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"Free" Asgharel, Fenix

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  1. Asgharel
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    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Assalto a villa Kobayashi~


    I tre sottoposti di Atasuke si presentarono con un perfetto inchino, con lo stupore di Atasuke nel vedere che per una volta anche Sougo sembrava intenzionato a fare il suo dovere come si conveniva.
    Fatto rapporto all'Hokage, il team senza esitare estrasse da sotto al mantello la propria maschera, celando a questo punto il volto. A quella specifica richiesta, Atasuke comprese fino a che punto Raizen intendesse spingersi con quella scenetta.

    “E ora andiamo, sfrutteremo i tetti perché non ho voglia che ci vedano sfilare in pompa magna dentro il villaggio in tenuta da battaglia, soprattutto per andare dai Kobayashi.”

    «Ricevuto Hokage-sama»


    Rispose marziale Atasuke prima di voltarsi verso i suoi uomini.

    «In formazione a cuneo dietro a noi, voglio che stiate attenti a non dare nell'occhio, intesi? On dobbiamo allertare la popolazione più di quanto non sia necessario. Per il resto, sapete qual'è il vostro compito. Intervenite solo in caso di attacco o di ordini diretti da parte mia o dell'Hokage»

    “Ricevuto”


    Risposero in coro alle ultime direttive di Atasuke. In risposta, egli fece loro un cenno d'intesa con il capo, lanciando un'ultimo sorriso soddisfatto prima di indossare a sua volta la maschera voltandosi nuovamentte in direzione dell'Hokage, facendogli cenno con il capo di partire. Il team era pronto e si mosse rapido alle spalle del colosso che li guidò rapido direttamente alle porte di villa kobayashi, dove con non poca teatralità iniziò ad urlare marziale ordini rivolti al capoclan dei Kobayashi.
    L'abiente, dopo quell'improvvisata, non si poteva di certo definire calmo e rilassato, specialmente quando furono gli Aoki a comparire tutt'attorno a loro, chiaramente disposti in formazione, pronti ad intervenire ad un semplice gesto del capoclan dell'airone o ad un eventuale azione del loro team.
    Atasuke si guardava con attenzione attorno, rotando leggermente il capo da sinistra a destra, mentre i suoi occhi balzavano da un volto all'altro, mentre un riflesso scarlatto iniziava a dipingersi.
    Per quanto potesse ipotizzare che nessuno avrebbe avuto il coraggio di assalirli in quella situazione, non si sentiva abbastanza confidente da potersi permettere una guardia abbassata. Non differirono neppure i suoi sottoposti, che, sentendosi sotto minaccia, per riflesso, iniziarono lentamente a prepararsi alla battaglia.
    Notando la cosa, Atasuke alzò il pugno destro, comunicando loro di restare fermi al loro posto. Non era il caso di dare adito a sospetti e non voleva dare un pretesto agli Aoki per attaccare.
    Raizen e Toshiro continuavano a guardarsi, quasi impassibili nelle loro posizioni, mentre la tensione continuava a salire. Non ci volle un genio per comprendere in che situazione ci si stava infilando, ed Atasuke, per una volta, sembrava avere paura.
    Tuttavia, non aveva paura di morire, ne di affrontare anche l'intero clan dell'Airone o degli Aoki in uno scontro diretto. Aveva piuttosto paura di come Shizuka potesse vivere quella situazione.
    Per sua sfortuna, i suoi timori si fecero, almeno in parte, reali.

    “Cosa diavolo stai dicendo, Raizen?”


    Scattò lei, frapponendosi tra l'Hokage ed il capoclan, quasi come a voler fare da scudo. Ciò che seguì altro non fu che un'imbrutimento della giovane Chunin, che più simile ad un Inuzuka che ad una principessa si inarcava, quasi come a voler ringhiare contro di loro con fare decisamente aggressivo.
    Non fu difficile per Atasuke intuire da quei gesti quanto ella fosse legata alla sua famiglia, al punto addirittura di minacciare l'Hokage stesso davanti a tutti pur di difenderli. Tuttavia, c'era dell'altro, non era solo una questione di protezione, c'era dell'odio, un'odio decisamente più profondo, un qualcosa che sembrava molto più animalesco e decisaemnte meno umano.
    In un'altra situazione Atasuke non avrebbe esitato nello schierarsi allo stesso modo a protezione di chi gli era caro, ma c'era una profonda differenza tra la determinazione del suo sguardo e la furia che si poteva leggere negli occhi di Shizuka.
    Percependo il pericolo, la mano di Atasuke scivolò rapidamente ad afferrare il fodero della sua lama, pronto eventualmente ad estrarla con un semplice gesto, mentre con attenzione puntava nella direzione dei rappresentanti dell'airone.
    Se Toshiro non avesse colpito la figlia, riportandola rapidamente alla realtà, probabilmente sarebbe stato Atasuke a muovere, frapponendosi a sua volta tra lei e l'Hokage, sfoderando eventualmente anche la sua lama.
    Rimase tuttavia immobile, fermo al suo posto ad osservare in rigoroso silenzio la scena, vedendo Ritsuko mentre portava via Shizuka, evidentemente fuori di se.
    Raggiunta una situazione di calma, Atasuke fece un'ultimo cenno ai suoi, che cambiarono formazione, preparandosi eventualmente a difendere la posizione e l'Hokage, mentre lui entrava, assieme a Toshiro per recuperare la documentazione che il colosso aveva richiesto.
    Atasuke seguì l'uomo, quasi ignorando la madre di Shizuka che era accorsa, visibilmente spaventata da quanto stava accadendo. In un'altra situazione Atasuke le avrebbe rivolto di dovuti onori, ma in quella situazione dovette mantenere un differente rigore, un rigore che in altra sede ella stessa gli aveva richiesto, ma che certamente avrebbe preferito evitarsi in quella situazione.
    In tutta quella scena, Atasuke non disse una parola, non fece nulla, ad eccezione di quanto gli era stato richiesto, accompagnando Toshiro nella sua avanzata silenziosa. Se fosse stato per lui avrebbe seguito un diverso sistema, tuttavia era l'Hokage ad aver preso il comando della situazione ed Atasuke non aveva intenzione di averci a che fare più del necessario.
    Per quanto approvasse, in linea tecnica, il piano che Raizen sembrava avere, non era una delle strategie che preferiva, specie quando si aveva a che fare con persone a lui care.

    [...]


    Quando tutto fu pronto, nella stanza rimasero solo in tre: Toshiro, Raizen ed Atasuke, come era stato richiesto, mentre i suoi uomini dall'esterno facevano il loro dovere, sorvegliando la zona e mantenendo un perimetro di sicurezza sotto controllo.
    In un primo momento, parve che i due continuassero a sfidarsi, mantenendo entrambi lo sguardo fisso ed il volto deciso, ma alle parole dell'Hokage, unite al suo profondo inchino, il volto del capoclan mutò, divenendo visibilmente stupido.
    Atasuke dal canto suo, non fece nulla, oltre che rimuovere la maschera che ne copriva i lineamenti, rivelandosi a sua volta.

    «Perdonate anche i miei uomini, stanno solo eseguendo degli ordini... Personalmente avrei preferito di gran lunga non mettervi in questa spiacevole situazione ed avrei preferito risolvere la questione in altro modo, ma evidentemente non vi era altra maniera...»


    Aggiunse, ponendosi per un solo istante tra i due, inchinandosi a sua volta, lasciando quindi la parola a Raizen che espose la questione per filo e per segno.
    Atasuke rimase immobile per tutto il tempo, limitandosi ad osservare con attenzione l'espressione di Toshiro e le sue eventuali reazioni. Era la seconda volta che lo incontrava nella sua vita, ma questa era la prima volta che si incontravano ufficialmente per questioni di una certa rilevanza, e notò con piacere che non aveva con se la solita maschera sciocca, quanto piuttosto un'espressione decisamente più seria.
    Ascoltò poi con attenzione la richiesta del capoclan, osservando con vivo stupore l'inchino dell'uomo, che mantenne a lungo, evidentemente intenzionato a non voler mollare fino ad una risposta, probabilmente positiva, da parte dell'Hokage.

    «Raizen-sama, se mi è possibile, vorrei garantire su quanto Kobayashi-sama ha detto... Ho avuto il piacere di interagire più volte con gli Aoki e posso confermare che sono abbastanza fedeli da non dire o fare nulla che possa danneggiare i loro protetti e se Mamoru è zelante la metà di Ritsuko, temo che non menta nel sottolineare l'improponibilità nel tenere un tale segreto»


    Si intromise Atasuke rispettosamente, accettando, per quanto la sua opinione potesse contare, la proposta del Kobayashi, cercando in qualche modo di aggiungere la sua opinione. In fondo, per quanto la decisione ultima spettava all'Hokage, lui era li per un motivo e voleva ben sperare che questo, non fosse solo fare scena come una bella statuina bardata da guerra.
    Ormai non restava che attendere la decisione finale dell'Hokage in merito a quella questione ed eventualmente la convocazione di Shizuka e di Mamoru all'interno della stanza.

     
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    Non mosse in singolo muscolo durante tutti gli eventi, solo i piccoli gesti di preparazione dei suoi sottoposti lo fecero irrigidire lievemente, ma fortunatamente Atasuke fu abbastanza rapido da rimetterli in riga senza che lui dovesse voltarsi.
    La reazione di Shizuka invece quasi lo stupirono, gli sembrava di vedere una bestia senza controllo, ma contrariamente a ciò che avrebbe fatto solitamente non si chinò nemmeno a canzonarla, inarcò solo un sopracciglio durante le sue minacce, vuote parole di una ragazzetta accecata dalla rabbia che non riusciva a controllare.
    Sarebbe arrivato anche per lei il momento di comprendere, ma non era quello il momento.
    Giunti alla stanza interna Raizen concesse ad entrambi di parlare senza il minimo accenno di interruzione, ruppe il suo silenzio solamente quando il suo parere si rese necessario.

    Atasuke, tranquillo, conosco questa famiglia e chi gli gravita attorno da un po’ più tempo di te, non mi occorrono garanti.

    Parlò con serenità e non con arroganza.

    Toshiro, non occorre inchinarti, avevo già intenzione di rivelarlo a Shizuka, o quantomeno di darti la possibilità di farlo.
    Riguardo Mamoru invece ho delle riserve.
    Conosco il rapporto che vi lega e non metto in discussione la sua professionalità e capacità di mantenere il silenzio, ma questo genere di cose funzionano meglio quando le persone a conoscenza di esse sono in numero ridotto, più che queste diminuiscono più che la strategia ha efficacia.
    Lascio a te stesso questa decisione Toshiro, se Mamoru è in grado di seppellire questo segreto gli può essere svelato, ma ti ripeto, non c’è miglior recita dell’ignoranza in questo frangente.


    Si aggiustò lievemente sul suo posto a sedere mentre ritornava sugli occhi del capoclan dell’airone

    Convoca pure Shizuka, immagino saprai farlo in maniera consona a questa situazione.

    Attese quindi l’ingresso della sua ormai ex allieva, non sapeva se per propria volontà, per quella di shizuka o semplicemente perché le sue abilità si erano ormai distaccate dal suo campo di conoscenza.

    A te l’onore Toshiro, oppure tu Atasuke.
    Non intendo parlarci fino a quando non imparerà a controllare i suoi istinti Bestiali.
    E si ricorderà del ruolo che riveste.


    Punto su cui pareva non voler transigere.

    Detto questo penso che potremmo tranquillamente andare via a meno di eventuali incertezze.

    Guardò i presenti nel viso uno per uno, aspettando che dicessero qualcosa per trattenerlo.
    In caso contrario si sarebbe alzato e scusandosi nuovamente avrebbe chiamato nuovamente a se Atasuke, montando nuovamente la sua espressione seriosa prima di prendere l’uscita.


