No Pain, No Gain<b>[Negozio]</b>

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    Kato Yotsuki ed il Serpente dell'Inferno


    Il salone dei tatuaggi era deserto come la prima volta che il giovane Yostuki vi si era avvicinato, scoprendo della relazione tra quell'edificio diroccato in mezzo ai vicoli di Oto, al quale non ci si sarebbe degnati di dedicare una seconda occhiata. Superata la tenda a perline, il piccolo ambiente era occupato solo dal vecchio tatuatore, Hakuseki, che stava passando una scopa di saggina con scarsi risultati e ancor meno impegno, coscio che tanto nessuno sarebbe tornato al No Pain No Gain per qualche tempo. L'ingresso del giovane gli fece sollevare lo sguardo, e quando gli venne piazzato davanti il calamaio del Jigoku si trovò a fissarlo a lungo, ma senza particolari sorprese: la notizia della caduta di Mani d'Oro, suo ex allievo, era viaggiata rapidamente nel Quartiere dei Piaceri e tutti sapevano che le Asce erano state disperse. Jigoku no Hebi, finalmente torna nel luogo in cui era custodito. Disse semplicemente, alla fine, poggiando la scopa sul muro e avvicinandosi al neo-chunin.

    Piegò le labbra in un sorriso stanco. Io sono al servizio del Clan nella persona del signorino Daisuke. Gli anziani del clan ne sono ben a conoscenza, e sanno ovviamente ogni cosa dei Jigoku. Non ci sarà alcun giudizio del clan, signorino Kato. E voi non potete obbligarmi a insegnarvi alcunché. Ho insegnato al signorino Daisuke perchè avevo insegnato a suo padre prima di lui, dopo che mi aveva salvato dalla perdizione in cui stavo affogando. Indicò il calamaio. Sono lieto che me lo abbiate riportato. E' troppo pericoloso lasciarlo in mani inadeguate. Lo nasconderò assieme a Jigoku no Hana, che è in mio possesso, ed eviterò di mostrarlo mai più a nessuno dei miei apprendisti...abbiamo visto tutti cosa è successo l'ultima volta. Fece un lungo respiro. Il Jigoku è uno strumento maledetto, l'inchiostro creato sacrificando le vite umane. E dei sette Jigoku più antichi in circolazione, i Sette Capolavori, il Serpente e il Fiore ora sono inoffensivi. Lo stesso non può dirsi della Locusta, mi par di capire che non fosse in possesso di Mani d'Oro quando lo avete abbattuto.

    Avrebbe cercato di prendere il calamaio lentamente, senza alcuna bramosìa, e senza mostrare particolare opposizione se Kato glielo avesse impedito. Ma con quella stanchezza che sembrava contraddistinguerlo ora che il suo peccato, Mani d'Oro, era scomparso, avrebbe guardato il giovane con profonda tristezza. Se lo volete, signorino Kato, posso insegnarvi le basi dell'arte dei tatuaggi usando i normali inchiostri arricchiti di chakra e materia vivente. Ma non posso insegnarvi a usare il Jigoku, soprattutto non uno dei sette capolavori. E' feroce e pericoloso. E inarrestabile. E soprattutto appartiene di diritto ereditario al signorino Daisuke Yotsuki. Solo lui potrebbe autorizzarmi a condividere ciò che so al riguardo, perchè io sono un suo servitore. Il problema era che Daisuke aveva lasciato Oto per una missione di lunga durata, e Kato non aveva idea di dove fosse finito.
     
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    Conversazione civile? Lo avevo sperato inutilmente. Un accenno di disappunto mi si dipinse in volto ad udire le parole del tatuatore. Avevo appoggiato quel pericoloso inchiostro sul bancone e notai fin da subito la reazione del vecchio. Il volersene appropiare. Non fece altro che proseguire con infiniti discorsi sulla pericolosità di quell’arma. Sui suoi doveri non verso il Clan ma bensì verso un membro specifico del Clan. Un nome che mi aveva accennato ma che personalmente non diceva nulla. Di conseguenza si trattava di un nome insignificante, privo di potere.

    L’impressione che mi stava dando quel vecchio comunque parola dopo parola era sempre più negativa. Sembrava quasi che il tutto si riducesse ad un concetto: giustificazioni. Nascondere un arma del genere? Per poi essere rubata? Come era stato con i Sigilli? No, per quanto sporca, maledetta e terribile era una risorsa e come tale doveva essere sfruttata. Certo, da persone competenti, da Ninja in grado di correre il rischio. Io Kato Yotsuki ne ero pienamente consapevole.

    Ma questo ragionamento non poteva essere colto da quell’uomo. Era cieco. Non poteva capire. Non aveva affrontato direttamente Mani d’Oro. Lui non aveva combattuto ad Iwa. Non aveva affrontato nemici che non potevano essere sconfitti in maniera convenzionale. Non aveva temuto per la sua vita. Era francamente inutile proseguire e cercare di spiegarsi.

    Vivevamo su due realtà diverse. Lui convinto che quell’inchiostro fosse l’origine del Male, quando il vero Terrore erano le persone. Nel momento in cui vidi allungarsi la mano dell’uomo raccolsi il Jigoku per riportarlo in mia proprietà. Era mio, e non ci sarebbe state alternative. Lo avrei imparato ad usare, a qualunque prezzo. Certo, per un attimo nella mia testa balenò l’idea di spaccare la faccia a quel cocciuto di uomo finché non avrebbe parlato… ma sarebbe stato inutile. Contro gli zeloti come lui non si otteneva nulla tramite la violenza. Bisognava far breccia diversamente. Un po’ come lo fu con Hana. Entrare nel loro modo di pensare. Condividere apparentemente le loro idee e poi sfruttare le debolezze. Un lavoro di fino che avrei volutamente evitato ma al quale non ci si poteva esimere, almeno se non volevo versare sangue.

    Di conseguenza le strade che vedevo erano semplicemente due. Ritrovare quel pezzo di merda che era scomparso in chissà quale missione, ed era la strada più improbabile, e reclamare la proprietà di quell’inchiostro oppure iniziare a conoscere meglio l’uomo davanti a me. Apprendere l’uso dell’arte dei tatuaggi. Fargli ricredere le sue parole e convincerlo dell’opposto.

    - Capisco i suoi punti di vista, Hakuseki. Capisco le sue preoccupazioni e capisco il peso che i Jigoku possono avere. Mi sembra chiaro che la sua fedeltà va in primo luogo a Daisuke. Non lo conosco direttamente ma mi sembra di capire che è quasi scomparso in seguito a questa lunga missione. – rimasi in silenzio un secondo – In vece di chunin e di Guardiano di Oto mi propongo nel ritrovamento di Daisuke. Uno scambio alla pari. Io ritrovo il suo protettore e una volta riportato a casa noi tre ridiscuteremo le possibilità e gli usi del Jigoku. Che ne pensa? – [Nota]A questo punto Off-GdR propongo una missione di recupero. Febh a te la decisione. solo in caso negativo di risposta avrei proseguito – Va bene, Hakuseki. Iniziamo oggi stesso con l’arte dei tatuaggi. Le farò ricredere della persona davanti a lei. Le farò capire l’assoluta necessità del condividere la forza e le conoscenze per difendere il nostro Villaggio. – parole sincere, certo calcolate, ma pur sempre sincere.




     
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    Kato Yotsuki e il Parente Perduto


    Se il gesto con cui Kato aveva trattenuto l'inchiostro poteva aver turbato l'anziano tatuatore, questi certamente non lo aveva dato a vedere, limitandosi ad osservare, più stanco che pacato, quel giovane che arrivava con irruenza a reclamare cose di cui non aveva nemmeno una lontana idea. Mi date ragione come si fa con gli stolti e coi vecchi. Ma forse io sono entrambi. Un cambio troppo repentino, signorino Yotsuki, dovete apprendere come modulare meglio le vostre esternazioni. Disse, non certo con tono di rimprovero ma anzi con calma rassegnazione, mentre si scostava dal bancone in cui era stato poggiato l'inchiostro e si avvicinava alla tenda a perline dell'ingresso, che con tutto il suo squallore troneggiava in quel quartiere degradato della già non troppo brillante Oto. Scostò appena alcuni fili, guardando all'esterno. Il signorino Daisuke, appreso dei Jigoku e del fatto che suo padre aveva scoperto dove si trovavano alcuni di essi, partì per recuperarli. Dopo aver visto da vicino quanto potessero essere pericolosi, aveva deciso di raccoglierli tutti e nasconderli poi dove nessuno avesse potuto trovarli. Nello specifico si era recato al Paese del Mare, in cerca di un laboratorio abbandonato di Orochimaru sull'isola Jiro. Secondo quanto aveva scoperto, il Jigoku no Shishi, il Leone dell'Inferno era stato usato dal nostro precedente Kage in quel luogo, in tempi antichi.

