Isamashii koi no densetsu

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    Y Danone
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    QUIET LAKE

    Never be in a hurry; do everything quietly and in a calm spirit. Do not lose your inner peace for anything whatsoever, even if your whole world seems upset.




    Shizuka Kobayashi non era mai stata una persona incline ad ubbidire senza comprendere.

    A dispetto di quello che ci si sarebbe potuti aspettare da una Principessa di così nobile lignaggio, il suo carattere era ben lontano dall'immagine comune di ciò che un'aristocratica doveva essere e questo, semplicemente, perché era una Kobayashi. Una mercante, prima che una nobile. Una futura capoclan, prima che una sposa.
    Educata a ragionare con la propria mente, a valutare la circostanza e a ubbidire solo alle proprie stime senza cadere nelle trappole di labirinti di piaceri e fiducie basate sull'interesse, l'Erede dell'Airone aveva sviluppato, dapprima come mercante e poi come Shinobi, il carattere di chi ubbidisce sempre e solo a se stessa. Poco incline a sottostare ad una gerarchia che neanche il suo grande maestro, Raizen Ikigami, era mai riuscito ad insegnarle a stimare ma solo ad accettare come dovere, si muoveva nell'interesse di chi sapeva dovesse proteggere e supportare –Konohagakure, i suoi cittadini e se stessa– ottenendo sempre il massimo profitto. Del resto, non si curava poi troppo...
    … ma crescere significava comprendere con ancora maggiore obiettività la situazione in cui ci si trovava, e in merito a quella agire. E visto quanto ebbe di che chiaccherare Atasuke, di tempo per riflettere ne ebbe in abbondanza.
    «Si beh...» Iniziò a dire la ragazza, quando l'Uchiha ebbe finito di sproloquiare. «...tutto quello che ha detto lui, tolta qualche squisitezza lessicale di cento anni fa e magari con meno fiocchi, fiori di ciliegio e tutto il resto...» A stento trattenne una risata: si era mangiato un dizionario prima di fare quel discorso? Gli Dei lo perdonassero, se ci fosse stato lì Raizen avrebbe iniziato a urlare dalle risate fino a far crollare il castello... e lei, che era la sua unica degna allieva, dovette imporsi un certo contegno per non fare altrettanto.

    Sospirando sonoramente e scuotendo poi impercettibilmente la testa, la ragazza chiuse gli occhi.
    C'erano solo due persone al mondo in grado di farla innervosire tanto come era riuscita a fare quella figura mascherata in appena qualche battuta: Norio Uchiha, la sua guida nel mondo della medicina, e Raizen Ikigami, il suo solo maestro.
    A quanto pareva, però, il detto per cui si affermava che il mondo era vasto corrispondeva a realtà: adesso ne aveva trovata persino un'altra.
    «Qual è la “realtà” che nasce da una semplice domanda?» Disse infine, tenendo lo sguardo basso. A differenza del suo compagno, difatti, non si era spostata dalla posizione marziale nella quale si trovava... e benché quella scelta avrebbe potuto suggerire un certo sentimento, la ragione era ben diversa. «“Falliti”?» Continuò, scuotendo la testa. «Sono considerata fallita perché pongo delle domande?» Parve soppesare quel quesito, quasi cercasse da sola la risposta. Dimostrava infatti di aver già capito che tipo di persona era quella che si trovava di fronte, e in altrettanta maniera pareva sapesse già come le avrebbe risposto. «Un popolo vivo è un popolo che si fa domande, che chiede i “perché” dietro ciò che non comprende... e un buon Kage è chi apprezza questa dote, chi la incoraggia e non ne risulta spaventato.» Sorrise tra sé e sé. «Sono una fallita, dunque, perché chiedo il motivo per il quale dovrei dare il mio appoggio ad una persona di cui non conosco l'aspetto né l'operato?» Ma poi parve esitare, farsi dubbiosa. «No, non è neanche una questione di aspetto.» Ammise infine, dopo qualche istante. «Non mi interessa conoscere il tuo volto. Sono la prima a mutare interamente il mio quando mi allontano da Konoha per le missioni che sono chiamata a svolgere da sola...» Aveva tolto il titolo onorifico. Non c'era nessun “voi” per l'ombra, ed evidentemente la squisitezza precedente era rivolta ad un'altra persona. Quella verso cui sembrava essere indirizzato il suo rispetto. «...ma voglio conoscere il tuo operato. Sapere chi sei non include sapere i tuoi lineamenti, ma valutare ciò che siede ad un livello più profondo dell'aspetto. Questo si può cambiare come dici tu, certo, ma mutare la propria indole è una questione un po' più complicata.» Sghignazzò: se fosse così semplice, del resto, lei non avrebbe tutti quei problemi. «Un uomo può essere corrotto sempre, che abbia un volto o che ne sia privo. L'animo umano è debole di fronte al compromesso... esistono però uomini che accettano il peso di questa scommessa e provano a prendere le scelte da loro considerate migliori a volto scoperto. Persone che non temono così tanto la propria debolezza dal nasconderla dietro un'identità che “può essere celata in mille modi e menzogne”.» A quanto pareva, la ragazza dei Kobayashi aveva anche già imparato a memoria il discorso dell'individuo. Pessima abitudine la sua, aveva sempre la testa piena di informazioni probabilmente inutili...
    Quasi senza accorgersene, a quel punto la kunoichi alzò la mano aderente al fianco sinistro per grattarsi la testa, un vizio che aveva assorbito da suo nonno materno e che accompagnava le sue riflessioni su materie di una certa rilevanza.

    A dispetto di quello che aveva creduto inizialmente, quando era pronta a scoppiare di rabbia e urlare come la furia che sentiva nascere dentro di sé per quel discorso che aveva trovato insensato e oltremodo offensivo per la posizione e il luogo in cui tutti si trovavano, il suo tentativo di tranquillizzarsi sembrava star affidando lei quel genere di calma che nasce dalla consapevolezza. Quel tipo di quiete che la rendeva come lo specchio di un lago: riflettente e inscrutabile.
    «Ci sono ninja, a Konoha, altrettanto meritevoli della fiducia e della fedeltà di cui stiamo parlando in questa sala.» Riprese a parlare la ragazza, inspirando a fondo. «Persone lontane dalla corruzione che dici aver minato il concilio shinobi, ormai neanche più meritevole di essere coinvolto in merito a decisioni tanto importanti quali la nomina di un nuovo Hokage.» Chiuse gli occhi, premendo il pugno chiuso a terra.
    C'erano, c'erano davvero ninja di quel genere... Konoha non era così sudicia: Raizen, Norio, Isamu, Maruo, la piccola Chichinatsu...
    «Konoha è sporca. Ma non così sporca da non meritare più rispetto.» Lei, invece, lei si che era sporca. Allora perché era lì? «Chiedo la ragione per cui sono qui non per “modestia”. La mia modestia nasce dal conoscere i miei limiti e sapere che anche se in questa stanza si sta svolgendo qualcosa di sbagliato, io da sola avrò ben poche possibilità di agire. Non nasce, dunque, dal rispetto per te.» Sorrise, divertita. «La mia lealtà a Konoha si basa sul rispetto che nasce dall'ordine e dalla purezza. Se ancora non ho tentato di annientare tutto ciò su cui le mie mani sarebbero state in grado di alzarsi, compresa l'amministrazione fantoccio che governa la mia gente e che mi ha minato in prima persona, è solo perché vedo che tra questa c'è ancora qualcuno in cui la Volontà del Fuoco arde con sincerità. E mi è stato insegnato da una persona, a suon di ceffoni nei denti, che la Volontà del Fuoco è qualcosa che va sempre tutelata anche se a bruciare è solo una fiamma su centinaia.» Rabbrividì, rammentando con istantanea precisione il momento in cui era stata gettata giù dal volto dei Kage per “punizione”.
    […] Punizione un cazzo. Quella volta aveva visto la morte in faccia, fossero maledetti gli Dei del creato, se non aveva vomitato tutto quello che aveva mangiato dal giorno della sua nascita era stato solo per un certo desiderio di mantenere le buone creanze.
    «Non voglio fare la buonista della circostanza. Sono ben lungi dall'essere la più posata e vogliosa di scendere a patti con qualcuno, in questa stanza.» Riprese a dire la Principessa del Villaggio della Foglia qualche attimo dopo. «Non esiste un concilio Shinobi e dunque, per tutta risposta, viene nominato un nuovo Hokage senza neppure far chiarezza sulla fine che ha fatto il precedente? Si preferisce questo a mettere ordine nell'organo politico più influente non solo a livello politico ma anche civile?» La domanda era aperta, un interrogativo comune. «Oppure è per questo che siamo stati chiamati qui? Per diventare consiglieri?» L'idea sembrava divertirla. Non voleva ruoli, a Konoha. Era la prima a sapere quanti problemi una persona come lei avrebbe potuto portare ai suoi concittadini sedendo su una qualsiasi poltrona che differisse dalla quella rosa imbottita di camera sua. «Apprezzo l'ordine e la puntualità delle cose. Abbiamo tutti imparato a nostre spese che il rispetto della burocrazia e quello reciproco è ciò che mantiene in piedi un Villaggio. Non mi interessa se a tenerlo retto è una persona a volto coperto o cento altre nude in piazza. So che c'è una procedura, e se questa non funziona è nostro impegno migliorarla. Rimettere in ordine il Villaggio della Foglia partendo dalle fondamenta, ridare agli abitanti la sicurezza di poter rientrare nelle loro case senza la paura che queste vengano distrutte, sapere che c'è qualcuno che si impegna per loro. Questo è ciò su cui dovrebbe lavorare il nuovo Hokage. Questo è almeno altre cento cose simili.» Disse, e a quel punto, per la prima volta dall'inizio del monologo, la ragazza si alzò.
    Riportandosi in eretta postura, e solo dopo un istante di esitazione, Shizuka Kobayashi alzò il suo volto in quello dell'ombra scura e del Signore del Fuoco, sorridendo.
    «Se posso fidarmi di una persona...» Sottolineò quella parola. Non stava ancora parlando con il suo Hokage, ma con qualcuno di cui non capiva il ruolo. Sottigliezze, quelle, tipiche di una persona come lei. «...di cui non so niente, né le intenzioni né l'animo, solo perché ad ordinarmelo è il Daimyo?» E a quel punto, reclinando leggermente la testa all'indietro, la donna sorrise sardonica. Gli occhi verdi, brillanti e divertiti, parlavano chiaro circa la risposta che stava per enunciare con la semplicità con cui avrebbe potuto fare cose di ben altra rilevanza. «No.» Annunciò infatti, puntuale, facendo spallucce. «Sono solita valutare ogni circostanza da sola, con la mia mente e le mie ragioni. Sono affezionata alle mie ombre e le inseguirò fintanto che non mi daranno le risposte che cerco perché, da sempre, ciò che induce l'uomo a migliorare e certamente me a “crescere” è cercare di affrontare i dubbi.» E sorridendo alla volta dello Shinobi mascherato, aggiunse allegramente: «Io almeno non le temo tanto da nascondermi a loro.»

    Konoha aveva vissuto nell'oscurità.
    Un Hokage assente e un'amministrazione che aveva fatto di capri espiatori comuni il proprio metodo per distogliere l'attenzione generale da una cernita di scelte errate.
    Da tempo aveva perduto la fiducia nella giustizia accademica. Da molto di più in quella di villaggio.
    C'erano mille ragioni per cui avrebbe dovuto odiare i vertici della Foglia, ma aveva ancora fiducia delle persone che sottostavano ad essi...
    ...ed era da quelle persone che sarebbe andata.
    Da sola poteva non essere in grado di fermare qualcosa che era più grande di lei, ma la forza del suo Villaggio era sempre stata l'unione. Konoha era il popolo che lo formava, non era il singolo. Non era una maschera. E nemmeno un Daimyo.
    Anarchia? Si, se quello che intendeva lei per “rispetto” e “fedeltà” era considerata anarchia, beh... non era mai stata una tipa conforme alla gerarchia ninja, dopotutto.

    «Non darò il mio appoggio a nessuno che mi risulta impossibile valutare, né come Shinobi né come unica Erede e Principessa dei Kobayashi.» Concluse con educazione, inchinandosi poi, inaspettatamente. «E se queste sono le faccende che Kazutoshi Murasaki ha il piacere di intrattenere al di fuori della giustizia rispettosa del Fuoco, come futura Capoclan della mia dinastia proclamo decaduta l'alleanza tra l'Airone e la Magnolia.» Rimase a quel punto ferma, chinata verso il basso... e non tanto perché sentisse che la circostanza lo richiedesse, quanto piuttosto perché pronunciare quelle parole le stava facendo prudere il naso e inumidire gli occhi, e aveva idea che se si fosse alzata in quel momento sarebbe scoppiata a piangere, come al solito del resto. Essere donne faceva schifo, in certe situazioni.
    ...Ma Shizuka Kobayashi era esattamente questo, prima ancora di essere una kunoichi e una Principessa, era una donna come tante, e come tante conservava la sua integrità e il suo orgoglio individuale, forte di quel tipo di sentimento che non nasce per il grado civile o marziale che si detiene, ma per il semplice onore di potersi definire “cittadino” di un luogo chiamato "casa". Allo stesso modo provava sentimenti forti per una persona che amava come un parente, e che aveva dato lui la benedizione di un affetto sincero, guardandola crescere, ma soprattutto quella di persone che sentiva vicine come membri della sua famiglia: Akemi, Shigeru, Lady Aiko e il piccolo Shingo, Lady Ichiko e i due gemelli, e poi ancora... ancora...
    Tirò su con il naso, ridacchiando.
    Dubitare di chi si ama era la cosa peggiore tra le tutte. Ma era stata chiamata lì e il suo dovere doveva essere superiore a ciò che provava.
    Ora era compito di chi aveva di fronte cambiare la sua valutazione. Lei, del resto, non era niente di che come kunoichi... il suo unico vanto era una memoria prodigiosa, una scaltra intelligenza, e una certa qual propensione a raccogliere informazioni, niente di più.

     
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    S.U.








    Lo shinobi guardò entrambi, contrariato.

    Infimo livello?

    Chiese educatamente, impassibile alle frecciatine dei due così come l’acqua del torrente lo era al filo della spada più affilata del mondo.

    Temo che la sua ostentata teatralità le abbia oltremodo annebbiato la testa, Atasuke-san.
    Pensi meno a quali gesti fare e più a quali parole la sua lingua intreccia senza seguire i consigli di un già poco assennato cervello.
    Mi spiegherà magari privatamente la necessità di sottolineare il suo rifiuto con un tono così esagerato quando siamo in quattro in questa stanza e sufficientemente educati da non parlarci addosso.
    Prego entrambi di assumere la compostezza che questo luogo richiede, state imbruttendo le vostre stesse famiglie con questo atteggiamento.
    Non mi tirerei indietro in altre occasioni ad un confronto da veri contadinotti, ma qui, signori, non siamo dentro un fienile.


    Secco e coinciso, riprendeva i due con il tono di chi pur ammettendo repliche non era intenzionato a dargli un peso, non certo se fosse pari a quello di una piuma.

    Ho detto che siete falliti, ripetervi ulteriormente perché lo siete vorrebbe dire rigirare il coltello nella piaga e non è nel mio stile, Shizuka-san.
    Cerchi la risposta dentro se stessa, sembra esperta nel trovarle, dopotutto.


    Sospirò, corrucciato, per la prima volta i due avrebbero potuto leggere della preoccupazione nei più piccoli gesti dell’uomo, un indice gli batteva nervosamente sulla gamba mentre per qualche istante gli occhi si spostavano da un ginocchio all’altro, incerti persino delle gambe che sostenevano il suo corpo.

    Ma è chiaro che questa discussione abbia raggiunto un punto morto, per cui, dato che qualcuno deve fare il primo passo sarò io a farlo.
    Un punto del vostro discorso mi ha spinto a farlo, implicitamente mi rendo conto che un uomo senza storia non attrarrebbe alcuna fiducia perché questa si ancora sempre alla storia, alla vita passata di un uomo, e l’assenza di un passato e l’assenza dello scoglio. E seppure una storia venisse costruita sarebbe come poggiare una roccia sul ghiaccio.
    Tu, Shizuka-san, non mi conosci.
    Ma lo stesso non posso dire di te Atasuke, se non altro questa volta non hai dato fuoco a niente, è un piccolo passo avanti.


    La mano dell’uomo corse al viso e con un gesto strappò le bende che tuttavia pareva non fossero altro che un tessuto volatile e fumoso che in poco tempo si dissolse così come i lineamenti del suo volto lasciando spazio ad un unico foglietto, posto nel petto di Sarutobi Uchiha.

    Passare un' intera vita a mentire, porta a cancellarla, del tutto.
    E solo quando si ha l’occasione di emergere è possibile riprenderne le redini.
    Per ordine del Daimyo stesso ho dovuto creare un antagonista allo strapotere dell’Edera, agendo in una maniera che la legge e quindi Konoha stessa non poteva accettare.
    Ho dovuto macchiare il mio nome, per cercare di tenere la mafia lontano dal villaggio, ma da solo è un compito troppo arduo.
    Per questo siete qui.
    Shizuka-san, mi reputi sprovveduto, siete stati convocati qui, ma nessuno ti ha detto che siete gli unici a saperlo, il tuo maestro mi ha permesso di essere qui, come Atasuke sa.
    L’unico particolare che collega il tutto è Raizen stesso, era il segnale che aspettavo mi mandasse il Daimyo, e l’ha fatto assegnandoli una complessa missione, trovarmi e trascinarmi nella realtà da cui mi ero allontanato.

    Trasse un grande sospiro di sollievo, sembrava che un grosso peso si allontanasse dai suoi polmoni in quel momento.
    Se interpellato Kazutoshi avrebbe annuito gravemente, conscio che quella missione aveva rovinato la vita ad uno degli elementi infiammati dalla volontà del fuoco più di qualunque altro e poteva farlo anche con un secondo.

    Sono Sarutobi Uchiha, infiltrato da quasi vent’anni, e il villaggio mi crede morto.
    Ed oggi il mio lavoro e la vita che mi sono state levate mi vengono resi col più alto dei titoli per un'unica ragione: venti anni di vita non possono considerarsi una moneta, ma sono sicuramente necessari ad allevare se non il proprio figlio, il frutto di quel parto di cui vi parlavo poc’anzi.


    Parlò con una risoluzione ed una fermezza disarmanti, una voce sicura e differente dalla precedente che Atasuke stesso avrebbe potuto riconoscere come vera, dopotutto, non poteva certo riuscire a distinguere un falso, aveva parlato una manciata di secondi col suo vero padre. Una voce alleggerita da una maschera che egli stesso pareva non gradire seppur inconsciamente.

    Spesso ci si abitua ad indossare le maschere, ed abbandonarle non è mai semplice.
    Ora sapete chi sono.


    Con quelle parole passò la mano ai due bambini, una storia perfetta, Atasuke stesso poteva confermarla, e Kazutoshi stesso se interpellato avrebbe rincarato la dose. Potevano accettare quell'uomo?




    In caso non si sappia chi è Sarutobi: https://narutolegend.forumfree.it/?t=65144313


    Edited by F e n i x - 12/5/2015, 02:31
     
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  3. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Duello Padre Figlio?~


    Sembrava che in quella strana, se non addirittura assurda situazione si fosse quindi arrivati ad uno stallo. Il misterioso avversario, come Atasuke, si era ormai palesemente reso conto della situazione, ma a differenza di Atasuke, sembrava darlo maggiormente a vedere.
    Agli occhi dell'Uchiha, infatti, non sfuggì il nervoso quanto ritmico ticchettio dell'indice sulla gamba, ne i rapidi movimenti degli occhi, che continuamente cambiavano direzione, quasi a cercare una sorta di conforto, una qualche risposta che gli mancava.
    Atasuke non diede quasi peso alle risposte dello spettro. Per lui ogni altra parola pronunciata da quell'uomo senza volto, aveva pressochè l'importanza della polvere nel deserto, anche se, non si trattenne dal rinfacciarlo all'uomo con altrettanta “cortesia”.

    «Voi dite? Ve ne prego, lasciate per un'altro luogo questi assurdi sproloqui... Voi non avete un volto, ne un nome, ne una casata, ne altro. Per questo motivo non meritate da parte mia alcuna considerazione o rispetto, dacchè voi per primo mancate di rispetto a questo luogo non presentandovi... O debbo forse ricordarvi quanto sia scortese non presentarsi?»