    Edited by F e n i x - 14/7/2015, 23:07
     
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    Toshiro Kobayashi rimase in silenzio durante il parlare di Raizen Ikigami e Atasuke Uchiha. Rispettosamente attento ad ogni loro parola, il Capoclan della potente Dinastia dell'Airone accolse ogni parere, compreso quello negativo dell'Hokage ad informare Mamoru circa quella situazione. Benché fosse ragionevole credere che quel giudizio potesse non incontrare i favori del Kobayashi, che rimase difatti in silenzio con gli occhi concentrati in quelli del Colosso della Foglia, egli non disse una sola parola per insistere o biasimare. Si limitò semplicemente a chiudere gli occhi, raccogliendo le mani in grembo come se fosse intenzionato a meditare sullo sviluppo che la circostanza stava prendendo.
    Non fu dato sapere se la lunga pausa che si concesse nei minuti che seguirono fu effettivamente investita nella riflessione, ma quando infine il Sovrano della Magione riaprì i suoi profondi occhi verdi sulla figura dei presenti, ciò che fece avrebbe forse potuto lasciare basiti entrambi. Posando una mano sul tatami chiaro su cui tutti inginocchiavano, Toshiro Kobayashi vi batté infatti tre volte la punta delle dita e poi, con una voce di timbro normale, si limitò a chiamare un nome.
    «Mamoru.» Disse una sola volta, ritraendo poi la mano perché si unisse all'altra sulle sue gambe.
    Ciò che successe subito dopo sarebbe con ogni probabilità stato avvertito solo da Raizen, poiché il movimento rapido che tagliò la Residenza Kobayashi dalla direzione in cui sorgeva la sua entrata alla sala in cui tutti si trovavano, fu talmente rapido che Atasuke avrebbe appena avuto il tempo di sbattere gli occhi due volte prima che una presenza si rivelasse dietro la porta scorrevole di riso e una voce, maschile e piatta, si annunciasse con un semplice “Permesso”.
    Mamoru Aoki, fermo sull'uscio della Sala della Contabilità, aprì la porta di carta di riso dipinta a mano e senza esitazione portò lo sguardo sul suo unico Padrone e Signore, che sorrise lui con gentilezza, annuendo.
    «Grazie.» Disse Toshiro Kobayashi, mentre di fronte a lui l'Aoki abbassava con riverenza la testa. «Mamoru, per favore, sii così gentile da portare qui Shizuka, qualora abbia riacquistato la dignità e il contegno che si conviene ad una Principessa del suo rango.» Ordinò il Capoclan, sorridendo pacatamente. «E' tutto.» Concluse subito dopo, vedendo che il Kumori non si muoveva di un passo.
    Non ci furono espressioni di replica né di obiezione sul volto di Mamoru Aoki quando lui si inchinò ancora una volta e scomparve dopo aver richiuso la porta di riso, come del resto non ce ne furono quando porse nuovamente le proprie scuse nel disturbare la riunione dei presenti, ritornando una decina di minuti dopo scortando la Principessa dei Kobayashi, ferma alle sue spalle.
    Non ci furono tensioni nei suoi lineamenti scolpiti, né tremori nel disegno del suo volto ovale dagli zigomi affilati quando Shizuka superò il Kumori ed entrò a testa bassa nella stessa e, per qualche sorta di devozione e rispetto troppo profondo per essere comprensibile a chiunque, non ce ne furono quando Toshiro Kobayashi, guardandolo, annuì.
    «Puoi andare.» Affermò il Capoclan con educazione. «Da questo momento in poi la mia posizione non mi permetterà più di rimanere a stretto contatto con te, come neanche quella di mia figlia le permetterà di stare accanto a Ritsuko. Hai il dovere di avvertire personalmente la sua attendente di questo.» Spiegò il mercante, guardando fissamente Mamoru negli occhi. «Inoltre, fintanto che la situazione espostami dell'Hokage e della Polizia di Konoha -e che avrà modo di essere spiegata a voi tutti in un secondo momento- non sarà considerata chiusa, gradirei la presenza tua e di Ritsuko limitata all'ala Nord della Magione.» Ordinò l'uomo, senza scomporsi. A farlo, stavolta, fu però il Kumori, che alzò di scatto la testa guardando allibito il suo Padrone. «Non fare quella faccia, Mamoru. Sei forse incapace di adempiere ai tuoi doveri nei miei confronti se non mi stai al fianco?» Domandò flemmatico. Entrambi sapevano la risposta e dopo l'azione di poco prima, per la quale era bastato un colpo di mano sul pavimento per richiamare a sé in una frazione di secondo quell'uomo dalle capacità misteriose, era evidente che ormai lo sapessero anche Raizen e Atasuke. «Ho concluso.» Disse poi il Sovrano dell'Airone, ritornando con lo sguardo ai due Shinobi visto che il Kumori non si azzardava a rispondere.
    Passò a quel punto qualche istante, nel quale niente e nessuno si mosse: Mamoru rimase come pietrificato sull'uscio della porta, lo sguardo fisso sulla figura dell'uomo per la cui salvezza si diceva egli fosse stato concepito e messo al mondo, addestrato e cresciuto, e anche Toshiro Kobayashi non si mosse. Gli occhi verdi del Capoclan non si scostarono infatti neanche per un secondo da quelli dei due Shinobi di Konoha che sedevano lui di fronte e così, dopo qualche attimo, l'Aoki si limitò ad inchinarsi profondamente e senza dire una sola parola a richiudere la porta di riso di fronte a sé. Avrebbe esitato ancora un attimo prima di girarsi e andarsene, e solo a quel punto il mercante si sarebbe voltato verso la figlia, ancora in piedi di fronte alla porta scorrevole di riso.
    Benché fosse stato sistemato lei il kimono e i capelli, lo sguardo era ancora segnato e gli occhi sembravano aver improvvisamente maturato profonde occhiaie, come se la Principessa non avesse la benedizione di un lieto sonno da giorni. Spalle cadenti, testa bassa... se meno di mezz'ora prima poteva essere paragonata ad una bestia pronta a cacciare, adesso sembrava una bambola di pezza sgualcita.
    «Shizuka, siedi.» Ordinò Toshiro con voce severa che però presto cedette non appena la ragazza avanzò vicino al padre e si lasciò cadere a terra disordinatamente. Guardandola per un attimo, l'uomo non disse né fece nient'altro se non premere i palmi aperti delle sue mani sulle gambe, e solo a quel punto accingersi vicino al volto di lei, che sollevò con una mano. «Ti spiegheremo ora cosa sta succedendo.» Disse il Capoclan, sorridendo dolcemente. Nessuno in quella stanza lo conosceva abbastanza bene per capire che quella gentilezza nascondeva una profonda inquietudine. Nessuno ad eccezione di Shizuka stessa, che rendendosi conto del dolore del padre abbassò forzatamente la testa.
    Seguì la discussione dell'accaduto, il comportamento che loro due avrebbero dovuto tenere da quel momento in poi nei confronti della famiglia e degli Aoki che, venne spiegato, sarebbero stati tenuti lontani perché nessuno di loro due avrebbe saputo mentire ai loro occhi e l'unico modo che avevano per supportare l'Hokage come era stato richiesto era dunque quello di non volgere verso di loro neanche la testa.
    Durante tutta la spiegazione Shizuka si limitò a rimanere in silenzio, con la testa abbassata sulle sue mani raccolte in grembo, annuendo di tanto in tanto quando il padre le chiedeva se avesse capito tutto, ma per il resto non fece domande né si oppose, benché fu chiaro che l'ordine di tenersi lontana da Ritsuko provocò in lei molto più che un lieve tremore delle spalle. Sembrava, in verità, realmente stanca. Drenata. Prosciugata.
    «Questo è quanto.» Annunciò Toshiro Kobayashi dopo che ebbe puntualizzato per la terza volta l'impossibilità di ciascun membro della famiglia di allontanarsi dalla Magione fino a richiamo contrario. A quel punto esitò e parve incapace di non riportare il suo sguardo ansioso sulla figlia, che osservò titubante. «Se sei stanca puoi ritirarti nelle tue stanze.» Disse a quel punto, imponendo alla sua voce di rimanere salda.
    «No.» Si azzardò solo a quel punto a rispondere la Chunin, alzando la testa verso il padre. «Sto bene, mi ritirerò quando i nostri ospiti se ne saranno andati.» Si limitò a dire. Poteva affermare il contrario ma il suo viso appariva esausto, gli occhi cerchiati, la bocca sottile e stretta...
    «Molto bene.» Mormorò il Capoclan, tornando a fatica con lo sguardo in quello dei due Shinobi ivi presenti, cui accennò un inchino con la testa prima di tentar di sorridere. «Non ci sono incertezze da parte dell'Airone, Raizen-sama.» Disse a voce impostata.
    «L'ospedale...» Intervenne però Shizuka, girandosi verso Raizen e Atasuke. «Per quando manco... l'ospedale... state attenti...» Mormorò a bassa voce, esitando ad alzare gli occhi in quelli dei due. E a buon ragione, perché quando infine lo fece questi, benché socchiusi, si dimostravano ancora profondamente più scuri rispetto all'usuale colore. Quasi neri, forse. «I miei pazienti...» Esitò, poi strinse la mano al suo yukata e con orrore Toshiro, seduto al suo fianco, si rese conto che questa tremava. Ancora. «Per favore.» Aggiunse, tagliando corto per poter riabbassare velocemente la testa, chiudere gli occhi e stringere le mani a pugno.
    Arrivati a quel punto cadde il silenzio e nessuno dei due Kobayashi disse o fece più niente.
    Più niente.
     
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  4. Asgharel
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    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~I timori dell'Uchiha~


    Per una volta, Raizen sembrò una persona educata, o quantomeno ea la prima volta che si mostrava educato davanti all'Uchiha, senza battute sarcastiche, frasi canzonatorie o quant'altro.
    Egli lasciò esprimere entrambi e poi lo aggiornò sulle sue informazioni con serenità e non con la solita arroganza. Che forse quel titolo qualcosa gli avesse insegnato? Oppure era solo un'altra delle tante maschere che il colosso indossava? In quel momento non era dato saperlo ed Atasuke non volle indagare nel merito.
    Con un semplice gesto, poi, il capoclan dell'airone convocò con assoluta tranquillità Mamoru, quasi come se quell'uomo fosse stato in quel luogo da sempre, quasi come se si stesse nascondendo proprio dietro alle pareti della stanza, anche se Atasuke, forte del suo udito e dei suoi sensi, era sufficentemente convinto del contrario.
    [Percezione 12/15 vs. ???]
    Poi, appena alcuni istanti dopo, sentì la silenziosa figura scivolare con una velocità non indifferente. Certo, era decisamente più veloce di lui, ma i suoi sensi gli erano stati ben d'aiuto nel percepire i movimenti dell'abile Aoki.
    Rimase quindi fermo al suo posto ed impassibile, accontentandosi di lasciare che i suoi rapidi occhi, seguissero i movimenti del Jonin, mentre questi si affiancava al suo padrone.

    °Dunque sono queste le abilità degli Aoki... Impressionante, non c'è che dire...°


    Pensò tra se prima di vedere nuovamente lo shinobi svanire oltre la porta.
    Passarono alcuni minuti di silenzio, prima che Mamoru fece ritorno con Shizuka., la quale era visibilmente scossa, per certi versi spossata. Era chiaro che ella aveva qualcosa che non andava e vista la precedente reazione, sentì un nodo stringersi lungo la gola. Si stava preoccupando e da quel che stava vedendo, ne aveva tutto il diritto.
    A quel punto, Toshiro congedò a tempo indeterminato il suo protettore, un chiaro segno della sua decisione di accettare, seppur a malincuore, la decisione dell'Hokage di limitare solo a loro tre e Shizuka la conoscenza di quanto stava avvenendo sotto quel sipario.
    Inutile dire che fu palese l'espressione di dissenso dell'Aoki alla richiesta del suo padrone, ed Atasuke, per quanto non conoscesse quell'uomo, aveva notato una cosa tra di lui ed il suo sottoposto, una forma di rispetto reciproco che egli stesso a volte vedeva con i suoi guardiani.
    Certo, era da pochissimo che aveva ottenuto il comando, ma non era da poco che comandava nove reclute o squadre ben assestate, ed era proprio con i suoi amici e colleghi più intimi che sentiva quella sorta di rispetto che riconobbe nello sguardo tra quei due uomini.

    “A te l’onore Toshiro, oppure tu Atasuke.
    Non intendo parlarci fino a quando non imparerà a controllare i suoi istinti Bestiali.
    E si ricorderà del ruolo che riveste.”


    Aprì il discorso l'Hokage, attirando l'attenzione di Atasuke, che per istinto voltò il capo in direzione dell'Hokage, fulminandolo con un rapido sguardo di dissenso, prima di riprendere la sua postura e la calma necessarie per riprendere con il discorso nel migliore dei modi.

    «Hokage-sama, non credete di essere troppo duro con lei? In fondo stava solo cercando di difendere la propria famiglia da un'attacco. Certamente ha esagerato nei modi, ma bisogna ammettere che chiunque sarebbe disposto a tutto pur di proteggere ciò che ama»


    C'era sincerità nelle sue parole, tuttavia, non vi era quel tono smielato che molti forse si sarebbero aspettati, conoscendo i sentimenti dell'Uchiha verso l'erede dell'Airone. Tuttavia, non poteva sfuggire alle orecchie dei presenti il leggero cambio di tono nel rimarcare la conclusione della sua opinione, mettendo l'accento su quanto una persona sarebbe disposta a fare, piuttosto che sull'errore compiuto.
    Toshiro aprì quindi il discorso introducendolo a Shizuka, ed Atasuke, con gentilezza, riprese la parola.

    «Toshiro-sama, se permettete, vorrei dire io a Shizuka quanto sta accadendo, in fondo credo di averne il compito, in un certo senso...»


    Con quelle parole portò lo sguardo prima sull'Hokage per scorgerne eventuali dissensi, per poi portarsi su quello del padre di Shizuka attendendo un segno per poter proseguire sul discorso.
    Ottenuta quindi l'approvazione, Atasuke fece un breve sunto di quanto accaduto, ben contento nell'essere aiutato da Toshiro, che meglio di lui conosceva la figlia e sapeva quantomeno come riportarle una tale informazione, specificando nei dettagli la necessità nel restare distaccati dai loro rispettivi Kumori per poter sottostare alle richieste dell'Hokage.
    Per tutta la discussione Atasuke mantenne lo sguardo fisso sui due Kobayashi, anche se la rua reale attenzione era concentrata su Shizuka, o quantomeno su quanto ne restava.
    Non l'aveva mai vista in quelle condizioni. Certo, l'aveva vista felice, triste, spaventata, assalita dai suoi, più che repentini, cambi di umore, ma mai così spossata, abbattuta, drenata.
    C'era qualcosa in quella stanchezza che lo preoccupava, qualcosa che non lo lasciava tranquillo, qualcosa che decisamente non gli sembrava di capire o di conoscere.

    “Se sei stanca puoi ritirarti nelle tue stanze.”


    Concluse Toshiro, sentendosi rispondere negativamente dalla figlia, che sembrava aver riacquisito un minimo di energie e risolutezza, anche se non era da escludere una semplice forma ostentata di rispetto che la sua posizione le imponeva.

    “Sto bene, mi ritirerò quando i nostri ospiti se ne saranno andati.”

    °Che ti sta succedendo, Shizuka? Che diavolo hai?°


    Si chiedeva tra se mentre, Toshiro, rispondeva alla constatazione di Raizen. Per un'istante Atasuke deviò la propria attenzione, portandola sul capoclan, notando il suo sorriso, che per quanto fosse abile a recitare, ai suoi occhi parve finto, sforzato, come se si fosse imposto di sorridere.

    “Non ci sono incertezze da parte dell'Airone, Raizen-sama.”

    °Sta mentendo... Certo è fedele e non ha intenzione di fare nulla contro il villaggio... Ma sento che c'è un'enorme preoccupazione dietro quest'uomo... Ha un'atteggiamento troppo diverso dal solito... Certo, lo conosco molto poco, eppure, per quel poco che l'ho conosciuto... Mi è sempre parsa una persona decisamente differente...°


    Ebbe tempo di meditare tra se, prima che Shizuka riprendesse a parlare, preoccupata, a ragion veduta, dell'ospeda e e dei suoi pazienti, nuovamente soli, senza la guida che gli era stata donata da pochissimo tempo.

    “Per favore.”


    A quella richiesta, Atasuke fece un passo, avvicinandosi alla Kunoichi, arrivando al punto tale da poterla quasi sfiorare con la mano, che per istinto tese verso di lei, come a volerne afferrare la mano, tuttavia, dopo alcuni istanti di esitazione la ritrasse, comprendendo che quella non era l'occasione, ma soprattutto Atasuke in quel momento rivestiva un determinato ruolo e non poteva spingersi troppo oltre. [Abilità]

    «Non ti preoccupare, ci occuperemo al meglio delle nostre possibilità anche dei tuoi pazienti, te lo prometto, Shizuka»


    Il suo sguardo si fece deciso, quasi fiero nel fare quella promessa. Non volle dare a vedere nulla al di fuori della risolutezza, anche se non potè non sentirsi mancare nel vedere l'oscurità negli occhi della Kobayashi.
    Notò infatti che i suoi occhi smeraldo, erano rimasti scuri, proprio come alcuni minuti prima, dove per poco non avevano toccato il nero, come se le sue iridi avessero in qualche modo reagito con i suoi sentimenti.
    Certo Atasuke continuava a non sapere cosa fosse accaduto, ne che cosa quello sguardo significasse, tuttavia, non poteva non chiedersi il perchè, ma soprattutto non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione di malsano, di oscuro che aveva nel vedere quegli occhi scuri.