    C'era una vena di aspettativa nelle sue parole, come se davvero sperasse che qualcuno riportasse indietro il suo padrone scomparso. Non è una questione di discussione, signorino Yotsuki. Il Fiore dell'Inferno e il Serpente dell'Inferno appartengono a Daisuke. La scelta di come utilizzarli è solo sua, e anche se fosse una scelta che io ritengo scorretta la seguirei comnque. Se lui fosse morto, allora solo il capoclan avrebbe diritto su di essi. Ma resta il fatto che in tutta Oto solo io ho le conoscenze necessarie per utilizzarli, e non farò nulla fino a quando non avrò le prove della sua morte. Scosse il capo, discostandosi dalla tenda e riavvicinandosi. Anche se spero ardentemente che non abbia incontrato una fine infausta. Sospirò, avvicinandosi a un piccolo mobile da due soldi, aprendo un cassetto e recuperando quello che sembrava essere un involto di pelle conciata grossolanamente. Lo avrebbe appoggiato davanti allo Shinobi, aprendolo lentamente. Questo è quello di cui avrete bisogno per iniziare il vostro addestramento. Quanto alla missione per il signorino Daisuke, penso sarebbe meglio che presentaste una comunicazione ufficiale all'amministrazione.

    Numerosi aghi, alcuni dei quali cavi, piccole pinze, un coltello dalla lama tanto piccola che anche chiamarlo bisturi sarebbe stata un'esagerazione, alcuni pennelli e per concludere una boccetta con della polvere nera e scintillante. Gli strumenti del mestiere. Spiegò. Esistono diversi metodi con cui è possibile applicare un tatuaggio, ma qui non parliamo di semplici decorazioni della pelle. Questi sono Jutsu. Essere esperti nell'arte dei Fuuinjutsu evidentemente è un vantaggio per chi inizia questo percorso, ma non è un requisito fondamentale per apprendere le basi, anche se diventa necessario per chi desidera raggiungere l'apice. Io vi insegnerò il metodo che mi venne tramandato dagli antenati del suo clan, quando ancora vivevano nel paese del Fulmine, un metodo che richiede ferite e dolore sulla pelle di chi riceve il tatuaggio, poichè il dolore è una moneta di scambio universale, e solo con esso si può pagare il potere. Posò la mano, vecchia e tremante, sull'involto che aveva custodito gli attrezzi. La pelle che avvolge questi strumenti è un banco di prova. Offre la stessa identica resistenza delle pelle umana, ed è importante per apprendere le figure iniziali, le prove geometriche. Un minimo impasto di chakra nell'angolo in alto a sinistra può cancellare tutto ciò che è stato tracciato su di essa.

    Prese uno degli aghi e un pennello, dopo aver recuperato una boccetta di inchiostro dal mobile a losanghe che decorava un'intera parete. Con l'ago a quarantacinque gradi e il pennello dalla punta sottile sospeso sopra di esso, avrebbe toccato appena la punta metallica con le setole nere di inchiostro e quindi lo avrebbe conficcato nella carne. Poi avrebbe ripetuto, nello stesso punto, decine di volte, con una precisione perfetta nel colpire sempre la stessa zona sempre con la stessa profondità e forza. Piano piano si sarebbe sviluppato un punto nero, via via più scuro in base al numero di penetrazioni, per poi spostarsi subito accanto. Nonostante l'età e le mani non più stabili, quel gesto ripetuto miliardi di volte era talmente naturale che il vecchio sembrava danzare con precisione assoluta, ma probabilmente non era più in grado di fare tatuaggi troppo elaborati, o almeno non con la perizia di un tempo. Il numero di ripetizioni fornisce l'intensità del colore, ma la precisione e la rapidità sono essenziali. Come potete capire, è un metodo lento, ma dai sicuri risultati. Esercitatevi e prendete confidenza con gli strumenti. quando riuscirete a tracciare una linea dritta con punti tutti della stessa intensità di colore potrete provare a disegnare un quadrato o un rombo. A mano libera, dovete ottenere una figura quanto più perfetta possibile: senza la perfezione, il chakra non trova modo di scorrere adeguatamente. Potrebbero volerci alcuni giorni, e comunque dovrete esercitarvi a lungo anche in seguito. Vi insegnerò in seguito a unire il chakra a questo gesto, nei tre modi che sono contemplati dalla nostra arte.

    Il gesto in sè era facilmente acquisibile, ma solo la ripetizione e il costante esercizio avrebbero permesso, non certo in una sola giornata, di portare a casa dei risultati. In seguito gli avrebbe spiegato come ottenere sfumature (usando il piccolo coltello per fare ferite lineari in cui si sarebbe infiltrato l'inchiostro) o gli effetti visivi con gli aghi di diverse dimensioni. Ma non avrebbe spiegato come funzionava la polvere scintillante nè come usare il chakra fino a quando Kato non fosse stato pronto.
     
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    III



    Finalmente dopo vari approcci il vecchio si lasciò a qualche rivelazione e qualche informazione in più. Ascoltai con molta curiosità, in pratica questo Daisuke Yotsuki partì alla volta dell’Isola Jiro. Un luogo probabilmente ostile dove in teoria si nascondevano tesori decisamente succulenti, tra i quali un altro dei Jigoku. Mi grattai la testa, pensieroso. Alla fine dei conti chi mi poteva assicurare che Daisuke non fosse interessato anche lui all’utilizzo di questi tatuaggi? Poteva aver aggirato il vecchio, in maniera magistrale, e averlo convinto di ben altro. Difficile del resto resistere alla tentazione di imparare ad utilizzare quelle armi, soprattutto dopo averle viste in azione.

    Comunque a quanto sembrava per quel Ninja l’avventura si era rivelata decisamente fatale. O era morto o era diventato un nemico dell’Accademia, in entrambi i casi incompatibile con il Villaggio del Suono. Quando ascoltai la seconda parte del suo discorso all’udire le parole, recitate, del vecchio sull’eventuale morte di Daisuke e del riferimento sul Capoclan non mi trattenni oltre. Presi a ridere, rumorosamente, scrollando la testa dall’incredulitàDavvero, vecchio? Ma si rende davvero conto della parole che sta pronunciando? – non smettevo di ridire – Lei… vuole che vado a chiedere il permesso al Capoclan nel caso in cui ritroverò il suo Padroncino morto… per i Jigoku? Ahahahah puntai l’indice in linea d’aria verso il Quartiere Yotsuki – Il suo Capoclan ha bandito mio padre, costringendolo alla vergogna. Il suo Capoclan ha ridotto alla fame la mia esistenza per una decina di anni buona. Il suo capoclan mi ha costretto ad agire in maniere che non possono essere raccontate. Il suo capoclan ha permesso a lei di istruire e creare un mostro come Mani d’Oro. L’unica volta in cui avrò a che vedere con il suo Capoclan sarà per destituirlo e pormi al suo posto. – sbuffai, alzandomi e avvicinandomi alla finestra – Mi parla di educazione, di buone maniere e di tradizione… ma non creda che i suoi peccati siano venuti a meno con la morte di Mani d’Oro. Lei ha insegnato ad un mostro come utilizzare un’arma mostruosa. Difficile fare di peggio, onestamente. – lo squadrai. Non era questione di età o rispetto, ma di azioni – Sono stato io a frantumargli la testa e porre fine alla sua vita da scarafaggio, se le interessa saperlo. Io ho chiuso quello che lei ha lasciato aperto. E altrettanto farò con il suo padroncino. Mi dia tutte le informazioni che è a conoscenza… e poi per favore… non sfidi la mia intelligenza. – Mi avvicinai di nuovo verso il tatuatore, con entrambi le mani in tasca – Se fosse stata una missione ufficiale, quella di Daisuke, a quest’ora sapremmo già del suo destino. Ha agito di testa sua. E senza ufficialità. Quindi mi spieghi per bene tutto, se vuole che ritorni anche io da quell’isola, vivo. Le informazioni di suo padre, quello che le disse Daisuke prima di partire, eventuali indizi o mappe. E poi mi tolga una curiosità… perché le deve così tanto? Da che cosa l’ha salvata? – se si fosse rifiutato di rispondere all’ultima domanda avrei aggiunto: - Stupido. Vecchio stupido. Non me ne frega un cazzo delle cose personali, ho bisogno di saperlo per riconoscerlo. Se dovesse essere cambiato nel profondo magari il legame che vi unisce potrebbe portarlo indietro, o alla ragione. – le memorie andarono verso Iwa e i posseduti.

    ________________________________________________








    Al termine della conversazione le cose invero si fecero molto più interessanti. Il vecchio prese, in un certo senso, i ferri del mestiere: vari aghi, di tipi diversi e dalla qualità sicuramente superiore, un po’ di cuoio e ovviamente dell’inchiostro. Mi concentrai con estrema intensità sui movimenti che da lì a poco mi mostrò, analizzando e memorizzando ovviamente tutte le parole e insegnamenti orali. Il tatuatore ci sapeva fare, ed era assolutamente indiscutibile. Così come io potevo considerarmi un Maestro nell’arte della forgia lui raggiungeva livelli ancora più professionali nell’utilizzo di quei piccoli strumenti.

