Kakurenbo

Role free: Arashi - Sasori - Asgharel

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    R I D I C U L O U S:
    I have never made but one prayer to God, a very short one: 'O Lord make my enemies ridiculous.' And God granted it.

    Shizuka Kobayashi and Sasori Uchiha
    [interpost]




    divisore




    Shizuka Kobayashi era nata candida.
    Bimba e poi ragazza, Principessa e poi Shinobi, aveva sempre preservato la parte di lei “pulita” perchè riuscisse a sopravvivere anche in un mondo corrotto come quello ninja, che costringeva ad uccidere per sopravvivere, a mentire per non essere ingannati, a distruggere per proteggere.
    Per anni aveva preservato la se stessa “bianca”, quel suo essere una bambina seppur ancora donna. La sua capacità, non trascurabile né ridicola, di saper ancora arrossire, di giocare con i piccoli del villaggio correndo dietro ad una palla di pezza, o di arrabbiarsi battendo i piedi a terra. Erano pregi, quelli, che aveva sempre cercato di proteggere disperatamente, mentre il mondo in cui aveva scelto di vivere la dilaniava e divorava, morso dopo morso e questo perché amava quella parte di lei che, crescendo, non si era dimenticata di essere stata piccola.

    Poi, però, aveva dovuto cambiare.

    Posta di fronte alla scelta, alla annichilente comprensione di essere sul punto di morire, di scomparire e portare con sé centinaia di persone e l'integrità, la serenità, lo splendore di quel villaggio che chiamava con amore casa, Shizuka Kobayashi aveva dovuto scegliere.

    E aveva scelto di cadere nell'oscurità per preservare la luce di qualcun altro.

    Fino a quel momento, a quel secondo in cui i suoi occhi si erano bagnati di cremisi diventando terreno fertile per i fiori corvini di quelle tomoe che avevano riso goliardiche, finalmente libere; la Principessa di Konoha aveva rifiutato l'omicidio. La menzogna. La corruzione.
    “Si può ottenere la stessa cosa anche con altri metodi.” Diceva sovente.
    “Nessuno ha diritto ad uccidere.” Ripeteva.
    “Io sono diversa.” Supplicava.

    Uccidere o essere uccisa.
    Proteggere il Villaggio e la sua gente rinunciando a se stessa.
    Arrendersi ad essere una Shinobi, nient'altro che una mercante di vite e bugie, e proseguire.
    Aveva scelto quello, condannandosi.
    Condannandosi ad una vita di domande, di dubbi, di perché: sarebbe stato diverso se avesse scelto l'altra via? Konoha sarebbe comunque esplosa e tutta quella gente sarebbe ugualmente morta?
    ...Riuscirò mai a continuare a sedere nelle ombre guardando con amore la luce, tutelandola, chiamandola, senza alla fine chiudere gli occhi e annegare?

    Quello era l'inferno.

    «Credi di aver visto l'orrore solo perché qualche bimbo cattivo ti ha chiuso in carcere sei mesi?»



    Dentro al Genjutsu, cui non si oppose, la kunoichi sorrise.
    La realtà creata dalla mente di Sasori era talmente falsa e artificiosa, il rigurgito mal riuscito di una rabbia istantanea probabilmente nata dalle parole che gli aveva detto, che lei, socchiudendo gli occhi, osservò lo svolgersi degli eventi come assistesse ad uno spettacolo unico e divertente.
    Scoordinata. Ovvia. Irreale. Era questa la creazione di Sasori Uchiha.
    Era il peggior Genjutsu che avesse mai visto. Niente in esso richiamava qualcosa di reale, di sinceramente obiettivo. Era tutto talmente senza senso, il colpo di katana, la testa che rotolava con quell'irreale getto di sangue obliquo (non aveva mai tagliato la testa a nessuno il poverino, con ogni probabilità) e persino l'espressione del creatore stesso, sadica e feroce, così poco consona all'immagine che aveva dato di sé fino a quel momento.

    Che peccato. Era con la creatrice più agghiacciante che stava giocando...
    ...e non perché ella dipingesse mostri e incubi come pareva divertirsi a fare lui, ma perché, osservatrice scrupolosa della realtà, ricostruiva il mondo in ogni sua perfetta sfumatura, nei colori, negli odori e persino nei sapori.
    Se nessuno riusciva ad uscire dai suoi Genjutsu non era perché lei fosse un genio oltre ogni parola umana... ma perché nessuno, semplicemente, si accorgeva di esserci finito.
    Non c'è peggior scherzo della mente di quello che non viene compreso.
    Esattamente come un sogno che ti induce a vivere la tua quotidianità, che ti conduce a letto, ti stimola a dormire, sognare e poi svegliarti così da ricominciare.
    Era quello il genere di illusione in cui la kunoichi era maestra.

    «Hai finito di latrare così rumorosamente, Sasori?» Avrebbe chiesto, sorridendo. Alzò una mano, fermando così ogni intervento di Ritsuko e persino di Norio che, vedendo la Genkai del suo Clan venir attivata senza motivo, si era già voltato con incomprensibili intenzioni, azzerando la sua solita espressione burlesca. «Sei il peggior creatore che io abbia avuto la disgrazia di incontrare.» Sorrise con dolcezza, reclinando la testa verso destra.
    I suoi lunghissimi capelli castani ricaddero sulla sua spalla, scoprendole il collo liscio e candido. La luce del sole di mezza mattina scivolò allora, sollevata della rimozione di quel sipario castano, ad illuminare il corpo della donna: il seno formoso e perfetto, i fianchi e le spalle forti. La grande cicatrice esangue che la sfregiava orrendamente.
    «Credi davvero di aver visto l'inferno, eh?» Non vi era rabbia né ironia nella sua voce, ma solo una grande compassione. «Povero, povero cucciolo... deve essere stato spaventoso rimanere in cella tutto quel tempo, al buio, senza nessuno...» E così dicendo cominciò ad avvicinarsi allo Shinobi. Quando gli fu abbastanza vicina si sarebbe poi leggermente piegata in avanti, portando il suo viso pericolosamente vicino a quello di lui, che avrebbe potuto sentirne il respiro sulla pelle e il profumo: un'inaspettata e innocente essenza di fiori di loto. «Credi di dovermi dimostrare che sei cattivo e pericoloso? Che anche tu puoi farti valere?» Rise educatamente, prendendogli la mano destra. «Hai davvero pensato che quello che ho detto fosse riferito al tuo fallimento in missione? Al tuo esserti miseramente fatto fottere in quel modo?» Gli avrebbe accarezzato il dorso della mano con gentilezza poi, nel silenzio che si era venuto a creare e con una lentezza quasi agghiacciante, avrebbe condotto quella stessa mano sulla sua spalla. Senza esitazione né pudore, la kunoichi avrebbe fatto scorrere le dita dello Shinobi lungo la cicatrice che portava sul corpo, attraverso i seni, e poi sempre più giù, sulla pancia, fino al fianco opposto, il destro. «Vedi Sasori... tu sei stato solo messo in una scatolina e scosso un pochino, e guarda cos'è successo...» Si avvicinò, sussurrando. «...la tua mente si è crepata talmente tanto che i tuoi Genjutsu sono talmente ridicoli che uno studente accademico avrebbe usato il Kai prima ancora che quell'adorabile katana senza filo scendesse sul collo di quello stupefacente Atasuke dal colore della divisa troppo chiaro.» E a quel punto si sarebbe ritratta, pur senza lasciar andare via la mano di lui. «Sei cambiato? Sei diventato diverso? Ti stai rivelando per ciò che sei realmente? Stai nascondendo la tua indole?» Domandò facendo spallucce. «Puoi fare anche tutte queste cose insieme, ma vedi, esattamente come ti avevo detto: ci sono cicatrici che si vedono, come queste, e altre invisibili, come le tue. Nessuno di noi due se ne libererà mai ed entrambe ci hanno portato a fare una scelta: la tua qual è?» Avrebbe lasciato che la mano dello Shinobi cadesse e, con ostentazione, si sarebbe pulita la propria con un fazzoletto che estrasse tranquillamente dalla sua tracolla. «Qualunque sia, assicurati che sia quella giusta: se vuoi giocare a fare il malvagio stai attento... perché ti posso garantire che esistono cattivi molto peggiori di te.» Sibilò, e i suoi occhi si alzarono. Il verde smeraldo delle sue iridi si era fatto più scuro, più abissale. Inquietante. «...E anche di me, ovviamente.»

    Karasu Uchiha.
    Kurotempi.

    «Hai altro da aggiungere o possiamo proseguire, Sasori Uchiha-sama?» Domandò, inchinandosi con rispetto.


    divisore




     
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  2. Sasori Uchiha
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    Un passato mai trascorso



    L'inganno era stato creato, il messaggio era stato lanciato, in maniera improvvisa, inaspettata. A sua sorpresa vide con piacere che la ragazza aveva percepito quello che sperava arrivasse a segno. Dopotutto non era così strana, pazza o che altro come la ragazza si dipingeva, aveva un carattere appariscente duro e strafottente, ma da quanto percepiva, non era così diversa da come voleva sembrare. Questa era l'idea che Sasori si era fatta di quella ragazza conosciuta in quella giornata, diversa da quelle solite che passava il ragazzo.
    I sei mesi di prigionia da poco trascorsi, non erano stati di certo piacevoli, come possono essere stati quelli di una vacanza. La villeggiatura se così poteva essere chiamata, era passata lentamente. Il trattamento ovviamente all-inclusive non era stato dei migliori, nè i pasti da gourmet. Ma di certo non bastava quell'esperienza per poter cambiare la sua indole. Certo è che avrebbe segnato forse il suo ego, la sua coscienza. Ma il danno era fatto e di certo non poteva continuare a dannarsi per essere stato intrappolato e confinato in quattro mura, come si fa di solito con i criminali. Perchè lui non era un criminale, di certo non voleva diventarlo, anzi in futuro gli piacerebbe dare la caccia a quella gente, a quella feccia, ma per riuscire in quello che aveva in mente, ora aveva necessità di voltare pagina su quanto accaduto. Come si era ripromesso più e più volte, voleva tornare alla serenità alla tranquillità della sua casa, dei suoi pochi ma veri affetti e dei suoi amici.
    Gli amici forse tutta quella situazione era dovuto al fatto che si ostinava a vivere nel passato, si ostinava a cercare di ricreare una condizione mentale che doveva abbandonare, perchè la vita si sa è in continua evoluzione e di certo era una ruota che non poteva essere fermata da nessuno, se non quando il proprio viaggio in questo mondo è arrivato al capolinea. Quindi doveva scrollarsi di dosso un passato che come una spada di Damocle incombeva sul ragazzo, sui suoi pensieri, sulle sue azioni. Non erano bastate torture, isolamento prolungato a convertirlo in qualcosa che non era. Quindi perchè continuare a fingere di essere qualcuno che non è, qualcuno che non potrà mai essere, qualcuno che quindi è ciò chi è realmente. Il gioco delle maschere stava per essere fermato. In fondo anche loro era necessario che capissero o almeno sperava che potessero capire.
    Perciò Sasori rispose alla ragazza in maniera molto semplice:



    Sei ancora in superficie...riesci a vedere solo quello ?



    Chiese con sguardo vuoto ed un espressione abbastanza malinconica. Però qualcosa la ragazza aveva intuito, se aveva fatto quella domanda e non si era abbandonata alla violenza, che effettivamente sarebbe stata anche lecita. Ad ogni modo l'illusione era stata fatta appositamente in maniera orribile da un punto di vista tecnico, perchè aveva necessità di attirare l'attenzione,di aprire una linea di confronto, cosa che sembrava essere riuscito oggettivamente a fare.Quindi proseguì:



    La prigionia non è che la punta dell'iceberg...ma non voglio portarvi con me nell'oblio.



    Mentre parlava, lo sguardo si faceva sempre più nero, sempre più vuoto sempre più lontano.La sua immaginazione era nel passato.Sembrava di rivedere uno ad uno le persone con le quali aveva stretto un legame forte, ma che non aveva più rivisto. Ma loro forse non avrebbero capito, in effetti era una cosa talmente profonda, talmente intima, che realmente era difficile da percepire. Ma le persone a volte sanno sorprenderti. Quella ragazza sarà anche stata all'inferno, come le piaceva ripetere, dipingendosi con quell'aria da dura, da donna di mondo, da donna vissuta, da donna indipendente. Ma nella vita per quanto gli desse fastidio erano i legami a permetterti di sopravvivere nella fredda landa dell'oblio, del vuoto e del nulla. C'era troppo rumore intorno in sè, troppe parole. Il mondo in quegli istanti era solo ovattato, le parole della ragazza le avrebbe percepite ovatatte, riuscì a tornare nella realtà soltanto quando gli chiese



    «Sei cambiato? Sei diventato diverso? Ti stai rivelando per ciò che sei realmente? Stai nascondendo la tua indole?»



    Un sorriso finalmente in quel vuoto senza tempo, si manifestò sull'aria malinconica, che il ragazzo aveva mantenuto per tutto il tempo. Quindi disse:



    Ci siamo quasi



    Era un sorriso non di presa in giro, con il quale non voleva ingannare, era un sorriso di onestà, era un sorriso ammaliatore. Perchè in fondo a cosa serve essere immerso in una folla, quando quelli senti è solo vuoto e privazione. Ma forse quella ragazza aveva un background completamente differente, aveva delle origini differenti, aveva una sua storia di vita che ovviamente non poteva essere uguale alla sua. Nella vita si arriva a fare dei resoconti di quanto fatto, di quanto detto e delle persone che ti circondano.Per quanto si fosse dato da fare, gli sembrava di essere rimasto fermo. Adesso era il momento di iniziare a correre. Non c'era più tempo. In realtà non ne aveva mai avuto. Tik, Tak era l'unica melodia di sottofondo. Era l'unico ritmo della vita. Ma se non ti lasci affascinare da tutto quello che c'è nel sottofondo, come fai poi a concentrarti sulle cose che contano e non su quella melodia che tutto governa? A quella risposta ancora non ci aveva pensato. Tutto era ancora fermo e si ritrovò di nuovo lì, in quel posto a Konoha, di fronte ad Atasuke e Shizuka. Quindi dopo quella pausa durata attimi, riprese il discorso:



    Non posso cercare di dirti chi sono, se sono cambiato oppure no. Perchè mi puoi conoscere poco alla volta, come si fa a definire cosa è una persona se si hanno soltanto 5 minuti di tempo, quando a volte non basta una vita per conoscere una persona ?



    Era complicato spiegare come si sentiva ma era una cosa davvero complessa da spiegare, ci stava, provando ma non sapeva se l'avrebbe compreso. Era necessario il tempo. Forse era questa la risposta alla domanda che l'aveva sottratto alla realtà nel suo ragionamento. Ma al solito nessuno era disposto ad investire del tempo, che è una risorsa preziosa. Una volta investito non torna indietro. Nel frattempo la ragazza proseguì:



    «Puoi fare anche tutte queste cose insieme, ma vedi, esattamente come ti avevo detto: ci sono cicatrici che si vedono, come queste, e altre invisibili, come le tue. Nessuno di noi due se ne libererà mai ed entrambe ci hanno portato a fare una scelta: la tua qual è?»



    La mia scelta ? Essere sè stessi e circondarsi di persone che ti vogliono bene.



    La risposta a quella domanda, era venuta da sè, in quel grande caos che aveva dentro. Ma era giusto che andasse così. Che il vero io si mostrasse. Sperava di non aver commesso un errore, di fidarsi di Shizuka, di Atasuke. Le parole di quella ragazza sfumarono fino ad essere un rumore di fondo, fino a quando chiese se potessero proseguire. Sasori annuì. Sperava che effettivamente si creasse un legame con quelle due nuove persone, salvandolo dalla nostalgia di un mondo che sembra essere sparito nel nulla.

     
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    F A T H E R:
    I cannot think of any need in childhood as strong as the need for a father's protection.

    Toshiro Kobayashi.




    divisore





    Toshiro Kobayashi era un uomo alto circa un metro e ottanta.
    Aveva corti e ispidi capelli castani, scompigliati nonostante gli evidenti tentativi di piega, e una carnagione bruciata dal sole che conferiva lui la bellezza di una vecchiaia precoce. Nel suo volto, ovale e dai lineamenti non troppo squadrati, troneggiavano due grandi occhi verde smeraldo espressivi come quelli di un bambino, benché, come fosse facile capire guardandone il fisico –le spalle ampie e massicce, scolpite da lavori di fatica e lunghi viaggi, erano l'anticamera di un fisico asciutto per quanto non troppo muscoloso, in cui grandi e nerborute mani dalle dita affusolate gesticolavano scoordinatamente– egli non rassomigliasse ad un bimbo neanche da lontano.
    Non era un uomo che si sarebbe potuto definire “bello”, ma vi era qualcosa in lui di talmente intrigante da rubare la scena a tutti i presenti nel momento stesso in cui la sua figura si delineò di fronte alla Sala dei Ricevimenti aperta.
    La sua presenza maestosa, importante, e il portamento nobile e aggraziato, lo facevano rassomigliare ad un Daimyo di altri tempi. Un principe di un'era ormai perduta.
    ...Ed era incredibile, assolutamente incredibile, quanto Shizuka gli assomigliasse. Nel modo in cui muoveva le mani, o socchiudeva gli occhi, o semplicemente increspava la bocca in un'evidente, melodrammatica e plateale... disperazione.
    «Okaerinasai Anata.» Heiko, seduta in fondo alla Sala, capotavola di quel lungo banchetto, non si scomodò ad alzarsi quando il marito fece la sua comparsa, preferendo rimanere comoda. «Spero che il tuo viaggio sia stato confortevole.» Disse, ostentando una felicità davvero mal celata.
    «HEIKO!» Ruggì però il capoclan, sbattendosi le mani alla testa. «COSA SIGNIFICA TUTTO QUESTO?! IO MANCO DA CASA UNA NOTTE E MEZZO E QUI COSA SUCCEDE?!» Gemette l'uomo, raccogliendo con mani tremanti l'orsacchiotto di pezza rosa confetto che gli era poc'anzi caduto di mano. Guardando il pupazzo trattenne a stento un singulto, tirando poi rumorosamente su con il naso.
    «Calmati.» Si limitò a rispondere la moglie in quello che sembrava più un ordine che un consiglio. «E siediti, sarai stanco immagino.»

    ...Ma non c'era evidentemente tempo per sedersi, giacché Toshiro Kobayashi si era già voltato, e dopo aver guardato tutti i presenti con criticità crescente, agguantò sua figlia per le spalle, ruotandola rapidamente verso di sé.
    La kunoichi, rigida come una statua di sale e con gli occhi socchiusi in un'espressione di rassegnata disperazione, non si oppose né disse niente.
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    «SHIZUKA!» Urlò il mercante, scuotendo la figlia talmente forte che la testa di lei si piegò pericolosamente all'indietro. «TI RENDI CONTO?!» Ma di cosa dovesse rendersi conto non fu fatto presente, in quanto evidentemente fu più importante prendere l'orsacchiotto di pezza, portato chiaramente a lei in dono, e sbatterglielo ripetutamente in faccia, stropicciandogliela tutta. «E' VERO?! E' VERO CHE NON VUOI PIU' KUMA-CHAN?!»
    «Come ogni volta in cui apri bocca...»
    Esordì Shizuka, voltando leggermente la testa a destra con sguardo irritato. «...non ho assolutamente idea di cosa tu stia dicendo.» Sibilò.
    Pessima scelta di parole, perché il Capoclan, trasalendo e portandosi una mano di fronte alla bocca aperta con fare inorridito si gettò teatralmente a terra, in ginocchio. L'orsacchiotto ancora stretto al petto.
    «Come osi parlarmi così...» Gemette il mercante, con spalle tremanti. «...E POI CHI DIAVOLO SONO TUTTE QUESTE PERSONE?!» Urlò, riacquistando in un attimo l'energia che per una frazione di secondo sembrava aver perso, e senza farsi poi troppi problemi sull'educazione non esitò ad indicare Norio, Atasuke e Sasori con un indice fremente e accusatore. «Beh?! BEH?!»
    Immobile al suo posto, con lo sguardo ancora fisso in un punto indefinito dello spazio, Shizuka Kobayashi sentì le spalle farsi improvvisamente pesanti. Era il peso della sua reputazione andata in frantumi, quello? O forse quella dello sguardo di Atasuke e Sasori che sentiva sulla schiena?
    ...Quanto tempo ci avrebbe messo ad andare in eremitaggio al Nord per tipo... sempre?
    «Norio Uchiha, il mio maestro nell'arte della medicina.» Presentò la Principessa dei Kobayashi, alzando una mano piatta ad indicare il Jonin del ventaglio, che salutò allegramente il capoclan sventolando la mano con un sorriso a trentadue denti. «Atasuke e Sasori Uchiha...» Continuò poi lei, e a quel punto esitò. Tacque per appena qualche secondo, mentre la sua mente, da bianca che era, esplodeva in una serie di calcoli, bilanci e stime: era essenziale presentarli bene. La presentazione era tutto. Ne andava delle montagne, di Izumo, del baldacchino in piazza, i carpentieri, Suna, Kiri, calzini, martelli, e... «S-sono i miei compagni di team.»

    Silenzio.

    «I tuoi cosa?» Domandò Heiko, alzando di scatto la testa e sbattendo per presunto errore la tazzina del suo té sul tavolo, che tremò pericolosamente prima che la porcellana del servizio andasse in frantumi.
    «I tuoi cosa Rincarò Norio, sconvolto, aprendo la bocca fissando prima lei e poi gli altri due Shinobi. In effetti attribuire un gruppo a Shizuka Kobayashi, per antonomasia una kunoichi che agiva sempre e solo in solitaria -se non al massimo al fianco del Jinchuuriki della Foglia, l'unico capace di fare coppia con lei- era come sputare in faccia al proprio interlocutore.
    «...ma da quando?» Chiese allibito Isamu, fissando i due ragazzi dapprima con orrore poi con una grande, sconfinata e incredibile commiserazione. Questo almeno prima che qualcosa di acuminato lo colpisse dietro la testa: un cucchiaino di porcellana da té.
    Immobile al suo posto, comunque, disinteressato alle reazione di tutti gli altri, Toshiro Kobayashi rimase in silenzio. Il grande haori verde, sulla cui schiena campeggiava un grande Airone bianco pronto a spiccare il volo, tremò lievemente quando lui spostò il peso dal piede destro al sinistro appositamente per coprirsi il volto con la mano corrispondente.
    Dopo qualche secondo di pesante silenzio, l'uomo infine annuì: il suo viso, stirato in un sorriso di beatitudine, sembrava il dipinto perfetto della tranquillità.
    «Capisco, capisco Shizu-chin... compagni di team.»
    Silenzio.
    «...E ALLORA PERCHE' HAI ESITATO! HAI ESITATO!» E riagguantando la figlia cominciò a urlare, disperato. «HAI ESITATO PER BEN CINQUE SECONDI PRIMA DI DIRE CHE ERANO I TUOI COMPAGNI DI TEAM!»
    «LI HAI CONTATI?!»
    Urlò Shizuka, sconvolta, cercando di schiodarsi di dosso le braccia del padre.
    «M-MAMORU! MAMORU!!!» Chiamò disperatamente il Capoclan dei Kobayashi, passandosi le mani sul viso e allungandosi così le palpebre. «COSA SIGNIFICA TUTTO CIO'?! E' QUELL'ETA'?! EH?! SHIZU-CHIN E' ENTRATA IN QUELL'ETA' DELICATA IN CUI SI MENTE AL PROPRIO PAPA'?!» E così dicendo, corse di fronte ad un altro uomo, il quale, indossando ancora un hakama da viaggio, con ogni probabilità era arrivato con lo stesso mercante, giacché in precedenza non vi era data traccia di lui. Questo, un uomo alto e dai cortissimi capelli neri, un pizzetto ben curato e lo sguardo irritato di chi sta per prendere a ceffoni qualcuno, guardò con disgusto inaccettabile colui che lo aveva raggiunto di corsa fino all'uscio della Sala, compiendo uno sforzo abbastanza evidente per non distogliere lo sguardo quando lui si gettò ai suoi piedi, abbracciandone le gambe. «RISPONDI MAMORU AOKI! TE LO ORDINO!»
    «Non ne voglio sapere nulla.»
    Si limitò a rispondere questo, e non vi era poi niente di così inusuale nel suo comportamento. Mamoru Aoki, il Kumori di Toshiro Kobayashi, una perla rara persino nel Clan in cui era nato per via delle sue doti senza paragone, non era una novità che non tollerasse il comportamento del suo padrone, che già da quando erano adolescenti aveva cominciato a ignorare in quel genere di circostanze. «Fate come volete.»
    «C-COSA?!»
    Strepitò il mercante, e a quel punto, cadendo a sedere, si portò le mani al volto. «C-che Clan ho creato...? Se nemmeno nel momento del bisogno posso avere appoggio dalle persone di cui mi fido...» Tacque. «Abbandonato.» Gemette. «Solo.»