    Lo spettro aveva provato a toccarlo sull'onore, forse per scuoterlo o forse per altri motivi. Quali che fossero, però, Atasuke non aveva intenzione di abboccare. Se era di bel garbo e galateo che voleva discutere, certo quella era la sala ed il luogo meno adatto, specialmente valutati i suoi due avversari.
    A quel punto non si mosse oltre e non aggiunse altro, accontentandosi di danto in tanto di portare lo sguardo verso Shizuka o verso il Daimyo, quasi ignorando lo spettro che tanto aveva da dire, ma nulla sembrava poter dare.

    “Ma è chiaro che questa discussione abbia raggiunto un punto morto, per cui, dato che qualcuno deve fare il primo passo sarò io a farlo.
    Un punto del vostro discorso mi ha spinto a farlo, implicitamente mi rendo conto che un uomo senza storia non attrarrebbe alcuna fiducia perché questa si ancora sempre alla storia, alla vita passata di un uomo, e l’assenza di un passato e l’assenza dello scoglio. E seppure una storia venisse costruita sarebbe come poggiare una roccia sul ghiaccio.
    Tu, Shizuka-san, non mi conosci.
    Ma lo stesso non posso dire di te Atasuke, se non altro questa volta non hai dato fuoco a niente, è un piccolo passo avanti.”


    °Di cosa stà parlando?°


    Si chiese, portando a questo punto lo sguardo sull'ombra che con un gesto parve strappare via le bende, le quali svanirono come polvere, come se fossero in effetti un'artificio, o il risultato di una qualche tecnica, piuttosto che reale tessuto. Cosa che fece insospettire non poco il giovane guardiano.
    Poco alla volta le bende svanivano e con esse i lineamenti tenuti fino a quel momento da quella figura, fino a mostrare quello che era il suo vero volto, o che perlomeno avrebbe dovuto essere.

    °Padre?°


    Si chiese, forse più con diffidenza e sdegno che con reale sorpresa. Certo forse a quel punto sarebbe giunta una qualche spiegazione, e con molta fortuna quella spiegazione sarebbe stata la realtà che da tempo bramava. Un padre onorevole e fedele oltre ogni limite alla foglia. Un padre che lo aveva abbandonato per il suo bene. Un padre che non era fuggito per poi divenire l'ombra di se stesso.
    Quella in effetti era la storia che Atasuke avrebbe voluto sentire fin dalla prima ed unica volta in cui lo aveva incontrato, prima di lasciarsi sopraffare dalla rabbia e dal disgusto.
    Quella che giunse, in effetti, fù proprio la storia che Atasuke voleva sentirsi raccontare, una storia di Onore e fedeltà. Una storia che, per quanto perfetta, per Atasuke era troppo perfetta per essere vera, troppo eroica per essere reale. Troppo finta per essere vera.

    °Certo probabilmente basterebbe chiedere al Daimyo una conferma, ma arrivati a questo punto, vera che sia questa storia, è certo che il Daimyo non si farebbe di certo scrupoli per sostenere questa favoletta... Analizzando con calma la situazione, le possibilità sono due... O quest'uomo è realmente Sarutobi... Oppure solo un'uomo sa del mio rapporto di parentela con lui...°


    Il suo sguardo si era fatto deciso e decisamente affilato, anche se un sorriso ammorbidiva i tratti del suo volto. Difficile definire se fosse un sorriso beffardo, piuttosto che un sorriso compiaciuto, ma forse era entrambi.

    “Spesso ci si abitua ad indossare le maschere, ed abbandonarle non è mai semplice.
    Ora sapete chi sono.”


    A quelle parole, Atasuke sbuffò, concedendosi una leggera risata divertita, forse anche di velato scherno verso "lo spettro".

    «E dunque... Uno spettro che si maschera da spettro vuole darmi lezioni di teatralità? Ironico... Specialmente quando questi “muore” da traditore, ricercato da ben due clan della foglia e dopo vent'anni risorge dal nulla eletto Hokage... Mi sfugge come possiate anche solo credere che i clan decidano di appoggiarvi... Io di certo non nego le mie parole... Ma da qui a sedare l'intero clan Uchiha e Yamanaka che senza dubbio insorgerebbero contro di voi... Ne passa parecchia di acqua...»



    Insinuò sibillino. In fondo non aveva fatto altro che sottolineare il vero. Chi del clan Uchiha avrebbe mai accettato quell'uomo come Hokage? Probabilmente nessuno, o forse ben pochi, ma di certo si sarebbe rivelata una situazione assai spiacevole per Konoha e forse addirittura uno scontro intestino. Ma quello sarebbe stato un problema successivo.

    «Ma... Credo sia necessaria qualche spiegazione prima... In fondo, come anche voi avete ammesso... Io vi conosco, o quantomeno conosco la vostra storia... Mentre lei, giustamente non vi conosce... ed ammetterete che il vostro “sunto” è stato fin troppo sintetico... Lasciate quindi che narri la vostra vita...»

    °Ed ora vedremo...°


    Si voltò verso Shizuka, a sottolieare che, in effetti, era principalmente a lei che era rivolta quella narrazione.

    «Ebbene... Oramai ventitrè anni orsono, quest'uomo e mia madre, contro il volere dei rispettivi clan ebbero un figlio: Me. Dopo solo un paio d'anni, fuggirono dai relativi clan, abbandonandomi in un piccolo villaggio per la mia sicurezza, dove venni allevato fino alla mia maggiore età... età alla quale ritornai a Konoha prendendo il nome che ora possiedo...»


    A quel punto Atasuke riportò il suo sguardo in quello della figura, passando a quella parte di storia che lo riguardava maggiormente.

    «Ebbene... Che cosa accadde in questi diciotto lunghi anni? Ebbene, neppure io lo so... So solo che mia madre è deceduta e che dopo quel momento, voi sembrate esservi dato alla macchia, al punto da divenire uno dei capi della mafia, più precisamente il capo del Loto..»


    In quello sgambio di sguardi, però, Atasuke aveva ordito non solo un piano per smascherare un'eventuale falso, bensì più piani, tutti e tre intrecciati tra loro.

    «Tuttavia... padre... diteci una cosa... Davvero è morta per mano vostra Sayaka Yamanaka? Davvero è morta per mano vostra mia madre?»


    Ed il primo colpo, palese e verbale era stato scagliato. Solo tre persone sapevano come erano andate le cose, una era presente nella stanza, una era deceduta e la terza forse era dinnanzi ad Atasuke.
    Come se non bastasse però, Atasuke aveva un'altro asso nella manica, un'asso che silenzioso agiva attraverso quel semplice scambio di sguardi, sfruttando le parole e le reazioni umane a suo vantaggio, specie quelle che neppure il migliore degli shinobi poteva controllare completamente, come il pensiero stesso. Quale uomo poteva non pensare alla moglie deceduta? Specie quando questa, tanto amata, al punto di abbandonare il proprio villaggio, i propri clan edl il proprio figlio pur di proteggerlo; muore tra le proprie braccia?
    [Slot Tecnica] [Abilità] [Abilità]

    °Già... Mia moglie... Davvero è quello il suo nome? Davvero è morta per mano mia? Eppure...°


    Due semplici domande Atasuke gli aveva posto nella testa, due semplici domande riferite a quel lontano giorno, a quel lontano trauma. Due semplici domande che Atasuke aveva posto imitando la voce stessa del padre, in modo da renderle decisamete più reali, decisamente più vere, decisamente più naturali.
    Nessuno era mai venuto a conoscenza di quella sua abilità. Abilità che Atasuke detestava usare, anche se si trovava spesso a doverla utilizzare. Abilità che sino a quel momento nessuno era stato in grado di contrastare, ad eccezione del folle pentecose, il quale, più che resistere impazzì al solo ricordare quegli avvenimenti.
    Qualunque fosse stata la risposta della mente dell'Uchiha, o presunto tale, Atasuke l'avrebbe letta.
    Se questi invece fosse riuscito ad eliminare la sua illusione, sarebbe probabilmente caduto per altre trappole che aveva disseminato.
    Se la tecnica non avesse sortito effetto, era palese che quel trauma non fosse nella mente che governava quel corpo, segno che quello non era l'uomo che diceva di essere.
    Tutto ciò che sarebbe accaduto dopo, dipendeva dalla reazione di quello spettro...


    OT--/OT
    Chakra Rimanente: 75,5/80
    Chakra Rimanente: 77/80

    Vitalità Rimanente: 18/18
    Energia Vitale: 30/30




    Movimento: 24m
    Salti: 8 m
    Status Fisico:
    png
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    Percezione: 6+6
    Furtività: 0+6

    Forza: 600
    Velocità: 600
    Resistenza: 600
    Riflessi: 675
    Agilità: 600
    Concentrazione: 600
    Precisione: 600
    Intuito: 600
    EquipaggiamentoProtezioni indossate:
    - Maschera "da Demone" [20; 3]
    - Mantello Nero [15; 3]
    - Cotta di Maglia Completa [40; 4]
    - Gambali in Ferro [30; 4]

    Mischia:
    - 1 Katana [40; 4]
    - 1 Wakizashi [20; 3]

    Varie:
    - 1 Respiratore [1; 1]
    - 1 Accendino [1; 1]
    - 3 Filo di Nylon [10m] [1; 2]
    - 3 Filo di Nylon Rinforzato [10m] [1; 3]

    Tonici:
    - 1 Tonico Recupero Medio [4b] [1; 1]

    Rotolo Armi a distanza:
    - 7 Kunai [8; 3]
    - 2 Cartabomba II Distruttiva [1,5m] [50; 1]
    - 2 Cartabomba II Deflagrante [4,5m] [25; 1]

    Rotolo Medico:
    - 1 Kit Primo Soccorso [10 usi] [1; 2]
    - 6 Antidoto Intermedio [2] [2] [2] [1; 1]
    - 2 Tonico di Ripristino Medio [4L] [1; 1]
    - 1 Tonico Recupero Medio [4b] [1; 1]


    Slot Azione Slot Azione 1:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]

    Slot Azione 2:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]

    Slot Azione 3:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]


    Slot DifesaSlot Difesa 1:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]

    Slot Difesa 2:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]

    Slot Difesa 3:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]


    Slot TecnicaSlot Tecnica Base:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]

    Slot Tecnica Avanzata:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]


    Slot FreeAzioni Gratuite:
    - Azione [Tipo; Slot]

    ConoscenzeConoscenze Utilizzate:

    Non c'è Emozione, c'è Pace
    Ricorda sempre... Dalla tua concentrazione deriva la tua realtà
    Villaggio: Konoha (Personale)
    Posizioni Magiche: Nessuna (1)
    L'illusione si attiva se presente il contatto visivo tra la vittima e l'utilizzatore. L'utilizzatore sarà in grado di interrogarla mentalmente, cercando di estorcerle le informazioni riguardo un trauma o episodio fortemente condizionante dalla propria psiche; sarà impossibile mentire. Per resistere all'aggressione è necessario spendere un consumo di chakra pari a Medio ad ognuna di esse. L'efficacia è pari a 30. Non è possibile utilizzarla durante uno scontro.
    Tipo: Genjutsu - Tameshi
    (Livello: 4 / Consumo: Medio)
    [Da Genin in su]

    Non c'è Contrasto, c'è Condivisione
    La Paura conduce all'ira, l'ira all'odio, l'odio... Conduce alla sofferenza... Io sento in te molta paura
    Arte: L'utilizzatore può incrementare la difficoltà di opposizione a "Non c'è emozione" spendendo fino a Medio in più. Il consumo extra incrementa parimenti la richiesta di chakra per resistere all'aggressione.
    [Da Chunin in su]

    Tecnica Economica [2]
    Talento: L'utilizzatore può eseguire la tecnica avanzata risparmiando il 25% del consumo d'attivazione; può essere utilizzata 1 volta ogni 2 round. Alternativamente è possibile risparmiare il 50% del consumo d'attivazione; può essere utilizzata 1 volta ogni 3 round. Non è possibile sfruttare altre abilità "Talento" in combinazione.



    NoteVarie ed eventuali
    Cooldown Tecnica Economica: 3 Round

     
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    ACKNOWLEDGMENT

    The acknowledgment of our weakness is the first step in repairing our loss.




    Ogni creatura possedeva una personalità, per quanto poco marcata questa potesse essere. Bestia fedele al proprio essere, brillante nel suo risultar capace di rinnovarsi, ma letargica nel preferire la coerenza dell'abitudine, l'uomo non faceva eccezione in questo. E comprendere quella personalità, valutandola e cercando di ottenerne il massimo profitto, era ciò che faceva un mercante per vivere. Ciò che faceva un'infiltrata per sopravvivere.
    Non vi era niente di biasimevole in un comportamento simile e del resto nessuna etichettatura era duratura, l'essere umano era una creatura in eterna evoluzione, un problema che era necessario tenere a mente nel momento della valutazione, eppure, comprendendo il terreno di origine della personalità altrui, si poteva pretendere di avere il vantaggio di capire la direzione degli eventi... e lei, maestra di parole e fuochi, non sbagliava mai in questo.
    Chiudendo gli occhi nel sorridere brevemente, Shizuka Kobayashi annuì tra sé: non aveva errato nel capire il genere di risposta che le sarebbe stata offerta in cambio del suo lungo dialogo. Era evidente. Anche troppo, purtroppo.
    Mentre la sua mente elaborava rapidamente tutte le parole che l'uomo privo di volto elargiva con il suo tentativo stolto, ma chiaramente convinto del contrario, di dare poche informazioni pregne di significati nascosti, che però non c'erano; la Principessa dei Kobayashi intrecciò le labbra.
    Qualcosa non le tornava. No. Non tornava.
    Ma non sapeva cosa.

    ...Cosa?
    Il quadro offerto dallo Shinobi –che smascherò i suoi lineamenti di fronte a tutti, dimostrandosi come il padre del suo unico compagno in quella stanza–, era in un certo senso ridicolo, ma nel suo esserlo poteva risultare veritiero. Aveva imparato a sue spese che la realtà superava di gran lunga la menzogna... eppure c'era una piega, in quel discorso. Una piega storta che non avrebbe dovuto esserci. Lo capiva, la sentiva, ma non avrebbe saputo indicarla nitidamente per farla fruttare a suo vantaggio.
    Premendo il pugno al suolo, la kunoichi aprì gli occhi, scandagliando le raffinate venature del pavimento con febbrile disperazione, quasi si aspettasse che il suolo stesso si aprisse a rivelarle la risposta che cercava.

    Non lo sapeva. Questa era la verità.
    Sapeva perfettamente di non essere nella posizione più alta a Konoha, era conscia della corruzione del suo villaggio e sapeva che il veleno si occulta sperando di moltiplicarsi, pertanto era anche consapevole che lei sarebbe stata l'ultima persona a cui l'amministrazione avrebbe rivelato un certo tipo di informazioni.
    La verità era che non aveva ancora accesso a determinate archiviazioni e alle persone che le costellavano, e pertanto quello che stava ascoltando poteva essere vero quanto falso. Lei non aveva nessun mezzo per confutare o accettare. Non aveva niente.

    Si trovava, in poche parole, incapace di agire.

    Shizuka Kobayashi era una donna intelligente, poco incline ad agire irragionevolmente quando comprendeva di trovarsi in un ambiente ostico e ancor meno quando si rendeva conto di essere alle prese con persone e circostanze compromesse...
    ...ma era un'infiltrata, e raccogliere informazioni era ciò per cui era stata addestrata, e se non fosse stata in grado di dirimere una vicenda come quella, avrebbe fatto meglio a tornare a scegliere sete e tessuti nell'accogliente realtà del suo mondo di aristocratici e nobili principi.
    Non aveva niente, era vero, ma possedeva qualcosa che non tutti potevano vantare: la fiducia e la conoscenza cieca di alcune persone, e la sua mente lucida e affilata.

    “E dunque... Uno spettro che si maschera da spettro vuole darmi lezioni di teatralità? Ironico...”



    Aveva appena ragionato su come poter rispondere a colui che si era presentato come Sarutobi Uchiha, che la voce di Atasuke guizzò alle sue orecchie. Non le fu necessario girarsi a guardare il compagno per capire da che sentimento egli fosse aggredito, perché lo conosceva abbastanza bene da poter interpretare il suo tono.
    Più per istinto che per una reale necessità, la kunoichi si fece rigida... uno stato che non poté che lentamente peggiorare mentre le parole del Guardiano si susseguivano incalzanti una dopo l'altra, come le acque di un ruscello in piena incapace di essere arginato.
    «Atasuke...» Sussurrò ad un certo punto la Principessa, azzardandosi ad alzare lo sguardo dal suolo, lo stesso su cui una goccia di sudore era appena precipitata, roteando con straziante lentezza e infrangendosi poi in una costellazione di più piccole sfere.

    Quello che vide la gelò.
    E lo fece perché sapeva cosa stava accadendo.

    Tutti avevano dei difetti. E quello di Atasuke era di sopravvalutare le sue potenzialità tanto quanto sottovalutava quelle altrui. Ma c'era poco da valutare in una situazione come quella.
    Non era una questione di ricerca della giustizia o meno, e neanche di integrità, fedeltà o altre cazzate del genere. Chiunque quella persona di fronte a loro due fosse, se la sua nomina fosse valida o meno, non ci voleva una tecnica speciale e innata per capire che le sue abilità erano superiori ad entrambi loro due. E non era il solo problema.
    In una stanza in cui persino il solo Kazutoshi Murasaki avrebbe potuto metterli in difficoltà, in un castello in cui era ragionevole immaginare la presenza di guardie di un certo tipo... l'obiettivo di Atasuke era farli morire entrambi oppure risolvere la faccenda?
    Impallidì.

    «No.»



    Si stupì della fluidità con cui si alzò da terra nonostante si sentisse schiacciata dal terrore. E non solo per le conseguenze che avrebbero potuto nascere dal comportamento del Guardiano, ma anche a quelle che una loro valutazione sbagliata avrebbe potuto ripercuotere su Konoha. Fra le due, forse, l'ultima delle possibilità stimate era quella che la spaventava di più.
    Il Fuoco aveva già visto l'oscurità, e non avrebbe retto ad un'altra di medesima o forse maggiore entità. Non sapeva nemmeno perché era lì, giacché continuava a non trovare ragionevole nessuna delle risposte che le erano state date, e se avesse dovuto essere onesta almeno con se stessa avrebbe detto che aveva paura: aveva già condotto alla distruzione il suo popolo e il suo Villaggio, e non intendeva ripetere l'errore.
    La vera domanda, però, a quel punto era un'altra: Shizuka Kobayashi era una creatura abbastanza valida da evitare quel finale?

