La Neve sporca di Sangue

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  1. -Hidan
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    La Neve Sporca di Sangue

    XII


    Il nemico cadde, senza bisogno del mio intervento.
    A dire il vero le mie gesta bastarono almeno a salvare il mistico shinobi mascherato di Kiri da fine certa, riducendomi a poco più che uno spaventapasseri ambulante.
    E' finita... Esclamai, non senza un po' di sollievo, quando vidi definitivamente fioccare sangue dal collo del biondo spadaccino. Lo strano urlo del bianco topo volante aveva riaperto ferite che l'Enma credeva chiuse, sconfiggendolo definitivamente.
    Probabilmente sarebbero bastati pochi altri istanti affinché il nostro numero lo avrebbe condotto alla totale disfatta, ma l'importante era chiudere la questione una volta per tutte.
    La lama di ghiaccio si frantumò nella mia mano, mentre le enormi fatiche di quei giorni, con lo scendere dell'adrenalina, si manifestavano nella mia mentre oltre che nel mio corpo. Sono veramente... Stanco... Riuscii ad esclamare, mentre mi avvicinavo allo sciamano. Mi devi un favore. Un altro favore, Sanjuro... Toccai la sua bianca spalla, per passare poi a Keiji. Devo essere sincero: mi hai fatto preoccupare. Credevo fosse qualche strano jutsu il tuo... Ed invece... Stavi combattendo veramente con una lisca di pesce. Sei fantastico. Però, ben fatto. Adesso direi che dobbiamo andarcene... Prima che arrivi il maestro di questo tizio. Lì si che sarebbero grossi guai per tutti noi. Avevo affrontato Kazuhiro solo poche ore prima, e sapevo bene che neanche in 5 contro 1 avremmo avuto la minima speranza di sconfiggere quell'uomo.
    Guardai poi entrambi i miei due compagni kiriani. Ma... Sollevai l'indice destro. Voi che cavolo ci fate qui? E quella domanda era stranamente molto seria per Akira.
    D'altronde era lui l'uomo nudo in un'isola ghiacciata, con una strana e misteriosa malattia che lo stava consumando dall'interno. Ma tutto quello non aveva importanza.
    Smettetela di farmi perdere la concentrazione! Avrei esclamato, leggermente alterato. Io sto morendo. Direi che dobbiamo fare qualcosa... A riguardo... N.. no...? E, proprio su quell'ultima parola, il mondo si fece più oscuro ed il corpo estremamente più debole, mentre debolmente mi lasciavo andare verso il terreno e le enormi zampe di Kimun Kamui.

    [...]

    M... Meika? Sibilai, quando ripresi coscienza. Ero all'interno di una piccola capanna di legno, come quella che mi aveva ospitato il giorno prima, all'inizio della mia avventura.
    Sanjuro, Ipokash, Keiji, Kimun, Munkeke e perfino la pantegana volante erano attorno a me, a discutere.
    Ma le loro voci arrivavano come flebili echi alle mie orecchie.
    Non sentivo più la maggior parte del mio corpo. Il sangue sembrava non circolare, i muscoli e le ossa erano come trafitti da milioni di minuscoli aghi di ghiaccio che si muovevano attraverso di loro. Gli occhi, offuscati, non riuscivano a focalizzare in maniera distinta le figure attorno a me per più di qualche secondo, lasciando spazio poi ad altre immagini. Ricordi o pensieri. Non ero in grado di dirlo.
    Ero dapprima a Kiri, nella casa dei miei genitori, a giocare da solo nel prato che dava sulla casa di Ryo.
    Poi mi trovavo a Suna, o a Tsuya, a combattere contro i Kijin.
    Solo un istante mi ritrovai a danzare insieme ai miei fantastici pony colorati parlanti, con l'enorme isola vulcano che da lontano ci sorrideva mentre una dolce e tenera canzone caraibica accompagnava i nostri allegri balli in sottofondo.
    Ancora ero di nuovo nel freddo, a Genosha, nella grotta dove per la prima volta dormii insieme a Meika.
    Meika... Morire per l'errore di uno stupido sciamano.
    Nella mia vita credevo che sarebbe bastato Sanjuro come personaggio mistico, ed invece mi sbagliavo.
    I coglioni vanno sempre in coppia.
    Sanjuro... Porta il mio corpo a Kiri... Tu sai cosa dovrai dire a Meika... Prenditi cura di... Prenditi cura di lei... In realtà non aveva la più pallida idea Sanjuro di cosa dire a Meika, ma il Freddo era orma troppo diffuso nella mia mente. Affidare le mie ultime volontà ad un vecchio pazzo: fatto.
    Riaprii gli occhi solo per notare Keiji vicino a me, con uno strano pezzo d'osso in mano. Non avevo ben compreso le sue parole, ma con fatica mossi la mia mano fino ad afferrare la sua. Un giorno avrai anche te una spada tutta tua... Ne sono sicuro... La lama sarà luccicante... E non avrà la punta arrotondata... Strinsi con le poche forze che mi restavano la sua mano. Amico mio... Lasciai il suo corpo, richiudendo gli occhi.
    Non sarei mai arrivato in tempo vivo da nessuna parte.
    Niente e nessuno poteva salvarmi.
    Meika... Lei c'era sempre. C'era sempre stata, ogni volta che io mi buttavo a capofitto contro un pericolo molto più grande di me, lei era lì. Pronta a curarmi. Ma adesso era lontana, e non poteva salvarmi.
    E non avrei potuto guardare i suoi profondi e bui occhi scuri.
    O sfiorare il suo viso, accompagnando i suoi capelli dietro l'orecchio.
    O baciare le sue labbra.
    Meika...
    Fu allora che, nell'oscurità del freddo più glaciale, il suo viso apparve nella mia mente. Era un sogno, un'allucinazione, ne ero cosciente.
    Ma era sicuramente il modo migliore di lasciare quel mondo.
    In mezzo a tanto dolore e freddo, tutti mi avrebbero visto sorridere.
    Essere felici davanti alla morte.

    Quando sentii il tocco delle sue morbide labbra sulle mie, fu un attimo.
    Un attimo prima di partire di lingua pesante.

    rossana


     
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60 replies since 9/3/2016, 01:11   1792 views
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