    «Per quanto possa valere... Vi prometto che faremo tutto ciò che è in nostro potere per risolvere la situazione nel migliore dei modi ed il più in fretta possibile»


    A quel punto, se non vi fosse stato altro da aggiungere, all'ordine dell'Hokage, avrebbe nuovamente indossato la maschera uscendo dalla stanza al fianco del colosso, permettendosi di sussurrargli alcune parole mentre uscivano, stando bene attento al fatto che solo l'Hokage potesse sentirlo.

    «Questa storia non mi piace, e non mi riferisco solo alla mess'in scena ed i raggiri dei Kurogane... Ad ogni modo, vediamo di chiudere la questione in fretta, non voglio che Shizuka patisca oltre»


    Per quanto il volume fosse estremamente basso, quasi sussurrato, il suo tono rimase deciso, a sottolineare il peso di quelle parole.

    Una volta usciti l'Hokage ed il Chunin, se i due Kobayashi avessero prestato la dovuta attenzione, avrebbero trovato, tra le pieghe dell'abito di Shizuka una carta, una piccola carta che Atasuke si era preso la briga di codificare nascosto nel suo mantello e di lasciarle addosso quando cercò di sfiorarle la mano, poco prima di ritrarla.
    Se avessero voluto leggerla non avrebbero avuto problema alcuno dato che Atasuke non ne aveva celato il contenuto, ipotizzando la difficoltà che poteva avere Shizuka nella sua condizione.

    CITAZIONE
    Perdonatemi se ho agito in questo modo, ma sono convinto che Raizen non avrebbe approvato.
    Shizuka, perdonami, avrei di gran lunga preferito un metodo meno teatrale e meno doloroso per te. Tuttavia, se vorrai, sarò a tua completa disposizione. Se vorrai chiamarmi, manda Mayuko alle mura chiedendo di me ed arriverò quanto prima

    Non volle fare alcun accenno a ciò che aveva visto quel giorno ne alla reazione spropositata della ragazza, tuttavia, sperava che ella accettasse il suo aiuto o quantomeno il suo appoggio per ritrovare l'equilibrio che quel giorno aveva chiaramente perduto.
     
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    Tensioni interne







    Le prime parole di Atasuke fecero chiudere di scatto gli occhi del Juudaime mentre la mascella si contraeva pericolosamente sotto una smorfia quasi sofferente.
    Ma fortunatamente soltanto il tatami mugugnò impercettibilmente sotto la pressione dei polpastrelli, contratti mentre il volto stiracchiava un sorriso cortese. Riuscì a domare in poco tempo il fastidioso fischio rabbioso che per qualche istante lo assordò, solo allora si avvicinò a denti stretti per sussurrare all’orecchio di Atasuke.

    I consigli, si danno in questo modo.

    Cominciò con un fine sussurro, difficile udirlo se non per Atasuke nonostante la corta distanza che separava i preseti.

    Non a voce alta in modo che tutti possano apprezzare la tua bontà e grandezza d’animo scarsamente professionale.
    È la seconda volta che ti pesco a contestare le mie parole apertamente, e ti avvisai già alla prima. Direi che una terza sarebbe parecchio sconveniente.
    Per il resto cuciti la bocca, non devi certo insegnarmi come comportarmi con una persona di cui conosci a malapena il colore degli occhi, soprattutto quando questo casino è parzialmente successo a causa tua.


    Tornò al suo posto raddrizzando la schiena, essere Hokage era scomodo in quei casi, c’era un limite a ciò che si poteva fare per rimettere in carreggiata simili comportamenti, e le mani non erano contemplate, purtroppo.
    Durante la spiegazione di Atasuke tenne gli occhi su Shizuka, osservandola a lungo e constatando che qualsiasi cosa fosse in atto su di essa andava arginata in qualche modo.
    Si sentiva offeso da quella reazione, non perché fosse l’Hokage, ma perché la sua fiducia era stata del tutto tradita, aveva investito ben più che semplici speranze sulla ragazza, in ogni occasione in cui l’aveva incontrata, vedersi ripagato con quella moneta lo demoralizzava.
    Quando Atasuke ebbe finito Raizen sospirò nuovamente, mentre questo parlava, ripercorrendo mentalmente i fatti insieme alla sua voce, aveva fatto girare più di un ingranaggio.

    Purtroppo non è finita qui, verrò ad aggiornarvi costantemente sulla situazione, probabilmente quella di oggi non sarà l’unica richiesta che farò a questo clan.
    Non so come farmi perdonare Toshiro, ma lo faccio anche per il vostro bene, il nome del clan è comparso e volente o nolente era necessaria un azione.
    Ho deciso di prendere due piccioni con una fava, ti sarò grato se non me ne porterai rancore, ma i Kurogane sono un nemico che necessita di modi particolari per essere abbattuto, troverò un modo per sdebitarmi.


    Se non ci fossero state ulteriori discussioni o risposte si sarebbe infine alzato salvo immobilizzarsi quando Atasuke mosse verso Shizuka.

    ATASUKE UCHIHA!

    Chiamò con voce iraconda mentre questo si protendeva verso Shizuka.

    Non poserai la tua mano addosso alla principessa Kobayashi.
    Non tollero oltre simili iniziative.


    Che la situazione fosse ben più seria rispetto a prima lo si poteva percepire dall’aria stessa: Raizen attendeva immobile, seppure il suo sguardo non fosse su quello di Atasuke era evidente che stesse aspettando un minimo segno di trasgressione per scattare, che fosse anche quello un segno?
    Una volta che il chunin si fosse ritirato avrebbe riacquistato la calma, rivolgendosi a Shizuka dopo averla osservata a lungo.

    Stai tranquilla, non è successo niente, come hai sentito è stata solo una messa in scena, a breve tutto tornerà come prima, riguardo i pazienti stai tranquilla, l’ospedale andrà avanti da solo, in caso contrario potrai ricevere comunque cartelle e personale medico qui alla villa in modo da poter dirigere il lavoro da casa.
    Ma ripeto, non durerà a lungo, sii forte e ricorda che ho fatto delle scelte e sono abbastanza testardo da non cambiarle in così poco tempo.


    Lasciata magione Kobayashi si sarebbero diretti nuovamente alle mura in modo da far tornare ai loro incarichi principali tutti i componenti di quella piccola sortita. Solamente una volta rimasti da soli con Atasuke gli avrebbe chiesto di seguirlo con un gesto della mano nel suo stesso ufficio.

    Dimmi di preciso cosa ti frulla per la testa.

    Chiese mentre sbatteva la porta dell’ufficio in cui stavano solamente loro due.

    Perché lo sai bene, avrei detto che accettavo consigli ma non crepe visibili all’esterno come hai mostrato alla villa.

    Attese risposta in piedi e con le braccia conserte.
     
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  6. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Dircordia~


    Data la vicinanza, non fu complesso per Atasuke percepire lo scricchiolio del tatami, mentre il volto dell'Hokage si tendeva in un sorriso, che Atasuke percepì come decisamente innaturale.
    Ascoltò poi con attenzione le parole del colosso, il quale si dimostrava contenuto, segno che ci teneva alla sua figura, ma in fondo aveva preso decisamente in odio le sue parole.
    Atasuke tacque, accontentandosi di sentire le parole di Raizen, notanto con un certo piacere di aver fatto centro, o quantomeno era riuscito ad ottenere l'attenzione che voleva.
    Era conscio del “torto” che stava facendo al colosso, tuttavia, non se ne curava. Atasuke, quel giorno, aveva giurato fedeltà al villaggio e non alla singola persona posta a titolo di Hokage, e per quanto le sue prime parole fossero avventate e dirette ad una figura mascherata, certo valevano anche per Raizen Ikigami, anche se il colosso sembrava non preoccuparsi di Atasuke come possibile avversario.

    […]


    Quando si avvicinò a Shizuka, il tono adirato dell'Hokage lo fece bloccare, anche se in verità era la sua stessa morale a fermarlo.
    Tuttavia, nonostante le minacce, egli non necessitava di toccare Shizuka per compiere il suo obbiettivo, dunque, semplicemente ritrasse la mano, mentre il rapido gioco di polso era già avvenuto.
    Da quell'angolazione il colosso non poteva osservare perfettamente Atasuke, men che meno poteva osservare ogni millimietro delle sue mani, e questo bastava ad un qualsiasi prestigiatore per far svanire o ricomparire una semplice carta.
    Solo quando Atasuke si ritirò, mantenendo il proprio contegno, il colosso parve riacquisire un minimo di buon senso, parlando a Shizuka non con i toni duri utili solo a tendere ulteriormente la corda.

    […]


    Giunti nell'ufficio, l'Hokage rimase fermo, immobile davanti alla porta con le braccia conserte, mentre attendeva, evidentemente alterato, una risposta ai suoi quesiti.
    Di tutta risposta, Atasuke tacque alcuni istanti, guadagnandosi la sedia che gli spettava in quel luogo, al suo posto dietro alla sua scrivania, ancora decisamente disastrata, come il resto dell'ufficio dopo lo scherzetto dell'Hokage.
    Si prese il suo tempo, mettendosi comodo, prima di portare nuovamente il suo sguardo sincero e deciso in quello dell'Hokage.

    «Prima di rispondere alla tua domanda, voglio fare una premessa: Non parlerò con i toni che i nostri ruoli ci imporrebbero. Voglio discutere con te e voglio essere franco, quindi perdonami fin da subito se non ti dimostro il rispetto che la tua carica imporrebbe»


    Fece una brevissima pausa, sondando l'espressione del colosso, quasi a cercare un segno o una qualsiasi cosa che potesse indicargli, più o meno chiaramente di poter procedere.

    «Prima di tutto, noto con dispiacere che l'unico modo per avere la tua "reale" attenzione, sembra indisporti in qualche modo, o finire invischiato in qualcosa che ti interessa più o meno direttamente, altrimenti tendi ad ascoltare solo quello che ti interessa sentire, procedendo per la tua strada come se nulla fosse... Sulla base di ciò vorrei quindi ricordarti che la mia fedeltà, come sempre, va al villaggio e non alla tua persona. Certo, sei l'Hokage ed il titolo di decisione è tuo e non sono qui a dire il contrario, tuttavia, voglio ricordarti alcune cose, che sembra ti sia già dimenticato: In primo luogo, se non erro, siamo stati proprio io e Shizuka ad essere considerati i tuoi appoggi per diventare Hokage, o mi sbaglio? Mi sfugge quindi un passaggio, che già allora nella tua mania nell'impersonare chiunque fuorchè te stesso, mi era sfuggito: Come credi di poter governare un'intero villaggio da solo? Certo, sei il colosso di Konoha, il portatore del nove code e di certo uno tra i più potenti e apaci del villaggio, se non il più forte. Ma cosa credi? Che basti essere il più grosso per fare il tuo lavoro? Credi che essere abbastanza forte da minacciare o riempire di cazzotti chi non ti segue ti renda “immune” dalle reazioni della gente? La fiducia, il rispetto e la fedeltà non sono cose che si possono acquistare, men che meno pretendere con la forza. Se stringi troppo la presa, tutti ti sfuggiranno tra le dita, ed un Hokage senza appoggio non è nulla più che un uomo con un pezzo di stoffa sulle spalle con su scritto: Sono il capo. Ma il capo di chi?»


    Le sue, erano chiaramente domande retoriche, anche se in effetti il colosso avrebbe potuto trarne spunto, quantomeno per uan riflessione personale.

    «Voglio ben sperare di no, anche se il tuo modo di agire mi lasci pensare il contrario. Certo, io forse sono il meno adatto a darti lezioni, ben chiaro: Non sono qui per farti da maestro. Tuttavia, voglio mettere in chiaro una cosa, ora e per sempre: Io e te siamo due persone diametralmente opposte. Tu hai i tuoi modi, io ho i miei. Tu hai le tue convinzioni, io ho le mie. E se continuiamo di questo passo, finiremo solo per scannarci a vicenda l'un l'altro, ottenendo solo la distruzione dell'unica cosa che conta per entrambi: Konoha.»


    Sospirò, chiudendo per un'istante gli occhi, prima di riaprirli, continuando a puntarli su Raizen.

    «Non credere che non l'abbia notato... Ultimamente sembra che tu voglia, in un modo o nell'altro, farmi da guida, come un mentore, cercando di instradarmi in quelli che sono i tuoi modi di operare. Eppure, sembra che in tutto questo tu non abbia compreso una cosa: Non sono in cerca di un mentore, ne di un maestro. E tra tutti, tu sei di certo l'ultimo che seguirei come tale.
    Perdonami, ma non riesco a fidarmi di una persona come te. Non posso fidarmi di un'uomo che contina a cambiare, mostrando una maschera diversa ogni giorno, e sinceramente: Non posso accettare una persona tanto STRONZA da fare delle PUTTANATE del genere, specie quando riforma gli archivi aumentando i controlli sulla stessa documentazione con cui gioca per passare il tempo»


    Si accontentò di marcare decisamente l'accento sugli aggettivi che riteneva più consoni alla situazione, aiutandosi con un breve cenno della mano ad indicare lo stato del suo ufficio, quale palese dimostrazione di quanto stava dicendo.

    «Detto questo, arrivo quindi alla tua domanda: Che cosa mi frulla per la testa?
    Semplice: Nulla che sia intenzionato a rivelarti.
    O quantomeno finchè tu non avrai l'accortezza di fare lo stesso...»


    Si concesse un'ultima pausa prima di concludere quel suo lungo e decisamente schietto monologo.

    «Se ti chiedi il perchè, ti risponderò subito: Tu, per quanto la cosa possa roderti, non mi conosci. Puoi conoscere alcuni dei miei errori, o quantomeno quelli che appaiono tali, puoi conoscere alcuni dettagli della mia vita, ma non mi conosci, come io non conosco te. Per questo motivo, mi sembra chiara una cosa: Due sconosciuti come noi non possono collaborare. Mi sembra chiaro. Quindi, o tu accetti di fare un passo avanti, cercando di conoscermi come io mi sto sforzando di conoscerti, oppure tienimi allegramente fuori dai tuoi piani e fai tutto quanto da solo, come tuo solito. Muovi le tue pedine, continua a bearti della tua forza, ma poi non chiederti: Perchè a lui tutti gli onori ed a me nulla? Ti sei mai chiesto perchè quando abbiamo salvato Konoha insieme, nessuno è venuto a congratularsi con te? Mentre io venivo acclamato? Ti sei mai chiesto perchè per le strade le gente mi sorride e lo faceva anche prima che indossassi questo Haori? Ti sei mai posto il problema?»


    Per tutto il discorso, non vi fù odio alcuno nelle parole dell'Uchiha. Per quanto difficile da credere, egli stesso si sentì orgoglioso e stupito di come il fastidio e la collera che aveva ad inizio discorso erano svanite, o quantomeno affievolite, mentre il suo tono era rimasto calmo, quasi atono.
    Tuttavia, in tutto quel discorso, Atasuke non potè evitare di farsi una domanda: Ma alla fine, chi di loro due aveva la miglior visione della scacchiera?