    «La storia della tua vita non mi interessa.» Sentenziò d'improvviso, gelida. I suoi occhi verdi si portarono lentamente su quelli del Chunin. «Guardami.» Ordinò la Principessa, e avrebbe supplicato ogni Dio ancora disposto ad ascoltarla che Atasuke ubbidisse. «Dacci un taglio, ora. Ci sono modi e modi di mettere in discussione qualcosa e qualcuno. Impara il tuo ruolo.» Benché le sue parole fossero taglienti come quelle di una lama, i suoi occhi, nascosti agli altri due astanti dai lunghi capelli castani, tradivano paura.
    “Per favore” Sembravano supplicare, tremanti. “Insieme. Ti prego. Insieme. Con calma.”
    A quel punto chiuse gli occhi, inspirò profondamente e poi cercò la calma che qualcuno le aveva detto dovesse sempre tenere a mente... perché di momenti terribili ne avrebbe visti e ne aveva già affrontati molti. Ma a dispetto di quanto soffocante una circostanza può divenire, ciò che distingue un buon shinobi da un cattivo shinobi è la quiete che questo riesce a infondere al proprio essere per agire sempre nel rispetto della lucidità e dell'intelligenza.
    «La verità è che non so chi sei. Non so neanche se quello che stai dicendo è una bugia. Non ho semplicemente i mezzi per constatare se stai facendo qualcosa di errato...come hai detto di chiamarti? Sarutobi?» Esordì così la Principessa del Villaggio della Foglia e quando avesse riportato lo sguardo in quello dell'ombra, questo sarebbe apparso sorridente e terso, dipinto da quella sorta di rassegnazione tacita e umile che nasce dal comprendere di trovarsi in una faccenda sfavorevole. «Non ho le conoscenze che mi permetterebbero di prendere una posizione in questa vicenda, ma ho la conoscenza di alcune persone e questa mi dà la possibilità di comprendere che qualcosa in ciò che affermi è errato.» Abbassò brevemente la testa, scuotendola. «Kazutoshi Murasaki ha sempre rispettato l'indipendenza della Foglia. Mai, da quando io sono al mondo e il mio esserlo mi dà vantaggio di preservare una memoria, e mai ancor prima di questa benedizione, ha osato influenzare Konoha con la sua presenza...eppure ha ordinato a te di opporti alla mafia? Se ciò che dici corrisponde al vero, la tua missione sarebbe iniziata ai tempi del grande Ayato. Perché avrebbe dovuto agire il Daimyo e non l'Hokage?» Pareva ragionare a voce alta. Non sembrava apparentemente spaventata di mostrare le sue carte, sempre che queste fossero quelle reali, e neanche dalla reazione che il suo interlocutore avrebbe potuto avere. Lui voleva qualcosa da loro, e non l'avrebbe ottenuta in nient'altro modo che a parole. Altrimenti, la discussione, avrebbe già cessato di esistere, forse addirittura prima dell'ultima simpatica uscita di Atasuke. «Parli della concessione del massimo grado shinobi esistente, quale quello di Kage, come se questo fosse un premio al tuo sacrificio. Ecco, questa è la parte che meno mi convince, capisci... non è questione di identità, ci sono stati Kage non apprezzati dal proprio popolo, fintanto però che essi hanno agito nel bene e soprattutto in quello del proprio Villaggio e Paese, non sono stati rifiutati. Il popolo di Konoha arde di ciò che forse non ricordi più chiamarsi “Volontà del Fuoco”. Rinasciamo, ci ricreiamo, ardiamo di uno spirito incessante. Ti accetteremmo, se tu apparissi degno, perché per quanto corrotto il mio Villaggio è, come ho già detto in precedenza, non lo è ancora così tanto...ma vedi, come tu non stai convincendo me, e neanche ne capisco la ragione, pensi di poterci riuscire con gli altri?» Parve pensare, poi annuì «Ciò per cui non hai ancora il mio appoggio, e non lo avrai fintanto che non capirò tutto, è più una questione di... come posso dire...» Ma non lo sapeva dire, perché, ancora, non capiva. Sorrise, reclinando leggermente la testa di lato e lasciò così l'affermazione in sospeso, educatamente. «Vedi, io non credo che Raizen avrebbe potuto agire come tu dici. Perdonami, ma dubito che avrebbe mai creato una situazione del genere. Onestamente non ritengo che avrebbe accettato quanto sta succedendo in tutta tranquillità.» E così dicendo chiuse gli occhi. Le sue mani, per un istante, vibrarono nel vuoto, come se stessero accarezzando qualcosa. E lo stavano facendo.
    Accarezzavano il ricordo della sua Volpe.
    Shizuka aveva poche verità nella sua vita. Una persona come lei, corrotta ad un livello troppo profondo per essere definito umano, era condannata a quel tipo di incubo che solo chi è destinato a camminare sul filo che separa ciò che è giusto da ciò che è sbagliato avrebbe potuto comprendere. Forse, in quella stanza, lei era l'unica che poteva fare davvero proprie le parole di colui che si era detto essere Sarutobi l'Hokage. Lei che viveva sulla lama del bianco e del nero, da cui continuava a essere insistentemente tagliata, ancora e ancora...
    ...eppure, in quello spettacolo che poteva forse apparire infernale, la piccola Principessa della Foglia aveva qualcosa che nessun altro poteva vantare: Raizen.
    Come lui aveva sempre continuato a guidare i suoi passi, in silenzio, da lontano... lei aveva sempre continuato a camminare avanti, sperando di riuscire a farcela da sola, per poterlo affiancare e non più seguire...per poter essere una sua pari, e non un peso.
    Nella costellazione di preziosità che Shizuka aveva, la Volpe sedeva nei primi posti. E no, non c'era niente che lei non avrebbe potuto fare per lui. Ma, allo stesso tempo, sapeva che non c'era niente che lui non avrebbe fatto per lei. Erano legati, semplicemente. Legati da quel tipo di sentimento che superava l'amore, l'amicizia e la fratellanza, e affondava le radici in una simbiosi silenziosa.

    Scosse la testa, sorridendo con dolcezza.
    Qualcosa non tornava, certo, e una di quelle cose era proprio Raizen.

    «Raizen avrebbe agito in prima persona. Non avrebbe ubbidito ciecamente agli ordini, lui che auspica una rivoluzione per ripulire e togliere la contaminazione, non avrebbe permesso che il popolo di Konoha si sentisse nuovamente messo all'angolo da qualcosa di troppo grande che difficilmente potrebbe comprendere!» Annunciò, riaprendo gli occhi per poi portarli in quelli di Sarutobi. «Sarebbe qui, ora. E non per compiacersi di te...sarebbe arrivato prima di te! E starebbe anche prendendo in giro questo qua e pure me, temo.» Sghignazzò, ironica mentre indicava prima Atasuke e poi se stessa. «Sa essere serio quando vuole, ma è assolutamente incapace di non ironizzare su tutto. Avrebbe valutato la questione con il rigore marziale che si conviene al suo grado, ma si sarebbe preso gioco di te, perché tu non meriti questa posizione. E ancor meno il Daimyo merita il diritto di intromettersi in una politica che non gli è propria. Avrebbe cercato di “pulirvi” nel momento in cui vi avrebbe giudicati corrotti.» Affermò, incrollabile. «No beh, non che lui non sia capace di ovviare alla legge quando vuole, cioè è un pover–...» Si trattenne, istintivamente portandosi una manina alla bocca, come una bimba. No, quello era meglio non dirlo. Se fosse venuto a saperlo le avrebbe come minimo staccato la testa dal collo. La sola idea la fece muovere nervosamente sul posto. «Il tuo servizio a Konoha è encomiabile, ma non ti rende meritevole abbastanza...perché c'è chi ha visto l'inferno che anche tu hai sofferto, ma lo ha fatto facendosi al contempo carico di ricomporre i pezzi di questo villaggio. E quel qualcuno non sei tu.» Si inchinò. «Sono una sprovveduta, sono ancora ignorante, una bambina agli effetti. Sono molte le cose che non so, e proprio a causa di questo non posso ancora camminare da sola. La mia forza sono i miei compagni, il mio villaggio, il mio Paese.» Disse la ragazza, guardando poi lo shinobi. «Non sono convinta, mi dispiace, e mi rendo conto di agire più per istinto che per reali motivazioni...ma quando ho detto di essere umile perché conosco i miei limiti non mentivo: non ho i mezzi per valutare in altro modo. Non sono nessuno per poter giudicare le tue parole in altro modo se non con l'impressione che queste mi fanno.» Mormorò riportandosi in eretta postura e congiungendo le mani in grembo. «In me potrete sempre trovare la fedeltà incrollabile di proteggere il mio Paese, di cedere questo mio corpo immondo pezzo dopo pezzo per fare da scudo a tutti coloro che amo, ma non ho ancora le conoscenze per potermi esprimere e questo perché non so tanti dei segreti che questo Paese custodisce. Parliamo di diplomazia e di politica, di fedeltà e onore, ma la verità è che al nostro posto avrebbe dovuto esserci Raizen, se è davvero l'unico altro a sapere. E magari anche altre persone, più competenti di noi, fedeli nostro pari. Vedi... se Raizen fosse qui...» Esitò, dubbiosa. Se lui fosse stato lì l'avrebbe presa a ceffoni talmente tante volte che sarebbe decollata verso Suna per quello che stava dicendo, ma cercò di pensare ad uno scenario più aulico. «...Non so perché cerchiate così vogliosamente la mia approvazione, ma se è con il cuore in mano che voi mi state parlando, io farò lo stesso, anche perché non ho molte altre possibilità: lo scenario che mi viene offerto lo reputo incongruente, non apprezzabile, molti dettagli di questa vicenda mi stanno sfuggendo e io, spaventata da ciò che una mia parola di troppo o di meno potrebbe portare, non riesco a capire il quadro generale. Mi dispiace, ma per queste ragioni non intendo pronunciarmi oltre.» Mormorò, grattandosi la testa. «Mi limiterò a tornare a casa e fare quello che potrò fare nel mio piccolo qualora la mia inettitudine di questo momento verrà scontata dai miei concittadini: rimediare un passo dopo l'altro, protendendo me stessa sempre e comunque per il bene del Fuoco. E un giorno, ovviamente, finire ciò che ho lasciato in sospeso ora.» Sorrise educatamente, senza specificare oltre, inchinandosi poi ancora una volta. «Questo è quanto.»

     
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    Le nuove fiamme di Konoha








    Sarutobi rimase immobile quando Atasuke gli porse le sue domande, il suo vero padre probabilmente ne sarebbe stato scosso, ma l’uomo dietro a quell’identità non possedeva quel ricordo, per quanto l’Uchiha scavasse non avrebbe trovato nulla tra i suoi ricordi, particolare che rese l’illusione del tutto inutile rivelandola come tale nel momento stesso in cui gli vennero poste domande che proprio per la mancanza di quei ricordi si sarebbe mai potuto porre.
    Ma non l’avrebbe saputo mai, Sarutobi per quanto potè comprenderne il meno esperto chunin, era riuscito ad individuare il suo genjutsu e aveva resistito a quelle due domande.
    Guardò fisso dinnanzi a se, lo sguardo vuoto non inquadrava nulla di preciso, il contorno occhi e la bocca invece tremavano, agitati da un ondata di sentimenti contrastanti, e dopo qualche istante gli occhi divennero lucidi mentre il volto si acquietava, un'unica lacrima stillò dall’occhio destro rigando il viso, le altre pareva che vennero represse con un sospiro mentre i pugni si stringevano cercando di arginare un ricordo fin troppo vivido in quel momento.
    Le labbra si inclinarono nel totale disgusto[Resiste alle domande e successivamente applica il rilascio].

    Mio figlio…

    Disse con un filo di voce, solo inizialmente incrinato dalla tristezza, ma che sull’ultima parola acquistò una fermezza degna dell’uomo che non a torto Atasuke considerava forse tra i più marziali che avesse mai conosciuto.

    …chiedo l’appoggio del mio unico figlio, dell’unica persona con cui condivido il sangue in uno dei momenti più delicati della mia vita e questo sciocco…
    Poppante!
    Non fa altro che procurarmi ulteriori dispiaceri, come se non fossero sufficienti quelli legati all’abbandono degli unici doni che gli lasciai per ricordarsi di me e per ritrovarmi!
    Come se non avessi fatto tutto ciò per assicurare alla sua generazione un futuro più pulito!
    Vattene, reietto, via di qui e chiedi allo spirito della tua buona madre chi l’ha uccisa, la tua insolenza verso l’uomo che amava lei e il loro unico figlio sarà sicuramente sufficiente a farla tornare dal regno dei morti.
    E dopo aver riletto il suo nome abbi la cura di rispettarlo. E se proprio quella tua bocca laida dovesse pronunciarlo nuovamente per i tuoi patetici giochetti che lo faccia correttamente.


    Atasuke stesso aveva fornito le giuste risposte all’uomo che si nascondeva dietro al volto di suo padre, una fine illusione se ben sfruttata, ma utilizzata grossolanamente in quel frangente, porre nuovamente dei dubbi riguardo il nome di sua madre una volta pronunciato era evidente segno che dietro a quel nome si nascondesse parte dell’inganno, soprattutto se l’interrogato non aveva alcun ricordo a cui quell’illusione poteva agganciarsi essendo quindi in grado di ragionare lucidamente. Al resto poteva rispondere con quella semplice recita, del tutto consona alla situazione, dopotutto, era oltraggio non da poco utilizzare le proprie arti illusorie dentro alla casa del Daimyo.
    Poteva ora dire Atasuke chi fosse l’uomo davanti a lui?
    Era possibile che un così accurato e leggero passo facesse scattare le sue trappole?
    Che ci riuscisse o meno, dopo averne osservato la reazione, avendo cura di non incrociarne nuovamente lo sguardo, Sarutobi spostò su Shizuka la sua attenzione.
    Sorrise, perdendo la mimica del genitore di Atasuke in un istante.

    Dicci, Atasuke, quante cose reputi in grado di poterti… permettere?

    L’intonazione del punto interrogativo fu il via per una scheggia di legno che il tatami stesso pareva aver passato al ninja, delle dimensioni e fattezze di uno spiedo da lancio lievemente ingrandito venne scagliato ad una velocità che definire elevata[vel nera + 8 tacche] era irrisorio, soprattutto a quella distanza.
    Il proiettile, abbastanza morbido da infrangersi sul petto del ninja senza causar danni era stato scagliato da… da chi?
    In quel preciso istante, come se tutto quel dialogo fosse stato già previsto e ben architettato per concludersi in quel momento un raggio del Sole ormai basso sull’orizzonte inondò la stanza, mettendo la figura del ninja in controluce ed impedendo ai due di distinguerne i tratti avvolta com’era dalla luce.

    Oddio non immaginavo venisse così bene!
    Guarda te quanta potenza!
    Il Sole! Ah!


    Davanti ai raggi fin troppo luminosi si stagliava una figura le cui dimensioni potevano essere contrastate solamente dal Daimyo stesso che con un lieve sorriso divertito indicò nuovamente lo shinobi.
    Erano distinguibili dei lunghi capelli argentati lisci che pareva ricadessero dietro le spalle e dei vestiti i cui tessuti parevano uscire dai più speciali e segreti depositi dei Kobayashi, che ricadevano su un corpo che definire atletico era fortemente riduttivo.

    Sono ora, veramente lieto, di presentarvi il vostro Hokage.
    Raizen Ikigami.


    Il luminoso astro si abbassò poco dopo, contemporaneamente alla figura della Montagna che tornava a sedersi, accorciando il cono d’ombra che fino a qualche istante prima si stagliava per tutta la stanza.
    Stava seduto col gomito appoggiato al ginocchio, ma nonostante la postura conservava ancora la regalità degli abiti e dell’acconciatura fatti qualche ora prima, due cose decisamente contrastanti.
    Aveva sulle labbra un fastidioso sorrisetto soddisfatto, che si tolse di bocca solamente prima di iniziare a parlare con un tono che forse i due non avevano mai sentito.
    Alto, eppure controllato. Scandito, ma non rabbioso. Veloce, ma non frettoloso. Rigoroso, eppure affettuoso in un certo modo.

    Del tutto insensibili al vero spionaggio, ma fedele a me quanto al villaggio, nel caso dell’ereditiera dei Kobayashi. E fedeli al villaggio a tal punto di rischiare così inconsciamente la propria vita nel caso del secondo.
    Devo veramente aggiungere altro, Kazutoshi?
    Puoi ammirare quelli che ho scelto per essere il nuovo capo dei guardiani alle mura del villaggio, in quanto tale ruolo risulta essere solo ufficiosamente ricoperto da lui.
    E il nuovo capo della squadra medica, Shizuka Kobayashi in quanto unica ninja di rango e integrità morale a poter ambire a tale posizione.
    E saranno anche miei consiglieri quando il caso lo richiederà, pur senza ricoprire tale ruolo in quanto, fino al giorno che avrò fiato da spendere per il mio villaggio, sarò l’unica testa che prenderà decisioni per esso.
    Pur avendo orecchie da prestare ai loro consigli. Immagino avremmo tutto il tempo necessario per apprendere gli uni dagli altri e completarci a vicenda.


    Calò il silenzio dopo quelle informazioni, una calma stagnante che permise ai tre di osservarsi l’un l’altro nei loro nuovi ruoli e consecutivamente di osservare un Kazutoshi orgoglioso di quelli che poteva definire figli del fuoco, figli suoi.

    Non farmi quello sguardo tutte minacce!
    Era la tua prova! E da come mi avevi parlato al chiosco del thè speravo l'avresti superate meglio onestamente.
    E credo che dovrei meritare un qualche tipo di premio per la recitazione, mi sembra che al villaggio del thè premino questo talento, ecco, dovresti propormi alla loro giuria!


    Iniziò a ridere in maniera sguaiata mentre portava una mano alla fronte.

    Oddio oddio

    Riuscì a farfugliare tra una risata e l’altra.

    Ma li ha visti?
    Li ha visti?
    Tutti impettiti e timorosi, poi smargiassi come se avessero davanti un loro pari?
    Manco uno che abbia pensato a fare il doppiogiochista per capire che stesse succedendo!


    Rise ancora.

    Alzate quelle chiappe marce e chiedete scusa al signore del fuoco per il vostro atteggiamento, prima che si renda conto che ero soltanto io quello che recitava e decida di farvi tornare a Konoha camminando con le labbra.

    Aveva pianificato tutto col Daimyo stesso, ed aveva trovato in quel divertimento propedeutico un ottimo alleato, probabilmente nel caso di Raizen quella messa in scena era esclusivamente divertimento in quanto conosceva i due shinobi che aveva dinnanzi, ma per Kazutoshi era stata la riconferma che l’Ikigami aveva scelto con accuratezza i suoi alleati e che questi ardevano dello stesso fuoco che aveva visto dentro al Decimo Hokage.
     
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  6. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Checkmate! - Un nuovo Kage~


    La situazione era decisamente tesa ed Atasuke si rese conto di quella tensione non solo dalle azioni del figuro che si trovava dinnanzi a loro millantando di essere suo padre, ma soprattutto dalle reazioni di Shizuka, decisamente e vistosamente più spaventata. Non potè evitare di cogliere la tensione nel suo brevissimo sguardo, anticipato dal suo nome, emesso più come un gemito che come una vera e propria chiamata mentre a sua volta riempiva di illazioni il figuro.
    Era palese che stava facendo la figura spavalda, forse suicida e certamente stava attirando su di se l'attenzione e la furia di chiunque lo volesse deceduto in quel posto.
    Non esitò nell'accontentare la richiesta della sua compagna, quando questa, alzatasi, gli chiese di guardarla. Non si scompose e si mosse con la dovuta calma, ruotando appena il capo ed iniziando quel breve scambio di sguardi.

    “Dacci un taglio, ora. Ci sono modi e modi di mettere in discussione qualcosa e qualcuno. Impara il tuo ruolo.”