    Intanto, perfettamente incurante dello svolgersi degli eventi, Heiko Uchiha stava ordinando a delle domestiche di servire a tutti i presenti del tè, qualche dolce e anche della frutta sbucciata e tagliata.
    A quanto pareva quella donna non sembrava nuova a quel genere di reazioni.

    «...Non pensi di esagerare, ora?» Domandò Shizuka, sospirando sonoramente dopo essersi resa conto che né sua madre né tantomeno suo zio –che seguiva la recita melodrammatica con un compiacimento raro, come dimostrava il suo sorrisetto appagato e felice. Niente di cui stupirsi, guardando ai suoi piedi c'erano ancora i rotoli di tessuti che il cognato gli aveva spedito, e a quanto pareva se ne vergognava talmente tanto da non averli scartati nemmeno per farli vedere alla sorella– l'avrebbero aiutata. «Otou-sama... non so cosa stiate pensando...» Perché in effetti non lo sapeva davvero. «...ma Atasuke e Sasori sono davvero i miei compagni di team.» Disse, cercando a quel punto di essere completamente convincente. Non che il sudore così abbondante che le imperlava la fronte l'aiutasse.
    Ancora prono a terra, il Capoclan rimase zitto, e solo dopo qualche attimo, in cui si mosse nervosamente sul posto come biscia, decise di alzare lo sguardo: i suoi profondi occhi verdi, il cui taglio grande e delicato era così simile a quello della figlia, si puntarono come due chiodi sui chiamati in causa, e lì esitarono un secondo. Due secondi. Tre. Quattro.
    Dopo un minuto di silenzio Shizuka, che stava per avere un infarto e un embolo insieme, decise di interrompere la stasi tirando una gomitata nelle costole al primo dei due che aveva accanto: Sasori.
    «B-beh salutate.» Disse, poi, concentrandosi con un impegno che sfiorava la creazione di una tecnica proibita, aggiunse soavemente: «...miei cari amici.»
    Alle sue spalle Tatsuya lasciò cadere a terra il grande Fuuma Shuuriken che stava ispezionando, per poco non giocandosi un piede, pericolosamente vicino ad una delle lame. Spalancando la bocca –comunque ancora non aperta quanto quella di Norio, che adesso cominciò teatralmente a indietreggiare fino al muro alle sue spalle, cui si spalmò– il bambino guardò i due Shinobi con sconvolgimento impronunciabile. Era addirittura vagamente pallido.

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    […] C'erano molti motivi per cui un ninja avrebbe potuto morire: una missione fatale, un attentato, un omicidio...
    ...eppure, Atasuke e Sasori, in quel momento il centro della circonferenza di sguardi, avrebbero potuto pensare ad un'ennesima possibilità.
    L'atmosfera, concentrata su loro due, era talmente pesante che avrebbero benissimo potuta tagliarla con un coltello. O un bastone. O anche a mani nude, in effetti.

    «“Miei cari amici” Ripeté con enfasi Toshiro Kobayashi dopo un lungo attimo di silenzio, fissando inorridito i due uomini-lupo. Demoni volpe.
    A quanto pareva la situazione era seria.
    Alzandosi tutto impettito (e solo dopo aver ordinato a Mamoru di spolverargli il kimono, su cui l'Aoki passò con poca convinzione una mano, guardando altrove con flemma) il Capoclan dei Kobayashi si avvicinò ai due Shinobi e, dopo averli squadrati in tutta la sua altezza, compresa di messa in punta di piedi, sorrise con preoccupante ironia. «...Quindi voi sareste i cari amici di mia figlia?» Tacque, chiudendo gli occhi. «IO sono il suo migliore amico.» Ruggì improvvisamente, battendosi una mano sul torace e riaprendo gli occhi su un'espressione trionfale. Poi rise.
    Alle sue spalle Shizuka era talmente impietrita che per un attimo temette di andare in frantumi.
    «Cosa ne sapete di lei per credere di essere suoi amici? Presuntuosi e stolti ragazzini!» Tuonò con maestosa sicurezza, e mettendosi a braccia conserte si avvicinò ad Atasuke e Sasori, sorridendo nel grattarsi il mento. «Per esempio lo sapete che quando Shizuka dorme mette sempre un piedino fuori dal futon perché si copre talmente tanto da avere poi caldo?» ...Come diavolo faceva a saperlo? «Ogni giorno prima di andare a dormire beve una tazza di latte caldo e mangia almeno tre mochi all'azuki della pastecceria usagi, perché afferma di fare gli incubi se non assaggia qualcosa di dolce prima di addormentarsi! Questo lo sapevate? EH?» Pronunciare quella confessione sembrò riempirlo d'amore, quasi non fosse capace di trovare niente di più carino di sua figlia in tutto il creato.
    «E-EHI! NON DIRE IDIOZIE!» Strillò immediatamente la ragazza, avvampando fino alle orecchie e anche oltre.
    «Ama il rosa, ma non si veste mai di quel colore perché ha paura di sembrare ridicola. Preferisce gli orsacchiotti ai coniglietti. Si fa il bagno solamente se c'è il suo sapone che non fa male agli occhi al profumo di fiori di loto, e poi, ma immagino non lo sappiate perché è un super super super segreto...» E così dicendo, ghignò. «...ha fatto pipì a letto fino all'età di tre an–...»

    Fu solamente una frazione di secondo.
    Qualcosa volò. A rallentatore attraversò la sala. E poi colpì la testa del Capoclan, che cadde rovinosamente a terra, schiantando la faccia sul tatami verde salvia della stanza.
    Era una sedia. E c'era anche una teiera.

    In piedi, l'una da una parte della Sala, l'altra in quella opposta, Heiko e Shizuka erano immobili, tremanti di rabbia.
    Shizuka ormai era talmente rossa che da un momento all'altro avrebbe potuto squagliarsi e nessuno se ne sarebbe stupito.
    «E'-è una menzogna.» Gemette con voce rotta mentre due grandi lacrimoni di vergogna facevano capolino nei suoi occhi.
    Nel mentre, Heiko, ormai in piedi, stava cominciando ad avvicinarsi alla scena. Passando dapprima accanto alla figlia, cui sorrise con dolcezza rassicurante, e poi di fronte ad Atasuke e Sasori, cui si inchinò con educazione, la Mononoke dai capelli corvini si portò infine di fronte a Toshiro Kobayashi, ancora supino a terra, e con premura gli pose una mano sulla schiena. Quel tocco bastò per farlo irrigidire come un pezzo di legno.
    «H-Heiko, amore mio...» Sussurò il capoclan, girandosi meccanicamente verso la donna. Improvvisamente sentì il suo volto stirarsi in un'espressione di orrore...
    ...e a buon ragione, perché lei lo afferrò immediatamente per il bavero del kimono e lo sollevò da terra, con la stessa semplicità con cui avrebbe potuto spostare un mazzo di fiori.
    Di fronte a lei, il capoclan dei Kobayashi abbozzò un sorriso.
    «...parliamone, amore mio...» Disse, deglutendo rumorosamente, ma Heiko si era già voltata.
    Benché la donna fosse più bassa del mercante di almeno una spanna era riuscita a sollevarlo abbastanza affinché non toccasse terra con una facilità piuttosto preoccupante, la stessa che dimostrò nel fare leva sulle sue braccia, affacciarsi fuori dalla Sala e... lanciarlo.

    Heiko la Mononoke, lanciò Toshiro Kobayashi talmente lontano e con una forza tale che lui, urlando orrendamente, planò come una colomba attraverso i giardini, finendo a schiantarsi contro il tronco di un grosso salice piangente. Beh, non che i presenti ebbero modo di accertarsene, perché la padrona di casa richiuse la porta della Sala subito dietro di sé, e pulendosi le mani con un fazzoletto di seta che lo stesso Mamoru Aoki le porse con ammirazione, la signora si girò.
    I suoi occhi neri, così simile al taglio purosangue del Clan del Ventaglio, si portarono in quelli di Sasori e Atasuke, cui ella, solo a quel punto, sorrise con dolcezza sconfinata. Vista da vicino era addirittura più bella.
    «Atasuke-sama...» Disse, volgendosi verso lo stesso. «...e Sasori-sama, giusto?» Continuò, guardando poi l'altro ninja. «Vogliate perdonare la confusione e l'imbarazzante esordio di questa più che lieta visita, spero abbiate la voglia di perdonare una così chiassosa famiglia.» E così dicendo si inchinò. Fuori dalla Sala qualcosa latrò dolorosamente. «Il mio nome è Heiko...Kobayashi.» Disse, accennando ad un secondo sorriso. «Sono la madre di Shizuka e con mio grande piacere vi invito a prendere un té. Desiderate accettare, vi prego?» Chiese, indicando il tavolo sul quale stavano venendo disposte tazzine e bocconcini di ogni sorta. «Se per voi non è disturbo o peso, sarebbe mio piacere ascoltare qualcosa di voi.» E unendo le mani di fronte al volto, socchiuse gli occhi neri, reclinando leggermente la testa di lato. «Gli amici di mia figlia sono gli amici del Clan Kobayashi, sarà mia gioia avere modo di conoscervi meglio... e perché no, invitarvi qui per la giornata. Vi prego, voglio sapere tutto di voi.»
    Era dolce. Anzi, incredibilmente dolce. Ed educata. E gentile. Così premurosa, sinceramente interessata, desiderosa di conoscere Sasori e Atasuke. Il suo modo imparziale di guardare entrambi, di squadrarli dalla testa ai piedi, valutando la loro struttura fisica, l'aspetto, l'età, le cicatrici, la divisa, le armi indossate e possibilmente anche qualche stemma di lignaggio, era così perfettamente materno da, in un certo senso, mettere i brividi...

    Alle sue spalle, Shizuka Kobayashi riprese a sudare.


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  4. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~This is Madness! No, This is Kobayashi!~


    Aveva fatto la sua comparsa. Il pezzo forte, il re di quella scacchiera aveva finalmente fatto il suo ingresso. Toshiro Kobayashi era arrivato. Tuttavia, a dispetto di quanto un qualunque essere umano potesse anche solo lontanamente immaginare, quell'uomo non era propriamente un normale essere umano, quanto probabilmente un'uomo con parecchi problemi, ma parecchi parecchi.
    Atasuke trattenne a stento una risata, o per meglio dire uno sguardo dubbioso, o per meglio dire uno sguardo interrogatorio, o per meglio dire: Tutte e tre le cose. Non sapeva nemmeno lui cosa pensare, se essere divertito, incuriosito, serio, dubbioso, estraniato, o qualsivoglia altro possibile stato d'animo concepito dall'essere umano.
    Nel pieno del dubbio, rimase quasi impassibile, o perlomeno non diede a vedere nessuna emozione particolare nell'osservare la più assurda delle scene che mai gli si erano palesate dinnanzi agli occhi.
    Tutto era troppo assurdo e melodrammatico, quindi Atasuke, più per amor proprio che per altro, desistette dalla tentazione di intervenire in qualche modo in quel turbinio di follia in modo da non venirne trasportato fino a lidi in cui non sapeva come agire.
    Rimase quindi composto con solenne e rigoroso silenzio, cercando di estraniarsi quasi da quella sorta di follia generalizzata.

    "...ma Atasuke e Sasori sono davvero i miei compagni di team."


    A quel punto il silenzio. Un minuto di interminabile silenzio, un silenzio che nessuno pareva intenzionato a rompere. Un silenzio che fu la stessa Shizuka a rompere nuovamente con una decisa gomitata alle costole di Sasori.

    "B-beh salutate. ...miei cari amici."

    °In effetti non che avessimo ancora avuto modo di aprir bocca...°


    Pensò tra se Atasuke in un lampo proferendosi in un inchino di saluto.

    «Perdonate la mia scortesia, Uchiha Atasuke è il mio nome e sono lieto di fare la vostra conoscenza»


    Si presentò rendendosi poi conto di aver attirato fin troppa attenzione sulla sua persona. Che avesse sbagliato qualcosa? Che avesse detto qualcosa di male? Certo era una possibilità, ma notò (quasi con piacere) che lo stesso trattamento fu per Sasori, segno che evidentemente era qualcosa di pregresso che aveva creato quella sorta di stallo.
    Fù nuovamente il capoclan Kobayashi a smatassare quella sorta di intricato mistero, ed ancora una volta lo fece con pura e semplice follia.

    "Cosa ne sapete di lei per credere di essere suoi amici? Presuntuosi e stolti ragazzini!"

    °E questo che c'entra?°

    "Per esempio lo sapete che quando Shizuka dorme mette sempre un piedino fuori dal futon perché si copre talmente tanto da avere poi caldo?"

    °Certo è interessante, ma non credo che sia un'elemento fondamentale in un discorso di questo tipo...°

    "Ogni giorno prima di andare a dormire beve una tazza di latte caldo e mangia almeno tre mochi all'azuki della pastecceria usagi, perché afferma di fare gli incubi se non assaggia qualcosa di dolce prima di addormentarsi! Questo lo sapevate? EH?"


    °Beh, si, questo è utile, devo segnarmelo, ma ancora non credo abbia nulla a che fare con questo discorso°

    «Kobayashi-sama, tuttavia....»


    Tentò di intromettersi, anche se a nulla potè servire quello sforzo, dato che quell'uomo non sembrava minimamente intenzionato a mollare l'osso. Certo una qualità gli andava ammessa: Più irrefrenabili di lui non ne aveva ancora incontrati. Altro discorso era l'utilità di una tale predisposizione in un mondo civile...

    "Ama il rosa, ma non si veste mai di quel colore perché ha paura di sembrare ridicola. Preferisce gli orsacchiotti ai coniglietti. Si fa il bagno solamente se c'è il suo sapone che non fa male agli occhi al profumo di fiori di loto, e poi, ma immagino non lo sappiate perché è un super super super segreto... ha fatto pipì a letto fino all'età di tre an -"

    °MA CHE RAZZA DI SUPERSEGRETO è SE ORA LO SAPPIAMO TUTTI!?!?!?!?!?°


    Se qualcuno fosse entrato nella sua mente in quell'esatto istante avrebbe sentito la sua stessa voce urlare a squarciagola quella domanda, come se esprimendosi con tale potenza vocale potesse aiutare a comprendere quel sottile filo rosso di pura follia che legava quell'uomo a sua figlia.

    "E'-è una menzogna."

    «S-Shizuka...»


    Non riuscì a dire altro. Balbettò appena il nome della ragazza, comprendendo l'enorme imbarazzo che lei provava in quell'istante. Per quanto non molti avrebebro dato peso a quella serie di parole, dopo averla vista non potè non abbassare lo sguardo, chiedendosi come si potesse essere finiti tanto in basso con quel discorso. Certo che per un'occhio esterno alla vicenda, quella scena non poteva essere che esilarante, tuttavia, Atasuke sentì come un rimorso, come un senso di vergogna nell'aver udito quelle parole e nell'aver visto la lecita reazione di Shizuka.
    Inutile dire che la donna quasi con assoluta grazia, prelevò il marito scagliandolo fuori dalla stanza, scagliandolo nei giardini direttamente contro un salice, parecchi metri più avanti.
    Atasuke in un primo istante rimase sorpreso, coi comprese che i suoi precedenti sospetti erano, forse, fondati.

    "Atasuke-sama... e Sasori-sama, giusto?"

    «Corretto»


    Sottolineò Atasuke con gentilezza accompagnando le sue parole con un cenno di consenso con il capo.

    "Vogliate perdonare la confusione e l'imbarazzante esordio di questa più che lieta visita, spero abbiate la voglia di perdonare una così chiassosa famiglia. Il mio nome è Heiko...Kobayashi. Sono la madre di Shizuka e con mio grande piacere vi invito a prendere un té. Desiderate accettare, vi prego?"


    E mentre un latrato di dolore proveniva dall'esterno (probabilmente dal malridotto Toshiro), Atasuke rispose a quella cortesia con un'altrettanto cortese tono di voce, seguito a sua volta da un breve inchino.

    «Sono onorato di fare la vostra conoscenza Heiko-sama. Credo che mi perdonetere se non parlo a nome del mio compagno, tuttavia, per quanto mi riguarda non vi è nulla che debba essere scusato e sarei estremamente lieto di accettare il vostro cortese invito»

    °Certo è piacevole tanta cortesia dopo un tale cataclisma... Questa donna è davvero eccezionale°


    Pensò tra se ascoltando anche le parole di Sasori prima che Heiko riprendesse la parola.

    "Se per voi non è disturbo o peso, sarebbe mio piacere ascoltare qualcosa di voi. Gli amici di mia figlia sono gli amici del Clan Kobayashi, sarà mia gioia avere modo di conoscervi meglio... e perché no, invitarvi qui per la giornata. Vi prego, voglio sapere tutto di voi."


    A quelle parole Atasuke non seppe trattenere un sorriso. Per quanto sapesse di non essere propriamente adatto a quel tipo di ambiente, le parole di quella donna, i modi e la cortesia lo facevano sentire come a casa, come se anzichè trovarsi in una sorta di magione extralusso si trovasse nella sua semplice dimora.

    «Voi siete fin troppo cortese Heiko-sama... Sfortunatamente la mia storia è tutto fuorchè interessante e non vorrei tediarvi con la mia noiosa e rude esistenza, tuttavia, se questo è il vostro desiderio, sarò ben lieto di soddisfarlo... A patto che voi mi concediate la grazia di conoscere anche la vostra storia... Sempre se questo per voi non è di disturbo o peso...»


    Sorrise con sincerità. In fondo era una sua convinzione credere nello scambio reciproco di informazioni e per quanto in quel caso non si trattasse di una vera e propria trattativa, voleva comunque conoscere qualcosa di più, oltre ai segreti più sconcertanti riguardanti il passato di Shizuka.
    Rimase tuttavia interdetto nel vedere con quanta perizia quella donna li stesse squadrando entrambi. Certo era inopinabile che lo facesse con tale grazia e naturalezza da non apparire minacciosa, tuttavia Atasuke non potè non chiedersi il perchè di tante attenzioni.


    Se ella avesse "accettato" la sua proposta, Atasuke avrebbe quindi sorriso con compiacimento.

    «Molto bene... Sarò quindi lieto di rispondere ad ogni vostro quesito... Nel frattempo però, spero non vi dispiaccia se mi tolgo il soprabito e se poggio le mie armi...»


    Se ella avesse acconsentito lo avrebbe ordinatamente sfilato di dosso, ripiegandolo con cura. Si sarebbe quindi avvicinato alla tavola dove la padrona di casa gli stava indicando di accomodarsi, inginocchiandosi ordinatamente e poggiandolo al proprio fianco destro. Con altrettanto ordine avrebbe quindi snodato il sageo che assicurava l'arma all'obi per poi afferrare il nero fodero della sua spada sfilandola e poggiandola sopra agli abiti ripiegati.

    «Bene dunque, immagino che Shizuka vi abbia già parlato di noi... Forse ha accennato a me come colui che le ha fatto avere accesso al quartiere Uchiha... Quindi, che cosa sapete di me, cosicchè non possa tediarvi con cose che già ben sapete sul mio conto?»


    In quel primo momento ignorò Norio ed Isamu, intendendo che avrebbe avuto istanti migliori per colloquare con loro, specialmente con Isamu che in un certo senso era, a parte Shizuka, tra i più informati sul suo conto, sia per quel particolare evento che per tutto il resto essendo polizia e guardiani due corpi a stretto contatto tra di loro, specialmente nell'ultimo periodo dopo il casino del Gobi.
    Ora non gli restava che attendere una risposta e delle domande a cui rispondere e quindi attese.

     
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  5. Sasori Uchiha
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    Un colloquio tranquillo



    Entrò nella Sala il probabile proprietario di tutta la baracca. In effetti aveva un portamento differente, sembrava avere nobili origini e praticare nobili usanze. Comportamenti che si erano persi nel tempo. La situazione al solito si fece abbastanza singolare, al limite del comico.
    Evitando qualsiasi cosa che potesse attirare l'attenzione su di sè, Sasori si gustò la bizzarra sceneggiata che si svolse tra quelle mura. Di certo non voleva nè intervenire, nè tanto meno essere oggetto di qualche pazzia. Il ragazzo rimase lì in maniera composto, con una espressione distesa. Poi improvvisamente sentì Shizuka affermare, mentre si stava convincendo che erano lì per passare una giornata in allegria,le seguenti parole:



    ...ma Atasuke e Sasori sono davvero i miei compagni di team



    Sperava il ragazzo che la ragazza convincesse tutti i presenti, evitando situazioni cariche di tensione ed ansia. Dopo quelle parole seguì un lungo ed quasi interminabile silenzio a cui nessuno voleva porre rimedio in qualche modo. Sasori venne incentivato da Shizuka con una bella gomitata per cercare di essere più convincente. Sasori cercò di accusare il colpo, senza parlare con gemiti o altro. Quasi subito dopo la ragazza chiese di salutare i presenti:



    Dunque mi presento sono Sasori Uchiha e sono entusiasta di fare la vostra conoscenza



    Sasori di fronte alla reazione del padrone di tutta quella tenuta, rimase impassibile. Certo è che era comprensibile. Rimase però abbastanza imbarazzato di tutti quei dettagli che ai fini della loro situazione erano del tutto obsoleti.



    Povera ragazza



    Atasuke cercò di intromettersi. Sasori inziò a sudare freddo, certo quello non era il momento migliore per provare a conversare con lui, ma il padrone di casa non si curò minimamente del tentativo di interrompere quella sorta di fiume in piena, che non accennava ad interrompersi. Infatti proseguì svelando ogni intimo segreto della ragazza. Che cosa imbarazzante. Era una conversazione che stava diventando insostenibile per tutti e tre. Ma quello non capiva era dove il padre della ragazza voleva andare a parare. La ragazza a quel punto totalmente sputtanata, non le rimaneva altro che rinnegare quanto affermato poco prima dalla persona di fronte a loro. Anche Atasuke sembrava in difficoltà balbettando il nome della ragazza.



    Che imbarazzo...ma cambiamo argomento no ?!



    Per loro fortuna, la donna con una grazia davvero ineccepibile prese il marito e lo scagliò fuori dalla stanza, direttamente nei giardini del palazzo, richiudendo la porta subito dopo. Sasori non potè far altro che apprezzare il gesto irruento. La situazione si era fatta davvero insostenibile. Al proferire del suo nome e quello del suo compagno, Sasori annuì semplicemente con un cenno della testa, mentre Atasuke rispose anche per lui. Finalmente si presentò anche quella donna permettendo di capire meglio la situazione:



    Vogliate perdonare la confusione e l'imbarazzante esordio di questa più che lieta visita, spero abbiate la voglia di perdonare una così chiassosa famiglia. Il mio nome è Heiko...Kobayashi. Sono la madre di Shizuka e con mio grande piacere vi invito a prendere un té. Desiderate accettare, vi prego?



    Sasori si ricordò di quanto detto da Atasuke, che aveva un piano per uscirne in fretta e senza problemi, ma la situazione era cambiata fortemente, però decise di avere un comportamento impeccabile, di fronte alla madre di Shizuka. Quindi con un comportamento alto locato, rispose all'invito della donna:



    Sono onorato di fare la vostra conoscenza ed accetto volentieri il vostro invito



    Mentre parlò Sasori accennò anche ad un lieve inchino, senza esagerare. Era un segno di rispetto nei confronti della loro salvatrice, da quella marea di imbarazzo. Era sicuramente più rilassato rispetto a prima, ma era del tutto incerto di come quella situazione sarebbe potuta degenerare. Si chiese quindi se avesse fatto bene ad accettare o meno l'invito, proposto in maniera così cortese e gentile di quella donna. Mentre stava riflettendo la donna aggiunse:



    Se per voi non è disturbo o peso, sarebbe mio piacere ascoltare qualcosa di voi. Gli amici di mia figlia sono gli amici del Clan Kobayashi, sarà mia gioia avere modo di conoscervi meglio... e perché no, invitarvi qui per la giornata. Vi prego, voglio sapere tutto di voi



    Ecco ci risiamo, l'ansia che era svanita probabilmente lanciata via assieme il marito fuori dal giardino, si riproponeva con prepotenza. Diede una fugace occhiata ad Atasuke, per vedere come stava vivendo la situazione. Sembrava a suo agio, sorrideva anche. Non era una situazione divertente, ciò tutta quella gente sconosciuta, la madre che ti invita per una chiacchierata, secondo Sasori c'era poco da sorridere. Poi però si ricord. del piano che in precedenza gli disse Atasuke. Sperava che quel benedetto piano funzionasse. Ascoltò le parole del compagno e a quel punto rispose anche lui all'invito:



    Vi ringrazio del vostro cortese invito, mi piacerebbe conoscere qualcosa di più anche su di lei, sempre con il dovuto rispetto. Mi spiace solo che non sono vestito in maniera adeguata, questi sono i miei usuali abiti da missione, vogliate perdonare questa mia mancanza, ma è successo tutto così velocemente non ho avuto modo di prepararmi ad una eventualità del genere



    Terminò anche questo suo discorso con lieve inchino, sempre preoccupandosi di rispettare il buon costume. Rimase comunque sul chi va là ed in effetti notò che Heiko squadrò a lui ed Atasuke da cima a fondo. Per quale motivo aveva questa attenzione particolare nei loro confronti ? Era una trappola ? Queste erano le domande che il ragazzo si stava ponendo mentre era lì in balia degli eventi.