    OT - Più per conferma che altro, avviso che tutto ciò che è accaduto nel precedente post, rimane come descritto, compreso il bigliettino, dato che Atasuke in nessuno dei due casi avrebbe toccato Shizuka dando un pretesto a Raizen di intervenire :zxc: - /OT
     
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    Ingratitudine








    Hokage.
    Si era fermato più di una volta a pensare a quella parola ed ai significati che nascondeva e cosa di fatto rappresentasse, l’aveva fatto così tanto da utilizzarla come preghiera mentale per distendere i nervi quando era utile, in modo da ricordare perché non doveva saltare al collo del suo interlocutore se questo gliene dava ragione.
    Sapeva, già quando il discorso piegò sulla franchezza, che Atasuke stava per dare il via ad una di quelle sue filippiche colme di belle parole su ordine e onore quanto vuote di reali azioni e poco concrete.
    Restò a braccia conserte, continuando ad ascoltarlo fino all’ultimo cercando di mantenere una maschera di impassibilità indissolubile e di certo Atasuke non si sarebbe potuto vantare di scoprire cosa celasse al di sotto [Recitazione]

    Sei l’ingrato più spregevole e merdoso che io abbia mai visto nella faccia della terra.
    E se te lo dico io, ti tocca farti un esame di coscienza.
    E questo perché stavo parlando con il rispetto che ti devo in quanto guardiano delle mura, mettendo da parte la cordialità: non ho mai visto un pezzente scrosta merda delle tue dimensioni.
    Ho fatto tutto quel casino per rimediare ai casini in cui TU sei finito, cigno azzoppato dei miei coglioni.


    Gli puntò un indice ben teso sul petto, picchiandovi qualche volta, ma senza l’intenzione di lederlo.

    E il primo modo che hai per ringraziarmi è dire che sono uno stronzo?

    Aprì le mani e si indicò intorno.

    Sai cosa se ne fa il villaggio di questi fogli imbrattati su cui stai piangendo?
    UN CAZZO!
    Per cui piantala di farmela pesare più del necessario.


    Rispose da solo, avendo cura di dare alla verità un tono sufficientemente forte da stamparlo a caratteri cubitali.

    Oppure sono stati utili a fermare quella sguattera traditrice e i suoi leccapiedi?
    No dimmelo perché a me sembra che li abbiamo combattuti DENTRO il villaggio, non fuori.
    Oppure la tua turgida testa di cazzo era troppo annebbiata dalla pressione sanguigna data dall’eccitazione del tuo nuovo appellativo per accorgersene?
    Io vengo chiamato eroe, grazie a quell’impresa, ma a differenza di te me lo sento gridare alle spalle quando corro a mettere toppe ai problemi altrui, e l’ultima era roba TUA. Ed al contrario di te anzichè fermarmi a ringraziare corro più rapidamente, ecco perchè io sono la merda e tu sei l'eroe, grazie alla messa in piega.


    Pronunciando l’ultima parola porto gli occhi su Atasuke, rabbioso.

    Ma procediamo con ordine, perché scordatela che dopo questo mare di merda te la scampi.
    Dimmi, galletto dagli occhi a rotella, quando è che hai cercato di attirare la mia attenzione?
    Con il tuo lavoro?
    Mi pare che abbia sortito i suoi effetti, ne abbiamo discusso, IO ne ho discusso, l’unica proposta che sei stato in grado di fare tu era una controproposta a quella del sottoscritto.
    Oh certo hai scritto tanti bei rapporti, e poi?
    Posso mandarci l’ultimo studentello del cazzo con la scusa dei compiti a casa a fargli scrivere quella roba.
    Ma proposte? Proposte da chunin? Proposte che risolvano problemi?
    Dove sono?
    Devo dirti come fare il tuo mestiere?
    Oh no, sarei doppiamente stronzo perché saccente.


    Si fece nuovamente vicino, data la distanza riacquisita nella foga del discorso.

    Tu bello mio, sei uno scaricabarile della peggior specie.
    Ma credi a me, il tempo delle scusette e del trucco è finito.


    Aveva un tono conclusivo, ma la sua arringa era ben lontana dall’esserlo.

    Ma andiamo avanti, voi non siete stati presi in considerazione, IO vi ho scelti.
    Mettitelo in testa, il tuo nome è arrivato al palazzo del Daymio solo perché ce l’ha portato la persona che tanto disprezzi e che ora hai davanti. Ho scelto degli aiutanti perché mi aiutassero, e sin da subito ho chiarito i vostri ruoli.
    Vuoi che ti spieghi come funzionano queste cose?


    Domanda retorica, il suo sguardo dimostrava già la pietà dell’adulto che spiega al bambino del perché non sia possibile che sia nato sotto una foglia di cavolo.

    Il tuo ruolo di consigliere, come ti ho spiegato alla villa, ti consente di dare consigli a ME, non di mettere in dubbio il mio operato davanti a tutti.
    Ti sembra naturale? Dimmi, ti sembra logico?
    Ci arrivi?
    No, probabilmente devo dirtelo che se TU inizia a mettere in dubbio le mie parole tutti gli altri si sentono autorizzati a farlo. E quindi, indovina un po’ chi ha fallito nel suo ruolo di supporto?


    Allargò le mani mentre allungava un innaturale sorriso ironico per sottolineare quanto fosse scontata la risposta a quella domanda.

    Forse, sarebbe il caso che tu iniziassi ad apprendere, non perché io sia chissà che cosa, ma semplicemente perché non sarei stato così cretino da andare dietro ad una carovana palesemente sorvegliata le cui guardie già avevano avuto l’accuratezza di indebolirmi e ridurmi la riserva di chakra ad un terzo del totale.
    Cosa speravi che ti rimandassero a casa con un fiocchetto sulla testa e magari con un trofeo per il ninja più coraggioso che c’è?
    Hai mai provato a pensare perché ho dovuto fare quella che tu chiami puttanata?
    I Kurogane sono in grado di reggere interi stati, se non li inganniamo in questo modo come speri di acciuffarli? Con un bruco su un fottuto amo?!?


    Sollevò gli occhi al cielo mentre uno sbuffo divertito gli scuoteva le spalle.

    Riguardo il conoscermi, cosa vorresti di preciso?
    Cosa vorresti sapere?
    Conosci le mie maschere, conosci me stesso.
    Se io volessi tenerti nascosto il vero me stesso in questo momento ti starei prendendo per il culo, oppure facendoti credere che sono dispiaciuto, o che ti do ragione… invece no, ti ho risposto come ti risponderebbe Raizen, o credi che sia una maschera?
    Ascolta qua, cretinetti, chiunque voglia nascondersi se lo fa con più di una maschera per volta ha fallito in partenza, non può permettere a chi ha dinnanzi neanche il beneficio del dubbio, una volta indossata una maschera mantiene quella, pena il fallimento.
    Tu stesso hai detto di aver visto più di una maschera, per cui quale è la risposta?
    Soltanto una: semplicemente una persona ricca di sfumature applicabili al suo mestiere.
    Per conoscere quello che tu probabilmente chiami “vero” Raizen sei in avanzo di un attributo, seppur di poco eh, e parecchio in difetto di altri due.


    Si appoggiò al muro, col fare di chi aveva la verità in mano.

    Sai di chi sono il capo?
    Di te.
    È questo che devi capire.
    E sai chi rappresento?
    Il villaggio a cui tu dici di essere fedele.
    E sai perché i controlli sono aumentati?
    Perché nonostante tu non te ne sia accorto Konoha è marcia fino al midollo.
    E quei controlli si sono mostrati efficaci poiché hanno sospettato GIUSTAMENTE di te, o forse vuoi negare che per quanto fosse corretto farlo, non stavi cercando di nascondere qualcosa?
    Ma dopotutto, è già tanto chiederti di pisciare a modo nel tuo giardino, non ti pretendo altro.
    Forse non sono ciò che Konoha potrebbe amare o apprezzare, ma sono sicuramente ciò di cui ha bisogno, spero la gente imparerà ad apprezzarmi per ciò che faccio di concreto, non per come lo faccio. E per questo avrà tempo.
    Tu invece?
    Cosa sei tu?
    Oltre ad essere un ingrato ovviamente, perché ti ricordo nuovamente, che se io non avessi fatto il nome “kurogane” tu, povero sprovveduto dai pizzi raffinati, ancora ti staresti mordendo le unghie a scegliere tra il villaggio che ti ha cresciuto e la sempre più lontana evenienza di poter sfiorare Shizuka in maniera più concreta di quella concessa poco fa alla punta delle tue dita.
    E, piccola parentesi, se vuoi un consiglio, molla la presa. Non è roba per i tuoi denti da latte.
    Prova ad immaginare cosa potresti essere se, sapendo che io compio azioni giuste, le appoggiassi senza cercare di fare lo splendido per arricchirti degli errori comportamentali altrui.
    La massa, raramente brilla di acume Atasuke, ma col tempo impara a riconoscere chi si riempie la bocca di favole e chi impasta nel fango costruendo qualcosa di buono.
    Io, sono l’Hokage, credo che il mio nome dica tutto.
    Se non sei fedele a me non sei fedele al tuo villaggio, prova a ragionare fuori dalla tua egoistica ottica che ti vede protagonista di un mondo che conosci solamente in parte: cosa sarebbe Konoha senza di me?
    Chi prenderebbe il mio posto?
    Tu?
    Vorresti? Sai almeno cosa è Kumo?
    Sai almeno dove sta Taki? O come arrivare a Suna senza percorrere le strade sulle mappe?
    Non potrò essere il tuo maestro, ma la vita trascorsa in missione che ci separa, l’esperienza accumulata nelle stesse mi permette e mi permetterà per parecchio di starti sopra più di una spanna, se non riesci ad accettarlo non sono io ad essere supponente, sei tu a non essere realistico e modesto a sufficienza.
    Ho viaggiato tanto, e appreso ancor di più e quando ho fallito ho morso le mie mani, non ho dato dello stronzo a chi mi ha aiutato.
    A te la scelta, chiedi e nel limite del possibile ti sarà dato, non ti nego questa opportunità, ma non dire a me che non ti vengo incontro, io ho chiesto. E non bastasse la risposta negativa mi son sentito dare anche dello stronzo.
    Dimmi, devo rinfrescarti ulteriormente la memoria, oppure sei in grado di tornare sui binari della sanità mentale?
    Fammi pure delle domande se vuoi conoscermi meglio, io onestamente non so che altro dire ad una persona simile.


    Sul terminare del discorso il tono si era fatto più lento e sereno, tranquillo, anche se in realtà il processo era già iniziato dopo i primi insulti, sfumando lievemente mano a mano che il Juudaime sfogava l’eccesso di rabbia.
    Per quanto ancora il mondo avrebbe guardato la copertina prima di degnarsi di leggere qualche pagina, od almeno il frontespizio che si sforzava continuamente di proporre?
     
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    OBLIGATION

    Every right implies a responsibility;
    Every opportunity, an obligation;
    Every possession, a duty.




    Seduta al suo posto, Shizuka Kobayashi rimase in silenzio durante tutta lo svolgersi della conversazione dei due Shinobi.
    Negli anni aveva imparato a conoscere e amare entrambi, comprendendo la loro essenza meglio di quanto spesso potessero fare loro stessi, ma non aveva mai preso posizione nei confronti di entrambi, soprattutto per quanto concerneva il rapporto che intercorreva tra loro. Aveva sempre ritenuto che il legame che in qualche modo univa loro tre insieme, possedeva mille aspetti e mille possibilità e che lei, pertanto, non avesse il diritto né la posizione per potersi intromettere. Da quando poi ciò che molti chiamavano ostinatamente “Fato” aveva imposto loro le cariche che adesso detenevano, si era maggiormente convinta di non poter, per un motivo o per l'altro, interferire.
    Questo, almeno, era ciò che pensava con la mente lucida e oculata di chi riflette prima di parlare, analizzando e valutando, la dote cioè che contraddistingueva la Principessa di Konoha.
    E ciò che in quel momento non possedeva.

    «Siete ridicoli.»