    Mentre osservavo i suoi occhi focalizzarsi sulla carne e dipingere i tatuaggi notai l’intensità del suo lavoro, del suo sforzo ma allo stesso tempo la classica serenità di chi, dopo una vita del genere, conosceva tutti i segreti del mestiere. Glielo dovevo: era un vero Maestro anche lui. Dunque dopo averlo ascoltato e osservato mi resi conto che era giunto il mio momento. Il preciso istante in cui avrei impugnato l’ago e avrei posato il mio primo punto sulla pelle. Un po’ come il mio primo ferro battuto, un momento difficile da scordare. Compresi che si sarebbe trattato di un lavoro molto lungo, che avrebbe richiesto numerosi tentativi, errori e ripetizioni. Per quello mi decisi che avrei utilizzato un piccolo trucco, per velocizzare l’apprendimento e chissà magari per colpire il Tatuatore: - Senta, vecchio. Mi dia tutti gli strumenti, aghi pennelli e cuoio che ha a disposizione per allenarmi. Ho intenzione di impegnarmi al massimo ma con una sola postazione mi limiterei troppo. – E così impastando la giusta quantità di chakra finii per creare copie fisiche fin tanto che il vecchio sarebbe riuscito a procurarmi materiale a sufficienza e quel punto osservando tutti i vari me duplicati mi limitai a pronunciare: - Al lavoro, ragazzi. –

    Già, il vecchio era stato decisamente chiaro. Quanto meno per la prima parte dell’addestramento la qualità principale sarebbe stata la pratica, la manualità, la capacità di impugnare con sicurezza e abilità gli aghi, e sfruttare con la giusta quantità l’inchiostro. Solo una linea tratteggiata perfettamente avrebbe concesso al Chakra di fluire attraverso i segni e raggiungere il proprio scopo. Così mi misi a lavorare, di gran lena, e altrettanto le mie copie. Quando si trattava di imparare qualcosa di manuale nulla poteva risultare più pratico che sfruttare la Kage Bushin. Le copie trasmettevano all'originale non solo quanto visto ma in parte anche quanto dolore provato e di conseguenza anche quanto imparato e memorizzato. Era una sorta di boost, di accelerazione.

    E avrei continuato per tutto il tempo, senza sosta, incessantemente. Non mi sarei mai fermato, avrei sfidato la mia soglia di resistenza. Avrei puntato oltre, volevo apprendere l’arte. Dimostrare al vecchio la forza di volontà che albergava in me. E così sarei andato avanti per tutta la notte, lasciando pure andare a riposare e rinfrancarsi il vecchio. Avrei tentato il tutto per tutto, prima avrei iniziato con il tracciare le linee dritte, poi una volta acquisita abbastanza esperienza avrei annullato le copie, acquisendo l’esperienza che loro avevano accumulato e ne avrei prodotte altrettante, più esperte e consapevoli rispetto alle precedenti, procedendo con un passaggio magari più complesso. Con una linea invece più difficile: un quadrato o un rombo. E se fossi riuscito anche in quell’intento sarei andato oltre, mi sarei spinto al limite delle mie capacità. Riprovando, richiamando sempre le copie, accumulando la loro esperienza fino a tentare l’impossibile: il tratteggio di una circonferenza.

    All’alba, della mattina successiva, il tatuatore se si fosse alzato e sarebbe venuto a controllare avrebbe sempre trovato il me originale con le copie, intenti tutti a lavorare. Dunque mentre i miei occhi si posavano sul pezzo di cuoio e le mie mani si muovevano vertiginosamente tra inchiostri, aghi, pennelli e “tele” ad un certo punto intervenni verso il vecchio. Un tono di voce basso, concentrato, distinse il mio parlato: - Daisuke Yotsuki mirava ad imparare l’arte per distruggerla. Mani d’Oro mirava ad imparare l’arte per distruggere. Io, Kato Yotsuki, miro a imparare l’arte per controllarla. Io sono il Guardiano di Oto. Devo difendere Oto. – Posai il pezzo di carne davanti al Maestro, rilassandomi per un momento. Ero decisamente stanco, e provato. Mantenni lo sguardo basso... a lui la valutazione del mio operato. Lo avrei colpito?





     
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    <paragrafo>Seconda Generazione
    III
    Kato Yotsuki e il Duro Lavoro</paragrafo

    Il vecchio avrebbe fissato a lungo quel giovane che inveiva, preda dei suoi ricordi amari e del veleno che gli sgorgava tra le labbra, prima di rispondere, con stanchezza. Io non sono uno Yotsuki. Il Capoclan non è il mio capoclan. Io servo solo il signorino Daisuke e la sua famiglia più stretta. Semplicemente, se lui fosse realmente morto, l'eredità sarebbe del capoclan, e dunque anche i Jigoku sarebbero suoi. Sono solo un tatuatore le cui capacità sono ormai decadute, non posso far nulla se non servire coloro a cui ho dedicato la mia vita. Forse un giorno anche voi avrete qualcosa da proteggere, invece di qualcosa da distruggere. Pronunciò quelle parole con molta calma, senza alcun giudizio o significato recondito. Inoltre non ci sono ancora prove che Daisuke sia morte, fino a che non ci saranno, il Capoclan non ha alcun potere su di me. Anche Mani d'Oro non ha nulla a che vedere con gli Yotsuki, è stato solo l'errore di uno stupido vecchio che non è riuscito a fermare un ragazzo di talento prima che prendesse una strada sbagliata e senza ritorno. Non tutti nascono mostri.

    Stranamente non commentò alla minaccia che Kato fece sul voler spaccare la testa di Daisuke, ma qualcosa disse riguardo alla missione. Non era una missione ufficiale perché nessuno ha pagato per inviare un ninja. Ma il signorino Daisuke aveva ottenuto il permesso di andare dall'amministratore Yakushi in persona. Poi fece un lungo, sconfortato sospiro. Anche se probabilmente quest'ultimo se ne è scordato, e quindi non risulta nulla. Al tempo l'Amministrazione era...più estrosa della situazione attuale, da quando è arrivata quella donna la burocrazia funziona meglio, anche i civili dei vicoli se ne sono accorti. Poi alle domande incalzanti su ciò che sapeva Daisuke prima di partire, alle quali tuttavia il vecchio Hakuseki non aveva poi tante risposte. Durante una missione interna per conto dell'Amministratore Yakushi, il signorino Daisuke aveva scoperto alcuni vecchi documenti di Orochimaru, il precedente Kage di Oto. Su alcuni di essi, che avevano tutti le stesse lettere iniziali nel codice di catalogazione, erano menzionati degli esperimenti relativi alla Sovranità del Leone. Cercando in altri vecchi archivi aveva poi scoperto che quelle lettere iniziali erano le stesse usate in alcuni documenti di un vecchissimo laboratorio sull'isola Jiro, usato prima della fondazione di Oto. La Sovranità è il potere del Leone dell'Inferno. Il Serpente come un veleno avanza fino al cuore e lo morde, arrestandolo, la Locusta consuma ciò che tocca, il Fiore si propaga nella vittima, paralizzandola. Il Leone domina ciò che tocca, sottomettendolo. Questo almeno per sommi capi, ci sono vincoli e limiti legati al tipo di tatuaggio, e comunque il Jigoku si può usare anche per simboli e tatuaggi con altri effetti, come il Richiamo che ho fatto alla ragazza l'altro giorno, ma accetta di essere tracciato solo nella sua forma preferita, e mantiene sempre il suo potere peculiare...e la capacità di divorare chi lo porta al momento della morte. Questa la breve spiegazione.

    Daisuke? Mi ha aiutato contro le Asce quando volevano prendere il Fiore dell'Inferno E mi ha salvao la vita tatuando un blocco quando venni raggiunto dal Serpente dell'Inferno, pur con le sue ancora limitate capacità nell'arte. Ma non è solo per questo che lo servo. Io ero fedele a suo padre, Matsuo, mi risparmiò la vita in missione quando ero un nukenin, e in cambio gli insegnai l'arte del tatuaggio, e aprimmo assieme questo negozio. Alla sua morte per malattia il clan abbandonò il signorino Daisuke, considerato inferiore, chiudendo ogni forma di finanziamento per lui o per il negozio. Non lo esiliarono, suo fratello era comunque un Jonin, ma era come se non fosse più nel clan. Nonostante questo venne qui, e fu solo con il suo aiuto che riuscimmo a riaprire questo salone...almeno finchè non è sparito anche lui.

    [...]

