolo, attesi che qualcosa successe.


    Non mi sentii per niente strano. Provai a guardarmi il sigillo sollevandomi la maglietta, ma pareva tutto normale. Non colsi alcun segnale di una incipiente crisi, e per questo guardando Itai feci spallucce.


    Attesi ancora qualche istante prima di usare una nuova tecnica. Scelsi di utilizzare il Muro d'Acqua, una tecnica di più alto livello, che richiedeva più chakra. Sarebbe stato sufficiente a stuzzicare il mio sigillo?


    Quando l'acqua disposta a cerchio attorno a me cadde sotto l'effetto della gravità, non avvertii ancora nessun cambiamento. Così, voltandomi verso Itai gli dissi: Itai? Sei sicuro che funzioni così? Non credi che forse sia necessario stimolare le mie emozioni, piuttosto che il mio Taitan? Credi che qualcosa tipo...darmi uno schiaffo, potrebbe funzionare? Ci fu un breve momento in cui non dissi nulla, poi ripresi a parlare: O forse, Itai, credi che dissanguarti possa aiutarmi col mio piccolo problemino?


    Ovviamente, non ero più io al comando. Come un forsennato mi lanciai verso quello che in quel momento vidi come "qualcosa da uccidere". Non ho ricordi di quei frangenti, ma credo di aver tentato di lacerare a morsi la giugulare del mio mentore.


    Mi risvegliai non molto tempo dopo all'ombra di un'albero, frastornato, con una spada poggiata sulle gambe. Poco più in la il tengu tracannava sakè dalla sua fiasca, mentre Itai mi guardava. Avevo dolori alla testa, al petto, alle braccia alle...bhè, forse farei prima ad indicare le parti del corpo che NON doloravano. Era evidente che avevo perso il controllo ed Itai doveva avermi tramortito per fermarmi.


    Ci volle un po' prima che mi riprendessi del tutto, ma quando lo feci, Itai mi spiegò cosa poteva succedermi. Il riassunto di quel che mi disse? Non potevo usare molto chakra, o il demone decideva di andarsene un po' a spasso. Col mio corpo.


    Itai nutriva la speranza che si trattasse di un difetto al quale si poteva porre rimedio, mentre io, dal canto mio, pensai che se la correzione "consisteva" nel martoriarmi, ne sarei uscito tetraplegico. Benchè non parlai delle mie preoccupazioni, suppongo che il mio modo di pormi nei confronti di Itai da quel momento le avrebbe certamente tradite.


    Tentammo ancora ed ancora di forzare il demone all'interno della sua gabbia a dispetto del mio consumo di chakra. Non mi riusciva. Non mi riusciva affatto, e finivo col tentare, fortunatamente invano, di uccidere Itai. Ogni volta che mi risvegliavo e realizzavo di aver fallito ancora, finivo per innervosirvi facilitando la fuoriuscita del demone. Instaurai un circolo vizioso in base al quale finivo col concedere il passo al demone impiegando quantità di chakra sempre minori.


    Per la prima volta in assoluto realizzai che quel che mi era successo non era una bella cosa. Verso l'ora di pranzo Itai mi congedò, suggerendomi di non pensare ai miei fallimenti. Aveva ragione, dovevo calmarmi il più presto possibile: l'indomani dovevamo incontrarci ancora.


    Il giorno seguente, fui di nuovo fuori dalle mura. La notte mi aveva permesso di trarre dal malessere del mio fallimento, la forza con la quale continuare a lottare contro il demone. Fui di nuovo al cospetto del mio Biondo Mentore, con tutti i miei buoni propositi, ma finalmente conscio che non era un gioco.

     
    .
  2.     Like  
     
    .
    Avatar

    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

    Group
    S. Mod
    Posts
    29,631
    Reputation
    +1,307

    Status
    Anonymous

    Sigillo perfettamente imperfetto - Parte Seconda

    Una goccia di sangue



    La sua allegria era semplicemente svanita, sostituita dall'amara consapevolezza che doveva lavorare e lavorare per riuscire a risolvere quel suo problema. Perché la soluzione non era delle migliori. Così, quando tornò il giorno dopo trovò me, solo, al solito posto, con un'aria un po' più tetra del giorno prima. Quella mattina pesanti nuvoloni affollavano il cielo, promettendo una notte tempestosa come solo a Kiri se ne vedevano. Prima di iniziare ad allenare Takuma, però, dovevo dirgli assolutamente la strada alternativa che non gli avrei permesso di percorrere così facilmente. Era una via breve, irta di pericoli e che probabilmente avrebbe solamente portato alla morte. Ishimaru e Ryo erano morti quando avevano tentato di domare una seconda volta il Sanbi, volevo che Takuma fosse assolutamente pronto prima.
    C'è un'altra strada dissi al Marumasa dopo i saluti Più rapida. Te ne parlo perché forse, tra qualche tempo la intraprenderai se non dovessimo ottenere i risultati sperati fissai Takuma negli occhi con i miei, severi e preoccupati Il demone sa come sigillarsi dentro di te. Conosce il sigillo e sa farlo nella maniera adeguata, ma capisci che per fare un nuovo sigillo è necessario rimuovere prima il vecchio. Quando questo succede però il bijuu tenta di liberarsi abbassai appena il tono di voce Forse è il solo motivo per cui si è lasciato rinchiudere dentro di te, per vederti soffrire per colpa del sigillo errato, strisciare da lui per averne uno normale e quindi liberarsi ancora, solo che nel frattempo... l'abbiamo portato dentro Kiri feci una piccola pausa Takuma-kun, questa strada però l'attraverserai solo quando ti riterrò pronto. Così sono morti Ryo e Ishimaru.



    Glie l'avevo già spiegato dell'interminabile sete di distruzione die bijuu, vero? Era estremamente difficile farseli amici e nella loro mentalità consideravano (a ragiione) gli umani degli inutili insetti. Uno di loro poteva conquistarsi l aloro fiducia, ma quella stessa fiducia si sarebbe fermata lì.
    Questo non deve demoralizzarti, ma voglio che tu capisca che la migliore arma contro i bijuu è la nostra volontà. Se segui la sua non riuscirai a dominare i suoi poteri mi alzai quidi in piedi e incrociai le braccia al petto Avanti, ricomincia, come ieri. Oggi forse riuscirai a sentire quel qualcosa di errato e a bloccarlo, concentrandoti.





    Alla fine lui era di nuovo dolorante e io ansante. Era il primo pomeriggio e dalle nuvole provenivano rumori inquietanti.
    Basta così Takuma-kun dissi al Marumasa abbassando il fodero della spada che avevo usato per picchiarlo sulla testa a mo' di bastone Hai visto? Sei riuscito a iniziare a bloccarlo ho notato... sei tecniche di fila, rischiavi di finire il chakra ero abbastanza sollevato dalla piega che aveva preso l'allenamento.
    Iniziammo a camminare verso Kiri allora, dandoci appuntamento per il mattino dopo.



    Un appuntamento che non ci sarebbe stato. Non al mattino.






    Era notte fonde a casa Marumasa. Hana, la madre di Takuma, era in cucina a lavare le stoviglie della cena. Un lampo illuminò la cucina di casa Marumasa, seguito poco dopo dal fragore di un tuono così potente da far tremare i vetri. Ikkaku era nel suo studio a leggere un libro quando l'energia elettrica saltò, Ami invece non si accorse di nulla addormentata com'era dopo una missione che a sua detta era stata "a dir poco massacrante". Hana smise di lavare i piatti e sbuffò, alzando la voce per chiamare suo figlio. Sicuramente non aveva intenzione di andare fuori a controllare il contatore con quella tormenta fuori.
    Takuma! chiamò Hana Va fuori a controllare la corrente! ordinò la donna.



    Quando Takuma uscì fuori di casa notò che la tempesta è peggiore di quella che sembrava da dentro casa. La pioggia battente aveva allagato le strade e i fulmini cadevano sull'isola a intervalli di pochi secondi. Sembrava che i Kami delle tempeste avessero deciso di colpire Kiri con l'equivalente di dieci anni di temporali in una sola notte. Poi c'era il vento tremendo, che spostava le gocce di pioggia direttamente in faccia a Takuma. In quel caso però il giovane sarebbe riuscito a scorgere il filo della corrente tranciato di netto dalla caduta di un ramo.



    Una volta rinetrato in casa Takuma però avrebbe potuto notare qualcosa di strano. C'era un silenzio agghiacciante. In cucina, difatti c'era un'amara sorpresa per lui. Un'amara prova per i suoi fragili nervi.
    Un uomo era entrato, rompendo la finestra. Lui non aveva udito nessun rumore per via dei tuoni, del vento e della pioggia. L'uomo aveva in mano un coltello lungo almeno trenta centimetri posato di punta contro la gola della madre di Takuma che zittiva con una grande mano irsuta premuta sulla bocca di lei. Aveva i lineamente ricagnati e le braccia muscolose, pochi capelli in testa ed era vestito di abiti rattoppati: era un disperato, venuto a rubare nelle case dei più fortunati.
    Ehi bamboccio... le sue parole furono interrotte da un tuono Dove tenete le cose di valore? la sua minaccia era implicita, ma il suo destino sfortunato.



    L'uomo, che emanava un lezzo misto di pioggia, alcol e disperazione premette maggiormente la punta del coltello contro il collo della madre di Takuma. Una goccia di sangue bagnò la candida pelle della donna.



    Una sola misera goccia di sangue. L'inizio della fine.



    Chissà se alla fine di tutto Takuma avrebbe ricordato che Itai gli aveva esplicitamente chiesto di correre da lui se per caso fosse accaduto qualcosa riguardo il demone. Perché non avrebbe potuto resistere quella volta, nonostante l'allenamente stesse iniziando a dare i primi frutti. La bomba non era ancora stata disinnescata. E bastava quella goccia di sangue a farla esplodere violentemente.




    Puoi massacrare il bandito, ma ricorda che dimentichi chi siano gli amici o i nemici. Ricorda che Ikkaku è al piano di sopra e che in casa, in camera sua, c'è la supersorella Ami profondamente addormentata!


     
    .
  3. Akashi
        Like  
     
    .

    User deleted



    Sotto Pressione



    Il dì seguente il cielo non lasciava presagire niente di buono. Grossi nuvoloni gridavano alla burrasca, ma a Kiri le burrasche erano tanto comuni quanto comune a Suna era il sole. Non mi lascia impensierire e imboccai la via per raggiungere le mura, superarle, e trovarmi di nuovo al cospetto del mio...Sensei? Mentore? Come dovevo chiamare Itai?


    L'incipit non fu dei migliori: venni informato della possibilità di ovviare al duro allenamento che dal giorno prima avevo cominciato tramite una certa procedura, ma che questa stessa procedura (della quale stentavo a capire le dinamiche benchè potessi immaginarmele) poteva comportare la morte. Era attuando quella procedura che i due precedenti Bijuu del Sanbi avevano visto la loro fine, era a causa di quella procedura che le loro sbiadite immagini vagavano nel ventre della Bestia. Non volevo fare la loro stessa fine, non volevo proprio, specie perchè quelle "immagini" sembravano avere memoria di quello che erano e consapevolezza di quello che erano diventate. E non ci tenevo proprio a passare il resto della mia non-esistenza a sperare che qualcuno catturasse la bestia.


    Che razza di creature, queste Bestie. Già il giorno prima avevo rivisto il mio punto di vista circa il fatto che la mia fusione col demone fosse una cosa positiva, se poi Itai non faceva che caricarmi di ansie...bhe non mi restava che...lasciamo perdere. Dopo qualche secondo di silenzio, dissi: Lasciamo perdere per ora questa strada. Cerchiamo di ottenere il più possibile da questo allenamento, voglio che quella sia la via estrema


    Col senno di poi, potrei dire che se avessi percorso in quell'istante quella strada, avrei probabilmente evitato qualche danno. Sia che fossi riuscito a controllare il demone, sia che fossi morto nel tentativo.

    [...]

    L'allenamento fu leggermente più fruttuoso di quello del dì precedente, riuscii ad eseguire sei tecniche prima di subire la mia solita crisi. Un piccolo passo, ma pur sempre un passo.

    [...]

    La sveglia non fu delle migliori quella notte. Un'urlo sconquassò il mio sogno - un sogno bellissimo - rendendolo cenere e facendomi ritrovare nel mio letto, al buio. La corrente era saltata e porgendo l'orecchio alla finestra era facile comprendere il perché: la burrasca preannunciata nel mattino si era concretizzata, più forte che mai. Toccava a me andare a sistemare il contatore, e così mi misi una lunga mantella con cappuccio impermeabile , ed uscii fuori, con fare svogliato. Non volevo farlo, ma protestare non sarebbe servito a nulla.


    Il rientro fu agghiacciante. Un uomo, dall'odore non identificato, teneva in ostaggio mia madre, brandendo un enorme coltello da cucina. Rivolgendosi a me, chiese dove tenevamo nascoste le cose di valore.


    Panico. Quanti diciottenni avrebbero mantenuto la calma senza mettersi ad urlare come bambini in una situazione del genere? E soprattutto, quanti diciottenni-giara portatori instabili di Bijuu avrebbero resistito senza cedere il passo alla Bestia dilaniando tutti i presenti, in una situazione del genere?


    Uno solo: io. Dissi: Ok, ok...sta calmo...posa quel coltello e ti mostrerò dove teniamo i gioielli...stai tenendo in ostaggio una donna, una madre indifesa...poggia il coltello, io ti camminerò davanti: potrai fare a me tutto quello che vorrai, se tenterò di fregarti...


    Sei tecniche. Si, sei tecniche in condizioni di calma e con la certezza di avere Itai a distanza ravvicinata. Ma quante tecniche erano, mentre tenevano tua madre come ostaggio? Non potevo saperlo. probabilmente non sarei resistito nemmeno ad una tecnica. Ma dovevo provare, dovevo comunque provarci. Papà era al piano superiore, ma come potevo avvisarlo senza dare nell'occhio? In nessun modo. Probabilmente non mi sarebbe servito sapere a quante tecniche potevo resistere in quelle condizioni, non conoscevo alcun jutsu che potesse portare la situazione a mio favore. Dovevo soltanto sperare. Tentate la via diplomatica. mi tolsi di dosso la mantella, lasciandola cadere al suolo, e dissi, allargando le mani: Sono disarmato...lascia libera mia madre, ti prego...

    E poi, il mondo ti crolla addosso. Fu sufficiente una sola goccia di sangue. Non so nemmeno se la vidi o se ne percepii solo l'odore, ma so solo che da quando quel coltello ferì accidentalmente mia madre, la pressione sul taiten fu così elevata che il demone sfondò quella porta che lo teneva lontano da me. Probabilmente i presenti se la sarebbero vista brutta. Mia madre compresa.


    Oh, Fragilita' Umana

    Oh, Fragilita' Umana



    Era il Suo turno. La Bestia era al comando ed io potevo fare ben poco. Mi scagliai con tutta la forza che possedevo contro il ladruncolo, colpendolo violentemente con una spallata. Nell'impatto, che fu tanto veloce da impedirgli una schivata, perse il coltello, che schizzò lontano da dove eravamo noi. Sbalzato via, il ladruncolo finì su una credenza, fracassandola in mille pezzi. A quel rumore di sicuro tutta la casa si sarebbe svegliata.


    Sia io che la bestia comprendemmo all'istante che quell'uomo era fuori dai giochi, e così la nostra attenzione si pose su quanto di vivente ancora c'era in cucina: la mamma.


    Il conflitto interiore tra me e la bestia ebbe inizio. Mentre sepolta nel mio subconscio c'era stata una minima voglia di ridurre il ladruncolo così come lo avevo ridotto, per mia madre era ovviamente diverso. L'avevo ferita nell'impatto, c'era del sangue per terra. Tossiva, ed ancora si muoveva, segno che il coltello non le aveva accidentalmente reciso la carotide, come avrebbe potuto succedere. La bestia avrebbe voluto colpire anche lei, mentre io no. Ogni tentativo di fermare la bestia era vano, e mi rendevo conto del fatto che più il tempo passava e più mi avvicinavo a mia madre. Avrei voluto urlarle: "via da lì, alzati e scappa!" ma ovviamente non ci sarei riuscito.


