Shi-e-En

[Free GdR aperta a tutti: Nuovo Anno]

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  1. -Meika
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    Shi-e-en

    Distrazioni




    Perché non vieni anche tu allo Shi-e-en? Domandai a mio padre mentre con attenzione pestavo in un mortaio alcune foglie essiccate di colorito giallognolo. Mio padre scosse il capo, deciso a non ascoltar ragione.
    No no tranquilla. Tu piuttosto, ci andrai da sola? Eh? Oh? Perché sei diventata rossa?
    Già perché? Akira ed io avevamo deciso che quella famosa “vacanza” di cui avevamo parlato poteva essere proprio ad Hotami. Lo Shi-e-en era un festival stupendo, famoso in lungo ed i largo per la sua bellezza ed i suoi intrattenimenti. Ed il Paese delle Calde Primavere non era proprio il luogo “soleggiato” che si pensava, tuttavia al contrario di Genosha era un luogo carico di calore sotterraneo che risaliva fino al suolo e la possibilità di poter avere freddo sembrava decisamente remota.
    Inoltre era un luogo adatto a rilassarsi, a divertirsi, a far tutto ciò che si poteva voler fare in una vacanza. In un certo qual modo fui dunque contenta che mio padre avesse declinato l'invito quasi obbligato che avevo dovuto porgli, ma alla sua domanda non avevo potuto far altro che trovarmi spiazzata.
    Oh, capito capito. Mi picchiettò il fianco con un dito, mi scostai, quasi cadendo dalla sedia.
    Cosa avresti capito? Domandai, ma lui, claudicante col al solito, uscì dalla stanza zoppicando fino in cucina. Non potevo vederlo, ma sul suo viso era dipinta un'espressione a metà tra la preoccupazione e la felicità.
    Tornai alla mia opera, appena imbronciata, terminando di triturare le erbe. Non ero in camera mia, avevo deciso che se dovevo mescere veleni non potevo farlo nello stesso posto in cui dormivo.
    Avevo liberato in cantina un angolo gettando un sacco di cianfrusaglie di mio padre (il quale ne era stato enormemente addolorato) e lì avevo messo un tavolo e tutti gli attrezzi necessari. Avevo iniziato ad approfondire l'arte di creare sostanze sempre più complesse ma non solo malefiche: il libro che avevo preso a Suna era anche una collezione indicibile di tesori. C'erano centinaia e centinaia di piante diverse al mondo e moltissime erano descritte in quel voluminosissimo tomo a caratteri assai piccoli e scarsamente leggibili. Ad esse non erano associate solo effetti estremamente dannosi, come quelle che cercavo di solito, ma anche effetti benefici.
    Non che ne fossi così esperta: per preparare qualcosa per far tonici ci volevano ben altre conoscenze, ma il mio obiettivo era un banalissimo olio da bagno. Qualcosa che potessi sfruttare assieme agli effetti benefici delle acque termali, un mero trattamento di bellezza che qualsiasi ragazza si concedeva.
    Il tavolo di lavoro era un caos. Oltre la boccetta dove preparavo il mio olio ce ne erano altre non etichettate messe in un angolo, dalla forma del tutto identica ed indistinguibile da quella che stavo preparando. Era un veleno allucinogeno che avevo preparato poc'anzi. Scarsamente velenoso, ma molto allucinogeno, mi avrebbe certamente permesso di rendere le mie illusioni ancora più reali agli occhi dei malcapitati.
    Infilai le foglie tritate in una carta da filtro che ripiegai con estrema cura e legai con attenzione con un sottile spago. Lo infilai nel liquido oleoso nella boccetta che misi su una piastra riscaldata.
    MEIKA! l'urlo di mio padre mi fece sobbalzare dalla sedia.
    EH? urlai di rimando.
    VIENI QUI A VEDERE, FORZA!


    Quasi spaventata mi precipitai per le scale fino in cucina dove vidi mio padre fissare la più forte tormenta di neve che avesse colpito Kiri negli ultimi diciotto anni almeno, perché non mi ricordavo nulla di simile. Fiocchi grandi come pugni cadevano senza sosta dal cielo grigio, abbattendosi dolcemente al suolo e coperti dai loro gemelli prima che si potessero sciogliere.
    Oh diavolo, se continua così ci ritroviamo sotto mezzo metro di neve. Commentai, affascinata. Un motivo in più per stare ad Hotami, sinceramente. Ne ho abbastanza della neve per questo inverno.
    Come... come fai a dire questo? Arata si voltò, con un'espressione quasi bambinesca sul volto. Aveva sempre amato la neve in misura sproporzionata. Sospirai, scuotendo il capo. Torno a preparare ciò che dovevo! Ah! Per caso ci hanno consegnato dei pacchetti? Aspettavo alcune erbe dal Paese del Fuoco.
    Ah sì, sono in uno scatolo vicino l'ingresso.
    Mi diressi lì di tutta fretta e vidi la piccola scatola che attendevo quasi con ansia. La afferrai e corsi nuovamente nel mio “laboratorio”. La aprii con un paio di forbici e vidi una miniera d'oro: diversi sacchettini trasparenti accuratamente etichettati contenevano molteplici foglie secche di erbe che a Kiri e dintorni non avrei mai potuto trovare.
    Ma che intendi farci ora? la voce di mio padre giunse alle mie spalle. Sussultai, voltandomi quasi furiosa.
    Avvisa prima di entrare! dissi, quasi ringhiando.
    Pft, esagerata. Allora? Una versione potenziata del veleno allucinogeno che ho già creato. Voglio eliminare del tutto gli effetti dannosi per creare qualcosa che abbia solo effetti allucinogeni di maggior durata.
    Arata sbatté le palpebre alcune volte. Dunque, annuì, deciso. Non so se essere orgoglioso o preoccupato che mia figlia abbia iniziato a produrre droghe in cantina.
    È per le missioni! Ah, lasciami in pace! Dissi, sbuffando, arrossendo vistosamente. Lui rise, scompigliandomi i capelli (lui, Akira, insomma qualsiasi essere di sesso maschile che incontravo sembrava avere una certa idiosincrasia per l'ordine dei miei capelli). Ok ok, ti lascio stare.


    L'olio che dovevo portare ad Hotami era in preparazione ma dentro morivo dalla voglia di provare la creazione di quel “veleno” (difficilmente classificabile come tale, dopotutto). Ero conscia che non avrei resistito ed allora misi le mani nella scatola, tirando fuori tutto ciò che mi serviva. Polvere di taluni funghi, foglie di alcune piante, semi di altre. Mi misi al lavoro, senza sapere cosa, quella mia scelta, avrebbe portato.




    L'appuntamento con Akira per partire ad Hotami era alla sera di due giorni prima dell'ultimo dell'anno. Partendo al tramonto si sarebbe giunti a destinazione la mattina della festa. Un intero giorno per sistemarsi, provare le terme ed infine godersi la festa del nuovo anno. La nave che ci avrebbe dovuto portar lì era un traghetto che compiva quella rotta più volte l'anno, giacché collegamento per soli passeggeri da Kiri verso il Paese delle Calde Primavere. La neve era alta fino al polpaccio quella sera, ma il cielo era limpido.
    Molta gente riposava al caldo delle loro case, mola altra era al Porto pronta ad imbarcarsi verso Hotami. Akira era già lì ad aspettarmi. Notai quanto il suo bagaglio fosse misero rispetto al mio che, dimensionalmente, era circa il doppio. Uh, eccomi, freddo, freddo, freddo... Dissi, quasi saltellando sul posto. La temperatura era scesa moltissimo quei giorni. Povero Sanjuro, pensare che è scappato da Genosha perché aveva freddo. Aggiunsi, con una nota divertita nella voce.
    L'imbarco fu rapido e quanto prima riuscii a mettermi sotto un tetto, quanto più fui contenta. Quella volta però, al contrario dell'ultima gelida avventura passata assieme avevo con me guanti, sciarpa e berretto di lana adatti allo scopo. L'inverno era decisamente arrivato.


    Giungemmo ad Hotami la mattina dell'ultimo dell'anno. Avevo dimenticato il freddo: lì l'inverno sembrava non arrivar mai. Non che il clima fosse caldo: dove non c'erano sorgenti termali si poteva vedere la neve caduta nei giorni precedenti, tuttavia era tutto così perfetto da lasciarmi quasi a bocca aperta. Il tutto sembrava così diverso da Kiri. Una costante nebbiolina ma tiepida, circondava qualsiasi cosa entro dieci metri da qualsiasi fonte acquatica.
    Il Sonno di Ginken poi, dove praticamente tutti lì alloggiavano. Perché le altre Terme erano quelle di Gorazumi che – stando al listino dei prezzi – erano qualcosa ben al di là delle nostre possibilità.
    Non capivo però cosa potesse esserci di meglio del Sonno di Ginken però. È... mi guardi attorno, quasi spaesata, mentre vedevo alcune persone in accappatoio risalire le scale per le camere evidentemente rilassati.
    Terme! Ci andiamo, vero? Allungai una mano afferrando la sua, tirandola appena con fare quasi infantile. La festa sarebbe cominciata quella sera e c'erano ancora un paio d'ore prima di pranzo.
    Ci volle qualche minuto per registrarsi, avere la chiave della stanza e dunque prenderne effettivamente possesso. L'uomo che ci accompagnò fin lì, vestito in maniera impeccabile ma allo stesso tempo sparata con un semplicissimo kimono nero quasi marziale, era cortese come il suo ruolo gli imponeva di essere. Ci aprì la stanza e ce la mostrò, spiegandoci brevemente tutte le attrazioni lì al Sonno di Ginken. Le terme sono ovviamente al piano terra, prendete la prima porta a destra sul corridoio opposto a questo e vi arriverete. Nella stanza ci sono accappatoi, asciugamani grandi e piccoli. Vi prego, come giusto che sia, di lavarvi accuratamente prima di entrare nell'onsen. Vi prego di stare attenti a quelle vicino l'ingresso e sopratutto, non date troppa confidenza alle scimmie.
    Avevo visto di fatti alcune scimmie dal manto chiaro vicino al ponticello, non comprendevo perché non si potesse dar loro una grattatina sul capo o qualcosa da mangiare. Sono pericolose? Domandai, incuriosita.
    No. Sono diaboliche però. E nel tono dell'uomo mi parve di udire l'eco di un lontano terrore al quale faticavo a credere. Quando ci lasciò soli mi rilassai per un lungo istante quasi sospirando. Posai la testa appena contro il petto di Akira, socchiudendo gli occhi, stanca dal viaggio, ma felice.
    Nulla potrà rovinare questa vacanza, vero? mormorai.

    Sciocca Akuma.

    Non hai considerato te stessa ed il tuo disordine.




    Eppure ero sicura di averla presa... Mi dissi, cercando nella sacca dell'accappatoio l'ampollina che mi ero portata da Kiri. Non udii il leggero rumore di passi sul tetto. Mi grattai la testa, confusa: ricordavo perfettamente di aver preso l'ampollina ed averla portata lì fino alle terme. Non potevo di certo entrare con quella cosa addosso, il suo effetto si esplicava meglio se messa per dieci minuti prima di entrare nelle terme e poi lavata via. Inoltre era contro il regolamento entrare col corpo cosparso di lozioni o di trucchi di altro tipo. Lo comprendevo, si rischiava di inquinare l'osen in questo modo.
    Non trovandolo tuttavia pensai che l'avessi dimenticato in stanza. La mia scarsa fissazione sui prodotti femminili mi rese in grado di sopprimere la mia curiosità, rimandando al giorno dopo il test. Uscii dalle docce, con le braccia incrociate al petto ed un'aria interrogativa addosso. Pensavo di aver preso quella cosa che avevo preparato... bah, non ricordo.


    Ora immagino che ci si starà chiedendo dove fosse quella boccetta. In un attimo di distrazione, mentre posavo l'accappatoio all'apposito gancio per entrare nella doccia e regolarne la temperatura una scimmia “diabolica” era entrata da una delle alte finestre rettangolari che c'erano vicino al soffitto. Con l'agilità che era propria dei ladri si era calata in basso e notato forse un bagliore nella tasca del mio accappatoio aveva afferrato la boccetta rapida come il vento, scappando poi da dov'era arrivata. Ero troppo rilassata per essere sull'attenti: i miei sensi da kunoichi erano stati mandati temporaneamente in vacanza.
    La scimmia così si rubò quella che doveva essere, in teoria, una semplice lozione per la pelle che mi ero fatta da sola più per esperimento che per vanità. Se avessi dovuto maledire la scimmia o ringraziarla in quel momento non ne avevo di certo idea.


    L'arguta scimmietta di fatti si diresse in tutta fretta presso la grossa pozzanghera calda dove riposavano i suoi simili. Il tutto fu espresso a gesti e urletti, ma il senso era più o meno questo: Ho trovato questa! Sembra buona! Sembra come quella cosa che trovasti l'altra volta. Ti sentisti male. Sarà buona! Vedrai! E tolse il tappo all'ampolla trangugiando il liquido per metà, lasciando poi cadere il resto nell'acqua. La scimmia urlò il suo disappunto, l'altra, rise.
    FA SCHIFO! AHAHAHAHAHAHA!
    La risata di quella scimmia fu solo l'inizio.
    Perché lì dentro non c'era affatto la lozione che Meika credeva di aver portato da Kiri, piuttosto il potentissimo allucinogeno che aveva creato. Poiché, nella fretta di preparare la valigia, aveva dimenticato di etichettare la lozione ed il veleno e dunque li aveva banalmente confusi.


    Forse dovevo ringraziare la scimmia.

    Ma forse Hotami avrebbe maledetto me.



    La sera giunse presto. Le terme erano state perfette, un vero e proprio paradiso in terra. Sebbene i turni alle mura si fossero ridotti, quel lavoro rimaneva stressante e non ero mai riuscita realmente a riposare per più di un giorno di fila da che eravamo tornati da Genosha. Sentivo il corpo piacevolmente intorpidito, come se avvolto da un'aura di debolezza piacevole. L'aria poi era di una umidità incredibile, che mi ricordava quella del Bosco delle Mille Fonti. Solo che essendo inverno ed essendo quell'aria calda il tutto assumeva un diverso spessore.
    Ti dovrai sentir benissimo tra tutta questa acqua ed umidità. Dissi ad Akira, ridacchiando appena al di la della porta del bagno dove mi stavo vestendo. Avevo appena terminato di legare l'obi dietro la schiena. Sistemai i capelli, legandovi il fermacapelli sagomato come un fiore nero, lo stesso che indossavo alla Festa della Fondazione, e decisi di esser pronta. Ovviamente, ci avevo messo due volte il tempo che ci avrebbe messo Akira nonostante fossi notoriamente rapida in certe faccende.
    Ma si sa, la rapidità è un concetto relativo.
    Fuori dalla stanza si poteva udire il rumore della folle e della musica del Shi-e-en. Ci incamminammo fuori dal Sonno di Ginken ed io avevo in testa un solo pensiero: quello sarebbe stato un capodanno indimenticabile.


    Senza dubbio.

    Perché le scimmie non avevano ancora smaltito la sbornia.

    Difatti dopo alcune ore di più totale rimbambimento le scimmie, al tramonto, avevano iniziato ad atteggiarsi stranamente. Ridevano dei passanti, mostravano il sedere con meno pudore del solito. Dopo un po' decisero anche di essere impavide e dunque iniziarono a camminare tra i passanti dello Shi-e-en comportandosi... come delle persone sotto effetto di allucinogeni. O per essere precisi, come scimmie sotto effetto di allucinogeni. Ce n'era un numero imprecisato, tuttavia esse iniziarono a scorrazzare tutte – nessuna esclusa – per la festa importunando la gente in modi che solo i Kami conoscono. Erano troppo piccole ed oggettivamente strafatte per far male a qualcuno, ma di situazioni imbarazzanti potevano crearne in quantità industriali.

    Giunsi con Akira alle festa meravigliata, senza sospettare del disastro che avevo creato. Allora, dilapidiamo la fortuna che abbiamo avuto? Avevo scoperto che alla fine il gioco d'azzardo un po' mi piaceva.
    Nel mentre, sul pinnacolo del più alto edificio di Hotami, una scimmia agitando una boccetta vuota in mano, urlava qualcosa al vento che doveva suonare tipo come SONO IL RE DELLA FESTA, VENITE A ME, STRONZI!!! se solo fossimo stati in grado di comprenderne il linguaggio.



    Scimmie strafatte!
    Di numero imprecisato, non violente, ma imprevedibile. Sentitevi liberi di usarle come volete nei vostri post.
     
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    È colpa tua. Ratty

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    Caccia al Pollo
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    Completamente assorbito dal gioco come solo un povero allocco può essere, Febh Yakushi trascorse buona parte del primo pomeriggio saltando da un tavolo da gioco all'altro, inizialmente scommettendo piccole somme e poi, via via che il capitale andava esaurendosi, sparando alto nella speranza di vincere. Alla settima sconfitta di fila alla torre del destino dopo appena una somministrazione di carte tirò fuori un Kunai cominciando a minacciare pesantemente il banco come solo un vero teppista psicolabile potrebbe fare, farneticando di complotti, strie di chakra e corporazioni che agivano contro di lui. Venne allontanato da una vecchina autoritaria che cominciò a prenderlo a colpi di borsetta con una maestria che suggeriva anni di esperienza.

    A quel punto si dedicò ai dadi, scoprendo che in effetti la sua leggendaria incapacità di vincere ai giochi di carte era in realtà parte di un talento ben più esteso e catastrofico. Era come se avesse sulla spalla un piccolo folletto che scambiava ogni possibile risultato, tanto che cominciò a pensare seriamente di vederlo...soprattutto quando realizzò che in effetti aveva una scimmia sulla spalla che sembrava intenta a sbucciare una banana invisibile mentre reggeva un ventaglio di piume di struzzo con la coda prensile. Non era chiaro se la cosa più strana fosse la scimmia od il fatto che il povero amministratore demente aveva impiegato circa venti minuti prima di rendersene conto. Bene...bene...forse sto giocando un pò da troppo tempo, ma posso finire col botto! Lo Yakushi non fece una piega ma sembrava decisamente più allucinato della scimmia...e gli restavano solo cento petali da puntare. Finora ho sempre puntato sul 12-17 ed è uscito solo due volte su dieci puntate. E' evidente che ora non può che uscire di nuovo: semplice statistica...probabilità, no? Quindi...TUTTO SUL 12-17! Disse battendo la mano con le fiches sul riquadro, tanto forte che la scimmia saltò via urlando. I dadi presero il volo.