    Non ci furono obiezioni nell'uso dei cloni, anche se il vecchio aveva solo quattro rotoli di pelle "per addestramento", quindi al più il giovane Yotsuki avrebbe quadruplicato la sua velocità di apprendimento, ottenendo comunque buoni risultati. Questo metodo aiuterà nel gestire la manualità, ma non sarà utilizzabile quando passeremo all'uso del chakra: la riserva suddivisa tra i cloni è troppo instabile per un lavoro di precisione come quello che servirà. Spiegò, mentre il giovane lavorava senza sosta. Il difetto della Kage bunshin era che tutte le esperienze sono riportate sull'utilizzatore della tecnica, quindi anche la stanchezza accumulata di una notte in bianco sarebbe poi piovuta quasi quadruplicata sul giovane Yotsuki. Il vecchio non avrebbe giudicato il suo lavoro accettabile prima che fossero passati tre o quattro giorni, nonostante l'impegno, perché per quanto provato e stanco era un Maestro e un Perfezionista, e non avrebbe mai accettato un lavoro impreciso, quindi evidentemente sarebbe stato necessario dormire e mangiare ogni tanto, anche perché all'aumentare della stanchezza aumentava anche l'imprecisione. Daisuke Yotsuki mirava a controllare l'arte perchè era la sua passione. i Sette Jigoku sono capolavori. Ma sono anche una maledizione. Per questo aveva deciso di trovarli e tenerli nascosti. Non possono essere distrutti. Sono eterni e si propagheranno indefinitamente nel futuro e nel tempo. Non sono fatti per Difendere, ma solo per alimentare sé stessi fino a divorarsi a vicenda e diventare un unico distillato in mezzo al nulla cosmico.

    Nei giorni successivi parlarono dei diversi tipi di inchiostro e di come si poteva usarli per incanalare il chakra mentre si tracciavano le figure, intanto che il vecchio insegnava a Kato le figure più elaborate, come rombi, cuori, stelle e poi i "motivi", stili con cui tracciare altre immagini. Il motivo di fuoco, il motivo a fiori, il motivo elettrico, molto diffuso tra gli Yotsuki stessi, con cui molti tatuavano il nome dei loro cari o stilizzavano degli animali dal significato particolare. Kato apprese che gli inchiostri rientravano in tre categorie principali: Hitashi, o Imbevuti, inchiostri in cui veniva immesso chakra usando gli aghi cavi del kit, composti da metallo conduttore di chakra. Kessho o Cristalli, che erano inchiostri arricchi da rari cristalli capaci di accumulare il chakra, polverizzati e mescolati alla tintura e che in base al grado di purezza e alle percentuali ottenevano sfumature diverse per i diversi effetti, e infine i Gisei, o Sacrifici, ottenuti mescolando l'inchiostro con sangue, capelli o parti del corpo in cui erano state impastate grandi quantità di chakra. I Jigoku rientravano in quest'ultima categoria, ma il metodo di creazione era andato perduto secoli prima, restava solo conoscenza del fatto che uno dei passaggi per crearli era sostituire tutto il sangue di una persona con inchiostro velenoso pur mantenendola viva, per poi ucciderla, drenare il tutto e ripetere il processo decine e decine di volte, fino a ottenere la sostanza desiderata. Il Vecchio non avrebbe fornito ulteriori spiegazioni al riguardo, ma disse anche che il Jigoku era utilizzabile solo una manciata di volte, poi l'inchiostro terminava e fino alla dissoluzione del tatuaggio o alla morte di chi lo portava non c'era modo di sfruttarne altro. A suo giudizio, la boccetta di Kato conteneva abbastanza inchiostro per tracciare tre o forse quattro tatuaggi di piccole dimensioni, o due di medie dimensioni, grandi come una schiena, più o meno.
    In ogni caso, l'addestramento si sarebbe fermato all'utilizzo di Hitashi e alcuni Kessho poco costosi (i cristalli alzavano il prezzo notevolmente). Secondo le istruzioni di Hakuseki, il metodo Hitashi era il più semplice e stabile, a patto di impastare correttamente il chakra, ma di contro non era adatto per tatuaggi che trasportassero dei Fuuinjutsu o dei ninjutsu di alto livello. Il metodo Kessho invece era il più adatto per imprimere dei Fuuinjutsu riutilizzabili sulla pelle, era stabile (anche se più costoso) ma richiedeva una notevole precisione o poteva risultare inefficace. I Gisei (e per estensione i Jigoku) erano sicuramente gli inchiostri più potenti, più costosi e anche più difficili da usare: tracciarli in maniera errata poteva essere anche letale per chi li portava.

    Anche con tutti i trucchi, l'addestramento di base non sarebbe durato meno di tre settimane, e comunque dietro l'Arte stava molto di più, e come detto da Hakuseki, specializzarsi nei Fuuinjutsu era l'unico modo per raggiungere l'apice in quel campo.
     
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    Ci avevo pienamente azzeccato. Avevo intuito perfettamente che Daisuke era partito senza un supporto accademico e a quanto sembrava era partito da solo, verso un’isola ignota e dai pericoli sconosciuti. Fu un gesto scellarato che sicuramente pagò con la sua vita. Ma questo evitai di dirglielo al vecchio. Era già provato, e per un attimo, le sue parole suscitarono compassione. Un sentimento poco “sentito” per me che mi resi conto necessario in quel momento.
    Era evidente: l’Amministratore Yakushi per quanto ne potevo sapere poteva essere benissimo convinto che Daisuke fosse ancora in vita e magari in servizio. Non vedevo alternative, se volevo scoprire l’ubicazione del terzo Jigoku dovevo procedere cautamente. E dovevo trovare una squadra. Dovevo renderla una missione ufficiale e per farlo sarei dovuto passare dal Jonin.

    I giorni successivi divisi le mie giornate tra il turno di guardia alle mura e dal Tatuatore, dopo aver realizzato che non sarebbe bastata una sola notte per padroneggiare l’arte. In quelle settimane di prove, esercizi fatica e nottate in bianco ascoltai e memorizzai gli insegnamenti del vecchio. I suoi discorsi sui vari tipi di Inchiostri (Hitashi, Kessho e Gisei) e sul loro utilizzo. Furbescamente procedetti sfruttando ancora le Kage Bushin. Se il cuoio non bastava avrei inciso i simboli e la china direttamente sulla pelle delle mie copie. Certo, era una sorta di autodistruzione, di abnegazione esagerata ma il mio scopo era semplice: migliorare meglio che potevo ed esercitarmi su me stesso mi spronava ogni volta a dare il massimo. Così avrei provato meno dolore e avevo una motivazione più che valida per tracciare linee sempre più perfette.

    E mentre mi esercitavo pensai parecchio. Daisuke a quanto sembrava aveva meritato un destino non così diverso come il mio. Guardai il Vecchio e laconico mi limitai a pronunciare: - Ho subito lo stesso destino del suo padrone. Lo ritiene un caso? – una domanda retorica, non mi aspettavo una risposta ma quella scoperta mi spinse a considerare diversamente lo Yotsuki disperso. Forse quel suo tentativo disperato di recuperare i Jigoku si poteva interpretare come un modo per riportare in luce il suo onore. In ogni caso, appurata la morte del mio compagno, davanti al Capoclan lo avrei vendicato, decisamente.

    Posi numerose richieste in quei giorni al Tatuatore, magari in momenti diversi così da apprendere con metodicità le eventuali informazioni ricavate. Per prima cosa chiesi la più banale delle considerazioni: - Lei come fa a conoscere tutto questo? Dove ha imparato l’arte e soprattutto perché conosce così a fondo i Jigoku? – sarebbero seguite numerose altre domande: - Mi deve insegnare come difendersi da questi inchiostri maledetti. Così come aveva fatto per Kamine, Hebiko e Shinken-sama. Del resto è evidente, la Locusta è ancora in azione, così come probabilmente il resto dei Jigoku. Oto ha bisogno di qualche Ninja in grado di bloccare queste armi e mi ritengo la persona adatta. – poi giunse la domanda cruciale, quella che mi stavo ponendo ormai da numeroso tempo: - Come crede sia stato possibile distribuire il Serpente e la Locusta a così tante persone? Quando lei stesso mi ha riferito che è a uso strettamente limitato? Lord Goemon è riuscito a manipolare il Jigoku? E poi non ho capito una cosa sulla Natura dei Jigoku. L’uso è limitato ma in che senso esattamente? Significa che se una persona che utilizza un Jigoku lo sfrutta fino all’ultima goccia al termine di quella goccia il Jigoku stesso divorerà l’utilizzatore?



     
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    È colpa tua. Ratty

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    Seconda Generazione
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    Kato Yotsuki e le Ultime Risposte


    L'addestramento era duro e il vecchio un maestro severo e inflessibile nonostante la spossatezza degli anni e del suo vissuto...ma se si trattava della sua Arte sapeva bene come tramandarla. Nei lunghi giorni passati al salone per tatuaggi finì per parlare spesso col nuovo allievo, e tra una discussione e l'altra avrebbe finito per rispondere ad alcune delle sue domande. Ero un ninja fuorilegge. Sono nato ad Ame, e ho appreso l'arte ninja per le strade, mentre facevo parte di una banda. Fu un maestro chiamato Mujin Tendo, un vagabondo, a notare il mio talento dopo che cercammo invano di rapinarlo. Uccise gli altri ma prese me come allievo. Aveva un Jigoku, il Fiore dell'Inferno che poi ho ereditato alla sua morte e che ho donato al clan Yotsuki, nella persona del padre del signorino Daisuke.