     
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    Heiko Uchiha




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    «A patto che voi mi concediate la grazia di conoscere anche la vostra storia... Sempre se questo per voi non è di disturbo o peso...»

    «mi piacerebbe conoscere qualcosa di più anche su di lei, sempre con il dovuto rispetto.»



    Il tavolo presso cui gli ospiti si erano accomodati -tutti ad eccezione del piccolo Tatsuya che sembrava incapace di stare lontano dalla cugina, che continuava ad abbracciare dalle spalle muovendosi disordinatamente sul posto e stropicciando la sua guanciotta su quella di lei con amore più che ostentato ed evidente, anche troppo in effetti, come se stesse cercando di dimostrare qualcosa a qualcuno– era basso e di legno massello. Le zampe erano rifinite e intagliate a mano e la lucidità del ripiano portante era tale che quando due domestiche vestite del kimono di servizio entrarono nella stanza, inchinandosi con rispetto e subito avvicinandosi per porgere ai presenti le loro tazzine di porcellana cinese dipinta a mano, non fu necessario che osassero girarsi a guardare il volto di tutti così da indovinare i loro pensieri (nelle cucine della servitù erano tutti in grande attesa di sapere notizie circa la signorina e i due misteriosi ospiti e le due sembravano esser state incaricate di riportare tutto con dovizia di particolari): bastava, dopotutto, guardare le loro immagini riflesse.
    Shizuka sedeva alla destra della madre, capotavola, di fronte ad Atasuke e Sasori. A poca distanza da loro, Isamu sedeva alla destra del tavolo, accanto alla nipote, e Norio, poco lontano dai due ospiti, nella parte sinistra. Tutti composti come un dipinto immobile, i presenti rimasero rispettosamente in silenzio per un tempo che parve lunghissimo. Forse troppo.
    «Temo di non aver capito.» Fu infine la voce di Heiko Uchiha a interrompere il silenzio. Il timbro della matrona era soave, leggero come il volo di una colomba in un cielo invernale terso e splendente, e molto più fine di quello usato fino a quel momento. Accanto a lei, Shizuka sgranò gli occhi talmente tanto che per un attimo Tatsuya ipotizzò potessero cadere sul tavolo. «...Come avete detto?»
    «Bella giornata oggi.»
    Stridette improvvisamente la kunoichi, con una voce simile a quella di un'oca strozzata, e così dicendo si girò a guardare le porte scorrevoli della sala... chiuse. Tatsuya sghignazzò, lanciando a quel punto un'occhiata divertita e strafottente ai due ospiti, che sembrava adesso guardare con la stessa pietà che si riserva a qualche abbietto contadino privo di educazione. Niente di cui stupirsi, la famiglia del bambino apparteneva del resto ad uno dei rami più nobili del casato Uchiha.
    «Pioverà.» Rispose però Heiko, voltandosi lentamente verso la figlia, che inchiodò sul posto con un'espressione raccapricciante vestita di un sorriso gaio e piacevole. «Tuoni e fulmini, pare.» Aggiunse, e sembrava più un ordine che una supposizione.
    Forse si sarebbe messo a piovere davvero.
    «S-speriamo di no.» Rispose Shizuka, deglutendo con fatica e cercando disperatamente di ricambiare il sorriso della madre. Il risultato però fu pessimo, sembrava un animale impagliato male. «Come faranno i nostri venerabili ospiti a tornare a casa, altrimenti...» Sussurrò con un filo di voce, girandosi poi verso i due, cui sorrise. Ed era un sorriso davvero adorabile quello... se non fosse stato per l'impercettibile movimento della testa della ragazza che da sinistra girava un millimetro a destra e ripeteva poi l'operazione in senso inverso: negava. Stava negando qualcosa.
    In effetti, guardandola meglio, sembrava quasi che stesse dicendo “pericolo, pericolo” e anche “non lo fate, non lo fate” ...ma a cosa si stesse riferendo non fu possibile chiarirlo perché improvvisamente un ventaglio chiuso batté sulle sue mani e lei, sussultando, ingoiò a stento un ruggito di dolore.
    «Smettila di comportarti come una sciocca bambina, Shizuka. Sei vergognosa, il Clan Kobayashi ha pena della tua pessima educazione.» Mormorò Heiko con disappunto, guardando la figlia con fare misericordioso. Al suo fianco, con orrore, la ragazza si accorse di non poter più muovere la mano.
    Impallidendo come un cadavere riprese a sudare copiosamente.
    «O-okasama...» Gemette allora, abbozzando un sorriso. «...come posso bere questo tè?» Insinuò educatamente. Era evidente che nessuno si fosse accorto della condizione della ragazza... ad eccezione di Isamu, che guardava la scena sospirando e sorseggiando il suo tè in silenzio, e di Norio, che non la smetteva di sghignazzare estasiato: tsubu, eh? Quella donna era strepitosa proprio come si diceva, dunque... ecco Shizuka da chi stava apprendendo quell'arte...
    «Oh, figlia mia: con la bocca, no?» Rise soavemente di quella battuta, e dietro di lei, sedute compostamente in un angolo della stanza come tradizione voleva, la imitarono sia le due domestiche che Ritsuko, la quale seguiva la scena con gioia quasi indescrivibile. «Usa la mano, ne hai due, oppure dovremmo eliminare questo fardello?»
    «Questo tè sembra delizioso.»
    Rispose di rimando e con voce strozzata Shizuka, prendendo la tazzina con la mano libera.
    Solo a quel punto Heiko Uchiha si voltò nuovamente verso i due ospiti: la sua bellezza era sicuramente impareggiabile come si diceva a Konoha, dove era considerata la più bella tra le donne, e persino il suo modo di muoversi, delicato e leggero, dava l'impressione che niente di lei fosse lasciato al caso... eppure c'era qualcosa, forse il sorriso acuto o lo sguardo attento, che sembrava trasmettere un'idea ben diversa da quella dell'immagine ostentata: una valutatrice intelligente e tagliente, pareva quasi. Un giudice, si sarebbe detto.
    «...Dicevamo?» Disse la matrona, fingendo di non ricordare. «Ah, ma certo la mia storia.» Affilò lo sguardo, riaprendo il suo ventaglio di fronte al viso. «Voi mi lusingate con il vostro interesse, miei signori, ma una madre e una moglie rimane una madre e una moglie anche se appartiene ad una nobile famiglia. Di me c'è poco da sapere, ahimé.» Rispose la donna, squadrando i due shinobi con sguardo penetrante mentre Norio, dall'altro capo del tavolo, ridacchiava ironico, scuotendo la testa come un adulto di fronte all'errore di un bambino.
    A quel punto però la signora della magione tacque per un lungo istante. Abbastanza lungo perché Shizuka, di fronte ai due, iniziasse ad avere un preoccupante tic all'occhio sinistro: sarebbe morta quel giorno –pensò con orrore, supponendo che se ciò fosse successo non aveva neanche l'intimo abbinato e quelli dell'obitorio avrebbero riso della sua trascuratezza– e se non ciò non fosse successo si poteva tranquillamente dire che era immortale. «Ma non siate così formali, vi prego.» La signora riprese a parlare quando fu sicura di avere tutta l'attenzione dei due (e quando sua figlia si accasciò tragicamente in avanti, valutando un embolo al cervello, e costringendo Tatsuya, ancora fermo alle sue spalle, a sorreggerla... per il petto). «Shizuka non porta mai amici a casa, e dunque potete certo immaginare la gioia che sto provando nel conoscere addirittura i suoi compagni di Team.» E voltandosi verso la figlia, annuì. «Sono dei ragazzi squisiti e davvero ben educati.» Da dietro il ventaglio si indovinò un sorrisetto poco rassicurante e la kunoichi, sorridendo di rimando con dolcezza, si girò meccanicamente verso il piatto dei dolcetti al centro del tavolo, che iniziò a svuotare con una tale sistematica rapidità che per un attimo diede l'impressione di star utilizzando una sorta di tecnica speciale. In effetti era incredibile quanto riuscisse a mangiare, o più in generale quanti dolci fosse in grado di trangugiare senza sentirsi male... «Purtroppo mia figlia di rado mi parla della sua carriera Shinobi... pensate che ho scoperto della sua promozione Chunin solo qualche giorno fa, che tristezza.» ...E come dimenticare: per averle nascosto una cosa del genere era stata legata ad un albero a testa in giù fino a quando non era svenuta. «E invece oggi ho l'onore di ospitare sia i membri del suo team che il suo maestro nell'arte della medicina.» E guardando Norio si inchinò, venendo subito ricambiata. «Vi ringrazio per prendervi cura di mia figlia con così tanta dedizione nonostante i suoi intollerabili difetti.» Disse con educazione e formalità rimanendo poi per qualche istante in silenzio, quasi fosse in attesa di qualcosa. Visto però che niente accadde, la donna fu costretta ad alzare lo sguardo e a girarsi con fare inorridito verso la figlia, che riprese con disappunto. «Hora Shizuka!» Esclamò infatti, fingendo imbarazzo... o forse senza fingerlo. Non si sapeva con precisione, del resto quella donna sembrava un'incognita troppo grande per essere così semplicemente compresa. «Smettila di mangiare, mi sembrava di averti messa a dieta... se ingrasserai cosa ne penserà di te Akihiro-sama?»

    Fu solo un istante, e da solo bastò perché Shizuka Kobayashi si strozzasse con il mochi alle fragole che aveva in bocca. Facendosi bianca, poi viola e successivamente di un preoccupante color vaso di ceneri funerarie, la ragazza si girò verso la madre con gli occhi sgranati e la guardò con lo stesso raccapricciante orrore che si riserva agli assassini pronti a colpire.
    Ed in effetti Heiko Uchiha colpì la figlia: con il ventaglio, sulla schiena. Il mochi, come per magia, scivolò giù.

    «Vogliate scusare mia figlia, nonostante sia già in età da marito sembra proprio che non sappia come comportarsi in presenza di uomini del vostro rango.»
    Stoccata perfetta. Il verdetto sembrava chiaro, ormai.
    «Vorrei dell'altro tè...» Gemette con gli occhi umidi e un fil di voce Shizuka, guardando le domestiche nell'angolo, che si alzarono subito in piedi.
    «Come desiderate Ojou-sama, vi porto immediatamente una tazzina.» Disse una delle due, una bruna con grandi occhi azzurri e labbra sottili increspate in un sorriso entusiasta.
    «Portami tutta la teiera.» Ribatté la ragazza, pallida. Voltandosi a quel punto verso Atasuke e Sasori, sorrise. «Volete del tè, vero? Oppure dell'arsenico.» Suggerì, sudando. «O un fumogeno.» Aggiunse, sperando che i due cogliessero il messaggio prima che fosse troppo tardi.
    «Hara maa... mia figlia sembra trovarsi proprio a suo agio con voi, siete dei buoni amici, non c'è che dire.» Sorrise Heiko, guardando i due da dietro il suo ventaglio.
    [...] Evidentemente era già troppo tardi.
    «...Okasama, sai, hai sentito cosa ha detto Atasuke in merito al Clan Uchiha? E' lui che...»

    «Dovresti presentarli ad Akihiro-sama, sono sicura che li adorerebbe, sono tutti uomini d'azione d'altronde.»

    «...E Sasori è appena uscito da una missione pericolosissima, sono sicura che vorrà parlarti di...»

    «Immagino conosciate Akihiro Murasaki, il figlio del Daimyo del Paese del Fuoco.»

    «...oppure io potrei uccidermi qui e vedere quanto sangue ha il corpo di una persona adulta, che ne dici...»
    «Circa cinque litri.»
    Rispose Norio, cercando di fermare le risate ormai a malapena celate. Di fronte a lui, guardando con aria pietosa la scena, Isamu scosse la testa sospirando nuovamente quasi fosse abituato a quel genere di episodi.
    A quel punto la scena parve degenerare: Tatsuya infatti si era allontanato dalla cugina e ogni volta che sentiva pronunciare il nome del figlio del Daimyo assumeva un'espressione disgustata e gelosa con la quale cominciò instancabilmente a muoversi come uno spettro per tutta la stanza, Isamu invece si limitò a tirare fuori dall'obi del suo kimono un libriccino che prese a sfogliare con poca attenzione, quasi a prendere le distanze dalla circostanza, mentre Norio, per tutta risposta, parve preferire il cominciare a mangiare tutti i biscotti disposti sul tavolo, tentando in questo modo di non scoppiare a ridere apertamente.
    Heiko Uchiha, invece, seduta con tutta la sua attenzione rivolta ai due giovani shinobi, parve non avere nessuna intenzione di lasciar cadere l'argomento intavolato. Tacque per un lungo istante, quasi aspettasse qualcosa. Qualcosa di ben preciso. Quando infine parve però immaginare che niente di tutto ciò si sarebbe realizzato, non sembrò essere in grado di non sospirare, scuotendo poi la testa.
    «Conoscete il Clan Kobayashi? Mi sembra impossibile che non sia così, è il principale opponente degli Uchiha.» La voce della matrona interruppe il silenzio come il rintocco di un orologio. Era fredda, molto più tagliente di prima. «Per ventidue lunghi anni una faida economica e sociale è intercorsa tra le due dinastie, separando Konoha con una linea invisibile... trovo dunque senza dubbio incredibile che Shizuka, in quanto unica erede dei Kobayashi, sia riuscita a legare così tanto con due membri Uchiha.» Accolse con piacere la nuova tazza di tè che le venne servita, ringraziando con un breve cenno della testa. «Immagino che come suoi compagni di Team voi sappiate tutti i problemi di Shizuka, e vi ringrazio di starle accanto nonostante la sua degenerazione...» Parlò con una filatura estremamente affilata, abbastanza da indurre persino Norio a smettere di ridere e ad alzare lo sguardo. A quel punto Shizuka si era ormai fatta fredda e immobile. Gli occhi completamente privi d'espressione. «...Ma Shizuka è una Principessa prima che una Shinobi, ed essendo sua madre impedirò che le accada qualsiasi cosa di cui un giorno potrebbe pentirsi. La sua vita è costantemente in pericolo, e non intendo permetterle perciò di circondarsi di gente che non può davvero impedire che loro la portino via.»

    Heiko Uchiha era la moglie di Toshiro Kobayashi.
    Si diceva ch'ella potesse arrogarsi gli stessi diritti e doveri del capoclan, che spesso sostituiva presso gli affari del villaggio quand'egli era lontano... si diceva anche che potesse usufruire del Clan Aoki come meglio desiderava, sembrava del resto che una donna di quella famiglia la serviva dal giorno del matrimonio...
    ...era quindi impossibile che lei non sapesse. Che non sapesse la verità su quei tre, sul loro legame inesistente. Sulla bugia. E soprattutto su quanto essi sapessero davvero della figlia e dell'attacco terroristico di Konoha.

    «Shizuka sposerà Ahikiro Murasaki, vivrà da Signora di questo Paese e la sua vita sarà paga e ricca come ci si aspetterebbe da una dinastia come quella dei Kobayashi. Il suo ruolo da Shinobi, del resto, è un permesso speciale che le è stato affidato in seguito ad un accordo stipulato tra lei e il Clan, che verrà revocato in caso di reale pericolo e che non si protrarrà comunque per molto altro tempo.»
    Era tutto vero.
    Vero.
    «Atasuke Uchiha-sama... vi ringrazio di tutto ciò che avete fatto per Shizuka, per il vostro permesso d'accesso al quartiere, il vostro continuo tentativo di proteggerla. Vi ringrazio di essere sempre stato pronto a seguirla, a guardarla senza toccarla, a sopportare i mutamenti del suo carattere, e vi prego di perdonarla per questo, giacché temo che non dipenda da lei...»
    Immobile al suo posto, la Principessa si fece ora realmente pallida.
    Un pallore, però, orribile.
    «Sasori Uchiha-sama, vi auguro un bentornato al Villaggio e mi auguro che il vostro futuro possa essere sfolgorante e scevro dagli impedimenti ormai passati. Mi dispiace per l'inconveniente di oggi, sono sicura che mia figlia non intendeva nuocervi in nessun modo. Se lo desiderate verrete subito accompagnato a casa, con le scuse del Clan Kobayashi.»
    ...Fin dove sapeva quella donna? E perché?
    «Vi prego di continuare ad essere amici di Shizuka, perché la faida tra le nostre famiglie possa con la vostra generazione trovare una completa fine. Siate per lei ciò che lei vorrebbe essere per voi: un appoggio e un affetto, ma non mentite su ciò che vi lega a lei.» A quel punto esitò, ma fu solo il cedimento di un attimo «...Credete di conoscere l'orrore?» Guardò Sasori. «Siete certi di cosa sia l'amore e il rispetto?» Continuò, guardando Atasuke.
    Solo a quel punto Shizuka si alzò in piedi di scatto. I capelli castani erano disordinati di fronte al viso, e i suoi occhi, gelidi, rimanevano puntati sulla figura della madre che però, incurante, continuò a parlare.
    «...vi prego di capire che non siete in grado di gestirla. Ho affidato mia figlia a Raizen Ikigami, che è l'unico in grado di domarla, ma voi, ragazzi miei, tornate alle vostre vite e continuate a guardare lo splendore della luce. Shizuka ha già chi le cammina a fianco, e per vostra fortuna, quelle persone non siete e non sarete mai voi.»
    Seduta nell'angolo sinistro della stanza, Ritsuko Aoki taceva da troppo tempo. Fu solo a quel punto che i suoi occhi si voltarono a guardare i due Shinobi, cui rivolse uno sguardo indecifrabile, un caleidoscopio di sentimenti in continuo mutamento.
    Tatsuya nel mentre si era fermato, girandosi a guardare la scena, e persino Isamu e Norio erano ammutoliti.
    Quel discorso parlava chiaro e andava molto oltre lo scherzo del presunto matrimonio e dei pretendenti: i tre non sapevano niente l'uno dell'altro, ma erano abbastanza piccoli da essere interpretati da terzi.
    Atasuke, Sasori e Shizuka. Tre bambini nel mondo Shinobi. Creta ancora tutta da modellare. Ad una sola delle persone sedute a quel tavolo sarebbe bastato un dito per distruggerli e forse, benché non con i gesti, una di queste lo aveva già fatto con le parole.
    Erano soli.
    Piccoli.
    Insignificanti.
    Tutti e tre.
    Tutti e tre così vicini ma ancora irrimediabilmente così lontani.
    «Cosa volete davvero dalla vostra vita? Dalla vostra carriera Shinobi? Credete realmente che il cambiamento che tutti voi state affrontando basterà a rendervi ciò che volete?»
    La voce di Heiko parlava come quella di una mononoke lontana, distante. Una fiaba nella realtà.
    «Ripensate a ciò che avete visto e sperimentato fino ad ora... niente di tutto questo è sufficiente a descrivere ciò che affronterete d'ora in poi se insisterete a non volervi fermare e riflettere, quindi lasciate che ve lo chieda: perché siete qui? Perché non avete rifiutato di venire, se non ne avevate l'intenzione?» Guardò nuovamente Sasori «Perché siete qui sapendo di non avere possibilità sin dall'inizio?» Si voltò verso Atasuke.
    Shizuka era immobile, rigida.
    Adesso era irriconoscibile. Un'estranea in un corpo conosciuto.
    «Non esistono le coincidenze. Il caso è un'invenzione dell'uomo. Niente di tutto ciò che vi è capitato è la disgrazia del singolo, ma la conseguenza delle vostre azioni: siete il prodotto dei vostri fallimenti... quindi, vi prego, lasciate stare e tornate a casa. Magione Kobayashi è ancora troppo distante per voi.»


    Erano bambini in quel mondo.
    Bambini shinobi.

    E a quel punto dovevano decidere se sarebbero mai divenuti adulti.


    divisore




     
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  7. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Duel of the Fates~


    Sfortunatamente Atasuke si rese conto dell'errore quando ormai era troppo tardi. Lo comprese solo quando la madre di Shizuka tentò di dissimulare, ipotizzando di non aver compreso la loro "richiesta", ma fu certo dell'errore quando Shizuka tentò invano di deviare il discorso sul meteo, forse sbagliando la previsione, ma ciò poco importava. La donna non era del tempo che parlava, bensì della burrasca che di li a poco li avrebbe investiti.

    °Dannazione all'etichetta... Evidentemente non era il caso di chiederle la sua storia...°


    Rimuginava tra se, tacendo ed osservando la scena, sorseggiando con falsa calma il tè.
    Trattenne un sussulto quando vide la madre bacchettare Shizuka con il ventaglio e con maggior difficoltà trattenne un lieve istinto di rabbia, che iniziò a sgorgare vedendo il modo in cui Heiko trattava sua figlia. Certo c'era da aspettarsi un certo grado di rigore, tuttavia Atasuke non apprezzava quel tipo di modi per insegnare alla gente.

    "Voi mi lusingate con il vostro interesse, miei signori, ma una madre e una moglie rimane una madre e una moglie anche se appartiene ad una nobile famiglia. Di me c'è poco da sapere, ahimé."


    A quelle parole Atasuke posò la tazza da cui stava sorseggiando. Aveva già percepito che ci fosse qualcosa che non andava, tuttavia non aveva idea di dove tutto ciò lo avrebbe portato.
    Osservava attento ogni movenza della donna mentre con attenzione ne ascoltava le parole. Sotto tutta quella maschera di gentilezza tuttavia stava percependo qualcosa, come una sorta di minaccia, una velata minaccia che il comportamento di Shizuka continuava a ricordargli in ogni istante.
    La donna di certo avrebbe potuto notare lo sguardo di Atasuke che da calmo e rilassato andava a poco a poco indurendosi. Certo non era spaventato dalla situazione, ne aveva perso la sua cortesia, tuttavia una nota di serietà, rabbia e determinazione iniziava a risuonare nei suoi occhi corvini.

    "Vogliate scusare mia figlia, nonostante sia già in età da marito sembra proprio che non sappia come comportarsi in presenza di uomini del vostro rango."

    °Io avrei più qualcosa da ridire sui vostri modi°


    Pensò tra se Atasuke mentre le sue labbra si muovevano per conto loro quasi in sincro con i suoi pensieri.

    «Non vi preoccupate, non è necessaria tanta formalità, in fondo siamo tra amici...»


    Si concesse un breve cenno con il capo, come a sottolineare le sue parole, condendo il tutto con un sorriso. Se, come credeva, quella donna stava recitando la parte della brava padrona di casa, fingendo continuamente di sorridere, Atasuke sarebbe rimasto al suo stesso gioco senza lasciare intendere ciò che realmente turbinava nella sua mente.
    Nel mentre Shizuka richiese la teiera del te, per poi offrirlo anche a loro, cercando di recapitare un messaggio, che per quanto assurdo, Atasuke parve intendere, rispondendo tuttavia con un semplice sorriso ed uno sguardo che esprimeva sicurezza.
    Inutile sottolineare quanto folle parve agli occhi di Atasuke tutto lo scambio di battute tra Shizuka e la madre che seguì nel presentare quel tal Akihiro Murasaki, interrotto dalla presa di posizione di Shizuka e dall'inutile commento di Norio.
    Atasuke in quel momento sentì una fiamma avvampargli l'anima, come se in un certo senso tutto il suo chakra avesse iniziato a ribollire nell'elemento che lo dominava. Non sapeva se quello che provava verso Norio era più odio o disprezzo, tuttavia, qualunque fosse, non era un sentimento piacevole.
    Il silenzio discese e tutti gli astanti parvero cercare in qualche modo di staccarsi da quel discorso, come se in un certo senso si fosse toccato un'argomento privato in cui non volevano avere nulla a che fare.
    Poi ancora una volta la voce di Heiko ruppe il silenzio con un tono tanto freddo da apparire quasi una differente persona. Che si stesse rivelando? Oppure quello era un test? In entrambi i casi, ad Atasuke non piacque affatto ciò che venne detto.

    "Ma Shizuka è una Principessa prima che una Shinobi, ed essendo sua madre impedirò che le accada qualsiasi cosa di cui un giorno potrebbe pentirsi. La sua vita è costantemente in pericolo, e non intendo permetterle perciò di circondarsi di gente che non può davvero impedire che loro la portino via."