    La voce schioccò nell'aria, atona e affilata. Ancora seduta immobile, con gli occhi calati verso la carta ninja che Atasuke le aveva offerto, la kunoichi alzò lo sguardo prima verso di lui e poi su Raizen, con flemma silenziosa. Accanto a lei, il Capoclan dei Kobayashi si fece rigido, girandosi a guardare la figlia con l'espressione allibita di chi non sa cosa si deve aspettare.
    «E' vergognoso che due alte cariche come le vostre si comportino in questo modo. Provo pietà per Konohagakure no Sato, che è costretta ad essere comandata da un uomo che non ha capito che l'albero storto va raddrizzato, se necessario estirpandolo per poi seminarlo una nuova volta...» Continuò, guardando l'Hokage. «...Da un albero che non ha compreso che senza la terra in cui affonda le sue radici è solo il guscio vuoto di un legno destinato a farsi marcio e poi secco, e che dunque, per quanto non possa apprezzare il luogo in cui sorge, ad esso deve rispetto...» Sibilò, guardando amaramente Atasuke, che fissò con pietosa commiserazione. «...E da una maledetta incapace di depurare il suo stesso animo da una contaminazione che fino a qualche decennio fa era considerata solo leggenda, e che l'ha condannata all'oscurità perpetua.» Concluse, sorridendo cupamente nel portarsi la mano destra al petto, annuendo apaticamente. A quel punto Toshiro Kobayashi, impallidendo, si mosse di scatto sul posto, guardando la figlia con sconvolgimento. «Vi comportate alla stregua di due bambini. Non so quale sia il vostro problema, ma dovreste fare chiarezza sulla vostra posizione, a chi dovete rispetto e a chi fiducia, e infine fare pace con voi stessi.» Affermò, chiudendo gli occhi mentre la sua mano accartocciava la carta ninja di Atasuke, che lasciò poi cadere a terra nel silenzio che le sue parole creavano. «Sono la più confusa tra noi tre, la più sudicia e la più biasimevole, ma mai per un istante ho perso di vista a chi e a cosa devo obbedienza, fedeltà e rispetto. E' imbarazzante che voi due stiate ancora disquisendo su chi è più bravo dell'altro, su questo o quell'altro argomento.» Aggiunse, gelida. «Siete fortunati che il Clan Kobayashi vi tenga così tanto in considerazione e soprattutto dovete ringraziare gli Dei che mio padre non giudicherà mai il vostro operato con l'occhio malizioso che invece caratterizza me, perché se fossi stata io ad indossare quell'Haori verde smeraldo, vi posso garantire che dopo una scena come questa non avrei scommesso mezzo ryo su nessuno di voi due.» E a quel punto, girandosi verso Atasuke, affilò lo sguardo. I suoi occhi, neri come la notte, brillarono inorriditi. «E tu...» Serpeggiò, disgustata. «...mi fai vergognare di essere così legata a te e di tenere così tanto alla tua persona.» Disse con voce che scemava sempre di più verso l'oscurità di un timbro profondamente grottesco. «Se non capisci com'è giusto comportarsi e perché, provo pietà per i Guardiani di Konoha, guidati da un così stolto Capo. Ciò che è giusto non sempre è piacevole, non sempre è bello. Mi imbarazza vedere che tu non sia capace di portare rispetto a chi devi, non solo per gerarchia, ma soprattutto per devozione verso qualcosa di molto più grande di una semplice carica, ma soprattutto mi imbarazza sapere che tu creda che io non possa sopportare sulle mie spalle il peso di una responsabilità grande come quella che mi è stata data ora, perché il punto nevralgico della situazione non è il "modo" ma il "cosa".» E così dicendo, alzandosi lentamente in piedi, Shizuka congiunse le mani in grembo, alzando il mento nel guardare con sufficienza l'Uchiha ai suoi piedi. «Io sono Shizuka Kobayashi, fiera e orgogliosa Principessa del grande Clan dell'Airone che da centinaia di anni supporta il Fuoco e lo protegge come è nelle sue facoltà fare.» Disse, mentre accanto a lei, improvvisamente, Toshiro chiudeva gli occhi e suo malgrado lasciava sfuggire sul suo volto un sorriso... quale fosse la veste dello stesso, però, non era dato saperlo. «In confronto a chi mi ha preceduto sono una creatura impura e sbagliata, sotto molti aspetti disordinata. Il cammino che devo percorrere è costellato di sofferenza e ogni giorno piango lacrime amare per ciò che mi sono condannata ad essere, ma nonostante questo, mai per un attimo ho smesso di pensare che sopra a tutto ciò che io considero giusto, amato e sperato, c'è Konoha.» Strinse maggiormente le mani le une alle altre, affilando lo sguardo dardeggiante. «Tutto ciò che faccio è per il bene del Fuoco. Non c'è niente che io non possa fare per tutelare il mio Paese, il mio Villaggio e la mia famiglia. Non mi interessa se per riuscirci dovrò strisciare nel fango, pulire le piaghe di questo creato, mangiare terra e ingoiare sangue. Non voglio la gloria. Non pretendo il riconoscimento.» Disse, chiudendo gli occhi. «Nessun Kobayashi ha mai ricevuto complimenti ed elogi dal popolo di Konoha o delle Terre del Fuoco, di cui ha fatto prosperare l'economia e la ricchezza. Umiltà, abnegazione, modestia: questo è il codice dell'Airone. Non sono stata educata, né come Principessa né come Kunoichi, a ricevere acclamazioni. Non ricerco il titolo di “eroe” che voi due vantate con così tanta gioia.» E così dicendo si abbassò un poco, sorridendo tagliente nel guardare in faccia Atasuke. «Io sono una Shinobi. Agisco nell'ombra. Sono silenziosa. Sono ciò che pulisce la strada su cui il mio Hokage cammina, su cui Konoha cresce e su cui il Fuoco arde. E sappi una cosa...» Mormorò a bassa voce. «...niente di tutto ciò mi rende infelice. A farlo sono la pietà che gli altri mi riversano addosso, la tua per esempio, o le mie stesse azioni divorate da un odio che tu non puoi neanche concepire. Questo mi rende infelice, non il cammino che ho deciso di seguire per proteggere ciò che amo.»
    Detto questo si riportò in eretta postura e rimase in silenzio solo per qualche attimo prima di girarsi verso Raizen. I suoi occhi, lentamente, stavano tornando a riassumere il colore verde smeraldo che era loro peculiare.
    Esitando sul volto del Jinchuuriki, la Principessa rimase in silenzio, poi, stringendo maggiormente le mani tra di loro, abbassò la testa in un breve inchino.
    «Scusami.» Disse, cristallina. «Non ho dimenticato le tue parole. Continuerò a camminare nella mia direzione e risolverò da sola il labirinto in cui sono persa. Ma pare che non sia la sola a dover trovare la giusta strada e il corretto modo di seguirla.» Affermò, altera. «Non ti deluderò.» Non quella volta. Non in quella cosa. «E nel farlo camminerò accanto a te. Dietro di te.» Concluse, rilassando le braccia lungo i fianchi. «Attenderemo che voi due ci facciate sapere quando potremo uscire...»

    ...poiché da quel momento in poi nessuno dei Kobayashi e degli Aoki uscì più dalla Magione.
    I giorni sarebbero passati, lunghi e afosi, ma ad eccezione di Mayuko, qualche domestica e un solo garzone, tutti chiusi in un silenzio che neanche le loro rispettive famiglie avrebbero saputo rompere, nessuno superò il gate d'ingresso della Zona Verde di Konoha dove la grande dimora dell'Airone sorgeva.
    Seduta nella sua stanza, completamente sola come forse mai era accaduto, Shizuka Kobayashi rimase in silenzio, ogni giorno, ogni giorno...
    ...e come suo padre, immobile al centro della Sala del Capoclan in una solitudine che spesso non interrompeva neanche per tornare nella Ala Sud dalla moglie, entrambi attendevano.
    Solo loro due si incontravano, al calar della notte. E parlavano. Da soli.

    E quelli erano i momenti in cui Shizuka riceveva gli insegnamenti più alti, quelli a cui solo il futuro Capoclan dell'Airone poteva essere introdotto, e che non si fermavano solo ai nomi di informatori, commercianti e luoghi...
    «Ci sono molte cose che devi cominciare a conoscere, Shizuka...penso che da ora in poi potranno cominciare ad esserti indispensabili.»

    Il giovane Airone, lentamente, imparava ad aprire le ali per volare.
     
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    ~You Know Nothing~


    Le parole di Shizuka erano dure, ed Atasuke, se qualcuno gli avesse chiesto, avrebbe probabilmente mentito nel dire che non gli avevano fatto male. Certo, sapeva di stare sbagliando, come aveva sbagliato in passato e come loro stessi stessero per certi versi “sbagliando” nel fare ciò che facevano. Tuttavia, più che l'errore, più che le parole, ciò che gli faceva male erano le labbra di chi stava pronunciando quelle parole. Un qualcuno che i suoi occhi vedevano come Shizuka, ma un qualcuno che le sue orecchie non percepivano come tale. Un qualcuno il cui tono era differente. Qualcuno di spaventoso, qualcuno che non sentiva di conoscere.
    Non disse nulla, rispondendo solo con uno sguardo sincero a tutte quelle parole, con un volto scolpito nella roccia, fermo ed immobile, volendo celare nel profondo ogni singola emozione, al punto tale da apparire quasi una statua, un qualcosa a sua volta decisamente differente da quanto era solito essere.
    Senza rendersi conto, il suo volto era a poco a poco mutato, divenendo quello che tutti forse volevano o che si sarebbero aspettati, un volto che fino a quel momento aveva riservato solo ai suoi nemici, ma che evidentemente la sua carica gli imponeva di mostrare anche a quelli che riteneva essere “amici”.
    Non disse nulla, non fece nulla. Se ella, Toshiro o Raizen stessi, avessero guardato il suo sguardo e la sua espressione con sufficente attenzione, forse avrebbero colto tutto ciò che questa voleva comunicare. Tuttavia, probabilmente nessuno di loro avrebbe capito, o avrebbe inteso ciò che realmente diceva. In fondo tutti credevano che fosse solo uno sciocco, un ragazzino che non conosceva il suo posto, uno stolto dalla bocca larga, ma non potevano sbagliarsi maggiormente.

    […]


    Com'era prevedibile L'Hokage era furibondo per quanto Atasuke gli aveva detto. Come c'era da aspettarsi non mancarono gli insulti, le imprecazioni e le mille parole su quanto lui fosse uno stupido mentre tutto il resto del mondo invece sembrava essere furbo e geniale, su quanto egli fosse, rpobabilmente, al posto sbagliato, uno scaricabarile e quant'altro.
    Atasuke tacque, non disse nulla, non reagì. Mantenne uno sguardo fisso, fermo, mentre il volto restava impietrito davanti a quello di Raizen. Per quanto i toni dell'Hokage andassero scemando a poco a poco che proseguiva, ad Atasuke non importava nulla.
    Attese, fermo e quieto la fine del monologo, la fine di quell'arringa, anzi, di quel processo, con tanto di sentenza nei suoi confronti. Attese ulteriori secondi anche quando l'Hokage terminò il discorso, prima di riprendere a parlare, con tono falsamente tranquillo, atto non a celare una sorta di timore o malessere, ma per celare la rabbia che tutto quel discorso gli aveva instillato in corpo.

    «Tu non sai nulla, Raizen Ikigami»


    Disse con serena tranquillità, chiudendo per un'istante gli occhi prima di mettersi in piedi, puntando le mani sulla scrivania, appoggiandovisi con i polpastrelli mentre sospirava.

    «Come ho già detto: Sei sicuramente più potente di me, e certamente più esperto e mi pare di avrlo già detto, ma, come al solito, sembra che tu non mi ascolti quando parlo... Sei forse duro d'orecchi? Oppure ascolti solo ciò che ti interessa? Beh, in questo caso mi sembra ovvio che non te ne sia praticamente mai fregato un cazzo di quello che dico, o sbaglio? Probabilmente mi ritieni solo un belloccio impomatato con dei vestiti eleganti... Perchè mai dare ascolto ad un coglione ben vestito? Certo, noi siamo “il colosso della Foglia” Siamo i più fighi sulla piazza, possiamo mica ascoltare un “fighetto Uchiha”»


    Con una lieve spinta delle mani si staccò dalla scrivania, camminando attorno ad essa, più per calmarsi che altro, iniziando a fare acanti ed indietro mentre gesticolava con le mani enfatizzando il suo discorso.

    «In tutto questo però... Ho ottenuto quello che volevo. Quantomeno ora so quale è il vero raizen Ikigami... Quello che sta dietro alle maschere... Immagino quindi che fosse una maschera quell'espressione che avevi quando fuoi l'unico a congratularmi con te... Ma in fondo chi sono io? Evidentemente solo un coglione, uno che stupidamente continua a credere che ci si possa quantomeno fidare degli amici, ma evidentemente mi sbaglio. Ma dimmi, tu, che dall'alto della tua esperienza sembra che puoi sapere e prevedere tutto, dall'immensità della tua figaggine... Se sono un'elemento tanto inaffidabile, se sono tanto pessimo, se sono così un deficente... Com'è che sono ancora qui davanti a te in grado di respirare per mio conto? Spiegami, com'è possibile che nessuno mi abbia ancora ucciso? Eh?»


    Riprese fiato, tagliando per un'istante appena il suo discorso.

    «Certo, ho fatto errori in passato e non ho l'ardore di dire che non ne sto commettendo tutt'ora o che non ne commetterò in futuro. Nessuno può, nemmeno tu, ma sembra che questo ti sia svanito dalla mente o quantomeno io sono talmente sbagliato da far sembrare che tutti gli altri siano perfetti...»


    Si arrestò a quel punto, fissando lo sguardo in quello del colosso, quasi con fare minaccioso, anche se non vi era alcuna minaccia, ne nelle parole, ne nelle intenzioni.

    «Come torno a ripetere: TU non MI conosci affatto. Quindi abbi la decenza di smetterla di giudicarmi. Sei l'Hokage, vero, devo rispetto alla tua carica, non serve che me lo rammenti. So quale dovrebbe essere il mio posto più di quanto non sembra. Ti ho mancato di rispetto alla villa? Decisamente si, ne sono cosciente e ne ero cosciente fin da prima. Ho sbagliato nel farlo? Forse. Tutto questo è servito allo scopo di farti gettare la maschera? Decisamente, anche se non mi è affatto piaciuto farlo.»


    Sospirò, chiudendo nuovamente gli occhi, mentre rilassava i muscoli, rimasti tesi fino a quel momento, raggiungendo una condizione decisamente più tranquilla.

    «Sembra che tutti mi conoscano meglio di quanto dovrei conoscermi io... Tutti si ritengono pronti a potermi giudicare, a poter giudicare il mio modo di pensare, di parlare, di agire... Eppure, nessuno sembra capire, nessuno vuole capire...»


    Riaprì lentamente gli occhi, portandoli nuovamente in quelli dell'Hokage. Egli poteva notare qualcosa di differente, una sana e decisa onestà brillava in quegli occhi neri come la notte.

    «Credi davvero che il mio obbiettivo sia quello di farti saltare come Hokage? Credi davvero che non avessi ancora capito che Konoha è marcia dalle fondamenta? Se è questo ciò che credi, credo proprio che tu sia anche più deficente del sottoscritto. Credi che non sappia a cosa le mie azioni possano portare? Se lo credi ti sopravvaluti anche più di quanto io non lo faccia. Credi forse che non sapessi cosa rischiavo dal Daimyo? Allora mi sottovaluti come io stesso ho fatto con quel carro...»


    Concesse un'ulteriore pausa per dare tempo a Raizen di ascoltare le sue parole e non solo di lasciarle sfumare nel nulla come sembrava essere abituato a fare.

    «Certo, tu sei un Jonin ed io solo un Chunin... è indubbia la tua abilità ed esperienza, tuttavia, Sembra che tu abbia fatto l'errore di credere ad una delle maschere che ho indossato, quella a cui tutti sembrano aver creduto... Certo non sono al tuo livello, ma mi credi tanto idiota da mostrarmi irrispettoso a caso? Credi davvero che dai Kobayashi non abbia voluto semplicemente attirare l'attenzione su di me? Cazzo, sei l'Hokage dannazione! Passi pure il concerto, che tra parentesi non approvo, e quanto ne è conseguito... ma hai visto la faccia di Shizuka? Hai notato il suo sguardo? Non era normale, era qualcosa di decisamente oltre... Certo, probabilmente ho sbagliato nel deviare le attenzioni da lei e da quanto stava accadendo attirandole su di me, ma tra tutti quello che ne paga e ne pagherà maggiormente le conseguenze resto io. Non tu che un giorno nomini il nuovo primario ed il giorno dopo lo rinchiudi ai domiciliari. Inoltre, alla villa, se hai notato, anche Shizuka sembra aver cambiato il bersaglio, passando da te a me. Idem, dal Daimyo ho forzato la mano e l'unico errore che accetto di imputarmi è stato di aver forzato troppo la mano cercando una conclusione troppo rapida, ma non puoi negare che stavo ottenendo ciò che volevo, smascherare il tizio che si faceva passare per mio padre. E per la cronaca, la mia tecnica è migliorata grazie a quell'errore, sempre perchè non imparo dai miei errori... Come ho sempre detto, io non sono un'infiltrato esperto, ma so recitare una parte, ed il fatto che finora tutti sembriate credermi un'irrazionale ed irrispettoso, da solo prova del fatto che sto migliorando dato che tutti notano un dettaglio e non il fine...»


    Fece un'ultima pausa, avvicinandosi all'Hokage, per fermarsi proprio dinnanzi a lui.