    Il metodo per difendersi dai Jigoku sarebbe poi divenuto evidente col passare del tempo: Alla fin fine si tratta sempre di inchiostro per tatuaggi, e può agire solo come tale. Quindi se uno riesce a tracciare dei segni sulla pelle carichi di sufficiente chakra si può sigillare l'inchiostro, e poi con altri tatuaggi e un pò di tempo si può provare a sigillarlo. Il numero di tatuaggi tracciabili da ciascuno dei sette Jigoku principali dipende dal numero di vittime. In linea di massima ogni cento persone sacrificate si accumula abbastanza inchiostro per un nuovo tatuaggio...non so quanti siano morti mentre Mani d'Oro aveva il controllo, ma credo che il quantitativo nella boccetta che hai recuperato permetta di tracciare cinque o sei tatuaggi...non saprei dire quanti erano in principio. Il Jigoku no Hana in mio possesso può tracciare altri sette tatuaggi, visto che diversi sono già in giro per il mondo. La maggior parte non è stata tracciata da me. E cercare di ricordare chi portava su di sè i tatuaggi tracciati dal vecchio sarebbe stato futile.

    Quello a cui non avrebbe risposto era cosa intendeva per limite d'uso dei Jigoku. Non intendo insegnarti a usarli, e i metodi per difendersene non includono le conoscenze che cerchi. Queste o varianti dello stesso genere sarebbero state le secche risposte ogniqualvolta Kato avesse chiesto lumi su come funzionassero i Jigoku. Effettivamente per bloccarli serviva tatuare qualcosa che potesse "fermare" il disegno animato, quindi tutto il resto era superfluo.

    Dopo lunghe settimane, infine il giovane Yotsuki sarebbe stato pronto.
     
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    Zora dunque ebbe accesso al Villaggio del Suono. Certo, sotto mie direttive e sotto il mio vigile sguardo: - Tra le varie condizioni per le quali ti ho concesso di entrare precedentemente mi sono dimenticato di dirti una molto importante. Non conosco fino a che punto quelle tue creazioni con i tatuaggi possono spingersi e proprio per questo motivo non ti sarà concesso utilizzarle, certo escluso davanti al tatuatore e nel limite delle nostre percezioni. Mi aspetto una risposta. – In caso affermativo presi a camminare allontanandomi così sempre di più dal North Gate ed entrare così nel cuore del Villaggio. Per Zora sarebbe l’entrata al Suono stata sicuramente una novità. Oto nel suo caos e disordine di certo lasciava ben poco spazio all’idea di rappresentare una parte dei Popoli liberi e dell’Accademia… ma in realtà la volontà dei suoi abitanti e Ninja in particolare non aveva nulla da invidiare al resto del Mondo civilizzato.

    Comunque non ci volle moltissimo tempo a raggiungere la parte più degradata del Suono, già perché era in quei vicoli oscuri, in un angolo dimenticato dei Kami, che si nascondeva la bottega del Vecchio. Mi fermai davanti all’entrata per dar modo a Zora di comprendere come ad Oto l’apparenza poteva ingannare, più di qualunque altro posto nel continente. La Bottega del Vecchio era tutto fuorché un luogo invitante. Dislocata in mezzo a due palazzi di grandi dimensioni solo una vecchia scritta in Kanji indicava il tipo di merce che si trattava: Tatuaggi.


    png




    Una volta superata l’entrata, e relativa tenda di perline, Zora ed io ci saremmo affacciati a quello che si poteva considerare il più sfortunato dei saloni di tatuaggio. Un vecchio lettino, uno sgabello mal messo erano le prime cose che il Ronin avrebbe potuto osservare. Certo, allungando l’occhio avrebbe notato la presenza di numerosi scaffali. Ognuno dei quali sorreggeva molte boccette. Sostanzialmente si potevano dividere in tre categorie: Hitashi, Kessho e Gisei. Sorrisi, avevo passato settimane intere a studiarle.

    Udendo dei rumori dalla scaletta di legno, ormai mangiata dalla tarme, scese un vecchio signore. Il suo sguardo era stanco, ma non per questo attivo. Ci mise qualche secondo per realizzare chi effettivamente era entrato nella sua bottega.

    -Oh, è un piacere rivedervi Signorino Yotsuki! –



    Scrollai la testa, infastidito da quel saluto. Di fatto per quel vecchio io ero meno di nulla. Lui aveva affidato la sua vita e la sua arte, insieme a qualche letale inchiostro maledetto, ad un altro Yotsuki. Daisuke, scomparso molto tempo addietro.

    - So che adori le presentazioni, come una volta. Prego presentatevi pure. – Il vecchio non si fece attendere, anticipando così il ragazzo: - Benvenuto nel mio salone! Il mio nome è Hakuseki Mozumi, tatuatore al servizio del clan Yotsuki da non meno di quarant'anni. Prima ero il maestro e socio di Matsuo Yotsuki ed ora ho il privilegio di aver insegnato all'attuale proprietario del "No Pain, no Gain", il signorino Daisuke Yotsuki, suo cugino. Cosa la porta in questo luogo? E’ in cerca dei miei servizi? – mi limitai ad una breve risposta, lasciando la parola poi a Zora: - Diciamo, Vecchio, che è un cliente alquanto particolare. Ma non aggiungerò altro. –

    Già, il resto lo avrei lasciato a Zora. Chissà se sarebbe mai riuscito a sorprendere il Vecchio.


     
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    Sangue d'inchiostro


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    Nessun problema. Rispondo senza esitazioni a Kato, non sono lì per creare problemi, di certo non mi gioverebbe.
    Oto è proprio come me l'aspettavo: il caos regna sovrano mentre il fulcro della vita è adornato da sudiciume, quasi poetico. In un attimo estraggo il mio libretto e catturo su una pagina bianca l'immagine di un vecchio completamente tatuato riverso sul ciglio della strada, probabilmente vittima dell'alcool, vista la bottiglia semivuota che cinge nella mano destra. Da questa fuoriesce un liquido verde che scola prima sul marciapiede, poi verso lo scolo fognario, dove va a mischiarsi con chissà quale altra roba prima di sfociare finalmente in un tombino. A qualcuno tutto questo potrebbe dar fastidio, addirittura disgustare, ma non a me; l'arte si nasconde nella vita, e quella era vita nella sua forma più pura. Istinti, passioni e pulsioni più ferali si mischiano nel villaggio del suono, creando una società selvaggia mascherata da civiltà. Affascinante. Sussurro riponendo quaderno e penna mentre continuo a seguire il guardiano.
    Un paio di svolte e siamo sul posto; il negozio si incastra alla perfezione nel panorama di Oto, il suo aspetto malmesso farebbe quasi pensare che fosse abbandonato.
    Seguendo Kato, entro, le scale scricchiolano sotto il mio peso nonostante non sia decisamente un gigante, le osservo più attentamente e vedo che sono costellate di fori, probabilmente prodotti dalle tarme. Mi guardo attorno, l'interno è decisamente una visione migliore: gli scaffali sono ricolmi di bottigliette dai vari colori che creano un arcobaleno d'inchiostro.
    Lo vorrei disegnare, ma il mio pensiero è interrotto dall'arrivo del proprietario, sembra un vecchio come gli altri, non so perché ma me lo sarei aspettato decisamente più arcigno. Signorino? La famiglia Yotsuki sembra avere un certo peso nel villaggio del suono, forse nobiltà? Kato potrebbe rivelarsi un amico decisamente utile, anche se le presentazioni non sembrano essere il suo forte. Maestro Mozumi, Zora, al suo servizio. Dico educatamente accennando un inchino. Sono un ramingo senza fissa dimora, un artista itinerante, qui per imparare come fabbricare l'inchiostro e creare meravigliosi tatuaggi. Immagino che il mondo sia pieno di persone che corrispondono alla mia descrizione, ma non tutti possono vantare le mie abilità, sono infatti queste che hanno indotto Kato ad aprire la porta nord per farmi entrare. Estraggo dalla cintura il libretto per aprirlo e sostenerlo nel palmo della mano destra, ce tengo distesa in avanti. Vita ed arte sono per me un tutt'uno indissolubile, per questo vivo per l'arte... e questa vive per me... Le pagine del quaderno cominciano a girare vorticosamente mentre da queste fuoriescono animali di piccole dimensioni; conigli, pettirossi, corvi, scoiattoli si dispongono attorno a me. Vorrei apprendere anche la sua arte, così da poter vivere appieno. Tutti gli animaletti si schiacciano l'un l'altro, creando un globo d'inchiostro che diviene una tigre di grosse dimensioni. Se lei è d'accordo, ovviamente. Concludo così, mentre il grosso felino torna all'interno del mio quaderno che ripongo rapidamente al suo posto.
     