    Avanti...

    Rimbalzarono una o due volte.

    Sono un maestro della rotazione. Io posso leggere ogni movimento rotazionale. So già che uscirà quello che mi serve. IO LO SO!

    Un'altro rimbalzo.

    Forza...forza...

    Quindi si fermarono.


    Qualcuno ancora racconta di quello strano tizio in abito che iniziò ad urlare come un ossesso appeso ad un cornicione affianco ad una scimmia altrettanto anomala.

    [...]

    Era passata un'ora, forse, da quando lo shock aveva spento il labile collegamento di Febh Yakushi con la realtà, tanto che quando si riebbe non sapeva esattamente dove si trovava, ma perlomeno aveva le tasche piene di banane. Completamente privo di gettoni, iniziò a trascinarsi verso qualche posto con un pò di vita per risollevare l'umore, quando udì un suono tanto familiare quanto inquietante: il chiocciare di un pollo.
    Come nei peggiori film horror, Febh rimase paralizzato cominciando a voltare lentamente la testa con dei brevi scatti colmi di drammaticità. Non può...essere. La vecchina che era riuscito a scacciarlo aveva con sè un sacco pieno di gettoni: doveva aver vinto parecchio ed in quel momento stava china a dare delle briciole di pane a quello che sembrava essere un normalissimo pollo (Immagine di Riferimento). Oh oh oh...pensavo fosse strano ma tu sei eccezionale, ohohoho! Non sei un pollo come tanti. Devo ringraziati, piccoletto, mi hai fatto vincere un sacco di soldi. Ohohohoh!

    Con un passo pesante come un esercito in carica, Febh si fece avanti nella loro direzione, attirando uno sguardo preoccupato da parte della vecchietta. Lo spettacolo che il gallinaceo e la donna si trovarono davanti non era decisamente qualcosa di umano.

    jpg



    Il volatile spaventato si diede alla fuga, mentre lo Yakushi partiva in carica ad inseguirlo. COME FAI A VINCERE SEMPRE? COME FAI? COMEEEEE??? Va detto che là dove la sfiga di Febh era leggendaria, al contrario la fortuna del Pollo, in ogni ambito, era superiore ad ogni limite concepibile, tanto che nonostante l'ovvia e netta inferiorità fisica in qualche modo riusciva sempre a cavarsela. Appena voltato l'angolo l'amministratore di Oto diede una craniata formidabile su una porta che era stata aperta proprio in quell'istante, bloccando ogni suo impeto mentre l'animale si dava alla fuga...e ben presto gli cadde in testa una tegola e poi inciampò in un chiodo della passerella sull'acqua.

    Nell'elaborata ed acrobatica caduta dopo l'ultimo inconveniente sarebbe finito in mezzo alla folla, con il Pollo che svolazzò di testa in spalla, fino ad atterrare proprio davanti alla persona che in quel momento aveva vinto più di tutte le altre. Febh invece avrebbe quasi certamente travolto un ragazzinoHohenheim vicino ad un tappetto dai capelli rossi. DOVE STA? DOVE STA??? Quasi con la bava alla bocca l'otese si sarebbe rialzato senza chiedere scusa nè badare a cosa era successo, pronto a continuare la sua furiosa caccia vendicativa!
     
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    «L'importante è che non rimangano da soli.»



    Toshiro Kobayashi era baldanzoso: braccia conserte, bocca serrata, e l'espressione di chi è pronto a tutto pur di ottenere ciò che voleva.
    ...La sua determinazione fu però lisciata un secondo dopo quando sua moglie si limitò ad inarcare un sopracciglio. Il che parve bastare a ricomporre subito l'interlocutore in una posa meno plastica e soprattutto meno perentoria.
    «Toshiro, sono due ragazzi di venti e ventitré anni. Pensi davvero che non cercheranno di scappare?» Chiese educatamente l'ex Jonin, sorridendo. Non aveva dubbi al riguardo, dopotutto, per quanto Heiko Uchiha potesse apparire una donna tagliente e intransigente, forse addirittura poco sensibile, era pur sempre una madre. Era bastato lei uno sguardo per capire che Shizuka non vedeva l'ora di stare sola con Masaki, e non era necessario che guardasse lui per capire chi dei due lo avrebbe proposto.
    ...Tale madre, tale figlia: lei era scappata dal suo stesso Quartiere, sfidando la sua famiglia e quella del suo supposto futuro sposo, pur di partecipare all'incriminato Tanabata che l'aveva invece fatta riscoprire innamorata di quel, al tempo, presuntuoso e sarcastico Principe dei Mercanti... Avrebbe scommesso tutto ciò che aveva che Shizuka avrebbe fatto esattamente lo stesso.
    «...Heiko, lui le farà qualcosa di male, non capisci?! Lui... i serpenti Passavano periodi in cui Toshiro Kobayashi si fissava su cose varie. L'ultima volta erano stati i fenicotteri, quella ancora prima le teiere a forma di elefante, questa pareva essere quella dei serpenti. Heiko si limitò dunque a liquidare la faccenda sorridendo in modo mellifluo. «Ne sono certo, lui vuole fare... COSE...» Ventilare quella possibilità sembrò infliggere al Capoclan una stoccata di ferro al cuore e lui, portandosi ambo le mani tremanti al viso, parve essere sul punto di mettersi a piangere. «La toccherà! Oh Dei! Ne abuserà!!» Gemette ancora il Signore dell'Airone, ora ben lontano dal venticinquenne spensierato che un tempo aveva ghermito il cuore della più pura degli Uchiha. Essere padre lo aveva reso un paranoide, come dimostrò quando cadde teatralmente in ginocchio sul pontile, di fronte alla moglie, muovendo in modo straziante le braccia in aria in un ultimo triste ondeggiare prima di cadere pesantemente al suolo e fingersi morto. Nei suoi occhi si alternavano scene horror ad altre splatter. E in quasi tutte queste Shizuka piangeva, invocando il nome di suo padre perché la salvasse dal “mostro” (Masaki Kurogane, per l'occasione con corna e coda arpionata).
    «Amore mio, è più probabile che sia Shizuka ad abusare di lui.» Replicò gentilmente Heiko Uchiha, ignorando lo sguardo del marito che nel sentire quelle parole andava in frantumi e si ricomponeva all'incontrario come un quadro cubista.
    ...Nulla di cui stupirsi, del resto le donne che erano state addestrate alla "Peonia Bianca" di Kabuchou, avrebbero avuto di che insegnare qualcosa anche al migliore degli amatori. E sia lei che Shizuka avevano trascorso ben tre anni della loro adolescenza tra le mura del Quartiere Rosso, per apprendere a perfezionarsi nell'arte della vera kunoichi: la seduzione.

    Mettendosi a braccia conserte, la Matrona ghignò, sardonica: era tutto dannatamente perfetto.

    [...]



    Ritsuko le aveva dovuto tirare un ceffone sulla schiena per farla camminare in avanti e questo perché lei si era piccata a non muoversi di un solo passo. Di punto in bianco, quando aveva adocchiato da lontano la chioma albina di Masaki, la Principessa dei Kobayashi aveva infatti annunciato, e senza alcun senso, che non si sarebbe mossa dalla banchina nemmeno a costo di essere portata via di peso, cosa che effettivamente sembrò voler davvero fare ignorando il Kurogane fino a quando la sua Kumori, facendo roteare gli occhi al cielo, non la spintonò rudemente.
    «Smettete di fare la bambina.» Ordinò l'Aoki quando la sua Padrona le ringhiò una serie di improperi tra i denti. «Non mi sembra proprio il momento di fare la timida.» Le possibilità di capire che Shizuka Kobayashi, con quello sguardo furibondo e le gote imporporate, fosse imbarazzata anziché furiosa, erano più o meno rasenti a zero...ma Ritsuko era nata per servire una sola persona, e di questa conosceva tutto. Per quanto dunque poté sentirsi frustata di vedere quel genere di sguardo proprio sulla persona per la quale sarebbe morta in ogni vita a lei concessa dagli Dei, la Guardiana non poté far altro che quello che tutti si aspettavano da lei: supportarla. «E cercate di sorridere, o penserà che siete davvero in collera con lui. Non tediate la sua già ridotta mente.» Puntualizzò infatti la Kumori, tirando un calcio di punta nei talloni della Principessa quando questa parve comunque rifiutarsi di obbedirle.
    Un istante dopo Masaki le era davanti.

    “Shizuka”



    Se avesse dovuto essere onesta, non aveva mai notato che fosse così alto.
    Sollevando lo sguardo, la Principessa di Konoha rimase quasi stupita di quanto lui la sovrastasse. Si rese difatti conto, e non senza stupore, che persino con gli zori ai piedi gli arrivava appena al collo. Il quale si rivelò, ad una prima leggera occhiata, più strutturato di quello che aveva osservato prima d'allora.
    Era muscoloso, dopotutto. Non troppo, certo... ma il fisico asciutto e snello che presentava –notò, esitando per un battito di ciglia sul corpo di lui, vestito dello splendido kimono corvino di quell'occasione– sembrava esser stato raffinato da molti allenamenti che ne dovevano aver temprato le forme.
    Forse, allora, non era nemmeno così scarso come aveva supposto inizialmente.
    Aggrottando la fronte, la ragazza esitò: non aveva mai fatto caso a quel genere di dettagli, non ne aveva avuto mai bisogno dopotutto.

    “Finalmente sei qui.”



    Era ancora intenta a rimanere perplessa di fronte a quella serie di constatazioni inaspettate, quando improvvisamente Masaki le prese una mano. E la baciò.
    ...In un primo istante Shizuka valutò la possibilità di rigirargli un ceffone. Così, giusto perché le sembrò di punto in bianco molto ragionevole. E in effetti fu proprio ciò che parve pronta a fare quando alzò di scatto la mano destra al cielo. Fortunatamente però la sua Aoki, da dietro la sua schiena, non esitò a tirarle un calcio negli stinchi tale che lei, sbilanciata dall'inaspettato e con la testa ingarbugliata da una sorta di appannato vuoto, inciampò in avanti, proprio addosso al Kurogane, di cui toccò il torace con la testa, come una bambina...
    ...inutile dire dunque, che se fino a quel momento c'era stata una possibilità che il disastro venisse scampato, in quel momento tale possibilità era appena svanita.
    Avvampando come un cerino acceso e alzando di scatto la testa verso Masaki, con gli occhi verdi dardeggianti di rabbia –quasi la colpa dell'accaduto fosse proprio del povero malcapitato– la Principessa strinse infatti a pugno la mano prima levata...ma proprio quando uno sfrigolio di chakra blu elettrico tradì la sua intenzione di non trattenersi minimamente nel voler colpire il disgraziato Kurogane alla bocca dello stomaco, accadde l'impensabile: Ritsuko, portandosi una mano alla bocca nel mimare uno sbadiglio, sbatté con violenza un piede a terra. E per qualche ragione Shizuka sentì le sue gambe cedere.
    Sgranando gli occhi in un'espressione allibita, la giovane Erede ebbe appena il tempo di alzare le braccia per tentare di aggrapparsi istintivamente al collo di Masaki, che il suo corpo scivolò di peso a terra, proprio come se tutta la forza che aveva dentro di sé fosse stata drenata via in un secondo.
    «La mia Signora non ha dormito dal troppo desiderio di vedervi.» Avrebbe detto prontamente Ritsuko Aoki dopo quel teatrino durato appena qualche secondo, portandosi poi con eleganza una mano al petto e inchinandosi profondamente. «Perdonate la sua stanchezza, vi prego.» Sorrise ironica quando lo sguardo furente di Shizuka incontrò il suo. Come al solito era evidente che lei non avesse assolutamente idea di cosa fosse capitato, ma non era tanto stolta da non sapere a chi dover imputare la causa del suo comportamento svenevole. Suo malgrado la Guardiana ghignò con compiacimento. «Ben arrivato Kurogane-sama.» Aggiunse a quel punto, prima di girarsi verso l'accompagnatore di lui. «Baiko-sama.» Sorrise ancora, reclinando leggermente la testa di lato. I corti capelli a caschetto rosso fuoco ondeggiarono all'accenno della testa, ma gli occhi blu oltremare di lei non ridevano.
    Lo stava studiando. Ed era così evidente perché lei non sembrava preoccuparsi di farlo vedere.
    Quell'uomo le dava fastidio. Non capiva cosa pensasse, né cosa volesse. E per una Aoki, cresciuta per capire tutto e tutti, quella di non farsi “leggere” era l'offesa maggiore che uno sconosciuto poteva farle. Facendo schioccare sommessamente la lingua nel farsi da parte la Kumori della Principessa maledì quel fantoccio impagliato e tutta la sua progenie per le successive otto generazioni. Il minimo per una mancanza di rispetto come quella che continuava a perpetrare ai suoi danni.
    «Kurogane, suppongo.» Masamune Uchiha fu il primo a stringere la mano a Masaki mentre dietro di lui sua moglie Chizuru, eccitata, sorrideva a Mihoko Kobayashi che sembrava non meno emozionata. Le frasi “deve piacergli proprio tanto” e “è quasi svenuta” e anche “felice matrimonio” furono pronunciate un numero tale di volte da procurare in Shizuka la sgradevole sensazione di dover spaccare qualcosa. Magari la testa di qualcuno. Magari quella di Masaki. O di Ritsuko.
    O di entrambi.
    «Nostra nipote ci ha parlato spesso di voi.» Intervenne Teru Akarukawa, avvicinandosi e sorridendo al giovane Shinobi. Annuì, guardandolo da vicino. «Senza dubbio una personalità che non passa inosservata.»
    «Oh, speriamo che la presenza di noi vecchie crisalidi non sia un peso per voi, Kurogane-sama!»
    Cinguettò Mihoko Kobayashi, facendosi largo nel ridere con una mano dinocolata a coprirle la bocca. Benché fosse anziana era evidente che in giovane età fosse stata una bellezza rara, e gli occhi verdi affilati e attenti parlavano chiaro anche sull'acutezza della sua mente, che ancora non sembrava essersi ancora affievolita.
    «E' un piacere conoscere il fidanzato di nostra nipote.» Concluse Chizuru Uchiha, inchinandosi profondamente prima di lanciare qualche sguardo emozionato a Shizuka che non poté non alzare gli occhi al cielo, esasperata. «Spero che avremo modo di parlare, durante questo soggiorno. La nostra bimba è sempre molto riservata in merito a voi! Pensate che ancora non sappiamo neppure come vi siete incontrati...» Disse la vecchia ninja, sorridendo gentile e senza malizia.

    E in quel momento, improvvisamente, qualcuno ricordò qualcosa.
    Qualcosa di molto, molto importante.

    Qualcosa che non avrebbe dovuto mai dimenticare.

    La missione –gemette nella sua mente Shizuka, e la stretta della sua mano, intrecciata in quella di Masaki, divenne per qualche motivo tanto bollente da costringerla a cercare di ritrarsi con orrore.
    ...Raizen. Raizen ci teneva molto. Aveva scelto lei tra tutte le kunoichi di Konoha. Era la sua grande occasione di affermarsi nella ristretta cerchia di ninja che contano. Di spiccare.
    Desiderava il grado Jonin. Desiderava molto più di quello.
    Tutta quella messinscena avrebbe aperto lei le porte del potere più sconfinato. Lo sapeva. Lo sentiva. Lo voleva.
    ...Quando si era scordata della sua missione? Come aveva potuto? Lei che si distingueva per la sua incredibile capacità di rimanere sempre con gli occhi puntati verso l'obiettivo. Lei che non aveva mai dubitato del suo volere. Avrebbe distrutto e ricostruito tutto secondo il suo desiderio, se questo avesse portato favori a se stessa e al suo Villaggio.
    Era per questo che era stata scelta. Perché era pronta a tutto pur di ottenere ciò che voleva.
    Quando era riuscita a fare l'errore madornale di smettere di–...

    “Dici che riusciamo a distrarre tutte le guardie il tempo di girare l'angolo?”



    Trasalì. In un primo momento perché non si era accorta che lui le parlasse. Subito dopo perché quando si girò di scatto se lo ritrovò talmente vicino che suo malgrado inghiottì il fiato per istinto, emettendo un suonino strozzato molto simile a quello delle paperelle di gomma di suo padre.
    Benché impose a se stessa di apparire calma, e fosse convinta persino di esserci riuscita, arrossì talmente tanto da credere di sublimarsi di lì a qualche secondo.
    «Non ne ho idea.» La sua voce uscì più ferma di quello che si era immaginata quando si era maledetta per il suo comportamento. Con sua somma felicità, lanciando un'occhiata alle sue spalle, vide che il corteo della sua famiglia, come sempre al centro delle attenzioni di tutti, era troppo occupato a guardare il meraviglioso spettacolo che era Hotami per curarsi di lei, il che le avrebbe risparmiato battutine da lì ai suoi quarantanni. Non si poteva dire però lo stesso di Ritsuko, che a dieci passi di distanza da lei, al fianco di Baiko, sembrava essere sul punto di saltare addosso a Masaki e spaccarlo in due...ma a quello non badò. Era abituata a quello sguardo da quando era bambina, ormai. «Nessun Kobayashi conosce le abilità degli Aoki, ad eccezione del Capoclan...» Bisbigliò Shizuka, alzando una mano per cercare di metterla sul viso di Masaki e allontanarlo da sé. Quell'uomo non aveva nessun ritegno, oppure cosa? Possibile che non si rendesse conto di quanto impertinente fosse il suo atteggiamento?! «...benché sia stata già introdotta agli insegnamenti dell'Erede, dunque, non ho piena consapevolezza delle capacità del Clan Aoki. Ma è evidente che nessuno di loro sia un semplice civile.» Spiegò, scuotendo la testa. «Quindi la domanda è se riusciamo a scappare?» Continuò, guardando l'angolo indicato lei da Masaki, che si avvicinava rapidamente ad ogni loro passo. «Beh...» Inarcando un sopracciglio, la Principessa lanciò uno sguardo sardonico al Kurogane, e più che ammiccante sembrava di sfida. «...Io corro davvero molto veloce. Non so te.» Si limitò a dire, cercando con la mano destra quella sinistra di Masaki. «Intanto diamo inizio al Capodanno dei Kobayashi... come tradizione vuole.» Annunciò poi, soave, aprendo la sua capiente borsa di broccato...che più che un ricercato accessorio da signorina di buona famiglia sembrava un arsenale da guerra dentro un tessuto da 20.000 Ryo. C'era di tutto, lì dentro: kunai, spilloni, strisce di carta bianca apparentemente inutili, tre flaconi e due ampolline vuote. Insieme ad altri oggetti incomprensibili che però, vista la delicatezza con cui furono toccati, dovevano essere molto più che semplici balocchi.
    Nonostante quella grande varietà di "cose" la mano della Chunin si mosse però con confidenza su un solo oggetto.
    Senza nessuna esitazione, apparentemente abbastanza confidente nelle capacità di chi li seguiva da non voltarsi neppure, Shizuka lanciò a quel punto in aria una simpatica cartina tutta colorata... e non bisognava essere Jonin per capire che era una vera cartabomba.
    «NON OSERETE–...» Fece appena in tempo a urlare Ritsuko Aoki, muovendo di scatto una mano. Il vento si levò all'istante, come richiamato dal nulla, e la cartabomba venne alzata verso l'alto, dove detonò fragorosamente senza però coinvolgere nessuno.