    °"loro" Chi? Chi può essere una tale minaccia da costringere vostra figlia in catene?°

    "Shizuka sposerà Ahikiro Murasaki, vivrà da Signora di questo Paese e la sua vita sarà paga e ricca come ci si aspetterebbe da una dinastia come quella dei Kobayashi. Il suo ruolo da Shinobi, del resto, è un permesso speciale che le è stato affidato in seguito ad un accordo stipulato tra lei e il Clan, che verrà revocato in caso di reale pericolo e che non si protrarrà comunque per molto altro tempo. "

    °Eppure Shizuka non mi pare molto contenta di sottostare a tale regola°

    "Atasuke Uchiha-sama... vi ringrazio di tutto ciò che avete fatto per Shizuka, per il vostro permesso d'accesso al quartiere, il vostro continuo tentativo di proteggerla. Vi ringrazio di essere sempre stato pronto a seguirla, a guardarla senza toccarla, a sopportare i mutamenti del suo carattere, e vi prego di perdonarla per questo, giacché temo che non dipenda da lei... "

    °Visto il modo in cui la trattate, non mi stupisce affatto!°

    "Vi prego di continuare ad essere amici di Shizuka, perché la faida tra le nostre famiglie possa con la vostra generazione trovare una completa fine. Siate per lei ciò che lei vorrebbe essere per voi: un appoggio e un affetto, ma non mentite su ciò che vi lega a lei."

    °E dunque sapete... Tuttavia vi ostinate a credere che la cosa possa cambiare°

    "Siete certi di cosa sia l'amore e il rispetto?"

    °E voi?°

    "vi prego di capire che non siete in grado di gestirla. Ho affidato mia figlia a Raizen Ikigami, che è l'unico in grado di domarla, ma voi, ragazzi miei, tornate alle vostre vite e continuate a guardare lo splendore della luce. Shizuka ha già chi le cammina a fianco, e per vostra fortuna, quelle persone non siete e non sarete mai voi."


    °Oh, certo, una scelta eccellente, un pallone gonfiato della peggior specie, di certo non può esistere maestro migliore...°


    Ad ogni parola della donna, ad ogni sua "constatazione" il chakra di Atasuke ribolliva sempre di più. La maschera che continuava ad indossare certamente si poteva dire che stava lentamente iniziando a creparsi, anche se solo chi sedeva dinnanzi a lui poteva realmente accorgersene, solo chi poteva osservare i suoi occhi poteva rendersi conto del turbinio di fiamme che ne stavano avvampando l'anima.
    Certo, se Shizuka amava qualcun'altro si sarebbe fatto da parte, seppure con difficoltà, tuttavia non poteva accettare un vincolo come quello che la madre le stava imponendo. Non poteva accettare che Shizuka non avesse la libertà di decidere che cosa volesse dalla sua stessa vita. Più semplicemente: non poteva accettare nessuna di quelle belle parole che Heiko aveva proferito.

    "Non esistono le coincidenze. Il caso è un'invenzione dell'uomo. Niente di tutto ciò che vi è capitato è la disgrazia del singolo, ma la conseguenza delle vostre azioni: siete il prodotto dei vostri fallimenti... quindi, vi prego, lasciate stare e tornate a casa. Magione Kobayashi è ancora troppo distante per voi."


    Quella però, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
    Atasuke non poteva accettare che quella donna pensasse di averlo capito, non poteva accettare quella serie di folli constatazioni. Non poteva accettare quello che era capitato, non poteva accettare nulla. Seppure quelle parole, in un certo senso, gli fecero comprendere una cosa che più volte Shizuka aveva cercato di dirgli ma che ancora non aveva avuto modo di elaborare.

    °Dunque è questo ciò che provi tutte le volte che provo a dire di averti capita... Solo ora mi rendo conto dell'enorme errore che ho sempre compiuto nei tuoi confronti... Perdonami Shizuka, avrei dovuto capirlo prima°


    Chiuse gli occhi, prendendo un lungo respiro, quasi come a caricare una tecnica di potenza immane. Tuttavia, tutto ciò che caricò furono i suoi polmoni ardenti.
    Un sorriso si dipinse sul suo volto. Un sorriso particolare, non uno dei suoi soliti sorrisi gentili, quasi più una sorta di ghigno, come quelli che solitamente regalava ai suoi avversari prima del colpo finale. Poi, una risata, una flebile e leggera risata, poco più di un soffio, che poco alla volta acquisì corpo e risonanza, fermandosi tuttavia ad un volume accettabile, senza divenire una risata sguaiata.

    «Quindi voi sapete... Sapete che tutta questa non era che una piccola farsa gentile... Complimenti, non mi sarei aspettato nulla di meno da voi»


    Il suo sguardo si alzò nuovamente, piantandosi direttamente in quello della donna. Certo non voleva minacciarla e sapeva bene che difficilmente sarebbe riuscito ad intimidirla, specie se, come credeva era la donna leggendaria che immaginava essere.

    «Tuttavia, Heiko-sama... Credo sia giunto il momento di rispondervi con il dovuto ordine e la dovuta accuratezza...»


    Semmai Atasuke aveva sfoderato uno sguardo sicuro di se, certo era che la sicurezza che si poteva leggere in quell'istante era migliaia di volte più intensa di quanto non fosse mai stata.

    «Se non erro, voi volevate sapere la mia storia, giusto? Ebbene, ve la racconterò: Io sono figlio di Sarutobi Uchiha e di Harumi Yamanaka. A causa della disapprovazione della loro unione da parte di entrambi i clan, appena nato venni abbandonato in un piccolo villaggio non lontano da Konoha, dove venni allevato per 18 lunghi anni, lontano da quella che era la mia vera famiglia e da quello che era il mio posto. All'alba del mio diciottesimo compleanno, la mia famiglia è stata massacrata davanti ai miei occhi e con essa tutto il villaggio. Quel giorno vidi il mio passato svanire nel nulla, vidi tutto ciò che credevo reale svanire nel nulla. Vidi la donna che amavo morire davanti ai miei occhi. Quel giorno scoprii di essere un Uchiha dalle labbra di mio padre, il quale mi disse tulla la verità mentre a poco a poco si spegneva.»


    Lasciò una pausa brevissima, giusto il tempo di riprendere fiato prima che quel fiume dal passato potesse in qualche modo riprendere ad inondare la stanza.

    «Tornato a casa ho lottato per anni prima di poter essere ammesso ad abitare nella mia casa all'interno del quartiere e solo gli dei sanno quanto ho dovuto lottare con il clan e per il clan prima che mi accettassero. In tutto questo scoprìì poi che mia madre era morta di tumore ai polmoni in una minera dove lavorava sotto copertura per proteggermi, mio padre invece perì anni dopo rimanendo per il clan un semplice reietto, un traditore... Nel villaggio ho partecipato a raid contro la mafia, ho addestrato centinaia di studenti all'accademia ninja, ho consegnato alla giustizia decine di nukenin, ho fatto ritorno dagli inferi non una, ma ben due volte, battendomi contro creature che di umano non avevano più nulla. Lavoro ogni singolo giorno alle mura difendendo questo villaggio e questa magio, che, volente o nolente, rimane all'interno di Konoha...»


    Sottolineò Atasuke con decisione e gentilezza, chiudendo la breve storia della sua vita.

    «E voi venite a dirmi che non siamo in grado di proteggerla da "loro"? Ponete dubbio sul fatto che non sappia che cosa siano l'amore ed il rispetto? E mi chiedete addirittura Perchè sono qui se già sapevo di non avere possibilità...»


    Una nuova pausa intercorse. Più lunga dele precedenti, non perchè Atasuke non sapesse come proseguire il discorso, anzi, a stento frenava le parole.

    «Ammetto che apprezzavo di gran lunga la cortesia di Heiko Kobayashi, i suoi modi raffinati e le sue parole gentili... Certo, ho mentito e per questo me ne dispiaccio e credo non avrete difficoltà nell'immaginare il perchè di tali menzogne... Tuttavia, se davvero sapete, credo che non avrete difficoltà alcuna nel rispondervi da sola alle domande che mi avete posto... Io conosco più che bene sia l'amore che il rispetto. Conosco la morte, la sofferenza, il desiderio di vendetta. Conosco il terrore, conosco la rabbia, l'odio ed ogni sentimento di questo mondo. Conosco il lato oscuro del clan Uchiha ed il suo pessimo modo di gestire ciò che non ritiene degno di se, conosco le atrocità di cui è in grado di macchiarsi e conosco una storia... La storia di una donna, che credo anche voi tutti conosciate, compresa voi, Heiko-sama... Ed è proprio in questa storia che risiede il perchè io non possa andarmene ora. Il perchè io sia comunque venuto in questa casa, il perchè io sappia esattamente che cosa sono amore e rispetto»

    °Vediamo se siete proprio la Heiko che credo tu sia e di cui ho sentito parlare°


    Se lo sguardo fosse considerato una lama, a stento le migliori katane del mondo avrebbero retto il filo di quegli occhi corvini.

    «Questa storia infatti narra di una donna, promessa sposa ormai da tempo ad un nobile sposo, un principe o un capoclan, non ricordo... Ebbene, un dì la donna incontrò un'altro uomo e se ne invaghì a tal punto da recidere il legame con la sua stessa famiglia pur di sposare quell'uomo, ripudiando il suo promesso sposo. Inutile dire che la famiglia reagì in pessimo modo, condannando la donna, tuttavia, questa non desistette e rimase sulla sua posizione»


    Sorrise questa volta, con sincerità. Mentre nei suoi occhi l'ardore andava poco alla volta scemando, lasciando nuovamente spazio alla calma ed alla gentilezza.

    «Heiko-sama... Come voi stessa avete ammesso di sapere, io amo vostra figlia e non posso farci nulla. Sono coscente del fatto che voi, vista la forza con cui avete scaraventato via vostro marito potreste senza problemi uccidermi qui, seduta stante. Tuttavia, questo non mi farà desistere. Io non mi ritirerò, io non abbanonerò Shizuka, non permetterò che la sua vita appartenga ad altri se non a lei, ne lascerò che sposi un uomo che non desidera. Non mi arrogo il diritto di averla, ne posso anche solo pensare di costringerla a legarsi a me se questo non è il suo desiderio.»


    Nella gentilezza del suo tono e del suo sguardo, tuttavia persisteva la sicurezza e la decisione che lo avevano accompagnato per tutto quel lungo monologo. Una sicurezza che neppure l'eventuale furia della donna, di Toshiro, Norio, Iasmu, Tatsuya, l'intero gruppo della servitù o dell'intero clan Aoki poteva dissipare.
    Sapeva che con quel gesto stava rischiando molto ed ancora di più sapeva che avrebbe messo a rischio Sasori, il quale, fondamentalmente altro non era che la persona sbagliata nel momento e nel luogo sbagliati.

     
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  8. Sasori Uchiha
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    ...o almeno così sembrava



    Sasori rimase indifferente, alla reazione di Heiko, alla loro curiosa ed ingenua richiesta di saperne di più sul conto di quella donna. Chiaramente a parte le frecciate rivolte ai due, evitò con classe l'argomento. Al momento Sasori cercava di capire, quanto la situazione stava degenerando, più che preoccuparsi delle etichette ed altre cose del genere. In fondo non aveva fatto niente di male e si trovava lì per caso, non per una necessità specifica. In effetti era tornato in un momento sbagliato dai due shinobi. Quindi almeno dal suo punto di vista, non aveva affatto timore, nè problemi a sedere lì al tavolo per quel thè.



    Voi mi lusingate con il vostro interesse, miei signori, ma una madre e una moglie rimane una madre e una moglie anche se appartiene ad una nobile famiglia. Di me c'è poco da sapere, ahimé



    A me non la racconti giusta, mia cara Heiko, puoi dire ciò che vuoi ma non mi incanti



    Mentre rifletteva, prese il thè che effettivamente era delizioso, iniziandolo a sorseggiare. Quando Heiko bacchettò Shizuka con il ventaglio, il ragazzo non fece un sussulto, una reazione a quel gesto. Non si curò minimamente rimanendo a sorseggiare il thè, studiando sempre la situazione, che sicuramente non era migliorata, vedendo la ragazza nettamente in difficoltà nei confronti di sua madre.



    Mia madre era differente



    Guardando quel quadretto familiare, per quanto la situazione non fosse delle migliori, ricordò i rari momenti in cui da bambino stava con entrambi i suoi genitori. Malinconicamente girò il cucchiaino nel thè fumante, poi con molta calma, fece un lungo sorso. Poi a quel punto si ricollegò a quella realtà. La sua espressione la diceva lunga, su quanto le mancasse la propria figura materna, ma dopo aver sorseggiato il thè riassunse la sua solita aria indifferente. Quindi Heiko continuò con quella chiacchierata:



    Vogliate scusare mia figlia, nonostante sia già in età da marito sembra proprio che non sappia come comportarsi in presenza di uomini del vostro rango.



    Sasori di fronte all'ennesimo tentativo di rendere quella chiacchierata, formale e tranquilla ma con una certa ironia, cercò di non dare sfogo alla sua di frustrazione nei confronti di tutta quella storia. Quindi si limitò a sorridere in maniera cordiale ma con uno sguardo abbastanza affilata:



    Per quanto mi riguarda, non è un problema, non si preoccupi



    Anticipò nella risposta, quella del suo compagno di squadra. Non voleva mandare all'aria nessun piano del suo compagno, ma ne aveva abbastanza dei vari giochi di parole e di palazzo. Erano uomini di azione, non diplomatici. Sasori aveva un certo senso pratico, non gli andava di fossilizzarsi più di tanto in formalismi riverenze e quant'altro. Di certo non voleva neanche mancare di rispetto a quella moltitudine di persone, voleva semplicemente chiarire la storia e andarsene a casa sua il prima possibile. Non voleva abbandonare il suo compagno in chissà quale destino, certo è che era una faccenda che lo riguardava di più, era una sua causa. Chiaro è che se avesse richiesto il suo aiuto, per quanto potesse essere d'aiuto in quel contesto di certo non si sarebbe tirato indietro. Per i suoi gusti aveva già perso troppo tempo, sottratto a qualcosa di più meritevole di attenzione da parte sua. Non era la sua battaglia, almeno non questa volta.
    Nel frattempo l'aria si era fatta tesa da poter essere affettata con un coltello, quando venne presentato un certo Akihiro, figlio del Daimyo del Paese del Fuoco. Il silenzio scese tra i presenti, cercando in qualche modo da staccarsi da quel discorso, che era alquanto imbarazzante per come si erano svolti i fatti. Poi di nuovo Heiko ruppe in silenzio in modo freddo e rude questa volta. Sembrava finalmente aver rotto gli indugi. Che era terminata quella recita e finalmente si andava finalmente al sodo ? Sasori lo sperava tanto, in modo da andarsene di lì, da quella situazione che si era fatta inspiegabilmente intrigata ed anche rognoso, da un mero equivoco si era passati ad una questione di principio.



    Ma Shizuka è una Principessa prima che una Shinobi, ed essendo sua madre impedirò che le accada qualsiasi cosa di cui un giorno potrebbe pentirsi. La sua vita è costantemente in pericolo, e non intendo permetterle perciò di circondarsi di gente che non può davvero impedire che loro la portino via



    La mamma è sempre la mamma



    Sorrise in maniera ingenua di fronte a quelle parole, ricordandosi di quanto sua madre fosse stata amorevole ne suoi confronti in tenera età e di certo non poteva che ricordarlo di fronte a quelle parole. Anche se i presenti non avrebbero capito il motivo di quel sorriso ingenuo e malinconico del ragazzo, a lui non sarebbe importato nulla. Era un suo ricordo e di certo nessuno glielo avrebbe portato via. Heiko era diventata implacabile sostenendo di fatto un vero e proprio monologo o quasi.



    Shizuka sposerà Ahikiro Murasaki, vivrà da Signora di questo Paese e la sua vita sarà paga e ricca come ci si aspetterebbe da una dinastia come quella dei Kobayashi. Il suo ruolo da Shinobi, del resto, è un permesso speciale che le è stato affidato in seguito ad un accordo stipulato tra lei e il Clan, che verrà revocato in caso di reale pericolo e che non si protrarrà comunque per molto altro tempo

    Tanti auguri Signora che le devo dire ?!



    Si stava rivelando una noia mortale, quella conversazione. Continuò nel frattempo a sorseggiare il thè, tanto in quegli istanti non essendo chiamato direttamente in causa, si preparò mentalmente allo scontro verbale con quella donna che oramai era solo questioni di istanti. Non gli andava minimamente di partecipare a quella che era diventata una sorta di riunione di qualche testata di giornale scandalistico. Si stava chiedendo se effettivamente aveva fatto bene a seguire Atasuke fino a lì. Ma non c'era tempo di trovare la risposta, visto che venne chiamato in causa con un certo anticipo:



    Sasori Uchiha-sama, vi auguro un bentornato al Villaggio e mi auguro che il vostro futuro possa essere sfolgorante e scevro dagli impedimenti ormai passati. Mi dispiace per l'inconveniente di oggi, sono sicura che mia figlia non intendeva nuocervi in nessun modo. Se lo desiderate verrete subito accompagnato a casa, con le scuse del Clan Kobayashi



    Dopo tutto il preambolo veramente estenuante, se ne poteva tornare a casa, dove sicuramente avrebbe trovato suo Hokusai, allarmato per il foglietto che aveva piazzato in cucina prima di uscire. Non era solito lasciare messaggi in quel modo. Ma in quei frangenti non aveva avuto molta scelta. Quindi sicuramente sarà preoccupato. Si chiese però se avesse rivisto Atasuke, sano e salvo. La situazione si era fatta davvero complicata. Ma d'altronde era lì di fatto per uno scherzo della malasorte e forse in quei casi la miglior uscita di scena, di fatto è tornare a casa. Quindi nonostante gli dispiacesse di tornare indietro da solo, senza i suoi compagni, il ragazzo rispose a Heiko cortesemente ed in manera affabile con un'aria distesa:



    La ringrazio Heiko. Sì mi piacerebbe tornare a casa. Ho degli affari da sbrigare



    Ad ogni modo, questo non lo salvò dalla lavata di capo che Heiko aveva riservato loro, come comitato di accoglienza:



    ...Credete di conoscere l'orrore?



    Mamma mia quanto chiacchiera...forse per questo che Shizuka è così ?!



    Non vedendo nessuno intenzionato a rispondere, preferì lasciare cadere la domanda retorica. Non era di certo nella posizione di rispondere a quella domanda si limitò a guardare la tazza del thè, osservando le figure raffigurate, eludendo qualche sguardo indiscreto per poi tornare a seguire la discussione. Chiaramente il monologo era ripreso con una certa insistenza:



    Vi prego di capire che non siete in grado di gestirla. Ho affidato mia figlia a Raizen Ikigami, che è l'unico in grado di domarla, ma voi, ragazzi miei, tornate alle vostre vite e continuate a guardare lo splendore della luce. Shizuka ha già chi le cammina a fianco, e per vostra fortuna, quelle persone non siete e non sarete mai voi



    Spero stia bene...se non era per lui ed Atasuke ero ancora in quella cella maledetta



    Heiko proseguì nuovamente indomabile:



    Cosa volete davvero dalla vostra vita? Dalla vostra carriera Shinobi? Credete realmente che il cambiamento che tutti voi state affrontando basterà a rendervi ciò che volete? Ripensate a ciò che avete visto e sperimentato fino ad ora... niente di tutto questo è sufficiente a descrivere ciò che affronterete d'ora in poi se insisterete a non volervi fermare e riflettere, quindi lasciate che ve lo chieda: perché siete qui? Perché non avete rifiutato di venire, se non ne avevate l'intenzione?



    Sasori aveva forse l'occasione di tirarsi in un certo senso, fuori da quel caos, in cui era stato coinvolto forse più per destino o per un amaro scherzo della sorte. Ad ogni modo,esordì in maniera svogliata, tutte quelle frasi, quella montagna di parole per chiarire la questione, ma sempre nel rispetto dell'educazione, evitando di sembrare spaccone o che altro:



    Finalmente siamo arrivati al punto...Era ora.



    Fece un istante di pausa giusto per riprendere fiato. Nonostante le varie maschere che avevano preso parte alla commedia, di certo tutti sapevano il motivo per il quale erano lì. Di certo non serviva un indovino e neanche un dotto per capire la situazione, era inutile girarci intorno. Poi riprese:



    È vero, non dovrei essere qui,ma i compagni di squadra non li abbandono di certo per strada sia ben chiaro. La mia storia credo la conosciate bene, non solo voi ma anche gli altri presenti, quindi inutile tediarvi ulteriormente, madame. Non vorrei sembrarle scortese, ma reputo che quanto le ho detto sia sufficiente. Quindi toglierei il disturbo, se non ha niente in contrario.

    Sperava in qualche maniera di salvarsi da quel monologo, da tutta quella discussione assurda, relativi a matrimoni, contese amorose ma evidentemente la sorte questa volta non era dalla sua.Fece una espressione leggermente infastidita, più che dalle parole di Heiko, dal fatto che erano lì a sentire quella ramanzina che sembrava non finire più. Un vero e proprio strazio. Ma l'espressione del ragazzo svanì subito, risistemandosi sul suo posto, trovando una posizione più confortevole. Poi arrivò forse la parte clou di tutto il discorso che riguardava i due Uchiha:



    Non esistono le coincidenze. Il caso è un'invenzione dell'uomo. Niente di tutto ciò che vi è capitato è la disgrazia del singolo, ma la conseguenza delle vostre azioni: siete il prodotto dei vostri fallimenti... quindi, vi prego, lasciate stare e tornate a casa. Magione Kobayashi è ancora troppo distante per voi



    Ma basta non resisto più



    Sasori prima che il suo compagno Atasuke prendesse la parola per esprimere il suo punto di vista sulla questione disse soltanto:



    Ad ogni modo è stato un piacere conversare con lei, adesso dovrei proprio andare, come le ho già detto in precedenza, ho degli affari da sbrigare.



    A quel punto avendo accettato in precendenza l'invito della madre di Shizuka a tornarsene a casa, sperava arrivasse il congedo di Heiko, che avrebbe predisposto la propria scorta per il ritorno a casa.

     
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    E N D I N G:
    There is no real ending. It’s just the place where you stop the story.

    Shizuka Kobayashi, Atasuke Uchiha and Sasori Uchiha




    divisore




    Shizuka Kobayashi era l'unica in piedi in quella stanza.
    Immobile al suo posto la ragazza sembrava totalmente drenata di ogni intenzione, tanto da sembrare una marionetta ferma, silenziosa e pallida.
    Per un attimo si domandò perché avesse accettato quell'incarico da Raizen.
    Come ogni volta in cui la Volpe chiedeva qualcosa, lei, la Principessa che non poteva prescindere dalla Kitsune, non aveva avuto la capacità di rifiutarsi. Nella sua sciocca ingenuità, la stessa che nasce dai legami puri e profondi tra due persone, aveva stupidamente creduto che ci fosse una ragione dietro l'ordine che le era stato imposto... forse Sasori Uchiha rappresentava, in qualche modo, la chiave a “qualcosa”. Oppure era una persona “importante” per il futuro del Villaggio, cui lei aveva devoluto la sua vita al pari del Jinchuuriki, entrambi seguaci di una giustizia alternativa che non si discostava però mai dal benessere del Fuoco...
    … ma Sasori Uchiha non era nient'altro che un uomo piatto, silenzioso, privo d'intenzione.
    Quante volte aveva provato a stimolarlo, a suggerirgli una riflessione sulla sua condizione, un momento di pausa per pensare a se stesso e al suo “cambiamento” da quando lo aveva incontrato? Quanto di quello che aveva dato le era però tornato indietro?
    Esistevano creatori e creatori. E loro due appartenevano a due branche totalmente diverse, a quanto pareva. Non c'era niente che avrebbe potuto fare per lui perché lui non sembrava intenzionato a reagire agli stimoli che lei le offriva, e non perché vi fosse vizio o malizia, ma semplicemente perché i due risiedevano su due livelli diversi del mondo e della realtà, non per forza uno superiore all'altro, ma certo troppo distanti perché potessero trovare subito un'intesa.
    Con occhi vacui la ragazza si girò a guardare il Chunin: perché aveva preso a cuore la sua condizione con tanto slancio? Non era detto che il trauma che aveva ricevuto lo portasse a fondo... come era successo a lei.
    La degenerazione del proprio essere, la contaminazione del Ki, era destino di pochi. Di quei “grigi” che non erano riusciti a trovare il colore. La condanna di camminare sempre sul filo che separava due diversi abissi era un fallimento raro, ed erano secoli, secoli, che non accadeva a Konoha...
    Aveva sperato. Aveva sperato che anche lui fosse simile. Aveva pregato con sincerità quegli Dei stolti ancora disposti ad ascoltarla che Sasori Uchiha fosse vittima della sua stessa condizione, perché così non sarebbe stata più “la sola” dopo coloro che avevano distrutto e ricreato il mondo troppo tempo prima di ora. Ma aveva sbagliato.
    La vita di un creatore era un gioco d'azzardo che non tutti sapevano rovinare così magistralmente, ed era evidentemente che l'unica cosa che aveva suscitato in Sasori era un'apatia intellettuale e d'azione. Non c'era nessuna corruzione se non quella della passione, nessuna degenerazione in lui che superasse il non voler essere coinvolto in niente.
    Sorrise, abbassando lo sguardo: Raizen era un uomo malvagio e crudele, proprio come il suo predecessore...e proprio come lei.
    Quindi era così, a quanto pareva, che le aveva insegnato che non c'era "nessun altro" come lei, in giro. Davvero un tocco di classe.

