Shi-e-En

[Free GdR aperta a tutti: Nuovo Anno]

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    TALK WITH ME

    Life is not a problem to be solved, but a reality to be experienced.




    Shizuka Kobayashi non si era mai dislocata. Mai.
    Inutile dire che la sensazione di trovarsi prima a testa in giù e il secondo successivo in eretta postura, dopo aver sperimentato l'orribile sensazione di essere infilata in una specie di centrifuga a piena velocità, fu più o meno la stessa di essere presa a pugni nell'addome per quattro giorni di seguito.
    Nulla di cui stupirsi dunque...

    «Tu.»

    ...se la Principessa del Fuoco, con le unghie arpionate a Masaki, a cui si era avvinghiata come un animaletto spaurito nello stringerlo a sé senza nessun pudore, rimase immobile con gli occhi sgranati nel vuoto.
    Le mani, uncinate sulla schiena forte di lui, e la testa piccata sotto il suo mento, complice l'altezza ridotta e il labbrino inferiore tremante, la facevano apparire come una bambina. Ma lei era troppo spaventata per curarsene e rimase così finché non riuscì a trovare la forza di parlare senza sembrare un fischietto rotto.

    «Tu...sei un dislocatore

    Sussurrò con la voce di un volpino spelato mentre cercava di allontanarsi meccanicamente dal Kurogane, cui provò addirittura a sorridere. Il risultato fu più o meno quello di un quadro impressionista: sfocato e ambiguo.
    Oh... adorava la Dislocazione. Era sempre stata così attratta da quella tecnica...quanto avrebbe voluto apprenderla anche lei... non credeva davvero che–...

    Cadendo in ginocchio sulle tegole del tetto spiovente con le maledette libellule, Shizuka Kobayashi –la più potente e famosa Erede delle Terre del Fuoco– dopo aver tentato di resistere al suo stesso corpo, vomitò allegramente tutto il bentou di aragosta che Ritsuko le aveva imboccato durante il viaggio di arrivo al Torii della Forza... per pura disgrazia di chiunque si fosse ritrovato sotto.