    Da quell'istante in poi fu solo un rapido susseguirsi di eventi.

    Qualcuno gridò, una voce femminile scoppiò fragorosamente a ridere, una maschile si mise invece a piangere urlando ordini a destra e a manca, e quella di una ragazza ruggì con rabbia un solo nome...
    ...ma a quel punto Shizuka Kobayashi aveva già cominciato a correre stringendo nella sua la mano di Masaki Kurogane.
    «Sai usare il Controllo del Chakra, vero?» Chiese in tono di scherno la Principessa, e svoltando l'angolo incriminato si aprì di scatto i lembi del kimono, scoprendo le gambe nude. Senza pensarci un secondo, alla faccia di chi tra i due aveva un atteggiamento impertinente, saltò sul muro e aderendo con gli zoccoli alla parete, vi corse sopra verticalmente così da portarsi sul tetto spiovente del primo edificio. Non impiegò poi nemmeno un'istante a continuare a correre sulle tegole... un comportamento a cui sembrava molto più che avvezza. Quasi abituata. «Hotami ha un pontile principale da cui si snodano quasi tutti gli altri. Se arriviamo lì nemmeno Ritsuko riuscirà a percepirmi.» Gli odori erano troppo forti –pensò, non potendo togliersi dalla testa l'idea che la sua Kumori potesse in qualche modo “annusare” le persone; anche se il suo livello non doveva essere così alto, non quanto quello di Mamoru o Sanae, almeno. Non ancora. «Spero.» Aggiunse, sudando un poco. Se l'avesse presa quella volta l'avrebbe uccisa, e poi si sarebbe suicidata. Deglutì dell'immagine che la sua mente paralizzata le rimandò. «Non so nemmeno perché lo stiamo facendo.» Gemette con tono di ammissione la ragazza, ma mentre lo diceva lasciò la mano di Masaki per potersi sciogliere i capelli inutilmente agghindati che tanto la infastidivano e a quel punto, senza pensarci... saltò.
    Il tetto che aveva accolto i suoi passi fino a quel momento sparì sotto di lei, che si librò nel vuoto con il corpo arcuato in avanti e i capelli al vento. Sotto c'era solo una distesa d'acqua bollente e nulla più, ma la Principessa del Fuoco non sembrava assolutamente curarsene: gli occhi verdi, eccitati, erano puntati sul tetto della casa a cinque piani che le si stagliava di fronte, e le sue braccia sollevate al cielo, carezzanti il vento, sembravano fremere dell'ebrezza di non sapere se sarebbe arrivata a toccare l'edificio opposto o meno.
    ...E allora, mentre le gambe si protendevano in avanti per scoprire con sconvolgimento che non ce l'avrebbero fatta ad aderire, e solo per una manciata di centimetri, Shizuka Kobayashi realizzò.
    Realizzò che non aveva mai dimenticato la sua missione.
    Realizzò che non aveva mai pensato di mentire una sola volta a quegli occhi distanti perché, in fondo, aveva sempre saputo che non era necessario farlo.
    Realizzò che, dopotutto, non aveva nemmeno mai pensato seriamente che sarebbe stata con la sua famiglia per tutto il giorno senza tentare di rompere il muro che lui le aveva messo di fronte per tenerla lontana e da cui lei risultava così innervosita.
    Realizzò quelle e mille altre cose.

    Mille altre.

    «AH.»



    La sua esclamazione si librò nell'aria quando il suo piede toccò la decorazione a forma di libellula del tetto agognato, scivolò incapace però di arpionarvisi e dunque precipitò.
    I suoi occhi, traditi per un'attimo dallo stupore, si dilatarono nel vuoto. Facendosi d'improvviso più scuri.

    Non aveva ben capito come aveva potuto mancare il dannato tetto. Colpa probabilmente di quelle dannate decorazioni brutte.
    Dannata Hotami. Dannata preveggenza.
    Dannato tutto.
    ...E perché c'era una scimmia che urlava proprio di fronte a lei? Cos'aveva in mano?

    Ah?
    Una scimmia...?

    Cadendo pesantemente verso il basso Shizuka Kobayashi aggrottò la fronte: a quanto pareva tutte le sue nuove realizzazioni avevano un bel peso.
    E un nuovo punto di vista.
     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Shi-e-en

    Gelosia primitiva.



    In condizioni normali non avrei mai fatto ciò che avevo fatto. Non avrei mai posato le mie labbra sul dorso della sua mano, non avrei mai avvicinato il mio viso al suo per parlarle. Per quanto ciò che provassi per Shizuka andasse ben al di là della semplice finzione ero un uomo dai valori integerrimi che non si permetteva di spingersi oltre quanto fosse consentito.
    Tutto ciò che avevo fatto però era consentito, conveniente ed anzi, quasi atteso. Sarebbe stato strano tutto. Colsi alcuni segno alquanto contrastanti. Come un lampo d'ira nei suoi occhi (che mi ferì più di quanto non fossi disposto ad ammettere) seguito poi da una specie di dimostrazione affettiva che aveva i caratteri tipici di una sincope. Ero perplesso, ma nascosi quel sentimento dietro la solita maschera di cortesia mentre i suoi parenti mi venivano presentati.
    Oh, ma che peso Mihoko-sama, sono finalmente felice di poter conoscere il resto della famiglia di Shizuka. Dissi, con un largo sorriso sulle labbra.
    Bé, la capisco. Arrossii appena, grattandomi la guancia destra con l'indice della mano. Ci siamo conosciuti per caso, senza sapere chi fossimo e la nostra posizione. Raccontai, ripensando ai primi tempi di quella recita. Un posto isolato (ma non eccessivamente), adatto ai primi incontri segreti tra due persone, al beneficio di spie della mia famiglia.
    Una recita perfetta.
    Ci siamo conosciuti per caso questa estate, nel luogo dove Shizuka ama andare a leggere nel silenzio della natura... la collina più alta di Konoha, laddove ci sono i salici, avrete sicuramente presente. Lo uso spesso pure io per scappare dagli impegni di tanto in tanto. Mi sono sempre chiesto come mai non ci fossimo mai incontrati prima d'ora. Ci siamo visti, ed abbiamo parlato, tanto. Credo che all'inizio volesse darmi fuoco per aver rovinato la sua quiete... Risi appena, sapendo che chiunque in quel posto avrebbe trovato credibile quel comportamento da parte di Shizuka. Ecco, credo sia successo così. Parlando.
    Era vero.
    Parlando avevo finito per donarle inavvertitamente il mio cuore per davvero quando dovevo farlo solo per finta. Solo che non riuscivo a comprendere: l'avevo donato ad una maschera o alla vera Shizuka? Il pensiero mi tormentava e mi faceva sentire stupido ed inadeguato al compito che l'Hokage mi aveva affidato.
    Ma non avrei fallito: la Missione era più importante di tutto il resto. Poiché dalla sua riuscita dipendeva il benessere di chissà quante vite, forse nazioni intere.



    Non accostai il mio viso più del necessario a Shizuka e quando la sua mano si avvicinò per respingermi non trovò che aria. Ancora mascherai la mia delusione, non comprendendo cosa stesse accadendo. Quei gesti erano vitali, lei lo sapeva fin troppo bene. Forse stava semplicemente agendo in quel modo per via della presenza di tutta la sua famiglia, Toshiro incluso?
    Lei, tuttavia, accettò la mia proposta... la quale era francamente non disinteressata. Dovevo togliermi di dosso la recita. Dovevo fare in modo che per almeno un'ora io e lei fossimo noi stessi. Shizuka Kobayashi e Masaki Kurogane, due giovani dimentichi di essere eredi di imperi commerciali, dimentichi di una missione letale nella quale dovevano recitare, dimentichi di qualsiasi cosa che potesse mascherare il nostro rapporto travestendolo da ciò che non era.
    Prima di impazzire avevo bisogno di una sola ora di sincerità.
    Non potevo sapere che Shizuka non mi avesse mai mentito fino a quel momento. Non avrei mai potuto sospettarlo.
    Certo, il modo in cui lei agì mi lasciò alquanto perplesso. Strinse la mia mano con forza dopo aver tirato dalla borsa una cartabomba e con una forza incredibile – alla quale non potevo oppormi – mi trascinò via mentre la bomba esplodeva innocuamente in aria facendo un gran trambusto. Non appena girammo l'angolo lei mi chiese se sapevo usare il chakra adesivo ma non feci in tempo a rispondere che fui costretto a dargliene prova.
    Vederla correre, libera, era uno spettacolo raro. Anzi, mai visto. Avevamo sempre tenuto un comportamento totalmente abbottonato senza mai dar sfogo a quelli che erano i nostri talenti atletici. Shizuka era veloce, forte, ma io tenevo il suo passo tranquillamente, tenendole stretta la mano.
    Quando disse che non sapeva perché lo stessimo facendo sorrisi, cercando la risposta più adatta per spiegarle il motivo della mia proposta. ... Avevo voglia di un po' di tempo lontano dall'obbligo della recita. Dissi con sincerità.
    Lei lasciò la mia mano, sciogliendosi i capelli castani che si sparsero al vento come una fluida cascata color nocciola. I nostri passi ci condussero fino al punto in cui due palazzi si separavano per lasciar spazio ad un abisso di acqua calda. Shizuka, quasi senza pensarci saltò ed io con lei... solo che qualcosa doveva averla distratta.
    La vidi davanti a me mancare l'appoggio col piede e precipitare verso il basso. Agii d'istinto, dandole per la prima volta dimostrazione di ciò che ero realmente in grado di fare. Mi gettai verso il basso spingendomi con entrambe le gambe ed il chakra repulsivo, mentre con un dito tracciai sulle tegole un Sigillo di Dislocazione.
    Come un proettile scagliato da una fionda raggiunsi Shizuka a mezz'aria in meno di una frazione di secondo ed avvolsi le mie braccia attorno al suo corpo. Che combini?
    Furono quelle le mie uniche parole. Lo specchio d'acqua era così straordinariamente vicino. Meno di un metro. Il vapore già offuscava la vista di entrambi e probabilmente lei avrebbe chiuso gli occhi per prepararsi ad un impatto che non ci sarebbe mai stato.
    Scomparimmo di lì, teletrasportati esattamente laddove avevo lasciato il sigillo precedentemente. Allargai le braccia per lasciarla andare, assicurandomi che arretrando non cadesse. Dunque sospirai, calmando i battiti del mio cuore, impazziti.
    Mi hai fatto prendere un colpo. Dissi, indeciso se ridere o meno. Solo allora udii l'urlo di una scimmia che, con fare alquanto insolito, saltò tra me e Shizuka agitando quella che era un'ampolla vuota.
    Eh? Dissi, mentre la scimmia saltava ancora, abbracciandomi il collo con un braccio mentre con l'altra mano mi batteva la spalla... ridendo. Stava ridendo. EHI MA CHE DIAVOLO! Staccai la scimmia da me, afferrandola da sotto le ascelle in maniera simile ad un bambino, ma questa continuava a ridere come se nulla fosse successo.
    Anzi, reclinò la testa all'indietro verso Shizuka, si dondolò alcune volte e si diede una spinta di una forza inaspettata contro il mio petto. Riuscii a non cadere per miracolo, tuttavia la scimmia sfuggì dalle mie mani finendo dritta addosso a Shizuka, aggrappandosi con entrambe le mani sul suo seno, ridendo e facendo strani versi che non riuscivo ad indentificare.
    Ohi... tu... Feci un passo in avanti, afferrando la “povera” scimmietta per la testa, staccandola di forza dal petto di Shizuka. Non. Toccarla.
    Scandii bene quelle due parole, come se la scimmia potesse capirmi. Lei mi fissò, quasi con attenzione per qualche secondo, dunque si infilò un dito nel naso continuando a ridere sguaiatamente.
    ... Avrei voluto qualcosa da dire ma non potevo. Così semplicemente rimisi la scimmia per terra la quale, malferma sulle sue zampe rotolò ridendo fino sull'orlo del tetto. Lì si riprese e saltò verso il basso.
    ... Cosa è appena successo? Dissi, confuso.
    Non mi ero appena reso conto avevo fatto una mezza scenata di gelosia ad una scimmia. In qualsiasi universo, Shinobi e non, con una recita in atto quel gesto non sarebbe mai stato giustificabile in assenza di testimoni quali eravamo.




    La scimmia atterrò agilmente davanti Baiko e Ritsuko. Baiko era rimasto quasi immobile, non scosso minimamente dall'esplosione della bomba. Guardava avanti con somma indifferenza non scosso nemmeno dalla presenza della scimmia.
    L'uomo guardò l'animale roteare su se stesso, urtando Ritsuko e poi dirigendosi pericolosamente verso i piedi di Heiko, inconsapevole della dolorosa fine verso la quale andava.
    Mh. Fu il suo unico commento alla scena, tenendo sempre le braccia attentamente conserte dietro la schiena. Masaki-sama aveva accennato al desiderio di restare un po' da solo con Shizuka-sama, anche se non sono certo che sapesse che lo stavo ascoltando. Baiko snocciolava conversazioni private senza curarsi minimamente delle conseguenze, come se stesse pensando ad alta voce. Staranno bene, immagino. Penso che saranno di ritorno presto.
    Baiko era nato per servire il clan dei Kurogane, persino nei loro desiderio indiretti. Di fatti non avevo mai chiesto a Baiko di lasciami solo con Shizuka. Lui aveva deciso di fare lo stesso però.
    Certo, non stava minimamente considerando la presenza di Ritsuko Aoki.

     
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    Feston Bueo
    ..Colpa della Scimmia..
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    Nonostante Hoshi avesse perso tutti i suoi gettoni al gioco doveva ammettere che si stava divertendo alla festa e soprattutto rilassando. La compagnia di Nakora era sempre bel accetta ed ora che anche Hohe si era unito a loro non poteva che essere felice mentre facevano due chiacchere e bevevano qualcosa. Il rosso aveva cominciato ad accarezzare i capelli di nakora quando una voce familiare colse la sua attenzione, era quella di Itai che chiedeva sorpreso cosa ci facessero il rosso e la ragazza insieme, ma soprattutto in accappatoio-Oh?!.. Itai!!!.. che bello vederti.. vieni siediti qui con noi.. eh ma voi due vi conoscete?!- Nakora aveva salutato il Mizukage come un amico di vecchia data, ed ora il rosso era curioso di sapere come i due si era conosciuti.


    Per la questione accappatoio Hoshi aveva fatto una faccia stupita rivolta al Kiriano -Come perché?!.. cavolo siamo nel più grande e famoso paese termale del continente.. è logico presentarsi in accappatoio!.. se io fossi il reggente del paese obbligherei le persone a vestire in accappatoio!.. bisogna essere sempre pronti ed equipaggiati per il territorio che si deve affrontare!..- il Chikuma sembrava serio, stava citando un passo di una qualsiasi lezione al corso genin -..sarebbe come andare in montagna a far scalata.. senza corda!!!- l’indice del rosso si era alzato per ammonire i presenti e sottolineare che il suo ragionamento non faceva una piega. Nel frattempo Kigeki si era accorto della dragonessa che volteggiava sopra di loro trasalendo dalla paura -WAAAARGH!!!.. FRATELLONE!!!.. FRATELLONE!!!.. E’ QUELLA!!!.. E’ QUELLA CHE MI VUOLE MANGIARE!!!..- il volpino si era agitato tanto da riuscire a scampare alla presa del rosso cominciando a correre per tutto il locale come una cavalletta -Cavolo Kigeki.. nessuno ti vuole mangiare!..- -TE LO DICO IO!!!.. GUARDA COME MI GUARDA!!!- il fennec si era nascosto dietro alle poltrone sbirciando da un angolo la dragonessa e le bambine che volavano sopra la sua groppa.


    La battuta fatta da Yoogan a Konoha l’aveva segnata per sempre, Kigeki temeva davvero di finire in pasto alla ragazza drago. Ormai si era formato un bel gruppetto ed Hoshi non vedeva l’ora di fare un ulteriore brindisi in compagnia di Itai -Ehi Nakora bevi qualcos’altro?!- la ragazza cominciava a dare i primi segni di essere brilla -Itai cosa bevi?!.. per te Hohe il solito succo giusto?!..- il rosso lo aveva detto un po’ rassegnato, prima o poi avrebbe iniziato l’amico ai piaceri dell’alcol.