    °Perdonami, so cosa sto facendo, ma non posso permettermi ora di cedere, ma a breve sarà tutto chiaro...°


    Pensò tra se mentre leggeva senza problemi ciò che gli occhi castani di lei sembravano supplicare, in preda alla paura. Dal canto suo, non disse nulla, si limitò solo a risponderle nei suoi pensieri. Quello non era ancora il momento per spezzare la sua faccia da poker. Stava giocando una partita importante e cedere sarebbe significato solo fallire rendendo quanto fatto inutile e sciocco. Si concesse una sola cosa, un piccolo messaggio portato con il suo sguardo deciso, il quale si ammorbidì per appena un'istante mentre era rivolto a Shizuka. Avrebbe voluto dirglielo a voce, ma in quel frangente dovette limitarsi a parlarle solo con lo sguardo per dirle una semplice verità: Abbi fiducia in me.
    A quel punto ormai Atasuke aveva tutto bene in mente. Le sue domande, o per meglio dire, insinuazioni verbali; non avevano avuto ancora una risposta, anche se di li a poco certamente le risposte sarebbero giunte. Ma in compenso, la tecnica che aveva utilizzato, aveva già, almeno in parte, sortito il suo effetto, compiendo il suo lavoro e verificand ciò che doveva verificare.
    Quando aveva posto le sue domande, infatti, un lievissimo flusso di chakra si era insinuato nella mente del “padre” attraverso il loro scambio si sguardi. Un flusso estremamente simile a quello utilizzato da coloro che utilizzavano l'interrogazione mentale. Un flusso che però presentava una minuscola differenza, impetreccibile a livello tecnico, ma fondamentale.
    Infatti, come l'interrogazione mentale, si agganciava alle onde cerebrali della vittima alla ricerca delle risposte alle domande poste dall'utilizzatore, la sua tecnica non si agganciava allo stesso modo, o meglio, poteva farlo solo in uno specifico caso: Se vi era presente un trauma, un ricordo forte, traumatico della psiche, un'onda particolare, simile a quella di ogni altro pensiero, ma decisamente differente. Da li poi la tecnica poteva agire, sondando ogni dettaglio, andando ad estrapolare ogni minima informazione collegata ad essa. Ma senza trovare quella radice, il quo flusso, comprensivo delle sue stesse domande, non poteva avere agganci e non poteva che scivolare via, finendo nel nulla.
    [Tecnica Errata]
    Atasuke aveva immaginato quella soluzione ed ironicamente, proprio il fallimento, l'errore, in quel caso sarebbe stata la vittoria che poteva servirgli.
    Fin dal primo momento in cui quella figura si era presentata a loro, senza un volto e senza un nome, Atasuke aveva avuto un dubbio in merito alla sua reale identità. Ovviamente non poteva in alcun modo ipotizzare chi vi fosse dietro quella maschera, ma soprattutto, in un mondo dove chiunque poteva prendere le sembianze di chiunque con una semplice tecnica basilare, era scontanto prendere in considerazione l'ipotesi che il volto che le bende celavano non fosse necessariamente il volto dell'uomo che vi era dietro.
    Dopo tutto quel suo discorso, la misteriosa ed improvvisa accettazione nel rivelarsi, lo aveva messo ulteriormente in dubbio, ma per portarsi avanti, doveva apparire sciocco, avventato e potenzialmente anche irrispettoso. Doveva mettere in qualche modo il suo interlocutore sotto pressione, mettersi in mostra, attirare l'attenzione per far abbassare la guardia tanto quanto bastava per essere sottovalutato.
    Quando poi si rivelò il padre di Atasuke, con la sua storiella buona solo per le migliori fiabe e leggende, il campo si era ormai ristretto a sole due persone: Sarutobi Uchiha e raizen Ikigami. Chiunque ci fosse dietro a quella maschera stava ormai scivolando nella sua trappola decidendo di usare quel volto, un volto importante per Atasuke, ma sconosciuto agli altri. Un volto che poteva forse ricoprire con facilità non essendoci la possibilità di smentirlo, specie da un giovane Uchiha, troppo arrogante ed avventato per agire con la dovuta abilità e discrezione.
    A quel punto, l'ultimo passo era relativamente semplice, per quanto non conoscesse abbastanza suo padre da poter smascherare a vista l'uomo dal suo semplice aspetto o dai suoi comportamenti, poteva invece indurlo in errore, distrarlo con le parole, con palesi accuse, mentre un soffio di chakra sondava ciò che doveva sondare. Sapeva che suo padre aveva subito un trauma alla morte della moglie, ma sapeva anche che l'altro uomo che poteva impersonarlo: Raizen Ikigami, non era mai stato sposato o quantomeno la cosa non gli risultava, dunque era impossibile che avesse subito quel trauma, quindi, se la tecnica avesse attecchito, resistenza o meno dell'interrogato, si trattava del padre di Atasuke o di qualcuno che aveva subito lo stesso trauma a cui la tecnica si stava agganciando. Se invece la tecnica non avesse potuto attecchire, la selezione era semplice e come immaginava, la tecnica non aveva proprio attecchito alla mente dell'uomo o del suo clone sotto henge.
    Ascoltò poi tutte le parole di Shizuka, la quale, ammise, senza remore, di non essere in grado di valutare oltre quell'uomo. Un ragionamento corretto, forse, ma Atasuke ne comprese il significato e le relative decisioni. In fondo lui in quel frangente aveva avuto l'arma giusta per porre fine a quel dibattito, ma lei ne era completamente tagliata fuori e non poteva fare altro che accettare la situazione.
    Giunse quindi nuovamente il tempo delle parole di “Sarutobi”, il quale, con la dovuta sensazione di disgusto inclinava le labbra, pronunciando parole dure, serie, sprezzanti del giovane verso cui erano rivolte. Certo, Atasuke non conosceva realmente suo padre e non poteva immaginare nel dettaglio le sue reazioni, ma di certo quella reazione non gli parve quella di un padre. Forse il suo giudizio era viziato dalle opinioni che aveva su quell'uomo, dalle storie che aveva udito su di lui o forse anche da migliaia di altri dettagli, ma ciò non avrebbe cambiato l'opinione che aveva di quella copia.

    “Mio figlio…”

    °Un inizio teatrale, non c'è che dire°

    “…chiedo l’appoggio del mio unico figlio, dell’unica persona con cui condivido il sangue in uno dei momenti più delicati della mia vita e questo sciocco…
    Poppante!
    Non fa altro che procurarmi ulteriori dispiaceri, come se non fossero sufficienti quelli legati all’abbandono degli unici doni che gli lasciai per ricordarsi di me e per ritrovarmi!
    Come se non avessi fatto tutto ciò per assicurare alla sua generazione un futuro più pulito!
    Vattene, reietto, via di qui e chiedi allo spirito della tua buona madre chi l’ha uccisa, la tua insolenza verso l’uomo che amava lei e il loro unico figlio sarà sicuramente sufficiente a farla tornare dal regno dei morti.
    E dopo aver riletto il suo nome abbi la cura di rispettarlo. E se proprio quella tua bocca laida dovesse pronunciarlo nuovamente per i tuoi patetici giochetti che lo faccia correttamente.”


    °Sono sempre più convinto che tu non sia mio padre, quanto piuttosto Raizen Ikigami°


    In un primissimo istante, Atasuke tacque, mantenendo il suo sguardo serio piantato sul volto di Sarutobi, il quale continuava a non volerlo guardare negli occhi, segno che probabilmente si era reso conto della sua illusione, possibile causa della mancanza di informazioni di ritorno, oppure temeva per eventuali altri attacchi portati con il semplice scambio di sguardi.
    Ma ad un tratto, lo sguardo duro ed affilato di Atasuke sembrò ammorbidirsi d'un tratto, mentre un sorrisetto si dipingeva sulle sue labbra.

    «Davvero complimenti... Devo ammettere che sei stato bravo, sei quasi riuscito a fregarmi, ma alla fine... Ti sei tradito... Ora direi che puoi smetterla di impersonare mio padre...»


    La sua voce calco maggiormente sull'appellativo, quasi a sottolineare quanto stesse apprezzando poco quella sorta di recita. Non aveva ancora la sicurezza dell'informazione, ma molti dettaglio continuavano a puntare contro ciò che i suoi occhi vedevano. Certo, avrebbe potuto dire altro, magari svelare tutto il suo ragionamento dietro a quella constatazione, ma gli mancava ancora un piccolo tassello, un minimo dettaglio per sfatare ogni altro dubbio su quello spettro.

    “Dicci, Atasuke, quante cose reputi in grado di poterti… permettere?”


    Atasuke non rispose, si concesse di sorridere, lasciandosi sfuggire una velata risatina prima che una scheggia, probabilmente recuperata dal tatami si conficcasse nei suoi abiti spezzandosi e rovinandone leggermente il tessuto in cui alla fine aveva comunque fatto un leggero forellino.

    «Quanto è necessario per smascherare un falso, come il mio compito di guardiano impone»


    Ammise con tutta calma, passandosi la mano sull'abito nero per sfilare i resti della scheggia, dando una prima e sommaria spazzolata con la mano, ripulendolo.

    °Ora sono sicuro di chi tu sia... Chi altri avrebbe riutilizzato quest'espressione? Speravo avessi cambiato repertorio da quella sera al chioschetto, Raizen Ikigami°


    Ironicamente il dettaglio che mancava era giunto quanto prima. Già in passato Raizen lo aveva rimproverato per i suoi modi avventati e lo aveva minacciato con un dito in piena fronte, sottolineando che prima o poi avrebbe trovato qualcuno di sufficentemente rapido da non poter evitare il colpo. E quella frase, unita alla scheggia diretta nel suo pieno petto a quella velocità, unita ai dubbi ed alle ipotesi che la sua mente aveva già generato, portava ormai solo ad una firma: Quella del colosso della foglia.
    A quel punto il sole stava ormai iniziando a calare e forse per pianificazione, forse per caso, la figura misteriosa venne avvolta da quella luce abbagliante, la quale ne oscurava i tratti, rendendola quasi un'enorme figura dalla silouhette decisamente massiccia, più massiccia di quanto già non fosse precedentemente ed un'altro uomo fece, per così dire, la sua comparsa nella stanza.
    Il Daimyo, notando il cambio della figura, fece la dovuta presentazione, invitandolo in un certo senso a riprendere il suo posto, cosa che l'uomo fece, tornando a sedere al suo posto.

    “Sono ora, veramente lieto, di presentarvi il vostro Hokage.
    Raizen Ikigami.”


    °Allora il misterioso figuro era realmente l'Hokage... Peccato solo per tutta l'inutile recita...°


    Si ritrovò a pensare mentre osservava, misteriosamente compiaciuto, la figura dell'Hokage.
    Per quanto Atasuke non si potesse definire propriamente un amico di lunga data con il colosso, egli apprezzava che un uomo come quello fosse stato eletto in qualità di Hokage. In fondo, non era la prima volta che il portatore della volpe sedesse sul trono di Konoha ed il colosso sembrava un'elemento abbastanza onesto e fedele al villaggio per fare ciò che era giusto, o almeno, sarebbe stato decisamente migliore dell'ultimo Kage fantasma.

    “Puoi ammirare quelli che ho scelto per essere il nuovo capo dei guardiani alle mura del villaggio, in quanto tale ruolo risulta essere solo ufficiosamente ricoperto da lui. ”

    °Capo dei guardiani !?°

    “E saranno anche miei consiglieri quando il caso lo richiederà, pur senza ricoprire tale ruolo in quanto, fino al giorno che avrò fiato da spendere per il mio villaggio, sarò l’unica testa che prenderà decisioni per esso.”


    °Consiglieri !?°


    Inutile dire che dopo quelle affermazioni, lo sguardo di Atasuke, più che compiaciuto divenne addirittura sorpreso. Certo, immaginava che alla fine di tutto quel discorso, ci fosse in ballo qualcosa di importante. In fondo nessuno viene convocato al palazzo del Daimyo per un semplice the in compagnia, ma addirittura la nomina a capo dei guardiani e l'ufficializzazione del fatto di essere tenuto da conto, assieme a Shizuka come “consiglieri” non se lo aspettava di certo.
    Non si trattenne dal lanciare degli sguardi confusi verso Shizuka e Raizen stesso, riacquisendo la sua compostezza solo pochi attimi dopo, notando lo sguardo orgoglioso del Daimyo.

    “Non farmi quello sguardo tutte minacce!
    Era la tua prova! E da come mi avevi parlato al chiosco del thè speravo l'avresti superate meglio onestamente.
    E credo che dovrei meritare un qualche tipo di premio per la recitazione, mi sembra che al villaggio del thè premino questo talento, ecco, dovresti propormi alla loro giuria! ”


    A quelle parole Atasuke non riuscì ad evitare di sorridere a sua volta, anche se gli occhi avevano cominciato a lanciare sguardi meno confusi, ma decisamente più seri.

    «Hmmm, non credo ti premierebbero, in fondo avevo il dubbio che ci fossi tu dietro a tutto questo... Inoltre hai un repertorio decisamente poco vario... Lo scherzetto del colpo mortale lo avevi già usato al chiosco... prova ad inventarti qualcosa di nuovo... Altrimenti la prossima volta rischio di scoprirti prima»


    Gli rispose a tono, evitando di sogghignare. Se solo avesse avuto pochi altri istanti sarebbe arrivato a capo di quel mistero, ma alla fine l'Ikigami si era rivelato prima del previsto. Anche se sapeva di averci preso con la sua intuizione, rimase quella sensazione di disagio legata al pensiero della figura che aveva dato di se stesso in quel frangente. Certo aveva forzato la mano ed aveva un buon motivo per farlo, ma la comparsa improvvisa del colosso, prima del completamento del suo piano, lo aveva lasciato in una posizione difficile e scomoda.

    “Alzate quelle chiappe marce e chiedete scusa al signore del fuoco per il vostro atteggiamento, prima che si renda conto che ero soltanto io quello che recitava e decida di farvi tornare a Konoha camminando con le labbra.”


    Alla fine, anche se si stava ormai ricomponendo poco alla volta da prima, Atasuke accolse senza aggiungere altro le parole del Kage, imponendosele quasi come un'ordine, più che come un consiglio. Mantenne quindi una postura decorosa e rispettosa, anche se non vi era più timore, come al suo ingresso, nella sua postura e nei suoi gesti.
    Si rimise quindi in seiza e con un inchino, rivolto al Daimyo fece il suo saluto.

    «Le chiedo perdono per il mio comportamento grezzo e non adatto a questo luogo e la ringrazio per la sua gentilezza nell'avermi concesso di agire con così tanta spudoratezza»


    Non aggiunse altro, limitandosi a riportare la schiena eretta, in attesa di eventuali altri ordini, prima di passare anche ad un saluto formale verso il nuovo Hokage.

    «Hokage-sama, sono lieto di vedere una persona valida alla guida di Konoha. A costo di ripetermi, desidero sottolineare il mio appoggio verso di voi e verso il villaggio e confermo quanto detto in precedenza.»


    Fece un inchino quasi militare, decisamente meno raffinato rispetto a quello riservato per il daimyo, ma non per questo meno rispettoso. Mentre si rialzava il suo sguardo era fisso verso gli occhi dell'Ikigami. Uno sguardo serio, deciso, che portava con se un messaggio ben chiaro: Sappi che ti terrò sulla retta via, anche a costo di ucciderti.
    Un messaggio chiaro, anche se la parte “minacciosa” in realtà era più una sorta di affermazione decisa su quelle che erano le sue intenzioni. Non aveva del rancore verso il colosso per ciò che aveva fatto, ne aveva intenzioni belliche nei suoi confronti, ma era disposto ad uccidere per il villaggio e quello sguardo voleva rendere nota quell'informazione al nuovo Kage. Non aveva modo di agire quando vi era il precedente Kage, ma ora, non avrebbe più permesso azioni rovinose tanto sconsiderate come quelle accadute in passato.



    OT - Moddato a seguito di discussione in merito ai dettagli della TA "ambigua" su questo tipo di scenario - /OT


    Edited by Asgharel - 29/5/2015, 00:56
     
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    Mancanza d'ossigeno







    Sarutobi ammiccò qualche istante, inclinando la testa lievemente di lato, un gesto che neanche il suo rigore poteva trattenere.
    Uno stupore da cui però si ricompose mestamente.

    Temo di non comprendere...

    Un' affermazione che non lasciò tempo per risposta alcuna.

    Non mi lasci altra scelta.

    Disse mentre poneva le mani lungo le cosce, quasi abbandonandosi ad un lato di se stesso più severo di quanto non volesse mostrare, un lato che non avrebbe voluto mostrare a quanto pareva.

    Da questo momento manterrò fede alle tue stesse parole e non saremmo padre e figlio, pare che tu non aspettassi altro dopotutto.
    Dai fondamento alle tue parole, sarà la tua mente, che a quanto pare credi sia eccellente, a decidere se lascerai o meno questa stanza.
    Attento però, se sbaglierai ti assicuro che da quella porta uscirai orizzontale.


    Fu in quel momento che il chakra di Sarutobi riempì la stanza, inondandola improvvisamente di una pressione inconsueta, agli astanti pareva di venir improvvisamente catapultanti qualche decina di metri in fondo al mare, abbastanza da far deglutire perfino il Daimyo, anche se non di paura, probabilmente un gesto necessario ad equilibrare la sua condizione interna di modo da non subire quella pressione.

    Oppure.

    Disse candidamente mentre la sensazione svaniva così come era giunta.

    Chiederai umilmente perdono e cercherai di comprendere cosa io stia cercando di insegnarti.

    Calma piatta, tensione palpabile.
    Che strada avrebbe percorso Atasuke?




    Interpost atto a gestire le deduzioni di Atasuke, ritarderà o annullerà del tutto le azioni successive al suo primo dialogo.

     
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Un Duello Diretto, Rivelazione~


    Sarutobi o chiunque vi fosse dietro a quel volto, pur avendo mostrato quella che pretendeva essere la sua faccia, ancora non rispondeva alle sue domande.
    Dal alto verbale, tutte le sue risposte altro non erano che semplici giri di parole, condite infine da un'insinuazione a dir poco pesante sulle parole che Atasuke aveva pronunciato.

    “Temo di non comprendere...”

    °Oppure comprendi, ma speri che io ceda°


    Non vi fu il tempo per una risposta, ne Atasuke aveva intenzione di darla. Le sue carte erano sul tavolo ed aveva pienamente intenzione di giocare la partita fino in fondo.
    Certo, la sua teoria non era consolidata, ma la serie di esclusioni che aveva eseguito era semplice ed al tempo stesso matematicamente inattaccabile.
    Molte erano le persone che potevano conoscere quel volto, quindi per logica migliaia, forse avrebbero saputo riprodurlo, anche se questo cancellava dalla lista tutti i cittadini non ninja della foglia e del paese del fuoco. Allo stesso modo, di tutti quelli che conoscevano quella faccia e che avrebbero in qualche modo potuto riprodurla, molti erano morti dandogli la caccia mentre tutto il resto del villaggio di Konoha lo considerava deceduto, specialmente il clan Uchiha, dove era maggiormente conosciuto e ricordato con disprezzo e disonore.
    Alla fine dell'equazione, restavano solo pochi che conoscevano quel volto e non lo sapevano o credevano morto: I suoi sottoposti del Loto, Raizen ed Atasuke.
    Di questi però solo uno, oltre ad Atasuke e Sarutobi stessi, sapeva del suo legame di parentela diretto e soprattutto sapeva dei due “doni” dati alle fiamme: Raizen Ikigami.
    In tutta quella scena, quindi rimase ovvio per Atasuke pensare solo a due possibili persone dietro a quella maschera: Uno era l'originale, persona di cui sospettava decisamente, l'altro era Raizen, di cui iniziava ad avere qualche dubbio, anche sulla base delle affermazioni di Shizuka.
    Certo, Atasuke non lo conosceva quanto Shizuka, ma non aveva motivo di dubitare delle parole della Kunoichi. Per quel poco che lo aveva conosciuto, Raizen si era sempre dimostrato un elemento capace, poco incline a sottostare agli altri, specie quando l'ordine imposto andava contro le sue idee.
    Mentre Shizuka parlava di Raizen, la sua mente vagò, ricordando di come si era posto, ma soprattutto imposto nella missione in cui avevano recuperato Sasori.
    Ritornando però con la mente a terra, ascoltò con attenzione le parole del padre, o presunto tale, osservandone con attenzione i gesti.

    “Non mi lasci altra scelta.”

    °Direi che l'obbiettivo era quello...°

    “Da questo momento manterrò fede alle tue stesse parole e non saremmo padre e figlio, pare che tu non aspettassi altro dopotutto.
    Dai fondamento alle tue parole, sarà la tua mente, che a quanto pare credi sia eccellente, a decidere se lascerai o meno questa stanza.
    Attento però, se sbaglierai ti assicuro che da quella porta uscirai orizzontale.”


    °Non saresti il primo a dirmelo e non ho intenzione di farmi spaventare. Se sei davvero l'uomo che dici di essere, l'uomo che addirittura ha sfidato due clan ed il villaggio stesso per amore mio e della mamma, abbandonandomi per salvarmi la vita, non credo butteresti vent'anni della tua "vita nel sacrificio" uccidendomi°


    Atasuke avrebbe voluto rispondere con quelle stesse parole all'affermazione dell'uomo, ma per buon senso, unito a quell'insopportabile sensazione di pressione che sentiva su di se, preferì non aprire bocca, limitandosi ad ascoltare. Evidentemente la figura aveva ancora altro da esporre o quantomeno gli avrebbe dato tempo di rispondere se realmente voleva avere una sorta di dialogo, per quanto decisamente poco ortodosso.

    “Oppure. Chiederai umilmente perdono e cercherai di comprendere cosa io stia cercando di insegnarti.”


    Con quelle parole, la sensazione di pressione era svanita, ma non si era annullata del tutto, o meglio: Era stata sostituita da un'altro tipo di pressione, quella psicologica.
    Come aveva pronosticato, si era attirato l'attenzione della sala e dell'uomo mascherato e con l'attenzione di tutti, unita alla “velata” minaccia, non si poteva dire che stesse navigando in acque tranquille.
    Alla fine di quel monologo però era chiaramente giunto il suo turno di muovere sulla scacchiera di quella particolare partita. Ora aveva ottenuto ciò che voleva, la situazione era ormai giunta al limite e mancava probabilmente molto poco per sorpassarlo.