    […] E dunque era un dislocatore.
    Questo andava molto oltre quello che quel maledetto figlio di cani ululanti che era Raizen Ikigami le aveva detto. Da come gliela aveva messa, infatti, Masaki doveva essere una specie di lanuginoso cucciolotto cicciuto che auspicava ad un futuro migliore per Konoha, e lo faceva ingaggiando qualcuno perché ammazzasse tutto il suo Clan (e chi meglio di una bastarda Uchiha? Storia Docet), ma che oggettivamente era incapace anche di tagliarsi del tonkatsu da solo. Ora, invece, scopriva che era un dislocatore...
    ...Beh, avrebbe già potuto supporre che non fosse diventato Chunin facendo disegni con cerini colorati sui registri del Villaggio, ma questo era troppo.
    Sbattendo la testa sul corsoio del tetto, la Principessa si chiuse il volto tra le braccia, rimanendo a quattro zampe: gli aveva detto che lei “correva veloce” ...ad un dislocatore. Perfetto. Come minimo agli occhi di lui i suoi movimenti erano apparsi solo come una quiete passeggiata.
    Voleva morire. E non poteva nemmeno farlo. Se anche si fosse buttata di sotto sapeva che lui l'avrebbe ripresa... e l'idea di sperimentare di nuovo quella sensazione orribile le fece amare la vita con nuovo vigore.
    Suo malgrado, dunque, dopo qualche istante di teso silenzio, Shizuka si arrese al fatto di doversi dare un contegno, e mettendosi a sedere sul corsoio del tetto, nascose la testa tra le ginocchia scoperte, sospirando.
    Non aveva idea di chi fosse l'ultima persona ad aver visto quel lato pietoso di lei. Forse Raizen. E solo perché era lui a metterla sempre in quelle situazioni impietose.
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    «Non ho mai recitato, con te.» Disse dopo un attimo la ragazza, stropicciandosi il viso sulle gambe. «Di cosa parli?» Chiese ancora, azzardandosi a quel punto ad alzare la testa. Era rossa fino alla punta delle orecchie e benché l'espressione fosse quella risoluta e cocciuta di chi non sembra essere intenzionato a mostrare alcuna debolezza, gli occhi verdi lucidi di imbarazzo rimandavano indietro l'immagine di una ragazza ben diversa dalla maschera di sfacciata arroganza per cui era tanto conosciuta.
    ...Della Principessa del Fuoco si dicevano dopotutto molte cose: ambita come la più ricca rampolla del Paese, elegante e maestra di ogni arte come la perfetta Yamato Nadeshiko che si diceva essere, viveva la sua vita da kunoichi nell'ignoranza altrui. Nessuno sapeva cosa facesse, agli ordini di chi rispondesse, e neppure che missioni fossero affidate lei. Ma la nomea che portava sulle sue spalle, come unica allieva ancora viva dell'Hokage più biasimato della storia di Konoha, era un'eredità già abbastanza forte che sembrava parlare generosamente di tutto ciò che lei non diceva.
    Molte cose erano dunque dette di lei... ma in quel momento cosa e chi fosse Shizuka Kobayashi era evidente: una ragazza di vent'anni, timida e introversa, poco incline ad ammettere le sue mancanze con chicchesia, che stava cercando di instaurare un contatto.
    Per quanto il mondo potesse averla additata come donna inarrivabile, seduta sopra un piedistallo di ossa o cristallo pochi potevano dirlo, lei non aveva del resto mai smesso di cercare di toccare chi la circondava. Perché per quanto la strada che avesse scelto per se stessa fosse quella di chi siede nelle ombre della Luna per preservare la luce del Sole, il desiderio di amare, più che di essere amata, era sempre stato forte.
    «Pensi che se io avessi mentito la mia famiglia non se ne sarebbe accorta? Siamo mercanti, Masaki, viviamo manipolando la verità e tutto ciò che sta attorno a noi per trarre il maggior profitto.» Riprese a dire Shizuka, fissando l'interlocutore. Adesso sembrava perplessa. «Quando Raizen mi ha chiesto di simulare amore per te, ero disperata. Non sapevo come fare.» Ammise, accennando ad un sorriso d'ammissione. «Ho studiato e osservato le coppie del nostro Villaggio per settimane. Sono una seduttrice, un'infiltrata, ho imparato ogni genere di ruolo per essere pronta a tutto... ma simulare amore di fronte a chi sa fiutare la menzogna, era un po' troppo anche per me.» Si grattò la testa. Imitare invaghimento, attrazione sessuale addirittura, erano semplici incarichi in confronto. «Ho raggiunto allora la conclusione che solo essendo me stessa avrei potuto risultare spontanea. Ho voluto avere fiducia in te, e non sono stata delusa. Avevo del resto già capito che non era necessario mentirti, perché ai miei occhi è sempre stato evidente che non ce ne fosse bisogno. Ho sempre avuto l'impressione che saresti stato al mio fianco, senza tradirmi, qualsiasi cosa io avessi fatto.» E così dicendo si rimise in piedi, sorridendo. I suoi occhi verdi, socchiusi, si puntarono in quelli così particolari del Kurogane, e risero divertiti. «Non ho mai recitato con te, nemmeno una volta. E stiamo funzionando bene, insieme, no?» Così dicendo fece spallucce, scuotendo la testa. «Certo non immaginavo che invece tu ci stessi mettendo tutto questo impegno. Ad aver saputo quanto faticoso era per te, avrei adottato il criterio della fidanzata pudica che chiede incontri solo nelle rare occasioni formali che precedono il matrimonio.» E così dicendo, la Principessa alzò un indice accusatore verso il volto dell'uomo, guardandolo con forza. «Sai qual è il problema? Io ti ho mostrato me stessa, ti ho aperto con sincerità le porte di ciò che sono e di ciò che amo, tu invece hai messo un muro di fronte a me per impedirmi di raggiungerti. Non mi hai mai fatto avvicinare. Sei cordiale, simpatico, affettuoso addirittura. Ma distante.» E così dicendo si mise a braccia conserte. Alzò leggermente il mento verso l'alto, quasi in tono di sfida. «Non so precisamente cosa ti faccia così paura, ma se sei spaventato per il futuro, sappi che non c'è possibilità che io fallisca nel fare il mio lavoro. E se anche accadesse, tu usciresti sano e salvo da tutta la faccenda, perché sono pronta a morire pur di adempiere al mio dovere.» Ed era seria. Non c'era alcun tentennamento in lei. «...Ma ho diverse cose che voglio fare, perciò non intendo andarmene ancora. Dopo il grado Jonin, magari, ci penso.» Ironizzò, mettendosi a ridere nel grattarsi la testa. Sembrava abituata a parlare della sua fine...ma non priva di paura. Ventilare quella possibilità la terrorizzava, glielo si leggeva in volto. Eppure la risoluzione nel proteggere il suo Villaggio, la sua famiglia e le persone che amava, era più forte. Per quanto fosse doloroso tutto ciò che avrebbe perso, non avrebbe esitato a sacrificarsi pur di raggiungere il suo scopo. «Stai tranquillo, Masaki Kurogane. Ti prometto un futuro di felicità senza pari, la libertà del cuore e della mente, e la gioia di riscoprire ancora una volta cosa significa alzarsi la mattina con la voglia di vivere al pieno delle proprie potenzialità.» E così dicendo prese ad avvicinarsi a piccoli passetti. Quando fu davanti al suo interlocutore sorrise, e mettendosi in punta di piedi cercò di scompigliargli i capelli. «Ti chiedo solo di darmi una possibilità. Forse non andrà male come pensi. Rifletti meno e goditi un po' di più la vita, è così divertente e ci sono così tante cose da fare...!» Concluse, mettendosi le mani sui fianchi.