    Raggiunto il bancone il rosso aveva richiamato l’attenzione della solita barista lanciando eloquenti occhiate. Li aveva ordinato da bere per tutti i presenti, anche per le bambine e Yoogan facendo mettere tutto su un vassoio. Tutto stava procedendo alla grande mentre percorreva la strada di ritorno verso il tavolo quando una piccola scimmia colse la sua attenzione facendolo arrestare in mezzo alla sala -Oh?!.. una scimmia.. mmh.. non sei controllata da uno di quei Kijin vero?!..- il Chikuma e la scimmia erano rimasti li fermi a guardarsi negli occhi per qualche minuto, era evidente che entrambi erano sotto gli influssi magici del nettare degli dei -..io sono Hoshikuzu.. e tu come ti chiami scimmia?!.. oh beh.. hai un aspetto regale.. ti chiamerò Guren come il tizio di Tsuya.. Guren la scimmia.. principe delle terme di Shi-e-en!!!..- mentre il rosso sparava cazzate a zero non si era accorto che Guren non era sola. Dietro di lui infatti altre due scimmie si erano mosso prendendo i lacci che chiudevano l’accappatoio tirandoli poi con forza.


    Inutili dire che con le mani impegnate come era Hoshi si era ritrovato in un batter d’occhio completamente nudo in mezzo a centinaia di persone. Sarebbero passati svariati secondi prima che il rosso realizzasse quello che stava succedendo -KYAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!- l’urlo di una giovane ragazza aveva focalizzato l’attenzione di tutti sul suo corpo nudo coperto solo dalle bevande che stava trasportando -Eh?!.. che succede?!..- il Chikuma manco se ne era accorto -E’ NUDO!!!.. NUDOOOOO!!!.. OOOOH..- una signora piuttosto cicciottella era svenuta dall’emozione mentre un gran vociare richiamava sempre più persone a fissare il rosso -Nudo?!.. ma che diavolo dic.. WAAAAARGH!!! SONO NUDO!!!..- ora anche il rosso se ne era accorto mentre le tre scimmie se la ridevano sopra al bancone puntandolo con le zampe. Se Hoshi ancora non odiava i primati, quella era stata sicuramente la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

    OT/Sono nudo e con le mani occupate.. Help! :sisi:
     
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    TALK WITH ME

    Life is not a problem to be solved, but a reality to be experienced.




    Shizuka Kobayashi non si era mai dislocata. Mai.
    Inutile dire che la sensazione di trovarsi prima a testa in giù e il secondo successivo in eretta postura, dopo aver sperimentato l'orribile sensazione di essere infilata in una specie di centrifuga a piena velocità, fu più o meno la stessa di essere presa a pugni nell'addome per quattro giorni di seguito.
    Nulla di cui stupirsi dunque...

    «Tu.»

    ...se la Principessa del Fuoco, con le unghie arpionate a Masaki, a cui si era avvinghiata come un animaletto spaurito nello stringerlo a sé senza nessun pudore, rimase immobile con gli occhi sgranati nel vuoto.
    Le mani, uncinate sulla schiena forte di lui, e la testa piccata sotto il suo mento, complice l'altezza ridotta e il labbrino inferiore tremante, la facevano apparire come una bambina. Ma lei era troppo spaventata per curarsene e rimase così finché non riuscì a trovare la forza di parlare senza sembrare un fischietto rotto.

    «Tu...sei un dislocatore

    Sussurrò con la voce di un volpino spelato mentre cercava di allontanarsi meccanicamente dal Kurogane, cui provò addirittura a sorridere. Il risultato fu più o meno quello di un quadro impressionista: sfocato e ambiguo.
    Oh... adorava la Dislocazione. Era sempre stata così attratta da quella tecnica...quanto avrebbe voluto apprenderla anche lei... non credeva davvero che–...

    Cadendo in ginocchio sulle tegole del tetto spiovente con le maledette libellule, Shizuka Kobayashi –la più potente e famosa Erede delle Terre del Fuoco– dopo aver tentato di resistere al suo stesso corpo, vomitò allegramente tutto il bentou di aragosta che Ritsuko le aveva imboccato durante il viaggio di arrivo al Torii della Forza... per pura disgrazia di chiunque si fosse ritrovato sotto.

    […] E dunque era un dislocatore.
    Questo andava molto oltre quello che quel maledetto figlio di cani ululanti che era Raizen Ikigami le aveva detto. Da come gliela aveva messa, infatti, Masaki doveva essere una specie di lanuginoso cucciolotto cicciuto che auspicava ad un futuro migliore per Konoha, e lo faceva ingaggiando qualcuno perché ammazzasse tutto il suo Clan (e chi meglio di una bastarda Uchiha? Storia Docet), ma che oggettivamente era incapace anche di tagliarsi del tonkatsu da solo. Ora, invece, scopriva che era un dislocatore...
    ...Beh, avrebbe già potuto supporre che non fosse diventato Chunin facendo disegni con cerini colorati sui registri del Villaggio, ma questo era troppo.
    Sbattendo la testa sul corsoio del tetto, la Principessa si chiuse il volto tra le braccia, rimanendo a quattro zampe: gli aveva detto che lei “correva veloce” ...ad un dislocatore. Perfetto. Come minimo agli occhi di lui i suoi movimenti erano apparsi solo come una quiete passeggiata.
    Voleva morire. E non poteva nemmeno farlo. Se anche si fosse buttata di sotto sapeva che lui l'avrebbe ripresa... e l'idea di sperimentare di nuovo quella sensazione orribile le fece amare la vita con nuovo vigore.
    Suo malgrado, dunque, dopo qualche istante di teso silenzio, Shizuka si arrese al fatto di doversi dare un contegno, e mettendosi a sedere sul corsoio del tetto, nascose la testa tra le ginocchia scoperte, sospirando.
    Non aveva idea di chi fosse l'ultima persona ad aver visto quel lato pietoso di lei. Forse Raizen. E solo perché era lui a metterla sempre in quelle situazioni impietose.
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    «Non ho mai recitato, con te.» Disse dopo un attimo la ragazza, stropicciandosi il viso sulle gambe. «Di cosa parli?» Chiese ancora, azzardandosi a quel punto ad alzare la testa. Era rossa fino alla punta delle orecchie e benché l'espressione fosse quella risoluta e cocciuta di chi non sembra essere intenzionato a mostrare alcuna debolezza, gli occhi verdi lucidi di imbarazzo rimandavano indietro l'immagine di una ragazza ben diversa dalla maschera di sfacciata arroganza per cui era tanto conosciuta.
    ...Della Principessa del Fuoco si dicevano dopotutto molte cose: ambita come la più ricca rampolla del Paese, elegante e maestra di ogni arte come la perfetta Yamato Nadeshiko che si diceva essere, viveva la sua vita da kunoichi nell'ignoranza altrui. Nessuno sapeva cosa facesse, agli ordini di chi rispondesse, e neppure che missioni fossero affidate lei. Ma la nomea che portava sulle sue spalle, come unica allieva ancora viva dell'Hokage più biasimato della storia di Konoha, era un'eredità già abbastanza forte che sembrava parlare generosamente di tutto ciò che lei non diceva.
    Molte cose erano dunque dette di lei... ma in quel momento cosa e chi fosse Shizuka Kobayashi era evidente: una ragazza di vent'anni, timida e introversa, poco incline ad ammettere le sue mancanze con chicchesia, che stava cercando di instaurare un contatto.
    Per quanto il mondo potesse averla additata come donna inarrivabile, seduta sopra un piedistallo di ossa o cristallo pochi potevano dirlo, lei non aveva del resto mai smesso di cercare di toccare chi la circondava. Perché per quanto la strada che avesse scelto per se stessa fosse quella di chi siede nelle ombre della Luna per preservare la luce del Sole, il desiderio di amare, più che di essere amata, era sempre stato forte.
    «Pensi che se io avessi mentito la mia famiglia non se ne sarebbe accorta? Siamo mercanti, Masaki, viviamo manipolando la verità e tutto ciò che sta attorno a noi per trarre il maggior profitto.» Riprese a dire Shizuka, fissando l'interlocutore. Adesso sembrava perplessa. «Quando Raizen mi ha chiesto di simulare amore per te, ero disperata. Non sapevo come fare.» Ammise, accennando ad un sorriso d'ammissione. «Ho studiato e osservato le coppie del nostro Villaggio per settimane. Sono una seduttrice, un'infiltrata, ho imparato ogni genere di ruolo per essere pronta a tutto... ma simulare amore di fronte a chi sa fiutare la menzogna, era un po' troppo anche per me.» Si grattò la testa. Imitare invaghimento, attrazione sessuale addirittura, erano semplici incarichi in confronto. «Ho raggiunto allora la conclusione che solo essendo me stessa avrei potuto risultare spontanea. Ho voluto avere fiducia in te, e non sono stata delusa. Avevo del resto già capito che non era necessario mentirti, perché ai miei occhi è sempre stato evidente che non ce ne fosse bisogno. Ho sempre avuto l'impressione che saresti stato al mio fianco, senza tradirmi, qualsiasi cosa io avessi fatto.» E così dicendo si rimise in piedi, sorridendo. I suoi occhi verdi, socchiusi, si puntarono in quelli così particolari del Kurogane, e risero divertiti. «Non ho mai recitato con te, nemmeno una volta. E stiamo funzionando bene, insieme, no?» Così dicendo fece spallucce, scuotendo la testa. «Certo non immaginavo che invece tu ci stessi mettendo tutto questo impegno. Ad aver saputo quanto faticoso era per te, avrei adottato il criterio della fidanzata pudica che chiede incontri solo nelle rare occasioni formali che precedono il matrimonio.» E così dicendo, la Principessa alzò un indice accusatore verso il volto dell'uomo, guardandolo con forza. «Sai qual è il problema? Io ti ho mostrato me stessa, ti ho aperto con sincerità le porte di ciò che sono e di ciò che amo, tu invece hai messo un muro di fronte a me per impedirmi di raggiungerti. Non mi hai mai fatto avvicinare. Sei cordiale, simpatico, affettuoso addirittura. Ma distante.» E così dicendo si mise a braccia conserte. Alzò leggermente il mento verso l'alto, quasi in tono di sfida. «Non so precisamente cosa ti faccia così paura, ma se sei spaventato per il futuro, sappi che non c'è possibilità che io fallisca nel fare il mio lavoro. E se anche accadesse, tu usciresti sano e salvo da tutta la faccenda, perché sono pronta a morire pur di adempiere al mio dovere.» Ed era seria. Non c'era alcun tentennamento in lei. «...Ma ho diverse cose che voglio fare, perciò non intendo andarmene ancora. Dopo il grado Jonin, magari, ci penso.» Ironizzò, mettendosi a ridere nel grattarsi la testa. Sembrava abituata a parlare della sua fine...ma non priva di paura. Ventilare quella possibilità la terrorizzava, glielo si leggeva in volto. Eppure la risoluzione nel proteggere il suo Villaggio, la sua famiglia e le persone che amava, era più forte. Per quanto fosse doloroso tutto ciò che avrebbe perso, non avrebbe esitato a sacrificarsi pur di raggiungere il suo scopo. «Stai tranquillo, Masaki Kurogane. Ti prometto un futuro di felicità senza pari, la libertà del cuore e della mente, e la gioia di riscoprire ancora una volta cosa significa alzarsi la mattina con la voglia di vivere al pieno delle proprie potenzialità.» E così dicendo prese ad avvicinarsi a piccoli passetti. Quando fu davanti al suo interlocutore sorrise, e mettendosi in punta di piedi cercò di scompigliargli i capelli. «Ti chiedo solo di darmi una possibilità. Forse non andrà male come pensi. Rifletti meno e goditi un po' di più la vita, è così divertente e ci sono così tante cose da fare...!» Concluse, mettendosi le mani sui fianchi.

    Si sentiva profondamente soddisfatta di tutto quel discorsone in prosa. Era certa di essere riuscita ad esprimere pienamente ciò che pensava e di aver tranquillizzato abbastanza il suo compagno da poter sperare che lui togliesse il muro che le aveva messo di fronte e con cui la teneva lontana.
    Per quanto a livello personale se ne sentisse infastidita e ferita, quasi offesa, aveva bisogno di conoscere il vero Masaki se voleva riuscire a fare ciò che la missione chiedeva.
    Ma soprattutto... perché era così spaventato? Lo era davvero, poi? E da cosa?
    Aveva fatto qualcosa di sbagliato, forse? Lo aveva mortificato senza rendersene conto?
    Non le aveva mai davvero permesso di avvicinarsi a lui. Mai. Ma era pur vero che si erano legati da poco e probabilmente non poteva chiedere l'impossibile... Eppure...

    Era ancora persa nei suoi pensieri quando improvvisamente qualcosa si mosse al limite del suo campo visivo... assorta com'era nei suoi ragionamenti la Chunin ebbe però appena il tempo di girare la testa che la scimmia di prima cadde tra lei e il Kurogane, ondeggiando e ridendo sguaiatamente.
    «...E' ubriaca?» Chiese a quel punto la ragazza, dopo un lungo attimo di silenzio, prima di guardare il flacone che l'animale teneva in mano. Aggrottò la fronte, perplessa. «Che diavolo è?» Domandò ancora, ignorando completamente che l'animale si fosse nel mentre avvinghiato al suo interlocutore, toccandolo qui e là. La sua mente si era già estraniata... come al solito di fronte a qualcosa di interessante. «Un flacone medico? Ma che... Masaki tieni ferma questa bestia oscena e...» Ordinò con aria perentoria, ma non fece neppure in tempo ad allungare le mani verso l'animale che questo, muovendosi in contropiede, le saltò addosso arpionandole il seno.

    Silenzio.

    Immobile sul posto, con il viso cristallizzato in una maschera di irreale stupore, Shizuka Kobayashi esitò... mentre i suoi occhi, d'improvviso, tornavano a scurirsi profondamente, divenendo quasi neri.
    Il suo volto, adombrato come quello di un Oni, si increspò in un messaggio ben preciso e per un istante la somiglianza con Heiko Uchiha fu tale che chiunque l'avesse guardata non avrebbe trovato alcuna differenza. Alzando la mano verso l'alto e formando un pugno, la Chunin fece appena in tempo a sibilare a fior di labbra non si capì bene quale minaccia... che Masaki afferrò l'animale e lo allontanò da lei, lasciandolo poi stupidamente andare.
    png
    Lasciandolo andare.
    «COME COS'E' SUCCESSO?! UNA DANNATA SCIMMIA MI HA TOCCATO IL SENO!» Strillò la Kobayashi, infiammandosi di rabbia. Cercando di afferrare la testa del Kurogane con ambo le mani, la donna serpeggiò furibonda. «IMPAGLIATA NEL MIO LABORATORIO, ECCO QUAL ERA LA FINE GIUSTA PER QUEL MOSTRO!» Ruggì, tentando di scuotere visibilmente il Principe del Ferro. «MA IL BENEVOLO DIO DELLA FORESTA L'HA LASCIATA SCAPPARE! BRAVO, BRAVO DAVVERO!» Gridò, alzando a quel punto le braccia al cielo e strillando con tutta la forza che aveva in corpo... ignara che, così facendo, tutte le scimmie sui tetti limitrofi avrebbero ascoltato quella dichiarazione di guerra e ne sarebbero state assai disturbate. Abbastanza da ordire il giusto contrattacco, quantomeno... Ma alla Principessa del Fuoco cosa poteva importare? Era troppo iraconda per curarsi di qualsiasi cosa, come dimostrò girandosi di scatto e calciando con forza portentosa la decorazione di marmo a forma di libellula, che staccandosi di netto dal corsoio del tetto volò lontano... molto lontano... più o meno verso i tendoni del giochi a Hotami, dentro ai quali cadde, sparendo alla vista. «VOLA! VOLA LIBELLULA!» Ululò la donna meno temperante di tutto il Fuoco, sbattendo un piede sulle tegole, che schizzarono a giro come fuscelli di legno. «CERCHERO' OVUNQUE QUELLA BESTIA OSCENA. VOGLIO LA SUA TESTA COME FERMACARTE SULLA SCRIVANIA DI TAKUMI!» E così dicendo, fulminando con occhi dardeggianti Masaki –che ricevette il messaggio della sua fidanzata telepaticamente, il quale recitava pressapoco così: “Vieni con me o impaglierò anche te, e non vuoi sapere da dove partirò”– camminò verso la fine del tetto battendo furiosamente i piedi a terra e muovendo in modo rude le braccia attorno a sé.

    Cinque minuti dopo Shizuka Kobayashi era di fronte all'Arco dell'Inizio, con un discreto cerchio di vuoto attorno a sé, a causa probabilmente dei suoi occhi infiammati di rabbia che sembravano pronti a uccidere.
    ...Sembrava che cercasse una scimmia con una boccetta in mano. E sarebbe andata ovunque le voci che i poveri malcapitati –che lei afferrava per il bavero del kimono, scuotendoli rabbiosamente uno dopo l'altro– l'avrebbero condotta.

    Quello che non sapeva era che anche le Scimmie cercavano lei.

    La guerra era ormai prossima.


    P.s. Intanto Takumi Muramasaki, Amministratore Burocratico di Konoha, starnutì fragorosamente. Alzando i suoi occhi chiari fuori dalla finestra, e osservando la neve che danzava elegantemente sopra il suo amato Villaggio, si chiese perché avesse una così brutta sensazione....
     
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  7. Mberu
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    Shi-e-En

    Colpo grosso al drago rosso?




    In quanto figlio di pescatore avevo imparato tardi a scrivere.
    Ogni anno portavo avanti la mia alfabetizzazione durante l’inverno, stagione in cui è più difficoltoso pescare e si preferisce stare dentro a preparare l’attrezzatura per la primavera.
    Avevo quindi legato alla scrittura il piacere delle atmosfere prettamente invernali, con paesaggi innevati e soprattutto, tante feste.

    In quel momento mi ritrovavo di nuovo alla mia scrivania come sette anni prima, sta volta però non ripetevo stancanti esercizi per migliorare la calligrafia, bensì fissavo la neve al di fuori della finestra, con la speranza che potesse aiutarmi a trovare le parole giuste.

    Pochi giorni ancora e un altro anno sarebbe passato, a salutarlo uno dei più grandi eventi mondani ospitati dal paese delle sorgenti termali. Impossibile mancare. A causa dell’eccessiva distanza nonna non sarebbe potuta andare, mamma quindi sarebbe rimasta con lei a Konoha.
    Ma quello era la mia prima festa del nuovo anno da genin e intendevo passarla nel migliore dei modi, anche per distogliere i pensieri dagli eventi accaduti pochi giorni prima.

    Sbuffai, poi mi sforzai e iniziai a riempire il foglio d’inchiostro.