    Giunsi di fronte a lei, e levai una mano in alto: ero pronto a colpirla, ponendo probabilmente fine alla sua vita. Ma proprio mentre stavo per vibrare il colpo, qualcosa attirò l'attenzione della bestia. Dal piano superiore percepimmo il rumore di passi frettolosi, e questo mi permise di riprendere il controllo sul mio corpo. Resomi conto di cosa avevo fatto, indietreggiai, fino ad inciampare sulla mantella bagnata, che era rimasta a terra.


    Solo una persona avrebbe potuto aiutarmi in quel frangente. Solo una. Ecco perché in tarda nottata fui costretto a svegliare Itai e famiglia suonando ripetutamente il campanello di casa sua nella speranza di non avere un'altra crisi.


    Essere un Jinchuuriki faceva schifo.



    Edited by Akashi - 1/10/2012, 15:01
     
    .
  4.     Like  
     
    .
    Avatar

    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

    Group
    S. Mod
    Posts
    29,631
    Reputation
    +1,307

    Status
    Anonymous
    Non perdere la speranza

    Il campanello che suona di notte non porta mai buone notizie. Mai. Non fui io a svegliarmi per primo, immerso com'ero in un sogno abbastanza dolce da impedirmi di essere buttato già del letto da quell'esile rumore. Ma Ayame, fin troppo vigile a volte e con il sonno più leggero del mio sentì il suono. Non mi svegliò vedendo come dormivo in pace e così, indossata una vestaglia, andò ad aprire la porta. Fuori infuriava una delle peggiori tempeste che Kiri avesse visto negli ultimi anni e Ayame, mentre apriva la porta si chiese chi mai potesse essere a quell'ora della notte sotto quella pioggia torrenziale.
    Un lampo illuminò il cielo seguito a ruota da un tuono rombante quando Ayame notò Takuma sulla soglia. Lui non la conosceva ma lei conosceva lui. L'aveva visto in ospedale ed io le avevo parlato del nuovo Jinchuuriki e delle paura che nutrivo riguardo alla sua condizione. Ayame non aveva segreti per me.
    Così, non appena vide Takuma, capì che doveva essere successo qualcosa di grave.



    Allora Ayame senza dire una parola allungò un braccio e lo portò dentro, lasciandolo sulla soglia.
    Tu sei Takuma non era una una domanda quella di Ayame Seguimi ordinò allora. Lo condusse per il breve corridoio fino in salotto e lo fece sedere su una sedia, fradicio e tremante. Ayame poteva vedere il terrore nei suoi occhi, un terrore che aveva solo sentito raccontare da me. Io avevo passato quei momenti come Takuma, Ayame lo sapeva benissimo. Ma non sapeva quanto potessero essere dolorosi anche a vedersi.
    Resta qui un attimo, ti porto qualcosa di asciutto e mio marito, ok? il tono di Ayame cercò di essere rassicurante ma non poté non essere incrinato da una nota di preoccupazione. E se fosse impazzito proprio nel salotto di casa? La giovane donna, mentre entrava nella camera da letto dove dormivo ancora di faccia poggiata sul cuscino si rese conto che per fortuna non avrei permesso qualcosa del genere.
    Itai... la mia risposta fu un borbottio indistinto Itai... mi voltai dall'altra parte.



    Una vena pulsò sulla fronte di Ayame per un istante e poi, senza preavviso fece volare l'acqua nella brocca sul comodino direttamente sulla mia faccia senza muovere un dito. Mi alzai di colpo, tirando su il bacino di scatto abbastanza velocemente da rischiare di colpire con la fronte le mie ginocchia. Girai lo sguardo e vidi Ayame e mi aspettai di vederla almeno ridacchiare, ma non lo era. Era preoccupata e anche un po' arrabbiata. Evidentemente non mi ero svegliato subito ma c'era dell'altro. Perché svegliarmi alle... che ore erano a proposito?
    Che è successo? chiesi allora, ma lei si era già voltata e si era diretta verso il bagno Ayame?
    Scendi in salotto c'è Takuma, temo sia successo qualcosa



    Quelle parole giunsero quasi come uno schiaffo. Non si davano certe notizie a un uomo appena sveglio se non gli si voleva rovinare la giornata. Ma avevo come la sensazione che la mia giornata era ormai irrimediabilmente compromessa.
    Mi fondai vestito solo da un paio di pantaloni leggeri giù per le scale fino in salotto, finché non mi trovai dinanzi Takuma su una sedia, bagnato fradicio e tremante con lo sguardo di un uomo che aveva visto la morte in faccia.
    Che è successo? temevo la risposta. Che quando arrivò mi lasciò quasi senza forze. Mi gettai sul divano mentre Ayame tornava con un asciugamano e un paio di miei vestiti che l’avrebbero mantenuto caldo.
    Ayame, puoi preparargli qualcosa di caldo? chiesi a mia moglie che annuì e si diresse in cucina Non sarebbe dovuto accadere sospirai, mentre il mio senso di colpa montava doloroso come non mai Ascoltami Takuma mi avvicinai a lui e presi le sue spalle con le mie mani Ora come non mai sei in pericolo Takuma e sei un pericolo per tutti quelli attorno a te. Avrei voluto evitarlo, lo sai ma… ritirai le mani Affronterai il demone



    Perché avevo la sensazione di averlo appena condannato a morte?



    Calò un silenzio pesante nella stanza, interrotto solo dai rumori appena accennati di Ayame in cucina. Dopo circa un minuto trovai la forza di dire qualcosa. Di stupido, ma pur sempre qualcosa.
    Avanti, levati quei vestiti bagnati e asciugati, il bagno è in fondo al corridoio aveva davvero importanza preoccuparsi se prendeva freddo? Andrà tutto bene Takuma, se sei stato abbastanza forte da essere stato mangiato da un bijuu e poterlo ancora raccontare, puoi fare quello che vuoi detto ciò lo lasciai andare.



    Quando tornò c’era una tazza fumante di camomilla sul tavolo ma non c’era traccia di Ayame. In compenso avrebbe potuto sentire il suono del pianto di una bambina provenire dal piano di sopra.
    Credo che una delle due gemelle si sia svegliata per il temporale dissi con semplicità, quindi gli indicai la tazza Bevila e calmati. Domani ci allontaneremo da Kiri Takuma, per semplice precauzione. Non è per te la sera di affrontare nessuno sei troppo scosso ma il giorno dopo sarebbe andata meglio? Non è successo niente di irrimediabile, inteso? Non eri in te e adesso lotterai affinché questo non accada mai più Takuma. Pensaci se preferisci, ma è rischioso per te, per mia moglie e per le mie figlie che sono al piano di sopra. Non ti chiedo di dormire, ma solo di provare a calmarti



    Era facile a dirsi, ma quante persone avevano assaporato la sensazione di picchiare la propria madre, seppur contro la propria volontà? I pianti delle bambine terminarono dopo qualche minuto e sentii Ayame scendere le scale e fermarsi sulla soglia, osservando Takuma per qualche istante quindi entrò nella stanza, sedendosi al mio fianco.
    Ho sentito cos’è successo disse allora la giovane donna. Le nostre voci dovevano averla raggiunta anche in cucina E so che questo idiota di mio marito di sta dicendo di rimanere calmo… e che probabilmente non puoi
    Ayame… bisbigliai ma lei non stette a sentirmi.
    Sta zitto una volta ogni tanto mi rimbeccò lei, tappandomi immediatamente la bocca Ciò che è successo è tremendo Takuma il suo tono si fece più dolce Sfogati, se vuoi, ma non pensare che per questo tua madre avrà paura di te. So che glie l’hai detto, quindi capiranno… tutti quanti poi fece una breve pausa e sorrise appena Io l’ho conosciuta tua madre, sai? Quando ti portarono in ospedale venni a vedere se Itai stava bene. Lei era preoccupata per te, per ciò che la tua vita sarebbe stata dopo ciò che ti è successo ed io ad esempio gli ho portato Itai strinse appena una mia mano nella sua Essere un Jinchuuriki fa schifo, vero? La gente ha paura di te, ed è molto doloroso. Ma eppure c’è ancora felicità per te mi lanciò uno sguardo appena accennato Questo Itai l’ha capito. Un giorno, anche se ti sembra impossibile, lo capirai anche tu… e fino ad allora non perdere la speranza



    La speranza.
    L’arma più potente che noi miseri umani avevamo contro bestie di quel genere. Del resto non era stata proprio la mia speranza incrollabile a permettermi di vincere ben quattro volte contro Kaku? Perché per Takuma doveva essere diverso? Non lo era affatto. C’era bisogno di forza e di speranza.
    C’era bisogno della convinzione di potercela fare. Altrimenti si partiva sconfitti. Altrimenti sarebbe stato più facile infilarsi un coltello nell’intestino e farla finita senza soffrire troppo.



     
    .
  5. Akashi
        Like  
     
    .

    User deleted



    Visita Notturna



    Venni trascinato all'interno dalla mano di una donna. Non la conoscevo, ma Itai mi aveva parlato abbastanza di lei per poter dire che doveva essere senza dubbio Ayame, sua moglie. Al contrario di me, lei mi conosceva: Itai doveva essere un chiacchierone a trecentosessanta gradi. Non incrociai più il suo sguardo, ne quando mi condusse nel salone attraverso il corridoio debolmente illuminato, ne quando mi indicò dove potevo sedermi: il Mix Terrore-Imbarazzo giocava davvero brutti scherzi. Ero sul punto di vomitare tanta era l'ansia e lo sgomento. Pensai che dopotutto non sarebbe stato un grave danno considerato che avevo già allagato mezza casa per quanto ero fradicio.


    Al più presto avrei incontrato Itai. Era quello che volevo, e rannicchiato sulla sedia che Ayame mi aveva messo a disposizione, aspettai di vedere la sua sagoma emergere dalle scale. Non temevo la sua reazione, sapevo che mi avrebbe compreso e con tutta probabilità avrebbe anche saputo indicarmi il da farsi: ciò che mi aveva spinto sino a casa sua era la certezza che di certo anche a lui era capitato di alzare una mano su qualcuno di caro.


    I secondi parvero ore, ed il pensiero volò a mia madre: l'avevo vista muoversi e respirare, ma come potevo essere certo di non averle causato comunque qualche danno? Il rumore doveva avere allertato tutti in casa, papà doveva ormai essere sceso di sotto trascinandosi dietro i miei fratelli, armati fino ai denti. Quale sarebbe stata la loro reazione nel vedere un uomo steso al suolo e la mamma dolorante poco distante da lui? Nell'incomprensione più totale si sarebbero chiesti "Dov'è Takuma?!" e poi la mamma avrebbe spiegato loro che Takuma prima aveva fatto svenire quell'uomo, poi aveva picchiato anche lei ed infine era fuggito sotto la pioggia verso chissà quale meta. Di sicuro poi si sarebbe affrettata a dire che non ero in me mentre compievo quei gesti, ma loro avrebbero capito? Sarebbero mai riusciti a perdonarmi?


    L'arrivo di Itai venne preceduto dal suono dei suoi passi frettolosi per le scale. Non c'era tempo per i convenevoli, ed il biondo giunse subito al dunque, chiedendomi cosa fosse successo. Senza guardarlo diritto negli occhi per il senso di colpa, gli dissi arrancando ed inespicando tra le parole: E'...è saltata la corrente a casa mia. Mia madre... Mi fermai a pensare a lei per qualche istante, poi la ragione ebbe la meglio sul cuore e capii che era necessario presentare il piano completo ad Itai prima di cedere del tutto. Continuai dicendo: Mia madre mi ha svegliato chiedendomi la cortesia di andare a guardare il contatore e, nel caso, sistemarlo. Così ho fatto, ma al mio rientro un uomo....Sentii la rabbia ribollire dentro me, il battito cardiaco accelerò sensibilmente e strinsi i pugni tanto che le unghia mi penetrarono le carni. Se non fosse stato per l'indolenzimento del taiten che deriva dal lasciarsi pervadere dal chakra del demone, avrei avuto un'altra crisi proprio lì, di fronte ad Itai. Ma non era il momento: Un uomo teneva in ostaggio mia madre puntandole un coltello alla gola. Mi ha chiesto dove tenevamo i preziosi, e così ho tentato di...scendere a patti. Gli ho chiesto di posare il coltello e lasciare andare mia madre...che potevo fare? Per quanto veloce avrei potuto essere, il coltello era già lì, sulla pelle di mia madre. Sentivo che le cose stavano precipitando...sapevo che ero in una situazione molto rischiosa...percepivo il demone che si preparava ad uscire...poi è bastata una ferita accidentale al collo di mia madre: un piccolo taglietto dovuto forse...non lo so a cosa. So solo che ho cessato di essere io, e quando ho ripreso le redini di me stesso l'uomo non minacciava più mia madre perchè era per terra svenuto, ma mia madre dolorava...non so nemmeno come o dove l'ho colpita, mi sono solo accertato che respirasse e sono scappato qui.


    Mentre proseguivo col racconto, Ayame ci raggiunse portandomi vestiti ed asciugamani. Non volevo servirmene, forse avevo anche esagerato a disturbarli in piena notte, e così il mio senso di disagio non faceva che crescere. Le cose parvero migliorare quando Itai mi disse che avrei affrontato il demone. Credo che chiunque si sarebbe sentito morire di fronte ad una affermazione del genere, ma io no. Avevo imparato a mie spese quella notte che la mia fragilità era tale che gli unici modi per mantenere al sicuro chi mi stava accanto erano due: o rendermi abbastanza forte da domare il demone, o rendermi abbastanza morto da impedire al demone di andarsene in giro col mio corpo. Nel bene o nel male, affrontare il demone portava inevitabilmente ad una ed una sola di quelle due eventualità.


    Itai mi invitò a cambiarmi aggiungendo che ero abbastanza forte da poter fare quello che volevo. Fui sul punto di dirgli che mi sarebbe andato bene anche morire, ma dopotutto persino lui era fatto di carne, e probabilmente l'idea che "una sua responsabilità" fosse disposta a morire lo avrebbe piegato in due, con pessimi riscontri su tutto il resto. Così abbozzai un sorriso ed andai in bagno a cambiarmi.


    La camomilla mi faceva schifo, forse una delle bevande che meno riuscivo a bare, ma in quelle circostanze non badai al gusto ed ingollai quella che ai miei occhi appariva come una fantastica fonte di calore. Nel frattempo Itai si allontanò per badare ad una delle sue bambine, rassicurandomi sul fatto che non fosse successo nulla di irrimediabile e dicendomi che l'indomani avremmo affrontato il demone lontano da Kiri. Avrei affrontato il demone, per meglio dire. Itai sarebbe stato solo il mio "interruttore di sicurezza", ma questo a lui non lo dissi.


    Rimasi solo per qualche istante, il tempo di far cessare il pianto della bambina, poi sia Ayame che Itai ricomparvero in salone. Itai aveva parlato molto quella sera, mi aspettavo che lo avrebbe fatto ancora. Per questo fui sorpreso quando fu Ayame a prendere la parola ed a cercare di tranquillizzarmi. Bisognava ammetterlo, era più brava del marito a tranquillizzare la gente. Centrò il punto quando mi disse di non temere il fatto che mia madre avrebbe avuto paura di me perché l'aveva conosciuta in ospedale. Ecco spiegato come Ayame mi conosceva, nel mio periodo di convalescenza c'era stata anche lei. Ascoltai le sue parole fino alla fine e poi, mentre un sorriso mi si dipingeva come fosse un solco che correva sul viso, dissi: Ci sai fare con le parole, molto più di tuo marito. Apprezzo i tuoi...i vostri sforzi, e per questo cercherò di mantenere la calma. Mi conosco, so che non dormirò ma almeno in questo modo sarò tranquillo. Devo solo chiedervi una cortesia...pensateci voi ad avvisare i miei genitori...il fatto che non siano ancora piombatti qui mi fa pensare che non abbiano intuito che sono qui, quindi è il caso di tranquillizzare anche loro... Un breve attimo di pausa, poi ripresi: Se lo fate, per piacere, potreste anche chiedere di mia madre?

