[Gioco] Gli Ostacoli del Fato

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  1. leopolis
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    "Pensieri"
    «Dialoghi»



    «Uccidere?!» – chiesi con un espressione di disappunto mentre ascoltavo quel dannato monologo del proprietario del Casinò: un'altra questione di soldi. - «Una persona innocente?!» – le mie sopracciglia non facevano presagire nulla di buono considerando che non potevo proprio permettermi di uccidere una persona innocente, l'unica colpa della quale era quella di vincere costantemente ai giochi d'azzardo. Certo, un po' potevo essere invidioso di tutta quella fortuna, ma addirittura uccidere... Beh, quello no. Il mio disappunto verso questa decisione dell'Accademia era manifestato anche dal fatto che l'Accademia stessa in questo modo non si mostrava per niente migliore rispetto a tutto ciò che riguardava i Cremisi: entrambe, difatti, sembravano non farsi scrupoli nell'ammazzare degli innocenti. Entrambi sembravano fondarsi troppo sul denaro: bastava pagargli per togliere una vita? Era solo una questione di prezzo? Di soldi? D'altro canto, gli ordini erano pur sempre ordini e andavano rispettati anche se non avevo la benché minima voglia di uccidere persone che, invece, avrei voluto far vivere. Il mio disappunto era tale che se qualcuno fosse stato in grado di percepirlo, probabilmente si sarebbe spaventato. Questo perché non potevo proprio fare qualcosa del genere. In ogni caso, a parte quelle due espressioni non dissi nulla durante il monologo comprendendo che sarei stato quello che sarebbe andato controcorrente... magari provando a salvare il tizio invece di ucciderlo. Anche perché, diamine, non credevo proprio che ucciderlo potesse essere difficile... La fortuna, difatti, semplicemente non esisteva: era una scusa inventata da quelli incapaci per giustificare le proprie sconfitte.
    Come richiesto da Kato, mi tolsi i simboli Oto pronto ad agire (o meglio: a non agire) in modo completamente anonimo. Questo, però, non avrebbe salvato i miei due compagni di missione, Kato e Shin, dalla predica sull'immoralità che avrei iniziato a mandare avanti non appena usciti dalla porta. Sarebbe stata una di quelle tiritere abbastanza lunghe e forse noiose, svolte dalla voce di chi non riusciva proprio ad accettare che un innocente venisse ucciso per soldi dalle mani di colui che, invece, non poteva dichiararsi come innocente: era il trionfo dell'ingiustizia totale, un qualcosa che non potevo proprio accettare e permettere. - «Io oggi non uccido nessuno,» – dissi ai due compagni. - «Tanto meno per soldi. E' incredibile che accettiate di fare una cosa del genere solo per guadagnare due ryo o perché ve lo dice un riccone sfigato, dai...» – In effetti non riuscivo a capire cosa, perché e come: tutta quella situazione sembrava aver un non so che di assurdo che non potevo spiegarmi, anche se ciò che mi colpiva era che l'Accademia aveva infine accettato un'ingiustizia del genere: sicuramente un'altra cosa su cui discutere con qualcuno di elevato rango nell'Accademia, tipo Febh Yakushi. Nel mentre continuavo il mio monologo sul fatto che stavamo diventano degli strumenti dell'Ingiustizia, Kato richiamò un corvo dandogli l'aspetto di una bella donna. - «Uhu,» – dissi scettico, - «Quindi è così che vuoi fregare la fortuna,» – la rabbia ribolliva in me soprattutto perché non riuscivo il motivo per cui proprio Io ero stato chiamato dall'Accademia a fare un atto di quel genere. La buona notizia era che potevo semplicemente starmene in disparte e lasciare che fossero Kato e Shin a macchiarsi le mani con il sangue degli innocenti... ma se così fosse successo, se avessi davvero assunto una posizione caratterizzata dalla passività, avrei potuto mai ammettere di essere una persona fondamentalmente "buona"? Coloro che assistevano alle ingiustizie perpetrate dai forti ai danni dei deboli innocenti potevano davvero definirsi "buoni"? Che domanda retorica. - «Vi chiedo di non ucciderlo,» – continuai a parlare mentre andavamo verso la città in cui abitava il signore fortunato. - «Possiamo in qualche modo fregare il proprietario del casinò e salvare una vita innocente! Non volete mica macchiare le vostre mani con il sangue degli innocenti per un pugno di ryo, vero?» – In ogni caso, quando Kato propose di andare verso la casa del signore. L'edificio in cui quel tizio viveva non sembrava passarsela affatto bene. Difatti stava bruciando e l'obiettivo della nostra, - o meglio, della "loro", - missione era a cercare aiuto gridando fuori dalla sua finestra.
    «Ti aspetto qui,» - dissi a Kato ragionando sulla questione relativa al giusto e al sbagliato di quello che stavamo facendo, ancora per niente convinto della cosa. Rimasi fuori dalla sua abitazione, con le mani in mano, ad attendere degli ulteriori sviluppi.





    Edited by leopolis - 13/11/2019, 13:50
     
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