    Cara Ayuuki,

    So che probabilmente non vorrai rivedermi a causa del mio comportamento.
    Me ne scuso profondamente e spero nella tua comprensione.
    Purtroppo sono saltate allo scoperto cose che credevo di aver sepolto abbastanza in profondità.
    Ma evidentemente così non è stato.

    Ti chiedo quindi di scusarmi se ti ho lasciato in quella maniera così brusca, curandomi poco di te e delle buone maniera. Sperando che tu sia ancora propensa nel collaborare insieme e perché no, essere amici, mi farebbe piacere incontrarci alla festa del nuovo anno, nel paese delle sorgenti termali.

    Hiro Abe"


    Quando staccai la mano dal foglio sbuffai.
    Non era niente di che, forse troppo formale, forse sarei potuto scendere di più nei particolari.
    Il rapporto con Ayuuki era per me importante, si era dimostrata abbastanza disponibile e socievole con me, ero sicuro che in seguito sarebbe potuta essere una preziosa alleata su cui contare. Ma ciononostante le ferite riaperte sanguinavano ancora, non era per niente facile per me pensare agli altri, rispettando la formalità in maniera corretta ed interpretando i gesti degli altri.
    In un consapevole egoismo, era solo in grado di concentrarmi su me stesso.

    […]

    Nella sua risposta Ayuuki mi avrebbe quasi sicuramente confermato la sua presenza.
    Motivo per cui, nei giusti tempi, partì alla volta del famigerato paese delle sorgenti termali.

    Durante il tragitto incrociai moltissime persone, da ricche famiglie aristocratiche con tutto il seguito a commercianti di frutta secca che avrebbero tentato di sbarcare il lunario fra le vie acquatiche di Yu no kuni.
    Tutto ciò mi riempiva d’allegria, lenendo i traumi e facendomi entrare nello spirito della festa.
    Molti sembravano contenti di stare per partecipare a questo evento. Anche per me era la prima volta che vi partecipavo e al contempo era anche la prima volta che visitavo questo paese.
    Motivo per cui, ai primi scorci di esso non poté che rimanere estasiato.
    Le tradizioni avevano plasmato l’antica civiltà autoctona in una splendida città costruita sotto la presenza costante d’acqua. Oltre per andare ad Oto, non mi ero mai troppo allontanato dal paese del fuoco e ogni volta rimanevo estasiato da ciò che scoprivo. Ma il paese delle sorgenti termali era veramente qualcosa di un’innegabile spettacolarità.

    Facendomi aiutare dagli addetti presi nota di come si sarebbe grosso modo svolta la serata, fremendo dall’eccitazione. Rimasi anche piacevolmente colpito quando ricevetti, una volta al centro della città, i 5000 gettoni che mi avrebbero permesso di tentare la fortuna.

    Oh cavolo.. mamma mi ha però sempre detto di non scommettere che dopo mi viene il vizio..

    Ringraziando le gentili persone che mi avevano aiutato iniziai a girare tra ponti e canali.
    Dopo una buona mezzoretta di estasiato errare, vidi in lontananza un folto gruppo di persone, fra le quali mi fu impossibile non notare Ayuuki, che la sfortuna volle essere con Atasuke Uchiha.

    Ma quanto posso essere sfigato?

    Mi sarebbe piaciuto passare del tempo con la studentessa, dovevo riuscire a far dimenticare il mio comportamento poco carino nei suoi confronti. Ma con Atasuke presente non mi sarei voluto esporre più di tanto.
    Compiendo un profondo respiro mi avvicinai alla banda capitanata dall’Uchiha.

    Salve, è un piacere vedervi qui..
    Spero che stiate passando dei bei momenti.


    Dissi sorridendo e compiendo un leggerissimo inchino.

    Oh a proposito, avevo mezza idea di investire un poco di queste..

    Poco prima di finire la frase estrassi un paio di gettoni mostrandoli a coloro con cui conversavo.

    A voi cosa piacerebbe provare?

    Probabilmente ero sembrato un poco forzato, forse troppo ingessato.
    Ma in quel momento per cercare di non fare una cattiva figura mi ero imposto un modo di tenere la conversazione che sarebbe potuto sembrare non naturale, costretto in rigidi canoni artificiali.

    In realtà, a causa di ciò che mi aveva inculcato mia madre, ero leggermente titubante nel giocare.
    Ma ero sicuro che sarebbe stato un buon modo di rompere il ghiaccio, con Ayuuki avrei parlato inseguito.

     
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    Lo sciamano che perse Kiri al gioco



    Con l'avvicinarsi della fine dell'anno, anche gli impegni dello stregone di paese avrebbero dovuto diminuire, e invece no. Con il nuovo anno alle porte, sembrava esserci la fila sul pontile che portava alla baracca dello sciamano, tutto per avere letture della mano, responsi di fama, fortuna, gloria o semplicemente sapere se l'anno che sarebbe giunto, avrebbe permesso ai ninja di tornare a casa vivi dalle missioni. Un pubblico per i passati 364 giorni aveva praticamente ignorato la presenza di Sanjuro, ora richiedeva i suoi servigi di cartomante, nemmeno avesse da vendere acqua nel deserto.
    Così, a poco tempo dalla fine dell'anno, senza dire nulla a nessuno, prese il suo fidato bastone, per non lasciarlo solo a casa, altrimenti il signorino avrebbe messo a soqquadro la casa, e lo portò con sè. Dopotutto Gassan, così si chiamava il bastone, ogni volta che veniva lasciato a casa da solo, stando ai racconti di Sanjuro, iniziava a farsi beffe del suo padrone, nascondendogli le ciabatte, cambiando di posto ai vari cassetti dei mobili, o ancor peggio, facendo finta di nulla alle domande di Sanjuro quando questo tornava a casa e chiedeva spiegazioni.

    "Se ne sta lì fermo, come un bastone, come se niente fosse, invece di sputare il rospo, non lo sopporto"



    Così lo sciamano amava raccontare, circa il suo bastone, a chi gli avesse chiesto il suo rapporto con lui.
    Ma comunque, lo sciamano aveva un ulteriore problema da risolvere, se avesse portato con sè una delle sue splendide maschere fatte a mano, sarebbe sicuramente stato riconosciuto. Una personalità come la sua, uno dei migliori oracoli che il mondo aveva mai avuto la fortuna di ospitare, non avrebbe potuto nemmeno camminare senza essere continuamente fermato per oracoli e predizioni, doveva quindi escogitare un piano.
    Ritardò la partenza di quasi due giorni, per trovare una soluzione a questo problema, chiedendo molteplici volte consiglio al suo fidato compagno Gassan, ricevendo come risposta sempre degli irritanti silenzi.

    - Certo che a volte sai essere davvero rigido come un pezzo di legno ragazzo. -


    Alla fine, sconsolato, dovette ripiegare su un buon piano, ma che lui non pensava essere il migliore di quelli possibili; se fosse andato storto qualcosa, la gente lo avrebbe riconosciuto, nonostante avesse passato gli ultimi dieci anni relegato a Genosha, i precedenti 5 vivendo come un barbone, e i precedenti dieci come guarda del corpo di un Daimyo che raramente usciva di casa.
    Quindi raccolse tutte le sue cose, operazione che richiedette all'incirca 13 secondi, ma solo perchè ad un certo punto dovette soffiarsi il naso, e con ciabatte e bastone, uscì di casa, chiudendo la porta dietro di sè, e assicurandosi che la serratura fosse chiusa a 3 mandate, come se la catapecchia non fosse fatta di legno marcio, piena di buchi e con i vetri rotti.
    Ma ecco la genialità del suo piano finalmente rivelata: era partito senza maschera, aveva le pitture sul corpo, ovviamente nudo a parte uno straccio sulle vergogne, aveva le pitture in faccia, e persino una sorta di elmo fatto da un teschio. Però non aveva la maschera, suo segno distintivo per eccellenza.
    Gassan pensò che era un genio.

    [...]

    Totalmente ignaro di quali eventi andassero di moda o fossero i più gettonati per le vacanze, Sanjuro chiese alle persone che trovava per strada, convinto che questi non avessero la minima idea di chi lui fosse, non avendo la maschera sul volto. Persona dopo persona, ebbe le risposte che cercava, sempre convinto di essere in borghese, nonostante tutte le persone interpellate, avessero iniziato a parlare dicendo "signor Sanjuro".
    Dal canto suo, lo sciamano pensava fosse solo un test, posto dalla fortuna, per provare la sua risoluzione a non darsi per vinto, e a non rivelare la sua reale identità di persona famosa; nonostante nessuno al di fuori di Kiri, sapesse della sua esistenza, e quelli del villaggio lo conoscessero solo perchè era il tipo più strambo che girava per le strade.
    Tornando a noi, Sanjuro ricevette notizia di un luogo misterioso, il paese delle Sorgenti Termali. Lì aveva luogo una festa per il sopraggiungere del nuovo anno, con spettacoli, bancherelle, giochi, e quant'altro per il divertimento mondano; e Sanjuro si sentiva estremamente mondano, anche se non aveva la minima idea di cosa quella parola significasse. Si recò quindi al porto, alla ricerca del suo amico Samoru, il marinaio che lo aveva riaccompagnato a casa da Genosha. I due non si vedevano da allora.

    Toc toc



    Da una delle catapecchie del porto che fungevano da uffici, uscì il bonario Samoru, il quale si trovò davanti questo strano individuo con la faccia dipinta, e ovviamente, lui fu l'unico a non riconoscere lo sciamano.

    - Samoru, sono io, Sanjuro! -

    L'uomo sembrò cambiare espressione, o forse era l'alcool, ma rispose festoso all'amico ritrovato.

    - Sanjuro! Dannazione vecchio mio, non ti riconoscevo senza maschera! Cosa ti porta da me ?-

    Lo sciamano inspirò impettito, sicuro del suo successo, non era stato riconosciuto.
    Quindi spiegò al marinaio della sua intenzione di recarsi alla festa di fine anno, e della sua necessità di una imbarcazione. Ovviamente Samoru fu più che felice di accompagnarlo, sia per sfuggire dalle grinfie della moglie, sia perchè nel paese delle Sorgenti Termali, durante questa festa, si beveva, molto. E lui era a suo agio.
    Partirono entrambi nel giro di un'ora, sull'ultima barcarola a disposizione del lupo di mare, verso la festa di fine anno più folle che entrambi avrebbero ricordato.

    [Alla festa]

    Al suo arrivo nel cuore dei festeggiamenti, Sanjuro salutò l'amico ubriacone, il quale era ormai già oltre il limite dell'ubriachezza, dato che durante la traversata non aveva fatto altro che tracannare bottiglie di grog, e si recò verso quello che sembrava il centro dei festeggiamenti, nel luogo dove vedeva luci e sentiva più voci.
    Nel parapiglia della festa, Sanjuro si sentiva abbastanza confuso, non apparteneva più al mondo da molto tempo, e non sapeva bene cosa dovesse fare, quindi si recò nel luogo che sembrava una casa da gioco, dove molte persone scommettevano lanciando dei dadi, e puntando su un tavolo le loro scommesse.
    - Ahhhhh, i dadi! Sono un maestro dei dadi, andiamo Gassan. - Disse al suo bastone.

    Nella sala da gioco però, servivano gettoni, e Sanjuro non aveva notato che all'entrata dei festeggiamenti, ogni persona veniva omaggiata con 5000 unità di questi per poter iniziare i giochi, quindi uscì dalla sala da gioco ed entrò in una piccola catapecchia lì vicino, la quale aveva un'insegna sulla porta, con scritto "GETTONI"
    Dentro la stanza, piena di strani tizi, lui sembrava quasi normale, tanto che un losco ceffo gli si avvicinò invitandolo a sedersi. L'uomo tirò fuori da sotto al tavolo una penna, un sacchetto pieno di gettoni luccicanti, e una pila di scartoffie.

    - Benvenuto gentile signore, penso che lei abbia voglia di scommettere la sua fortuna alla sala dei dadi, dico bene? E sembra proprio sia a corto di gettoni! -

    - Hai ragione ragazzo, sono qui per l'insegna, mi servono gettoni. -

    L'uomo quindi spiegò a Sanjuro che poteva ottenere tutti i gettoni che voleva, in cambio avrebbe dovuto porre la sua firma su alcuni moduli, compilarne altri, e autorizzare vendite, scambi, ipoteche, e cose del genere. Sanjuro non aveva tempo per cose di questo genere, aveva visto decine di persone con le tasche traboccanti di gettoni, quindi non doveva essere un procedimento troppo difficile, quindi intimò il giovane di tagliare corto e di passargli i fogli; avrebbe iniziato a leggere in fretta, saltando metà delle indicazioni, e firmando a caso a destra e a sinistra.
    - Ma cosa sono queste cose? Possedimenti.....percentuale d'interesse......mora di riscossione...uhm....vediamo...ho capito, ah ora si che mi torna, è un sondaggio, voi fate un sondaggio e in cambio del servizio date i gettoni, certo è tutto chiaro. -

    Lo strozzino si scambiò delle occhiate incredule con un suo collaboratore, e annuì, come se non avesse la minima idea di cosa stesse farneticando lo sciamano.

    - Allora vediamo....parenti e/o amici su cui riversare la riscossione e loro possedimenti...beh non ho idea di cosa voglia dire, il quiz qui mi chiede di indicare possedimenti e cose di valore, io non ne possiedo, e non ho parenti, quindi vediamo, conosco Itai, lui lavora in amministrazione.....scrib.....scrib....poi vediamo, Akira sta alle mura e....scrib.....scrib....poi dunque, non penso di conoscere altra gente a parte Meika, lei è nel quartiere Akuma...scrib....scrib...scrib...ahh, e ora qualche firma con il mio titolo. -

    Per farla breve, Sanjuro non aveva ben capito che stava sottoscrivendo un contratto di strozzinaggio in cambio di 5000 gettoni, gli stessi che venivano distribuiti gratuitamente all'entrata della festa. Non solo, ma compilando il modulo come aveva fatto, aveva appena posto un'ipoteca sull'amministrazione di Kiri, sull'intero complesso murario di Kiri e il relativo volume di terreno, e sull'intero quartiere Akuma, senza contare la totalità della darsena di Kiri, del palazzo del Daimyo e di buona parte di Genosha.
    Quando gli strozzini ripresero i moduli, prima di passare i gettoni a Sanjuro, prima pensarono ad uno scherzo, data anche l'apparenza fisica dello sciamano, ma non appena videro la firma, restarono a bocca aperta. Ogni modulo era stato controfirmato da "Sanjuro, guardia personale del Daimyo del paese dell'Acqua" Non per cattiveria, ma perchè dopo tutti gli anni passati a servire il Daimyo, quella era l'unica firma che lo stregone era abituato a fare.
    Bastò scartabellare un attimo agli strozzini, per rendersi conto che nella lista delle guardie del capo dell'Acqua, c'era effettivamente un Sanjuro, e questo a loro bastò eccome; se anche non avessero potuto reclamare parte di quanto ipotecato, e ne avessero ricevuto anche 1 solo 100esimo, avrebbero vissuto il resto della vita da nobili!
    A quel punto passarono i gettoni a Sanjuro, abbracciandolo e ridendo a crepapelle, e quando l'uomo uscì dalla catapecchia, chiusero i battenti e stapparono alcolici costosi, per il colpo di fortuna che avevano avuto.

    - Bah, certo che ai miei tempi non era così complesso avere dei gettoni, vabè, ora posso andare a divertirmi. -

    Superato il primo scoglio, la compravendita dei gettoni, Sanjuro si recò nella casa da gioco, dove restò per circa 7 minuti, contando anche il tempo per una fermata al bagno di 5 minuti.
    Durante la sua lunga permanenza al tavolo dei dadi, riuscì a perdere tutto quello che aveva in un solo colpo, leggendo il suo futuro su un fegato di topo che si era portato da casa. La spiegazione di questo fu chiaramente colpa di Gassan; il malandrino bastone aveva capovolto l'organo usato dallo sciamano, senza che questo se ne accorgesse, facendo sbagliare il vaticinio allo stregone, il quale, con un diavolo per capello, e inveendo contro il suo stesso bastone, uscì dalla sala da gioco, vagando sconsolato per la strada, fino a che una scimmia non urtò la sua gamba, facendolo quasi volare per terra.
    Fu a questo punto, circondato da una moltitudine di persone, che si rese conto di essere vicino ad un uomo completamente nudo.
    Ignorando totalmente la situazione che si stava verificando, Sanjuro pensò di essere finito in mezzo ad un ballo tribale per ottenere fortuna ai giochi, quindi tirò fuori un piccolo tamburello dal tessuto che aveva all'altezza del pube, e con la sua schiena storta si avvicinò a Hoshikuzu, senza sapere minimamente chi fosse, e iniziò a tamburellare sullo strumento musicale.

    - Hey ragazzo, permetti che mi unisca a te in questa danza portafortuna? -

    A quel punto lo sciamano pazzo iniziò a dimenarsi attorno al ragazzo nudo, alzandosi e abbassandosi sulle gambe, innalzando una mano al cielo a ritmo mentre l'altra sbatteva sul tamburo di pelle di...beh...qualcosa....