     
    .
  6.     Like  
     
    .
    Avatar

    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

    Group
    S. Mod
    Posts
    29,631
    Reputation
    +1,307

    Status
    Anonymous
    La Malattia dei Sogni
    Il nuovo Sigillo

    I


    Le parole di Ayame, alla fine, lo calmarono. Non riuscii a dire nulla per qualche minuto e solo per augurare una nuova buonanotte ad Ayame, che andò a letto di nuovo. Era ancora presto e la nottata lunga. Forse era meglio che anche Takuma dorimsse.
    Cerca di riposare se riesci, ti servirà domani per quanto disgustosa fosse, la camomilla le calmava davvero le persone Finché sarai in questa casa sai al sicuro, ricordatelo. Sì, avviseremo noi i tuoi genitori, anche se… se domani andrà tutto per il meglio, potrai tornare, se te la senti.
    Dopo quelle parole lo lasciai solo nella stanza, per farlo dormire ma forse, anche lasciandolo a rimuginare fin troppo sull’accaduto.
    Io tornai a letto. Mi stesi affianco ad Ayame, ma vidi che nemmeno lei riusciva a dormire. Mia moglie si voltò e posò il capo sul mio petto, io, istintivamente, l’abbracciai e le diedi un leggero bacio sulla fronte. Ero molto preoccupato per Takuma.
    Ishimaru non c’è la fatta dissi a bassa voce, accarezzandole piano i capelli scuri Ryo non c’è la fatta aggiunsi ancora, con un tono carico di preoccupazione Ho paura per lui. Ho paura di averlo condannato a morte.
    Gli avevo chiesto di condurre una barca, non di diventare il secondo Jinchuuriki di Kiri.
    Non hai scelto tu questo, Itai. Lo sai, ne abbiamo parlato aveva ragione, ne avevamo già parlato. E per inciso, non mi era servito assolutamente a nulla. Non riuscivo a capacitarmi di ciò che era successo: il sigillo riuscito male, l’aggressione alla madre di Takuma. Era tutto così sbagliato.
    Questo non lo aiuterà dissi in un mormorio, chiudendo gli occhi Domani potrebbe morire, lo sa?
    Non morirà, ne sono certa disse lei, sfiorando le mie labbra con le sue.
    Come fai ad esserne certa? sussurrai io allora.
    Perché quel ragazzo non permetterà al Sanbi di ledere di nuovo alla sua famiglia, amore sorrise appena Quell’idiota di un Bijuu non capisce che attaccandoci provoca reazioni forti, non capisce che da un motivo alla gente per resistere posò nuovamente il capo sul mio petto e chiuse gli occhi Ryo e Ishimaru non avevano di questi problemi, vero?
    Aveva ragione. Ryo aveva affrontato il demone di sua spontanea volontà al Tempio, Ishimaru invece… non ne avevo idea. Era semplicemente morto, schiacciato dal potere del demone, ma non ero lì ad assistere al misfatto. Ma di una cosa ero certo: nessuno di loro aveva avuto bisogno di battere il demone.
    Io?
    La prima volta, per liberare Yui. La seconda volta per salvarla. La terza volta, per proteggere Kurohai. Ayame, quella volta e come sempre, aveva ragione.



    Due ore dopo l’alba volavamo sul mare aperto, seduto sul dorso di Yogan. La dragonessa volava in circolo a qualche decina di metri dal mare.
    Avevo odiato me stesso per quell’idea orrenda, ma era forse l’unica cosa che potevo fare per proteggere Kiri. Se Takuma avesse fallito la cosa migliore che sarebbe potuta capitare è che prima che io e Shiltar riuscissimo a rinchiudere il bijuu da qualche parte lui distrugga l’intero quartiere, se non mezzo villaggio. Se doveva andare tutto per il peggio, era opportuno che accadesse in mare.
    Qui saremo tutti al sicuro gli dissi, mentre la dragonessa sbatteva le ali per salire appena di quota Sei pronto?
    Ma esserlo o non esserlo non avrebbe cambiato nulla. Alla fine, doveva solo avere la forza interiore di battere la bestia che lo tormentava. Non serviva la brutalità. Solo la sua capacità di reggere i colpi che le avrebbe assestato e uscire dal mondo di tranelli, trappole, sussurri e sottile violenza che il bijuu gli avrebbe preparato.
    Entra in contatto con il bijuu. Tu hai già la chiave per rimuovere il sigillo. Distruggi il vecchio sigillo. Non si librerà feci una pausa, per spiegare bene quel concetto assurdo. Perché il Sanbi non avrebbe dovuto liberarsi?
    Stando a quanto mi hai raccontato lui ha accettato di sigillarsi dentro di se. L’hai costretto solo marginalmente, se non avesse provato interesse per te, non avrebbe opposto così poca resistenza. Sei stato bravo a sigillarlo, ma c’è un motivo perché lui non ha rotto il sigillo feci una nuova pausa Essenzialmente perché è un infido bastardo che preferisce farti soffrire. Aprirai il vecchio sigillo e lo dissolverai, lui ti sfiderà, perché sono queste le sue intenzioni e poi starà a te mi sedetti quanto meglio potevo sul grosso corpo squamoso di Yogan.
    Buona fortuna, e vedi di non fare idiozie.
    Lo lasciai solo con se stesso.


    Apri quel maledetto cancello e iniziamo :riot:
     
    .
  7. Akashi
        Like  
     
    .

    User deleted



    Il Maledetto Orbo



    Itai e consorte mi lasciarono solo, con la promessa di occuparsi del rendere noto ai miei genitori che cosa mi era capitato e, probabilmente, cosa mi sarebbe capitato l'indomani. Anche se le parole di Ayame mi avevano tranquillizzato, sentivo ancora lo strascico del malessere che era derivato dall'accaduto. Inutile dire che in quella nottata non c'era spazio per la parola sonno.

    [...]

    L'indomani eravamo in volo sul dorso di una dragonessa rossa. Si chiamava Yogan, ed avevo avuto modo di vederla da lontano mentre si batteva col Sanbi. Che strana sensazione provai...se quello non fosse stato un viaggio che aveva lo scopo di rendermi inoffensivo per Kiri (vivo o morto poco importava) avrei descritto come "eccitante" quel viaggio. Ma così non era, e mi ritrovavo a tremare per il freddo del vento che sferzava la mia pelle e per il terrore di causare altri danni. Bella schifezza.


    Ad un certo punto Itai mi fece una domanda che avrebbe potuto risparmiarsi: "sei pronto?" Probabilmente si trattava dell'ultima domanda da rivolgere a qualcuno che sarebbe morto pur di evitare di essere causa di altri danni. Così risposi con tono molto seccato: Che cazzo di domande ti viene in mente di farmi, Itai? Certo che non sono pronto, non lo sono e non lo sarei mai!


    Era la prima volta che rispondevo male ad Itai, ma se l'era cercata. Ero un fascio di nervi ed anche semplicemente rivolgermi la parola avrebbe potuto farmi saltare. Il terrore si era impadronito di me, e la cosa non era positiva visto quel che mi aspettava. Avevo bisogno della massima lucidità, e proprio quella mi era venuta a mancare.


    Poco dopo la mia risposta, Itai mi disse cosa dovevo fare. Dovevo stabilire un contatto con il demone. Lì per lì la cosa mi sembrò naturale, ma poi ripensandoci mi resi conto che il Demone non mi rivolgeva la parola da quando l'avevo sigillato. Come diamine avrei potuto stabilire un contatto con lui?


    Me ne resi conto solo in quel frangente. Itai mi aveva detto una volta che si poteva conversare col demone, per quanto poco piacevole potesse essere, ma non avevo fatto caso al fatto che...io non lo avevo mai fatto! La cosa però trovò subito giustificazione con alcune semplici considerazioni che vennero spontanee: il merito di questa chiusura andava alla inconsueta modalità con cui avevo sigillato in me il demone. Ero una dannatissima giara semovente, e le giare non conversano! Era fin troppo ovvio che non c'era comunicazione perchè probabilmente il sigillo non era fatto per permetterlo. Come ovviare al problema?


    Mentre nella mia mente questi pensieri andavano via via delineandosi sempre più chiaramente, Itai mi diede una spiegazione plausibile circa il fatto che il demone "si fosse fatto sigillare". Traeva piacere dalla mia sofferenza, e probabilmente quindi se l'era risa di gusto nel vedermi scappare in maniera patetica da casa mia dopo aver ferito mamma. Me l'avrebbe pagata cara. Lui, ed anche Itai che non mi aveva detto che volare sui dragoni faceva venire i geloni alle orecchie.


    Cercai comunque di pensare ad un modo per stabilire uno contatto con la Bestia. Dopotutto, ero di carne e non di terracotta. Per quanto atipico, il sigillo DOVEVA essersi adeguato a me. Così chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi. Il suono del vento facilitava la cosa, aiutandomi ad estraniarmi. Dovevo scollegarmi da tutto e da tutti, dovevo dimenticarmi di essere sul dorso di un dragone rosso in volo sopra l'azzurro mare e dovevo dimenticarmi di quello che era successo il giorno prima. Dovevo scordarmi di Itai, dovevo scordarmi di tutto ciò che i sensi mi dicevano. Dovevo spogliarmi di tutto ciò che il mondo esterno mi propinava, spogliarmi e spogliare il mio mondo, in maniera tale da poter viaggiare attraverso di esse fino a giungere in un'altro mondo. Un'altra realtà. Dovevo aggiungere alla realtà spogliata di ogni dettaglio, l'unico dettaglio di cui avevo bisogno. Un cancello.


    Respiravo tanto in fretta da rischiare l'iperventilazione, non me ne accorsi ma stavo grondando di sudore. Pian piano, nel buio che avevo creato davanti ai miei occhi sottraendo ogni dettaglio dalla realtà, qualcosa andava delineandosi. Sbarra dopo sbarra un cancello stava prendendo forma proprio di fronte a me. Prima le sbarre, poi i cardini, agganciati a cosa non si sa. Infine, l'elemento principale, un sottile foglio di carta posto nel punto in cui un cancello normale avrebbe una serratura. Quell'esile foglio di carta, in un Jinchuuriki qualsiasi sarebbe stato ben più sicuro di una semplice serratura, ma nel mio caso no. Nel mio caso si trattava di poco più che carta straccia. Ma la cosa stava funzionando, e questo era l'importante.


    Ben presto, senza che potessi rendermene conto, persino le sferzate del vento svanirono. Mi ritrovai in un antro buio, al cospetto del cancello che avevo costruito. Camminando a pelo d'acqua, mi avvicinai al cancello poggiando una mano sul sigillo. Titubante chiamai: Ehi...Numero Tre?

     
    .
  8.     Like  
     
    .
    Avatar

    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

    Group
    S. Mod
    Posts
    29,631
    Reputation
    +1,307

    Status
    Anonymous
    La Malattia dei Sogni
    The Death's name is Stawberry



    II


    E il numero tre rispose. Comparve dall'oscurità che immergeva il mondo dietro il cancello dorato, portando il suo muso inquietante e il suo unico occhio a poca distanze dalle sbarre. Quella che doveva essere la sua bocca e che quasi sempre era piegata in un atteggiamento di rabbia e furia in quel momento sembrava quasi sorridere, divertita. Il Sanbi era molto divertito da tutto ciò che a Takuma stava accadendo.
    Essenzialmente perché l'aveva provocato lui.
    Immaginate per caso un bijuu che decide di farsi intrappolare commosso dalle parole di un ragazzino? Era fin troppo evidente che era stata la sua volontà, unita a quella di Takuma, a permette al giovane ragazzo della nebbia di infilarlo in quella gabbia. Se non avesse voluto, Takuma sarebbe morto.
    In un certo quel modo però il Sanbi trovava Takuma abbastanza interessante da giocarci assieme. Un crudele gioco di distruzione, lenta e dolorosa che aveva già dato i suoi frutti forse anche prima del previsto.
    Ah, la fragilità umana.
    Ci sarebbe voluto chissà quanto altro tempo prima di trovare l'occasione adatta per spingersi fuori. I miglioramenti che Takuma aveva fatto in quei giorni di allenamento non erano che una trappola, uno specchio per le allodole che serviva a dare al kiriano abbastanza fiducia in sé stesso da mettersi in situazioni nelle quali non avrebbe dovuto nemmeno pensare di cacciarsi viste le sue condizioni. Ma alla fine un bieco disperato che puzzava di alcol e solitudine aveva fatto prima di una lenta macchinazione.
    Se solo non fosse stato per il Shichibi e il suo stupido Jinchuuriki, il Sanbi avrebbe potuto arrivare a liberarsi dentro kiri, seminando un po' di quella distruzione che fino a quel momento si era concesso solo in mare aperto, laddove era più forte.

    Strappa quel foglietto

    Strappa quel foglietto



    Invitò il Sanbi con tono quasi suadente. Non che ci fosse bisogno di convincere Takuma del resto. Dopotutto il Marumasa era lì per quello. Controllare il demone o morire nel tentativo. Doveva per forza togliere quel foglietto e lasciare che il cancello si aprisse.
    Un foglietto piuttosto malconcio. Ovviamente era la rappresentazione di un Fuinjutsu tutt'altro che riuscito. Il Sanbi difatti si spinse contro le sbarre e queste si aprirono appena, tenute insieme per puro miracolo da quel pezzetto di carta.
    Takuma alla fine avrebbe rimosso il sigillo. Avrebbe liberato il demone. Avrebbe dato inizio alla sua disfatta..
    un'ondata di chakra investì il marumasa. Un chakra gelido, umido assai simile ad acqua. Lo stesso chakra che aveva invaso le interiore del Sanbi quando fu mangiato. Un chakra pesante. Soffocante.
    Se fosse riuscito a tenere gli occhi aperti tuttavia non avrebbe notato altro che il Sanbi, lentamente svanì.
    Poi delle parole.

    Voi umani siete divertenti, l'ho sempre pensato

    Voi umani siete divertenti, l'ho sempre pensato



    La voce del Sanbi risuonava da ogni parte. Era come se fosse ovunque, come se Takuma fosse stato mangiato una seconda volta. Per ovvie ragioni pratiche non poteva essere così, tuttavia il Marumasa avrebbe provato le stesse terrificanti sensazioni di allora.
    In realtà il chakra del sanbi l'aveva avvolto. Si era insinuato nel suo corpo, aveva colpito il suo cervello a una violenza tale da far risuonare quel colpo fino nelle profondità della sua anima.
    Il sanbi aveva iniziato a ingannare i sensi di Takuma. E non avrebbe finito finché lui non sarebbe morto. O finché non gli avrebbe dato un motivo per concedergli un po' di più e magari un foglio migliore con cui chiudere la sua gabbia.