    «Le uniche persone in questa stanza che meritano la mia umiltà sono Kazutoshi-sama per i miei modi decisamente poco ortodossi per il luogo in cui ci troviamo e Shizuka-sama per essere stata trascinata dalle mie azioni sprovvedute in questa assurda situazione»


    Indicò i due con il semplce sguardo mentre, con serafica calma, esponeva con semplicità ciò che aveva da dire. Era teso in fondo, ma la sua voce e la sua espressione dovevano rimanere ferme ed impassibili. [Abilità]
    Riportò lo sguardo su Sarutobi, affilandolo nuovamente, quasi in aria di sfida. In tutta quella scenata, quella figura aveva mostrato sbalzi di ogni genere, dopo una narrazione a dir poco epica e surreale per giustificare la sua elezione come “premio” per una vita passata nell'ombra.
    A quel punto era inutile tacere oltre, era chiaro che quel discorso non sarebbe proseguito molto oltre, quindi era giunto il momento di svelare le carte anche ai presenti.

    «Vuoi un fondamento alle mie parole? Interessante, dovrei porre lo stesso punto alle “vostre”. Finora non hai risposto a nulla, evitando ogni mia domanda, certo con una buona abilità, non c'è che dire... Tuttavia, ancora non mi spiego come un uomo con la vostra “storia” per quanto degna di una leggenda possa anche solo sperare di governare. Per farla breve: A furia di girarci intorno, più che un uomo saldo, come fingi di essere, mi sembri un funambolo»


    Si concesse una breve pausa, prima di riprendere con il discorso, esponendo i vari punti a favore della propria tesi.

    «Certo, io sono l'ultimo a poter giudicare le abilità di un'infiltrato. Quello è un ruolo che non fa propriamente per me, sono più adatto a smascherarli. Non voglio tediare nessuno con i dettagli legati alla metodologia, alle procedure e quant'altro, ritenendole a mia volta noiose da spiegare, ma mi limito ai fatti nel definire perchè voi, non siete chi dite di essere.
    Certo ammetto che potrei anche essermi sbagliato, ma questo implicherebbe delle ulteriori variabili che non sono tutt'ora in mio possesso, ma quanto ho mi basta per essere sicuro di un punto. Voi non siete Sarutobi Uchiha»


    Si mise comodo, o meglio, si rilassò nella postura, accomodandosi leggermente.

    «Prima di tutto la vostra storia è perfetta, precisa nei particolari, talmente precisa e perfetta da sembrare studiata a tavolino per non aver nessun errore o incongruenza. Questo mi ha fatto sospettare di voi fin dal primo istante, senza contare l'ovvio dubbio nato da un tizio che si presenta mascherato...
    Torniamo però alla storia: ovviamente non starò a chiedere a Murasaki sama se può confermarla, sarebbe ovvio che la confermerebbe fin dal primo istante, o perchè vera o perchè siete in accordo. Difficilmente una persona punterebbe ad un'esposizione come quella senza avere la certezza di avere le spalle coperte.... Secondo la tua ricostruzione, tutto filerebbe liscio, ma mancano dei collegamenti fondamentali a cui non hai vopluto rispondere, schivando mirabilmente le mie domande e questo significa solo tre opzioni: Troppa sicurezza in se stessi, o mancanza di risposte. Ma come può un'uomo tanto sicuro di se da soggiogare i clan da cui era ricercato richiedere il supporto di due chunin? È un passaggio che fa acqua. Allo stesso modo tutta la storia non regge, perchè per quanto possiate pensare di essere “illeggibile” ai miei occhi, non lo siete quanto vorreste...»


    Si concesse una piccola frecciata inerente al fallimento della sua tecnica. In fondo nessuno in quella stanza al di fuori di quell'uomo poteva aver notato quella tecnica, quindi solo lui, forse, avrebbe colto quella frecciata.

    «Detto questo, non credo sia il caso di ricordare con quanta semplicità un qualsiasi genin saprebbe prendere e mantenere le sembianze di qualcun'altro, cercando di spacciarsi per qualcuno che non è... Se solo avessi avuto il buon senso di rispondere alle mie domande, ora forse non avrei più avuto dubbi, in un senso o nell'altro, ma restando sul vago, schivando ogni domanda, non mi resta altro se non prendere per buono che non siete altro che un falso... Specie quando per evitare di cadere nella trappola del falso nome, siete caduto nel tranello più semplice: Mia madre non è morta per mano di nessuno, mentre voi avete specificatamente detto chi chiedere al suo spirito di rispondere dicendomi “chi” l'avesse uccisa e non “cosa”. Per alcuni è una finezza linguistica, ma nel mio lavoro è spesso la chiave attraverso cui riusciamo a bloccare degli infiltrati, degli spacciatori o peggio ancora.»


    Chiuse per un'istante gli occhi, inspirando dal naso con energia, prima di riprendere nuovamente, tutto d'un fiato il suo ragionamento.

    «Ammetto che fino a pochi istanti fa avevo solo un dubbio, ma vedere la tua reazione, comprensiva di quell'ondata di pressione, mi ha solo portato a credere maggiormente nella mia teoria. Se fosti stato zitto, sarei rimasto con il dubbio, ma avete deciso di lanciarvi alla carica, ulteriore segno della vostra instabilità. Cercare di minare la mia posizione con la paura, nella speranza che desistessi: Questa è la strategia più conosciuta, dopo il diversivo, per coprire una menzogna, specie quando per farlo si sfida direttamente l'accusatore a mostrare le fondamenta delle proprie teorie. Con questa manovra i bluff vengono a galla, ma i dubbi vengono colmati.
    Arrivati a questo punto però rimane da chiedersi: Chi mai potrebbe aver ordito tale piano? Chi mai avrebbe deciso di impersonare proprio Sarutobi?»


    Un'altra breve pausa, più per concedere a tutti di seguire i suoi passaggi, più che per altri motivi dialettici.

    «Molte sono le persone che potrebbero impersonare quell'uomo, dato che molti ne conoscono il volto. Pochi però sanno che questi è realmente vivo e meno ancora saprebbero come impersonarlo. Tuttavia, tra tutti i possibili nomi, solo uno mi risulta che sia a conoscenza della mia parentela e del dettaglio dei doni: Raizen Ikigami. Certo non è una totale certezza, chiunque potrebbe essere stato addestrato da Raizen per impersonare Sarutobi; tuttavia, una tale pianificazione, per valutare entrambi, a questo punto non avrebbe avuto senso: Perchè impersonare un'uomo tanto importante solo per uno di noi due quando entrambi siamo stati convocati? A questo punto tanto valeva separarci e porci in condizioni stressanti separatamente. Allo stesso modo, trovo difficile che Raizen, per quanto poco lo conosca, abbia rivelato ad un terzo estraneo delle informazioni tanto riservate e delicate per assicurarsi che qualcuno fosse in grado di sostenere questo incontro. Cosa diversa invece se lui stesso, prevedendo questo incontro per un qualche scopo, avesse dovuto rispondere per non far saltare la propria copertura. In fondo, pianificare chi conosce quali informazioni è alla base della strategia di un'infiltrato.
    A questo punto mi pare scontato che dietro a quel volto non vi sia Sarutobi Uchiha, ma qualcun'altro e se i miei ragionamenti sono corretti, il volto di Raizen è celato dietro a quella maschera, o mi sbaglio forse?»


    Ormai aveva esposto tutto ciò che in quei pochi minuti aveva elaborato. Certo non vi erano prove schiaccianti sull'Ikigami, ma per ciò che Atasuke sapeva, quello era l'unico nome possibile e come lui stesso aveva detto: Non poteva esserci un'ulteriore volto dietro. Per quel poco che aveva conosciuto il colosso, questi si era sempre dimostrato refrattario alla condivisione delle informazioni o dei suoi piani, eccezion fatta per quando doveva impartire direttamente le istruzioni e questo, gli fece trovare ben arduo pensare che potesse in qualche modo aver deciso di rivelare le informazioni su Sarutobi, Atasuke ed il Loto.
    Era certo del fatto che quell'uomo non fosse Sarutobi ed era decisamente convinto, sulla base delle informazioni che possedeva, che ad impersonarlo vi fosse proprio Raizen.



    OT - Interpost di risposta a quello di fenix. Dovrebbe esserci tutto il ragionamento, che, preciso, è lo stesso che mi ha portato a pensare a raizen prima ancora che lo palesassi nel tuo post :zxc: Se posso, la prossima volta, non accellerare troppo in questi tipi di post, che poi sembra che sia io a voler fare metagame XD.
    Detto questo spero sia chiaro il mio processo logico, se così non fosse sono a disposizione per eventuali punti dubbiosi :zxc:
    - /OT
     
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    Sarutobi sorrise, non era però ne divertito ne ironico, era quel sorriso che si dedicava ai bambini quando venivano colti in fallo da un adulto riguardo un argomento poco adeguato alla loro età.

    Quello che tu vuoi, credi o presupponi che sia giusto non interessa a nessuno, per cui abbi la cortesia di andare dritto al punto, shinobi.

    Non ebbe la volontaria accortezza di chiamarlo per nome, in quel momento come già aveva preannunciato, non aveva davanti suo figlio, ma un ninja che metteva in dubbio le sue parole e la sua identità.
    E di certo non avrebbe accettato il vilipendio da parte di suo figlio, non poteva magari essere un Hokage amato come dicevano, ma sarebbe stato un Hokage ligio alla legge, quelle parole scritte a cui nessuno non poteva che dare rispetto.

    Inizierò dal principio, perché per muovermi tra i tuoi discorsi richiede esattamente l’abilità e l’attenta metodologia che mi hai attribuito con disprezzo, è molto più semplice cadere nelle lacune del tuo ragionamento che camminarci sopra per farti comprendere la tua scarsa propensione all’indagine.
    La prima accusa che mi muovi è di… perfezione?


    Il sopracciglio destro si inarcò, probabilmente era la massima incredulità che il volto inamidato dalla disciplina marziale di Sarutobi poteva concedergli.

    Ti è sufficiente la mia espressione oppure devo spiegarti che generalmente un racconto reale è tale proprio perché è perfetto? E viceversa, ovviamente.
    Non mi sembra si possa accusare un uomo di “troppa veridicità della sua storia” se questa lo scagiona.


    Avrebbe continuato con dell’ironia, ma purtroppo Sarutobi non era in grado di farla, soprattutto non in quel momento, ma aggiungere che probabilmente alle mura di Konoha controllate da Atasuke esisteva uno statuto speciale che gli permetteva di accusare gli innocenti di “troppa verità” l’avrebbe mandato in brodo di giuggiole.

    Ammesso e non concesso questo, aggiungi che anche il daimyo è coinvolto in tutto questo, volontariamente o meno, e la tua maggior preoccupazione è farglielo notare?
    Astuto, senza dubbio.


    Ironia, ma senza il tono che le apparteneva nella comune dizione, bensì piatto e atono, sottigliezza che non gli permise di perdere affilatura. Questa volta dopotutto poteva concederla a Sarutobi in quanto sottolineava un errore, pur senza sbeffeggiare Atasuke per lo stesso.

    Se questo funziona alle mura, anche se ho dei sinceri dubbi che un infiltrato che arrivi a farsi interrogare abbia talento a sufficienza da essere un pericolo, è palese che non funzioni nella vita reale.
    Inoltre, per quanto la tua… insolenza…


    Parve fare fatica ad utilizzare quel termine, probabilmente l’accusa di intimidazione l’aveva lievemente colto nel suo orgoglio di padre.

    … ti renda cieco quella non era intimidazione, era un indicazione verso la via migliore da prendere, pur trattandoti col rigore che la tua professione esige, non potevo risparmiarmi dal darti un ultima occasione di prendere una saggia decisione.
    Per l’ennesima volta non hai colto il suggerimento, e come tua abitudine scarichi i tuoi errori su quello che reputi un padre troppo severo, nonostante sia la tua incoscienza a costringerlo a tali maniere.
    Il motivo della vostra convocazione qui è già stato spiegato se non ricordo male, ma date le parole spese potrei essere in fallo: Konoha è colma di traditori e tra tanti sono sicuro del fatto che voi non lo siete per due semplici motivi, il primo è che ho potuto già testare a tua ingenua purezza e fedeltà che ti impedisce di comprendere più di un movimento della scacchiera per volta Atasuke e mentire riguardo ad essa.
    Shizuka invece mi è stata segnalata dal suo maestro, Raizen. Assente perché al corrente di tutto


    Lo guardò a lungo.

    Riguardo i clan, dimmi, pensi davvero che qualche missione ti abbia permesso di ingraziarti gli Uchina?
    Non pensi che forse dovresti riconsiderare l’influenza di un misero genin e forse comprendere che qualcuno di ben più importante ha agito per te permettendoti di avere un posto nella società per rimediare, seppur in maniera insufficiente, alla mancanza di un vero padre?
    Ma forse anche questo è troppo perfetto per essere credibile.


    Indicò il Daimyo che annuì in maniera grave, probabilmente conscio di quello che sarebbe accaduto di li a poco.

    Quando le azioni di una persona sono inconfutabilmente buone e i tempi si evolvono cambiando la mentalità delle persone le regole cambiano e fortunatamente per me un unione tra clan diversi al giorno d’oggi non è certo un crimine.
    Per questo, l’appoggio da parte loro non è l’inarrivabile meta che tu immagini, al contrario potrebbe esserlo l’alleanza con i Kobayashi essendo loro un clan non militare.
    Ti farò notare anche un particolare non da poco, quando hai usato quel viscido trucchetto… mi hai per caso visto utilizzare il sigillo necessario per il rilascio?
    O credi che io stia ancora spendendo chakra per resistere tua fastidiosa voce?
    È necessario dirti cosa ho utilizzato evitandoti inutili parabole da veggente oppure riesci a comprendere di cosa mi sono servito?
    Riguardo il nostro conoscente comune non ho risposte da darti a suo riguardo, non ne trovo l’utilità, come anche sulla tua piccola lezione di dizione, sono ricordi con cui ho fatto pace in venti lunghi anni, e rievocarli a causa di chi dovrebbe definitivamente farli svanire raddoppia il mio dolore.
    Non c’è spazio nel mondo ninja per i veggenti che si fanno annebbiare la mente da oniriche visioni.


    Strinse le labbra mentre bisbigliava

    Che Harumi mi perdoni.

    Lo sapeva. Sapeva il nome della madre di Atasuke! Come era possibile?
    Chiudendo gli occhi si alzò, quasi impercepibile il ritmo con cui le sue dita tamburellarono sul tatami.

    Atasuke… Uchiha!

    Pronunciò il cognome con un curioso misto di vergogna e rigido orgoglio mentre indicava il chunin.

    A causa del tuo cosciente perseverare nell’errore seppur esortato e posto al corrente delle prove necessarie a far cessare le tue infondate accuse, sei da questo momento accusato di vilipendio, verrai imprigionato e custodito in attesa di giudizio!

    Al terminare di quelle parole comparvero nella stanza tre jonin, sbucando quasi letteralmente dalle pareti: la guardia del Daymio.

    Non opporre resistenza, sarà tutto molto più semplice.
    Ora portatelo via da qui devo concludere con l’erede dei Kobayashi.


    Riprese il suo posto attendendo che il gruppetto si allontanasse, il Daimyo intanto non si opponeva in alcun modo, sospirò gravemente, un uomo attaccato alla famiglia come lui non poteva che rammaricarsi di un simile risvolto della situazione, pareva essere combattuto, anche se in quel frangente pareva avesse scelto di dare precedenza alla stabilità del villaggio che a quella di una famiglia che in fin dei conti esisteva solamente a livello genetico. Probabilmente avrebbe agito in un secondo momento, ma per il momento condivideva la decisione.




    Prossimo post ad Arashi

     
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    EVALUATION

    Courage doesn’t happen when you have all the answers.
    It happens when you are ready to face the questions you have been avoiding your whole life.




    Immobile nel punto in cui si era precedentemente messa in piedi, Shizuka Kobayashi seguì lo scambio di battute dei due Uchiha guardando il soffitto. Per un attimo il suo volto, un ovale perfetto ricco della bellezza antica del Clan da cui traeva il nome, si addolcì in un sorriso illuminato.
    “Oh Raizen.” Pensò la kunoichi, congiungendo elegantemente le mani in grembo. “Non credevo che sarebbe mai arrivato il momento in cui sarei stata io la più saggia e utile, in una circostanza shinobi.” E poi, portandosi una mano agli occhi nel teatrale gesto di asciugarsi una lacrima, annuì tra sé e sé. “Sono una ninja adulta, ora!”

    Già. Una ninja adulta e pure fottuta, per inciso.

    Sorridendo più per una sorta di paresi facciale che per una reale e allora inspiegabile felicità, la ragazza non ebbe bisogno di tastarsi la fronte per sapere che stava sudando, una condizione che non poté che peggiorare quando la presenza di Sarutobi Uchiha si impose nella stanza, inducendola a far aderire le mani alle gambe per evitare che queste si portassero invece alla testa.
    ...E dunque eccoci qui, il momento che aveva disperatamente cercato di evitare si era invece concretizzato. A sua discolpa poteva dire che ce l'aveva messa tutta, si era davvero impegnata tanto per non fare cazzate, per non ordire i tranelli psicologico-oratori che le venivano più per natura che per volontà, lei che era nata e cresciuta sotto l'effige della manipolazione e dell'inganno.
    Aveva ascoltato, fatto proprie le informazioni che le venivano dette e anche quelle che riusciva solo a carpire, e nel limite di ciò che poteva permettersi aveva persino girato a suo pro la circostanza, e tutto sperando così di poter far fruttare quello che stava ottenendo per il bene del Fuoco. Un fatto in cui, effettivamente, era riuscita abbastanza bene visto e considerato che non volevano chiuderla in gabbia assieme ad Atasuke.

    Aah... Atasuke.
    Voleva bene a quel ragazzo. Si sentiva legata a lui da quel tipo di ammirazione un po' dubbiosa e affascinata che solo un'ombra può vedere nella luce. Stare con lui le dava quel genere di privilegio che poche persone riuscivano a offrirle: quello di ricordarsi che era una semplice ragazzina di vent'anni prima che una shinobi invischiata in un mondo più grande di lei dove ancora si muoveva a fatica, e quindi in linea di principio era, come chiunque altro, ancora capace di ridere, stupirsi e arrabbiarsi...
    ...esattamente cioè quello che stava accadendo in quel momento.
    Benché nessuno avrebbe potuto sospettarlo infatti, poiché nessuno la conosceva così bene da notare nella leggera inflessione della sua bocca e nell'elegante tamburellare del mignolo della mano sinistra un qualche significato nascosto; la verità era che Shizuka Kobayashi era livida di rabbia.
    Insomma... che diavolo?!
    Atasuke non era adatto a fare il ninja, ormai era evidente. Era un bravo poliziotto, certo, ma gli Dei potessero divorarle quel poco di animo pulito che ancora le rimaneva, se quello era il suo modo di trattare con gente che poteva schiacciarlo con una mano, non capiva neanche come facesse ad essere vivo (cioè era stronzo e pure fortunato? Gli Dei erano creature ingiuste).
    Era piuttosto evidente, dopotutto, che tutto ciò che stava facendo andava molto oltre il buon senso: certo lei aveva spiattellato le sue intenzioni, ma lo aveva fatto con un motivo, che era stato ripagato proprio come sperava, ma lui invece perché aveva agito in quel modo?
    Per nessuna ragione in particolare, questa era la verità. Voleva semplicemente avere ragione. Tutto qui.
    Come spesso gli capitava, Atasuke agiva dell'istinto peggiore –quello che si credeva ponderato e quindi sempre nel giusto–, comportandosi in modo eccessivo, assolutamente teatrale, volutamente ostentato, e tutto per far vedere quanto fosse bravo, forte e affascinante. Una dote che avrebbe potuto essere lodevole fintanto che lui si fosse limitato a fare solo il guardiano delle mura o il gentile soccorritore di quelle allodole del villaggio che lo veneravano come un eroe, ma assolutamente fuori luogo in una circostanza compromessa in cui era necessario utilizzare il cervello, nella quale un “profilo basso” era la scelta migliore per ottenere il massimo guadagno, in cui non non si sapeva come le conseguenze delle proprie azioni si sarebbero sviluppate, e non tanto per se stessi quanto per il Villaggio che era oggetto di scambio, e soprattutto trovandosi a fronteggiare opponenti nettamente più forti.
    Non era questione di mantenere fede ad un concetto più o meno radicato di giustizia, era un problema che dipendeva dal suo orgoglio, dalla stima che sentiva di avere per se stesso e dall'eccessiva considerazione in cui si teneva rispetto agli altri; dei difetti, quelli, che con il tempo lo avevano convinto di poter fare chissà cosa, quando invece era solo un minuscolo parassita su un palcoscenico pieno di giganti. Un problema, ahimé, che non aveva mai accettato né tantomeno compreso, benché affermasse puntualmente il contrario.
    Con queste valutazioni in mente le osservazioni di Sarutobi non risultavano dunque errate. In poche parole, non poteva dire che quella persona sbagliasse a considerarlo un idiota. Se fosse stata al posto di lui, del resto, avrebbe fatto probabilmente la medesima cosa non potendosi permettere addirittura di peggio.
    A dispetto di quanto credeva di se stesso, infatti, Atasuke non era una persona spiccata nel ragionamento, ma anzi era probabilmente poco propenso a qualsiasi circostanza che non prevedesse il buttarsi a testa bassa su un campo di combattimento pronto a morire per una “causa superiore” o, in alternativa, per ottenere la massima gloria; non era, insomma, quel genere di persona che lei avrebbe voluto avere accanto in una missione né tantomeno in altre situazioni più drammatiche, e di cui si sarebbe pertanto potuta apprezzare solo l'incrollabile buona volontà e la devozione a fare “sempre la cosa giusta”, delle qualità che non avevano mai smesso di caratterizzarlo...
    ...nonostante tutti quei difetti, però, era un suo compagno. Una persona a cui teneva. E se aveva ragione di credere che la circostanza fosse compromessa tanto quanto temeva –pensò mentre tre figure recanti la divisa di Palazzo Kayoutei entravano nella stanza: una donna dai lunghissimi capelli corvini e gli occhi color dell'ambra, un uomo bruno dagli occhi socchiusi e le mani congiunte in grembo e un ragazzo dai capelli ramati tutti scompigliati–, non intendeva non fare niente e abbandonarlo nel momento del bisogno.
    Erano arrivati insieme. Sarebbero tornati insieme.