    Hoshi

     
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  9. **Kat**
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    II ~ Nindō di una Stalker: Il biglietto per le Terme Gorazumi


    L'

    inaugurazione del Karyuuken le aveva aperto un mondo. Nulla che riguardasse la rigida disciplina che Atasuke-sama impartiva ai suoi discepoli. Non era stata affascinata dall’arte della spada e dal Nindō seguito dai ragazzi che frequentavano il Dojo. Arte, disciplina e duro lavoro. Così venivano formati gli allievi dell’Uchiha. Principi che una studentessa dell’Accademia non poteva non ammirare. Ma Ayuuki ammirava qualcos’altro di quel luogo.
    Dopo le lezioni Accademiche, prima di tornare a Villa Fuyutsuki, la ragazza si soffermava ad ammirare gli allievi del Karyuuken impegnati nelle loro sessioni di allenamento. Per sua fortuna le porte della sala principale, dove si tenevano le lezioni di Kenjutsu, erano quasi sempre aperte. E quando il tempo lo permetteva alcuni allievi provavano i loro kata all’esterno, nel cortile antecedente alla struttura.
    Ayuuki aveva imparato ad appostarsi in un cespuglio lungo il viale principale che conduceva al Dojo. La Bassa vegetazione presente all’interno del cortile l’aiutava a mimetizzarsi ed evitare di essere scoperta. Almeno così pensava. Restava per ore ad osservare gli scolpiti corpi degli allievi.
    – Ayuuki-chan! – Una voce abbastanza familiare sopraggiunse alle orecchie della Fuyutsuki, che fu costretta ad interrompere la sua attività spionistica. Il volto della ragazza era abbastanza imbronciato ed infastidito da quella interruzione. - Miyo-chan! Che ci fai qui? -
    Lo sguardo mutò non appena notò la sua compagna di classe11%2Byear%2Bold%2Bshana avvicinarsi al nascondiglio. Era un’aspirante Kunoichi proprio come lei e per il suo carattere solare ed altruista le due avevano legato fin da subito. Portava sempre i lunghi capelli corvini legati in due code ai lati della testa e i suoi occhioni erano di un intenso castano. Era una delle ragazze più sveglie del suo corso. – Potrei dire lo stesso di te! Comunque stavo tornado a casa dopo la lezione.. mi avevi detto che eri impegnata con alcuni allenamenti di Taijutsu. – Il volto della Fuyutsuki iniziò a dipingersi di mille colori per l’imbarazzo. Era stata colta con le mani nel sacco. - SHHHHH! Vieni qui.. altrimenti mi scoprono! - Stavano facendo troppo baccano e quel cespuglio iniziò a muoversi in modo alquanto strano, quando la ragazza trascinò l’amica con sé.
    Rimasero a guardare per un po’ i duri allenamenti a cui Atasuke-sama sottoponeva i propri allievi. I loro corpi erano sudati e scolpiti nel duro lavoro. E ciò imporporò il volto di Ayuuki. - Kyaaaaa! - Non riuscì a trattenersi questa volta. – Ma non eri innamorata segretamente dell’Hokage? Al nostro primo giorno di Accademia sei rimasta folgorata dal suo fascino quando ha tenuto il discorso inaugurativo. – Miyo-chan sembrava turbata dall’improvviso cambio d’opinione della ragazza. – Dicevi che il tuo Nindō Ninja era conquistare il suo cuore con le tue abilità da Kunoichi. – La Fuyutsuki sembrava infastidita da quelle precisazioni inopportune. - Shhhhh! Così ci farai scoprire e sai benissimo che i sentimenti di una ragazza cambiano come il vento in primavera! - Dall’espressione che assunse la ragazza non era affatto convinta delle giustificazioni dell’amica.
    - Credo che abbiano finito l’allenamento ora. Guarda c’è Shin-kun e Sano-kun.. stanno sempre a litigare ma sono molto sicuri di sé! Mi piacciono i ragazzi determinati e spavaldi. - Iniziò a sfregare le mani congiunte sulla guancia destra arrossendo sempre di più. – A me sembrano solo due teste vuote. E quello in disparte? – Lo sguardo di Ayuuki si spostò sul ragazzo dalla chioma lunga e scura. - Lui è Saito-kun! L’altro ieri ho scoperto che ha una voglia dietro la schiena… bello e tenebroso! Mi piace! - La Fuyutsuki sembrava sempre più presa nei suoi pensieri da stalker. - Quello alto e con i capelli corti è Kimi-kun. Credo che sia l’allievo migliore del Dojo.. Invece quello a destra è Haiji-kun simpaticissimo! Adoro i ragazzi che mi fanno ridere. - La povera Miyo-chan iniziò a scuotere la testa rassegnata. – Dovresti fare chiarezza nella tua testolina. E poi non si accorgeranno mai di te! –

    [ … ]

    Questa era la sua occasione di riscatto. Aveva fatto una scommessa con Miyo-chan e non aveva intenzione di perderla. Con l’arrivo del nuovo anno sarebbe riuscita a conquistate le attenzioni di almeno uno degli avvenenti allievi di Atasuke-sama. Pensava di aver perso la scommessa, visto che il nuovo anno si stava avvicinando, ma a quanto pare i Kami erano dalla sua parte.
    Dopo essersi preparata per quell’incontro, come poteva, si avvicinò con passo sicuro e disinvolto verso il gruppo di allievi che accompagnavano l’Uchiha. Quando sciolse l’inchino verso l’uomo si assicurò che il cuscino sotto il Kimono non fosse sceso troppo in basso. Non voleva apparire corpulenta, ma prosperosa e florida. Inoltre quel velo di trucco metteva in ombra il suo volto adolescenziale. Cercò di essere convincente. Lei era una donna, non una ragazzina.
    La sua attenzione era rivolta “principalmente” verso Atasuke-sama in segno di rispetto, anche se non mancava di guardare di sottecchi i due allievi del Karyuuken. Improvvisamente una voce familiare le ricordò di una lettera che aveva inviato prima della sua partenza al Paese delle Sorgenti Termali. - Hiro-kun! Come stai? - Si girò immediatamente verso il Genin facendo ondeggiare il suo elegante kimono e le poche ciocche di capelli castani che erano rimasti liberi. Ampliò il proprio sorriso. Aveva apprezzato molto il suo invito, ma era stata costretta a rifiutarlo per ovvie ragioni. Anzi si diede un’occhiata in giro per controllare che il Chuunin dell’Accademia fosse ancora impegnato con le sue boriose e prolisse spiegazioni. - Ci tenevo davvero tanto a partire con te per Hotami. Ma purtroppo non ho potuto rinunciare al viaggio-studio con Okada-sensei. Anzi.. hai visto in giro un uomo con degli occhiali e una chioma corta e scura? - Si avvicinò maggiormente ad Hiro per essere sicura di non essere udita né da Atasuke e né sai suoi allievi. - Quell’uomo a quest’ora mi darà la caccia. Ma Shhhhh! Non dirlo a nessuno ed avvertimi se lo vedi in giro. - Insomma non voleva apparire come la scolaretta di turno davanti agli occhi di Shin-kun e Sano-kun.
    Con occhi brillanti d’entusiasmo si rivolse ancora una volta al ragazzo dalla chioma scarlatta. - Ho saputo che c’è in palio un biglietto per le Terme Gorazumi. Devo assolutamente averlo! Così io.. e… - Iniziò a guardare di sottecchi Shinpachi. - Kyyyyyaaaaaaa! - Avvampò come una ragazzina, non riuscendo a celare completamente il suo “oggetto” del desiderio. Anzi congiunse le mani di fronte al petto e si strinse nelle spalle immaginando i suoi prossimi tre giorni con il ragazzo nelle terme più lussuose di Hotami. Solo dopo alcuni minuti si ricompose. - Hiro-kun! Dobbiamo vincere quei biglietti.. è una missione di vita e di morte. Ne va della mia felicità. - Non era mai stata tanto seria prima d’ora. Strinse il pugno al petto e lanciò un’occhiata alle tasche del ragazzo. Era disposta anche a derubare il povero Genin pur di ottenere quei biglietti. - Iniziamo con i dadi? - Non aveva mai avuto molta pazienza con le carte.


     
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    Shi-e-en

    Piccoli problemi di cuore


    Kirigakure no Sato, casa Mizukiyo.
    Ma perchè?
    E' fuori discussione, la questione è chiusa.
    Tesoro, non possiamo permetterci un viaggio così lungo. Non siamo il tipo di famiglia che va in vacanza.
    Tecnicamente possiamo permetterci un viaggio di 2 persone al massimo.
    Perchè sei così ottuso da non capire quando stare zitto ma i calcoli riesci a farli così bene?
    Ecco la famiglia al completo alle prese con una tranquilla discussione seduti intorno al tavolo della cucina. Era da ormai qualche giorno che Ryuu aveva sentito parlare di quell'evento e finalmente avevano deciso di sedersi a discutere sulla possibilità di andarci, per quanto poteva sembrare strano che quel ragazzino ci tenesse così tanto ad andare a festeggiare il capodanno nel Paese delle Terme. Anche i 3 anziani ovviamente si erano fatti questa domanda, dato che era insolito che il loro nipote gli facesse una simile richiesta sapendo le loro condizioni finanziarie, e avrebbero anche voluto accontentarlo, ma in fondo dovevano guardare in faccia alla realtà e convincerlo a desistere all'idea.
    Su, potete prendere un po' di soldi che ho vinto alla festa della fondazione, così non ci sono problemi.
    No, non toccheremo quei soldi per farci una vacanza, ci potrebbero essere molto più utili in un'altra occasione.
    Ryuu, ma perchè ci tieni così tanto ad andare a quelle terme?
    Ma...ma...ci sono le terme e a voi anziani fanno bene le terme.
    Non ha tutti i torti.
    Ma vuoi stare zitto.
    E poi ci sono anche le terme leggendarie, quelle che si dice ringiovaniscano di parecchi anni.
    Sei proprio insistente, bel furbetto, ma non abbiamo i soldi per pagarci il viaggio, figuriamoci per entrare in quelle terme.
    No, è questo il punto: ci sarà una lotteria con i biglietti che si vincono ai giochi e uno dei premi è l'ingresso a quelle terme.
    In quell'istante ci fu un momento di silenzio assoluto in cui i 3 capifamiglia si guardarono profondamente negli occhi come se qualcosa avesse illuminato le loro menti, e solo un paio di secondi dopo ripresero la discussione in mano.
    Ehm...bè-ehm...
    Bè...non ci interessa, Ryuu. Non permetteremo a nostro nipote di diventare un giocatore d'azzardo solo per vincere un insulso premio. Comunque...visto che ci tieni così tanto da inventarti simili scuse...ne parleremo più approfonditamente tra di noi. Ti dispiacerebbe uscire dalla stanza?
    Ah...va bene.
    Ryuu eseguì gli ordini della nonna, alzandosi e dirigendosi nel corridoio, e nell'istante in cui la porta scorrevole toccò lo stipite di legno, i 3 cominciarono a dare all'unisono la loro sentenza.
    Dobbiamo andare a quelle terme. Assolutamente. Vado a fare i bagagli?
    No no no, aspettate un momento, che stiamo dicendo. Non possiamo permetterci un viaggio simile. E anche se prendessimo i soldi che Ryuu ha conservato dalla festa non possiamo lasciare la casa incustodita per un viaggio di almeno 3 o 4 giorni. Lo sapete meglio di me che è troppo rischioso, finirebbe come l'altra volta: potrebbero entrare di nuovo a romperci mobili e porte e non possiamo buttare soldi su lavori che si potrebbero evitare.
    Purtroppo la mancanza di soldi era sempre un argomento scottante, ma la questione era ben diversa in quel contesto: da quando accaddero i fatti nella spiacevole notte in cui nacque Ryuu le cose erano cambiate per loro e tutto l'odio ed il risentimento della zona di villaggio in cui vivevano si erano riversati su di loro, etichettandoli sempre come una famiglia senza onore e prendendoli di mira per qualsivoglia atto vandalico, anche se negli ultimi anni erano un po' diminuiti, ma pur sempre vivi.
    Se proprio vogliamo accontentarlo, ci andrà solo uno di noi ad accompagnarlo, così non toccheremo neanche i suoi soldi e rimarremmo comunque in 2 a sorvegliare la casa. Io resto qui, non ho problemi, chi vuole andare tra voi 2?
    Bé... Disse il nonno, portando l'attenzione su di sé e guardando la sua "cara" moglie per mettere in chiaro le sue ragioni. ...visto che l'altra volta lo avete accompagnato voi alla'anniversario della fondazione, stavolta mi sembra giusto che ci vada io. E poi l'altra volta mi hai rotto un'anca, quindi quelle terme miracolose mi farebbero bene.
    Se non vuoi che ti rompa anche l'altra te ne starai qui a casa, mentre la tua mogliettina va a ringiovanirsi alle terme. Non ti piacerebbe avere una moglie bella e giovane?
    Certo...come vuoi, cara.
    Ryuu! Entra, abbiamo deciso.
    Non se lo fece ripetere 2 volte, in quanto era rimasto ad ascoltare ogni singola parola accovacciato dietro il muro, e non appena sentì pronunciare il suo nome si precipitò in cucina spalancando la porta, fuori di sé dall'euforia.
    Quindi ci andiamo?
    Si, ti accompagnerà nonna Kazuko.
    Evvai! Grazie nonni, grazie, grazie. Vado a prepararmi lo zaino! In men che non si dica fece il giro del tavolo per abbracciare uno ad uno tutti e 3 i suoi nonni, per poi sparire nel corridoio, ma non passarono che pochi istanti che si ripresentò per avvertirli di un piccolo particolare che gli era sfuggito per poi sparire nuovamente, diretto nella sua stanza.
    Ah, a proposito, viene anche Keiko, la mamma ha già detto di si.
    Il trio lo guardò correre via con le bocche aperte, avendo finalmente intuito il motivo per cui avesse insistito tanto per andare ad una banale festa per l'anno nuovo, per quanto fosse in una località molto ambita, ovvero portarci anche la sua intima amica che coreggiava da tempo immemore forse nella speranza di vederla nuda alle terme o anche solo in costume da bagno.
    Ci ha usati per andare con Keiko alle terme.
    Brutto figlio di buona donna.
    La "buona donna" è mia figlia.
    Uh, scusami cara, non volevo.

    Il problema era risolto e dato che la mamma di Keiko aveva già dato il suo consenso a lasciar partire la propria figlia con la famiglia di Ryuu, si poteva ben dire che tutto stava procedendo a meraviglia e se gli fosse andata bene avrebbe avuto l'occasione che aspettava da tanto di rimanere da solo con Keiko ed impressionarla vincendo a qualche gioco da bancarella, magari vincendole qualche peluche o meglio ancora l'ingresso alle terme speciali, ma se non fosse riuscito a fare colpo si sarebbe accontentato anche di vederla nuda mentre faceva il bagno, cosa a cui arrossiva e ridacchiava solo a pensarci. Insomma, in qualunque modo sarebbe andata, un weekend da solo con la ragazza dei suoi sogni avrebbe potuto portare solo cose positive.
    Keiko
    Era da ormai diversi anni che sentiva di provare qualcosa per la sua coetanea, perché oltre ad essere l'unica ragazza che gli ebbe mai rivolto la parola amichevolmente, per lui non esisteva ragazza più bella al mondo, a cominciare dai suoi lunghi capelli rosa e il suo sorriso dolce, a quanto fosse piacevole ridere e scherzare con lei, senza contare i suoi profondi occhi neri come i suoi che solo sotto una certa luce assumono dei riflessi azzurri. Non c'era che quello che lui provava era più di una semplice infatuazione, sentendo i brividi ogni volta che gli stringeva la mano o nei rari casi in cui passeggiavano soli gli prendeva una fortissima tentazione di rubarle un bacio, ma sfortunatamente quel sentimento sembrava apparentemente non corrisposto ed era per questo che non perdeva occasione per cercare di impressionarla e farla finalmente innamorare di lui.
    Quella delle terme poteva essere l'occasione ideale, potendole stare vicino per una paio di giorni senza nessuno a controllarli e potendola stupire vincendo ai giochi, anche se sperava di andare meglio dell'altra volta. In ogni caso, avrebbero passato molto tempo insieme e quindi prima o poi qualcosa avrebbe potuto cambiare fra di loro. Non stava più nella pelle quando arrivò il giorno della partenza tanto atteso e si presentò sotto casa sua, aspettando di vederla uscire col suo zaino in spalla e potersi finalmente mettersi in cammino.
    Purtroppo la sola cosa che vide quando si spalancò la porta fu la camicia di un uomo ben più alto di lui, per non dire anche più grosso, e con uno sguardo severo. Fu il padre di Keiko ad accoglierlo, ma come suo solito non fu un'accoglienza calorosa, anzi, tutt'altro che amichevole.
    Senti, te lo dico chiaramente: mia figlia non verrà con voi, sono stato chiaro?
    La sua voce bassa e profonda mise un po' di inquietudine al povero ragazzo, che non solo rimase sconcertato da quella notizia, ma sapeva anche fin troppo bene il perchè di quell'atteggiamento. Fortunatamente intervenne immediatamente la madre di Keiko, che prontamente arrivò alle spalle del marito per farsi spazio, dandogli un'occhiata di rimprovero per il suo comportamento e facendogli aprire totalmente la porta per lasciar passare Ryuu, salutandolo con un bel sorriso amorevole.
    Ciao Ryuu. Entra pure, non ti preoccupare.
    Il ragazzo come al solito si trovava fra l'incudine e il martello ed il marito della donna lo lasciò passare, senza però togliergli di dosso il suo sguardo severo, mentre lui entrava in silenzio e con lo sguardo basso, andandosi a sedere sulla poltrona. I 2 genitori della ragazza lo raggiunsero subito e tra di loro non mancarono gli sguardi di una accesa discussione ancora viva nelle loro menti, ma non appena giunsero davanti al giovane fu la madre ad avere la prima parola.
    Keiko si sta preparando, fra poco scende.
    No, lei non ci va alle terme con questi.
    Ryuu, ti potresti tappare un attimo le orecchie, devo dire una cosa privata a mio marito.
    Il giovane non tardò ad eseguire l'ordine, avendo già intuito da un pezzo che c'era aria di litigio in casa e sentendosi anche male sapendo di esserne il responsabile.
    Tesoro, sei proprio uno stronzo!
    Io non ce la mando, sono dei traditori.
    Ti ho detto che Jun era una mia amica e tu non devi azzardarti a dire queste cose! E poi se anche fosse vero, che colpa ne ha questa povera creatura? Perchè deve soffrire lui, non ha fatto niente di male. E' questo che vuoi insegnare a tua figlia, a discriminare gli altri per colpe non loro? Per me Keiko fa benissimo a frequentarlo, non mi interessa cosa dice la gente, quindi lei ci va alle terme e non ti permettere di maltrattare Ryuu.
    Una donna non molto alta e dalla figura esile era la mamma di Keiko, con dei lunghi capelli neri castani ed un viso dolce, ma tuttavia era una donna forte e determinata, e a quanto pareva sapeva ben tenere testa a suo marito, che in quell'occasione si stufò di stare a discutere di quell'argomento e lasciò la stanza, rassegnato e senza dire un'altra parola, ma ancora più nervoso di prima. La cara signora si avvicinò a Ryuu, togliendogli i palmi delle mani dalle orecchie e dal suo sguardo si poteva intendere che nonostante tutto avesse sentito cosa si erano detti, anche se cercava di far finta di niente, ma bastò un piccolo gesto e poche semplici parole da parte di quella donna che era amica di sua madre a tirarlo su di morale.
    Non ti preoccupare. Continua così. Disse, sfiorandogli il simbolo di Kiri che teneva legato alla fronte per poi lasciare la stanza e salire le scale per andare probabilmente a controllare che a sua figlia non mancasse niente per il viaggio. Quel piccolo gesto che poteva sembrare insignificante, per lui volle dire tutto, poiché diventare ninja era stata una scelta coraggiosa e difficilissima da prendere, dovendo fare i conti col presunto passato oscuro dei suoi genitori ed attirando su di sé gli sguardi sempre più freddi dei suoi concittadini.
    Si poteva dire che quella famiglia era praticamente divisa a metà riguardo Ryuu, poiché se la figlia minore e sua madre non avevano mai creduto a quella storia, il padre e la sorella maggiore (di qualche anno più grande di Keiko) l'avevano sempre tenuto a distanza come il resto del quartiere. Per fortuna ci fu la vista della sua amica che lo salutò apertamente scdendo le scale a fargli togliere dalla mente quei tristi pensieri, la quale gli corse incontro abbracciandolo ed uscendo di casa non appena ebbe finito di salutare tutta la sua famiglia e dopo gli ultimi avvertimenti e precauzioni da parte della madre, avviandosi con Ryuu tra la nebbia mattutina di Kiri verso il porto, dove avrebbero dovuto prendere la nave che li avrebbe condotti a Yu no Kuni.
    Uffa, voreei essere già lì, non ce la faccio a resistere.
    A chi lo dici.
    Ah, e comunque dopo levati il coprifronte: stiamo andando in vacanza, non in missione.