    Si sentiva profondamente soddisfatta di tutto quel discorsone in prosa. Era certa di essere riuscita ad esprimere pienamente ciò che pensava e di aver tranquillizzato abbastanza il suo compagno da poter sperare che lui togliesse il muro che le aveva messo di fronte e con cui la teneva lontana.
    Per quanto a livello personale se ne sentisse infastidita e ferita, quasi offesa, aveva bisogno di conoscere il vero Masaki se voleva riuscire a fare ciò che la missione chiedeva.
    Ma soprattutto... perché era così spaventato? Lo era davvero, poi? E da cosa?
    Aveva fatto qualcosa di sbagliato, forse? Lo aveva mortificato senza rendersene conto?
    Non le aveva mai davvero permesso di avvicinarsi a lui. Mai. Ma era pur vero che si erano legati da poco e probabilmente non poteva chiedere l'impossibile... Eppure...

    Era ancora persa nei suoi pensieri quando improvvisamente qualcosa si mosse al limite del suo campo visivo... assorta com'era nei suoi ragionamenti la Chunin ebbe però appena il tempo di girare la testa che la scimmia di prima cadde tra lei e il Kurogane, ondeggiando e ridendo sguaiatamente.
    «...E' ubriaca?» Chiese a quel punto la ragazza, dopo un lungo attimo di silenzio, prima di guardare il flacone che l'animale teneva in mano. Aggrottò la fronte, perplessa. «Che diavolo è?» Domandò ancora, ignorando completamente che l'animale si fosse nel mentre avvinghiato al suo interlocutore, toccandolo qui e là. La sua mente si era già estraniata... come al solito di fronte a qualcosa di interessante. «Un flacone medico? Ma che... Masaki tieni ferma questa bestia oscena e...» Ordinò con aria perentoria, ma non fece neppure in tempo ad allungare le mani verso l'animale che questo, muovendosi in contropiede, le saltò addosso arpionandole il seno.