    «Penso che non abbiamo più niente di cui parlare.»



    La voce di Heiko Uchiha irruppe nel silenzio pesante come una coltre della Sala con una freddezza graffiante che dava l'impressione di filtrare da uno squarcio nel tessuto della realtà, ma i presenti, troppo immobili per avere il coraggio di spostare un solo muscolo, rimasero in silenzio, pietrificati.
    Tatsuya non sembrava capace di staccare gli occhi da Atasuke, che guardava con un'espressione indecifrabile che non riusciva ad infrangere neanche per condurre i suoi occhi sull'amata cugina.
    Norio, invece, seduto al tavolo, teneva sospesa nel vuoto una mano con un biscotto da circa metà del discorso dello stesso guardiano, e non sembrava intenzionato a cambiare la sua posizione, non per primo almeno. Al contrario di tutto il tempo trascorso fino a quel momento non c'era ironia o divertimento nel suo viso, ma una totale e sconfinata commiserazione...
    ...la stessa che dominava lo sguardo di Isamu Uchiha, che guardò il ragazzo con rassegnata pietà prima di alzarsi.
    Il suo movimento, lento e fluido, fece trasalire il figlio, che apparve improvvisamente mortificato e ansioso, ma Heiko, guardando il fratello, a cui annuì accondiscendente, riprese a bere il suo tè come se niente fosse, quasi rallegrata del suo intervento.
    «Un guardiano non può rivolgersi in questi termini alla Principessa di Konoha.» Disse a quel punto Isamu Uchiha, eppure la sua voce non sembrava iraconda o fredda come quella di chi l'aveva preceduto. «Esiste una gerarchia in questo Villaggio, Atasuke, che tu puoi approvare o meno ma che come guardiano e membro della polizia sei costretto a seguire.» Tacque un istante, ignorando la nipote che a quel punto parve farsi rigida. «Shizuka è erede della dinastia Kobayashi, la più influente in tutto il Paese del Fuoco. Il loro potere è tale da camminare di pari passo con quello del Daimyo, e tu, un semplice guardiano, non puoi rivolgerti in questi termini e in questo luogo, alla madre e signora della casa.» Guardando il ragazzo dritto negli occhi, l'uomo si fece gravoso. «Chiedi immediatamente scusa, a nome della carica che ricopri.» Ordinò seccamente, proprio come se non volesse costringere il giovane a farlo a titolo personale, ma fosse impossibilitato a non ordinarlo come uno dei capi della Polizia di Konoha. «Il modo in cui Shizuka Hime condurrà la sua vita è questione che riguarda solo ed esclusivamente lei e la sua famiglia e tu sei tenuto a proteggere questo Clan esattamente come proteggi tutti gli altri. Che tu, poi, possa approvare o meno il modo di gestione di questa famiglia dei loro personali affari è questione che non ci interessa sapere. Se non ti piacciono le tue responsabilità, lascia il tuo ruolo.» Disse, e a quel punto Shizuka, voltandosi verso lo zio, parve farsi troppo pallida anche solo per articolare un suono.
    «Non mi sembra il caso di esagerare così...» Gemette la Principessa con una voce che sembrava il graffiare di unghie su un vetro. «...non ha detto niente di offensivo...» Aggiunse, abbassando lo sguardo.

    Essere una Principessa era un impegno. Esattamente come essere un Daimyo o una Sposa diplomatica.
    Il mondo fuori da quello Shinobi era governato da gerarchia e politica, da un precario equilibrio di regole che un ninja non era tenuto a comprendere o conoscere, ma che chi nasceva per adempiervi doveva fare proprio.
    Non esisteva nessun fato imposto. Nessuna costrizione. Nessuna condanna.
    Shizuka Kobayashi era nata per diventare la Capoclan della sua dinastia. Il suo nome valicava già i confini del suo gakure e si affacciava con invidia in tutti i Villaggi e non era una cosa da cui lei avrebbe potuto prescindere semplicemente rifiutandosi o imponendo il suo desiderio davanti a quello ritenuto consono. Non era una cosa che riguardava solo lei.
    Le sue azioni influenzavano tutta la sua grandissima famiglia, il Clan Aoki, Konoha stessa, il Paese del Fuoco e in talune circostanze persino i Paesi stranieri.

    Questo era il mondo oltre quello Shinobi.

    Un ninja decideva di diventarlo per sua iniziativa. Scalava la vetta con le sue sole forze, si impegnava per raggiungere ciò che desiderava e poi, semplicemente, si fermava. Era una vita che sottostava solo alle regole dell'“io”. Forse solo i Kage o i grandi Capoclan andavano oltre questa semplice chimica dei desideri...
    ...essere una grande personalità del mondo civile, però, implicava oneri e doveri che spesso dipendevano dal nome, da secoli di storia cui nessuno avrebbe potuto sottrarsi. E non c'era niente che sarebbe valso quanto l'ordine e l'equilibrio di tutte le cose. Come gli Shinobi governavano il campo di battaglia, proteggendo in un modo, i grandi Signori si imponevano nella politica e diplomazia, proteggendo in un'altro modo.
    Shizuka amava il suo Clan e amava sopra ogni altra cosa il suo Villaggio, la felicità di questo e di tutti i suoi cittadini. Aggrappata disperatamente alla “Volontà del Fuoco”, che insisteva a credere di poter ancora provare, non era destinata a proteggere ciò che amava come Shinobi, come al contrario i due giovani Uchiha, ma come Principessa. E mai per un secondo aveva pensato che questo fosse sbagliato.

    Qualcuno forse aveva mal interpretato alcune cose della sua vita. Ma non poteva essere altrimenti, visto quanto poco si conoscessero.

    «Shizuka, accompagna i tuoi ospiti.» Ordinò Heiko Uchiha, senza prendersi neanche la premura di inchinarsi per il commiato.
    La donna, ferma al suo posto, si limitò semplicemente a posare la sua tazzina di porcellana sul tavolo, rimanendo poi a guardarla per qualche istante mentre la figlia, con una forza che sembrava costarle ogni energia del suo corpo, si voltava verso le cameriere ordinando che iniziassero i preparativi per la dipartita.
    «Alcune decisioni hanno un prezzo.» Disse improvvisamente, ad un tono di voce tale che solo Atasuke, poco distante da lei, potesse udire. «La vita è la sfida di capire se quello che desideriamo valga il prezzo che siamo costretti a pagare per averlo.» Tacque, chiudendo gli occhi. «...ma quando ciò a cui aneliamo è un fuoco instabile pronto ad esplodere o spegnersi, siamo sicuri di voler investire in esso il nostro futuro? Il prezzo da pagare potrebbe essere troppo alto per chiunque, e non meritevole del dono ottenuto.»
    «Avete detto qualcosa mia Signora?»
    Disse con stupore la cameriera che si era avvicinata alla matrona Uchiha vedendo che questa aveva finito il suo tè e posato la tazzina sul tavolo.
    «Niente che ti possa interessare.» Rispose seccamente ella, riapproriandosi in un battito di ciglia della sua espressione gelida. Sorrise, altezzosa. «Aiuta i nostri venerabili ospiti a trovare la strada dell'uscita, non ti curar di me.» E facendo schioccare la lingua di fronte l'indecisione della ragazza, sospirò con commiserazione. «E' un ordine ovviamente...»

    Il sole, fuori dalla porta scorrevole di riso della stanza da cui Shizuka fu la prima ad uscire, era accecante proprio come qualche ora prima. A quanto pareva, alla fine, non era piovuto.
    Sorrise, abbassando lo sguardo, e poi trasalì notando alla sua sinistra, con la coda dell'occhio, la figura di suo padre appoggiato ad una porta scorrevole di una delle sale adiacenti a quella in cui si era svolta l'intera vicenda.
    Gli occhi verdi del Capoclan, immobili e profondi, si portarono in quelli così uguali di sua figlia, e lì esitarono.
    «Sembra che oggi ci sia bel tempo.» Si limitò a dire lei, accennando ad un sorriso.
    «Pensi che rimarrà per sempre assolato?» Domandò di rimando Toshiro Kobayashi, che si sarebbe dimostrato incurante dell'uscita dei due Chunin alle spalle della figlia, l'unica che sembrava interessargli in quel momento. Chi non lo conosceva non avrebbe letto nessuna seconda domanda in quella apparente, ma la Principessa, abbassando lo sguardo, chiuse semplicemente gli occhi. Trovava ancora incredibile la capacità di suo padre di guardarle attraverso in quel modo.
    «Ci saranno delle nubi, suppongo.» Disse lei, facendo spallucce. «Ma amo profondamente questo sole, e nessun tuono o fulmine oscurerà la mia intenzione di guardarlo senza sosta fino alla fine dei miei giorni.»
    Di fronte a lei, Toshiro si spinse in avanti e aprendo un ventaglio di fronte al viso, parve sorridere.
    «Bene a sapersi, figliola cara... il verde ti dona e non potrei immaginarti altrove del resto.» Poi, con fare teatrale, scosse le spalle. «Benché ammetto che oggi abbia temuto che tu potessi svanire. Le persone come te, sai, Shizuka, hanno bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi perché la corrente non le trascini via... ma pare che ci sia del potenziale abbastanza importante perché questo non accada.» E così dicendo affinò lo sguardo. Con stupore della kunoichi, il Capoclan stava ora guardando i due ragazzi Uchiha alle spalle di lei. «Beh, tu prenditi il tuo tempo, non puoi fare nient'altro, visto che sei solo una...» E a quel punto, girando il ventaglio, mostrò una scritta sul retro di questo che recitava con una splendida calligrafia Shodo “Stupida Figlia”.
    Silenzio.
    «E' per questo che non sei rientrato in Sala, vero?» Domandò con voce piatta Shizuka, fissando cupamente il padre. «Ti stavi preparando questa scenetta.»
    «Noi Capoclan Kobayashi siamo intelligenti quanto i Nara.»
    «Rinomatamente degli scansafatiche.»
    Sibilò la kunoichi, riacquistando per un istante il suo sguardo dardeggiante di collera di fronte al quale il padre sorrise. Chiudendo il ventaglio, fece schioccare le dita e Mamoru, scivolando come un ombra accanto ai tre Chunin quasi senza che loro se ne accorgessero, si portò accanto all'uomo.
    «Voglio fare un bagno!» Disse a quel punto Toshiro Kobayashi, rigirando sconclusionatamente il ventaglio per aria. «Vammelo a preparare Mamoru-chin!!»
    «... “-chin”?»
    Ripeté con profondo e visibile disgusto il Kumori. «Vi sembro una femmina della servitù, stupido padrone? Chiedete a chi si occupa di queste umilianti incombenze.» E così dicendo, senza premura alcuna, diede le spalle al Capoclan, avviandosi per il corridoio.
    «Occuparti dell'igiene dell'uomo in virtù del quale sei nato è tua responsabilità!» Ruggì Toshiro, zampettando dietro al Kumori che cercò di staccarselo di dosso guardandolo malamente. «Sono sicuro che se fosse stato il bagno di Shizuka, quello da preparare, lo avresti fatto di gran carriera... sporcaccione!»
    «Non mettetemi al vostro stesso piano!!»
    Ululò Mamoru. Il Kobayashi replicò ancora qualcosa, a cui seguì una disgustata risposta, ma presto le voci dei due sparirono e Shizuka, sospirando nel portarsi una mano alla faccia, si voltò verso Sasori e Atasuke ostentando disinvoltura benché non riuscisse ancora a guardare il secondo dei due negli occhi.
    «Scusatelo.» Disse, imbarazzata. «Vogliamo andare?» Aggiunse poi, indicando a testa bassa il corridoio in cui le domestiche erano già scivolate ad aprire la fila. Alle spalle del piccolo corteo Ritsuko Aoki era in piedi, immobile.
    Quando la ragazza fosse arrivata lì era un mistero, ma ora, al contrario di poche ore prima, il suo viso era piatto. Non c'era, nei suoi lineamenti, nessun coinvolgimento né ostentata forma di opposizione o preferenza, come se fosse stata drenata delle sue intenzioni.
    I suoi occhi azzurri erano fissi sulla figura della Principessa, due gemme ferme e imperturbabili, incomprensibili. Sembrava un'altra persona.

    Attraversare il dedalo di corridoi e giardini per giungere all'ingresso della magione fu più semplice che all'andata. Stavolta la strada, ormai conosciuta anche se non memorizzata, sarebbe forse risultata ai due Shinobi Uchiha più familiare e dunque meno avversa.
    Arrivati all'incrocio dei quattro grandi corridoi principali, costruiti in corrispondenza della rosa dei venti, il gruppo si fermò un secondo prima di intraprendere quello diretto a Sud, che come spiegò una delle domestiche, abbastanza interessata a Sasori da camminargli passo passo accanto guardandolo con languida ammirazione, era l'ala “comune”: l'ala Nord era di esclusivo uso del Capoclan e di sua moglie, la Ovest era a discrezione dei quattro venerabili predecessori dei Signori attuali, e tutta la Est era della Signorina.
    «Non occupo tutte quelle stanze.» Rispose quasi istintivamente Shizuka quando la ragazza, una biondina dai grandi occhi castani e una spruzzata di lentiggini sul naso, aveva confessato con reverenza che solo l'Ala dell'erede vantava ben venticinque stanze. «Ritsuko risiede con me.» Spiegò, rivolta a Sasori, mentre svoltava un altro corridoio, ma poi esitò, arrossendo. «Beh non credo che ti interessi troppo.» Ammise, valutando l'interesse di lui per tutta la circostanza, abbastanza alto da fargli chiedere di andarsene. Non che ci fosse niente di male dopotutto. «Non disturbare con chiacchericci non richiesti, Miwa.» Disse allora, e solo a quel punto si voltò abbastanza perché i suoi occhi potessero cercare quelli di qualcuno alle sue spalle. Oltrepassando il volto di Atasuke e poi quello di Sasori, la Principessa si fermò su Ritsuko, che ricambiò lo sguardo con fissità... strano che non fosse già intervenuta per brontolare quella domestica.
    «Chiedo scusa Ojou-sama, non volevo certo disturbare.» Si imbarazzò la ragazza, scostandosi un ricciolo dal viso e guardando di sottecchi Sasori, arrossendo un poco. «Volevo solo...»
    «Sono sicura che offrirai al nobile Shinobi un servizio migliore rimettendo lui i suoi calzari.»
    Rispose Shizuka, svoltando l'ennesimo angolo che si aprì di fronte all'entrata della magione.
    Era tutto uguale a quella mattina, come se nulla fosse cambiato. Eppure, paradossalmente, tutto lo era.
    Affrettandosi a seguire gli ordini impartiti, la domestica di nome Miwa e le altre due che erano state presenti durante tutta la conversazione nella Sala dei Ricevimenti, si sbrigarono a recuperare le scarpe degli ospiti, che aiutarono a vestire, inchinandosi un numero pressocché infinito di volte nell'operazione. Durante tutto quel tempo Ritsuko rimase immobile alle spalle della Principessa di Konoha, che pure non si mosse dal suo posto fino a quando i due furono pronti a lasciare il posto.
    La dimora della Principessa del Villaggio della Foglia.
    «Sasori.» Chiamò solo a quel punto la kunoichi. Con stupore di tutti i presenti, si inchinò profondamente e le domestiche, trasalendo angosciate, visibilmente incapaci di capire cosa fare, la imitarono quasi per disperazione. «Sono venuta da te sperando di aiutarti, ma non c'è niente che io possa fare per riuscire in quest'intento, a quanto pare.» Disse semplicemente. «Scusami se ho fatto irruzione in casa tua, se ti ho avvelenato e ho mentito circa il nostro legame. Scusami se ti ho trascinato in una vicenda che non ti riguardava.» Esitò, in verità non sapeva cos'altro dire. «Le persone come me che sono cresciute senza un team o dei veri amici nel mondo Shinobi non riescono a capire mai pienamente le dinamiche di chi, come te invece, nasce e vive come ninja.» Sembrava scusarsi quasi per il suo averlo anche solo incontrato, come se avesse compreso che, per lui, quel fatto si limitava ad un problema indesiderato. «Da kunoichi prometto di non mettermi più sul tuo cammino.» Mormorò allora, stringendo gli occhi. Solo a quel punto si alzò, riportandosi in eretta postura. «Da Principessa dei Kobayashi, invece, spero che questo non abbia rovinato i potenziali rapporti tra la vostra famiglia e la mia.» Accennò ad un sorriso educato, cambiando in meno di un secondo il suo registro, che da informale e spiccio che era tramutò in pura formalità. Aveva appena eretto un muro. Quello della gerarchia. «Spero che potremo godere di proficui rapporti economici, Sasori Uchiha-sama.»
    Arrivati a quel punto cadde il silenzio. Un silenzio pesante che la ragazza in particolare parve trovare estremamente difficile da affrontare. Stringendo le mani a pugno e strizzando per un istante gli occhi, imponendosi uno sforzo molto più che notevole, la giovane finalmente si girò verso Atasuke, sul cui corpo esitò prima di riuscire a guardarlo negli occhi.
    «Ata–...» Si interruppe, come se fosse incapace di pronunciare il nome del ragazzo. Facendosi pallida e poi arrossendo la Principessa abbassò di nuovo lo sguardo. Aprì la bocca altre due volte prima di riuscire ad emettere suono. «...mi dispiace non potervi accompagnare al Quartiere.» Disse come se quella fosse la cosa più importante. «Credo che rimanere solo ti darà il modo di pensare.» Ma a cosa dovesse pensare non lo disse. «Hai sempre parlato a sproposito e senza pensare bene alle conseguenze, sai...è un brutto vizio per uno shinobi.» Mormorò qualche istante dopo quando una carrozza giapponese arrivò nel giardino d'entrata scortata da due garzoni vestiti di un hakama scuro. Vedendoli arrivare Shizuka accennò ad un sorriso. «Potete usufruirre delle braccia e delle gambe della servitù Kobayashi per essere riportati a casa, qualora lo desideriate.» Disse, indicando i due uomini in attesa. «Mi dispiace, ma non abbiamo guardie o persone simili...» Aggiunse, scusandosi. Non ne avevano bisogno, del resto, sembrava aggiungere con lo sguardo. «Vi ringrazio per aver fatto visita al mio Clan e vi auguro un piacevole ritorno a casa, con la benedizione dell'Airone e la mia più sentita riconoscenza.»

    Avrebbe ascoltato qualsiasi risposta, avrebbe accettato qualsiasi loro decisione, e tutto purché se ne potessero andare il più presto possibile. Non li aveva buttati fuori, non ufficialmente quantomeno, ma aveva agito perché potessero abbandonare il territorio della sua famiglia il più rapidamente possibile.
    Sarebbe rimasta inchinata fino a quando i due se ne fossero andati, ferma con gli occhi chiusi e le mani aderenti ai fianchi, sapendo in qualche perverso modo che da quel momento in poi non avrebbe più avuto occasioni di rivedere quei due per piacere personale...
    Quando si fu sincerata della loro completa dipartita, la Principessa si alzò e solo allora si voltò. I suoi occhi verdi si puntarono in quelli azzurri di Ritsuko, ancora ferma alle sue spalle, che inchiodarono al suo posto come lame avvelenate.
    Trascorse un lungo minuto di silenzio prima che Shizuka parlasse.
    «Dobbiamo discutere.» Disse con una voce contesa tra il profondo dolore e la rabbia.
    «Ne ero sicura.» Rispose l'altra, facendosi semplicemente da parte per far avanzare la sua padrona di cui guardò la schiena allontanarsi.
    Avrebbero parlato, parlato e parlato ancora. Ma per un istante, la Kumori, sperò non per l'ultima.


    divisore




     
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  10. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Draw – Il ritorno a Casa~


    Inutile dire che le sue parole ebbero un certo effetto sulla sala. Alla fine del suo discorso tutti tacquero e lambiente parve congelarsi per alcuni istanti. Poteva percepire su di se l'attenzione di tutti, a partire dal piccolo Tatsuya, finendo poi con Isamu.
    Fu nuovamente la donna a chiudere il discorso con tono freddo, quasi gelido. Certo, non poteva immaginare che cosa la donna stesse pensando o meno, tuttavia, era certo che le sue parole non erano volate invano, finendo nel nulla.
    Isamu si alzò, più che altro costretto dal suo ruolo che per sua diretta volontà, come indicavano i gesti ed il tono che aveva la sua voce, decisa, tuttavia seccata.
    Atasuke lo ascoltò con attenzione, osservandolo cercando di capirne eventuali segnali, messaggi nascosti, o più semplicemente "ascoltando" anche il linguaggio del suo corpo.

    "Il modo in cui Shizuka Hime condurrà la sua vita è questione che riguarda solo ed esclusivamente lei e la sua famiglia e tu sei tenuto a proteggere questo Clan esattamente come proteggi tutti gli altri. Che tu, poi, possa approvare o meno il modo di gestione di questa famiglia dei loro personali affari è questione che non ci interessa sapere. Se non ti piacciono le tue responsabilità, lascia il tuo ruolo."


    Chiuse per un'istante gli occhi, reclinando leggermente il capo, quasi come a sottomettersi all'ordine mentre suelle sue labbra si disegnava un sorriso. Difficile dire se fosse di compiacimento o di malizia.

    "Non mi sembra il caso di esagerare così... non ha detto niente di offensivo..."


    Alle parole di shizuka Atasuke alzò il suo braccio come ad indicarle di smettere. Non voleva essere offensivo, ne voleva imporsi su quella scena, tuttavia, Isamu aveva detto il giusto ed Atasuke non poteva evitare di prendersi la ramanzina che meritava.

    «Shizuka, non ti preoccupare... In fondo Isamu-sama ha ragione... Ho esagerato»


    Il tono era quasi sottomesso. Possibile che con quelle parole fossero già riusciti a domare le emozioni dell'Uchiha? Oppure non era che una recita? Una sorta di politica risposta in quel mondo che non gli apparteneva?
    Certo fu che subito dopo, Atasuke aprì i suoi occhi, puntandoli prima su Shizuka, a cui fece dono di un sorriso sincero, poi li portò verso il suo superiore. Quando poi arrivarono ad Isamu però i suoi occhi avevano riacquisito sicurezza e decisione, segno che non si era sottomesso, ne aveva intenzione di farlo.

    «Isamu-sama, voi dite il vero quando dite che non sono affari miei il come Shizuka condurrà la sua vita e dite altrettanto il vero nel sottolineare che proteggo ciascun clan di questo villaggio al pari di tutti gli altri. Dite il vero quando sottolineate che non è mio compito preoccuparmi di come una famiglia gestisca i suoi affari e dite la pura e semplice verità quando rammentate che in qualità di guardiano non posso ignorare la gerarchia...»

    °Ma avete dimenticato una cosa molto importante...°

    «Tuttavia, non dimenticate che non sono qui in veste ufficiale di guardiano, quanto piuttosto in veste di privato cittadino, abitante di Konoha... E per questo motivo non sono tenuto a sottostare ad alcuna delle norme comportamentali ufficiali definite ed inerenti al comportamento ufficiale, dacchè, appunto, sono qui non in qualità di guardiano, bensì in qualità di Atasuke e dunque parlo per me stesso soltanto. Come ben sapete, dato che mi conoscete bene, mi sarei comportato molto diversamente se questa fosse stata una visita ufficiale»


    Il suo tono rimase calmo e pacato, seppure la decisione nei suoi occhi non accennava a svanire. Si concesse quindi un cenno con il capo verso Isamu, il quale li dentro era probabilmente quello che meglio conosceva Atasuke ed i suoi modi di operare, specialmente quando si trattava di ufficialità e che quindi sapeva quanto Atasuke fosse rigido e ligio al suo dovere mentre svolgeva i propri compiti.

    «Detto questo però, ammetto che devo delle scuse a Shizuka per il mio comportamento e per averla messa in imbarazzo con le mie parole davanti alla sua famiglia»


    Simultaneamente si voltò nuovamente verso shizuka, ruotando leggermente dalla propria posizione ed inchinandosi cordialmente e rispettosamente verso la ragazza, fino a poggiare le mani a terra con deferenza.
    Quando ritornò su, pochi istanti dopo, riportò il proprio sguardo verso Isamu ed Heiko.

    «Tuttavia, non ho intenzione di scusarmi per le parole che ho detto, dato che rispecchiano esattamente il mio pensiero personale e ad oggi a Konoha mi risulta esserci la libertà di parola ed espressione... Ma soprattutto, come già detto oggi non rappresento altri che la mia persona, ne il villaggio, ne il corpo dei guardiani... L'unica cosa che posso concedere è che posso essermi espresso in malo modo e di questo me ne dispiaccio, ma come già mi pare si fosse capito, non sono avvezzo ai modi, gli usi ed i costumi di questa casa e spero che questa mancanza non vi abbia offesi oltremodo»


    Concesse quindi un reve inchino, molto meno rigoroso del precedente verso i due, chinando solo il capo e leggermente il busto, ritornando subito dopo in posizione.