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    No Pain, No Gain


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    - Oh… non credevo che fosse possibile ottenere una effetto del genere da dei tatuaggi. – il Vecchio portandosi la mano sul viso si asciugò una sorta di piccola lacrima, era sinceramente colpito – E’ da decenni che ho smesso di girovagare per il mondo, e nelle mie avventure ho visto molte stranezze. Ma immaginare che fosse possibile dare vita all'inchiostro al di fuori del proprio corpo o della carta… No, non lo avrei mai detto. Sembra quasi un sogno divenire realtà – Da parte mia scrollai la testa, pensando tra me e me che quel rimbambito di tatuatore apparteneva ormai ad un epoca passata e sfortuntamente allo stesso tempo era uno degli ultimi detentori di un’arte ormai dimenticata ma non per questo inutile.

    - Zora, dunque mi hai convinto. Così come il mio onore mi ha spinto ad insegnare l’arte dei Tatuaggi al Signorino Yotsuki io ti mostrerò un’altra parte dell’essere Tatuatori, dei manipolatori di Inchiostro. Sarebbe un peccato mortale lasciarti uscire da quella porta senza aver condiviso alcune delle mie creazioni. Certo… ammesso che il Signorino non abbia troppo da ridire. – sorrisi, e incrociando entrambe le braccia sul petto – No, nessun problema. Tuttavia sfrutterò questo tempo per approfondire io stesso l’arte, ulteriormente. Unendo le proprie conoscenze sono sicuro che potremmo trarre numerosi vantaggi. – il Vecchio annuì positivamente – Questa è una buona notizia! Zora però devo renderti conto di una cosa. L’arte dei Tatuaggi non si può paragonare ad un Controllo del Chakra o alla conoscenza di una semplice tecnica magica. L’apprendimento richiede dedizione, passione e tempo. Soprattutto tempo. Con il Signorino Yotsuki abbiamo impiegato settimane per apprenderne le basi. Sei disposto a fare altrettanto? – da parte mia mi limitai ad aggiungere alcune condizioni: - Da Guardiano non posso lasciarti girare liberamente. Ma non per questo ti costringerò alla prigionia, ovviamente. Se accetterai la proposta del Vecchio sappi che dovrò tenerti d’occhio, costantemente fino alla tua uscita dal Villaggio. Non potrai di fatto restare mai da solo. Dunque se non sarò io direttamente a sorvegliarti lo farà una mia copia. Inoltre non potrai allontanarti liberamente, per il resto potrai alloggiare e riposare nel tempo libero presso una delle varie foresterie vicino ai Gate. Sempre sorvegliato. – e soprattutto non ti consentirò di restare troppo vicino al Vecchio. In mano sua si nascondeva ancora uno dei Jigoku, gli Inchiostri Maledetti e mortali. Quel Jigoku un giorno sarebbe diventato mio. E ogni interferenza con il Tatuatore era da evitare.

    Se Zora accetta la condizioni…

    Il Vecchio batté le mani, spronando così tutti i presenti:- Bene, bene! Zora avvicinati al bancone, e osserva i vari scaffali. Prima di iniziare la pratica è necessario conoscere le basi teoriche. Vediamo Kato. TI ricordi le definizioni e le caratteristiche dei vari inchiostri? – Sospirai, infastidito, ma mi resi conto che una breve ripassata non mi avrebbe di certo fatto male: - Zora cancella tutto quello che hai appreso o imparato sui Tatuaggi fino ad oggi. Carta bianca. – indicai le varie boccette - Questo è il presupposto per il quale affacciarsi a tale arte. Ora come vedi questi inchiostri rappresentano la base essenziale per tatuare direttamente sulla pelle del Ninja. Già, perché non stiamo parlando di banali decorazioni ma di veri e propri Justu. L’Inchiostro veicola il Chakra presente nella sua stessa composizione, ed eventualmente anche il nostro chakra, e a seconda del tipo di inchiostro si possono ottenere determinati effetti. Ora il requisito fondamentale per ottenere un risultato o un effetto è quello di provare Dolore. Tramite la sofferenza dell’incisione data dal tatuaggi si giunge all’imprescindibile condizione, ovvero all’attivazione dell’inchiostro stesso. Se l’inchiostro non “sporca” la carne esso non può essere o non può coinvolgere il nostro sistema circolatorio del Chakra e quindi non otterremmo nessun risultato. Capito? – ed era per quello che gli Yotsuki erano i Ninja più indicati, la loro soglia di sopportazione del dolore era ben più alta della media… ma questo forse era meglio non svelarlo – Ora, è evidente che un esperto di Funjustu, quale io non sono, si ritroverebbe facilitato nel compito di individuare i vari tipi di inchiostro ma comunque una buona volontà e una buona memoria permettono di colmare tale differenza. Come vedi ci sono tre tipi principali di inchiostro: Hitashi o Imbevuti, Kessho o Cristalli e infine Gisei, o Sacrifici. Per il momento parleremo dei primi due. Gli Hitashi sono gli inchiostri più semplici: tramite degli aghi in grado di condurre chakra è possibile mescolare all’inchiostro del chakra appunto, donando così particolari capacità. Il metodo Hitashi è il metodo di creazione più semplice e di conseguenza quello più limitante. Non è possibile utilizzarlo per creare o contenere Funjustu o Ninjustu di alto livello. I Kessho invece richiedono molta più capacità e impegno. Nella china infatti si presentano dei particolari cristalli in grado di catalizzare e accumulare il chakra. E’ evidente quindi che a seconda del grado di purezza del cristallo sia possibile ottenere più o meno effetti positivi. Naturalmente il metodo Kessho di tatuatura è molto più stabile, può essere riutilizzato e consente di ottenere risultati importanti… ma il prezzo da pagare è molto alto. I Cristalli costano e l’arte richiesta deve raggiungere quasi la perfezione oppure il risultato sarà nullo. Domande? – dopo qualche secondo di attesa il Vecchio intervenì – Molto bene, Kato. Un buona spiegazione. Ma direi di lasciare Zora qualche ora qui davanti ai banconi, cosicché possa memorizzare i vari tipi, associare i colori e i cristalli. – Annuii in segno di assenso. Per Zora dunque non restava altro che imparare, e studiare.




     
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    Teoria e catene


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    La ringrazio, è un'onore che un maestro come lei riconosca la mia arte. Accenno un inchino mentre tento di nascondere l'euforia che le parole di Hokuseki mi hanno evocato, è sempre bello ricevere apprezzamenti sulle mie opere.
    Sono fortunato, il gran maestro accetta di insegnarmi la sua arte. Il tempo non è un problema per me, la mia natura errante non mi impone regole né luoghi in cui devo essere, proprio per questo mio insito bisogno di libertà trovo le condizioni di Kato a dir poco severe. Peculiare, senza dubbio. Mi rivolgo al guardiano con gentilezza ed educazione, non voglio creare un problema laddove non ve ne è bisogno. Un trattamento ad personam, devo presumere? Tutto questo controllo per una persona che si è dimostrata collaborativa ed ha consegnato tutto il suo equipaggiamento senza neanche il bisogno che gli fosse chiesto. Non potete dirmi che queste regole vengano imposte ad ogni singolo visitatore, altrimenti il paese del suono avrebbe bisogno di molti più guardiani e meno ingressi. Accenno un sorriso, rivolto ad entrambi. Non posso che pensare che qualcos'altro si nasconda sotto questi vincoli, ma non sono qui per scoprire i vostri segreti, né per creare confusioni innecessarie. Accetto quindi, seppur a malincuore, le vostre condizioni, magari avrò occasione di visitare dei luoghi che non avrei potuto vedere senza accompagnamento.
    In maniera informale comincia la prima lezione sull'arte dell'inchiostro e dei tatuaggi, Kato è esperto, mi fa piacere, stando con lui posso decisamente imparare molto. Il libro che tengo nella mano destra si apre ad una pagina bianca mentre la tigre d'inchiostro vi si avvicina toccandolo delicatamente col naso, non appena si crea tra questi un contatto dalla grande testa del felino comincia a scorrere un filo del liquido nero del quale è composta che, come un piccolo fiume, inonda la pagina bianca disegnando elegantemente su di essa le parole dello Yotsuki; decisamente un modo peculiare di prendere appunti.
    I concetti iniziali sono tanto facili quanto affascinanti, il dolore è direttamente correlato alla potenza del tatuaggio; mi ricorda molto un rituale al quale ho assistito durante uno dei miei viaggi: una popolazione tribale eleggeva i propri uomini a guerrieri tramite la scarificazione della cute, su le ferite comparivano cicatrici che marchiavano permanentemente il guerriero, maggiore è il loro numero, maggiore è il valore.
    Sì, una domanda l'avrei. Rispondo a Kato. La natura degli inchiostri che mi hai accennato sembrerebbe assai diversa, immagino che anche la loro produzione sia differente, penso che capirne l'origine sia per me il primo passo da fare, sapresti indicarmi il libro da cui posso dunque cominciare?
    Hokuseki mi indica un vecchio volume che comincio avidamente a sfogliare, sono fortunato, ho passato molto tempo a studiare testi antichi per carpire le vecchie arti e questo mi ha reso un ottimo studioso, oltre a questo la mia arte dei fuuinjutsu aiuta nella comprensione dei simboli più difficili da interpretare.
    Lo studio si presenta lungo, decisamente, ma non mi spaventa e non mi infastidisce, non ho mai pensato che si sarebbe trattato di una cosa rapida; come un uomo che, perso nel deserto, trova finalmente un'oasi, consumo un volume dopo l'altro mentre esamino anche le bottigliette che si trovano sui vari scaffali comparandole a quello che trovo scritto sui testi. Un ottimo inizio.