    Vi affannate così tanto per riuscire a proteggere tutto che dimenticate di proteggere voi stessi

    Vi affannate così tanto per riuscire a proteggere tutto che dimenticate di proteggere voi stessi





    Il chakra divenne acqua. E l'acqua cadde in basso, attirata da un centro di gravità profondo e irresistibile. Anche Takuma cadde con l'acqua e nell'acqua si sarebbe schiantato, venendo dapprima scagliato in profondità per poi risalire lentamente in alto per cercare la necessaria aria. Sulla superficie agitata di quel mare, immobile come una statua e ben salda come solo un ninja può esserlo sull'acqua, c'era una ragazza. All'improvviso il mare si sarebbe illuminato di un tenue azzurro, dando luce all'interlocutrice.
    Aveva i capelli castano chiaro e delle labbra dolci. Doveva avere la stessa età di Takuma, ma lui in vita non l'aveva già vista. Solo che lui, assuefatto dal chakra del Sanbi, l'avrebbe fissata come un uomo fissa il suo più grande amore.
    Takuma avrebbe provato un'attrazione innaturalmente forte per lei e se si fosse avvicinato la giovane avrebbe fatto un passo indietro, allungando le mani per lambire il suo viso.
    Devo andare, non posso rimanere con te. fece un altro passo indietro, lasciando che le sue mani strisciassero dolcemente sul viso di Takuma Ma ti prometto che ci rivedremo Takuma. Te lo prometto.
    La ragazza sorrise.
    E quando ci rivedremo, io di darò questo. la ragazza allora allungò la mano destra davanti e sul suo palmo comparve un foglio di carta bianco. Lo stesso, messo decisamente meglio, che fino a poco prima chiudeva la gabbia del Sanbi.
    Se Takuma avesse chiesto allora ”quando” si sarebbero rivisti la ragazza si sarebbe allontanata, o per meglio dire, lo spazio tra di loro si sarebbe dilatato. Non avrebbe potuto più raggiungerla eppure la sua voce l'avrebbe udita, flebile come il sussurro di un'amante al suo orecchio, dolce e rassicurante come una promessa.

    Quando arriverà l'ora della fragola velenosa

    Quando avrai pochi minuti per direi addio a tuo padre

    Quando per pochi secondi stare insieme e potrai dirmi quanto ti dispiace



    Poi quel freddo, umido e oscuro mondo sparì. Rimase solo Takuma, davanti a una tavolo quadrato. Al centro del piatto un tavolo d'argento, al centro del tavolo una fragola.
    Tutto attorno la stanza in cui si trovava era un intrico di alghe lunghe e innaturali, che ricoprivano tutte e quattro le pareti. Non c'era una porta. Non c'era una finestra. C'era solo quella fragola e le alghe in una stanza cubica dal lato di circa cinque metri.
    Gli sarebbero stati concessi solo dieci secondi per analizzare la situazione, poi una semplice alga avrebbe cercato di afferrare il suo piede, partendo dal muro alle sue spalle veloce, ma non troppo [Velocità Rossa].

    Vuoi il sigillo Takuma?

    Vuoi il sigillo Takuma?



    La voce del Sanbi rimbombò nella mente, cancellando all'istante il pensiero dell'alga e della ragazza. In senso letterale sopratutto per la seconda: Takuma avrebbe ricordando la tremenda preoccupazione per la situazione in cui si trovava sarebbe tornata prepotentemente, solo momentaneamente cancellata da quella giovane ragazza che sembrava avergli dato uno scopo.

    Vuoi che mi fidi di te abbastanza?

    Vuoi che mi fidi abbastanza?



    Due alghe sarebbero nate dal soffitto, solo che questa volta avrebbero cercato di stritolare le braccia di Takuma. Malauguratamente queste erano più veloci e forti della precedente. E qualora l'avesse schivati altre alghe sarebbero comparse alle sue spalle e sotto di lui, mirando dapprima ai suoi arti e poi anche al suo collo. Quelle piante marine erano lì per ammazzarlo, senz'ombra di dubbio. [Forza e Velocità aumentano di 2 tacche ad ogni nuova ondata, ad ogni ondata il numero di alghe aumenta di due],

    Perché dovrei fidarmi?

    Perché dovrei fidarmi?



    Stava a Takuma, in un qualche modo, dimostrarglielo.


     
    .
  9. Akashi
        Like  
     
    .

    User deleted



    Faccia a Faccia



    Il Sanbi rispose alla chiamata emergendo dalla cupa oscurità al di là del cancello. Era compiaciuto di quanto era riuscito a mettere in atto e non faceva nulla per nasconderlo. Mi "invitò" a strappare il sigillo, come se io avessi bisogno del suo invito. Per millenario che fosse, forse non era abbastanza saggio da comprendere il modo in cui lui stesso mi aveva. Forse non si era accorto di avermi dotato di un'arma ben più temibile del suo stesso Chakra: forse non si era reso conto di quanto mi avesse angosciato.


    E così, quando con il corpo si portò avanti facendo aprire appena il cancello poggiai senza esitazione il palmo sinistro sul foglietto che gli aveva impedito di venire fuori. Pieno di se come era, probabilmente avrebbe pensato che fossi sul punto di straparlo, ma si sbagliava. Mi aspettai di suscitare la sua sorpresa quando, con una forza che non mi apparteneva, spinsi indietro il cancello richiudendolo completamente. Dopotutto eravamo pur sempre nel mio corpo, e dopotutto quella che mi serviva per chiudere quel cancello non era la forza fisica, ma la forza di volontà, che di certo non mi mancava.


    Spingendo poi la testa tra le sbarre e guardandolo nell'occhio, gli dissi con indifferenza disarmante: Non fare troppo il gradasso. Non sei tu a dare gli ordini qui. Non ora, non adesso che mi hai ridotto ad uno straccio. Stai parlando con un disperato, inutile sacco di Chakra. E sai chi ha messo in mano a questo disperato la Spada della Disperazione? Tu, Numero Tre. Ora come ora per me vivere o morire non fa differenza, mi basta essere messo nella condizione di non creare più danni, di non fare più del male alle persone che amo. Effettivamente però, dal tuo punto di vista, da morto ti farei più comodo. Ma guardiamo la realtà dei fatti. Siamo in mare aperto e se io morissi tu saresti libero, è vero, ma suppongo che la motivazione per la quale in tutti questi anni non hai attaccato Kiri ti impedirebbe di farlo anche ora. Senza contare che li fuori ad aspettarti ci sarebbero una Dragonessa che con te ha qualche conto in sospeso, un re dei Tengu ed un Jonin molto incazzato. Tre entità che ti hanno già messo sotto scacco una volta, non vedo perchè dovrebbero avere problemi a rifarlo. Se poi consideri anche che non è un Jonin incazzato qualunque, ma il Jinchuuriki dello Shichibi...bhe...com'era la leggenda? Tu senza dubbio la conosci meglio di me, Sanbi...com'era, com'era? Mi pare di ricordare che recitasse qualcosa tipo "più code, più potere". Li fuori ci sono 7 code pronte ad aspettarti...tu quante ne hai, numero tre?


    Nessun essere vivente aveva probabilmente mai sfidato a viso così aperto un Bijuu. O perlomeno, nessun essere vivente interessato a rimanere tale aveva probabilmente mai sfidato a viso così aperto un Bijuu. Ma come si suol dire, ad un condannato a morte le minacce di morte fanno il solletico.


    Ed io, in cuor mio dopotutto mi ci sentivo. Condannato a morte, intendo. Bhe perchè, parlandoci chiaramente, sfrontato lo ero, ma non è che fossi scemo. Sapevo benissimo che avrei intrapreso la battaglia con un Demone e sapevo ancora meglio che erano più concrete le probabilità di morire, che di vivere. Tanto valeva quindi voltare la cosa a mio favore.


    Non attesi la sua risposta (a dire la verità non me ne aspettavo una, ed anche se me l'avesse data, lo avrei ignorato) e mi allontanai dal cancello per poter guardare meglio il sigillo. Era malconcio, e sapevo bene che il metaforico significato di quel pezzo di carta aveva gravi implicazioni. Stando a quanto era logoro ero più vicino ad uno scolapasta che ad un jinchuuriki. Avvicinai dapprima il pollice al sigillo, poggiandolo sulla carta e poi dopo un breve attimo di esitazione, lo perforai.


    Tutto tremò come in un terremoto. Sapevo che quello era solo il preambolo di quello che sarebbe accaduto quando avrei rimosso l'intero sigillo e quindi, prima di un nuovo attimo di esitazione, trascinai il pollice verso il basso, strappando tutto il sigillo. Sapevo che era l'inizio della fine.


    Fu come essere investiti da una cascata, ma senza la possibilità di morire d'infarto nel rendersene conto e senza la possibilità di morire annegati. Un mare di chakra gelido, opprimente mi aveva investito. La sensazione fu, ovviamente, famigliare. Era il chakra che avevo dovuto sopportare quando divenni una giara semovente, era il chakra che mi aveva tormentato e portato sul punto di morire qualche tempo prima. E la cosa era orribile.


    L'impeto col quale ero stato travolto mi impedì di tenere gli occhi aperti. Decisi di non aprirli nemmeno in seguito, ma fui costretto a farlo quando la sua voce tuonò nella mia testa. Dovevo vedere dov'era, volevo guardarlo negli occhi mentre mi diceva che gli umani erano divertenti, mentre mi diceva che nella corsa alla protezione degli altri ci scordavamo di proteggere noi stessi. Avrei voluto guardarlo nell'occhio mentre gli dicevo che la saggezza di cui si vantava non riusciva a fargli comprendere l'elementare concetto di aberrazione dell'egoismo. Ma per quanto mi sforzai di cercare in quel mare di chakra, non lo trovai. Senza pensare che probabilmente il mio tentativo di replica lo avrebbe finito semplicemente col lasciarlo divertito.


    Lentamente avvertii il cambiamento attorno a me. L'opprimente chakra stava pian piano assumendo una consistenza fisica, pur restando gelido, pur restando opprimente. Conoscevo una sola cosa al mondo che potesse essere tanto opprimente, conoscevo una sola situazione al mondo che potesse causare tanto malessere. Il chakra era via via diventato acqua, ed io stavo annegando sul serio.


    In quel mondo surreale, ove tutto poteva succedere, il Sanbi si preoccupò di aggiungere qualche elemento coerente col mondo esterno: come attratto da un centro di gravità sprofondai nelle profondità di quel mare immaginario, per poi essere scagliato verso l'alto alla disperata ricerca di ossigeno.


    Trovai l'ossigeno, e trovai anche qualcosa che mi fece dimenticare di Itai, del Sanbi, del Sigillo. Lì, sulla superficie di quel mare che ormai per me era reale in tutto e per tutto, c'era ad aspettarmi l'amore della mia vita. L'apoteosi del mio desiderio sessuale, la fonte del sentimento più forte tra i sentimenti più veri era proprio lì, come per tendermi la mano nel momento in cui più ne avevo bisogno. Con ritrovato vigore mi mossi verso di lei, nel tentativo di raggiungerla, ma lei indietreggiò, chinandosi e sfiorandomi il viso col le mani.


    Le sue candide mani....


    Le prime parole che pronunciò furono per me più letali di una pugnalata in pieno petto. Non era lì per restare, come avrei voluto, il mio amore doveva andare. A tenere vivo il bagliore della speranza, però, mi lasciò una promessa: la promessa di un futuro incontro, con tanto di ricompensa, il sigillo.


    Meschino. L'aggettivo "meschino" era il più calzante di tutti. Gli stava meglio di quanto non gli stesse il guscio, bastardo di una tartaruga. Perchè dico così? Quale può essere la domanda che nasce spontanea dalla promessa di un nuovo incontro? Facile, "quando?".


    Porre quella domanda alla mia amata fu sufficiente a ricordarmi che mi trovavo in un mondo surreale in cui tutto era possibile e niente era reale. Vidi lo spazio distorcersi, piegarsi di fronte a me mentre lei allontanandosi sussurrò parole incomprensibili circa una fragola, del veleno, mio padre ed il dispiacere. Tanto per cambiare, l'acqua, il gelo, il senso di oppressione e la mia amata svanirono del tutto.


    Al loro posto, quattro mura erbacee, un tavolino ed una fragola. Sapevo che qualcosa non andava, ma forse ancora inebriato dal chakra del Tre Code, finii per preoccuparmi di esaminare la fragola. Trattenendola con la mano sinistra, fui sul punto di mangiarla, quando le surreali distorsioni indotte dall'Orbo fecero ancora capolino nella mia mente.


    Un'alga, mossa da chissà quale forza, finì per afferrarmi il piede mentre la sua voce rimbombava nella mia mente. Posai la fragola sul tavolo per concentrarmi sulla sua voce, mentre altre due alghe mi raggiunsero, cingendomi le braccia. Tutto mi fu chiaro, compresi solo in quell'istante di essere stato costantemente ingannato, di aver provato amore sincero per qualcosa che non esisteva. Compresi solo in quell'istante che quell'immagine non era che una pedina e che il mio stesso sentimento mi era stato indotto. Meschino bastardo.


    Ignorai per quanto possibile le sue domande: non dovevo piegarmi alla sua volontà, dovevo essere io ad imporre la mia. Per questo motivo non dovevo assecondarlo, o quantomeno non avrei dovuto rendergli la vita facile. Facendo come se non avesse detto nulla, tentai di liberarmi dalle alghe che mi cingevano le braccia. Strattonandole con forza riuscii a liberarmi dal loro giogo ignaro del fatto che sarebbe stato del tutto inutile. Infatti altre due alghe comparirono dal muro e schizzando come murene raggiunsero il mio corpo. Una mi cinse l'altra gamba, quella ancora rimasta libera, l'altra mi raggiunse il collo.


    Non avrei saputo dire se continuando così sarei morto per asfissia o perché l'alga mi avrebbe spezzato il collo. Quella verdura marina era...dannatamente forte, ed avrebbe finito per stroncarmi la vita se non avessi fatto nulla. Portai entrambe le mani al collo, cercando di allentare invano la stretta dell'alga mentre strattonando avanti ed indietro il piede che per primo era stato imbrigliato. Dopo l'ennesimo strattone l'alga cedette, ma io per via della eccessiva forza impiegata persi l'equilibrio, cadendo.


    Mi sarei aspettato di finire per terra rovinosamente, ma così non fu: due alghe, anch'esse genetesi delle pareti, furono più veloci di me nel cadere, e cingendosi al piede che poco prima avevo liberato ed al bacino, mi sorressero, impedendomi la caduta. Contestualmente, altre due alghe si cinsero attorno ai miei polsi, impedendomi di tentare di fare allentare la presa sull'alga che mi cingeva il collo. Sospeso a mezz'aria come fossi un salume, compresi che non avevo altra scelta che assecondare i voleri del demone, dandogli un motivo per cui fidarsi. Sentivo che la presa di tutte le alghe andava aumentando secondo dopo secondo, quindi non ebbi il tempo per pensare al discorso e, con un filo di voce, vomitai tutto quello che in quel momento ,i passò per la testa: Va..coff coff..va bene, ti darò un motivo, ma allenta questa fottuta presa sul collo, che...coff coff..cazzo non riesco a parlare! Ti devi fidare di me perché hai visto ed avvertito tu stesso il mio orgoglio ed il mio entusiasmo nell'essere diventato un Jinchuuriki, ti devi...coff coff...fidare di me perché nel momento stesso in cui ho avuto la disgrazia di incontrarti in me si è riacceso il desiderio di grandezza proprio solo degli umani destinati a diventare grandi...ti devi fidare di me perché...coff...porca putt...coff...perchè se ho avuto le palle di sfidare un'entità millenaria non avrò l'esitazione di sfidare qualunque microscopica entità mortale che possa popolare questo pianeta...ti devi fidare di me perché per la prima volta dopo...coff coff...per la prima volta dopo chissà quanti anni hai tra le mani un umano determinato a diventare qualcosa di più grande...insieme a te...coff...coff...grazie a te.


    Ero riuscito a pronunciare quell'ultima frase, oppure ero morto nel tentativo di farlo?

     
    .
  10.     Like  
     
    .
    Avatar

    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

    Group
    S. Mod
    Posts
    29,631
    Reputation
    +1,307

    Status
    Anonymous
    La Malattia dei Sogni
    You Cannot Win



    III


    Il demone fece una risata e diede uno scossone alle liane prima di ritirarle e farle sparire. La camera lentamente parve essere risucchiata in se stessa, come se una qualche forza stesse aspirando nel nulla le alghe umide e gocciolanti di acqua di mare lasciando solo il pavimento d’acqua, il tavolino e la fragola al centro ancora nel suo lucido piatto argentato. Il Sanbi emerse in maniera quasi innaturale da quello specchio, senza sollevare onde che la sua immensa mole avrebbe dovuto facilmente alzare. Emerse allo stesso modo dei fantasmi, senza modificare il mondo, forse perché non più parte di quel mondo.