    Silenzio.

    Immobile sul posto, con il viso cristallizzato in una maschera di irreale stupore, Shizuka Kobayashi esitò... mentre i suoi occhi, d'improvviso, tornavano a scurirsi profondamente, divenendo quasi neri.
    Il suo volto, adombrato come quello di un Oni, si increspò in un messaggio ben preciso e per un istante la somiglianza con Heiko Uchiha fu tale che chiunque l'avesse guardata non avrebbe trovato alcuna differenza. Alzando la mano verso l'alto e formando un pugno, la Chunin fece appena in tempo a sibilare a fior di labbra non si capì bene quale minaccia... che Masaki afferrò l'animale e lo allontanò da lei, lasciandolo poi stupidamente andare.
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    Lasciandolo andare.
    «COME COS'E' SUCCESSO?! UNA DANNATA SCIMMIA MI HA TOCCATO IL SENO!» Strillò la Kobayashi, infiammandosi di rabbia. Cercando di afferrare la testa del Kurogane con ambo le mani, la donna serpeggiò furibonda. «IMPAGLIATA NEL MIO LABORATORIO, ECCO QUAL ERA LA FINE GIUSTA PER QUEL MOSTRO!» Ruggì, tentando di scuotere visibilmente il Principe del Ferro. «MA IL BENEVOLO DIO DELLA FORESTA L'HA LASCIATA SCAPPARE! BRAVO, BRAVO DAVVERO!» Gridò, alzando a quel punto le braccia al cielo e strillando con tutta la forza che aveva in corpo... ignara che, così facendo, tutte le scimmie sui tetti limitrofi avrebbero ascoltato quella dichiarazione di guerra e ne sarebbero state assai disturbate. Abbastanza da ordire il giusto contrattacco, quantomeno... Ma alla Principessa del Fuoco cosa poteva importare? Era troppo iraconda per curarsi di qualsiasi cosa, come dimostrò girandosi di scatto e calciando con forza portentosa la decorazione di marmo a forma di libellula, che staccandosi di netto dal corsoio del tetto volò lontano... molto lontano... più o meno verso i tendoni del giochi a Hotami, dentro ai quali cadde, sparendo alla vista. «VOLA! VOLA LIBELLULA!» Ululò la donna meno temperante di tutto il Fuoco, sbattendo un piede sulle tegole, che schizzarono a giro come fuscelli di legno. «CERCHERO' OVUNQUE QUELLA BESTIA OSCENA. VOGLIO LA SUA TESTA COME FERMACARTE SULLA SCRIVANIA DI TAKUMI!» E così dicendo, fulminando con occhi dardeggianti Masaki –che ricevette il messaggio della sua fidanzata telepaticamente, il quale recitava pressapoco così: “Vieni con me o impaglierò anche te, e non vuoi sapere da dove partirò”– camminò verso la fine del tetto battendo furiosamente i piedi a terra e muovendo in modo rude le braccia attorno a sé.

    Cinque minuti dopo Shizuka Kobayashi era di fronte all'Arco dell'Inizio, con un discreto cerchio di vuoto attorno a sé, a causa probabilmente dei suoi occhi infiammati di rabbia che sembravano pronti a uccidere.
    ...Sembrava che cercasse una scimmia con una boccetta in mano. E sarebbe andata ovunque le voci che i poveri malcapitati –che lei afferrava per il bavero del kimono, scuotendoli rabbiosamente uno dopo l'altro– l'avrebbero condotta.

    Quello che non sapeva era che anche le Scimmie cercavano lei.

    La guerra era ormai prossima.


    P.s. Intanto Takumi Muramasaki, Amministratore Burocratico di Konoha, starnutì fragorosamente. Alzando i suoi occhi chiari fuori dalla finestra, e osservando la neve che danzava elegantemente sopra il suo amato Villaggio, si chiese perché avesse una così brutta sensazione....
     
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