    Il viaggio fu abbastanza piacevole e non durò a lungo, arrivando in città nel primo pomeriggio dell'ultimo giorno dell'anno, potendo ammirare gli stupendi palazzi completamente costruiti sull'acqua alla luce del sole e godersi in anticipo lo spettacolo della magnifica città totalmente addobbata a festa. L'acqua calda che ricopriva l'intero territorio e sui cui stavano viaggiando per attraccare la loro piccola barca emetteva continui vapori che si diffondevano dappertutto e questo faceva sentire i 3 viaggiatori del Villaggio della Nebbia più vicini a casa, nonostante il paesaggio fosse totalmente diverso dal loro panorama quotidiano.
    Wooow Sembra quasi di stare a Kiri.
    Si, solo che qui la nebbia è calda.
    E fa molto bene alla pelle e ai polmoni, quindi respirate a fondo, ragazzi.
    I due ragazzi osservarono sbalorditi la miriade di lanterne che sovrastavano ogni canale o ponte della città e quelle incredibili costruzioni così imponenti da lasciarli a bocca aperta.
    Finalmente erano giunti alla meta tanto attesa e non stavano più nella pelle che facesse sera per poter andare alla festa e divertirsi, ma per prima cosa avrebbero dovuto salire nella camera d'albergo che la nonna di Ryuu si era premurata di prenotare, e non appena il ragazzo varcò la soglia con i bagagli in mano non poté non notare che vi fosse un unico letto matrimoniale nella stanza, rimanendo a bocca aperta quando Keiko ci si fiondo sopra gridando "io dormo a destra!" e partendo con mille fantasie di quello che sarebbe potuto succedere dormendo nello stesso letto con lei, ringraziando contemporaneamente tutti i kami che gli venivano in mente. In un attimo lasciò a terra le borse e balzare sul letto anche lui per reclamare la sua altra metà del materasso, ma non fece in tempo a sollevarsi di 10 centimetri da terra che una morsa di una forza anormale gli si strinse ai capelli, fermando la sua avanzata e lasciandolo a mezz'aria. La faccia di sua nonna gli si avvicinò al volto, svelando che fosse la sua robusta mano ad averlo afferrato con tanta foga, non che si poteva aspettare diversamente.
    Dove credi di andare? Qui ci dormiamo io e Keiko, la tua stanza è di là.
    Gli disse con tono minaccioso un attimo prima di scaraventarlo oltre la porta, facendolo finire in una misera e minuscola stanzetta con un lettino che sembrava più per mezza persona, che singolo. Purtroppo avrebbe dovuto fare i conti con la nonna, che per tutto il viaggio in nave l'aveva ostacolato in ogni modo, cercando di lasciare da sola la giovane il meno possibile e tenendoli d'occhio ogni qualvolta che rimanevano da soli, pronta a bloccare qualsiasi mossa avrebbe potuto a fare Ryuu nei suoi confronti per il timore che ci provasse con lei. Non che non le avrebbe fatto piacere se i due ragazzi si fossero messi insieme, ma conoscendo il carattere focoso e irruento del nipote quando si parlava di Keiko, doveva in tutti i modi impedirgli di fare stupidaggini nel caso non avesse resistito a dichiararsi fin troppo apertamente o saltandole addosso per baciarla. Forse la sua era più paranoia che altro, ma non si poteva mai dire cosa saltasse sotto i capelli scombinati di quel ragazzo.
    Il resto della giornata trascorse tranquillo, mentre Ryuu provava in continuazione a rimanere da solo con la sua "ragazza" o a sbirciarla nuda mentre andò a farsi un bagno alle terme con la Kazuko, ma sempre col medesimo risultato di un bernoccolo sulla testa da parte della sua forzuta nonnina. Alla fine giunse l'ora in cui la luna si fece alta nel cielo e avrebbero dovuto scendere per avviarsi alla festa, e Ryuu aveva indossato per l'occasione una camicia blu elettrico a maniche corte, dei pantaloni lunghi neri e un paio di scarpe (sempre da ginnastica, come al solito) bianche e azzurre, ma rimase letteralmente senza parole quando vide uscire dal bagno Keiko con indosso un elegante yukata6099583540_0b49335a83_b blu notte con ricami acquatici più chiari e dei fermagli floreali dorati tra i capelli. Il ragazzo non l'aveva mai vista più bella di allora ed in quel momento era assolutamente deciso a fare di tutto per conquistare il suo cuore quella stessa sera.

    Per fortuna, una volta scesi in strada nonna Kazuko gli diede la straordinaria notizia che gli avrebbe dato il permesso di lasciarli andare da soli a divertirsi, mentre lei sarebbe andata a fare dei giri per conto proprio, così da lasciargli un po' più libertà solo per quella sera.
    Vedi di fare il bravo, Ryuu. Io vengo a sapere sempre tutto. Tutto! E ora andate, ci vediamo dopo.
    E detto questo, i due ragazzi non se lo fecero ripetere due volte, inoltrandosi tra la folla a tutta velocità, pieni di energie e di voglia di vedere quante più cose possibili nelle poche ore a loro disposizione. La vista era totalmente cambiata da quando la videro la prima volta, appena arrivati: le centinaia di lanterne colorate che volteggiavano sulle loro teste erano state tutte accese per illuminare le strade colme di persone proveniente da ogni dove, e la bancarelle erano tutte aperte con qualunque tipo di mercanzia, a cui i giovani kiriani non seppero resistere a precipitarsi.
    Cominciarono proprio da lì il loro giro, visitando ogni bancarella acquatica che incrociavano sul loro cammino e provando ogni genere di leccornia che colpiva i loro occhi.
     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Lei non prese affatto bene la dislocazione, fisicamente parlando. Apprezzò il tentativo, era evidente che ammirasse l'arte che avevo appreso, tuttavia il suo corpo – come poteva capitare per chi non era abituato – non poté sostenere bene lo sforzo di tenere tutto dentro. La vidi piegarsi in avanti, prostata dalla nausea, ed immediatamente mi chinai al suo fianco. Passai le mani su i suoi capelli per tenerli indietro e le tenni la fronte premurosamente.
    Ero dispiaciuto che la dislocazione avesse avuto questo spiacevole effetto su di lei, ma in effetti l'alternativa era una caduta da diversi metri d'altezza. Forse, per il pericolo scampato, quello poteva essere un prezzo ragionevole.
    Ci volle qualche minuto prima che lei si riprendesse. Anche dopo che l'attacco fu un ricordo rimase come prostrata per un po' prima di mettersi a sedere. Era evidentemente imbarazzata, nella penombra potevo quasi vedere il suo rossore illuminarne i bei lineamenti.
    Stai meglio? chiesi, tenendo le mani unite. Lei parve poi, solo a quel punto, ricordare ciò che avevo detto. E la sua rivelazione – che potevo prendere come sincera – mi lasciò scosso, nel profondo. Non aveva mai recitato?
    Rimasi in silenzio, quasi religioso, ascoltando le sue parole. Ascoltando quelle parole che io avevo voluto sentire e rendendomi conto che lei era davvero sincera in quella farsa.
    Perché non poteva mentire. Perché suo padre, altrimenti, l'avrebbe scoperta. Anche i miei genitori erano mercanti, di una razza ben più infame rispetto alla nobile casata di Shizuka. Anche io non potevo mentire davanti a mio padre: mi avrebbe certamente scoperto. Potevo cercare di raggirarlo con atteggiamenti indiretti che gli venivano riferiti, tuttavia come avevo già avuto modo di pensare, non avevo mai recitato.
    Forse la mia recita era un'altra. Un errore dovuto al fatto di sapere che quella fosse davvero una maledetta farsa. Sono un idiota. Dissi con la naturalezza di chi dice ciò che aveva mangiato a pranzo.
    Non ho mai voluto erigere muri, Shizuka... io non avrei mai immaginato che tu avessi deciso di agire così. Così come tu forse non puoi sapere che è lo stesso per me. Risi appena, pensando alla situazione. Non sapevo quali erano i confini che volevo superare perché sinceramente volessi farlo e quelli dietro i quali dovevo nascondermi per far apparire convincente la situazione. Sono stato un idiota a non rendermi conto che coincidevano. Ma come te, non ho mai finto. Non me ne hai dato modo. Al massimo sono stato troppo cauto per non recarti offesa.
    Allungai piano una mano, sfiorandole una ciocca di capelli castani con la punta dell'indice, per poi accarezzarla dolcemente tra l'indice ed il pollice. Sorrisi in maniera dolce, dunque con le stesse dita sfiorai appena la sua guancia in un gesto affettuoso e per niente invadente. Niente più muri. Promesso.
    Ed a quel punto, senza potermi più trattenere oltre, complice il fatto che fossimo finalmente lontani dagli occhi di Ritsuko, Baiko, Toshiro e tutto il resto del suo albero genealogico le diedi un bacio, tenero e breve, sulla fronte. Ero certo che in quel momento, Ritsuko, ovunque fosse, sarebbe stata colta da un improvviso istinto omicida apparentemente ingiustificato.



    Ora, tornando alla scimmia, Shizuka non la prese per niente bene l'essere palpeggiata. Così come non prese bene il fatto che l'avessi lasciata andare. Un'espressione di puro terrore nacque sul mio viso vedendo la sua alquanto esagerata reazione, e non riuscii a trovare alcuna differenza tra lei ed Heiko.
    Quanto mi sentii solidale con Toshiro in quel momento! Era un'autentica furia. Qualcosa di inimmaginabile, mi terrorizzava. Shizuka... calmati... è una scimmia con qualche problema... Parole al vento. La sua guerra era iniziata ed io avrei dovuto combatterla al suo fianco.
    Altrimenti sarebbe finita molto. Molto. Molto. Male.
    I suoi occhi me lo dicevano, dandomi conferma delle sue intenzioni nocive. Ok, allora, andiamo ad impagliar primati! Esclamai, come se fosse la cosa più giusta da fare. Certo, dall'infuriato punto di vista della nobile Kobayashi era certamente così. Non ero certo che fosse così anche per me.
    Erano scimmie e quella che avevano incontrato aveva ovviamente un qualche problema. Forse era ubriaca, o peggio, comunque avevamo visto chiaramente entrambi che il primate aveva con se una boccetta vuota. Solo i Kami potevano sapere cosa fosse accaduto. Tuttavia dinanzi a tale furia distruttrice che potevo fare se non obbedire mestamente?


    Così dopo cinque minuti eravamo sotto l'Arco dell'Inizio e Shizuka aveva spaventato tutti. Uomini, donne e bambini che restavano a distanza di sicurezza da quella donna così bella eppure così pericolosa. Io zampettavo malamente al suo fianco, senza tentare di calmarla, certo che qualsiasi tentativo si sarebbe potuto risolvere con la mia morte imminente. Solo dopo un po' raccolsi abbastanza coraggio da dire una parola.
    Ehm... Shizuka... stai spaventando i bambini... Di fatti un gruppetto di tre bambinetti di circa otto anni era scappato quasi piangendo quando la furia distruttrice di Shizuka si era prospettata davanti loro con una occhiata a dir poco incenerente.
    Mentre dicevo quella cosa un rumore attirò la mia attenzione. Rapidi passi provenienti dall'alto. Dall'alto? Rapidamente alzai lo sguardo e vidi non una, ma ben sei scimmie capeggiate dalla stessa screanzata che aveva usato il seno di Shizuka come appiglio. Il “capo” urlò qualcosa e le altre risero. Cosa si stessero dicendo era per me un mistero ma a dirla tutta anelavo davvero a saperlo.
    EHI TU! indicai la scimmia con l'ampolla in mano. VIENI SUBITO QUI! urlai, ma dentro di me pensavo “fuggi, sciocca!”
    La scimmia mi fece una sonora pernacchia in risposta, dopodiché si voltò mostrando insieme alle sue compagne le sue rosee natiche al mondo. Molti risero, ma ero certa che Shizuka avrebbe potuto reagire molto male a quella situazione.
    ... Vuole morire male... Dissi in un sussurro, deglutendo. Allungai una mano alle mie spalle, cercando un braccio di Shizuka, toccandolo con la punta delle dita. Ehi, qui temo che la situazione peggiorerà presto... dici che è una mia impressione o quella si è portata i rinforzi? Ah, il trucchetto di prima, vorrei tenerlo segreto per un po'. Sussurrai. Oltre a Shizuka nessun altro al mondo conosceva il mio talento.
    L'avevo tenuto nascosto a lungo proprio per poterlo usare come attacco a sorpresa in caso di necessità. Nemmeno Raizen poteva immaginare ciò! Cosa stanno...
    Tre scimmie, delle quali nessuna era quella che stavamo cacciando, saltarono dal tetto e si arrampicarono sull'Arco con estrema rapidità. Agili come solo delle scimmie potevano esserlo raggiunsero la sommità dell'arco e lì fecero qualcosa che inizialmente non compresi. Vidi alcune cose cadere, una specie di informe massa marrone.
    Cos... Misi un braccio attorno alle spalle di Shizuka, spostandola da lì mentre una poltiglia melmosa cadeva in terra. Sarebbe proprio caduto su di lei! Sulle prime sospettai che fossero escrementi, ma mi resi conto che per fortuna non erano arrivate a tento.
    Era fango.
    ... Ok è ufficiale, ce l'hanno con te. Via di qui! Presi per mano Shizuka e la tirai via dall'arco mentre le altre tre scimmie si affiancavano a noi, seguendoci rapidamente di tetto in tetto. Vieni! Improvvisamente girai in un vicolo scarsamente affollato e lì saltai immediatamente sul tetto (dopo aver lasciato la mano di Shizuka). A quel punto tracciai un sigillo proprio dov'ero atterrato e raggiunsi le scimmie che nel mentre si erano voltate a guardarmi.
    Voi...
    Ora vi starete chiedendo perché Masaki Kurogane si stava infuriando.


    Semplicemente era giunto alla conclusione che quella scimmia aveva trasformato Shizuka in un Oni Sanguinario proprio nel momento che aveva atteso da settimane! Le scimmie iniziarono a roteare su loro stesse, incuranti delle mie minacce. Voi me la pagherete. Dissi a denti stretti, quasi in un sussurro. Me la pagherete molto cara... avete rovinato... grrr.
    Scattai, rapido come il vento, proprio sull'impudica scimmia che tuttavia era già caduta nuovamente per strada. Così, senza lasciarmi sfuggire l'occasione ne afferrai un'altra che continuava a girare su se stesso, stringendola per le braccia saldamente. AH! Un ostaggio! Dissi, mentre la prima scimmia mi guardava dal basso verso l'alto senza apparentemente capire. Allora bestia malnata, vieni qui? Devi espiare il peccato di aver toccato la MIA fidanzata!


    Ed ecco lì.


    I più potenti Principi mercanti del Paese del Fuoco alle prese con tre scimmie. Una delle quali tenuta in ostaggio. La reputazione dei Kurogane era in pessime mani.
    Per fortuna che quelle stesse mani volevano distruggerli.

     
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    Ormai la situazione era completamente andata fuori controllo, attorno al rosso si era formato un ammasso di persone che lo guardavano stranite mentre cercava di coprire i gioielli di famiglia con il vassoio e le bevande che stava portando al tavolo. Tutti i suoi spergiuri non erano serviti a far tornare indietro le scimmie che invece si erano appollaiate sopra al bancone con l’accappatoio a ridersela di gusto. Come se non bastasse uno strano individuo gli si era avvicinato tirando fuori un tamburo dalle mutande per poi cominciare a tamburellare seguendo una strana danza tribale -Ehi vecchio ma che diavolo fai?!..- il rosso stava cercando di fermare quel pazzo che non stava facendo altro che attirare sempre più l’attenzione verso il Chikuma -..smettila di prego!.. non vedi che ci guardano tutti..- il rosso stava parlando a denti stretti senza nemmeno accorgersi che il suo piede sinistro già stava pestando a terra in sintonia con il ritmo del tamburo -Oooh cavolo!.. Nakora mi uccide.. questa volta mi uccide..- era incredibile come quel ritmo riuscisse a coinvolgere le persone.


    Senza nemmeno accorgersene il Chikuma si era messo ad inseguire il vecchio a ritmo di tamburo mimando le sue stesse movenze in una danza alquanto macabra anche se divertente a vedersi -FORZA GENTE!!!.. TUTTI INSIEME!!!.. SU LE MANIIIII…ehm.. COME I GABBIANIIII!!!- come al solito il rosso stava cercando di girare la situazione al meglio, come diceva sempre a se stesso nei momenti difficili “Non esistono mai problemi.. solo opportunità!” bella quella situazione poteva essere una di quelle opportunità.