    «Raizen Ikigami, ho sbagliato nei modi e non me ne faccio vergogna ad ammetterlo. Ammetto inoltre che se potessi tornare indietro rifarei gli stessi errori, pur di proteggere ciò che voglio proteggere, questione del carro a parte. Che tu lo voglia credere o meno, ogni mia azione ha uno scopo, anche se nessuno sembra in grado di notarlo. Certamente posso migliorare e questo è innegabile, ma non è questo il fulcro del discorso. Tornando quindi al punto, credo non sia necessario discutere inutilmente oltre sul nostro obbiettivo comune, se non arrivando ad un semplice accordo tra uomini di parola quali siamo, scollegato da una promessa di fedeltà mai fatta o dal “rispetto obbligato” delle nostre rispettive cariche. Io ora conosco il Raizen dietro alla maschera. Non è tra i miei preferiti ma lo accetto come tale. Tu ancora non mi conosci appieno e vorrei che accettassi questa cosa, prima di giudicarmi come se mi conoscessi realmente»


    Sollevò la sua mano, porgendola al colosso, in segno di amicizia, sperando che Raizen accettasse di stringerla.

    «Siamo entrambi partiti con il piede sbagliato. Ora entrambi sappiamo un po di più dell'altro. Certo non basta per essere compagni affiatati o amici, tuttavia, voglio credere che basti per avere fiducia e rispetto reciproco. Non posso prometterti che ti seguirò in capo al mondo, specialmente se non so che cosa hai in mente. Sarebbe contro la mia natura e mentirei. Tuttavia, se avrai la grazia di condividere con me perlomeno i tuoi piani che mi riguardano, posso assicurarti che potremo collaborare come non abbiamo mai fatto prima d'ora. Continuare su questa strada, senza comunicare adeguatamente, come stiamo facendo, ci porterebbe solo al fallimento e voglio sperare che d'ora in poi ascolterai le mie parole, come io obbedirò ai tuoi ordini»


    Rimase quindi fermo ed immobile, in attesa di una risposta dell'Hokage.
    Che cosa avrebe fatto a quel punto Raizen? Avrebbe accettato la mano dell'Uchiha, sincera e svincolata da dei semplici titoli onorifici che i due portavano con loro? Oppure forte della sua esperienza ed arroganza avrebbe continuato per la sua via, inimicandosi ulteriormente quello che lui stesso aveva voluto porre come capo dei guardiani, consigliere e suo supporto?

     
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    Un lieve fremito scosse le spalle di Raizen, fin dal momento in cui Atasuke si vantò di aver ottenuto ciò che voleva, ma venne trattenuto, addomesticato fino ad essere del tutto soffocato.
    Permise così all’Uchiha di proseguire senza intoppi tutto il suo discorso.
    Solo quando gli venne chiesta la mano si scompose per darla a sua volta ad Atasuke, salvo serrarla in un pugno e ritrarla poco prima del contatto.

    No, ancora no.
    Non puoi sperare di lanciare il sasso e ritrarre la mano.
    Prima hai da dire parecchie cose.
    Te le elenco per punti, mentre ti siedi.


    Disse mentre cercava di puntargli una mano sul petto per spingerlo verso la scrivania e farlo sedere.

    Non mi soffermerò sulla tipica frase del “ma che cazzo stai dicendo” perché è evidente che tu sia ancora in quello stato della follia che ti impedisce di comprendere che ci sei dentro fino alla punta dei capelli.
    Passiamo oltre.
    Spiegami, di che maschere parli?
    Ti ho appena detto che non ne indosso qui perché non è necessario che io lo faccia e l’ho detto con onestà, quando ti ho parlato due secondi fa non stavo gettato una maschera, stavo solo mostrando l’ovvio, puoi chiederlo a Shizuka se non mi credi.
    Riguardo il tuo essere vivo meglio soprassedere, non voglio darti modo di intraprendere un altro viaggione mentale, meglio troncare qui il discorso.


    Lo guardò fisso negli occhi, torvo, mentre in un gesto quasi inconscio le mascelle si aprivano leggermente per far spazio alla lingua che sfogava lo stress scarabocchiando nel palato pur tenendo le labbra chiuse.

    A te non è chiaro ancora un punto fondamentale in questa storia.
    Se io ho una maschera, nell’eventualità in cui l’avessi, è solo perché serve.
    Constatato che non l’avevo, quantomeno con te, e che pur avendola mi era utile: il tuo gesto era forse giusto?
    No.
    Ma proviamo a vederla con “l’Atasuke-visor” e supponiamo che avessi una maschera da gettare.
    Ti sembrava quello il momento adatto?
    Nuovamente no, non lo era, avresti potuto farlo prima, o dopo.
    Ma non puoi permetterti di farlo durante e se ancora non l’hai capito mi dispiace, ma sei un caso perso.
    Riguardo Shizuka… beh, le sue parole ti hanno dimostrato chi dei due ha ragione, getta la spugna Uchiha, è ancora lontano il giorno in cui la conoscerai meglio di me.
    Shizuka non va protetta, quantomeno non in queste occasioni, va stimolata e gli va data fiducia.
    Se fino ad ora l’avessi solamente protetta sarebbe ancora un’adolescente problematica, cerca di non dimenticare che io sono il suo maestro.
    E mettiamo da parte questo aborto di strategia delle attenzioni perché porco Jigoku non ho mai visto una cazzata tanto grande, ma proverò a spiegartelo di nuovo.
    IO non sono un POPPANTE, IO non ho bisogno di PROTEZIONE.
    In qualsiasi forma tu possa vederla non mi occorre.
    Non mi occorre.
    Non mi occorre.
    Non mi occorre.
    NON-MI-OCCORRE!


    Arrivò a gridare ma col solo intento di scandire le parole, sperando che finalmente il suo interlocutore se le stampasse chiaramente in mente.

    Invece mi occorre un alleato, una persona che NON mi contraddica ad ogni piè sospinto perché accecato da ciò che crede di aver imparato dai suoi errori.
    Non hai imparato dal Daimyo e l’hai dimostrato qualche minuto fa, la tua inadeguatezza è sconcertante e dopo che ti dimostro ed ammetti di aver sbagliato dici che lo rifaresti!
    Ma Jigoku infame allora sei o stronzo o totalmente imbecille! Ma ti prego fa una scelta tra i due in modo che io possa scegliere il più adatto!
    Io non credo che tu voglia farmi saltare come Hokage, anche perché non ne avresti il benché minimo potere, ne in questa vita ne in nessun’altra.


    Sbuffò sonoramente.

    Qui non occorre l’accordo che vuoi tu, ne serve un altro ben diverso.

    Tese la mano, come aveva fatto poco prima Atasuke.

    Parlerai, come ho fatto io, mettendo le carte in tavola, e porco mondo parlerai come si deve.
    Ti SCUSERAI, perché pretendo le tue scuse, e saranno sincere, altrimenti la prossima chiazza che i tuoi dovranno leccare dalle mura saranno le tue frattaglie.
    Ti SPIEGHERAI, perché dovrai permettermi di correggerti oppure di dimostrami che infondo alle mefitiche e limacciose idiozie che hai detto e fatto c’era un fondo di sanità mentale e giustizia, hai ciarlato fin troppo ed io sono stanco, voglio risposte e voglio che siano concrete.
    Ho messo in chiaro fin da subito il tuo ruolo, e tale rimarrà, non farti illusioni posso ascoltarti e già l’ho fatto, ma prenderò sempre e comunque io le decisioni, non avrai MAI una promozione da questo punto di vista.
    A quel punto potrai stringere la mano.
    Tu non mi devi fiducia, questa si guadagna, anche se onestamente non so cosa io abbia fatto per non meritarla, ma la fedeltà me la devi. Io sono il villaggio in questo momento, se tradisci me, tradisci Konoha.
    Sono la voce che con cui il villaggio non può parlare, se disubbidisci a me, disubbidisci a lui.
    Ti avevo dato un’ultima possibilità, ero stato chiaro, scegli tu. E sii consapevole del fatto che la prossima volta non parlerò, ti salterò alla gola e morderò, sputerò e colpirò fino a quando non avrò che poltiglia tra le mani, ti piace quello che c’è dietro la maschera?
    O stringi la mano oppure inizi a scappare.
    Cosa scegli?


    Restò in attesa di risposte più che di gesti, erano arrivati in un punto di rottura, avrebbero potuto saldarlo e renderlo un punto di forza, oppure potevano insistere su di esso per romperlo definitivamente.
    Ma in quel caso cosa sarebbe successo?
     
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  11. Asgharel
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    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Discussioni tra sordi~


    Qualcuno aveva mai provato ad osservare due sordi discutere? Se mai avesse auto il piacere, avrebbe notato che la scena davanti ai loro occhi era dannatamente simile. Nessuno dei due sembrava voler ascoltare l'altro ed entrambi, a modo loro, continuavano a ripetere le medesime cose. Certo, i toni si erano affievoliti poco alla volta, ma la carica delle parole non si era minimamente sminuita, o quantomeno non lo era il significato.
    Atasuke non battè ciglio, accettando di sedersi quando gli venne indicato e mantenne il suo sguardo fisso in quello del colosso senza concedergli il piacere di un qualsiasi sussulto. Era fermo sulla sua posizione tanto quanto l'Hokage, ma forse era leggermente più portato all'ascolto di quanto l'Hokage non fosse, anche se nella sua ostentata arroganza continuava a sostenere il contrario.
    Non interruppe il discorso per nessun motivo, non disse nulla, nemmeno quando l'Hokage terminò con quello che forse era un'avviso, ma sembrava decisamente più una minaccia.
    Lo squadrò alcuni istanti, reglinando leggermente il capo, cambiando alcune volte l'angolazione della testa, come se in qualche modo osservare il colosso da direzioni differenti potesse servire a qualcosa.

    «Mi stai forse minacciando?»


    Esordì con un sospiro, continuando ad osservare attentamente il colosso.

    «No, perchè... Come dirlo con il dovuto rispetto... Pretendere un'alleanza minacciando la controparte, non è uno dei migliori modi per cominciare... Ma forse sono solo io a credere che in un'alleanza gli alleati tra loro vanno trattati come pari e non come dei sottoposti... Ma soprassediamo, siamo diversi praticamente in tutto ed è inutile soffermarci a discutere su questi “dettagli”, non ne caveremmo un ragno dal buco... Prendila come una mia considerazione personale.»


    Fece una pausa, quasi come a voler pensare alla prossima mossa, o quantomeno alla risposta successiva, cosciente del fatto che aveva lasciato l'Hokage ad attendere senza una vera risposta alla sua “controproposta”.

    «Andrò con ordine, rispondendo alle tue domande, come tu mi hai chiesto. Vuoi le mie scuse? Bene, mi scuso del fatto che non sarò breve, sfortunatamente non bastano due parole per dire tutto, mi scuso per averti indisposto, e mi scuso per non essermi evidentemente spiegato a dovere, motivo per cui spenderò qualche parola in più cercando di essere sufficentemente chiaro.
    In merito alle tue maschere, la risposta è semplice: Finora abbiamo interagito molto poco e tutto ciò che sapevo di te, prima di conoscerti, non erano, come dire... Lodi sul tuo contro. Quando ci siamo conosciuti stavi facendo il doppio-gioco con le mafie, successivamente ti sei accostato a me quasi come un'amico, con un comportamento diametralmente opposto al primo, in missione, sull'isola avevi un comportamento ancora differente, molto simile a quello attuale, infine con il Daymio hai dato sfogo al tuo estro impersonando un'altro personaggio ancora. E tuttavia ancora mi chiedi perchè non mi fido di “te”? La tua stessa impiegata mi ha accusato di fidarmi troppo delle persone, ed ora tu vieni a dirmi che sono io il pazzo a chiedermi quale dei vari volti che hai mostrato sia quello vero?»


    Fece una breve pausa, prima di rispondere da se alla sua stessa, velatamente ironica, domanda.

    «Direi che la risposta è ovvia: Non ti ho mai visto con le stesse spoglie, con lo stesso atteggiamento, o anche solo con un modo di agire riconducibile ad un'altro già visto, ad eccezione per il tuo pessimo gusto in merito alle battute. Dunque, mi sembra quantomeno normale dubitare di te, specialmente con ciò che sentìì all'epoca sul tuo conto, prima ancora di conoscerti. E per chiudere la questione... Come ho detto, ribadisco: Ora so che questo che ho davanti è il “vero Raizen”. Come ripeto, non è tra i miei preferiti, ma ora posso concedermi di dire che ti conosco abbastanza da potermi quantomeno fidare.»


    Concluso il primo punto, conscio del fatto che a breve Raizen avrebbe abbandonato quell'ufficio, in un modo o nell'altro, iniziò a rassettare alcuni dei moduli ancora presenti sulla scrivania, cercando di sfruttare almeno una parte di quel tempo sprecato per qualcosa di utile.

    «Passando invece al secondo punto... beh, non posso che riconoscere l'ovvio: Hai ragione. Credevo di conoscere Shizuka, ma la sua reazione di oggi, sotto tutti i punti di vista, mi ha dimostrato il contrario. Trovo che sia decisamente più instabile di quanto non credessi e su questo punto, immagino avrai notato anche tu che nei suoi occhi c'era qualcosa di ben oltre il semplice desiderio di proteggere la sua famiglia, qualcosa di ben più minaccioso ed animalesco. Hai ragione quando sostieni che non va protetta, infatti è da un po che ho smesso di farlo, per così dire... Ma lasciami esprimere dei dubbi su quanto fatto finora... Nel darle stimoli e fiducia, oggi mi è parsa alquanto incline a provate a mozzarti la testa e non era una semplice farsa per i Kurogane... Certo, ti saresti difeso senza problemi in uno scontro diretto, non lo nego... Ma se ci fosse stato qualcun'altro al posto tuo? Parlando da maestro a maestro, permetti che abbia le mie riserve su questo punto?»


    Parlava sinceramente, senza sbalzi di tono nella voce o null'altro. L'unica cosa che “cozzava”, per così dire, era la sua falsa mancanza di concentrazione sul discorso, mentre i suoi occhi seguivano attentamente i moduli che le mani raggruppavano.

    «Ed a proposito di “protezioni” eccoci al punto focale. Hai ragione, non necessiti di protezione. Raizen Ikigami è abbastanza grande, grosso ed esperto per non farsi fottere, ma l'Hokage? Beninteso, non sto svarionando, so benissimo che tu sei l'Hokage, ma qui sto parlando della tua figura pubblica e politica, della carica dietro a quel mantello. Partiamo dal presupposto che io so quello che so, quindi scusami se ignoro ciò di cui non mi hai ancora informato, come eventuali altri dettagli di cui sono all'oscuro, come tutta la questione dei Kurogane, ma tieni debitamente conto che non posso valutare le cose di cui non sono a conoscenza... Detto questo, cosa sappiamo? Sappiamo che l'attuale Hokage, nella tua figura, è un Hokage non eletto dal popolo, ma deciso dal Daimyo. Per quanto la cosa sia “legittima” come Shizuka stessa fece notare, la mancanza di elezione da parte del villaggio ti rende automaticamente “non voluto dalla gente” o quantomeno può dare adito a sospetti raggiri e mina la tua posizione. Se a questo aggiungiamo la tua nomea di personaggio non propriamente amato da tutti, capirai che dal mio punto di vista, per quanto forte e volenteroso tu sia, elementi politicamente influenti hanno parecchie armi per provare a tirarti giù e tra questi, probabilmente anche i Kurogane, se ciò che mi hai detto è vero...»