    Mangiala


    Era un ordine. Di quelli seri, perché Takuma avrebbe dovuto mangiarla per forza. C’era una cera questione di illogicità se avesse rifiutato, del resto. Che senso avrebbe avuto se il Sanbi avesse già deciso di ucciderlo, finirlo in quel modo subdolo? Avrebbe potuto soffocarlo poco prima, ucciderlo sfondando il ridicolo sigillo che lo teneva rinchiuso fino a poco prima. C’erano mille e uno più modi per procurare una rapida morte a Takuma e una fragola non rientrava tra questi.
    A sottolineare l’obbligatorietà dell’atto se Takuma per caso avesse cercato di opporsi le sue mani si sarebbero mosse da sole e, privo del controllo del suo corpo avrebbe mangiato, ingoiato e persino gustato quel frutto.
    Che per inciso, era tremendamente amaro. Così amaro da provocare disgusto a chiunque l’avesse assaggiato. Subito dopo avrebbe sentito il suo corpo indebolirsi, fino a farlo rimanere probabilmente privo di forza accasciato al suolo.
    Tuttavia vivo.
    [Perdi un’Energia]

    Le tue parole non mi hanno commosso affatto. Ma devo riconoscerti un certo spirito. Non hai lottato, hai solamente parlato. Di solito arrivati a questo punto tutti scalciano come dei dannati per cercare di salvarsi le chiappe.


    L’enorme belva a quel punto iniziò a diminuire di dimensioni, iniziando lentamente ad assumere una forma umana. Takuma sarebbe stato libero di rialzarsi nuovamente, un po’ indebolito da quel pasto fuori programma ma ancora vivo. Ancora fortunatamente vivo.
    Il Sanbi nel frattempo continuava a deformarsi in maniera quasi orripilante. Rimpiccioliva e la sua carne diveniva sempre più scomposta, con porzioni più gonfie e altre più normali, rispetto a dn’anatomia prettamente umana. Perché il Sanbi si stava trasformando in un essere umano?
    Un vortice d’acqua si sollevò sotto i piedi del demone a quel punto. Il tavolino e il piatto affondarono nelle profondità di un mare senza fondo, l’acqua ricoprì il demone e quando ricadde, persa ogni forza che la sospingeva in alto, lui era cambiato.
    Aveva le sembianze di un uomo. Un uomo con i capelli neri, la pelle chiara e strane vesti. Aveva una spada, dello stesso colore del mare per una metà e delle nuvole dall’altra metà. Quando parlò, parlò la voce del Sanbi sembrava essere sparita. Osì come la sua presenza. A dire il vero del Sanbi sembrava non essere rimasto assolutamente nulla se non quella acquosa dimensione in cui, evidentemente, stava per esserci una lotta.
    Bairai
    Io ero Ken dell’Arashizuka. Io fui Jinchhuriki del Sanbi l’uomo alzò lo spada verso Takuma, che era a circa cinque metri da lui. Ad un tratto i suoi occhi si spensero, divenendo vitrei. Un sorriso distorto e a tratti perverso deformò i lineamenti tranquilli del vecchio Jinchuuriki del Sanbi.
    Il fatto che tu mi chieda di fidarmi di te, Takuma Marumasa, non vuol dire che io sia convinto che tu possa farcela poi Ken barcollò ritrovando l’equilibrio prima di cadere malamente, scosso da quella possessione.
    Strinse la Katana tra le dita e guardò il Marumasa dritto in faccia, piegando poi le labbra sottili in un sorriso carico di tristezza.
    Mi dispiace disse a voce bassa il manichino riesumato dal passato Non puoi vincere allungò una mano appena verso di lui e il suo braccio fu percorso da una serie di lievi quanto poco percettibili scosse elettriche.
    Lo vedo nei tuoi ricordi, non ci riuscirai che cosa intendeva dire con quella frase enigmatica. Forse Takuma non avrebbe avuto la possibilità di dirlo.
    L’uomo fece un gesto con la mano quasi pigro. Due metri dalla destra di Takuma, dalla superficie acquaitca sulla quale camminavano così tranquillamente anche senza l’ausilio del chakra un drago tempestoso avvolto in scariche fulminanti nacque per cercare di abbattersi su Takuma, per scaricare quella potenza fulminante che recava dentro di se [Slot Azione 1] cercando di colpire Takuma sul petto.
    Indipendentemente dall’esito di quella prima offensiva il vecchio Jinchuuriki di chissà quale epoca si lanciò senza timore verso l’attuale (ma non più tanto certo) portatore per attaccarlo. Tuttavia lo fece in una maniera del tutto inaspettata. La spada venne ricoperta da uno strato d’acqua che proveniva direttamente dall’enorme lago che aveva già alimentato il drago. La Katana divenne ancora più potente e aveva un unico obiettivo! Passare con un unico affondo Takuma da parte a parte [Slot Azione 2] dopo quell’affondo l’uomo manipolò nuovamente l’acqua, come solo gli Shinretsu riuscivano a fare. Uno schizzo ad altissima velocità per niente offensivo [Slot Azione 3], ma che aveva il compito di andargli in faccia e distrarlo mentre lui riponeva velocemente la spada e eseguiva qualche sigillo per cercare di intrappolare Takuma vicino a lui in una prigione acquatica. [Slot Tecnica]
    Non puoi vincere disse ancora una volta l’uomo tristemente, vedendo Takuma dalla prigione o poco prima di allontanarsi di tre metri da lui Non con quel cuore debole che cosa doveva fare Takuma?
    Semplice.
    Battersi



    Same no kenjutsu
    Maestira: Previa presenza di un numero di slot dimensionali almeno 10 volte la taglia dell'arma, l'utilizzatore è in grado di utilizzare l'acqua per ricoprire la sua arma e aumenarne la potenza, che aumenta di 5 ogni slot competenza.
    [Da genin in su]


    Prigione Acquatica - Suirou no Jutsu
    Villaggio: Kiri
    Posizioni Magiche: Serpente, Capra, Cavallo, Coniglio, Capra, Cavallo, Coniglio (Lento)
    L'utilizzatore può imprigiornare all'inserno di una sfera d'acqua un obiettivo se questo a contatto con una quantità d'acqua pari a 12 slot dimensionali. All'interno della sfera non sarà possibile respirare o muoversi; è necessaria una forza pari a tre energie superiori l'utilizzatore per annullare la prigionia.
    L'utilizzatore deve mantenere il contatto con la sfera, altrimenti il jutsu sarà annullato.

    Tipo: Ninjutsu - Suiton
    (Livello: 4 / Consumo: Medio - Mantenimento: Basso)
    [Da genin in su]


    Edited by -Max - 9/11/2012, 11:18
     
    .
  11. Akashi
        Like  
     
    .

    User deleted




    A Rotta di Collo




    Sembrerà ridicolo a dirsi, ma non avevo alcuna speranza contro quelle alghe. Strette attorno al mio collo, furono ad un passo dal strapparmi la vita quando, dopo un forte strattone, avvertii l’allentarsi del loro giogo. Inutile a dirsi, avrei potuto continuare a dimenarmi quanto avrei voluto senza ottenere alcun risultato: al demone interessava solo che io stuzzicassi il suo appetito in maniera tale da rendere gustoso ogni brandello della mia integrità che riusciva a strapparmi.


    Non più sorretto dai vegetali, caddi al suolo senza infrangere la vitrea superficie acquatica sottostante ed, a capo chino, ripresi il fiato che la stretta delle alghe mi aveva sottratto. Quando poi sollevai il capo per vedere cosa accadeva, notai che le alghe si erano ritratte del tutto e stavano scomparendo lasciando la stanza completamente nuda. Ebbi appena il tempo di lanciare una rapida occhiata alle spoglie mura della stanza: quasi come risucchiata in un mulinello, la stanza parve avvilupparsi in se stessa, scomparendo del tutto nel giro di pochi istanti.


    Davanti ai miei occhi v’era quindi un’immenso specchio d’acqua solida la cui continuità era rotta solo ed esclusivamente da un elemento: il tavolino con tutto ciò che c’era sopra. La fragola era quindi ancora lì, ed era l’unico elemento della stanza che il Demone aveva estromesso. Era chiaro che rivestisse un ruolo preminente all’interno di quella dimensione, ma quale questo ruolo fosse restava un mistero.


    Prima ancora che potessi chiedermi quale potesse essere il ruolo del frutto, la sagoma del Demone prese a delinearsi fuoriuscendo lentamente dallo specchio acquatico, senza perturbarlo minimamente. In qualunque modo ci riuscisse, violava non meno di quindici leggi della fisica, ma detto francamente il fatto non mi meravigliava più di tanto: ormai il tempo passato all’interno di quella illogica dimensione stava crescendo così tanto che la stessa mi stava permeando al punto che un avvenimento del genere non poteva sembrarmi più anormale di quando anormale potesse sembrarmi il fatto che il sole sorge ogni mattina.


    Quando fu completamente emersa, disse una sola parola: mangiala. Era chiaro a cosa si riferisse, era chiaro che era un ordine e, non so perché, questo fu sufficiente a convincermi a mangiarla. Facendo un passo avanti, presi la fragola e la ingoiai in un sol colpo.


    Maledissi pesantemente l’istante in cui lo feci: amara solo quanto avrebbe potuto essere amaro un bicchiere di petrolio, la fragola mi gettò in preda ad uno stato convulsivo che mai prima di allora avevo sperimentato. Caduto a terra per via del dolore, presi a dimenarmi urlando a squarciagola chiedendo che il dolore finisse. Metabolizzato il fatto che nessuno mi avrebbe dato ascolto, provai immediatamente a mettermi le dita in gola nella speranza di vomitare la stramaledettissima fragola, ma ciò non accadde: quello in fin dei conti non era propriamente il mio corpo, e quello in cui mi trovavo non era propriamente uno spazio fisico. Con tutta probabilità non avevo nemmeno mangiato quella che in fin dei conti nemmeno era una vera fragola. Partiva tutto dalla mente, la mia mente. Non mi resto quindi nulla da fare se non contorcermi e rotolarmi al suolo combattendo me stesso nel desiderio di strapparmi le viscere con le mie stesse mani.


    Dopo qualche minuto di dolore intenso, tuttavia, il malessere andò scemando progressivamente. Contemporaneamente, il Demone prese a parlare, complimentandosi circa il mio spirito. Non ero ancora abbastanza lucido da comprendere appieno il suo discorso, ma quantomeno riuscii a comprendere che il mio discorrere tranquillamente con lui nonostante delle liane mi cingessero il corpo doveva averlo colpito: ecco il modo in cui ne avevo stuzzicato l’appetito.


    Qualche istante dopo, il dolore si fece più sopportabile, qualche istante dopo ancora, mi ritrovai disteso al suolo con un diffuso senso di spossatezza e debolezza. Decisi di non alzarmi ancora, di restare ancora per qualche istante accasciato al suolo per recuperare le forze. Nello stesso istante, il demone cominciò una silente mutazione che lo portava a rimpicciolirsi deformandosi in maniera orripilante. Quando mi rimisi in piedi e volsi lo sguardo alla belva, rimasi così scosso dalla vomitevole scena che arretrai per mettere qualche metro tra me e l’informe massa che si stava modellando sotto i miei occhi proprio là dove qualche istante prima c’era il Sanbi.


    Contorcendosi su se stessa, espandendosi e poi contraendosi più o meno repentinamente, quella massa informe assunse via via sempre più una fisionomia umana, sino al momento in cui mi parve di avere di fronte un vero e proprio essere umano sfigurato. Quando ciò avvenne, un vortice acquatico ricoprì la disgustosa figura che mi si era parata davanti: fui sul punto di credere che stesse per esplodere.


    Sfortunatamente, non fu così. Il vortice andò via via scemando per poi annullarsi completamente: al posto della massa informe, vi era una figura umana ben delineata e persino vestita. La dove prima c’era l’Orba Tartaruga, ora c’era un ragazzo dai capelli lunghi e neri. Questi, brandendo una spada, si presentò come Ken dell’Arashizuka e, al pari di Ryo ed Ishimaru, egli era stato un Jinchuuriki del Sanbi.


    Contrariamente ai due ragazzini che mi avevano aiutato nell’impresa di sigillare il demone dal suo interno, Ken dell’Arashizuka non pareva avere buone intenzioni nei miei confronti: mentre mi puntava la spada contro, notai il suo sguardo diventare vitreo, segno evidente del fatto che, infondo infondo, si trattava ancora del Sanbi. Solo in forma differente.


    A rafforzare la mia tesi, ci fu il cambio di voce da parte dell’Ex Jinchuriki: parlava come se fosse il Sanbi, col suo stesso tono di voce profondo. Sorridendo tristemente parve poi riprendere il controllo di se solo per qualche istante: il tempo sufficiente a cominciare a raccogliere sul braccio quella che parve essere energia elettrostatica, a dirmi che non ce l’avrei fatta, ed a rivelarmi che tutto questo lo vedeva nei miei....ricordi!?


    Dico: stiamo scherzando?


    Evidentemente no, tanto è vero che poco dopo Ken lo Spadaccino diede inizio ad una offensiva che puntava al tramortirmi o, nella migliore delle ipotesi, al catturarmi in una prigione acquatica che avrebbe finito per soffocarmi. Io, dal canto mio, non mi feci trovare impreparato...


    Primo: Tramortire la bestia. Eseguire Muro Acquatico per ergere solida difesa.


    Il drago acquatico che Ken aveva generato mi attaccava muovendosi da destra: troppo rapido per essere schivato, troppo potente per essere subito in pieno, si infranse sulla superficie del Muro Acquatico da me evocato dopo la rapida esecuzione dei sigilli [Slot Tecnica Avanzata] Muro d'Acqua - Suiton: Suijinheki
    Villaggio: Kiri
    Posizioni Magiche: Cane (Veloce)
    L'utilizzatore è in grado di creare un resistente muro d'acqua. La resistenza sarà pari a 50, se rettangolare, oppure 40 se cilindrico, che difenda l'utilizzatore a 360°. Richiede almeno 9 slot dimensionali d'acqua entro 12 metri l'utilizzatore. È possibile mantenerlo un solo round.
    Tipo: Ninjutsu - Suiton
    (Livello: 4 / Consumo: Medioalto )
    [Da genin in su]
    . Il muro, atto a proteggermi sul solo lato dal quale proveniva l’attacco, assorbì in pieno la potenza del dragone.


    Secondo: Eludere Affondo. Eseguire passo laterale per scongiurare rapida disfatta.


    Compresi subito che la spossatezza che la fragola mi aveva causato, non mi avrebbe permesso di schivare l’affondo di Ken senza un piccolo aiutino: impastai un quantitativo di chakra pari a Basso nelle gambe, in maniera tale da migliorare la mia velocità di reazione quel tanto che bastava per eseguire una rapida successione di due passi laterali verso sinistra [Slot Difesa]. Così facendo, evitai che la spada, spropositamente potenziata da quel turbinio di acqua mossa da chissà qual forza, finisse per colpirmi. D'altronde, correre brandendo la spada con una simile rincorsa lasciava ben pochi dubbi sulla traiettoria dell’attacco, rendendo di fatto prevedibile quest’ultimo.


    Terzo: Resistere al Gioco Sporco. Portare le mani al viso per evit...OUCH!