    "Shizuka, accompagna i tuoi ospiti."

    °Quindi questa è la fine della nostra discussione...°

    "Alcune decisioni hanno un prezzo."

    °Tutto ha un prezzo, che lo vogliamo oppure no°

    "La vita è la sfida di capire se quello che desideriamo valga il prezzo che siamo costretti a pagare per averlo."

    °Perchè mai ci avete messo tanto ad arrivare a questo punto?°

    "ma quando ciò a cui aneliamo è un fuoco instabile pronto ad esplodere o spegnersi, siamo sicuri di voler investire in esso il nostro futuro? Il prezzo da pagare potrebbe essere troppo alto per chiunque, e non meritevole del dono ottenuto."


    «Mia signora, credetemi, sono molto più che disposto a rischiare e son certo di quello che dico quando ritengo che il dono vale molto più di quanto non si possa immaginare... Certo, forse sono un folle e forse finirò per bruciarmi, me è la mia natura quella di giocare con il fuoco...»


    Si concesse un breve cenno con il capo, quasi come un cenno d'intesa verso quelle parole sussurrate tanto priano che solo Heiko avrebbe potuto udirle, menre un sorriso sincero si disegnava sul suo volto, ora molto più rilassato nel vedere che in fondo, quella donna, forse aveva compreso veramente.

    [...]


    In un'ordine quasi innaturale, dopo quella serie di eventi, Atasuke si alzò indossando nuovamente la giacca e rinfoderando l'arma nell'Obi e concedendosi un inchino di saluto verso i presenti, prima di seguire Shizuka verso l'esterno.
    Ebero appena il tempo di uscire dalla stanza che Toshiro fece nuovamente la sua comparsa, ignorando, almeno in apparenza loro che stavano seguendo Shizuka e concentrandosi solo sulla figlia.
    Atasuke non trattenne un sorriso nel vedere quella scena e non potè ignorare il discorso dei due. Certo, era un discorso banale, incentrato sul meteo, tuttavia, gli parve di cogliere qualcosa di più, qualcosa che gli sembrava di aver colto anche poco prima nelle asserzioni di heiko sul maltempo.

    °Shizuka... Ora, forse, ho realmente compreso... Quanto sono stato sciocco finora, quanto mi sbagliavo, quanto pensavo di conoscerti ed invece non ti conoscevo affatto... Tuttavia, ora forse so... e forse potrò aiutarti ad osservare meglio il sole, anche a costo di spazzare via le nuvole°


    Tacque, concedendosi solo uno sguardo deciso verso Toshiro che in quel momento li stava osservando, selezionandoli in pratica come "soggetto" della precedente asserzione.
    Poi, nel vedere la scritta sul ventaglio, non trattenne una risata. Certo, si contenne nei modi, ma non potè evitare di ridere nel vedere quell'assurda scritta, inclusa in quella ancor più assurda scenetta evidentemente preparata in anticipo.
    Con meno fatica avitò invece di ridere a ciò che seguì pochi istanti dopo doe Toshiro con assoluta ineleganza saltellava dietro al sottoposto, aspettandosi di farsi preparare un bagno mentre gli insulti che volavano a poco a poco svanivano nei meandri della casa.

    °Davvero non riesco a capire se quell'uomo è un genio o un'imbecille patentato... Comunque mi pare una persona simpatica... Devo invitarlo una volta o l'altra per un tè...°

    "Scusatelo."

    «Sembra simpatico...»

    "Vogliamo andare?"


    «Temo che non abbiamo molte altre possibilità...»


    Rispose ironico alla domanda retorica di Shizuka seguendola con tranquillità mentre alle sue spalle Atasuke percepiva l'inquietante presenza di Ritsuko, la quale, tuttavia, parve non essere più la stessa di poco prima, o almeno, sembrava non mostrare più lo stesso palese desiderio di uccidere.

    [...]


    Giunse quindi il momento dei saluti. Atasuke sorrise nel vedere i modi delle serve nell'aiutarli a rivestirsi, tuttavia continuava a non comprendere il motivo di tante formalità e continuava a non sentirsi pienamente a suo agio nell'essere tanto riepito di attenzioni e servilità.
    Tacque ascoltando le parole di Shizuka e la risposta di Sasori, osservando entrambi con attenzione. Poi, Shizuka parve tacere, come se in qualche modo non riuscisse ad esprimersi nei suoi confronti. Si rese conto che la ragazza lo guardava, concentrandosi sul suo corpo, quasi come a temere di guardarlo negli occhi.

    "Ata–... "

    «S-Shizuka...»

    "...mi dispiace non potervi accompagnare al Quartiere."

    «Tranquilla, n-non devi dispiacerti... Piuttosto... Scusami ancora per i miei modi poco... ehm... a modo»

    "Credo che rimanere solo ti darà il modo di pensare."

    «Forse...»

    "Hai sempre parlato a sproposito e senza pensare bene alle conseguenze, sai...è un brutto vizio per uno shinobi."


    «Forse allora anche io ho qualche macchia in fondo...»


    Le disse con un sorriso, cercando di riportarle alla mente la discussione che avevano avuto alcune ore prima, prima ancora di entrare a villa Kobayashi.

    "Vi ringrazio per aver fatto visita al mio Clan e vi auguro un piacevole ritorno a casa, con la benedizione dell'Airone e la mia più sentita riconoscenza."

    «Ti ringrazio per le piacevoli ore trascorse insieme, devo ammettere che hai una gran bella casa, anche se forse anche fin troppo grande per i miei gusti... Inoltre devo ammettere che hai una bellissima famiglia... Sono quasi invidioso di te»


    Concluse con un sincero sorriso ed inchinandosi in segno di saluto per poi voltarsi allontanandosi di alcuni passi prima di bloccarsi, osservando il cielo del pomeriggio con il sole che illuminava tutto proprio davanti a lui.
    Non si voltò, continuando ad osservare il cielo.

    «Prima di andare però... Vorrei ancora dirti una cosa, Shizuka...»


    Il suo sguardo si alzò al cielo, mentre la mano rapida andò verso l'elsa della katana, preparandosi ad afferrarla.

    «Oggi ho imparato molto su di te e sulla tua famiglia, ma soprattutto ho capito una cosa, che finora mi ostinavo a credere di aver capito quando in verità non avevo capito nulla...»


    Chiuse gli occhi, concedendosi un lungo respiro. Passò un'istante, poi, con lentezza e precisione, estrasse la katana dal fodero, alzandola al cielo e puntandola verso il sole.

    «Io ho sempre cercato di impormi, quasi a cercare di decidere per te ciò che fosse giusto o sbagliato, dimenticando che io sono io e tu sei tu... Tutti noi cerchiamo la luce e per quanto come ninja sprofondiamo nell'abisso e nell'oscurità, c'è sempre un qualcosa a cui ci vogliamo aggrappare per poter continuare a guardare il nostro sole. Ogniuno di noi agisce come meglio crede, chi addentrandosi maggiormente nell'ombra, chi rifiutandola, ma nessuno può imporci come agire, specialmente quando il nostro obbiettivo è comune... Tu mi hai detto di non aver bisogno della mia protezione ed hai perfettamente ragione... Tuttavia, se vorrai, sarò ben lieto di essere la tua guida verso la luce che tanto aneli e magari, saprò insegnarti come proteggerla senza troppi danni collaterali...»


    Rinfoderò quindi l'arma, che ormai non aveva più motivo di indicare quel sole, fonte primario di luce e perfetto esempio del discorso appena fatto.
    Poi, con nonchalance si incamminò verso l'uscita della struttura, lanciando un saluto con la mano, che sventolò in aria allegramente, mascherando con il gesto il lancio di una delle sue carte, codificata per svelarsi con il chakra di shizuka.

    CITAZIONE
    Shizuka, oggi sono capitate molte cose, forse troppe... Tuttavia, c'è una cosa su cui sono sicuro. Non mi pento di ciò che ho detto, ne di quello che penso o di ciò che ho fatto. Certo restare solo mi darà modo di pensare, tuttavia non ho bisogno di meditare su nulla in particolare.

    P.S. Non me ne frega un cazzo di quello che dice tua madre. Domattina vedi di fare rapporto, altrimenti Raizen potrebbe essere informato della tua missione fallita. Hai ancora un obbiettivo da portare a termine, quindi ti aspetto per aiutare Sasori INSIEME!

    La carta sarebbe quindi arrivata praticamente ai piedi di Shizuka con visibile solo una scritta in rosso: "Per Shizuka, Importante!"
    Intanto, Atasuke si stava incamminando verso casa, rigorosamente a piedi, rifiutando la proposta di Shizuka di sfruttare i mezi forniti dalla servitù della casa.

    «Sasori... Che ne dici se ci facciamo una passeggiata fino a casa? Non so tu, ma dopo tutta questa storia io non ho voglia di farmi portare chiuso in una carrozza»


    Scherzò Atasuke accennando palesemente ai due servitori ed i relativi mezzi di trasporto, incamminandosi verso casa, nella speranza di fare due passi in compagnia, piuttosto che in solitaria.

    °Chissà se leggerà il mio messaggio°


    Pensava tra se mentre a passo tranquillo avanzava nelle vie, sperando che Shizuka leggesse quel messaggio e, magari, accettasse l'invito, o ancor meglio scattasse al suo inseguimento per chiedergli di scusarsi per i toni del messaggio.
     
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  11. Sasori Uchiha
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    Magione Kobayashi



    Sasori rimase ancora lì, in balia degli eventi. Il suo astensionismo non era nè una forma di apatia, nè un modo per evitare quella situazione. Lui semplicemente in quella situazione non doveva neanche esserci. Quindi quello che poteva fare era mantenere un basso profilo, evitando situazioni oppure problemi che avrebbero potuto mettere a rischio la sua incolumità. Perchè in fondo non poteva sapere che in quella stanza c'erano personalità molto forti, che in contesti diversi da quello, avrebbero potuto mandarlo all'altro mondo senza troppi complimenti. Ma la sua voglia di non fare nulla al momento era la migliore strategia che potesse tenere lì.
    Mentre ragionava sul da farsi, Shizuka riservò uno sguardo per il ragazzo, probabilmente chiedendosi se fosse uno smidollato o semplicemente se era fatto così, uno svogliato senza forma e senza palle. Ma non poteva sapere che quel comportamento era dettato dalla mera necessità di uscire incolume, da quella sgradevole situazione. Si era infatti aggrappato alla gentile offerta di Heiko, quindi in cuor suo sperava di levare le tende il prima possibile, prima di un eventuale ripensamento della madre di Shizuka. Inoltre perchè doveva dare una spiegazione della sua presenza, in fondo si era unito attualmente alle uniche persone con cui aveva dei rapporti umani, perchè aveva perso i contatti con i suoi amici e compagni di team. Si chiedeva in effetti cosa stesse cercando in realtà. Neanche lui sapeva cosa volesse da quella situazione, da quelle persone. Si sentiva come un pesce fuor d'acqua in mezzo a tutta quella gente e non poteva farci nulla in quel momento.



    Penso che non abbiamo più niente di cui parlare



    Era ora



    Evidentemente il discorso di Atasuke era andato a segno suscitando la reazione dei presenti. Di sicuro lui aveva parecchie osservazioni da fare nei confronti del discorso sostenuto da Heiko riguardo Shizuka. Seguì in maniera passiva, quanto stava dicendo quella donna in fondo non aveva alcun motivo di intervenire, era una cosa che doveva risolvere Atasuke. In fondo era stato il suo compagno di fatto a mantenerlo in una situazione apatica e neutrale. Si ripeteva nella sua mente che quella non era la sua battaglia, quindi perchè scaldarsi tanto ? Non voleva fare nulla che potesse attirare l'attenzione su di sè, perchè al momento aveva le idee abbastanza confuse. Perchè in effetti non aveva una motivazione forte a rimanere lì. Il suo sguardo era vuoto. Era in una realtà parallela a cercare di risolvere questioni che erano rimaste in sospeso da troppo tempo e che quella discussione sembrava aver riportato a galla. Ma quelle persone nonostante si trovavano lì con aria inquisitoria e indagatrice non immaginavano nemmeno loro il caos interiore che regnava in lui in quel momento. L'unica cosa che gli premeva era di tornare a casa. La frase che riportò il ragazzo con la testa fra quelle mura fu un ordine di Heiko rivolto a Shizuka:



    Shizuka, accompagna i tuoi ospiti



    Ci furono ancora delle frecciatine tra Heiko e Atasuke prima della loro imminente dipartita. Era naturale. In effetti anche se Sasori non aveva motivo nè ragione di intervenire in quella assurda e contorta vicenda, una idea se l'era fatta riguarda a Heiko, ognuno è artefice del proprio destino, ma per lei la figlia non era che un oggetto da poter usare come merce di scambio nei propri affari. Non era altro che una mera contabile, sullo stesso livello di altre "calcolatrici" che si potevano trovare a quei tempi. Non meritava minimamente la sua attenzione, perchè una madre era altro e questo lo sapeva bene. Mentre ragionava sommariamente su quanto aveva visto, finalmente Heiko disse ad una delle serve della magione:



    Aiuta i nostri venerabili ospiti a trovare la strada dell'uscita, non ti curar di me



    Una volta usciti da quelle quattro mura, uno splendido sole attendeva il gruppo. Nuovamente Toshiro dedicò una occhiata affilata ai due ragazzi che uscirono dalla magione alle spalle della ragazza. Ma fu solo per un attimo, poi la conversazione virò su altro regalando l'ennesimo teatrino tra Toshiro e Shizuka, abbastanza divertente. Come nella precedente situazione all'interno della magione, Shizuka si vergognò abbastanza della situazione e chiese scusa. Sasori non fece a meno di sorridere in maniera ingenua, dopo di che annuì.



    Dovremmo esserci quasi



    Non aveva memorizzato il percorso che aveva seguito ma quella zona che avevano appena raggiunto, sembrò a Sasori familiare. Mentre camminavano, il gruppo si fermò prima di prendere il cammino diretto a Sud, che come spiegò una domestica, era stato costruito in corrispondenza della rosa dei venti. Quella domestica sembrò abbastanza interessata a Sasori, camminandogli a fianco passo a passo. Quindi il ragazzo decise di chiederle, visto che era anche carina:



    Se non sono indiscreto posso chiederle il suo nome? Mi sembra una ragazza interessante...



    Sasori intuì dai discorsi della ragazza e dai suoi comportamenti, che effettivamente quella ragazza provava forse qualcosa nei suoi confronti. Quindi quando Shizuka la riprese, si sentì in qualche modo in dovere di proteggerla:



    Shizuka ti ringrazio per aver preso le mie difese, ma la presenza di questa ragazza non mi dà alcun fastidio anzi...Mi fa piacere averla vicino....



    Lasciò in sospeso la frase, sperando che la ragazza capisse che in effetti anche a lui quella ragazza gli interessava in qualche modo. Aveva un vuoto dentro che forse quella ragazza avrebbe potuto riempire. Ma forse Shizuka non avrebbe potuto comprendere, oppure vista la situazione con Atasuke avrebbe potuto ma la conosceva talmente poco che non si azzardava di chiederle se potesse in qualche modo approfondire la conoscenza con quella domestica che era davvero carina e gentile nei suoi confronti.




    [...]



    Nel frattempo le domestiche andarono a recuperare le calzature degli ospiti quando Shizuka richiamò l'attenzione del ragazzo:



    Sasori



    Con lo stupore di tutti, anche di Sasori che in effetti era sicuramente più tranquillo rispetto a quando si trovava in quel grande salone, buttato in pasto a degli sconosciuti, a parte la conoscenza di alcune figure di spicco note, ascoltò con molta attenzione quanto aveva da dire quella ragazza:



    Sono venuta da te sperando di aiutarti, ma non c'è niente che io possa fare per riuscire in quest'intento, a quanto pare. Scusami se ho fatto irruzione in casa tua, se ti ho avvelenato e ho mentito circa il nostro legame. Scusami se ti ho trascinato in una vicenda che non ti riguardava. Le persone come me che sono cresciute senza un team o dei veri amici nel mondo Shinobi non riescono a capire mai pienamente le dinamiche di chi, come te invece, nasce e vive come ninja.



    Sasori si sentì in dovere di rassicurare quella ragazza che nonostante la sua estrema sicurezza nei propri mezzi, aveva ancora una parte buona all'interno di sè che ancora era rimasta integra:



    Non ti devi scusare di nulla. Sono io invece che forse dovrei scusarmi. Quello che hai visto non agire, non prendere decisioni, subire quei pesanti discorsi, non era il "vero" Sasori. Ho dovuto recitare, come ha recitato per tutto il tempo tua madre. Chiaramente non posso svelarmi in una battaglia che non mi riguardava. In una situazione che non mi riguarda. Non posso , non ce la faccio.



    Poi la ragazza proseguì nel discorso:



    Da kunoichi prometto di non mettermi più sul tuo cammino. Da Principessa dei Kobayashi, invece, spero che questo non abbia rovinato i potenziali rapporti tra la vostra famiglia e la mia.



    Si sentì però in dovere di fronte a quelle parole di sbilanciarsi un pò di più nei confronti di quella ragazza che effettivamente meritava una motivazione più forte,rivelando una parte di sè che era stata nascosta abbastanza a lungo:



    Ti volevo ringraziare per esserti offerta di aiutarmi nel riportarmi alla luce. Ma non sono come Atasuke, una stella splendente. Sono sempre stato un sole velato, anzi per meglio dire un cielo coperto. In quella prigione, la mia anima non è stata corrotto dalla malvagità. Semplicemente mi ero sentito solo, solo con me stesso e le mie paure e le mie fragilità. Dovevo trovare delle risposte dentro di me che ho trovato, senza intaccare la mia persona, rimanendo un cielo coperto. Ma questo non vuol dire che sono impazzito che ho perso la ragione o la mia essenza. Sono rimasto sempre un cielo coperto di nubi, ma che potenzialmente a differenza di prima, risuona dei potenziali fulmini che sono pronti ad essere scagliati nei momenti opportuni, in cielo coperto e più nero di prima.



    Fece una leggera pausa poi riprese:



    Tu sei una principessa, perchè hai voluto corromperti, intraprendendo questo cammino oscuro. Avevi tutto quello che ti serviva, perchè? Questo è un mondo di reietti, per quanto sia possibile rimanere integri, prima o poi è inevitabile di essere sopraffatti da sentimenti meno nobili, quali la vendetta e l'egoismo. Inoltre avendo perso contatti con le uniche persone con le quali avevo stretto dei legami, ora che mi resta da fare ? Se non intraprendere un cammino necessariamente fine a me stesso e non invece un destino comune alle persone che mi erano state vicine e che avevo imparato ad apprezzare anche con i loro difetti ? Spero che non mi hai considerato un apatico ed uno svogliato oppure uno senza palle in grado di essere una bandiera sbattuta di qua e di là da una brezza qualsiasi perchè questo non sono il vero io. Ma essendoci conosciuti in questa circostanza non posso fare altro che sospendere il giudizio e segnarti come una persona interessante, degna della mia attenzione. Ad ogni modo non ho problemi nè con te nè con la tua famiglia. Quindi questa situazione non ha rovinato proprio nulla.


    Attese un qualche commento di quella ragazza, dopo gli eventuali commenti, concluse:



    Spero che potremo godere di proficui rapporti economici, Sasori Uchiha-sama.



    Il ragazzo annuì semplicemente come risposta. Poi si rivolse anche ad Atasuke arrossendo, dopo la situazione che in precedenza si era creata, dicendo di non poter accompagnarli al quartiere. Però Sasori aveva in mente chi effettivamente poteva accompagnarlo,chiese abbastanza imbarazzato arrossendo in maniera abbastanza evidente:



    In effetti c'è una persona con cui mi piacerebbe trascorrere il viaggio di ritorno...Ti ricordi della tua domestica quella di cui chiesi il nome? Ecco mi piacerebbe trascorrere il viaggio di ritorno in sua compagnia...sempre che non abbia altri compiti di rilievo da svolgere oggi...non vorrei metterla nei guai.



    Rimase in attesa un pò imbarazzato della sua singolare richiesta. Sperava di essere accontentato.



    [...]



    A quel punto la ragazza li congedò entrambi. Nel frattempo Atasuke chiese a Sasori, ancora speranzoso di vedere esaudita la sua richiesta:



    Sasori... Che ne dici se ci facciamo una passeggiata fino a casa? Non so tu, ma dopo tutta questa storia io non ho voglia di farmi portare chiuso in una carrozza



    Sasori chiaramente replicò con un sorriso davvero notevole al suo compagno poi disse:



    Certo anche a me andava di fare quattro passi, spero in compagnia anche di quella graziosa ragazza

     
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    When you're caught up in the storm or, you know, just the turmoil of everything that there is another side and you do get through it.

    Shizuka Kobayashi's turmoil




    divisore




    Miwa Terayumi era una ragazzina di diciassette anni dai folti capelli ramati e grandi occhi color dell'ambra, figlia di un venditore di farina di riso della parte nord di Konoha. Come molte altre domestiche prima di lei, era stata assunta presso magione Kobayashi dato il suo innato buon gusto e le sue innegabili doti nel canto e nella danza, che Shizuka stessa, una delle più rinomate intrattenitrici del Fuoco, aveva grande piacere di ascoltare.
    Come ogni ragazzina della sua età appartenente al mondo civile, nutriva verso i giovani Shinobi quel tipo di attrazione che le adolescenti riservano agli uomini prestanti capaci di offrire loro la grande sensazione di essere sempre al sicuro. Ovviamente, però, a discapito dei sogni, la possibilità di avvicinare i membri delle grandi Casate di Konoha era pressoché una possibilità irraggiungibile...
    ...a meno che, ovviamente, non si faceva parte del corpo domestici dei Kobayashi.
    Mercanti di sete e tessuti, e sarti della miglior specie, gli esponenti Clan dell'Airone intrattenevano difatti molto spesso relazioni commerciali con ogni Clan della Foglia, dagli Hyuga ai Nara e, ovviamente, anche gli Uchiha; rendendo dunque la possibilità di scambiare qualche parola con quei ninja prodigiosi non più un sogno giovanile, ma una concretezza vera e propria.
    Nulla di cui stupirsi allora se la piccola Miwa era rimasta assolutamente folgorata da Sasori Uchiha, indubbiamente un ragazzo affascinante ed esponente della tipica bellezza del suo Clan Natale... nel senso... era così silenzioso e composto, sembrava sempre così attento nelle sue azioni, era evidente che fosse un uomo intelligente e accurato, e poi era così atletico, snello, alto, e i lineamenti del suo viso erano così...
    «Sta troppo zitto, Miwa-chan, avrei angoscia a rimanergli accanto.» Sbottò una delle domestiche dagli occhi scuri e carnose labbra color ciliegia, mangiando uno dei biscotti sgraffignati dalle cucine. «Molto meglio Atasuke-sama...» E con sguardo sognante si mise una mano al volto, arrossendo. «E' così prestante e ha un fisico, nel senso... pressocché perfetto...»
    «Maniaca!»
    Rise un'altra giovane, colei che qualche ora prima era stata chiamata con il nome di Chiasa. «Guardi solo all'apparenza!»
    «Senti chi parla!»
    Replicò l'altra, offesa. «Anche tu sei stata a guardare Atasuke-sama finché non se n'è andato!» Ringhiò, spezzando un altro biscotto con sguardo dardeggiante.
    «B-beh che c'entra...mica solo per il corpo...anche il viso... e poi è così dolce e appassionato e...»
    «Non capite niente, vi piacciono i ragazzini forse?»
    Tuonò con voce divertita la capo-domestica Mayuko Arukawa, affilando lo sguardo e indicando con un indice accusatore tutte le sue sottoposte, sghignazzando. «Raizen Ikigami è la vera risposta... lui ha tutto ciò che un uomo deve avere: è bello, muscoloso, potente e soprattutto ha quel tipo di rudezza che ad un uomo non deve mai mancare...»
    Ci fu un coro di strilletti contesi tra l'ammirazione e lo stupore.
    «Mayuko-san, vi interessa Raizen-sama?!» Esclamò un'altra ragazza, ridendo. «No, no, non è proprio il mio tipo, è troppo "imponente"... se proprio devo scegliere direi Sasori-sama.» E così dicendo abbracciò Miwa, che ancora rossa in volto, si torturava le mani muovendo le spalle con imbarazzo.
    «Ah, in effetti Ojou-sama è sempre circondata da uomini splendidi...» Osservò Chiasa, alzando gli occhi al soffitto con ammirazione.
    Si trovavano nella stanza della servitù che affacciava all'entrata principale della magione, in cui le domestiche sedevano solitamente per controllare, tra un lavoro e l'altro, che nessun ospite arrivasse presso la Villa senza venir accolto in modo appropriato.
    «E non si scompone mai!» Osservò stupita la domestica dagli occhi bruni, pulendosi con un pollice le briciole di biscotto dalla bocca. «E' incredibile come non ceda mai a quel tipo di fascino...»
    «E' proprio la nostra Ojou-sama!»
    Cinguettò un'altra e un coro di approvazione notevole, seguito da una serie di risatine adorabili, si allargò a ventaglio nel luogo.