    -FORZA VECCHIO!!!.. DACCI DENTRO CON QUEL TAMBURELLO!!!.. PUT YOUR HANDS UP!!!- il rosso aveva pure tentato di battere le mani lasciando per un istante il vassoio a mezz’aria, per fortuna era dotato di riflessi e velocità sovraumani. In pochi minuti anche altre persone più stordite che altro si erano messe a ballare con loro, pure le tre scimmie di merda che lo avevano lasciato nudo. Ormai nessuno stava facendo più caso alle sue nudità e anzi anche altri si erano permessi di togliere la maglietta anche se nessuna ragazza aveva ancora osato il topless -.. cavolo amico ci sai fare con quel tamburello!.. senti credi di poter aumentare il ritmo?!.. queste più si scaldano più si spogliano!!!- il rosso si era avvicinato all’orecchio del vecchio continuando a ballare per cercare di non farsi sentire. Non aveva la più pallida idea di chi fosse quel tizio, ma gli stava simpatico a pelle. Magari era un fottuto Kijin mandato li per fare una strage, ma poco importava fino a quando era senza mutande. Una disgrazia si era così trasformata in un momento di gioia collettivo.


    Era forse quella ciò che chiamavano ”La Magia del natale?! ”.



    OT/SU LE MANIIIIII!!! COME I GABBIANIIII!!!! :riot: :riot: :riot:
     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Shi-e-en

    II



    Ayame, quando uscì dai capannoni del gioco era alquanto soddisfatta. Ghignava quasi divertita mentre l'enigmatico cartiere del Kokun no Tou scuoteva il capo quasi disperato. L'aveva spennato. Stanca, aveva deciso di puntare tutto ciò che aveva ancora dei gettoni che le avevo dato e che era riuscita a portare a poco più di seimila e quando una coppia di sette aveva fatto capolino immediatamente aveva chiuso il gioco e portato a casa una vincita più che notevole. Con tutto ciò che aveva vinto decise di prender soldi più che oggetti e quando tornò per consegnarmeli si trovò davanti ad una scena alquanto imbarazzante.
    Hoshikuzu ballava, nudo, assieme ad un tizio vestito in maniera tribale, altra gente e tre scimmie. Yogan era fortunatamente atterrata e stringeva tra le braccia Nana mentre Jukyu era in braccio a me.
    Entrambi avevamo messo una mano sugli occhi delle bambine e ci stavamo allontanando rapidamente verso Ayame la quale, perplessa, fissava la scena.
    Ma cosa... perché Hoshikuzu è... nudo?mi chiese Perché c'è un tizio conciato strano che suona il tamburello? continuò E Jukyu e Nana hanno visto qualcosa?
    Una scimmia ha rubato l'accappatoio ad Hoshi, che non portava il costume sotto. Poi, io ho coperto gli occhi di Jukyu ma Yogan non è stata così veloce con Nana... vero, Yogan? lanciai uno sguardo alla dragonessa, di sbieco.
    Lei fece finta di nulla, non comprendendo ancora il motivo della critica.
    Non capisco perché coprire gli occhi alle bambine. Non mi sembra che ci sia qualcosa che possa farle male. lei, del resto, non aveva il senso del pudore umano. I vestiti erano orpelli alla sua forma umana che indossava per confondersi tra le persone. Se non li avesse avuti per lei non avrebbe fatto alcuna differenza.
    ... Yogan... il tono di Ayame era candido. Motivo per cui, sia io che il drago sentimmo un brivido freddo lungo la schiena. La giovane donna allungò le mani e prese Nana dalle braccia di Yogan che però semplicemente rideva per la scena.
    Ahah mamma, dovevi vedere quello con i capelli rossi, aveva un vassoio in mano e poi puff! Una scimmia gli aveva rubato il vestito ahaha. Fortunatamente la bambina sembrava più divertita che preoccupata. Yogan a quel punto, sapendo d'esser salva, si allontanò avvicinandosi a Kigeki.
    Si chinò su di lui e lo prese tra le mani, troppo veloce affinché il piccolo potesse allontanarsi.
    Tu, palla di pelo. Yogan lo annusò attentamente. La smetti di pensare che voglia mangiarti? Dai su, non mangio chi sa parlare. Dunque lo rimise a terra, dandogli una pacca leggera sulla piccola testa. Dai su, perché non vai dalle bambine lì? Non avere paura. Yogan era sincera. Certo, godeva nell'essere spaventosa, ma quella bestiola era così piccola che provava vergogna del fatto che lui fosse così spaventato da lei.
    Se Kigeki si fosse avvicinato avrei lasciato Jukyu con lui così come Nana e con Ayame mi sarei avvicinato alla scena mentre Yogan tornava dalle bambine. Provava per loro un affetto quasi fraterno. Forse perché erano le mie figlie e lei comprendeva i miei sentimenti quasi fino ad esserne toccata. Le bambine, del resto, ricambiavano quell'affetto. Erano passati i giorni in cui temevano la vera forma della dragonessa e quando avevano scoperto che ora poteva essere grande quanto loro e dunque passare molto più tempo in casa ne erano rimaste felici. Ormai Yogan era “Yogan-nee-chan” per loro.
    Un appellativo decisamente poco adatto ad un drago in grado di incenerire qualsiasi cosa gli si parasse di fronte.
    Afferrai la scimmia con l'accappatoio di Hoshi e lo afferrai, avvicinandomi dunque a Nakora... sempre se non si fosse unita alle danze sfrenate. Nakora potresti ridarlo ad Hoshi appena finisce le danze? dissi allora Dunque, vivete insieme? Credo che la storia sarebbe davvero interessante, trattandosi di Hoshi. Non me l'aspettavo. Comunque, no, come puoi vedere ho portato tutta la truppa con me.
    Itai? Ayame si riavvicinò a me. Passò un braccio attorno al mio, cercando di non ridere per ciò che vedeva.
    Lei è mia moglie, Ayame. Poi quelle due bambine identiche che giocano con Kigeki sono le mie figlie. Quella coi capelli rossi invece è un drago. Non farti ingannare dalle apparenze, è solo la sua rompiscatole forma umana. Glie ne dici sempre di tutti i coli, povera Yogan. Nakora, molto piacere. Disse Ayame, presentandosi in maniera del tutto informale. Ah amore, ho vinto un bel gruzzolo. EH? Dissi mentre Ayame mi mostrava due rotoli di banconote sonanti.
    Il banco non vince sempre a quanto pare. E mi diede un bacio sulla guancia.
    Purtroppo per me... non senti... eh? FEBH? Il terrore mi prese mentre vidi l'uragano otese abbattersi con un'espressione orrifica in volto. Non avevo notato il pollo.
    Ma l'otese era già scomparso. Ayame si era aggrappata al mio braccio, alquanto atterrita.
    Dimmi che non si scatena ora. ... Non posso assicurartelo.
     
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    I rituali di purificazione erano stati tutti portati a termine ed ormai ero pronto al gioco, carico come non mai di fiducia e di amuleti scaccia guai che tenevo appesi tramite un robusto cerchio di ferro alla vita.
    Il viaggio era stato abbastanza rapido e tutto sommato tranquillo, vi dirò la mia fortuna era cominciata a girare già a pochi chilometri dall'ingresso quando una vecchietta mi aveva ceduto per un'inezia tutti i porta fortuna che stavo portando addosso in quel momento:
    zampe di coniglio, talismani con incise preghiere e altri oggettini che sarebbero serviti al solo scopo di sbancare quel posto.

    Appena arrivato in città raggiunsi l'ufficio che distribuiva i crediti per i giochi, anche se il mio entusiasmo fu trattenuto dalla fila più lunga che io avessi mai visto.
    “Ma porca miseria, passerò una giornata intera quaggiù”
    Avevo bisogno di un piano per poter superare la fila senza essere notato, cominciai ad incamminarmi verso la cima, rimanendone ad una distanza di 10 metri e quando fui abbastanza vicino allo sportello cominciai a guardare la fila, avevo bisogno di uno di quei classici personaggi irascibili e facili alle mani e lì non mancavano, i soldi attirano chiunque.

    Il mio pollo era un omone alto e dall'espressione infastidita, saettava lo sguardo sulla gente della fila borbottando.
    Che vergogna, un'organizzazione orribile...
    “Perfetto”
    Da un'analisi del suo chakra potei constatare che non era un grande ninja, a dire il vero nessuno in quella fila lo pareva, attuai quindi il mio piano per raggirarli.
    Utilizzai la tecnica della telecinesi mentre mi avvicinavo al gruppetto del “pollo”, una volta che fui a circa 5 metri presi un sasso da terra e lo lanciai verso di lui, centrandolo in pieno.
    AHIA, CHI HA FIRMATO LA SUA CONDANNA A MORTE?
    Quindi applicai l'occultamento e appena divenuto invisibile mi avvicinai a lui, che stava ancora cercando un colpevole, non troppo, ma abbastanza perchè potesse sentirmi.
    Hai visto quello sfigato, come si è fatto prendere per il culo?
    Quello esplose subito, cominciando a spintonare altra gente e a menar le mani nella mia direzione, più che altro nella mia generica direzione.
    Approfittai della confusione che si creò per entrare direttamente nella fila senza essere notato.

    […]


    Raccolti i gettoni mi incamminai verso le sale da gioco, pronto a giocare al Kokun No To.
    “OOOH, sho cambierà idea sulla fortuna”
     
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    Notti Piccanti





    Fu il secco tocco di quattro dita su altrettante corde a risvegliarlo, con lo sgradevole suono quasi metallico tipico delle onde sonore che si riflettevano sulla cassa armonica di una chitarra vecchia e scordata, probabilmente dallo scarso talento del musicista.

    Raizen! Que as fatto della tu vida?

    Un imponente figura si stagliò contro la torrida luce proveniente da una piccola finestrella in legno, interrompendo la trama irregolare di un intonaco dato da grasse cazzuolate. Poteva distinguerne solo i contorni e pareva avesse sulla testa un copricapo a dir poco ingombrante, decisamente poco ninja.
    Una voce lievemente rauca, lievemente soffocata da un collare di ciccia che macchiava di untume un candido colletto.

    E tu… tu chi cazzo sei?

    La domanda più naturale e sentita da dieci anni a quella parte portò la luce a calare dietro la figura, quasi a comando, rivelando ciò che la silouette nascondeva: ricami rossi e dorati di una finezza disarmante, in un numero così elevato da essere pacchiani, e svariate sferette che penzolavano da un copricapo ridicolmente ampio che inclinato com’era copriva ancora il volto dell’uomo.

    Soi el tuo senso de colpa!
    La vida che hai dimenticato!


    Una scrosciata, quasi un rullo di tamburi prodotto esclusivamente con le bacchette che battevano sul legno diede spessore a quella rivelazione mentre l’uomo si mostrava, aprendo le mani e mostrando lo strumento che aveva prodotto quel suono: due coppette di legno.

    Soi RAINEZ!

    Raizen sgranò gli occhi spalancando la bocca.

    Dei ingrati e scopa asini!

    Si levò dal letto in un turbinio di coperte, iniziando a pensare che probabilmente questa volta aveva davvero esagerato col piccante.
    Intanto ora era in grado di vedere che la ridicolaggine di quell’uomo non si fermava esclusivamente ai particolari notati nel primo momento, portava indosso un poncho logoro che non riusciva a coprire un ventre fin troppo imponente per un uomo di quell’età, pantaloni aderenti a tre quarti fermati da una fascia rossa, infradito e…

    È un incubo!

    Due grossi baffi incorniciavano le labbra di un volto paffuto e cicciottello ma che condivideva inconfondibilmente più di un lineamento con Raizen, seppur ammorbidito da chissà quali cibarie.

    Soi te!

    La rivelazione sconvolse Raizen a tal punto che il mancamento lo fece ricadere nel letto come un sacco di patate.

    Ma col cazzo brutta palla di merda unticcia!
    Tu sei almeno DUE me, se contiamo il grasso che ti scola di dosso pure tre!
    E dei ingrati non farmi pensare al puzzo che potrebbero emettere!


    Si, perché una folta peluria non impediva comunque all’uomo di avere quella pelle lucida propria del grasso cutaneo.

    No! Raizen, no!
    Escuchame!


    Si avvicinò saltellante, felice e soddisfatto della missione caritatevole di cui si era fatto carico in totale autonomia, cercando di prendere il volto di Raizen con la mancina, mentre la destrorsa tendeva l’indice puntandoglielo tra gli occhi.
    Fu addirittura in grado di fare qualche clone per un improvvisata strimpellata incalzante che dava all’azione una ridicola ed immotivata tensione.

    Tu sei insoddisfatto piccola tortilla indifesa!
    Riprenditi la tu vida, i tuoi vizzi, la tua PASSION!
    Sei mas dolce di una torta ai tre latti, un tempo eri piccante come un Jalapeño!
    Svegliati, presto! Ai! Ai! AIIIIIIIIIIII!


    Cadde rovinosamente dal letto, risvegliato da quelle grida… pittoresche.

    Porco mondo.
    Devo mangiare più leggero la notte.


    Il suo sguardo esitò sul manifesto della festa di fine anno.

    E ACCIDENTI DEVO ANDARE A DIVERTIRMI.

    Partì senza esitazione, con lo sguardo del peggior dipendente da gioco d’azzardo.





    La Festa del Nuovo Anno





    Il viaggio non durò troppo, le gambe dell’Hokage erano rapide dopotutto, e la solitudine lo faceva marciare di buona lena.

    Si, si, tanta fortuna e buon anno.
    Dammi le MIE monete.


    Battè sul banco con l’indice abbastanza forte da far vibrare il ripiano, con lo sguardo di chi non aveva nemmeno un minuto da perdere, lo stesso sguardo che gli permise di individuare in poco tempo il miglior padiglione per giocare ai dadi presente nella zona.

    Coraggio Raizen, lanzadi!

    Ma aveva ancora una parte di cervello attiva e funzionante che gli permise di osservare il gioco degli altri azzardati, facendogli comprendere che la cerchia più sicura sulla quale puntare erano gli intervalli di somme e che queste risultavano essere più frequentemente comprese tra 7 e 14, con qualche sporadica eccezione.
    Iniziò con puntate basse per testare la sua deduzione, ma non essendo un giocatore professionista, per quanto sagace, gli capitava di farsi prendere la mano ed abbandonarsi alla prudenza o al rischio, ritrovandosi dopo fin troppe mani ad avere un gruzzolo praticamente identico a quello datogli in prestito.

    Conosco i dadi.

    Affermò con una certa sicurezza dopo un numero di mani di cui aveva perso il conto, arrivando a puntare fino a duemila monete, per poi recuperarle con piccole puntate sui quadranti ad intervallo.
    Ripristinato il gruzzolo iniziale gli bastarono due puntate mirate, ma comunque volute dalla fortuna, per avere soldi a sufficienza da reputarsi soddisfatto.

    E vaffanculo.

    Qualche avventore si voltò verso di lui con un’ occhiata bieca, ma di fatto non mandava nessuno allo sgradevole paese, forse Rainez, ma nessuno di loro poteva conoscerlo.

    Entiendo lo spirito della juventude in te, Raizen!
    Arde potente nel tuo corazon!


    Rabbrividì nuovamente, allontanandosi dal tavolo con le tasche decisamente più pesanti, seppur l’assenza di vizi gli impedì di continuare ad applicare la sua strategia, dopotutto, doveva solamente dimostrarsi di essere ancora in carreggiata.

    E CAZZO SE LO SONO.

    Affermò con convinzione al nulla più totale. Un uomo solo tra la folla, ma fin troppo grosso perché qualcuno potesse dargli di “picchiatello”.
    Non volendo trasportare l’ingombrante sacco di monetame fece subito cambiare il tutto in una più pratica cambiale[Segnalo l’avvenuta acquisizione della competenza ryo] che avrebbe riscosso a tempo debito.
    Stava quasi per prendere la strada verso Konoha quando il ricordo del panzone lo assalì nuovamente.

    A letto con las gallinas Raizen?
    E domattina colazione al molino?
    Tu e quel pervertido mangia croissant?
    Rilascia el fuego!


    Uno sguardo di rimprovero che pretendeva che quella fosse una lunga notte.
    Fu un lungo gioco di sguardi che nessuno potè percepire, ma il Colosso, quello in linea, cedette, non gli restava che abbordare qualche fortunato per un piccolo prestito, e pareva che li attorno qualche debitore ci fosse.
    Il Mizukage, e consorte ovviamente.
    Quella donna orribilmente c…

    Carissima Ayame!
    Vedo che il gioco ti sorride e non poco!
    È la seconda volta che ti vedo tra i tavoli e per la seconda volta stai a sbancarli!


    El fuego!
    EL FUEGO!
    Deve sentirlo!


    Scosse lievemente la testa mentre il suo istinto veniva rimesso a catena.

    È sposato, lardoso… lardoso ciccione.
    Non so di dove sei, ma sicuro colesterololandia ti farebbe sindaco.


    Io sono stato messo in ginocchio, di nuovo.
    Oh! Itai!
    Al contrario del mizukage a cui il destino pare aver dato fortuna in amore e mediante essa pure ai tavoli da gioco.


    Sorrise bonario.
    Quello era il momento di far valere qualche Piccolo debito che il kiriano ancora aveva.

    Ti sei ripreso poi dopo tutti gli ultimi strapazzi?

    Una domanda retorica, scontata, ma uno sguardo malizioso, malavitoso: quello dello strozzino.
    La vita aveva un prezzo abbastanza elevato dopotutto, no?
    E Itai non aveva ancora saldato NESSUN debito.

    AIIIIII CARRRRRRAMBA CHE STOCCATA MI SENOOOOOOOOOOR!!!!

    Una ridicola musichetta gli invase il cervello, molte trombe e campane, il lardoso si agitava agitando delle maracas coloratissime, strumento sconosciuto al Colosso, ma pareva avesse messo delle cicale al loro interno.
    Qualcosa nel suo cervello stava marcendo, e lo faceva ad un ritmo fin troppo elevato.




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    Rainez
     
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