    «Cercare di trovare la falla di questa circostanza e girarla a proprio vantaggio, facendo il doppio gioco se necessario, era la via più valida in una situazione come questa.»
    Esordì in questo modo, improvvisamente, la Principessa di Konoha, facendo un piccolo passetto avanti nel guardare prima Sarutobi Uchiha e poi il Daimyo. «Purtroppo però fare una cosa del genere richiede uno spiccato tipo di abilità e sicuramente una situazione che sappia abbracciare più o meno benevolmente il tentativo, e questo è il motivo per cui mi sono astenuta dal provarci, proprio perché non sapevo le conseguenze che sarebbero potute nascerne, e trovandosi sul tavolo di questa trattativa il futuro del mio Villaggio e, più ampiamente, quello del mio Paese, mi sembrava un azzardo eccessivo. Una valutazione del genere, però, era possibile da stimare solo per un infiltrato.» Disse Shizuka, congiungendo le mani in grembo e inchinandosi rispettosamente: era quello il suo ruolo nella società Shinobi in cui avanzava un passo incerto dopo l'altro, ed era impossibile che i due, arrivati a quel punto, non lo sapessero. «...E Atasuke, per sua stessa ammissione, e del resto anche per nostra facile constatazione, non brilla in questo genere di campo. Per la verità sono poche le abilità che può vantare, se non forse solo il grande e plateale desiderio di morire in nome del suo villaggio.» E alzando gli occhi in quelli di Sarutobi accennò ad un sorriso ironico. «Purtroppo, come ogni Uchiha, predilige il sacrificio e l'abnegazione di sé piuttosto che il ragionamento pulito di chi impara a proteggere ciò che ama senza perdere se stesso nel tentativo. E' una cosa genetica, temo.» Disse, sottolineando l'ultima frase con fare divertito. Era evidente, infatti, che i due fossero tanto simili nei modi quanto diversi lo erano nell'esperienza che rendeva il primo un grande ninja e l'altro un bambino presuntuoso. «L'uomo, al pari di un germoglio, tende a crescere storto se non sorretto, e anzi si può dire che molti tra questi semi selvatici non vedono la propria fioritura... e allora mi chiedo, Signori, non è forse apprezzabile il germoglio che riesce a crescere, seppur storto, in un terreno arido che spera di veder divenire fertile?» Domandò, ma poi, portandosi una mano al mento, parve riflettere. «Ci sono molte cose che sarebbe necessario dire in questo momento, ma per quanto mi sforzi nessuna di queste prevede una lode al carattere del mio compagno.» Ammise la ragazza, a disagio. «Atasuke ha un'eccessiva considerazione di sé, non sa quando fermarsi e non è propriamente molto sveglio nonostante creda fermamente il contrario e sembri anche tenerci tanto a dimostrarlo a destra e a manca facendo il fighetto. Credo che l'unica cosa che gli venga bene sia vestirsi con ridicoli abitini a fiori mentre sorseggia sakè pregiato.» Disse a quel punto, improvvisamente, senza la benché minima espressione di rammarico. «La sua ricerca della verità e il voler perseguire la giustizia che crede essere corretta sono il quadro di un carattere ridicolo tanto quanto irritante. Crede di essere intelligente, ma è semplicemente un avventato sciocco. Posso garantirvi che se bisogna scegliere tra due cose, lui farà sempre l'unica sbagliata, e ci crederà pure talmente tanto da avere il coraggio di dare la colpa agli altri se gli andrà male.» E mentre diceva quelle parole sembrava iniziare a irritarsi. In effetti c'erano poche persone che la facevano incazzare così tanto... e già, all'inizio di quella vicenda non aveva contato Atasuke nella lista. «Non conosce i suoi limiti e non riesce a comprendere le situazioni e le persone che si trova di fronte... e questa è la più biasimevole delle mancanze quando si è uno Shinobi.» E a quel punto, ansimando per la velocità con cui aveva snocciolato quelle affermazioni, la ragazza parve esitare.
    Ferma ancora nel punto che aveva guadagnato come proprio, indugiò nel silenzio per un istante mentre i suoi profondi occhi verdi spaziavano sulle pareti di quella sala in cui da piccola aveva così tante volte indebitamente giocato, e per qualche assurda ragione la sua mente si condusse a cose del tutto prive di rilevanza in un momento come quello: a Ritsuko e agli udon che le aveva promesso avrebbe cucinato al suo ritorno, alle campanelle di vetro estive che suo padre aveva detto avrebbe acquistato a Suna nel prossimo viaggio, a quel delizioso vestitino tutto balze che non aveva comprato al mercato del venerdì perché temeva di sembrare una grassa meringa rosa, e infine...
    Chiudendo gli occhi, sorrise con dolcezza.
    «...Ma Atasuke è anche il più giusto dei giusti. E' il bianco più puro, e questo è impossibile che non sia evidente ai vostri occhi quanto lo è ai miei.» Riprese a dire la Principessa di Konoha, portando nuovamente lo sguardo in quello dell'Hokage. «La correttezza delle cose, Sarutobi Uchiha, ha molti aspetti e molte intonazioni. Non esiste l'equilibrio che noi esseri umani cerchiamo così tanto disperatamente, o meglio, non esiste fintanto che lo cerchiamo da soli... ma sappiamo sorreggerci a vicenda, quando riusciamo a trovarci.» E così dicendo aprì istintivamente i palmi delle mani. Queste, pulite e candide, erano segnate da piccole cicatrici e calli che le rendevano molto distanti da quelle di una donna del suo rango. «Il giudizio, dunque, non dovrebbe nascere dal valutare l'errore più comune, ma la ragione dietro ad esso. E pertanto chiedo: le intenzioni di Atasuke Uchiha erano biasimevoli?» Scosse debolmente la testa. «Ogni persona ha i suoi tempi per crescere e maturare, non si può pretendere che le esperienze che ci segnano siano le medesime per tutti... ma come ogni corolla cresce in diversa stagione, si può capire che tipo di bocciolo sarà a seconda del seme da cui si origina, perché una rosa non può diventare un'erbaccia, e un'erbaccia, del resto, ha difficoltà a tramutarsi in una splendida orchidea.» Borbottò, portandosi una mano alla testa. Imbarazzata, abbassò gli occhi. «Sono un po' troppo poetica, temo, ma quello che vorrei far presente è che l'essere “giusti” può esprimersi in molti modi... e una persona saggia sa accogliere ognuno di questi, indirizzandoli perché sappiano valorizzare il giardino in cui crescono.» Disse gentilmente. «Strappare ciò che si crede erbaccia non porterà alla fioritura di niente, ma se si lascerà il tempo alla pianta di crescere e la si curerà, insegnandole lo spazio in cui sbocciare, educandola a non insediarsi altrove, si potrebbero avere delle piacevoli scoperte.» E portandosi una mano al torace, la Principessa dei Kobayashi sorrise. «Io sono l'esempio più vero di quanto ho appena detto: benché sia la più maledetta e corrotta, la più sudicia di tutta Konoha, c'è chi mi ha allevata e amata, c'è stato chi mi ha insegnato che l'orrore che ho dentro può essere la benedizione di ciò che amo. Avrei potuto essere un'erbaccia, ma spero di potermi considerare un fiore che un giorno sboccerà in modo inaspettato.» E così dicendo, si inchinò lentamente. «L'educazione premia, Sarutobi Uchiha, non la punizione. E' venendo guidati lungo il nostro percorso che potremmo imparare a migliorarci. Dateci il modo e il tempo di scoprire i nostri errori e di farli diventare i nostri vanti, dopo averli compresi e mondati, e in questo modo saremo lo scudo che penso vogliate renderci.» Chiudendo gli occhi, la Principessa fu costretta a piantarsi le unghie nelle gambe per costringersi a fare ciò che fece... e cioè inginocchiarsi di fronte a quella persona.

    ...Chi era quell'uomo?
    Non aveva niente in mano per poter smentire le sue parole e dunque la sua identità, ma non si fidava di lui come una bestia non si fida di una trappola creata dall'essere umano, che pur non comprendendo evita con circospezione.
    Aveva paura e sinceramente non si preoccupava di darlo a vedere: temeva per Konoha, era terrorizzata all'idea di dover abbandonare l'amore per la Dinastia Murasaki che tanto le aveva dato e continuava a darle, e in quel momento più che mai era angosciata di non sapere come Atasuke avrebbe pagato la sua idiozia...
    ...Ma non intendeva vedere più nessuno cadere per una sua mancanza. Aveva imparato a sue spese, con il sudore e il sangue, con le lacrime e la disperazione, che finché la situazione non era completamente perduta avrebbe potuto impegnarsi per cambiarla. Per proteggere ciò che amava.

    E lei amava Konoha. Il Paese del Fuoco. La pace in cui era cresciuta. E tutte quelle persone, alcune più sciocche di altre, che rendevano la sua vita la benedizione che, nonostante tutto, considerava la più importante.
    Di fronte a questo sentimento, immenso e sotto un certo aspetto persino strabiliante, l'abbandonare un po' del suo orgoglio e della sua inesauribile fierezza, era un prezzo che riteneva di potersi permettersi di pagare.

    Abbassandosi fino a premere la fronte sul pavimento, Shizuka Kobayashi trattenne il fiato per un attimo, poi sospirò.
    «Non mi inchino perché porto rispetto alla tua carica e alle domande senza risposta che annebbiano questa circostanza. Ma lo faccio perché voglio proteggere l'equilibrio che questa persona mi permette di avere da quando l'ho trovata.» Disse, portando le mani di fronte a sé. «Non c'è errore più benedetto di quello che nasce dal desiderio di aiutare e migliorare. Non c'è domanda più valida di quella che nasce dal dubbio di una mente in continuo entusiasmo. Non c'è persona più apprezzabile di quella che non si stanca mai di sbagliare in nome di un ideale.» Affermò infine, chiudendo gli occhi. «Tutti in questa stanza... tutti siamo creature imperfette. Ma nel nostro esserlo siamo uniche. Solo un occhio esperto può però capirlo. Dunque la mia domanda è, Sarutobi Uchiha, pensi di essere la persona che vanta la saggezza di cui questo Paese necessita?»

    Le risposte, a quel punto, erano solamente due.

     
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    La Fossa







    L’Hokage guardò a lungo Shizuka, come se ne valutasse la tempra morale.

    Nella fossa.

    Sentenziò mentre i tre jonin aspettavano direttive dopo l’intervento di Shizuka, sulla quale restava immobile lo sguardo di Sarutobi, non si sapeva se per osservare le reazioni della kunoichi oppure per non guardare il proprio figlio venir portato via

    Dare le soluzioni corrette una volta che le vengono mostrate tutte quelle errate e le vengono suggerite quelle giuste non è poi così difficile, immagino.
    Ma c’è da apprezzare la volontà di non costringere la propria testa nella ghigliottina.


    Mentre Atasuke avanzava Sarutobi impose il silenzio a Shizuka portando l’indice alle labbra, un chiaro gesto di complicità.
    Poco dopo giunse la seconda mano per comporre un unico sigillo che pareva non avesse dato effetti. Tuttavia sotto il pavimento e lontano dagli occhi dei presenti era stato creato un clone con le sembianze del suo creatore: Raizen. Con rapidi passi avrebbe guadagnato l’uscita da quella che era una stanza speculare a quella del Daimyo per poi recarsi al piano superiore, la maggiore velocità e la sua abilità gli permisero di anticipare il gruppetto che scortava Atasuke senza farsi percepire, per poi aspettarli accompagnato da Susumu –o per meglio dire un clone con le sue sembianze- all’esterno della sala, appoggiato al muro come se aspettasse il suo turno per entrare. Si mostrò sorpreso quando vide Atasuke uscire scortato dalle guardie, ma non commentò se non con una stretta di labbra.
    Una volta sparito dal campo visivo sorrise, gli piaceva pensare a cosa Atasuke potesse immaginare in quel momento, ma soprattutto come avrebbe reagito alla vista della Fossa.
    Non poteva perderselo, chiuse gli occhi e si dissolse.
    Il quartetto intanto uscì dal castello e dopo aver attraversato i prati si spinse fino ai confini con le mura, pareva essere dentro ad esse il punto più lontano dal castello, per meglio dire la botola più lontana dal castello, era grande abbastanza da farci entrare un uomo adulto per volta.
    Venne aperta con una lieve spinta del piede da parte di una delle guardie, pareva essere chiusa ermeticamente ed un lieve botto preannunciò l’ondata di fetore che di li a pochi secondi avrebbe appestato l’ambiente. La fossa sembrava essere quasi un vezzeggiativo per rendere quel luogo meno degradante di quanto non fosse, ma come si poteva constatare attraverso l'olfatto era semplicemente un nome incompleto: fossa biologica era il nome che definiva appropriatamente quella botola, e convogliava i nobili liquami dell'intero castello.

    Dentro.

    Intimò una delle guardie, un ordine secco e perentorio che pareva non ammettere repliche, nemmeno il fetore pareva riuscire ad inclinare gli spiriti dei tre, particolare eccezionalmente importante visto che la puzza era così intensa da riuscire a stordire chiunque, se il ninja avesse esitato sarebbe stato spintonato da quella che per dimensioni poteva essere riconosciuta dal tatto come l’elsa di una katana, poteva sembrare solamente una posizione atta a far crollare anche il più imponente degli orgogli, tuttavia una permanenza prolungata tra quei liquami avrebbe portato senza ombra di dubbio a morte per asfissia!
    Tuttavia, appena prima di poterci entrare due guardie si dissolsero ed una di loro si trasformò in Raizen.

    Dimmi Atasuke.

    A parlare era la copia posta alle sue spalle.

    Hai capito adesso?

    Soffocava a stento le risate, ma se l’uchiha avesse cercato di inquadrargli il volto l’avrebbe visto serio, quasi comprensivo.
    Intanto all’interno Sarutobi era rimasto solo con Shizuka.

    Dovremmo attendere per qualche momento il ritorno di Atasuke temo

    Sorrise mentre si protendeva verso il tavolino invitando Shizuka a fare altrettanto.

    Mi perdoni Kazutoshi-Sama, a scanso di altri imprevisti dovremmo essere presto in grado di tirare le somme.

    Prese qualche boccone di carne secca masticandola come se vi scaricasse parte della rabbia accumulata durante quello scambio di battute, e questa volta non recitava anche se probabilmente lo faceva per motivi ben differenti rispetto a quelli del personaggio che interpretava.

    Ma torniamo a noi Shizuka.
    Che genere di Hokage sono?
    Direi giusto, o almeno spero di esserlo, e a poche ore dalla mia elezione non posso permettere un simile affronto, ricopro una carica che necessita di rispetto assoluto ed incondizionato e se le parole e i fatti non sono sufficienti a mostrarlo… sono costretto a punire.
    Per questo le tue parole hanno sortito un effetto.


    Sospirò

    Conosco Atasuke, ho testato anche io la sua imprudenza, ma come ho già detto c’è un limite a tutto, e le ammonizioni sono tra quelle cose che lo hanno particolarmente ristretto.
    Di pari passo comprendo il suo animo, ma non sempre le cose giuste eticamente lo sono anche nella pratica, un simile comportamento non potrebbe che nuocere al villaggio.
    Tuttavia, le intenzioni non vanno tralasciate, sarebbe una mancanza da parte mia.
    Parimenti, va considerato che ho dato ad Atasuke più di un opportunità di tornare sui suoi passi.


    Si protese nuovamente verso il tavolo, avendo cura di scegliere un boccone di ogni pietanza per farne una manciata variopinta di carni essiccate dalle svariate sfumature.

    E quando non basta la carota si agisce col bastone, è questo ciò che ho fatto, ed è proprio per questo che a breve Atasuke ricomparirà da quella porta, spero chiedendo scusa, penso che gli dei lo premierebbero per un simile passo avanti.
    Siete già degli adulti nel mondo degli shinobi Shizuka, dovete comprenderlo.
    Avete un grado e una posizione ben salda nella gerarchia e simili ruoli non sono da prendere sottogamba, che fine avrebbero fatto dei genin sotto la supervisione di Atasuke ora?
    Ci hai pensato?
    Oppure non vi siete resi conto che l'intera scacchiera è sotto il mio controllo?
    E non solo per la vostra impreparazione, ma anche perchè io mi sono creato tale vantaggio, per cui non bisognerebbe supporre le azioni di un infiltrato ma riuscire ad avviare un meccanismo che vi permetta mediante l'accondiscenza di essere infiltrati e di non esserlo in modo da poter controllare la zona o quantomeno conoscerla.
    Ho cercato di educare, più di una volta, ma sono stato rifiutato e scavalcato nel mio ruolo, dimmi tu se sarebbe giusto permettere che un tale comportamento resti impunito.
    Cosa dovrei insegnare? L’anarchia quando io col ruolo che vesto sono il suo esatto contrario?


    Lasciò passare qualche istante prima di rispondersi da solo.

    No, decisamente no, arrivati ad un certo punto la crescita va stimolata con un po’ di polso fermo altrimenti si ammette indirettamente di aver a che fare con dei mentecatti e credendo io in Atasuke non potrei farlo.
    Ho risposto esaustivamente alle tue domande?


    Concluse accomodandosi al suo posto.

    Dovrebbe essere qui a breve.

    Tornò ad aspettare, o ad ascoltare eventuali risposte da parte di Shizuka.


    Edited by F e n i x - 1/6/2015, 15:15
     
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    VERBAL CROSSFIRE

    I learned that courage was not the absence of fear, but the triumph over it. The brave man is not he who does not feel afraid, but he who conquers that fear.




    Shizuka Kobayashi aveva un carattere forte e incrollabile.
    Educata come la futura Imperatrice di un dominio economico senza confini e successivamente come Infiltrata, la sua mente aveva affrontato ogni genere di addestramento: piegata, schiacciata, dilaniata, ingannata, corrotta... aveva subito questo e molto altro la psiche di quella ragazzina di vent'anni; ragion per cui, quando la voce dell'Hokage suonò nel suo verdetto, ella non si mosse né replicò.
    Immobile nel punto in cui si trovava, ancora con la fronte premuta a terra, la donna alzò lentamente lo sguardo e lo guidò in quello di ghiaccio dell'uomo che sostava di fronte a lei, sopportandone il peso senza tradire nessuno dei sentimenti che le si muovevano in seno.