    «Eh si, proprio incredibile questa Ojou-sama.»



    Una mano si posò sulle spalle di Chiasa e Miwa e le due ragazze, lasciando istantaneamente cadere a terra i loro biscottini e diventando pallide in un tempo tanto ristretto da dirle vittima di qualche sortilegio, si irrigidirono come marionette. Le mani, affusolate e ben curate, strinsero le spalle delle due cameriere mentre un viso lentamente si affacciava dall'oscurità del fondo della stanza, facendo capolino nel fascio di luce che filtrava dalla porta aperta sull'ingresso della magione: lunghi capelli castani lisci come seta, profondi occhi verdi, e una carnagione diafana illuminata da un sorriso agghiacciante.
    «Ah, quindi... Sasori...» E quegli occhi si spostarono su Miwa. «...e Atasuke, eh?» Guardando Chiasa.
    «O-o-o-o-ojou-sama... vi credevo con Ritsuko-san...» Sussurrò con voce strozzata la prima delle due domestiche, mentre Mayuko balzava in piedi, pallida.
    «Tu seduta, Raizen!» Ruggì la kunoichi, e la capo-domestiche si rimise istantaneamente a sedere. «Ritsuko ha già avuto quel che meritava, tu non te ne curare.» Sibilò subito dopo la ragazza, ma mentiva. La Kumori si trovava infatti fuori dalla stanza, in paziente attesa di essere sgridata (una fedeltà notevole non c'era da che dire), giacché la Principessa, che aveva congedato i due Shinobi senza permettere a Miwa di seguirli, si era in un secondo momento pentita della sua presa di posizione, e tornata indietro aveva deciso di concedere il permesso alla sua domestica di correre dietro ai due, seguendo il principio per cui non poteva imporsi in questo modo sulla vita privata delle sue cameriere.
    […] Questo, ovviamente, prima di sentire tutta quella discussione.
    «Shizuka Hime...» Tentò di intervenire Mayuko, accennando ad un sorriso. «...sono solo chiacchericci da femmine, voi capite... non siate gelosa...»
    «CHI E' GELOSA DI CHI?!»
    Ululò Shizuka, balzando in piedi e troneggiando sulle altre ragazze con occhi dardeggianti di collera. «IO NON SONO GELOSA DI NESSUNO!»
    «Ah, meno male...»
    Sospirò candidamente Chiasa, portandosi una mano al petto con sollievo.
    «Tu zitta, Atasuke te lo sogni ora e per sempre, e ora pentiti di averlo solo immaginato.» Ringhiò la donna.
    «Ooh...» Mormorò la sedicenne, abbassando lo sguardo sconsolata.
    «Beh, da quanto va avanti questa faccenda?» Continuò la Principessa, squadrando gelidamente tutte le presenti.
    «Quale faccenda?» Rispose la brunetta, pallida.
    «Le conferenze matrimoniali.»
    «Nessuno è sposato con nessuno Ojou...»
    «E mai lo sarete, scordatevi di alzare un dito su Atasuke e Raizen.»
    Si irritò Shizuka, furiosa. Era effettivamente un po' troppo agitata.
    «...E Sasori?» Riprovò Miwa, alzando gli occhi sulla padrona.
    «NEANCHE!» Sbottò l'altra, allibita. «E non dirlo più, gli Dei ti perdonino!»
    «Ma Shizuka Hime...»
    Riprese a dire Mayuko, sorridendo adesso in modo più aperto e malizioso, un'espressione che fu sufficiente ad indurre la Principessa a compiere un passo indietro. Mayuko era al servizio della sua famiglia da quando aveva quattordici anni, e benché adesso ne avesse venticinque non aveva mai smorzato quel suo carattere scaltro che tante volte l'aveva fatta mettere in discussione... niente di cui stupirsi, insomma, che fosse pappa e ciccia con Ritsuko. «Voi non siete interessata a nessuno dei tre, erro forse? Perché vi agitate tanto?»
    Un mormorio di approvazione serpeggiò tra le presenti, in particolare nella brunetta dalle labbra rosee, che si azzardò persino a mettersi le mani sui fianchi come a voler sottolineare quell'affermazione. Lo sguardo lampeggiante della sua Signora, però, la fece subito demordere da quella presa di posizione.
    «Questo non ha rilevanza.» Rispose a quel punto Shizuka, scostandosi con fare teatrale una ciocca di capelli dal collo. Sorrise, reclinando leggermente la testa all'indietro, ponendosi poi a braccia conserte. «Loro sono miei

    Silenzio.

    «Chi dei tre?» Chiese educatamente Haruko, una ragazza con gli occhiali che ancora non si era azzardata ad aprire la bocca.
    «Sasori, Atasuke o Raizen?» Incalzò Mayuko, sorridendo elettrizzata.
    Facendo un altro passo indietro la Principessa aggrottò la fronte: Ehi, non è così che avrebbero dovuto reagire...che problemi avevano quelle lì?
    «Ecco, ecco!!» Esclamò la brunetta, e così dicendo, arrossendo progressivamente fino a sembrare un ortaggio ben maturo, si mise a gesticolare agitata. «Io potrei essere seria nei confronti di Atasuke-sama! Non potete impedirci di provare a catturare il loro interesse per noi!»
    «A-A-Amaya-chan!»
    Gemette una delle altre, sconvolta da tanta intraprendenza.
    «No, guarda...» Disse Shizuka, ponendosi una mano sulla faccia e arrossendo pure lei. «...Atasuke è proprio l'ultimo che oggi potresti nominare in quel modo, davvero, fattene una ragione...» Evidentemente la notizia di ciò che lui aveva detto nella Sala dei Ricevimenti non era ancora arrivata fino a lì... e per fortuna, avrebbe detto. In effetti per qualche strana ragione aveva l'impressione che la situazione stesse degenerando e che quelle ragazze stessero cominciando a guardarla al pari delle altre donne del villaggio quando lei camminava tranquillamente accanto a uomini come Norio, Raizen o lo stesso Atasuke. E cioè come procioni assassini pronti a colpire. E no, purtroppo non era mai bello.
    «I-io voglio andare da Sasori-sama...» Scoppiò allora a piagnucolare Miwa, portandosi le mani al viso.
    «Ojou-sama!» Sbottò Mayuko, allibita, indicando Miwa ripetutamente.
    «C-cosa c'è?!» Gemette a quel punto la Principessa, impallidendo e girandosi a guardare la domestica diciassettenne agitandosi nervosamente sul posto: ma cosa diavolo...si aspettavano che dicesse? «Miwa ti prego, stai sragionando... Sasori potrà forse apparire un bel ragazzo, ma ti assicuro che è uno con dei problemi gravi, cioè, ehi, è un Uchiha, capisci... sta gente piange sangue e ha rotelle negli occhi, forse tu non capisci la gravità della situazione ma posso garantirti ch–...»
    A quelle parole, la domestica iniziò a piangere con più enfasi, scuotendo la testa e impedendo all'interlocutrice di terminare. Tutte le altre ragazze, allora, quasi avessero pattuito un momento preciso, si girarono a guardare la kunoichi e rimasero zitte come prive di voce.
    Facendosi rigida e sentendosi impallidire sempre di più, Shizuka rimase ferma come una statua, socchiudendo gli occhi con progressiva ansia: donne.
    Ecco il vero volto delle donne: femmine assassine, creature demoniache.
    ...Al contrario di quello che si poteva immaginare, Shizuka era cresciuta sempre e solo in presenza di uomini: suo padre, suo fratello maggiore, i membri delle carovane mercantili con cui aveva viaggiato per anni; il suo stesso primo team ninja era tutto al maschile, poi c'erano stati per l'appunto i suoi maestri, Raizen, Isamu, Norio... e anche tutti i suoi amici, in effetti, erano maschi.
    Del genere maschile apprezzava la schiettezza e la semplicità di interpretazione. Erano ovvi a livelli che lei –le cui uniche insegnanti donne che aveva avuto erano state scelte per insegnarle a diventare un'intrattenitrice e seduttrice perfetta e quindi particolarmente attenta alle esigenze dell'altro sesso– trovava ingenui e adorabili.
    Ma le donne...
    ...quelle si che si dovevano temere.

    «V-vogliate scusarmi...» Gemette improvvisamente la kunoichi, e senza nessun tipo di complimento saltò dalla finestra del retro da cui era entrata e che aveva sapientemente lasciato socchiusa, mentre dietro di lei scoppiavano grida di pura indignazione. Aggirando la struttura portante dell'ingresso della magione e sbucando da un cespuglio laterale all'entrata principale con due rami nei capelli e una foglia sul collo, la ragazza si ritrovò di fronte Ritsuko che, sorridendole divertita, fece semplicemente spallucce.
    «Avete finito?» Domandò educatamente e senza fretta: sapeva cosa l'attendeva quando sarebbe stata sola con la sua padrona e non aveva nessuna voglia di arrivarci il prima possibile.
    «L-le donne mi fanno paura...» Mormorò di rimando Shizuka, rabbrividendo e portandosi ambo le mani al petto. Qualcosa di rigido le solleticò le dita e lei, perplessa, tirò fuori dal bustino una carta ninja.
    “Per Shizuka, importante!” recava il biglietto all'apparenza bianco e la ragazza, suo malgrado, si rese conto di essersi proprio scordata di quella roba.
    Il discorso di Sasori l'aveva lasciata priva di risposta, conferendole quel sentore di amaro che deriva da una serie di mal interpretazioni abbastanza prolungate da esser divenute concrete, mentre la presa di posizione di Atasuke aveva offerto lei un altro buon motivo per non rispondere, anche se le ragioni, purtroppo, non le comprendeva.
    Aveva congedato i due senza titoli d'appello, ignorando per lo più quello che avevano detto, e persino quando quella carta le era scivolata di fronte ai piedi non aveva fatto niente di più che riporla nel bustino, dimenticandola quasi all'istante. Abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi: a quanto pareva era proprio senza speranza nel riuscire a stare attenta alle persone che le interessavano...
    «Pensate di leggerla?» Chiese improvvisamente Ritsuko, facendo trasalire la sua padrona e riportandola così alla realtà. «E' una carta che si attiva tramite l'immissione di chakra. Interessante come il moccioso creda di conoscere quale sia il vostro...piccolo ignorante.»
    «So perfettamente cos'è.»
    Rispose Shizuka, irritata per quella serie di insulti gratuiti. Poi, però, rimase un istante interdetta. «Tu piuttosto come diavolo fai a...» Fece per domandare, ma si interruppe quasi subito, scuotendo una mano di fronte al viso con rassegnazione stanca: non le avrebbe comunque risposto, e lei, del resto, non aveva assolutamente voglia di mettersi a litigare prima del tempo...
    Posando l'indice sulla carta, la kunoichi fece fluire il suo chakra nell'oggetto, e mentre un alone blu elettrico avvolgeva la punta del suo dito, una serie di parole si materializzò di fronte ai suoi occhi.

    “Shizuka, oggi sono capitate molte cose, forse troppe... Tuttavia, c'è una cosa su cui sono sicuro. Non mi pento di ciò che ho detto, ne di quello che penso o di ciò che ho fatto. Certo restare solo mi darà modo di pensare, tuttavia non ho bisogno di meditare su nulla in particolare.

    P.S. Non me ne frega un cazzo di quello che dice tua madre. Domattina vedi di fare rapporto, altrimenti Raizen potrebbe essere informato della tua missione fallita. Hai ancora un obbiettivo da portare a termine, quindi ti aspetto per aiutare Sasori INSIEME!”


    Silenzio.

    «Ojou-sama...?» Chiamò dopo un lungo momento Ritsuko, incapace di comprendere da cosa derivasse il silenzio perdurato della sua signora. Allungando il collo cercò di scorgere dentro la carta.
    «Atasuke è un idiota.» Sentenziò improvvisamente Shizuka, facendo trasalire la kumori che ritornò immediatamente al suo posto. «Guarda, credimi, di idiozie ne fa tante, ma come riesce a sbagliare in quest'ultimo periodo è proprio una cosa scandalosa... non si vergogna? Non prova irritazione per se stesso? Crede davvero di essere normale?» Ringhiò la ragazza, facendosi progressivamente sempre più rossa ma, al contempo, irritata. «E' un moccioso, hai ragione a definirlo tale...osa darmi ordini, per di più! “Vedi di fare rapporto”! Non esiste nessun rapporto, coglione, io e Raizen non rispondiamo mai di ciò che facciamo, non certo a quest'amministrazione fantoccio creata per interesse...» Portandosi una mano alla fronte, scosse la testa. «E' proprio un volgare guardiano, un contadino, un ragazzino, un bambino... anzi, un bambino con le rotelle, ecco!»
    Di fronte a lei, Ritsuko chiuse lentamente gli occhi. Le mani, congiunte in grembo, si strinsero fino a che le dita divennero irrimediabilmente bianche.
    «...Vi devo aspettare ancora, Ojou-sama?» Domandò con un fil di voce la Kumori, sorridendo con impegno.
    Esitando per un attimo, Shizuka rimase in silenzio.
    I suoi occhi guardarono la carta, rilessero ancora una volta il testo, poi ancora, e ancora... così tante volte che alla fine la kunoichi fu sicura di poterla ripetere a memoria.
    Ognuna di quelle parole giaceva sulle sue labbra immobili. Esitanti.

    “Hai ancora un obiettivo da portare a termine, quindi ti aspetto per aiutare Sasori... Insieme!”

    Chiuse gli occhi di nuovo, stringendo la carta in una mano finché questa non si accartocciò.
    Non si rendeva davvero conto di quello che diceva. Non aveva idea di chi si stava cercando di attrarre accanto sé... era davvero così stupido?
    Dopo tutto quello che era stato detto solo qualche ora prima, ancora...

    Silenzio.

    ...ancora provava a non farla rimanere sola?

    «Scusami.» Disse improvvisamente Shizuka, e lasciando cadere la carta si girò di scatto, buttandosi senza esitazione tra le frasche che seguivano la strada d'ingresso alla magione.
    Ferma al suo posto, con le mani tremanti e la bocca il cui sorriso scemava lentamente in un'espressione di rassegnato dolore, Ritsuko Aoki scosse lentamente la testa, accennando ad un altro sorriso, stavolta sincero.
    «Non c'è niente da scusare, mia amata signorina...seguite la vostra strada...»
    ...ma quelle parole, sussurrate al vento che si alzò veloce subito dopo, erano destinate a non essere mai udite. Shizuka difatti era ormai già lontana.
    Correva velocemente, scivolando tra gli alberi dei giardini della sua magione con una rapidità dettata dall'esperienza e la conoscenza del territorio, schivando rami e saltando cespugli bassi.
    Con gli occhi sgranati, più scuri e profondi del solito, la ragazza anticipava rapidamente ogni ostacolo con una prontezza di riflessi prodigiosa, mentre la sua mente elaborava con precisione una possibilità dietro l'altra: erano andati via da sette minuti... non potevano già essere arrivati al quartiere. Forse non avevano neanche fatto in tempo ad allontanarsi dalle mura di cinta del suo territorio.
    Saltando sui rami di un pino, che usò come scala naturale, la kunoichi si gettò sul tetto spiovente del muro della sua proprietà, che scavalcò poi senza esitazione, piombando in strada come un gatto randagio, ricominciando poi velocemente a correre.
    Era assolutamente impossibile che quei due si fossero allontanati tanto... ma a che passo camminavano, stupidi coglioni?
    Scivolando in una curva, la giovane si tenne in equilibrio passando una mano sulla strada polverosa, riprendendo a correre in un istante nella via di fronte a lei, che azzerò con una velocità tale che quando svoltò l'ennesimo angolo di quel dedalo di stradine tipico del quartiere residenziale del villaggio e si trovò all'inizio di una strada alla cui metà camminavano due uomini, fianco a fianco, discutendo; lei, annaspando per l'affanno, scosse la testa.
    "Guardali, guardali come sembrano tranquilli" –pensò la kunoichi, facendosi improvvisamente irritata.

    Fu a quel punto solo un attimo.

    Shizuka Kobayashi non aveva una grande forza fisica, ma era veloce, agile e soprattutto precisa; tutte doti che sfruttò nel correre lungo la strada a testa bassa, saltare e con i piedi uniti cercare di colpire la schiena di Atasuke, che avrebbe cercato di gettare a terra per saltargli poi sopra a cavalcioni. Se ci fosse riuscita, e si fosse guadagnata il posto di privilegio sul suo corpo, che avrebbe preventivamente girato verso di lei, così da sedere sulla sua pancia e non sulla schiena, la ragazza lo avrebbe fulminato con lo sguardo.
    «NON SGUAINARE LA SPADA SENZA NESSUN CAZZO DI MOTIVO!» Ruggì improvvisamente, afferrandolo per il colletto della divisa da lui indossata e sollevandolo abbastanza da terra per portarlo quanto più vicina poteva al suo viso. «TI SENTI NORMALE A COMPORTARTI IN QUESTO MODO INSENSATO?! SMETTILA DI AGIRE D'IMPULSO, SMETTILA DI FARE COSE TEATRALI, DI DIRE COSE IMBARAZZANTI, DI BLATERARE FOLLIE!» Urlò, furiosa. «E SMETTILA CON STA STORIA DEL CONOSCERMI O MENO, HAI ROTTO!» Esitò, come se cercasse qualche altra cosa da aggiungere. «AH!» L'aveva trovata. «E SMETTILA ANCHE CON QUESTE CARTINE MAGICHE NINJA, SONO ODIOSE E LE TROVO RIDICOLE, NON SERVONO A NULLA, MA INSOMMA!» A quel punto, girando di scatto la testa verso Sasori, inchiodò il ragazzo al suo posto con occhi lampeggianti di collera. «E TU NON PROVARCI CON LE MIE DOMESTICHE! MIWA TI HA VISTO UNA VOLTA E GIA' PIANGE PER TE! HAI IDEA DI QUANTO MI SIA INEMICATA TUTTE LE CAMERIERE PER AVERLE PROIBITO DI SEGUIRTI?!» Prese insensatamente a scuotere Atasuke anche se parlava con Sasori. «SMETTETELA ENTRAMBI DI USARE IL VOSTRO FASCINO UCHIHA SULLE MIE DOMESTICHE, CHE PROBLEMI AVETE DANNAZIONE?! VI PIACE ESSERE CORTEGGIATI O COSA?! SIETE DELLE OCHE!»

    [...] Delle oche.
    Che bell'offesa.

    A quel punto però parve tacere. La sua bocca, ancora schiusa e tremante, rimaneva aperta nel vuoto, quasi fosse pronta ad aggiungere qualcosa che però non si pronunciò.
    Le mani di lei, strette ancora attorno al bavero di Atasuke, tremavano.
    «E smettila anche di dire cose insensate sull'essere un sole coperto e altre cazzate del genere... ma insomma perché dovete essere così teatrali, voi due...?» Chiese la kunoichi, guardando Sasori con apparente disgusto dipinto in volto. «Quindi se tu sei un sole velato e quest'altro scemo una stella brillante... io che parte dovrei fare?» Domandò, tirando su con il naso mentre il rossore che le tingeva il volto diveniva tanto acceso da costringere i suoi occhi ad inumidirsi imbarazzati. «Penso che non ci sia altro ruolo che la Luna: il sole è splendido, anche se velato, perché viene comparato con l'oscurità della luna... e non esiste luna senza stelle, quindi direi che va bene.» Tacque un istante, riflettendo su quanto detto. Avvampando un attimo però la ragazza non parve apprezzare la sua uscita, e seguendo un istinto pressocché insensato cercò di sbattere la testa di Atasuke a terra. A quanto pareva era così che Shizuka reagiva all'imbarazzo: agitandosi e colpendo cose o persone a caso... «Guarda cosa mi fai dire, testaccia di legno, ti ammazzo, hai capito?!» Abbaiò, con grossi lacrimoni agli occhi la kunoichi, protestando tutta offesa.
    Non era gentile, e certo nemmeno sincera. Con ogni probabilità non era nemmeno la ragazza più tranquilla di quel villaggio, ma piuttosto la più problematica, eccentrica, esigente, presuntuosa e superba... in ogni caso, almeno quando agiva in quel modo (teste rotte per terra a parte) la si poteva forse definire “adorabile”.
    «Se hai un problema o ti senti confuso, devi solo dirlo, capito?» Disse Shizuka, scuotendo la testa e lanciando un'occhiataccia a Sasori. «Credi che Raizen abbia mandato me perché ero la prima stronza che passava o perché capisco come stai messo?» Avrebbe voluto sorridere, ma non ne fu capace. Si era lasciata trascinare da chissà quale tipo di sentimento tumultuoso quando si era gettata al loro inseguimento ma, in quel preciso istante, per quanto capisse di non pentirsi di aver scelto loro al rimanere presso la magione, seppe di non essere pronta di rivelare niente della sua condizione. Della sua degenerazione. Della sua perpetua condanna. «...Pensi che le Principesse nascano senza macchia?» Domandò allora, e stavolta, però, sorrise. «Forse, per qualche strana ragione, ci sono anche Principesse corrotte... che scelgono la strada della lotta per se stesse e ciò che amano, al sedere placidamente in una realtà di servigi aspettando che ciò che le contamina le strappi a quello che c'è di buono a questo mondo.» Chiuse gli occhi, facendo spallucce. «Se esistono questo tipo di Principesse oscure, perché non possono esistere Shinobi che trovano nuovi legami e seguono nuove strade?» E riaprendo gli occhi, fece una linguaccia. «Posso concederti...» Tentennò, guardando per un istante Atasuke. «...concederVI...» Ridacchiò. «...il privilegio e l'onore di affiancare la migliore infiltrata e supporter di tutta Konoha. Così vediamo di trovarla insieme questa strada, del resto siamo la perfetta scala che dal bianco, passando dal grigio, finisce al nero.» E così dicendo indicò rispettivamente Atasuke, Sasori e poi se stessa. «Non c'è modo che un Team del genere fallisca in niente, sinceramente.»

    E così dicendo, mollando di schianto il bavero del colletto di Atasuke, si mise a braccia conserte, sorridendo con alterigia: aveva la stessa espressione strafottente di Heiko.
    In effetti, le due, erano forse più simili di quanto si sarebbe detto.


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  13. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Una riunione "forzata"~


    Alla fine della fiera, sembrava che quella sorta di riunione avesse portato degli interessanti risvolti a quella giornata. Atasuke si era disegnato un bersaglio dietro la testa da parte dei Kobayashi e Sasori sembrava aver fatto colpo, o almeno ciò era ostentato dalle azioni di una delle domestiche che lo stavano gentilmente servendo.
    I due erano ormai fuori dalle mura della villa e procedevano tranquillamente per le assoate strade del villaggio. Era quasi assurdo come a quell'ora non ci fosse quasi nessuno in giro. Evidentemente molti erano già a lavorare o a rilassarsi da qualche parte mentre in giro restavano di tanto in tanto gruppetti di ragazzini o studentelli che avevano ben pensato di saltare la scuola.

    «Alla fine sembra che son riuscito a tirarti fuori da quella casa senza danni... Anzi, sei pure riuscito a guadagnarti una spasimante...»


    Disse sogghignando leggermente.

    «Pensi di invitarla a cena una volta o l'altra? Oppure vuoi darti ad un'avventura da una notte e via?»


    Rise ironico, chiedendosi che cosa effettivamente Sasori avrebbe voluto fare con quella ragazza. Certo era da ammettere che era carina, tuttavia, Atasuke era concentrato su tutt'altro bersaglio.
    I due avanzavano tranquilli ed Atasuke cercava di parlare del più e del meno, un po del tempo, un po delle ultime giornate, un po di tutto insomma. Tuttavia non c'era un vero e proprio discorso da seguire, era propriamente un semplice fare due chiacchiere lungo una passeggiata verso casa.
    Si fermò poi per un'istante, chiudendo per alcuni attimi gli occhi, concentrandosi sul sole che ne riscaldava il volto e sul vento leggero che ne scompigliava i capelli, quasi come a voler meditare su ciò che lo stava circondando inspirando energicamente, cambiando di netto il discorso e riportandolo al casino da cui erano appena sfuggiti.

    «Certo che comunque ce la siamo vista brutta oggi a Villa Kobayashi... Anche se credo che il peggio debba ancora arrivare...»

    °Anzi, sta arrivando...°


    Constatò mentre un sorriso si dipingeva sul suo volto mentre alle sue spalle, lanciata come un treno, Shizuka stava arrivando di gran carriera, probabilmente intenzionata a pestarlo a sangue.