     
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    Alle domande, e alle osservazioni, di Zora nel trattamento che avevo riservato nei suoi confronti rimasi qualche secondo in silenzio. Dovevo ponderare bene le mie parole, senza dubbio. L’ultima cosa che avrei mai voluto è che quel Ronin sospettasse del Tatuatore stesso: - Già, non lo nascondo. Ma Oto ha subito recenti attacchi, molto violenti, e il solo fatto di ammetterti tra le mura del Villaggio è un eccezione. Non nego che potrei essere pure criticato per questa scelta, ma mi ispiri fiducia e i tuoi gesti sono degni di attenzione. Dunque io per primo mi trovo in una posizione delicata. Ti chiedo perciò di seguire le mie indicazioni, e di sicuro, almeno nel breve termine non dovremmo preoccuparci di sguardi indiscreti o ombre celate nell’oscurità della notte di Oto. –

    In ogni caso Zora una volta ricevute numerose spiegazioni sulla teoria degli inchiostri e dei Tatuaggi ricevette anche alcuni tomi o volumi che riguardavano la composizione dei vari cristalli. Tuttavia il Vecchio fu molto sincero nei confronti del Ronin: - E’ giusto conoscere il mondo che circonda il Tatuaggio ma nulla, soprattutto come in questa arte, può superare la pratica. La vera perfezione in questa arte si osserva, tramite l’abile lavoro del Tatuatore stesso oppure la si assapora… tramite il dolore espresso dal Tatuaggio stesso. – E dopo aver passato un bel po’ di ore sui libri il Maestro considerò l’idea di mettersi al lavoro, al tatuaggio vero e proprio. All’Arte.

    Il Vecchio un po’ come fece a suo tempo per le mie prime esperienze si armò di tutto punto con gli strumenti del mestiere. Zora di fatto osservò come il Maestro aprendo uno zaino di cuoio alquanto pregiato sfoggiò numerosi oggetti: aghi (alcuni cavi all’interno), pinze, pennelli e un coltello talmente fino che pure un bisturi sembrava un arma da mischia. E infine estrasse una boccetta contenente un po’ di inchiostro, che a vedere sembrava Hitashi.

    Indicando sia a me che a Zora di sederci vicino al bancone ci pose davanti dei lembi di pelle animale – Per il Vecchio questi saranno i nostri banchi di prova. – Il Maestro all’udire le mie parole sorrise, sul suo volto si poteva intravedere una luce molto particolare – Il Signorino ha ragione. Zora partirai dalle basi e tatuerai materia inanimata. Forza, Signorino Kato mostri a Zora alcune sue creazioni. – E non mi feci attendere. Utilizzando i vari strumenti iniziai a tracciare numerosi tatuaggi, molto velocemente ma anche con estrema precisione. Cerchi, figure di animali e intrecci comparvero sul quel lembo. Il tratto era pulito, potevo osservarlo io stesso – Bene, Kato. Ora tocca a me. – scrollai la testa, stavo per assistere ad uno spettacolo unico. Il Vecchio prendendo in mano il coltello, con una precisione che rasentava l’esperienza di un Jonin, iniziò a tracciare tatuaggi e quello che Zora poteva comprendere era solo una cosa sola: ammirazione. La precisione e la fluidità con la quale il Maestro proseguiva nella sua opera erano semplicemente impareggiabili. Lui aveva raggiunto la perfezione. Lui di fatto poteva usare i Jigoku, la massima espressione dell’Arte dei Tatuaggi. Il Male in forma di inchiostro.

    Il Vecchio dunque alzò lo sguardo verso il Ronin: - Come ti ho detto Zora solo la pratica può portare a dei veri risultati. Ovviamente questo è il risultato di anni di esperienza ma quello che ti chiedo non è un compito così dissimile. Inizia a tracciare delle figure geometriche su questi lembi di pelle. Parti dalle basi: figure semplici come quadrati o triangoli. E poi passa a dei cerchi o comunque figure che richiedono delle curve. Non c’è molto da dire se non quello di provare direttamente. Mi sento di dirti solo un paio di cose: l’intensità del colore è definita dal numero di ripetizioni del tratto. E di conseguenza la sua efficacia. Rapidità e precisione dovranno muoversi di pari passo. Generalmente ci vuole almeno una settimana per completare questo primo esercizio…. Buon lavoro, Zora. – Mentre da parte mia rimasi in attesa di istruzioni, avevo già superato quella fase. Per me era decisamente arrivato il momento di fortificare le mie conoscenze con qualcosa di ben più complesso.



     
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    Senza trucco e senza inganno


    Post terzo




    Pratica? Le parole del maestro mi riportano alla realtà dal magnifico mondo dei libri nel quale mi ero rintanato. Leggermente intontito mi guardo attorno, la luce che filtra dall'ingresso ha cambiato colore e le ombre proiettano forme differenti, solo ora mi rendo conto che sono passate ore da quando ho cominciato a leggere. Sarà un piacere vederla all'opera. Dico, rivolto al maestro, mentre mi sgranchisco gambe e collo, intirizzite dalla metodica posizione che ho assunto per studiare. Osservo ed analizzo gli strumenti che il vecchio mi mostra, cercando di carpirne ogni dettaglio, alla fine metà del lavoro di un artista è eseguita dall'oggetto che utilizza, a questo va metà dell'onore, si deve conoscerlo come una parte di noi stessi. Poggio quindi una mano sulla pelle che il maestro porge a me e Kato, è fredda, inanimata, una tavola del genere non sarebbe per niente difficile da inchiostrare viste le mie capacità , ma quello che devo fare è pratica, non vale la pena utilizzare le mie abilità.
    Le mani di Kato si muovono rapide su quell'insolita tela ed i segni che lasciano sono puliti e precisi, tuttavia non è niente davanti all'estasi che deriva dall'osservazione del vecchio maestro all'opera. Non esiste invidia nel cuore di un vero artista, chiunque possa creare arte è da ammirare ed apprezzare per le proprie peculiarità , senza bisogno di paragonarle con le proprie; ma se ci fosse stata, questo era il momento in cui l'avrei provata.
    Certo maestro. Rispondo accennando un inchino con la testa prima di mettermi a lavoro sulla pelle. Vedi, Kato, in realtà per me questo non sarebbe un lavoro difficile. Riferisco al mio compagno di lezione mentre con un ago cavo contenente inchiostro foro delicatamente la pelle davanti a me. Osserva. In un secondo l'inchiostro defluisce dall'ago a dentro il tessuto e comincia a danzare generando la figura di una piccola ballerina che si sposta da una parte all'altra della tavola. Ma non sarebbe così semplice se dovessi farlo su un qualcosa di vivo. A quelle parole l'inchiostro ritorna rapido all'interno dell'ago, lasciando la pelle completamente pulita. Quindi tanto vale non usare questa mi abilità adesso. Sembra che dovrò farlo solo di mio pugno. Accenno un sorriso prima di tornare a lavoro e divenire silenzioso, sono abbastanza alienato da tutto quando mi concentro.
    Le parole del maestro risuonano nella mia mente e si mischiano con le molteplici informazioni che ho ottenuto dai libri generando un pattern motorio che guida la mia mano che, delicata, irrora la tela di colore.
    Il primo esercizio che eseguo è sulle forme; ne disegno a centinaia, senza far troppo caso all'intensità che metto nei lati delle figure, ma solo stando attento a tracciare delle linee dritte , o curve, a seconda di cosa sto dipingendo. Non appena la pelle si riempie d'inchiostro utilizzo la mia abilità per rimuoverlo e trovarmi nuovamente davanti ad una "tela" bianca, questo mi permette di provare e riprovare senza troppa paura di errare. Così si conclude il primo giorno di prove; seguo Kato all'alloggio che mi ha affidato e mi corico immediatamente, sono ansioso di provare ancora.
    Per fortuna lo Yotsuki si presenta di buon'ora alla mia porta e, dopo qualche convenevole, andiamo diretti allo studio per ricominciare la pratica. Il secondo giorno è dedicato all'intensità del colore; stavolta le figure sono poche ma fatte bene. Mi richiedono più tempo, ma non è un problema, dedico ad ognuna di loro tutta l'attenzione e la meticolosità che dedicherei ad un'importante scultura. Devo carpire i segreti del tratto, ogni millimetro è eseguito con attenzione ed insegna al mio corpo e la mia mente, già esperte artiste, come automatizzare i movimenti. Ancora una volta è subito sera ed ancora una volta vengo scortato ai miei alloggi.
    Il terzo giorno è dedicato alla rapidità d'esecuzione; forme ed intensità sono ben solide nella mia mente d'artista, devo solo prendere confidenza con gli attrezzi per eseguire un lavoro fino in un tempo breve. Ottimo! Ci sono, ce l'ho fatta, sono sicuro del mio lavoro. Maestro, credo di esserci. Cosa ne pensa?
     