    L’intenzione di potare le braccia davanti al viso per proteggere gli occhi dallo schizzo che stava arrivando rimase solo un’intenzione. Debole com’ero, persino sfruttando il chakra non sarei mai riuscito ad evitarlo. Ma d’altronde, si trattava solo di uno schizzo d’acqua: rapido portai le mani agli occhi, asciugandoli alla meno peggio. Nel frattempo, tuttavia, l’avversario si era portato nelle mie immediate vicinanze, ed aveva dato il via ad una sequenza di sigilli che mi sarebbe stata fatele. Avrei dovuto interromperla, a tutti i costi.


    Quarto: Passare al Contrattacco. Spezzare esecuzione tecnica sfruttando il pomo di Adamo.


    La sequenza di sigilli alla quale Ken era riuscito a dare inizio sfruttando la distrazione dovuta allo schizzo d’acqua che aveva raggiunto il mio viso si rivelò essere lunga, tanto lunga che eseguita ad una tale distanza ravvicinata mi offrì l’opportunità di interromperla. Rapidamente feci fluire un quantitativo di chakra pari a Basso nel braccio sinistro in maniera tale da renderlo quanto più possibile veloce per poi cercare di colpire il collo del mio avversario col palmo della mano: il braccio si mosse rapido distendendosi in tutta la sua lunghezza prima di raggiungere il suo obbiettivo, scaricando con violenza la mia forza sullo stesso [Slot Azione]. In caso di esito positivo, non solo la minaccia rappresentata dalla tecnica (la cui lunga esecuzione non lasciava presagire nulla di buono) sarebbe stata sventata, ma con tutta probabilità l’offensiva mi avrebbe lasciato una finestre utile per finire il mio avversario.


    Quinto: Tramortire violentemente. Mirare alle orecchie.


    Un colpo al collo di quel tipo avrebbe senza dubbio lasciato chiunque disorientato per quel breve lasso di tempo necessario a chiunque per completare l’opera. Muovendomi più rapidamente possibile anche grazie all’ausilio di un quantitativo di chakra pari a Basso, tentai di colpire entrambe le orecchie di Ken con due violenti schiaffoni: distese le braccia, rispettivamente alla mia destra ed alla mia sinistra per raccogliere più forza possibile, sferrai il colpo cercando di colpire l’avversario con i palmi [Slot Azione].


    Sesto: Colpo di Grazia. Rompere la mandibola.


    Se il colpo a palmo aperto indirizzato alle orecchie del mio avversario fosse andato a segno, questi avrebbe provato un forte senso di disorientamento che avrebbe contribuito alla riuscita del mio colpo successivo: un diretto destro volto a colpire la mandibola [Slot Azione].


    Possibile diagnosi finale: collo dolorante, probabile lesione alle corde vocali; orecchie che fischiano, difficolta’ ad usare l’udito e forte senso di disorientamento; mandibola rotta, difficolta’ comunicative. Possibilita’ di dire ancora che non ce l’avrei fatta: Scongiurata.




    StatisticheStatusNessun Danno
    Forza: 300
    Velocità: 300
    Riflessi: 300
    Resistenza: 300

    Agilità: 300
    Precisione: 300
    Senjutsu: 300
    Concentraz: 300

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    • Scarto Laterale [Slot Difesa]


    • Colpo al Collo [AdO - Slot Azione]
    • Colpo alle Orecchie [Slot Azione]
    • Diretto alla Mandibola [Slot Azione]


    • Muro Acquatico [Slot Tecnica Avanzata]



     
    .
  12.     Like  
     
    .
    Avatar

    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

    Group
    S. Mod
    Posts
    29,631
    Reputation
    +1,307

    Status
    Anonymous
    La Malattia dei Sogni
    You Cannot Choose



    IV


    Una forza d'animo ammirevole. Un comportamento esemplare. La voglia di non arrendersi mai.
    Quante qualità aveva espresso Takuma con quella reazione. Quante cose positive aveva fatto vedere.
    Eppure erano insufficienti. Sarebbero bastate contro un avversario in carne ed ossa in un mondo fatto di materia, dove le regole del coraggio potevamo modificare il flusso degli eventi.
    Ma lui non stava affrontando un avversario in carne ed ossa.
    Ma lui non era nel mondo normale.
    Era in un'arena di acqua, ad affrontare un uomo che continuava a ripetergli che non poteva far altro che arrendersi mestamente. Che non poteva farcela con quel cuore.
    Se continuava a dirglielo però c'era un motivo. Quell'immagina residua di un Jinchuuriki del tempo passato altro non poteva che dire la verità. Lo dicevano i suoi occhi grondanti della peggiore delle tristezze. Lo dicevano le sue tristi parole, non urlate ma quasi sussurrate, come si sussurrano le condoglianze dinanzi a un cadavere.
    Takuma aveva reagito, vero, ma del resto a cosa sarebbe servito se quella lotta non avesse portato a nulla?
    Il suo primo colpo impedì alla prigione di essere completata, ma non subì gli effetti sperati. Ben più veloce di lui Ken riuscì a schivare di lato il doppio colpo, impiegando una minima quantità del chakra che possedeva [Slot Difesa]. Un piccolo dettaglio: il suo chakra era quello del Sanbi, pertanto, inesauribile (o quasi).
    Subito dopo egli vide partire il secondo attacco, concatenato al primo e piuttosto che schivare fece la più rapida delle cose. Si protesse.
    Alzò la mano sinistra, che non impugnava la spada abbastanza velocemente da riuscire a colpire il pugno destro di Takuma, deviandolo quanto bastava affinché andasse a vuoto [Slot Difesa]. Un colpo di un'incredibile maestria, un riflessi felino e molta disciplina in un'arte marziale perduta nel tempo. Ken era un'avversario ben più temibile di quello che Takuma avesse potuto pensare.
    Per le sue qualità, senza dubbio. Per la sua maggior forza ed esperienza. Per il fatto che in realtà Ken era il Sanbi travestito.
    Ma anche perché quel contatto appena avvenuto non aveva fatto altro che decretare una mera condanna per Takuma. Il Sanbi aveva deciso di giocare sporco.
    Molto sporco.
    Una striscia di chakra azzurro, proveniente dalla mano di Takuma, rimase incollata saldamente alla mano di Ken.
    Subito dopo Takuma avrebbe sentito qualcosa essere tirato via dal suo corpo. Il suo chakra. Ed opporsi non sarebbe stato affatto facile [Slot Azione]
    Assorbimento del Chakra
    Speciale: Premessa l'esistenza di un collegamento tra il chakra dell'utilizzatore e quello della vittima, l'utilizzatore può tirare a se il chakra della vittima, con Forza pari alla sua Concentrazione. Può tirare fino a Medio. La vittima potrà opporsi con una Forza pari alla sua Concentrazione.
    .
    Takuma avrebbe sentito una certa quantità di Chakra svanire, tirata dall'inesorabile forza dell'avversario, che avrebbe continuato ancora [Slot Azione], cercando con quell'incredibile forza che Takuma non poteva sperare di contrastare, finendo così per rubare persino un'altra manciata di chakra, puntando chiaramente a sfinire Takuma [Slot Azione].
    Perché sei così arrabbiato Takuma? chiese allora Ken, terminando la sua opera di devastazione nei confronti del Genin della Nebbia. Quanto Chakra gli aveva lasciato? Sicuramente ancora molto. Perché non provi a placare il tuo dolore? allora alzò la mano, pronto a succhiare via altro prezioso chakra dal Genin, pronto a finire la sua vita una volta per tutte. Lui l'aveva sentita quella tristezza.
    Quell'indomabile senso di colpa che gli oscurava l'anima. Quando Ken aveva portato via il chakra al Genin, aveva sentito che cosa stava provando negli oscuri recessi della sua anima. Una madre colpita e ferita per la sua furia, per il difetto che recava dentro di se e che non poteva modificare se non provando a sacrificare se stesso.
    Perché ti senti così in colpa, la colpa... La colpa è tua insulso ragazzino! Ahaha, credi che sia stato io a colpire tua madre? Ti consoli così? il Sanbi era tornato nel corpo di Ken. Ancora una volta quella disgustosa trasformazione, che mutò l'espressione triste di Ken in quella maschera d'odio inquietante che era più propria delle bestie che degli uomini Non lo ricordi Takuma? Non lo ricordi tutto il rancore? rise, rise in maniera bestiale, perché rievocava nel giovane Marumasa quelle sensazioni di inadeguatezza che i suoi genitori gli avevano fatto provare, più e più volte nella sua vita perché non era come loro volevano che fosse. Non era un ninja, come suo fratello e la sua abile sorella.
    Tu li odi! urlò allora il Sanbi Li odi ma sei troppo VIGLIACCO per rendertene conto! il Sanbi fece una risata senza fine, distorcendo i bei tratti pallidi di Ken oltre l'inverosimile.
    Fece un salto.
    Un salto troppo veloce affinché Takuma potesse percepirlo, ma ben presto si ritrovò con le ginocchia di Ken sul petto e la sua spada, avvolta in quella striscia d'acqua puntata alla gola. Ken ancora rideva forte, o forse era più corretto dire il Sanbi. Perché Ken parve iniziare lentamente a lottare per emergere nuovamente.
    La sua coscienza non era del tutto svanita.
    Non... c... e...d.. i tratti si distorsero di nuovo Quella di ieri è stata solo GIUSTA VENDETTA! considerando il passato di Takuma, poteva non essere del tutto falso del resto. Un sottile fluido scuro invase quella striscia di chakra che collegava Takuma al Sanbi. Un veleno che raggiunse ben presto il suo corpo, la sua anima, caricandolo di un odio tremendo e ingiustificato.
    Un odio che sarebbe potuto divenire radicato qualcosa nella sua anima avesse trovato terreno fertile per mettere le sue velenose radici. Non si era tuttavia certi del fatto che ciò significasse la morte per Takuma.
    Forse in quel momento tutto ciò che gli stava proponendo il Sanbi era una scelta. Il fatto che lo stesse influenzando in quel modo negativo, era tutt'altra cosa.
    E in mezzo a quel turbinio di puro odio che continuava a rievocare anni oscuri della sua vita, nel quale trovare una giustificazione e persino il piacere dell'atto commesso sarebbe stato molto facile, il Marumasa avrebbe udito una voce.
    Aaaaaaah! STA ATTENTO! MALEDIZIONE TAKUMA STA ATTENTO! e poi ancora un'altra, più gentile Non... devi... ced..er..e.. e poi altre sconosciute. La voce di una donna, altissima e potentissima SONO LA PIU' FORTE! AHAHAHA! ADESSO AVRO' LA MIA VENDETTA! e subito dopo quella di un uomo disperato, evidentemente in lacrime No... No... NOOOOOOO! e altre, molte altre.
    NON DOVEVI UCCIDERLA! NON DOVEVI! TI DISTRUGGERO' CON QUESTO POTERE!
    Io non permetterò... che... questo... mi controlli...
    Figlio mio... figlio mio... PERCHE'!
    IO OTTERO' IL TUO POTERE, MALEDETTA TARTARUGA! E DIVENTERO' MIZUKAGE!
    Noi siamo legati da sempre... ti conosco... quell'ultima voce cancellò tutte le altre SILENZIO!
    La voce del Sanbi sovrastò qualsiasi cosa. Gli occhi di Ken si spostarono sul volto di Takuma, poi le sue labbra sottili s'incresparono in un ghigno.
    Che cosa rispondi?
    Avrebbe odiato? Avrebbe amato? Stava solo a Takuma deciderlo.

    Edited by -Max - 18/11/2012, 03:00
     
    .
  13. Akashi
        Like  
     
    .

    User deleted




    Odi Et Ama





    Il colpo a segno fu sufficiente ad interrompere l’esecuzione della tecnica, ma i successivi furono un disastro. A nulla valse il tentativo di stordirlo colpendolo alle orecchie, a nulla valse il tentativo di rompergli la mandibola. Evitato il mio colpo alle orecchie, parato il pugno alla mandibola, mi resi conto di avere a che fare con un avversario al di sopra della mia portata, specie considerando gli effetti indotti dalla fragola.


    Tuttavia, dovevo aspettarmi che in quella realtà tutto fosse costruito per giocare a mio sfavore. Tutto. Fu davvero stupido a pensare anche solo di poter portarmi in una situazione di vantaggio colpendo punti critici del corpo umano: con tutta probabilità i concetti classici dell’anatomia umana valevano a poco contro Ken, che si trattava solo un un ammasso di chakra dalle fattezze umane. Era davvero stupido pensare di potermela giocare alla pari col Demone, che disponeva di tutti i mezzi necessari a farmi fuori quando voleva.


    La domanda che sorse spontanea fu dunque: perchè allora non lo faceva?


    Fui stupido anche a pormi quella domanda. Era evidente che di li a poco lo avrebbe fatto, solo avrebbe prima dovuto divertirsi quanto più possibile. Prima di abbandonare l’osso, avrebbe dovuto prima spolparlo per bene, rosicchiarselo e se possibile succhiarne anche il midollo. Era davvero stupido pensare di poter ragionare in maniera logica col Sanbi, eppure continuavo in cuor mio a farlo.


    Eccesso di fiducia malriposta in una creatura più subdola di tutti i mercanti del porto di Kiri messi insieme? Forse. Forse in cuor mio continuavo a sperare che un giorno o l’altro le cose tra me ed il Sanbi sarebbero andate come andavano tra Itai e lo Shicibi.


    Forse. Sempre se non ci rimettevo la pelle.


    D’un tratto, infatti, mi ritrovai con una sorta di fettuccia eterea azzurrina attaccata alla mano. Di primo impatto, come è ovvio, tentai di staccarmela, ma chiaramente ciò non era possibile, semplicemente perchè non era previsto che lo fosse.


    Compresi subito cosa quella fettuccia rappresentasse nel momento stesso in cui avvertii il drenaggio di chakra. Avverti quasi con dolore di come il chakra migrasse fuori dal mio Taiten passando proprio per quella sorta di collegamento tra me e Ken. Nel giro di pochi secondi, con tre risucchi ben assestati ai quali non potetti resistere, mi ritrovai con una quantità di chakra assai esigua. In così poco tempo, il Sanbi mi aveva ridotto ad uno straccio.


    Ad opera compiuta, Ken mi rivolse ancora la parola. Mi chiedeva per quale motivo fossi arrabbiato, mi chiedeva di provare a placare la rabbia. Ma a cosa si riferiva? Forse al fatto che avrei dovuto abbandonarmi al mio destino consegnandomi inerte nelle mani del Sanbi? Chiaramente no, ma in quel momento la cosa non mi fu chiara.


    Il Jinchuuriki dell’era passata mi soffiò ancora del chakra. Io finii a terra stremato. Ancora qualche altro risucchio e sarei inevitabilmente morto. Il che mi andava anche abbastanza bene, ma non sono sicuro di poter dire la stessa cosa per Itai. Non se lo sarebbe mai perdonato e, benchè la cosa che più mi importava era far finire in un modo o nell’altro il mio essere pericoloso, dovevo ancora qualcosa a quell’uomo che, anche se involontariamente, mi aveva reso così speciale. Dovevo trovare la forza per lottare anche pensando a lui.


    Poi alla sensazione di poter stramazzare al suolo da un momento all’altro, si aggiunse la rabbia. Rabbia pura, rabbia inverosimilmente grande, risvegliata da un Sanbi che si stava divertendo troppo alle mie spese. La voce del Jinchuuriki mutò repentinamente nella sua giusto per ricordarmi di quello che avevo fatto a mia madre, giusto per ricordarmi che la colpa era solo ed esclusivamente mia.


    Ciò che disse dopo, fu ciò che mi distrusse più di tutto. Mi disse che odiavo i miei genitori. Mi disse che li odiavo ma che ero troppo vigliacco per ammetterlo. E questo, non tanto perchè a dirmelo era una creatura ancestrale temuta dal mondo intero, quanto per il fatto che per una breve frazione di secondo, una idea insana lambì pericolosamente i meandri del mio cervello.