    °Pensavo che ci avrebbe messo di meno a leggere il messaggio... Certo che devo averla fatta arrabbiare parecchio se si fionda con tanta rabbia da correre senza preoccuparsi di nulla...°


    Non fece nulla, non si mosse di un millimetro. Semplicemente si lasciò colpire in piena schiena facendosi atterrare con violenza. O almeno, questo è ciò che i due avrebbero visto in quella assurda scena, quando in realtà Atasuke si era semplicemente scansato lateralmente, ruotando appena facendo perno sul suo piede sinistro evitando, seppur di poco, il violento calcione della kunoichi.
    Egli, in disparte, si godeva la scena, ascoltando con attenzione gli urli rabbiosi di Shizuka che inveiva verso loro due.

    "SMETTETELA ENTRAMBI DI USARE IL VOSTRO FASCINO UCHIHA SULLE MIE DOMESTICHE, CHE PROBLEMI AVETE DANNAZIONE?! VI PIACE ESSERE CORTEGGIATI O COSA?! SIETE DELLE OCHE!"

    °Davvero? Quindi sembra che anche io mi sia guadagnato delle spasimanti a villa Kobayashi... Divertente!°

    "Penso che non ci sia altro ruolo che la Luna: il sole è splendido, anche se velato, perché viene comparato con l'oscurità della luna... e non esiste luna senza stelle, quindi direi che va bene "


    °Ci credi se ti dico che adoro guardare la luna nel cielo?°


    In quel momento, l'Atasuke afferrato da shizuka si sarebbe messo a sorridere, conseguenza diretta di quanto il reale stava provando in quel momento.

    "Guarda cosa mi fai dire, testaccia di legno, ti ammazzo, hai capito?!"

    °Lo sai anche tu che non è vero... Non potresti mai cercare realmente di uccidermi°


    Atasuke illusorio permaneva, quasi come se quello reale continuasse a volersi godere la scena in una posizione sicura, anche se in realtà era più il desiderio di vedere come quella scena andasse a finire, conscio del fatto che in effetti era meglio lasciare che la ragazza sfogasse la sua rabbia prima di interromperla.

    "Posso concederti... concederVI... il privilegio e l'onore di affiancare la migliore infiltrata e supporter di tutta Konoha. Così vediamo di trovarla insieme questa strada, del resto siamo la perfetta scala che dal bianco, passando dal grigio, finisce al nero."


    Anche l'illusione sorrise mentre Shizuka ridacchiava. Questa volta sapeva di averla fatta grossa, tuttavia sapeva anche che era riuscito a portare Shizuka dove voleva, anche se non poteva immaginare quella assurda parentesi legata alle sue domestiche infatuate pet loro due.
    A quel punto l'illusione sarebbe terminata, nel'istante esatto in cui Shizuka avesse mollato il suo colletto, Atasuke si sarebbe disgregato in un ammasso brulicante nero, corvino, che a poco a poco diventava un piccolo stormo di corvi gracchianti neri come la notte, i quali volarono per alcuni istanti attorno a Shizuka, come a disegnare una colonna attorno alla Kobayashi, quasi come a minacciarla, per poi ricomporsi laddove Atasuke si trovava realmente, osservando la scena a braccia conserte e con un sorriso divertito sul volto, lasciando la ragazza seduta in terra sul nulla.

    «Scusa per la teatralità... Prometto che non lo farò più...»

    °Perlomeno per oggi con te...°

    «...ma sono contento che tu abbia accettato il mio invito»


    °Anche se ho dovuto calcare un pelo la mano per portarti dove volevo...°


    Sorrise, quasi divertito osservando la ragazza.
    Si sarebbe quindi avvicinato, porgendole la mano in segno di amicizia, nella speranza che non fosse tanto strafottente da non voler accettare la cortesia per rialzarsi.

    «Tuttavia credo proprio che hai ragione. Nessuno può fermare un trio come il nostro»


    Sorrideva nella sua convinzione osservando i suoi due compagni, analizzando, per quel che ne sapeva, le rispettive caratteristiche, tirando bellamente le somme su quanto stava accadendo e su come quella formazione potesse in qualche modo avanzare.

    «Dimmi quindi, Shizuka... Cosa avevi in mente di fare per aiutare il nostro amico? Immagino tu avessi già un piano d'azione se non mi fossi intromesso nel tuo rapimento... Quindi direi che possiamo riprendere da li... rapimento a parte, ovviamente»


    Concluse concentrando il suo sguardo su Shizuka e cercando di avere con lei uno scambio diretto di sguardi. Certo non era intenzionato a sfruttare lo sharingan o simili. Semplicemente voleva guardarla negli occhi. Un po per bearsi di quel mare smeraldo, un po anche per cercare di leggere quella ragazza cercando di capire se e quando mentiva, ma principalmente per perdersi in quel mare smeraldo prima di tornare alla dura realtà ed al loro compito...
     
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  14. Sasori Uchiha
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    La spasimante



    Facendo un bilancio sulla giornata, direi che era andata di lusso, non solo erano riusciti ad uscire indenni, aveva anche fatto colpo su una domestica del clan Kobayashi. Una certa Miwa seguendo l'animata discussione che si scatenò poco prima di uscire. Gli faceva piacere per una volta riscuotere e suscitare un certo interesse dal lato femminile. Era sempre impegnato nelle missioni da non aver mai dedicato nè tempo nè risorse in quel genere di cose. Quindi se era capitato, tanto meglio.



    [...]



    due erano finalmente fuori dalle mura della magione e stavano procedendo tranquillamenteverso il vllaggio. Era un paesaggio alquanto spettrale in solito, per strada non c'era anima viva, anche se la giornata era nella sua fase centrale. Atasuke esordì durante la passeggiata:



    Alla fine sembra che son riuscito a tirarti fuori da quella casa senza danni... Anzi, sei pure riuscito a guadagnarti una spasimante...



    Sasori rispose con piacere anche un po' divertito:



    Sì in effetti andata bene....Molto carina Miwa ! Ho visto che anche tu e Raizen riscuotete un certo interesse...ma non credo ti interessi molto vero ? Con Shizuka che intenzioni hai ?



    Avrebbe ascoltato la risposta del ragazzo, dopo di che il suo compagno proseguì:



    Pensi di invitarla a cena una volta o l'altra? Oppure vuoi darti ad un'avventura da una notte e via?



    Sasori rispose senza esitare:



    Penso di frequentarla, a me personalmente non importa se sia una domestica o meno.....Ad ogni modo vediamo come va...non si sa mai....Te invece ? Pensi di invitare Shizuka a cena una sere di queste



    I due proseguirono in una chiacchierata prettamente da bar. Sasori rispose leggermente divertito alla discussione:



    Certo che comunque ce la siamo vista brutta oggi a Villa Kobayashi... Anche se credo che il peggio debba ancora arrivare...



    Direi che per il momento mi basta camminare ancora con le mie gambe, non credi?



    Non fece in tempo a pensare niente, che la principessa della magione appena lasciata raggiunse i due, colpendo Atasuke. Sasori rimase abbastanza perplesso sulle motivazioni che avessero spinto Shizuka a raggiungerli, ma non potè ragionare in quanto iniziò ad urlare come una pazza:



    SMETTETELA ENTRAMBI DI USARE IL VOSTRO FASCINO UCHIHA SULLE MIE DOMESTICHE, CHE PROBLEMI AVETE DANNAZIONE?! VI PIACE ESSERE CORTEGGIATI O COSA?! SIETE DELLE OCHE!



    Sasori con aria abbastanza seria ma serena, disse:



    Se ti fa stare più tranquilla, sappi che mi piacerebbe frequentarla la tua cameriera mi piacerebbe invitarla a cena da me una sera di queste. Anzi a questo punto perchè non venite anche te ed Atasuke, tanto la strada la conoscete, giusto?



    Fece un sorriso enorme e sincero. Dopo tutte le missioni e i grattacapi che aveva risolto, perchè non dedicarsi in maniera tranquilla ad una cena ? Gli sembrava una buona idea. Era una cena tra amici, non era niente di imbarazzante almeno in apparenza. Avrebbe aspettato una reazione da parte di quei due.




    [...]




    Alla fine della sfuriata, ci fu una frase che lo colpì in modo molto particolare:



    Penso che non ci sia altro ruolo che la Luna: il sole è splendido, anche se velato, perché viene comparato con l'oscurità della luna... e non esiste luna senza stelle, quindi direi che va bene



    Non fa una piega direi



    Guarda cosa mi fai dire, testaccia di legno, ti ammazzo, hai capito?!



    Sasori si mise a ridere,di gusto era una scena troppo comica, non ce la fece a trattenersi. Non notando di fatto che Atasuke aveva rilasciato l'illusione che in realtà l'attacco della ragazza infuriata non fosse andato a segno. Era troppo impegnato a ridere per accorgersene.
    Quindi sembrava che i tre si fossero trovati, che erano pienamente compatibili per fondere le loro abilità. Ad ogni sembravano che fossero ancora intenzionati ad aiutarlo, non che in realtà ne avesse davvero bisogno, forse era una scusa come un'altra per Atasuke per trascorrere del tempo extra con quella ragazza, ma questo non poteva saperlo. Per lui era sufficiente chiudere una faccenda prima che fosse andata troppo oltre.

     
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    Shizuka Kobayashi's quiet




    divisore




    “Oh, ti prego...
    ...falla finita, Shizuka.”


    Fumo.

    “TACI MALEDETTO UCHIHA! TI UCCIDERO'! MALEDETTO! MALEDETTO! MALEDETTO!”



    “Oh! E come pensavi di fare?”

    Fumo.
    Macerie.
    Sangue.

    “Guardati, Shizuka... guarda come sei miserabile. Sei così divorata dall'odio che ti infligge questa innata bastarda che gli Dei ti hanno dato per sbaglio, che non sei nemmeno capace di impugnare un kunai senza tremare. Urli sbavando, non dormi da giorni, sei tumefatta e sudicia... non sei un volgare Jinchuuriki, sai?”

    “SILENZIO! NON OSARE RIVOLGERMI LA PAROLA...”



    Una risata.

    Un suono raschiante, affannato, boccheggiante: un respiro.

    “...NESSUNO PUO'...”



    Qualcosa che si muoveva velocemente.
    Un impatto. Violento. Potente.

    Qualcosa che si rompeva.

    Il suolo che si crepava.
    Un urlo straziato.

    “Mi chiamo Norio Uchiha. Sono l'uomo che ti ha salvato la vita, posso rivolgerti la parola quante volte voglio. Posso fare questo e molto altro. Mi hanno mandato a valutare la tua condizione mentale... ma pare che il nostro amico Karasu abbia fatto più danni del previsto...”

    Sangue.
    Un kunai che cadeva a terra.
    Due mani tremanti che si alzavano a coprire un viso distorto in un caledoiscopio di espressioni in continua mutazione.
    Uno sharingan quasi maturo che, attraverso le dita aperte, si affilava e diventava affamato.

    “...lo sai cosa succede a voi creatori quando perdete il controllo, vero?”

    “Muori, figlio di puttana.”



    “Oh no, tu morirai. Nessuno tra gli Shinobi che ti hanno preceduto è mai sopravvissuto. Voi maledetti dall'odio siete l'apostrofo sbagliato nel buon nome del nostro Clan. Abbiamo smesso di essere tolleranti con voi dopo l'ultima grande guerra... non hai studiato storia alla scuola per ricche Principesse?”


    Due mani che arpionavano il terreno.
    Un corpo semi-nudo e livido che si rialzava.
    Un rigurgito di sangue e bile che si liberava a terra.
    Un braccio che oscillava pesante nel vuoto.

    “...Chi ti ha mandato? Il tuo Capoclan? L'accademia...?”



    Una risata.

    “Oh dai....è importante?
    Sono qui per insegnarti il controllo e la disciplina, quella che una vera Uchiha dovrebbe avere. E' evidente che chi mi ha preceduto ha avuto miseri risultati, sei più difficile da gestire di quel che immaginavamo... ma non ti preoccupare, da oggi ti addestrerò personalmente come mia unica allieva.”


    Una serpeggiante risatina. Sarcastica. Divertita.
    Due occhi rossi che si socchiudevano.
    Un'esplosione alternata tra un ghigno d'animale e un sorriso raffinato.

    “Ho un unico maestro, feccia, e non ubbidisco ad altri che a lui.”



    “Il tuo maestro non è un Uchiha ed è arrivato il momento che tu risponda a qualcuno che lo sia e che sappia cosa ti sta succedendo. Che sia in grado, come Isamu-dono non potrebbe fare mai, di strapparti gli occhi e ucciderti nell'eventualità in cui perdessi il controllo. Pensi che il tuo “maestro” sia capace di fare una cosa del genere?
    […] Tu avrai me e io avrò solo te, Shizuka. Ora e per sempre.
    Ti insegnerò il controllo di fronte alla sfida, alla derisione, alla rabbia. Apprenderai la raffinata arte dei veleni, dei sigilli e della medicina. Forgerò il tuo essere finché questo non diventerà una qualità indispensabile per Konoha. Fin quando la tua maledizione non sarà ridotta ad un'esplosione controllata.
    Forse è troppo tardi per salvarti dall'oscurità a cui hai voluto cedere per proteggere il villaggio... il tuo chakra è compromesso, ormai. Il suo colore, la sua vibrazione, persino la sua consistenza è cambiata. Sei intossicata ad un livello tale per cui se ora ti togliessi ciò che hai, moriresti.”


    Silenzio.

    “Sei avvelenata, Shizuka. Velenosa come un serpente. Ma sei forte come nessun altro e hai resistito. Tutt'ora lo fai. Posso aiutarti se me lo permetti.”

    “Io sono morta per Konoha... IO SONO MORTA PER KONOHA!
    NON HO BISOGNO CHE MI VENGA INSEGNATO A SACRIFICARMI PER LA MIA GENTE! SONO PRONTA A MORIRE PER QUESTO SUDICIO VILLAGGIO! ERO SOLA QUELLA VOLTA! MI AVETE ABBANDONATA! NESSUNO HA ASCOLTATO LE MIE RICHIESTE!
    SONO MORTA UNA VOLTA, POSSO FARLO ANCORA, E ANCORA...!”



    “E quanto tempo ti rimane prima che che il tuo odio ti porterà a voler distruggere questo “sudicio villaggio” che ti ha “abbandonata” …?”


    Silenzio.

    “Karasu aveva uno scopo, e lo ha portato a termine bene a quanto pare.
    Shizuka, mi senti? Sei capace di capire bene cosa sto dicendo...?
    Io sono ciò che Karasu avrebbe potuto essere se non avesse tradito il nostro maestro e non fosse diventato ciò che è ora...
    ...puoi scegliere di godere della malvagità che un giorno ti divorerà, e seguire lui. Oppure rimanere qui, e seguire me.
    Non c'è nessuno, a Konoha, che possa gestirti meglio di come possa fare io. So cosa ti sta succedendo, e so come insegnarti a mutare la tua maledizione in un dono. Tu possiedi una capacità che supera la moralità e la corruzione e affonda le sue radici nella perfetta neutralità: puoi rendere questo fatto una colpa, tradendo il tuo villaggio, o un vanto, supportandolo.
    Accettami e ti mostrerò che la vera potenza risiede nel silenzio, che l'ostentazione è sinonimo di debolezza. Ti insegnerò a vincere senza combattere, ad essere la più raffinata stratega... mi capisci?”


    Silenzio.

    “...Non imparerò mai niente di ciò che dici, sudicio maiale. Guardami. Guardati. Siamo distanti come il giorno e la notte.”



    “Ma il giorno non può fare a meno della notte. La luce non sarebbe tale se non esistesse l'oscurità.
    Il tuo Chakra ora è instabile, il tuo corpo non è addestrato per accettare la potenza che cresce in te e che deriva dalla tua Genkai Kekkai. Il tuo Sharingan ti sta mangiando dall'interno e tu non sei capace di fermarlo...
    ...ma imparerai a riportare il tuo Chakra sotto il tuo comando, a renderlo affilato come un bisturi. Formerai la tua mente, e io ti insegnerò come. La tua forma di Sharingan, in passato, avrebbe potuto costruire il mondo se solo non avesse deciso di distruggerlo... ti trasmetterò il mio sapere, e sarai l'unica che potrai gestirlo, perché tu sei la sola in tutta Konoha ad aver visto l'abisso e aver deciso di rimanerci per il bene di qualcun altro.

    Shizuka...”



    «Scusa per la teatralità... Prometto che non lo farò più...»




    “...Ascoltami bene...”


    «...ma sono contento che tu abbia accettato il mio invito»




    “...Se uno Shinobi perde il controllo, si arrabbia. Se tu perdi il controllo, uccidi. La tua indole ti porterà, per sempre, a nuocere al prossimo. Vivrai camminando sul filo di rasoio, ma farlo guardando dalla parte giusta, ignorando che dall'altra ci sono fiamme pronte a divorarti, potrà essere più facile...”


    «Tuttavia credo proprio che hai ragione. Nessuno può fermare un trio come il nostro»




    “Non arrabbiarti. Mai.
    Tu sei acqua che scorre. Luce nel buio. Fiamma nel deserto.”



    Immobile al suolo Shizuka Kobayashi sentì un'ondata di irritazione travolgerla. I corvi che si erano liberati nel vento erano già scomparsi, ma lei, ancora immobile al suolo, con ambo le mani a toccare terra, non riusciva a smettere di guardare il punto in cui prima vi era Atasuke. Il punto in cui lei era caduta in Genjutsu. Lei, che era maestra d'illusione.
    [...] Perché? Quale senso poteva avere una cosa del genere?
    Per un attimo esitò.
    ...La stava prendendo in giro? Precisamente, quando era diventato così sicuro di essere migliore di lei? Da quando era diventato così strafottente e scioccamente sicuro di sé da credere di poter mostrare a caso le sue abilità per puro godimento personale?
    “Guardatemi, guardate quanto sono forte! Sono Atasuke Uchiha!”
    Già, ma poi la gente come lui era la prima a morire.
    Perché l'aveva fatta arrivare fino a lì se poi voleva prenderla in giro, umiliarla davanti a Sasori? Sapeva bene che aveva abbassato la guardia, per lui, per loro. Sapeva che per un solo attimo si era fidata. Si era abbassata a rincorrerli come una bambina, e il risultato era questo?
    “Un team come il nostro”...?
    Chiuse gli occhi, facendo schioccare la lingua.
    Improvvisamente un'ondata di rabbia la travolse, ruggendo da una parte profonda del suo essere come una bestia sollevata dal poter finalmente farsi sentire.

    «Un altro di questi giochi quando denoto di fidarmi di voi, e...»

    Si girò.
    Gli occhi si erano socchiusi in una smorfia di ferocia che poco aveva da spartire con l'idea di comprensione umana. Se era stato uno scherzo, quello che le era insensatamente stato teso, non era stato gradito.

    «...e giuro che...»

    Alzò una mano, pronta a stringere quella che le veniva offerta.
    Atasuke avrebbe avuto solo un secondo per rendersi conto che i polpastrelli di ciò che veniva proteso verso di lui brillavano di blu elettrico: chakra.


    “Quando sentirai che stai per fare del male, che stai per usare le tue conoscenze per nuocere anziché proteggere, fermati. Imponi a ciò che sei di tacere e riprendi il controllo.
    La vera forza è la calma. E' la fermezza. Chi ostenta, anche per gioco, è un perdente. Tu sei oltre questo livello.
    L'equilibrio perfetto. Il vuoto che contiene la risposta. Sempre.”



    Un medico era capace di tagliare i tendini. Di far saltare un braccio. Di distruggere le ossa. Chi davvero esperto, con un semplice tocco, avrebbe potuto far esplodere l'equilibrio chakrico interno di un qualsiasi ninja.
    Supporter e alleati, gli Shinobi medico erano stati per molto tempo considerati niente più che aiutanti... perché nessuno aveva mai visto la potenzialità d'attacco che sotto quelle conoscenze giaceva. E così sarebbe stato per molto altro tempo, perché improvvisamente colei che avrebbe potuto infrangere quel tabù si fermò.
    Immobilizzando la sua mano nel vuoto, Shizuka Kobayashi si scosse, come punta da un ago arroventato. Esitò, mentre il suo volto da bambola raffinata si stirava in una calma perfetta, cancellando sotto quella piega la rabbia che per un attimo sembrava essere sul punto di divorare i suoi lineamenti. Po, scosse la mano con forza, ritirandola a sé.
    Un istante dopo era fredda come una lama. Quieta come acqua di lago.
    «...e giuro che mi arrabbierò un sacco, davvero!» Esclamò. La sua voce, a differenza del ringhio gutturale di poco prima, era adesso l'espressione più genuina della calma. Alzandosi lentamente da terra, da sola, la kunoichi sorrise. «Hai un carattere pessimo Atasuke, ignoro il motivo per cui la gente ti consideri così bene qui a Konoha. La giornata di oggi mi ha dato la riprova che sei molto lontano dall'essere una persona ragionevole e matura, figurarti ad essere un mio compagno di Team, al più potrei collaborare con te quando sarà necessario che accada...» Scostandosi una ciocca di capelli dal collo la ragazza sorrise, quasi si figurasse perfettamente quale fosse questo tipo di occasione. A quel punto, voltandosi verso Sasori, alzò gli occhi al cielo. «E tu...» Sospirò, portandosi una mano al viso. «...ignoro la ragione per cui il fato mi ha messo sulla strada uno come te, uno cioè che viene a dare la caccia alle mie domestiche in casa mia! Ti rendi conto, spero bene, che invitare Miwa a cena ha un significato ben preciso?» E poi facendosi allibita aggiunse: «E perché diavolo dovrei venire a cena con questo qui, a casa tua? Che problemi hai?» Disse, ignorando in modo smaccato ogni ragionevole delicatezza per le parole che Atasuke aveva detto prima.
    Alzò gli occhi al cielo, esasperata. Quei due non avevano senso, facevano più cose insensate di quante ne facesse suo padre nell'arco di tutta una giornata (il che la diceva lunga sul loro grado di equilibrio mentale). Mettendosi a braccia conserte, la ragazza sospirò ancora una volta. Aveva perso il conto di quante volte lo aveva fatto da che aveva incontrato i due Uchiha quella mattina.
    «Testare un Creatore quando subisce un trauma significa metterlo alla prova mentalmente e fisicamente.» Rispose infine, ritornando a guardare Atasuke. I suoi occhi sorridevano a dispetto della serietà del discorso, e si sarebbe presto capito il perché. «In sostanza si pone lo Shinobi sotto una pressione tale da portare la sua mente al collasso: se questa reagirà senza che lo Sharingan prenda il sopravvento, si è salvi... in caso contrario le possibilità sono ancora una volta due. Si viene uccisi, e gli occhi cavati. Oppure, nei casi meno gravi, l'innata è sigillata e lo Shinobi reso civile. Tutto qua, almeno questo è ciò che Raizen mi ha detto.» Disse, come se stesse parlando della cosa più semplice e normale di quel mondo. «La mia missione non era “aggiustarlo” qualora fosse stato “rotto”, ma assicurarmi che fosse in grado di capire cosa rischiava e provvedere da solo. Io non sono una Uchiha, che vuoi che ne sappia di come cavolo si aggiusta la vostra Genkai Kekkei?» Sembrava stupefatta mentre guardava il moro cui si rivolgeva, e a stento trattenne una risata. «Raizen mi ha mandato a controllare, le ragioni a cui io e lui ubbidiamo non sono cose che siete tenuti a sapere, anche perché dubito che le capireste mai; ma state tranquilli, sin dal principio non vi avrei permesso di lasciare la mia dimora se avessi sospettato che Sasori avrebbe potuto perdere il controllo in un tempo abbastanza breve da essere una minaccia...» Fece spallucce. «...la mia missione è prioritaria, ed è sempre più avanti di voi, della mia famiglia e di chiunque altro. Non importa cosa accade, posso dimostrarmi interessata ad altro, ma non dimentico mai il mio obiettivo. Agisco senza che nessuno capisca e mi muovo senza dare nell'occhio, questo è ciò che distingue un buon ninja da un idiota.» Ghignò platealmente e poi ritornò a guardare Sasori. «Non sei messo male come avevamo immaginato, non sei “corrotto” e non rischi perciò assolutamente niente, sei solo stupido e poco pratico. Non saresti capace di creare un Genjutsu invalidante neanche se fossi lucido e non fossi mai stato catturato. Verrai preso in ostaggio ancora se non ti ritiri presto, perché raramente ho visto un Chunin essere così poco esperto come te a gestire la propria innata. Prenditi Miwa, sposati, fai tre figli e non toccare più un kunai in vita tua, dammi retta.» Sorrise, dando una pacca sulla schiena al ragazzo, ma il modo in cui parlava non dava a intendere se fosse seria o solo sarcastica. In quel momento più che mai sembrava parlare come Norio. «... ma sappi che se fai soffrire quella ragazza sarò io a strapparti gli occhi, e credimi, non sai che conseguenze orribili ci potrebbero essere in quel caso.» Sussurrò allegramente all'orecchio del Chunin del ventaglio, poi, facendo spallucce, sorrise ancora. «Andiamo a mangiare un ramen e poi tutti a casa propria?» Aveva cambiato di nuovo personalità, e adesso era allegra e gioviale come se niente, prima di quel momento, fosse mai accaduto.


    divisore




     
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