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    Il Fiore Lupo

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    Il Vecchio tatuatore guardò con estrema curiosità il lavoro svolto dal Ronin. Una curiosità che non avevo mai visto prima in quel vecchio membro del Clan Yotsuki. La curiosità di un uomo ormai spento. Sorrisi, forse per la prima volta notavo nello sguardo del Tatuatore quella fiamma che lo spinse a intraprendere questa strada da giovane. Uno sguardo di un impavido, di un guerriero e di un ricercatore che lo portarono a conoscere i più oscuri segreti dei Jigoku e dei Gisei.

    - Molto bene, Zora. In questi tre giorni hai appreso molto e la dimostrazione sta direttamente davanti a te. Nel tuo tratto e nella precisione dei tatuaggi. Elementi fondamentali per il passaggio successivo: i Kessho. Ora dovrei applicarti nell’arte del Tatuaggio dei Cristalli, infinitamente più complicata. Come ti aveva accennato Kato ogni errore, per quanto minimo, può portare a conseguenze negative se non dannose. Tuttavia i Kessho possono nascondere un potere molto più ampio e dare spazio ad abilità o poteri decisamente più importanti e articolati. Dunque essi sono un passaggio fondamentale, se non il più importante. – Il Vecchio si avvicino ai vari scaffali, poco distanti dall’entrata. Ivi erano presenti vari contenitori, e con non poca fatica il Tatuatore allungando entrambe le braccia portò davanti a me e a Zora vari elementi: - Questi sono cristalli Kessho, sono di scarsa qualità adatti all’esercizio ma non per questo poco costosi. Tieni presente che i cristalli sono estremamente rari e di conseguenza molto preziosi. Non possiamo permetterci tentativi o prove a caso. Lavora come se davanti a te avessi un vero cliente. Naturalmente l’apprendimento del tatuaggio Kessho è molto lungo. Mi aspetto almeno due settimane di allenamento, sotto il mio sguardo o quello di Kato, il quale naturalmente sfrutterà l’occasione per riprendere in mano l’arte. – Sbuffai scrollando la testa – Certamente, Maestro. –

    E così di fatto le settimane successive si sarebbero sviluppate in una sorta di circuito chiuso. Sveglia, allenamento, pratica, valutazione, sveglia di nuovo. Per Zora di certo si sarebbe trattato di una bella permanenza, sorvegliata, ad Oto. Per me un esercizio sempre utile sui cristalli Kessho.

    Passate le due settimane il vecchio al termine dell’ultima lezione intervenne rivolgendosi verso il Ronin: - Zora, posso confermarti che hai appreso molto. E hai acquisito la base per proseguire l’Arte dei Tatuaggi al di fuori del mio umile studio. Tuttavia ho un ultima cosa da dirti, di cui Kato è ben a conoscenza. Esiste una terza tipologia di Tatuaggi. I Gisei sono l’espressione più terribile dell’Arte. Tali tatuaggi vengono prodotti utilizzando un inchiostro maledetto, mischiato con parti del corpo umano ottenuto tramite sacrifici di sangue. La loro forza è inarrestabile, ma il prezzo richiesto per utilizzare tale potere può costare la propria vita, e oltre. I Setti Jigoku sono i Gisei più potenti che esistono sulla terra. Ascoltami, è giusto conoscere la loro esistenza ma è un bene sapere che essi sono il male più assoluto. – per un attimo il mio cuore sobbalzò. Stava per rivelare il mio segreto? – Con questo ho detto tutto, Zora. E ringrazio te e Kato per avermi offerto la possibilità di condividere la mia arte alla mia veneranda età. Grazie infinite, Ronin. –

    Da parte mia mi voltai verso Zora, e limitandomi ad un breve cenno con la testa, gli porsi la mano aspettandomi una stretta. Raramente mi ero concesso fino a quel punto ma infondo Zora aveva rispettato le mie condizioni e non aveva esagerato con il Maestro. Era stato di parola. Accompagnandolo verso l’uscita mi limitai a proferire poche ma sincere parole:

    - Ti accompagnerò all’entrata, Zora. E’ stato un piacere studiare l’arte con te. Ad Oto finche’ sarò io il guardiano troverai sempre qualcuno ad accoglierti. -


     
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    Prendi l'arte e mettila da parte


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    Ringrazio accennando un inchino il maestro. Le se parole mi riempiono di gioia, l'inchiostro che mi scorre nelle vene ancora una volta non mi ha tradito, sono riuscito ad imparare le basi per la sua creazione e per la sua apposizione sugli esseri viventi, un traguardo non da poco.
    Ascolto con interesse mentre mi viene spiegata la seconda parte del mio addestramento e l'utilizzo di un inchiostro più difficile da maneggiare. Farò del mio meglio, maestro. Dico brevemente prima di mettermi subito all'opera.
    Aspetto che Kato prenda una boccetta, non voglio sembrare scortese, poi ne prendo una a mia volta e la poggio delicatamente sul banco di lavoro davanti a me. La osservo con ammirazione, come se potesse parlarmi e rivelarmi i suoi segreti, la interpongo fra me ed una fonte di luce in modo da vederne le doti di rifrazione , dopodiché la stappo e , come un esperto sommelier, ne esamino la fragranza, devo conoscere tutto del mio materiale prima ancora di poterlo usare.
    Passa il primo giorno, così veloce che nemmeno me ne rendo conto; nei giorni successivi ho modo di conoscere meglio Kato ed il villaggio del suono, decisamente meno tetro di come me l'aspettassi , anche il villaggio.
    Nei giorni successivi utilizzo le mie peculiari abilità per far levitare l'inchiostro davanti a me, fargli assumere diverse forme e radunarlo e disperderlo il più possibile, in modo da creare con esso sia piccole sfere solide che ampie e sottilissime superfici, perfette per analizzare attentamente la struttura dei singoli cristalli all'interno di esso.
    Così passa la prima settimana, ancora non ho utilizzato il mezzo che mi è stato assegnato, ma adesso per me non ha più segreti, conosco di esso ogni dettaglio, ogni piccola imperfezione, conosco perfettamente le caratteristiche di rifrangenza di ogni singolo cristallo al suo interno. Così cresce anche la mia conoscenza del ninja del suono con il quale, volente o meno, condivido ogni momento della giornata. La mia inclinazione alla non belligeranza ed al quieto vivere difficilmente non riesce a far breccia nell'animo delle persone che hanno la possibilità di conoscermi, anche questo è il caso. Nonostante sia una persona inizialmente burbera e sull'attenti, anche il guardiano del suono sviluppa nei miei confronti fiducia, se non quasi amicizia. Si tratta di una mia qualità di cui vado piuttosto fiero.
    I giorni passano ed il mio studio attento del materiale da i suoi frutti, apporlo sulla pelle è infatti un lavoro abbastanza semplice adesso. La mia tecnica si affina al passare del tempo ed allo scadere delle due settimane è pressoché perfetta, tanto che utilizzo il Kessho a cui tanto mi ero affezionato per eseguire sul mio avambraccio sinistra il tatuaggio di una vipera cornuta che lo avvolge e la cui testa si conclude sul palmo della mano. Spero di non aver preso troppa libertà, maestro, ma mi ero profondamente legato a questo inchiostro. Vi ringrazio enormemente per i vostri insegnamenti, non li scorderò mai. Tornerò per farvi vedere le mie creazioni e per imparare ancora dalla vostra immensa arte. Grazie di tutto. Eseguo quindi un inchino formale e stringo con gioia la mano a Kato prima di seguirlo verso le mura del villaggio del suono. Conoscerti è stato un vero piacere, Kato Yotsuki, in me troverai sempre un amico e , nelle mie abilità, un sostegno, spero che le nostre strade si incroceranno ancora. Così dicendo un guizzo d'inchiostro fuoriesce dalla mia tasca ed assume le sembianze di un microscopico serpente che si va a poggiare sul bavero della tenuta da guardiano del ninja di Oto per poi fondervisi e divenire simile ad una stampa. Un piccolo pensiero per ricordarti di me, adesso è bene che torni alla mia strada, il mondo è pieno di arte che ancora devo scoprire. Grazie ancora. Mi congedo quindi dal mio nuovo amico e riparto verso la mia grande avventura.
     
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