    Per una breve frazione di secondo, pensai che il collegamento intimo tra me ed il Sanbi, gli permettesse di leggere la verità nel mio subconscio. Pensai che la fusione tra me ed il Sanbi gli permettesse di scavare nel mio vero io apprendendo cose che nemmeno io ero conscio di pensare. Per una breve frazione di secondo, pensai davvero di odiare i miei genitori.


    Pensai di odiarli per le pressioni che mi avevano da sempre messo, pensai di odiarli per tutto ciò che mi avevano negato affinchè seguissi la strada che loro avevano scelto per me, pensai di odiarli per essersi messi tra me e quello che volevo essere.


    E fu per questo che, quando Ken saltò rapidamente verso di me, non mi spostai. Fu per questo che, ignorandolo quasi del tutto, finii per non avvertire il dolore dell’impatto delle sue ginocchia sul mio petto. Fu per questo che non mi feci male quando battei la testa sul rigido specchio acquatico che sottostava in quella fredda dimensione.


    Il pensiero che il Sanbi potesse aver ragione circa l’idea che avevo dei miei parenti più cari faceva più male di qualunque colpo subito. Mi resi conto della situazione in cui mi trovavo solo quando la lama ricoperta d’acqua della spada di Ken, lambì il mio collo.


    Poi, qualcos’altro accadde. Compresi in quel momento di come Ken fosse solo un’altra pedina nelle mani del Sanbi, di come anche lui come Ishimaru e Ryo stesse cercando di aiutarmi. Quasi come riemergendo da un mare che stava asfissiando anche lui, parve volermi suggerire qualcosa. Riuscì a pronunciare solo qualche lettera prima che il Sanbi riprendesse le redini tra le mani, ma io compresi quello che voleva dirmi.


    Forse perchè in quell’istante avevo bisogno di sentirmi dire “non cedere” o forse perchè davvero Ken cercò di dirmi di non farlo, avvertì la vicinanza di quel Jinchuuriki del passato. Avvertii di come morire non sarebbe stata una soluzione adatta al problema.


    In quel momento realizzai che l’unico modo che potevo permettermi per impedire al Sanbi di servirsi del mio corpo per fare male ai miei cari era quello di sigillarlo per bene dentro di me.


    Morire non era più ammesso.


    Questa fu la mia panacea, il mio antidoto per quello che il Sanbi cercò di farmi dopo. Il seme dell’odio che cercò di piantare in me non avrebbe trovato terreno fertile, il Veleno dell’odio avrebbe trovato in me un’organismo immune.


    Non odiavo i miei genitori. Non avrei potuto mai odiarli. Se così fosse stato, la mia reazione alla presa di coscienza di ciò che avevo fatto a mia madre non avrebbe avuto senso. Non avrebbe avuto senso la gioia di rivedere la mia famiglia in ospedale, non avrebbe avuto senso la gioia di dire a papà che finalmente poteva essere fiero del suo primogenito maschio. Non avrebbe avuto senso il ritrovato spirito di vivere che adesso mi pervadeva.



    Mille voci di sconosciuti presero a turbinarmi nelle orecchie, ignorarle era difficile ma anche prestar loro ascolto lo era. Odio, disperazione, sgomento, rammarico, risolutezza dolore, entusiasmo, rassegnazione, vendetta, ambizione: in quel turbinio di voci ce n’era per tutti, ma io sapevo che risposta dare al Sanbi prima ancora che lui potesse pormi la fatidica domanda: odi o ami?


    Ken non avrebbe potuto uccidermi, o forse era meglio dire che non voleva uccidermi: sfinito com’ero, con una spada puntata alla gola, se avesse voluto lo avrebbe già fatto. Era quindi giunto il momento di dare un chiaro segnale al Sanbi. Portando la mano destra lentamente al collo di Ken, e cominciando a serrare la presa via via sempre più forte, cominciai a parlare direttamente sol Sanbi dando vita a quello che probabilmente sarebbe stato il monologo più risoluto fatto da me alla Tartaruga:


    Vivi dentro di me da ormai più di un mese, ed ancora non hai imparato niente di me. Persino il più stupido degli uomini avrebbe carpito qualche dettaglio della mia personalità semplicemente condividendo una camera d’albergo con me, e tu che invece con me condividi TUTTO non hai compreso i più elementari aspetti della mia personalità. Mi chiedo se tu non mi stia prendendo in giro, perchè la cosa ha dell’incredibile, Numero Tre. Davvero non hai capito che non è necessario che tu mi dica che la colpa non è tua ma mia? Davvero non hai capito che sono perfettamente a conoscenza del fatto che non sei stato tu a colpire mia madre, ma sono stato io? Davvero non ti è chiaro il motivo per il quale sono venuto qui con Itai? Davvero non ti è chiaro il motivo per cui mi sono detto più e più di una volta che anche morire sarebbe stata una buona soluzione per prevenire altri futuri MIEI danni? Davvero credi che io possa arrivare a scrollarmi di dosso delle colpe indicando te come mio capro espiatorio? Davvero credi che io sia così mollaccione da non prendermi la responsabilità delle mie azioni? Davvero non hai compreso che se sono scappato dopo essermi reso conto di aver colpito mia madre è stato per via del senso di colpa? Feci una piccola pausa, poi ripresi: Davvero hai compreso così poco di noi esseri umani che non riesci a comprendere di come il senso di colpa di una persona nei confronti di qualcuno riveli quanto una persona odia od ama? Tu hai provato senso di colpa nel tentare di inghiottire me ed Itai quando ti abbiamo catturato? No. Ne sono sicuro. Perchè tu sei una maledetta creatura che odia il genere umano a prescindere da quello che è in grado di mostrarti. La tua noncuranza nei confronti del genere umano tradisce l’insulsità di questo giochetto a cui mi hai appena sottoposto. Ci stavi riuscendo, stavi facendo attecchire il seme dell’odio nel mio cuore. Poi mi è bastato ricordarmi di quanto fai schifo per ricordarmi di quanto io ami la mia famiglia. L’odio porta la gente a diventare come Voi. Sei tu il Vigliacco.

    Se prima il Sanbi mi avesse permesso di raggiungere il collo di Ken, a questo punto la stretta della mia mano destra sarebbe diventata così potente che avrebbe potuto spezzato il collo ad un bue.

     
    .
  14.     Like  
     
    .
    Avatar

    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

    Group
    S. Mod
    Posts
    29,631
    Reputation
    +1,307

    Status
    Anonymous
    La Malattia dei Sogni
    You Cannot Control Me Anymore!



    V


    Sei tu il vigliacco.
    Quell'ultima frase fu pronunciata con una forza d'animo tale che il Sanbi arretrò di un passo, interrompendo il contatto. Ancora nel corpo di Ken il Sanbi fece un'espressione strana, come di disgusto seguita da una rabbiosa faccia carica d'odio puro. Lui non era un vigliacco.
    Tra tutto ciò che Takuma avrebbe potuto fare in quel momento, non era compreso il mero insulto.
    Ma tutto ciò che aveva detto prima non era rimasto inascoltato. Le sensazioni che quel legamento avevano trasmesso al Sanbi erano rimaste impresse quasi a fuoco sulla sua pelle, che era le pelle di Ken. La mano che prima teneva quel diverticolo di chakra iniziò ad annerirsi e lentamente la figura di Ken svanì, disgregandosi nell'aria come vento. Il viso di Ken, distorto dalla rabbia del Sanbi, cambiò, tornò per un momento sereno, probabilmente liberato da quella possessione forzata e con voce flebile parlò.
    Ce... ce l'hai... fatta... e così Ken Arashizuka scomparve nuovamente nelle memorie di Isode.
    Takuma si ritrovò solo per un solo istante. Poi l'acqua iniziò a vibrare e immediatamente dopo, ad una cinquantina di metri riemersi il bijuu, dall'espressione furiosa come non mai.

    sanbi



    Si protese in tutta la sua statura e allungò il capo in avanti, senza dire una parola, caricando sulla sua bocca distorta una sfera scura che si fece lentamente più grande.
    Quello era l'attacco finale del bijuu.
    Il colpo riservato a chi lui non voleva far vivere. Un colpo che avrebbe ucciso Takuma.
    Ma a differenza del Sanbi, Takuma non era solo. Aveva gente a supportarlo indirettamente, gente che gli aveva fornito la forza di non cedere quando il bijuu aveva cercato di trascinarlo sulla via della violenza. Gente che lo amava.
    Aveva la sua famiglia.
    Poi c'erano persone, come il suo maestro, che lo stavano supportando senza che se ne rendesse conto.
    Sopravvivi a questo, moccioso! urlò la bestia mentre l'accumulo di energia pareva rallentare sempre più Nessuno mi da del vigliacco... NESSUNO!
    E sparò.

    NT48



    La sfera di energia era veloce, ma stranamente, pareva parecchio rallentata e piccola rispetto a ciò che ci si sarebbe potuto aspettare dalla furia dilagante del Sanbi. La Bijuudama solcò le acque, infossandole e sollevando muraglie di onde al suo passaggio violento, scagliata con grande furia verso Takuma.
    E ci fu un'esplosione, sicuramente smorzata, che non avrebbe affatto danneggiato il Marumasa. Lui avrebbe solamente sentito una fortissima spinta all'indietro, che l'avrebbe fatto allontanare di parecchie decine di metri. Una volta rinvenuto avrebbe notato la comparsa in quella dimensione di un secondo Bijuu.
    Una lince con sette code. L'aspetto era felino, ma le proporzione alquanto strane: così come per il Kyuubi lo Shichibi aveva mani umane, artigliate e una fisionomia nella prima metà del corpo più simile a un'umano che a un animale.
    Il corpo del Bijuu fumava a ben presto si rimpicciolì di parecchi metri finché, al posto dello Shichibi, non apparsi io. Ero affannato e inginocchiato sull'acqua e se Takuma si fosse avvicinato a me avrebbe visto l'autentica furia sul mio viso.
    TU!
    Io dissi con un sibilo sommesso, trattenendo a stento la mia furia Dimmi, razza di idiota, avevi intenzione di ammazzare Takuma? Se in questo momento non stessi immettendo il mio chakra per contatto in questa dimensione, lui sarebbe morto. Dimmi Sanbi, da quando in qua i Bijuu si comportano così? chiusi gli occhi e quando li riaprii erano dorati felini e la voce non più mia.
    Oh oh oh... chi si rivede... uno che è stato sconfitto in quel modo reagire in maniera così brutale... Kaku arricciò le mie labbraHo osservato attentamente cosa è successo qui dentro... il giochetto con le alghe, quella fragola, poi hai resuscitato il tuo Jinchuuriki... e poi? Hai cercato di farlo diventare come te, fallendo... e quando ti sei reso conto del fallimento, hai cercato di uccidere anche lui? Come hai fatto con i precedenti... Ahahahaha! AMMETTI LA SCONFITTA!
    MAI! Non perderò! Lui sarebbe già morto se non foste intervenuti!
    Proprio non capisci, Sanbi? ero tornato di nuovo in me La mia presenza è proprio ciò che porterà Takuma alla vittoria, ciò che mi spinge ad essere qui è proprio ciò che ti ha sconfitto prima. Puoi reagire con violenza, ma dimmi... i miei tratti si fecero di nuovo felini Credi che se tu fossi stato destinato a vincere... Noi saremmo potuti intervenire?
    Ci fu un silenzio inquietante, in cui il Sanbi parve non capire cosa stava accadendo.
    TU NON HAI PIU' IL CONTROLLO! e una serie di catene comparvero dall'acqua, avvolgendosi attorno al Sanbi, inchiodandolo al suolo.
    Poi composi un unico sigillo, quello del Serpente e la mia figura si fece immediatamente più evanescente.
    Takuma, l'unica cosa che posso fare... cioè che può fare Kaku, è ricostruire un sigillo identico al mio, quindi funzionale. Tuttavia, sarà ancora incompleto il manto del demone mi ricoprì la pelle e due code comparvero, iniziando a comporre sigilli.
    In realtà era Kaku che stava comandando le code in quel momento.
    Il Sanbi, di contro rimase immobile, senza potersi muovere, senza poter controllare più quella dimensione per via del colpo che Takuma, precedentemente gli aveva sferrato.
    Dovrai trovare la chiave, Takuma, e il Sanbi ti renderà il tutto difficile. Lui non voleva farsi sigillare dall'inizio, aveva preventivato dall'inizio di ucciderti. Quindi aspettati una certa resistenza. quindi sorrisi appena Comunque vadano le cose, sono fiero di te, Takuma. Sei riuscito, anche senza volerlo, a prendere il controllo di questa dimensione. Hai capito che ad un Jinchuuriki, per avere la meglio contro il proprio demone, serve una cosa più semplice del potere e dell'odio... le code di chakra si fermarono, e svanirono Serve solo un motivo per cui lottare.
    E un istante dopo, sparii.

    Proprio in quel momento una moltitudine di sbarre si sollevarono dinanzi al Sanbi, legato da quelle strane catene e un sigillo ancora incompleto apparve al posto della serratura di quell'enorme cancello. Takuma avrebbe sentito il suo ventre bruciare e se avesse visto cosa stava accadendo sulla sua pelle avrebbe notato il sigillo, circolare e variegato, formarsi lentamente. Aveva tuttavia un difetto: sembrava aperto.
    Al centro difatti c'era un vero e proprio buco scuro così come al centro della serratura non c'era niente che potesse chiuderla.
    Ma fortunatamente il Sanbi era legato a quelle strane catene luminose e quindi non poteva ancora sfondare in cancello e scappare. Ma quelle catene a cosa erano legate?
    Takuma non sapeva che ero stato io a portarle: molti Jinchuuriki nel tempo, infatti, acquisivano la capacità di creare quella limitazione per il proprio Bijuu. Il mio rapporto con Kaku non era ancora idilliaco, ed ogni tanto mi vedevo costretto ad usare quell'ignobile trucco. Solamente che nel momento stesso in cui ero andato via Takuma aveva ricevuto in eredità l'unico modo per tenere il demone nella gabbia.
    Sentì le forze aumentare e non solo: quelle catene strapparono un'enorme quantità di chakra dal Sanbi che andò a rafforzare Takuma e a rimpinguare la sua riserva [Considera attivato il Livello II].
    Le catene sarebbero apparse sulle mani di Takuma e una forza elevatissima avrebbe iniziato a tirare verso il basso [Forza: Viola], e lui poteva solo sperare di limitare quell'avanzata, grazie a quelle nuove forze.
    Pensi... che ti darò... la chiave?! urlò il Sanbi, evidentemente sotto sforzo. Takuma però avrebbe avvertito altro. Quelle catene non erano semplici costrizioni, il fatto che avessero trasferito del chakra lo dimostrava. Se si fosse concentrato abbastanza Takuma avrebbe potuto entrare in contatto con la mente stessa del Sanbi, entrare in quel groviglio di cieca furia che era quel Bijuu.
    E se l'avesse fatto, avrebbe avuto sorprese.

    Ad attenderlo in una stanza scura c'era Ishimaru. Non c'era alcuna luce nella stanza eppure sia Takuma che il vecchio Jinchuuriki si riuscivano a vedere perfettamente.
    Aaaah, è proprio un pazzo! Cioè... ti avrebbe ucciso solo per ripicca persino dopo che l'hai sconfitto! Che idiota assurdo! ma poi fece un sorriso smagliante, alzando n pollice in senso di approvazione Però diavolo, sei vivo ed è questo che importa. So che cerchi la chiave Takuma... Ma non so dirti dov'è. Però forse... ricordi se il Sanbi ti ha detto qualcosa che non riuscivi a capire? Anche sotto mentite spoglie, sai com'è, non è propriamente una bestia che ama esprimersi con chiarezza.
    Takuma era nella mente del bijuu, totalmente al buio, con solo Ishimaru a tenergli compagnia.
    Comunque, se ci tieni a saperlo Takuma, questa dimensione finché lo tieni bello fermo avrebbe sentito gli strattoni che il suo corpo virtuale stava subendo persino in quella dimensione è sotto il tuo controllo... per meglio dire, se crei qualcosa di preciso, il Sanbi inconsciamente riempirà il tutto con i suoi pensieri e ricordi. Non credo che sappia che tu sia qui. Allora, ricordi?