    Non lo avrebbe ucciso, era chiaro.
    Atasuke Uchiha era un idiota che avrebbe volentieri preso a schiaffi per ore interminabili appena usciti di lì, ma era considerato dal popolo di Konohagakure come un “eroe”, un “pupillo”. Nessuno, al Villaggio, riusciva ad odiarlo. Aveva sperimentato in prima persona il rispetto che tutti provavano per lui e pertanto, se Sarutobi era uomo d'ingegno come riteneva e non lo sciocco appanno di ciò che suo figlio sarebbe forse divenuto in futuro, non lo avrebbe ucciso. La convocazione da parte del Daimyo era un episodio che non passava in sordina, soprattutto se a recapitarlo era un messo imbellettato che chiamava a gran voce persone di spicco del corpo delle Mura. In troppe persone sapevano che era lì.
    Congiungendo le mani in grembo e stringendo le dita le une alle altre fino a far diventare i suoi polpastrelli bianchi, la kunoichi serrò le labbra, scarlatte e secche.
    Certo, se solo avesse voluto ci sarebbero state milioni di possibilità per torturarlo, per snaturare ciò che era la sua mente e il suo cuore. C'erano modi per cambiare irrimediabilmente una persona. Per sostituirla senza che nessuno sapesse...
    ...c'erano modi, nel mondo di silenzi e ombre in cui un infiltrato come lei –come l'Hokage– camminava, da rendere impossibile la sopravvivenza di ciò che buono e giusto c'era a quel mondo.
    In quella realtà, niente era considerato "troppo".

    “Dare le soluzioni corrette una volta che le vengono mostrate tutte quelle errate e le vengono suggerite quelle giuste non è poi così difficile, immagino.
    Ma c’è da apprezzare la volontà di non costringere la propria testa nella ghigliottina. ”



    «Anche seguire la strada che viene indicata spesso non è facile, Sarutobi Uchiha. L'umiltà è una dote che si impara a fare propria sbagliando via.» Rispose la ragazza, sedendosi compostamente sui talloni. La schiena dritta, la nobiltà delle sue movenze, la precisione in cui teneva il collo dritto come un fuso, lineare alla curva perfetta della colonna vertebrale... persino in un momento come quello, quando non era niente più di una volgare Chunin di fronte alle due persone più potenti di un Paese, non riusciva a sembrare meno di ciò che era: una fiera e orgogliosa donna del Fuoco.
    L'educazione che aveva ricevuto, la migliore che si può impartire ad una giovane creatura, aveva forgiato il suo sguardo e il suo portamento con un'eleganza che solo un carattere forte come quello di lei potevano valorizzare persino in una circostanza del genere.
    Non si sarebbe voltata a guardare Atasuke che veniva portato via. I suoi profondi occhi verdi rimasero immobili in quelli del suo opponente, perché di opponente si poteva parlare, ormai.
    Era una lotta di psicologie, quella, e lei non poteva smarrirsi neanche per un istante.
    Stringendo i pollici delle mani congiunte in grembo, la Principessa della Dinastia dell'Airone rimase perciò in silenzio, fino a quando le porte della sala del Daimyo non si richiusero lentamente alle sue spalle. Era sola, ora.

    “Ma torniamo a noi Shizuka.
    Che genere di Hokage sono?
    Direi giusto, o almeno spero di esserlo, e a poche ore dalla mia elezione non posso permettere un simile affronto, ricopro una carica che necessita di rispetto assoluto ed incondizionato e se le parole e i fatti non sono sufficienti a mostrarlo… sono costretto a punire.
    Per questo le tue parole hanno sortito un effetto. ”



    «Non sei ancora un Hokage, Sarutobi Uchiha.» Rispose educatamente la kunoichi. «Una carica non fa la personalità.» Puntualizzò. «Esistono due tipi di rispetto: quello che è doveroso dare, e quello che qualcuno merita di avere. Stai attento a scegliere quale di questi due sentimenti desideri per te, perché è su questo che si fonderà la tua Legge.» E reclinando leggermente la testa di lato, la donna sorrise. Benché apparisse assolutamente tranquilla e rilassata, come si presupponeva fosse una qualcuno sicuro delle proprie capacità, in verità dentro il cuore di lei il monsone del dubbio imperversava. «Ho avuto un maestro che mi ha insegnato il rispetto della gerarchia, che però non ho mai fatto mio. Vivo ritenendo che il mio rispetto e la mia fiducia vadano concesse a chi lo merita, a chi lo guadagna. Applico lo stesso metro di valutazione che voglio sia applicato a me: non ho mai desiderato benedizioni particolari per essere una Principessa. La fiducia del mio Clan me la sto guadagnando un passo dopo l'altro... proprio come nel mondo Shinobi arranco disperatamente cercando di affermarmi, di confermarmi come persona e risorsa.» Chiuse gli occhi per un attimo, prima di proseguire. «Ovviamente, però, ci sono casi che necessitano del “rispetto per la carica”, che a me piaccia o meno. E' una matematica di intelligenza, astuzia e bisogno un po' più raffinata, questa...» A quel punto riaprì gli occhi in un'espressione educata. Tanto educata da lasciare il discorso in sospeso.

    “Siete già degli adulti nel mondo degli shinobi Shizuka, dovete comprenderlo.
    Avete un grado e una posizione ben salda nella gerarchia e simili ruoli non sono da prendere sottogamba, che fine avrebbero fatto dei genin sotto la supervisione di Atasuke ora?
    Ci hai pensato?
    Oppure non vi siete resi conto che l'intera scacchiera è sotto il mio controllo?”



    «E' peculiarità delle persone potenti rimarcare in continuazione l'indice della propria influenza?» Domandò la Chunin, sorridendo flemmatica. «Il controllo della scacchiera si fa senza far capire all'avversario di essere tre mosse avanti, Sarutobi Uchiha.» E anche stavolta, mentre abbassava la testa educatamente, lasciò il discorso in sospeso...

    “E non solo per la vostra impreparazione, ma anche perchè io mi sono creato tale vantaggio, per cui non bisognerebbe supporre le azioni di un infiltrato ma riuscire ad avviare un meccanismo che vi permetta mediante l'accondiscenza di essere infiltrati e di non esserlo in modo da poter controllare la zona o quantomeno conoscerla.
    Ho cercato di educare, più di una volta, ma sono stato rifiutato e scavalcato nel mio ruolo, dimmi tu se sarebbe giusto permettere che un tale comportamento resti impunito.
    Cosa dovrei insegnare? L’anarchia quando io col ruolo che vesto sono il suo esatto contrario?”



    «Non si può punire un animale cresciuto allo stato brado perché non riesce a comprendere l'importanza del recinto entro cui viene posto.» Disse la ragazza, guardando l'Hokage per qualche istante. «Molti di noi Shinobi di Konoha sono cresciuti sotto nient'altro che la benedizione del Fuoco, guardando da soli i propri passi e cercando di camminare sempre nella direzione che veniva reputata migliore.» Continuò con voce leggera. A dispetto del soave suono delle sue parole, queste stoccavano però come una lama fine e doppia su una ferita già aperta. «Sono molti anni che il Villaggio della Foglia non vede l'educazione di una carica vera... e non tutti sono stati fortunati come me. Io ho avuto un maestro, Sarutobi Uchiha, e a quel maestro devo molto di ciò che sono ora. Altre persone invece, come Atasuke, non hanno avuto la stessa fortuna e si sono forgiate da sole, con la forza della propria volontà.» Osservò, puntando il dito indice sul suo ginocchio sinistro, iniziando poi a tracciare un cerchio. «Entrambe le posizioni sono meritevoli di rispetto, poiché entrambe hanno intrapreso un cammino. Ciò che chiami Anarchia è la Volontà del Fuoco, Sarutobi Uchiha... ciò che ci ha permesso di continuare ad andare avanti, di conquistare con le unghie e con i denti quello che ci sarebbe probabilmente spettato di diritto.» E così dicendo sorrise di nuovo, gentilmente. «Il tuo tentativo di “insegnare” non ti rende automaticamente un “insegnante”. Quello invece che ha permesso però ad Atasuke di “insegnare” lo ha reso tale, e ciò di cui parlo è stata la voglia di riprovare ad ogni fallimento senza apporre nessuna punizione, comprendendo che l'errore di un allievo nasce da quello precedente del maestro. Per questo motivo i Genin che Atasuke ha guidato hanno imparato a forgiarsi da soli allo stesso modo del loro mentore, guardando avanti e a loro volta crescendo altri. Questo è il Fuoco che arde nel nostro Paese.» Disse, raccogliendo di nuovo le mani in grembo, compostamente. «Il nostro sguardo è sempre puntato di fronte a noi.»

    “No, decisamente no, arrivati ad un certo punto la crescita va stimolata con un po’ di polso fermo altrimenti si ammette indirettamente di aver a che fare con dei mentecatti e credendo io in Atasuke non potrei farlo.
    Ho risposto esaustivamente alle tue domande?”



    A quel punto la kunoichi, sorridendo ancora una volta, finì di ascoltare le parole dell'Hokage in silenzio prima di inchinarsi. I suoi lunghissimi e setosi capelli castani, benché raccolti, caddero attorno a lei come una cascata, coprendo per un istante il suo volto.
    «Certo, Sarutobi Uchiha.» Si limitò a rispondere.

    […] Vi era una Principessa, a Konohagakure no Sato.
    Ella, allevata da una Volpe nel segreto delle foreste sempreverdi del Paese del Fuoco, era cresciuta con la benedizione di un'intelligenza senza paragoni, ma una lingua tagliente come quella di uno Yokai.
    Si diceva di lei che fosse impossibile comprendere cosa realmente pensasse: astuta, accorta, colpiva e poi leniva, avvelenava per poi mondare. L'alternanza delle sue espressioni e dei suoi sentimenti era simile alle sfaccettature di un cristallo posto sotto il Sole, imprevedibile, abbagliante e spesso fastidioso... ma proprio per questo l'arma più raffinata. Qualcosa che andava oltre la forza e l'abilità in guerra.
    Ella deteneva la potenza di combattere con le parole, di vincere senza scontrarsi, di ghermire comprendendo, di accettare laddove risultava impossibile.

    Ella, la Principessa Tempesta del Villaggio della Foglia, era stata cresciuta da una Volpe, e da questa temprata per essere la più ferma e la più certa.
    La roccia a protezione di un tempio.
    E quel tempio era Konoha.

     
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  13. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~La Fossa~


    Atasuke, alla fine, sembrava aver fatto un'errore, o quantomeno, questo era ciò che quella figura voleva dimostrare con le sue parole e le sue teorie. Teorie e spiegazioni, che come le precedenti parole, risuonavano vuote nella mente dell'Uchiha, false, e tediose.

    “Ti è sufficiente la mia espressione oppure devo spiegarti che generalmente un racconto reale è tale proprio perché è perfetto? E viceversa, ovviamente.
    Non mi sembra si possa accusare un uomo di “troppa veridicità della sua storia” se questa lo scagiona.”


    °Se ci si limita ad osservarne la superfice... Ma una storia “perfetta” non è strettamente una storia reale...°

    “Ammesso e non concesso questo, aggiungi che anche il daimyo è coinvolto in tutto questo, volontariamente o meno, e la tua maggior preoccupazione è farglielo notare?
    Astuto, senza dubbio.”


    «Sbagli, ma in fondo non mi aspetto di meno da un'uomo che si aspetta possa credere alla sua storia, visti i precedenti. E ci terrei a porre una nota su un dettaglio: Una storia vera certo può risultare “perfetta”, ma di certo una storia “perfetta” non è certamente “vera”. E fare un'errore simile, pensando che sia una proprietà comune che leghi il “perfetto” al “vero” in entrambi i versi, in un mondo dove con una semplice tecnica da studenti chiunque può diventare perfettamente uguale a qualcun'altro, è quantomeno sciocco e mette automaticamente a cadere la vostra stessa difesa. Senza contare che avete cercato di aggirare le mie parole, accontentandovi di leggerne solo la parte che vi interessava. Tutta la storia è troppo leggendaria per essere presa per valida e questo è il punto. Il fatto che appaia addirittura studata a tavolino, è solo un dettagli aggiuntivo che corrobora le mie idee»


    Non potè trattenersi dal rispondere a quelle parole. Per quanto sapesse di essere in una pessima situazione, sapeva anche che non era messo troppo male. In fondo, poteva rischiare il suo titolo, forse qualcosa di più, ma sapeva anche che troppi sapevano dove era stato convocato e che quindi difficilmente ne sarebbe uscito morto.

    “ti impedisce di comprendere più di un movimento della scacchiera per volta Atasuke e mentire riguardo ad essa.”

    °Oppure guardo ben più pezzi ma lascio credere agli altri di vederne solo uno°


    Evitò di rispondere a quel punto. Sapea che eventuali parole aggiuntive non sarebbero servite a nulla se non a peggiorare solo la situazione sotto ogni singolo fronte, portandolo addirittura a smascherare ogni singola mossa. Certo, aveva messo tutte, o quasi, le carte in tavola, ma non era tanto stupido da sprecare anche gli assi come invece la sala sembrava convinta avesse già fatto.

    “Riguardo i clan, dimmi, pensi davvero che qualche missione ti abbia permesso di ingraziarti gli Uchina?
    Non pensi che forse dovresti riconsiderare l’influenza di un misero genin e forse comprendere che qualcuno di ben più importante ha agito per te permettendoti di avere un posto nella società per rimediare, seppur in maniera insufficiente, alla mancanza di un vero padre?
    Ma forse anche questo è troppo perfetto per essere credibile.”


    «Credete forse me ne importi qualcosa dello sguardo benevolo del clan? Certo, qualcuno potrebbe aver agito per me, ed immagino siate addirittura stato voi a combattere contro il Gobi al posto mio o nel paese del Riso contro gli abomini liberando un villaggio e preparando il contrattacco»


    Rispose con sincera ironia. Su quel punto il misterioso figuro non aveva appigli di alcun tipo. Arrivare addirittura ad insinuare che nulla delle sue azioni fosse servita a qualcosa, ma che fosse tutto merito suo o di qualcun'altro, era addirittura troppo per poter essere vero, specie quando a parlare era una figura su cui aveva decisamente forti sospetti.
    Tacque poi sul come aveva fatto a rispondere alla sua illusione, anche se nella sua mente solo due possibilità rispondevano alla domanda retorica: La mancanza di un reale ricordo o lo Sharingan stesso. Delle due, però, poteva secludere il secondo. Per quanto abile il padre potesse essere, non era mai accaduto che qualcuno potesse addirittura sfruttare lo sharingan senza nemmeno attivarlo ed in quello scambio di sguardi avrebbe quantomeno dovuto notare il cambio di colorazione dell'iride.
    Rimase tuttavia sorpreso, anche se decisamente in maniera poco piacevole nel sentire nominare il nome di sua madre da quell'uomo.
    In un primissimo istante, ebbe un sussulto, quasi un senso di timore, come se si fosse pesantemente sbagliato, anche se il suo ragionamento sedò quel pensiero ribelle, riportandolo sul suo obbiettivo.
    In fondo quell'uomo sembrava sapere parecchie cose, ed in effetti come lui stesso era riuscito ad ottenere quel nome, anche qualcun'altro avrebbe potuto farlo. Certo, la coincidenza era forte, ma non impossibile ed avrebbe avuto il piacere di scoprire la realtà in un'altro momento.

    “A causa del tuo cosciente perseverare nell’errore seppur esortato e posto al corrente delle prove necessarie a far cessare le tue infondate accuse, sei da questo momento accusato di vilipendio, verrai imprigionato e custodito in attesa di giudizio!”


    Con quelle parole, i tre jonin sbucarono, palesemente intenzionati a portarlo via con se. Atasuke riuscì a trattenere il riflesso automatico che gli indicava di afferrare la spada, accontentandosi semplicemente di alzarsi senza però celare il suo sguardo deciso verso l'uomo che continuava a dire di essere Sarutobi Uchiha.

    “Non opporre resistenza, sarà tutto molto più semplice.
    Ora portatelo via da qui devo concludere con l’erede dei Kobayashi.”


    °Addirittura tre uomini solo per me? Sembra che mi ritengano seriamente una minaccia°


    A quel punto, Shizuka partì con la sua oratoria. In un primo momento, Atasuke non apprezzò in alcun modo le parole della Kunoichi, anche se ben sapeva di aver dato quell'immagine di se sino a quell'istante, quindi non se ne fece una colpa e si limitò ad ascoltare, nella speranza che in qualche modo l'ispirato discorso portasse a qualcosa di utile, almeno ai fini di quella spiacevole situazione.
    Per sua sfortuna, però, tutte quelle belle parole, quei ragionamenti e quant'altro non servirono a nulla, dato che il verdetto fu unico ed inequivocabile.
    A quel punto Atasuke non aggiunse altro, né volle concedere il piacere agli astanti un cambio di espressione. Si limitò semplicemente a seguire la via che gli veniva indicata dai tre.
    Venne quindi condotto fuori, notando poi Raizen in compagnia di Susumu all'ingresso della struttura. Non riuscì a trattenere uno sguardo di stupoe nel vedere Raizen in quel punto. In fondo, non doveva essere li, o almeno, non secondo la sua teoria.
    In quell'istante, tutto il suo mondo parve crollare e si chiese se non avesse realmente sbagliato tutto in quel suo ragionamento. Evitò di dare a vedere i propri sentimenti, limitandosi semplicemente ad avanzare, continuando a guardare davanti a se, buttando giusto un'occhio per verificare le direzioni in cui si stava dirigendo, cercando di capire dove lo stessero conducendo.
    Alla fine, si fermarono davanti ad una botola, parecchi grande, che Atasuke non fece fatica a riconoscere. Nelle sue svariate ronde, aveva già osservato diverse botole, spioncini, griglie e quant'altro ed in tutto questo, aveva notato una caratteristica comune: Tutte avevano degli specifici dettagli per indicare quale tipo di condotto nascondevano e quella era del sistema fognario, probabilmente del castello.

    “Dentro.”


    Il fetore che saliva dalla botola appena aperta non lasciava scampo, quel luogo era realmente il condotto fognario del castello e sembrava che volessero costringerlo ad entrare all'interno dello stesso come “punizione”.

    «State scherzando, vero? Quel posto è chiuso da chissà quanto tempo ed i gas sprigionati mi farebbero crepare per asfissia in appena una ventina di minuti»


    In risposta sentì solo una spinta sulla schiena di un qualcosa, forse un bastone, o più probabilmente l'elsa di una katana. Segno che evidentemente i tre non sembravano voler accettare repliche.
    A quel punto la situazione era decisamente assurda. Da una parte c'era uno che sembrava essere suo padre e che forse lo era sul serio, dall'altra parte, si stava trovando in una sorta di pena prestabilita che tuttavia non aveva ne il senso ne i fondamenti per essere applicata, ed in'ultimo c'era quella convocazione. A che scopo poteva essere stato convocato dunque? Per il semplice gusto di poterlo umiliare? Per avere realmente il suo appoggio? Sapeva benissimo che dopo una tale umiliazione, al più si poteva aspettare un nuovo traditore più che un supporto, quindi tutta quella storia puzzava (in tutti i sensi) di strano.
    Non ebbe molto tempo per decidere, quindi si incamminò, compiendo alcuni passi verso la fossa, preparandosi ad un'eventuale fuga di emergenza. Per sua fortuna si trovavano estremamente distanti dal castello ed il territorio esterno si poteva raggiungere con rapidità.
    Quando stava per compiere l'ultimo passo però una voce familiare, anticipata dal suono di due cloni che svanivano, attirò la sua attenzione, portandolo a fermarsi ed a voltarsi per vedere con i suoi occhi se aveva udito bene.

    “Dimmi Atasuke. Hai capito adesso?”


    Rimase incredulo nel vedere che alle sue spalle, si trovava proprio il colosso, come la sua voce aveva anticipato. Rimase alcuni istanti ad osservarlo con attenzione, chiedendosi se non fosse una qualche forma di illusione o non ci fosse dietro qualcosa, ma alla fine la sua mente gli volle dare una risposta, che per quanto potesse non essere propriamente confermata, almeno gli permetteva di provare ad avanzare qualche ipotesi.

