Al Tempio della Nebbia - La Settima Riunione di Kiri

Amministrativo

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  1. -Meika
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    La Settima Riunione di Kiri - I

    Cosa si provava ad essere più morti che vivi?
    Se mi dovessero domandare ancora oggi qualcosa del genere, non avrei potuto dare risposta. L’attacco a Shulva, le fasi iniziali della malattia ed il dolore erano ricordi freschi perché ciò che era venuto nei giorni successivi era totalmente assente nella mia memoria. Non sapevo che avevo ucciso molta gente di Kiri.
    Ero stata io a trasportare quel patogeno da Shulva al Paese dell’Acqua, io che ero stata incaricata dal Mizukage di vegliare sulla salute del villaggio. Non lo sapevo, ma avevo fallito qualsiasi compito mi fosse stato assegnato e sull’orlo della morte avevo trascinato in un baratro persino la persona che significava più di tutte per me in quel villaggio.
    Che fosse stata la sua presenza costante a mantenermi così tenacemente aggrappata alla vita nonostante i miei esimi colleghi mi dessero per spacciata? Oppure era semplicemente un rifiuto categorico a lasciarsi andare. Ero troppo giovane per morire, avevo molti sogni da realizzare e molte cose da fare. Forse erano entrambe le cose.
    Lottai nel mio stesso corpo per giorni e giorni, poi qualcosa parve cambiare. La sensazione di calda protezione che si ergeva al mio fianco scomparve, inghiottita da una triste sensazione di solitudine.

    “Potrei andare avanti” pensai “Potrei finalmente ritrovare la mamma.”

    Ero così tentata dal far ciò. Akira era andato via, chissà, forse mi aveva dato per spacciata. Era così semplice. Mi bastava semplicemente lasciarmi cadere verso il basso che si spalancava sotto di me e tutto sarebbe finito. Non avevo più la forza di restare aggrappata alla vita con quella vile tenacia. Dovevo finire lì, era giusto che andasse così.
    Ed all’improvviso ero in volo, cadendo verso il basso come una foglia trascinata via dal ramo dal vento impazzito. Volteggiando nell’aria, triste ma serena, fui condotta in luoghi strani, sempre diversi. Anfratti di memoria che stavano sorgendo all’improvviso.
    Era così che si rivedeva tutta la propria vita in un solo istante prima di morire?

    Ero io, che avevo otto anni. Mio padre, con ancora tutte e due le gambe, era seduto sul divano di casa. La testa affondata tra le mani nodose ed una bottiglia di whisky finita per metà. La stanza puzzava di alcol e lacrime.
    “Papà?” Domandai, avvicinandomi all’uomo, intimorita.
    Lui mi prese tra le braccia e mi strinse. Vicino lui c’era una lettera dall’aria ufficiale. Non capii subito, ma affondai il piccolo viso nel petto dell’uomo per sentirmi sicura. Avevo paura.

    La scena cambiò ancora, ma ero ancora a casa mia. Su quello stesso letto e di anni ne avevo ormai quasi diciannove. Non indossavo nulla ed in quel letto non ero sola. La testa era poggiata sul petto di Akira, ero assonnata ma estremamente felice. La luna era molto bassa in cielo ormai ed il sole avrebbe fatto capolino all’orizzonte in un paio d’ore. Esausti, ma nessuno con la voglia di andare davvero a dormire, come se dormire avesse significato svegliarsi da quel sogno. Avevo già detto di essere felice?

    Un’esplosione mi scosse. Mi svegliai, come se non fossi stata sul punto di morire. Mi svegliai di soprassalto, alzandomi di scatto e sentendo la testa girare vorticosamente. Per dei lunghi istanti. Ero sudata, segno che la febbre era crollata. Mi alzai su gambe malferme, cercando un bicchiere d’acqua e trovando una brocca. La bevvi avidamente, asciugandomi le labbra sul palmo della mano in maniera poco elegante, ma decisamente soddisfacente.
    Solo allora sentii grida di paura, dolore, urla, esplosioni. Lo scenario di una guerra.
    “Cosa sta succedendo?” dissi in un mormorio sconnesso, debole. Cercai qualcosa da mettermi addosso e dopo circa trenta secondi non avevo più un pigiama addosso, ma qualcos’altro. Tossii ancora sull’uscio della porta, tossii forte e misi una mano davanti la bocca. Quando la ritirai era sporca di sangue.
    “Cosa mi sta succedendo” esclamai, pulendomi con poca eleganza la mano contro i jens che avevo indossato. Scappai fuori di casa indossando i sandali ancora sporchi della terra di Shulva ed ansimando. Kiri era diventata un inferno. All’improvviso il pensiero di aver appena sputato sangue non parve così importante. C’erano diverse abitazioni in fiamme e per strada c’era gente ferita.
    “…Fermi non correte!” dissi, cercando di urlare, venendo colta da un nuovo attacco di tosse come conseguenza. Mi inginocchiai per terra col petto dolorante, lacrimando per lo sforzo. Non riuscivo ad aiutare davvero nessuno in quelle condizioni.
     
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82 replies since 29/11/2016, 22:38   3297 views
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