    Quando arriverà l'ora della fragola (Ichigo) velenosa

    Quando avrai pochi minuti per direi addio (Sayonara) a tuo padre(Otōsan)

    Quando per pochi secondi starete insieme (Issho ni) e potrai dirmi quanto ti dispiace (Gomen'nasai)



    Poi altre parole comparvero nella mente di Takuma, come se fossero state pronunciate da quella stessa ragazza, in quel momento.

    Allora, quando sarà quell'ora, vieni a cercarmi nel luogo dove tutto questo è iniziato e ti darò la chiave per il mio cuore.

     
    .
  15. Akashi
        Like  
     
    .

    User deleted




    Hotel Takuma




    La posizione in cui mi trovavo non era certo delle più comode, e sfidare il Sanbi nella sua dimensione quando da un suo gesto dipendeva la mia vita non era di certo stata una delle mie idee migliori, ma d'altronde l'avevo già fatto qualche tempo prima. Ormai lo avevo capito, sapevo come funzionava. Non si trattava di muscoli, ne tantomeno di sfoggiare le tecniche più forti o più complesse. Si trattava semplicemente di tentare di smuovere l'animo di quella stramaledetta bestia stupendola, ubriacandola per poi soggiogarla quando se ne presentava la possibilità. Sul piano dello scontro fisico, la lotta era impari.


    Persino in quel momento lo era: io, disteso al suolo con un precedente Jinchuuriki pronto a tagliarmi la gola, quante possibilità avrei avuto di scamparla? Sarebbe bastato un solo istante a porre fine a quella che ai suoi occhi doveva apparire come la mia "insignificante vita", eppure non era successo. Non aveva infierito, non mi aveva ucciso, perché la consapevolezza di poterlo fare in qualsiasi momento lo aveva portato a trovare più eccitante il tentativo di alimentare la scintilla di un'odio da lui stesso innescata poco prima. E nel fare ciò, il Sanbi era caduto.


    Immortali, pericolosi, presuntuosi, potenti, grossi, oltremodo malvagi....si potrebbe continuare fino a stilare una lista chilometrica di aggettivi che descrivano i Bijuu, ma l'intera lista non li descriverebbe meglio di quanto la sola parola "Orgogliosi" è in grado di fare. Ed ormai io l'avevo capito che colpire nell'orgoglio il Sanbi, per quanto rischioso, gli avrebbe fatto più male di quanto mille cannonate avrebbero mai potuto fargli.


    Anche quella volta era successo questo. Nel dargli del vigliacco avevo colpito un nervo scoperto e, come fossero fiamme ardenti, le mie parole finirono per incenerire l'Ex Jinchuuriki che, dopo una smorfia di disgusto, tornò sereno in viso: il giogo del Sanbi su di lui s'era finalmente sciolto, ed io inorridito da quanto gli era appena successo, indietreggiai strisciando di qualche metro.


    Rimasi, poi, per qualche istante solo, avendo modo di rimettermi in piedi. Attorno a me, c'era solo un'enorme distesa di acqua, acqua che era fin troppo calma viste le circostanze. La situazione non mi era nuova, e la sensazione che provai fu quella che si prova nel vivere un Deja-Vù: quel luogo, quel mare immondo riportò alla mente le immagini, ancora piuttosto fresche nella mia mente, del mio primo contatto con il Sanbi. Lo specchio d'acqua nel quale io ed Itai ci eravamo avventurati era calmo proprio come quello sul quale poggiavo i piedi, e ricordando come finì, non ebbi affatto bei presentimenti.


    Quando quindi vidi il Sanbi emergere ad una cinquantina di metri dalla mia posizione con intenzioni tutt'altro che amichevoli, detestai il fatto di avere quasi sempre ragione. Più furioso che mai, l'Orbo si protrasse in avanti spalancando le sue temibili fauci. Lentamente un ammasso di quello che a prima vista poteva apparire come Chakra Puro andò progressivamente accumulandosi tra i denti dell'orribile Tartaruga. Ad ogni istante che trascorreva le dimensioni della sfera aumentavano, lasciandomi ben poche speranze di sopravvivenza. Io, dal canto mio, rimasi paralizzato ed inerme di fronte alla manifestazione di un così enorme potere: del resto cosa si può fare in una situazione del genere se ci si trova in un posto nel quale a perdita d'occhio, ovunque ci si giri, si può trovare solo...acqua?


    Avvertii che una lacrima solcò il mio viso mentre ormai percepivo in maniera consistente la pressione che tutto quel chakra stava causando. Cadendo inerme al suolo, per la prima volta rimpiansi l'aver sfidato a viso aperto quella bestia nonostante sapessi che non sarei morto o, per meglio dire, che non sarei morto in base alla comune interpretazione della parola "morto". Tuttavia, iniziavo a rassegnarmi al fatto che la condizione in cui quell'attacco m'avrebbe ridotto sarebbe stata senza dubbio più vicina alla morte di qualunque altra e ben presto accettai l'idea che le ultime parole che le mie orecchie avrebbero udito sarebbero state "Sopravvivi a questo, Moccioso! Nessuno mi da del vigliacco...NESSUNO!". Monito perfetto per qualcuno che, come me, non sa tenere la lingua a posto. Chiusi gli Occhi, e tutto esplose.


    Pensai che sarei morto, ma così non fu. E' vero, un'enorme forza mi catapultò a parecchi metri dal posto nel quale mi trovavo, tramortendomi, ma dopo una fase di preparazione così lunga, e dopo l'accumulo di una così immane quantità di chakra, ci si aspetterebbe di finire a pezzetti, piuttosto che semplicemente scaraventato...ed in effetti avrebbero dovuto raccogliere i miei pezzetti con un cucchiaino se non fosse stato per l'intervento di Itai, il mio sensei.


    Quando ripresi i sensi mi resi conto di non essere più solo col Sanbi in quella dimensione: distinsi in maniera piuttosto netta una lince a sette code, di dimensioni paragonabili a quelle del Sanbi ma dai tratti più umani. Questa assunse via via sempre più i tratti tipici dell'anatomia umana, sino a lasciare spazio alla figura di Itai. Quasi non credetti ai miei occhi, ma prima di poter lanciare una imprecazione mi ricordai di dove mi trovavo, cosa che fece rientrare tutto quello a cui stavo assistendo "normale". Osservai quindi di come il Biondo intraprese un discorso a tu per tu col Sanbi, quasi come se stesse bacchettando un amico di lunga data. Di tanto in tanto, Itai lasciava spazio al suo Bijuu, la Lince, la quale si divertì a prendere in giro il Sanbi. Per quanto la cosa mi stesse facendo piacere (finalmente qualcuno che stesse dalla mia parte!) inorridii al pensiero che un giorno io ed il Sanbi avremmo potuto fare...di questi...scambi. Allontanando dalla mia mente l'immagine di un'ibrido umano-tartaruga, compresi come mai l'attacco di proporzioni titaniche lanciato dal Sanbi non aveva decretato la mia fine: Itai e lo Shichibi mi avevano garantito, sin dall'inizio, il loro supporto nella battaglia contro il Sanbi.


    Avvicinandomi ad Itai continuai ad ascoltare il discorso, il quale assunse una piega strana: da come Itai stava parlando sembrava quasi che la mia sopravvivenza fosse legata semplicemente al volere del destino, e non alle mie mosse. La cosa mi offese non poco, ma la delicatezza della situazione mi fece passare subito oltre. Continuai ad avvicinarmi ad Itai, pian piano, passo dopo passo mentre lui continuava nel suo discorso. Ad un certo punto, dall'acqua sulla quale stavo camminando sbucarono fuori delle enormi catene che, così come le alghe avevano fatto con me, intrappolarono il Sanbi. Questi, inerme, aveva appena perso il controllo del suo mondo. Fu estremamente eccitante vedere la figura del Sanbi sottomessa, fu estremamente appagante vedere di come anche colui che hai imparato a temere può subire angherie e soccombere sotto l'azione di qualcuno che sta dalla tua parte. Trasudavo entusiasmo, e per quanto ero vicino ad Itai, probabilmente anche lui avrebbe potuto accorgersene.


    Itai, già. Doveva essersi accorto della mia presenza, dato che dopo che il Sanbi fu reso inerme, si voltò verso di me rivolgendomi la parola per la prima volta da quando era entrato nella Dimensione Demoniaca. Aveva un che di strano, dal momento in cui era semi-trasparente, ma ormai più nulla mi turbava in quella dimensione. Le sue parole, comunque, chiarirono quello che sarebbe stato il mio compito da quel momento in poi.


    Le code di Chakra che si erano materializzate alle sue spalle avevano preso a muoversi componendo una lunga serie di sigilli: mi stava costruendo una serratura adeguata al cancello che avrebbe tenuto a bada l'Orbo. La cosa più strana era che l'aiuto per ridurre in schiavitù un Bijuu proveniva proprio da un'altro Bijuu in schiavitù. Ma come ho detto, nella Dimensione Demoniaca nulla è improbabile.


    Mentre le code sinuose si muovevano, Itai riprese a parlarmi spiegandomi dettagli sulla vicenda che mi erano sfuggiti. Compresi solo in quel momento di essere stato fregato dal demone, di averlo solo divertito. Compresi solo in quell'istante che in nessun modo ognuno dei passi che avevo mosso mi aveva avvicinato alla conquista di un sigillo normale. Strinsi i pugni dalla rabbia con forza tale da far sbiancare le nocche, ma non dissi nulla. Mi limitai solo a guardare in basso, pieno di vergogna. Con tutta probabilità divenni paonazzo. Ma Itai non parve curarsene, e continuò a parlare. Ciò che disse fu sul punto di commuovermi: sino a quel momento nessuno mi aveva mai detto di essere fiero di me. Certo, c'erano i miei genitori che me lo avevano detto in ospedale, ma loro non contavano: oltre ad essere di parte, si sentivano anche in colpa per l'avermi spinto tra le fauci di un demone. Ricevere i complimenti da parte di una persona che stimavo molto sortì su di me, in quel frangente, un grande effetto rinvigorente. Guardai quindi Itai con gli occhi lucidi, e quando fui sul punto di ringraziarlo, lui svanì, lasciandomi di nuovo solo col demone.


    Avrei dovuto rimandare i ringraziamenti a quando sarei uscito di lì: un motivo in più per imbrigliare il demone il più presto possibile. Quasi in contemporanea alla sparizione di Itai, una serie di sbarre andarono a disporsi attorno al Sanbi che, costretto al suolo dalle robuste catene che prima erano apparse, si ritrovò completamente imprigionato alle spalle di un cancello che però andava ancora chiuso. Qualche istante dopo avvertii un forte bruciore allo stomaco e sollevai la casacca per rendermi conto di quel che stava succedendo: così come il cancello che si trovava di fronte ai miei occhi aveva una serratura ancora incompleta e senza chiave, allo stesso modo il mio stomaco presentava un enorme buco che, evidentemente, andava colmato. Proprio in quell'istante un fiume di chakra prese a scorrermi dentro, rinfocillandomi. Sentii la forza crescere nelle mie braccia, e quando vidi l'altro capo delle catene materializzarsi nelle mie mani, compresi quello che avrei dovuto fare.


    Con un forte strattone, improvviso, il Sanbi mi fece avanzare di qualche metro. Mi aveva colto di sorpresa, e per questo era riuscito a strattonarmi, ma a giudicare dal livello della forza che mi aveva trascinato, non doveva avere il pieno possesso delle sue facoltà. Era diventato un avversario alla mia portata, e per questo avremmo dovuto combattere ancora, per l'ultima volta. Ed io avrei dovuto vincerlo.


    Impugnai le catene a due mani, puntai i piedi al suolo e portando indietro il bacino cominciai a tirare più che potessi avvalendomi della mia nuova forza. Più tiravo e più avvertivo che qualcosa, all'interno del mio corpo, serpeggiava bruciante: era il Chakra, il Chakra che avevo strappato via al Sanbi. Ovunque esso passasse mi riempiva di straordinaria potenza permettendomi, istante dopo istante, di guadagnare metri impedendo contestualmente alla Tartaruga di liberarsi dal giogo che l'attanagliava.


    Ma c'era qualcosa in più. Fu in quel preciso istante che cominciai a credere di essere ad un passo dalla vittoria. Fu in quell'istante che compresi quanto grandi fossero le mie possibilità. Fu solo allora, quando compresi che erano state le catene stesse a rinfocillarmi, che compresi che il tempo di "Takuma la Bomba ad Orologeria" erano giunti al termine.


    Perchè se un fiume di chakra era stato in grado di raggiungere me partendo dal Demone, non c'era motivo per il quale non fosse possibile che io raggiungessi il Demone attraverso le catene, prendendone il controllo direttamente nella sua mente. Dopotutto, lì attorno tutto era fatto di chakra, compresa la manifestazione di "me".


    Non so bene come, non sono neanche sicuro del fatto che sarei di nuovo in grado di farlo, ma mentre mi concentravo sulla maniera con la quale concretizzare il mio passaggio attraverso le catene, avvertii lo scenario attorno a me che mutava. Era buio, tutto quanto intorno a me era avvolto dall'oscurità. Eppure vedevo. Vedevo chiaramente che ad attendermi in quel tetro scenario c'era un'altra mia vecchia conoscenza, Ishimaru, un'altro Ex Jinchuuriki del Sanbi. Per fortuna pacifico, rispetto a Ken. Già una volta il ragazzino mi aveva aiutato nella mia crociata contro il Demone, per questo fui contento di vederlo li, di fronte a me.


    Il ragazzino prese a parlare, commentando quello che poco prima era avvenuto fuori, o meglio, nel luogo (luogo?) dal quale ero arrivato. Quindi lui vedeva? Chiaro, la sua presenza in quella dimensione non era altro che l'effetto causato da un barlume residuo del suo Chakra che in punto di morte era confluito in quello del Sanbi. Il ragazzino era quindi parte del demone e per questo ne condivideva le esperienze, tuttavia conservando ancora una traccia della sua volontà poteva dissentire, compiendo azioni contro colui che, tempo prima, ne aveva decretato la dipartita. E questo, per me, era un bene di inestimabile valore.


    Non risposi ad Ishimaru, non sapevo cosa dirgli. Tutto quello che mi stava succedendo aveva dell'incredibile e probabilmente quel che volevo era scordarmi di tutto al più presto. Nonostante questo, Ishimaru riprese a parlare, confermandomi qualcosa che già sapevo circa quel che stava accadendo: avevo il Sanbi in pugno, piegato al mio volere. Ero in grado di sfruttare questo grado di controllo per ottenere la chiave che mi serviva, e per farlo avrei dovuto far affiorare i ricordi del Sanbi. Fu allora che la bellissima ragazza che avevo incontrato pochissimo tempo prima mi tornò in mente. E fu allora che le sue parole acquisirono un senso: il vero significato di quello che solo allora compresi essere un indovinello, andò delineandosi chiaramente nella mia mente, e dopo poche riflessioni fui pronto ad andare la dove la ragazza mi aveva chiesto di incontrarci:


    Ore...Ichigo...Minuti, Sayonara Otōsan....Secondi, Issho ni Gomen'nasai...Il luogo dove tutto è cominciato...il mare aperto, quel giorno con la Umibozu...

    Guardai quindi Ishimaru, con un sorriso finalmente carico di sincera gioia, e gli dissi:


    Ishimaru, è tutto chiaro, grazie...Vieni con me, andiamo in mare aperto, sposta le lancette dell'orologio su questo preciso orario: L'una, quarantatré minuti e venticinque secondi, adesso!
     
    .
33 replies since 16/4/2012, 22:19   607 views
  Share  
.