    «A questo punto, inizio ad avere dei dubbi in merito... Anche se mi pare chiaro che ci sia tu dietro a tutto questo, in un modo o nell'altro... Magari potresti avere il buon gusto di dirmi che diavolo sta succedendo... Oppure volevi solo dirmi in maniera poco velata che mi sono messo nella merda fino al collo?»


    A quel punto si era completamente voltato verso il colosso e si era nuovamente allontanato di qualche passo dalla fossa, a cui, ora, stava dando le spalle. Necessitava di risposte, ma prima doveva capirci qualcosa.
     
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    Più Shizuka parlava più il volto di Sarutobi pareva acquisire la mimica di una persona a lei molto cara, fino ad esplodere, probabilmente confermando i dubbi della kunoichi.

    Per gli dei che palle che fai Shizuka!
    Taglia corto, china la testa e chiedi perdono.


    Si mise braccia conserte ed attese prima di disfare la trasformazione riacquisendo le sue insolite sembianze eleganti.

    Beh?
    Non avrai creduto che mi sarei presentato dal Daimyo in ciabatte spero!
    Speriamo che mister fiorellino si sbrighi.


    Tornò ad aspettare mentre assumeva una posizione lievemente più comoda ma scomposta, incrociando le braccia sul davanti per potervi appoggiare i gomiti.

    [esterno]

    Raizen guardò Atasuke a lungo, concedendosi una smorfia prima di rispondere.

    Certo che sei confuso, ci sono cose per cui non sei decisamente portato, fattene una ragione.
    Ma ora rientra, capirai tutto.
    E stai attento, non sono generoso come tuo padre, dopo l’ultima non do altre possibilità.


    Secco e perentorio chiuse il discorso, dissolvendosi senza prestare attenzione ad eventuali repliche.

    […]

    L’attenzione del Colosso si risvegliò non appena la porta si mosse, costringendolo a riportare in posizione eretta la schiena, non erano passati che pochi minuti da quando aveva chiesto ai presenti di aspettare, anche se per lui l’attesa pareva essere stata divertente vista la risata tra i denti che gli scappò durante l’assenza dell’Uchiha.
    Ciò che accompagnava il guardiano delle mura di Konoha tuttavia non era piacevole, pareva si fosse portato dietro una fetta della Fossa appresso senza rendersene conto, probabilmente a causa del naso viziato dall’intensità del tanfo.

    Oh, Atasuke, è un piacere riaverti qui.
    Ma direi che non possiamo potrarci oltre.


    Così dicendo lasciò la parola al Daimyo che fece nuovamente le presentazioni, probabilmente più orgoglioso di quanto non fosse durante la prima.

    Il motivo di tutto questo non è difficile da comprendere, siete stati messi alla prova così come lo sono stato io.
    Shizuka, in quanto tuo maestro non posso che essere orgoglioso del rispetto che mostri nei miei confronti, e nella fiducia che riponi in me, ma soprattutto nel villaggio.
    Atasuke, per te il discorso è differente. Non siamo mai stati vicini e difatti in questa sala tu sei stato il problema maggiore, o meglio, il tuo carattere merdoso.
    E fidati, se io ti do di merda sei davvero in basso.
    Motivo?
    Potrai disquisire di pedine e scacchiere quanto vorrai, ma fino a che non ti renderai conto che eri a malapena un pedone che veniva attaccato dal suo stesso esercito… sarai ben lontano da comprendere i tuoi errori.
    Ma siete qui per un motivo ben più alto, io vi conosco, so chi siete ma il Kazutoshi sama non vi conosce quanto me, per questo ho dovuto dimostrargli che la vostra fiamma brucia oltre il vostro stesso corpo.
    Certo, a cuocervi troppo non fate un buon odore.


    Disse mentre guardava Atasuke.

    Il discorso in realtà è lungo, e non è necessario dirvi tutto, ma risponderò alla vostra curiosità più grande:
    non ci sono vostri superiori di grado perché non posso fidarmi di loro come di voi, una delle poche cose vere che ho detto mentre interpretavo Sarutobi.
    È giunto il momento che la vostra fedeltà porti frutti al villaggio più concreti delle parole.
    Shizuka.


    Sospirò, sembrava che qualcuno gli avesse gettato una manciata di makibishi dentro ai vestiti, era più che evidente che voleva togliersi di mezzo il prima possibile e il doversi dilungare iniziava a tediarlo nel profondo.

    Sarai il nuovo capo della squadra medica, Konoha ha una penuria non indifferente di ninja con le tue capacità ed è necessario che tu ricopra tale ruolo che include quello di primario all’ospedale della foglia, compito in cui verrai istruita da Iron Tobi fino ad apprendere al meglio i tuoi doveri.
    Atasuke, sarai capo dei guardiani, ma da qui fino a data imprecisata mi fornirai rapporti su ogni persona in ingresso al villaggio in modo che io possa tenere sotto controllo il tuo operato fino a che non ti reputerò in grado di essere indipendente.
    Accettate?
    Abbiate la buona coscienza di rispondere con sincerità, perché con me le bugie hanno le gambe corte, ma a palazzo Kayokutei non hanno la testa.


    Concluse cedendo ai due la parola, ma era evidente che su Atasuke avesse posto un attenzione particolare, era probabilmente quella l’ultima possibilità di cui parlava…?

    Ed ora chinatevi ed iniziate a scavare con la vostra fronte fino ad arrivare dall’altro capo del mondo, e sperate sia sufficiente per farvi perdonare del vostro comportamento all’interno della dimora del signore del fuoco.

    Si sarebbe alzato e li avrebbe piantati li, ma purtroppo doveva attendere la chiusura del Daimyo e salutarlo con i dovuti salamelecchi.
     
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    DEVOTION

    Loyalty and devotion lead to bravery.
    Bravery leads to the spirit of self-sacrifice.
    The spirit of self-sacrifice creates trust in the power of love.




    Immobile nel punto in cui ancora sostava in ginocchio, la kunoichi spalancò la bocca e sgranò talmente tanto gli occhi che per un attimo ebbe la netta sensazione che questi avrebbero potuto rotolare sul pavimento. Reclinando leggermente la testa di lato, la ragazza tentò un numero indefinito di volte di dire qualcosa, ma non riuscì a far altro che articolare qualche suonino strozzato, fino a quando infine, con plateale prevedibilità, intonò un incredulo: «Ti ammazzo.»
    Balzando in piedi mentre avvampava furiosamente la Principessa di Konoha gemette. Il viso e persino la punta delle orecchie erano diventate di un preoccupante rosso fuoco e lei, barcollando sul posto per un istante, non poté che portarsi le mani alle guance, fissando un punto indefinito dello spazio tra Raizen e il Daimyo.
    […] Temendo l'irrimediabile aveva passato ore a tessere le lodi di quell'animale del suo maestro, a mostrare il suo lato più umile e debole di fronte al Drago del Fuoco cui aveva sino a quel momento offerto solo la più raffinata interpretazione di una vera Principessa. Anni di sacrificio per costruirsi un'immagine fiera e forte, indistruttibile e tagliente... perduti per sempre. Certo, ne sarebbe valsa la pena se la situazione fosse stata seria, ma ora? Cosa aveva affrontato, precisamente? Una presa di giro...?
    Rossa in volto, Shizuka sentì due enormi lacrimoni fare capolino sul viso e, un attimo dopo, stava già tirando su con il naso per cercare di impedire a quel poco di dignità che le era rimasta di andarsene per sempre.
    «Sei una persona orribile.» Sentenziò alla fine, in direzione di Raizen, coprendosi il viso con un braccio. «Credevo che Kazutoshi Murasaki-sama fosse coinvolto in chissà quale progetto illecito... e che tu fossi nei guai...» Gemette, premendosi il viso. «E se fosse successo qualcosa ad Atasuke non me lo sarei perdonato... ero disperata, non sapevo cosa fare... pensavo di dover uscire di qui il prima possibile per correre a riferire tutto a te, Norio, Isamu-jii, mio padre e mia madre...» Esitò per qualche istante, tirando su con il naso. «...se avessi di nuovo sbagliato e Konoha avesse di nuovo pagato il prezzo della mia idiozia, io non... C-credevo fosse arrivato il momento di mettere sul tavolo la mia vita per il futuro del Fuoco.» Poi, senza mezzi termini, aggiunse con profonda sincerità: «Ero terrorizzata.»
    A differenza di tanti altri Shinobi Shizuka Kobayashi non aveva mai rinnegato il suo essere una donna prima che una ninja e pertanto non si era mai vergognata di ammettere di provare paura. Aveva del resto già visto quale poteva essere il prezzo della sua negligenza e ne aveva già pagato il salato risultato. Un fio che era sicura di non potersi perdonare mai a dispetto di qualsiasi cosa "buona" si impegnava ogni giorno a compiere. Aveva capito allora che significava questo essere una “maledetta dall'odio”. Non c'era del resto dannazione peggiore di quella che è impossibile da dimenticare. Non esistevano maledizioni che non fossero inflitte dall'uomo per l'uomo.
    «Credevo che se avessi fatto qualche scemenza sarebbe successo l'irrimediabile... brutto deficiente!» Proruppe allora, scoppiando infine a piangere, ignorando sia lo sguardo stupito del Daimyo che quello di Raizen. La tensione accumulata fino a quel momento si scioglieva... e nel caso di una bambina piagnucolona trovava una sola via per farlo. «Ti sei divertito o cosa? Pensavi che avrei agito in che modo, precisamente? Riuscirai mai a fare una qualsiasi cosa senza essere stronzo?» Strillò la kunoichi, tirando ancora una volta su con il naso gocciolante. «Mi hai presa in giro! Mi avete presa in giro!» Piagnucolò, fissando male pure il Daimyo. «E adesso mi volete dire a cos'è servito tutto questo teatrino? Per fare cosa, eh? Per fare cos-...cos-a...?»

    Silenzio.
    Improvvisamente la Principessa parve realizzare il senso della faccenda, riunendo in un istante tutti i pezzi in un unico grande puzzle.

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    «Gli Dei ti perdonino.» Gemette a quel punto, spalancando di nuovo la bocca. Il viso bagnato di lacrime si stirò in un'espressione sconcertata mentre la ragazza si abbassava verso il basso e protendeva le braccia di fronte a sé, con le spalle curve. «Hokage?» Disse a quel punto, sconvolta. «HOKAGE?» Ripeté, alzando di otto none la voce e sbattendo poi gli occhi per far volare via i cristalli di lacrime che le imperlavano le lunga ciglia castane. «TU HOKAGE!» Insistette, girandosi a quel punto verso il Daimyo che, per tutta risposta, ghignò ironico mentre si copriva con una manica il viso comicamente contratto. «MA CHE SEI DIVENTATO PAZZO, OH?! TI AVEVO CHIESTO DI DARE UNA LETTERA AD AKIHIKO NON DI VENIRE A FARE IL TEST D'INGRESSO PER DIVENTARE HOKAGE!» Ruggì, furiosa. «SEMPRE CHE CI SIA UN TEST D'INGRESSO PER FARE L'HOKAGE!» Aggiunse subito dopo, nel dubbio. «BEH NON E' RILEVANTE! MA CHE SIAMO USCITI DI SENNO?!» E per mantenere fede alle sue parole avanzò verso Raizen, sulle ginocchia del quale avrebbe tentato di saltare con l'idea di afferrargli la testa tra le mani e tirargli poi una testata. Non che credesse seriamente di poterci riuscire, fermo restando che anche se la Volpe l'avesse fatta avvicinare con ogni probabilità la sua testaccia di legno avrebbe sbalzato indietro lei... ma non aveva rilevanza. Anche perché, oggettivamente, non vi era rabbia o un reale risentimento in quei gesti, quanto piuttosto quella forma di incredulità offesa che Shizuka era solita esternare in modo pratico, e cioè con le mani. «CI SARA' MAI UNA VOLTA IN CUI FAI LE COSE AVVERTENDOMI IN ANTICIPO PER EVITARE CHE MI PRENDANO INFARTI, EH?! NON SONO IMMORTALE TESTA DI LEGNO!» Avrebbe strillato la ragazzina, cercando di scuotere l'interlocutore. Dietro di questo, palesemente stupito, il Daimyo fissava la Principessa che si diceva sarebbe presto diventata sua nuora con una vaga nota di entusiasmo nel viso. «TE LO CUCIO ADDOSSO IL MANTELLO DA HOKAGE! CON FIL DI FERRO E AGHI CHIODATI! ...E VOI NON DITE NIENTE MURASAKI-SAMA?! VI SIETE PROPRIO DIVERTITI A PRENDERMI IN GIRO, EH?!» Strillò, puntando un dito indice verso il Re Dragone prima di rendersi conto di ciò che stava facendo e abbassare immediatamente il braccio, facendosi prima rossa poi bianca come un cadavere.
    «Oh beh...» Avrebbe risposto questo, inarcando un sopracciglio, ma senza aggiungere altro, lasciando perciò la frase in sospeso quel lasso di tempo sufficiente a ricordare a Shizuka cosa stava realmente accadendo: si trovava a Palazzo Kayoutei a cercare di prendere a ceffoni il nuovo Hokage di Konohagakure no Sato, di fronte al Re Dragone del Fuoco Kazutoshi Murasaki che era il Daimyo del suo Paese e suo futuro suocero, mentre vestiva di pelle e cuoio e aveva il trucco tutto sbrodolato per aver pianto come una bambina fino a due istanti prima.
    Facendosi rigida come una statua di sale, Shizuka esitò.
    «Vogliate scusarmi.» Disse a quel punto, allontanandosi da Raizen con eleganza. Cercò di spolverare lui le spalle, ma visto che arrivò a malapena a toccare la punta di queste, lasciò presto perdere.
    Voltandosi di scatto la kunoichi si allontanò dalla pedana rialzata su cui si era prepotentemente imposta e a rapidi passi si riportò nel punto iniziale dove, inginocchiandosi rapidamente nel dare le spalle ai due Sovrani, avrebbe tirato fuori dalla sua saccoccia ninja una piccola trousse a forma di orsetto rosa con cui si sistemò rapidamente il trucco. Un secondo dopo, perfetta e impeccabile, si girava sorridendo con fascinosa convinzione.
    Sconvolta, certo. Ma con il trucco impeccabile.

    […]



    L'attesa di Atasuke fu breve, poiché venne ricondotto presso la Sala Prima con una certa celerità rispetto a quanto la Principessa di Konoha si sarebbe immaginata. Voltandosi in direzione della porta, la kunoichi parve all'inizio sinceramente felice di rendersi conto che il compagno sembrava perfettamente sano...
    ...ma quando questo andò ad occupare nuovamente il posto che era stato suo fino alla sua dipartita, e dunque pericolosamente vicino a quello di Shizuka, la ragazza non poté fare a meno di arricciare il naso, portandosi una mano al viso.
    «Atasuke, ti voglio profondamente bene e non so cosa potrei fare senza di te...» Disse a bruciapelo, a bassa voce e in direzione del Chunin, mentre Raizen e il Daimyo riprendevano posto l'uno accanto all'altro sulla pedana. «...ma puzzi di culo di vacca. Che ti hanno fatto?» Aggiunse, trattenendo a stento un conato di vomito. In effetti l'Uchiha emanava quel piacevole e floreale odore di sterco e marciume che non era mai riuscita a farsi andare giù e per quanto la kunoichi cercò di non darlo a vedere, ritornando con lo sguardo verso i due signori della Sala, la sua faccia a virgola parlava chiaramente su quello che stava pensando in quel momento. Nonostante quel puzzo intollerabile, comunque, Shizuka non disse niente. Conosceva abbastanza bene Raizen da sapere che se si fosse lamentata dopo la reazione di poco prima come minimo il Jonin le avrebbe riservato lo stesso trattamento che aveva avuto la premura di infliggere ad Atasuke, qualunque esso fosse. Ascoltò dunque le parole del nuovo Hokage in silenzio, ma a differenza di quanto avvenuto fino a quel momento con una tranquillità che ben presto distese la sua espressione in quella serena di chi ascolta un dialogo di cui non ha ragione di dubitare.

    “Shizuka, sarai il nuovo capo della squadra medica, Konoha ha una penuria non indifferente di ninja con le tue capacità ed è necessario che tu ricopra tale ruolo che include quello di primario all’ospedale della foglia, compito in cui verrai istruita da Iron Tobi fino ad apprendere al meglio i tuoi doveri. ”



    «Ah?!» Esclamò a quel punto la Principessa della Foglia, allibita. «Capo della Squadra Medica?!» Gemette con voce strozzata. A differenza di quello che ci si sarebbe aspettati da un simile onore, la ragazza si fece improvvisamente pallida e per un attimo boccheggiò a vuoto, fissando Raizen come se fosse diventata incapace di parlare. «Io? Non credo di essere all'altezza...cioè, ho ancora molto da imparare...non sono ancora capace di fare Fuuinjutsu contenitivi, nel senso...» Spiegò, iniziando a gesticolare, com'era solita fare quando diveniva molto nervosa. «Io non penso di poter...cioè curare la gente non è uno scherzo... voglio dire, gestire un team medico non è semplice...» Alzò il dito indice fissando il pavimento e cominciando a fare una serie di stime a bassa voce prima di grattarsi la testa. «...E' una Squadra Speciale, Raizen. Pensi davvero che io abbia le qualità per un ruolo del genere?» Domandò infine, quando parve aver fatto chiarezza nella sua mente. Alzando gli occhi verdi in quelli scarlatti del Jinchuuriki, la Principessa esitò. «Comprendo il tuo punto di vista, ma...» Abbassò lo sguardo, mortificata e irritata allo stesso tempo. «...ci sono Shinobi medico molto più potenti di me e altrettanto fidati. Tobi-sama dovrà fare molto più che istruirmi. Norio Uchiha ha impiegato mesi solo per addomesticare il mio chakra al mio volere.» Chiuse gli occhi, premendo i palmi aperti delle sue mani sulle ginocchia. Benché il suo volto non tradisse nessuna esitazione se non quella delle sue parole, la kunoichi dubitava, e forse l'unico a poterlo comprendere era proprio Raizen. «Ho paura di non essere all'altezza dell'incarico di cui tu mi onori.» Ammise infine. «Ho sempre desiderato scalare la vetta shinobi. Essere una tua pari e poterti supportare senza limitarmi a guardare le tue spalle è ciò che ho sempre voluto, lo sai, ma...» Ma non era pronta. Non era ancora capace.
    Raizen non era una persona così gentile da sopportare le sue paranoie. Il suo rapporto con lui, prima come maestro e allieva, poi come compagni di team, si era sempre basato su una semplice domanda: “Puoi farlo” o “non puoi farlo”? Quale delle due?
    Chiudendo gli occhi la Principessa del Fuoco se lo chiese con sincerità: poteva oppure no?
    Cosa la distanziava dal grande Shinobi che aveva sempre voluto diventare? Cosa c'era che le impediva di essere...
    Reclinando leggermente la testa di lato, lasciando che i capelli castani le accarezzassero e poi scoprissero il collo nudo, la ragazza alzò una mano a sfiorare la sua cicatrice, facendo passare le dita lungo quell'orribile segno.
    Aveva dato tutto per Konoha. Sarebbe stata pronta a morire per i suoi concittadini. Il suo cuore era sempre appartenuto al Fuoco, prima come mercante e poi come ninja.
    E già, in tutti quei bei discorsi c'era qualcosa che poteva fare solo lei. E in effetti no, nessuno era altrettanto bravo, in quello...
    Sorridendo, scosse la testa.

    «Accetto con onore il ruolo di Capo della Squadra Speciale Medica. Farò l'impossibile per tenere alto il nome di Konoha.»



    Riportandosi di nuovo in ginocchio, la kunoichi premette di nuovo il pugno sul pavimento di legno, abbassando la testa e chiudendo gli occhi.

    «Ancora una volta giuro fedeltà a Konohagakure no Sato e Raizen Ikigami, Decimo Hokage della Foglia. Il mio corpo e la mia anima saranno protese al vessillo del Fuoco, nel rispetto e nell'onore del Re Dragone. La Volontà del Fuoco arderà in me finché ciò che di terreno possiedo non tornerà alla cenere che mi ha dato vita.»



    Recitò.

    «Shizuka Kobayashi, Principessa della Dinastia dell'Airone e Chunin della Foglia, devolve ai suoi Signori la totale devozione della sua carne e del suo spirito.»



    E stringendo i denti, sorrise.

     
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