    Si fermò di scatto, smettendo di riordinare i documenti e portando nuovamente la piena attenzione sul volto dell'Hokage, ancora in attesa dell'eventuale stretta di mano.

    «Tu, come shinobi, sei forte. La tua ambizione di ripulire il villaggio è forte. I tuoi intenti sono forti, ma i tuoi metodi, per quanto efficaci, non ti rendono amato e questo non giova alla figura che ricopri, specialmente nell'attuale situazione, che tu voglia ammetterlo o meno. Il tuo predecessore, era un fantasma, quindi sai meglio di me l'immagine di Ombra che si è lasciato alle spalle, aggiungi a tutto ciò un'elezione "forzata" e dei modi decisamente bruschi nel cambio di direzione e noterai che il malcontento inizia a dilagare dal nulla, specie da parte di tutti quegli elementi marci che finora hanno fatto il bello ed il cattivo tempo a loro piacimento. Io stesso ho dovuto eliminare alcuni elementi dalle cariche di comando delle mura, ma fortunatamente la mia nomea ha potuto resistere ai loro attacchi rendendoli vani. Ah, piccola parentesi sull'argomento che mi andava di chiarire: quando abbiamo fermato l'attentato, ho visto come gestivi il tuo team, impeccabile come comando, questo te lo devo, eppure, non ti hanno acclamato. Ma non perchè sei ripartito subito facendoti chiamare “eroe” alle spalle come ti ostini a sostenere. Non lo hanno fatto perchè li hai trattati come dei sottoposti, non come dei compagni. La differenza è lieve, ma fondamentale se si tratta di dirigere una comunità per lungo tempo anziché un piccolo team per un paio di giorni. Il dissapore di un'attimo svanisce, un dissapore che si perpetra nel tempo diventa una scintilla di rivolta»


    Inarcando la schiena, Atasuke si scostò leggermente dalla scrivania, in modo da poter raggiungere un cassetto, dal quale estrasse una scacchiera per lo Shogi con il relativo sacchetto dal quale estrasse i tre pezzi che gli servivano.

    «So che mi ritieni un fissato degli scacchi, ma arrivati a questo punto, credo sarà più semplice spiegarmi con molte meno parole con questo... E senza tirare fuori cazzate come un "Atasuke-visor".
    Tu sostieni che io non abbia la capacità di pensare almeno tre mosse avanti all'avversario e di concentrarmi solo su di una pedina alla volta... Eppure credo che tu stia facendo lo stesso errore...»


    Sollevò il pezzo del Generale, mostrandolo all'Hokage, tenendolo tra l'indice ed il medio.

    «Il “generale”, o il “re” come viene chiamato negli scacchi. Questo è il pezzo più importante della partita. Ogni altro pezzo vive e muore in funzione di esso. Se il re cade, la partita è persa. Nello shogi, il generale è uno dei pezzi più potenti, se confrontato agli altri, sarebbe tranquillamente in grado di terminare una partita anche da solo, tuttavia, per quanto potente sia, è limitato nei movimenti per la carica che ricopre, ma soprattutto, necessita comunque di una protezione indiretta da parte degli altri pezzi. In questo momento, tu sei convinto di essere il generale, l'elemento indiscusso e tanto potente da poterti difendere da solo. Vero, puoi farlo se ad attaccarti c'è un solo pezzo o una serie di pezzi “piccoli” maldisposti, ma se dietro ad un pezzo piccolo ci fosse una torre? Saresti spacciato, come lo sarebbe chiunque di noi, da solo.
    Quindi, a cosa servono gli altri pezzi? Ad attaccare ed a difendere, chi con le proprie abilità e chi con il proprio sacrificio. La torre, ad esempio, muove solo in linea retta, non può fare altro, eppure, assieme all'alfiere sono tra i pezzi più pericolosi nello shogi. Nella nostra situazione, Shizuka, abile negli inganni, è certamente un'alfiere, io, forse, potrei arrogarmi il titolo di torre nel mio muovermi sempre e solo in linea retta. Se ben usati, entrambi sono potenti, ma la loro caratteristica principale, spesso, va tenuta nascosta fino al momento culminante, divenendo il Cavallo o il Dragone»


    Ruotò i due pezzi che teneva tra le dita, mostrando la faccia con i relativi kanji tinti di un rosso acceso che sostituivano quelli della torre e dell'alfiere.

    «Inutile dire che in tutto questo, chiunque, anche il meno esperto noterebbe che un dragone o un cavallo sono decisamente più pericolosi della torre o dell'alfiere, quindi, un buon giocatore promuove i suoi pezzi solo quando ne ha reale necessità, spesso passando per sciocco per aver “sprecato” delle opportunità. Comprendo che il discorso possa non essere ancora chiaro, ma il succo della questione è: Hai portato i tuoi pezzi nelle posizioni migliori. La torre può diventare un dragone e l'alfiere un cavallo e tutti possono vederlo senza problemi. L'alfiere al momento non è stato promosso, ma anzi, rimane in stallo nella sua posizione. Il generale muove assieme alla torre fingendo di cadere nella trappola e muove la torre “stupidamente” senza promuoverla, restando apparentemente scoperto.»


    Si limitò a mostrare lo scenario, narrandolo, senza posizionare realmente pezzi o mostrando il susseguirsi delle mosse. In quel momento non sarebbe servito a nulla tediare oltre il colosso con una lezione di shogi, ma sarebbe stato a dir poco controproducente.

    «Tu vuoi catturare i Kurogane e muovere scacco, liberandotene definitivamente. Per farlo, devi indurli in una trappola e per farlo decidi di abboccare alla loro stessa trappola, ingegnoso, efficiente, tuttavia ha un difetto: Per farlo ti servi della torre, la quale non può muovere diagonalmente, non è nella sua natura. Se i Kurogane sono abili quanto dici, ed hanno puntato me, trovo difficile che mi abbiano "selezionato" per puro caso. Certo, è nun'ipotesi, ma credo che non siano tanto poco oculati da lasciarsi andare al semplice caso. probabilmente mi conoscono e sanno che non so fare la cosa sbagliata, ma allo stesso mono sapranno certamente dei miei sentimenti verso Shizuka, dato che non è un segreto. Quindi non faranno fatica a sentire puzza di trappola se agisco contro i miei principi e/o contro di lei. Inoltre, ti ho “smentito” solo davanti ai Kobayashi, non pubblicamente, il che significa che i soli a saperlo sono loro ed i loro servi... Arrivati a questo punto, avresti una doppia copertura: Da una parte la tua strategia principale, che sottolineo, approvo; dall'altra una copertura tecnica che non ti mina pubblicamente, ma anzi, se per qualche motivo ci fosse anche solo un dipendente dei Kobayashi affiliato ai Kurogane, stai pur certo che comunicherà la cosa ai suoi e con essa anche la conferma della mia continua e serrata “rettitudine” anche a costo di contravvenire agli ordini, confermandomi a tutti gli effetti come elemento "stupido", “inadatto” e decisamente non pericoloso per i loro scopi. Anzi, probabilmente addirittura uno “facile” da manipolare come già hanno fatto. Non credo sia necessario aggiungere quindi quanto a questo punto resterei un'elemento di cui potrebbero fidarsi, o quantomeno terrebbero meno in considerazione, abbassando la guardia. Se volevi proposte da Chunin, eccotene una: Dimmi quello che sai sui Kurogane, cosa hai in mente di fare, e sarò più che lieto di perfezionare con te una strategia, o quantomeno adattare il mio modo di operare come si conviene senza dare nell'occhio.»


    A quel punto, lentamente iniziò ad avvicinare la mano a quella dell'Hokage, pronto ad afferrarla per stringere il patto, che di fatto, non differiva da quanto già aveva in mente, ma che evidentemente Raizen preferiva ridefinire al suo modo.

    «In sintesi: Mi scuso per non averti informato delle mie idee preventivamente ed aver direttamente agito, ma come già mi pare di averti detto in passato: la comunicazione deve essere bidirezionale. Se io non sono informato delle tue intenzioni, non posso adattarmi al meglio per portare il miglior supporto e visti i nostri diversi modi di operare, probabilmente ci ritroveremmo nuovamente a pestarci i piedi a vicenda. Nel caso specifico, non mi aspettavo nemmeno una reazione simile da parte di Shizuka, cosa che mi ha colto decisamente impreparato e non mi ha lasciato tempo di confrontarci come si deve, ma per questo credo di aver già pagato compromettendo definitivamente ogni mio possibile legame con lei. Non ho mai avuto intenzione di voler “comandare” al posto tuo, ma ci tengo a ricordare che se vuoi un'alleato, devi accettarlo per come è, ma soprattutto deve esserci un rapporto paritario nelle interazioni, gradi di comando a parte. Se questo viene a mancare, ti ritrovi con un sottoposto senza la possibilità di agire al meglio. Quello che voglio sancire, non è una sottolineatura dell'ovvio e della fedeltà tra l'Hokage ed il Capo dei Guardiani, ma tra Raizen Ikigami ed Atasuke Uchiha, senza tener conto di un semplice ammasso di lettere e convenzioni che comunemente chiamiamo "titolo", per tutto ciò che ricade fuori dell'ufficialità, come ad esempio tutto il tuo piano segreto per mettere nel sacco i Kurogane e altre eventuali operazioni “segrete” di simile entità in cui hai intenzione di agire in sinergia con me»


    Proseguì quindi con il suo gesto, pronto eventualmente a reagire ad ogni eventuale reazione offensiva nei suoi confronti. Era stato chiaro ed onesto in ogni suo punto ed aveva esposto, in sintesi, tutto ciò che aveva in mente. Sapeva benissimo che Raizen avrebbe comunque avuto di che ridire sulle sue parole, ormai ci era abituato, tuttavia sperava che non fosse tanto pieno di se e stupido da voler sacrificare Atasuke al suo fianco pur di averla vinta e dimostrarsi ancora una volta il più grosso del villaggio.
    Atasuke, in effetti, non aveva particolari mire all'interno della gerarchia, fatto salvo per un solo obbiettivo. Obbiettivo per il quale, l'Hokage non aveva comunque modo di interferire. Non ci guadagnava nulla di particolare nello stringere una forma di sodalizio con Raizen, mentre dalla parte opposta, come egli stesso aveva ammesso, era certamente il colosso a perderci, dato che necessitava di un'alleato, specie se voleva abbattere i fantomatici Kurogane dalla loro leggendaria potenza ed abilità.
    In fondo, i Kurogane non avevano fatto nulla ad Atasuke direttamente, se non usarlo per attaccare i Kobayashi, ed Atasuke, di contro, aveva agito facendo il possibile, per quanto sapeva, per difendere, o quantomeno evitare di accusare senza conferme, la famiglia di Shizuka. Tuttavia, dopo quanto aveva visto ed udito quel giorno, la sua determinazione era drasticamente calata e gli mancava ben poco prima di perdere un valido motivo per difendere quel clan ed i suoi esponenti. Quindi, alla fine della fiera, non aveva motivi o prove tangibili per agire contro i Kurogane, se non fidandosi delle parole di Raizen.

     
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    La punta del Ferro Corto







    La prima occhiata che scoccò ad Atasuke non fu piacevole, pungente come un dardo piena della sicurezza di chi sa di essere nel giusto.

    Si, sto minacciando l’ennesimo soggetto che mina la stabilità del mio villaggio, problemi?

    Dopo la frase la tensione non calò, in quel saliscendi di agitazione a quanto pareva era ben lungi da terminare, delle montagne russe a cui un cuore stanco avrebbe ceduto dopo le prime curve.

    Io non ti ho mai minacciato, quantomeno fino ad ora, ma sappi che fino a che sarai una minaccia per la stabilità continuerai ad essere minacciato, fino a che non mi stancherò di sprecare del fiato.
    E penso sia stato questo il mio errore.
    Ficcatelo in testa, questa alleanza non ti permetterà in alcun modo ne di metterti sul mio livello ne al di sopra.
    Ma, come ti ho ripetuto cento volte, verrai ascoltato.


    Le successive parole, se possibile, lo fecero nuovamente arrabbiare, facendolo sentire lievemente schizofrenico.

    Quindi spiegami, hai sufficiente fiducia da dare a due pezzenti incontrati per strada ma non per una persona come me?

    Restò a bocca aperta ed occhi spalancati, incapace di dire qualcosa per qualche istante.

    Sei stupido o che?

    Chiese con l’innocenza del più modesto degli ignoranti, mentre gli cascavano le spalle per lo sconforto.

    Quello che hai davanti è il Raizen che hai sempre avuto davanti, ora ti stai illudendo che due frasi malmesse sui suoi piani ti abbiano rivelato chissà cosa sul suo conto.
    Il tutto solo per autoconvincerti che tutto questo casino non l’hai fatto inutilmente.


    Commentò pungente.

    Su shizuka non ti esprimere, come hai ammesso non la conosci, dopo una simile ammissione qualsiasi parere e meno di aria fritta… e fare un paragone tra un allievo ed un altro è impossibile, il che frigge ulteriormente la tua aria.

    Dopo, l'Atasuke visor si attivò nuovamente, questa volta addentrandosi ulteriormente in un mondo che probabilmente solo i famigerati Uchiha, cratori di sofisticate illusioni, potevano vedere.

    Mi rende automaticamente cosa?

    Qualche vena gli marcò la fronte in quel momento, poteva accettare un po’ di risentimento da parte di quelle persone a cui riservava un trattamento un po’ troppo brusco, ma da qui all’odio o alla rivoluzione il passo era tutt’altro che breve, sarebbe stata necessaria una maratona.
    Prova atletica a cui si stavano sottoponendo per primi i globuli rossi che gli affluivano al cervello.

    Ma cosa cazzo dice quel prato di cazzi fiorito che hai al posto del cervello?
    Piantala di sparare idiozie inventate su due piedi Atasuke, piantala o ti assicuro che per portarti fuori da questa stanza occorrerà un sacco idrorepellente.
    Io non sono un pezzo di pane e non sto simpatico, ma ti assicuro che TU sei stato il mio unico problema nelle missioni.
    Hai mai visto qualcuno dei miei sottoposti contraddire un mio ordine? Oppure rimuginarci?
    Nessuno. Potevano darmi dello stronzo, ma Nessuno, NESSUNO ha mai osato contraddirmi.
    Grazie al cielo aggiungerei.
    Magari non sono l’amico che si porta al bar, ma di certo il quadro che stai offrendo tu è vittima del tuo Atasuke- Visor.


    Soffiò dal naso come un drago, troncando il commento con quella specie di avvertimento.

    E poi, toglimi una curiosità… come fa la gente a non amarmi per i miei metodi… se non sa nulla di questi?
    Vorrei farti notare che NESSUNO sa come lavoro io, proprio perché lo faccio bene.
    La gente vede solo il risultato, e se guardassero al caso dei kobayashi, complesso visto che per un po’ il popolino dovrebbe tacere, vedranno solamente che ho applicato la legge, anche in maniera abbastanza gentile, o dovevo offrire il thè ad un probabile traditore del villaggio?
    Stai sparando merda a tutto spiano, nemmeno i diretti interessati hanno trovato delle falle in questo modo d’agire, e se i diretti interessati sono il clan che riesci a vendere tappeti perfino ad un pinguino… beh, capirai che il loro parere conta.
    Il Daimyo mi ha nominato per un motivo, e non lascerò che un esaltato se ne prenda il merito, quell’uomo ha valutato ME, successivamente IO ho valutato voi e LUI ha valutato il MIO modo di VALUTARE.


    Riuscì per l’ennesima volta a chiudere la questione senza venire alle mani, anche se ormai le sue orecchie erano sature a sufficienza da provocargli un prurito sempre più fastidioso.

    redStai davvero paragonando delle persone a dei pezzetti di legno?

    Non riuscì ad evitare di coprirsi il volto con una mano, nella speranza che quell’occultamento cancellasse in parte quelle ridicolaggini, o che quantomeno lo risvegliasse da un sogno in cui quel confronto andava sempre più sul ridicolo.

    Io son sicuro che tu possa fare anche 3 passi avanti al mio, ma il primo ti fa pestare una merda, il secondo una tagliola e il terzo giù da un dirupo.
    Non ti sembra che gli esseri umani siano dotati di qualcosa di lievemente importante rispetto alle pedine?
    Sai cosa? Il pensiero, la ragione, l’intelletto, l’improvvisazione, ambizione.
    Chiamala come ti pare, ma sono in grado di muoversi da soli, possono sbagliare ma lo fanno in autonomia, quantomeno parziale.
    Ora, sarebbe giusto secondo te ridurli a pedine?
    Facciamo un esempio, la più semplice pedina di tutte, quasi un autistico: il pedone.
    E diamo ad una persona quel ruolo.
    Secondo te un ninja in prima fila cosa tenderà fare? Ad attaccare un bersaglio prestabilito magari lontano dalla sua posizione, oppure baderà a neutralizzare un avversario che attraverso un teletrasporto gli si è appena materializzato davanti?
    Ubbidirà agli ordini o salverà la pelle?
    Sua e probabilmente di qualcun altro.
    Non risponderò all’ovvio.
    Questo per dire cosa?
    Che la vita non può essere semplificata con gli scacchi, perché su una scacchiera ci stanno al massimo tue menti a sfidarsi, nella vita reale non sono mai così poche, e si deve costantemente combattere con più di un nemico e spesso anche contro qualche alleato testardo. La vita reale è parecchio più complessa degli scacchi.
    Quindi perdonami, ma l’esempio degli scacchi fa acqua da tutte le parti e lo ignorerò totalmente.
    I tuoi dubbi sono ugualmente infondati, nemeno Heiko sa del mio piano, lo sappiamo in 5 compresi me e te e tutti e cinque siamo estremamente fedeli alla causa, per cui nessuno verrà a scoprire della foglia che abbiamo finto di mangiare.
    Riguardo te, beh, penso proprio che abbiano scelto il primo fastidioso insetto che gli ronzava attorno, dopotutto non sapevano della tua esistenza, della tua presenza nella missione e nemmeno del legame che ostini a dire di avere con Shizuka, semplicemente eri li e ti hanno sfruttato per togliersi un sasso dalla scarpa, degradante certo, ma accettalo a cuor leggero, per loro sei a malapena un pedone.
    Riguardo la loro oculatezza, che ne sai?
    Sei stato così professionale che l’unica oculatezza che hai potuto rilevare era quella nel frantumarti il culo.
    Il piano fino a qui non ha falle, almeno, non con i dati che possediamo al momento.


    Si tolse quasi il fiato, ma fermandosi di quando in quando per riprenderlo riuscì a completare l’arringa senza stramazzare al suolo, probabilmente grazie al fervore causato dalle incomprensioni di Atasuke che permanevano nonostante i suoi sforzi.

    Per il resto, Atasuke, è ormai chiaro che tu non possa aiutarmi nel mondo attuale, forse, in un recondito universo parallelo in cui le persone sanno cosa sia l’onore e si sfidano solo a fil di spada… ma in questo, dove occorre saper usare anche il cervello sei fuori posto.
    Tu ancora non hai capito il tuo errore, ed ho passato dieci minuti a spiegartelo.
    Puoi essere mio alleato quanto ti pare, ma ogni volta che aprirai bocca per contraddirmi davanti a qualcuno fallirai.
    Ti ho dato già 2 opportunità e le hai bruciate entrambe, e la mia pazienza ha un limite.
    La prossima volta potresti non essere così fortunato, e io non sarei incline a spendere tutte queste parole, per quanto tu non voglia abbiamo dei ruoli, e il mio mi permette di darti ordini, ascoltare repliche, ma queste non saranno mai vincolanti per me, se io ti darò un ordine potrai scegliere di non eseguirlo, ma se questo danneggerà me e per diretta connessione il villaggio dovrò eliminare il problema che l’ha causato: te.
    Se invece disubbidendomi farai del bene potrò non complimentarmi con te, potrò addirittura esigere che tu faccia come richiesto, oppure potrò ammettere il mio errore.
    La situazione è questa, o la accetti, come chiunque dentro queste mura, o sei fuori.
    L’hai sempre saputo e se speravi di poter cambiare quello che è un rapporto a senso unico di sbagli, non succederà. La foglia ha una sola testa a prendere le decisioni.
    Ma ciò non toglie che possa ascoltare i Sussurri di una voce fedele.


    Inamovibile, se la mano di Atasuke fosse arrivata l’avrebbe stretta, anche se chiunque li avesse visti senza dubbio li avrebbe scambiati per due imbecilli di dimensioni colossali, quel gesto durava ormai da troppo tempo per essere ancora naturale.
     
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  13. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~L'accordo~


    Lo sproloquio avanzava ormai da troppo tempo. Entrambi, per quanto potessero anche solo lontanamente essere interessati a cooperare si erano spinti fin troppo oltre da poter trovare “pacificamente” una soluzione, o almeno in quella specifica occasione.
    Qualunque cosa Atasuke avesse da dire, ormai per Raizen altro non era se non un'enorme cazzata, ed allo stesso modo, ogni parola di raizen era solo un'altra sbruffonata nelle orecchie dell'Uchiha.
    Gli animi dei due erano diversi, troppo diversi per trovare un punto di unione, una sorta di alleanza, ma non di certoper trovare una cooperazione.
    Da un lato il colosso aveva ragione, in effetti Atasuke non si era dimostrato propriamente affidabile in quel periodo, tuttavia, Atasuke stesso aveva ben ragione di diffidare, specialmente dopo ciò che era accaduto, specialmente se il colosso non mentiva nel sottolineare l'abilità dei Kurogane.
    Atasuke tacque, mentenendo il volto fisso, quasi impietrito alle parole del colosso, lasciandosele scivolare via come onde nel mare.
    Reagì solo alla fine, dopo l'ultimo sermone, l'unico che trovò assennato e che condivideva. Porse la mano al colosso ed i due strinsero la presa, mentre Atasuke con garbo, replicava un'ultima volta prima di lasciare che l'Hokage tornasse ai suoi compiti.

    «Non ho mai avuto intenzione di scavalcare i nostri ruoli, ne di cambiare l'ordine delle cose. Oggi, volevo fare un discorso “alla pari” ignorando quelli che erano i nostri rispettivi ruoli per alcuni istanti, fine della questione. So bene qual'è il tuo ruolo, conosco il mio e sono cosciente dei limiti, per quanto in effetti non abbia dato grandi dimostrazioni nell'ultimo periodo. È oltremodo palese quanto siamo differenti soto molti aspetti, tu ai i tuoi modi di operare, io ho i miei. Non ho mai detto che doevessi offrire un the ai Kobayashi essendo presunti colpevoli, su quanto fatto, son pienamente d'accordo, anzi, apprezzo la strategia applicata. Quello su cui voglio mettere un punto, non tanto per contraddirti, quanto piuttosto per metterti all'erta è un'altro...»


    A quel punto lasciò la presa, tornandosene alla sua scrivania prima di chiudere la questione.

    «Hai ragione nel dire che nessuno sa come operi e che la gente vede il risultato... Tuttavia i cambi negli uffici dell'archivio sono abbastanza sotto gli occhi di tutti gli operativi, o mi sbaglio? L'aumento dei controlli, tutto il meccanismo, certo funziona perfettamente per garantire la sicurezza, tuttavia... Se i Kurogane sono abili quanto dici e da cosa mi pare di capire hanno commerci sporchi, tutto questo cambiamento potrebbe indisporli, o sbaglio?»


    Lanciò un'occhiata al colosso, nulla di minaccioso, semplicemente concentrò il suo sguardo sull'Hokage.

    «Allo stesso modo, altri con la coscienza decisamente più sporca della mia sicuramente sono molto più sotto stress dai tuoi controlli. Da un lato è un bene, probabilmente sbucheranno dalle loro tane e riusciremo a rimuovere il marcio quanto prima, oppure, se per qualche motivo sono bene organizzati, nulla vieta che potrebbero tentare di sovvertire il sistema, ed in un villaggio di shinobi, beh, direi che l'infiltrazione è la “nostra” specialità. Se poi dovesse mai unirsi ad un clan potente ed astuto come i Kurogane, mi risulta ovvio che alimentare un minimo di malcontento potrebbe essere parecchio dannoso»


    Fece una brevissima pausa, socchiudendo gli occhi e sospirando, prima di riportare lo sguardo sull'Hokage.

    «Quello che sto continuando a cercare di dirle, Hokage-sama... Beh, Con tutto il dovuto rispetto, io ho errato e spero di aver appreso dai miei errori, tuttavia, vorrei mettervi in guardia. Non fidatevi troppo del pugno di ferro per mantenere sotto controllo i traditori. Il villaggio ha da poco subito un'attacco organizzato da un'organizzazione esterna che si faceva forza con pochi traditori interni ed hanno quasi raso al suolo il villaggio. Cambi di direzione troppo bruschi, per quanto giusti, possono portarci comunque fuori strada, mettono sotto stress l'intero sistema, non più abituato dopo troppi anni allo sbando»


    Concluso il punto, si concesse una nuova brevissima pausa prima di riprendere chiudendo definitivamente il discorso che da troppo tempo andava avanti.

    «Non sono qui a darvi lezioni di politica o ad imporvi il mio pensiero e questo, ci tengo a sottolinearlo, non è mai stato un mio obbiettivo. Tuttavia, ancora una volta vi metto in guardia, il vostro ruolo impone un'etichetta, impone dei modi specifici in pubblico, ma soprattutto verso chi vi segue e sostiene. Al popolo potete apparire giusto anche solo mostrando i risultati e questo terrà uniti i civili, ma ai sottoposti che vedono i vostri modi, io vi consiglio di cercare di piacere, in un modo o nell'altro, perchè per quanto io speri di sbagliarmi, temo che i traditori legati al gobi non siano tutti finiti, come anche l'edera che continua ad operare e le piccole bande criminali e tutto il marcio che con forza entrambi cerchiamo di estirpare dal nostro villaggio. Non sottovalutate il malcontento che il vostro modo di operare può generare, perchè qui non si tratta di un semplice team di 4 persone, ma di un villaggio di migliaia di persone»


    Il tono era calmo, pacato, velatamente ispirato, per così dire. Quasi fuori luogo dopo tutto ciò che si erano detti ed i modi con cui si erano vicendevolmente stuzzicati ed attaccati verbalmente.
    Forse, a quel punto, ripensando alle sue stesse parole, l'Hokage si sarebbe reso conto del punto su cui l'Uchiha aveva definitivamente chiuso quella questione, lo stesso punto che tanto aveva sconcertato l'Hokage poco prima per dargli del folle nel ritenere le persone al pari di semplici pedine di legno, sottolineando quanto queste fossero decisamente più imprevedibili proprio per la loro libertà di decisione e la loro possibilità di scegliere le proprie azioni. Ripensando proprio a quel punto, forse l'Hokage si sarebbe reso conto di quanto sottovalutasse le reazioni della gente, oppure, come Atasuke temeva, se ne sarebbe fregato, proseguendo per la sua via, ma a quel punto non era più un problema di Atasuke salvaguardare un folle.


    Se l'Hokage non avesse pi avuto altro da controbattere, Atasuke sarebbe quindi andato alla porta, aprendola e richiamando Takeda, prima di rivolgersi nuovamente all'Hokage, questa volta rispettando i ruoli che i due ricoprivano, come l'ufficialità imponeva

    «Prego, Hokage-sama, Takeda vi accompagnerà ai vostri uffici. Spero vogliate perdonarmi se non lo farò io stesso, ma come vedete ho parecchio lavoro da fare.»


    Fece un breve inchino di saluto, prima di concludere definitivamente quell'incontro.

    «Se avrete bisogno di me sapete dove trovarmi. Sono a completa disposizione del villaggio»


    Lanciò uno sguardo d'intesa al colosso che non lasciava spazio ad interpretazioni. Il messaggio era chiaro e preciso, oltre che sottolineato dalle stesse parole dell'Uchiha.
    Egli, dopo aver sistemato quel casino che l'Hokage stesso aveva generato in un momento di "noia", si sarebbe rimesso all'opera nell'organizzare il corpo dei guardiani, oltre che a fare il suo dovere a difesa delle mura, ma soprattutto avrebbe operato, a suo modo, per far si che i suoi timori non rischiassero di divenire reali.

     
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    Tutto bene...

    ...quel che finisce bene








    Ascoltò le parole di Atasuke con uno spirito leggermente più collaborativo, trovando nel dialogo un fondo di verità.

    Ecco, questo è quello che devi fare.
    Così parla e agisce un consigliere.


    Concluse.

    Vedrò che fare in merito, ma in questo primo momento reputo il pugno di ferro necessario, in futuro potrei ammorbidirlo se la situazione lo permetterà.
    È un problema secondario, e non penso di poterne risolvere più di uno per volta.
    Ma è un problema e in quanto tale penserò ad una soluzione.


    Si avviò verso l’uscita.

    E brucia tutto qui dentro, tieni di conto solo i ninja di rilievo, il resto sono scartoffie se vecchie più di cinque anni.

    Chiuse la porta e sparì, domandandosi se davvero ci fosse un modo più efficace di guadagnarsi la fiducia oltre che con i risultati.
    La concretezza, pareva, non era requisito essenziale per tutti.
     
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