Shima no Kurāken

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  1. -Hidan
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    Shima No Kuraken


    II

    Non ci volle poi molto per comprendere, una volta messo piede sulle calde spiagge del piccolo atollo su sui ero giunto, quante informazioni di vitali importanza avrei potuto recuperare sul misterioso Impero di Cantha.
    Nessuna.
    Auff. Sbuffai, immaginandomi già tornare alla Nebbia senza alcuna notizia degna.
    Ma almeno sarei tornato abbronzato.
    Il ninja più bello di Kiri, accompagnato da una carnagione olivastra, avrebbe distrutto cuori in ogni paese ninja. Se solo Meika fosse stata nella mia testa, mi avrebbe fatto credere di essere risucchiato da una spugna zombie.
    In realtà era una situazione in cui mi ero già trovato, bloccato in un limbo mentale insieme a Sanjuro dopo essere stato drogato, ma questa è un'altra storia.
    Facciamo così, aspettatemi fino a domani mattina. Se non torno partite, altrimenti torniamo indietro. Mi rivolsi all'equipaggio dell'imbarcazione sulla quale ero giunto nell'isolotto, prima di incominciare a passeggiare sul bagnasciuga, da vero turista nebbioso.

    Sembrava un vero e proprio piccolo angolo di paradiso, rimasto incontaminato da qualsiasi tipologia di inquinamento umano. Chissà quanti animali dovevano vivere in quell'ambiente. Rigogliose palme e altre tipologie di vegetazioni si estendevano quasi a perdita d'occhio, stagliandosi imperiose in confronto all'azzurro del cielo.
    Azzurro.
    Azzurro e grigio.

    Grigio?
    Fumo.
    In alto, dopo gli alberi, fin su al cielo, verso le poche nuvole.
    Fumo?! Questo può significare una sola cosa... CENA! Poteva stare a significare anche presenza di nemici, avversari, pericoli, draghi, ma ognuno aveva la sua priorità.
    D'altronde, siamo quello che mangiamo.

    Non ci volle poi molto a giungere a pochi metri da quello che scoprii essere un simpatico gruppetto di autoctoni. Cinque uomini, di cui uno visibilmente anziano, intorno ad un falò, pronti a banchettare.
    Lo stomaco emise un ulteriore brontolio. Non potevo resistere, ma i pericoli erano troppi.
    Non dovevo incutergli timore, d'altronde ero uno straniero per loro, e probabilmente non erano abituati a vederne molti.
    Dovevo sfoderare tutte le mie doti di affabulatore e diplomatico in carriera.
    Dovevo ottenere la loro fiducia... Se volevo mangiare.

    AUGH! Sbucai dal cespuglio, con le mani in alto ma con, probabilmente, un tono troppo stentoreo per chi non voleva spaventare degli ignari commensali. NON NEMICO! NON NEMICO! Avrei continuato, muovendo le labbra in modo osceno e accompagnando ogni sillaba scandita da un duplice movimento delle mani, come se fossero loro a parlare e non la mia bocca. IO AKIRA. AKIRA AMICO. AKIRA NON NEMICO. NON FARE MALE AD AKIRA. Avrei continuato, avvicinandomi lentamente. AKIRA... Avrei atteso un ultimo istante. Le parole andavano scelte con cura.
    AKIRA FAME! AKIRA VOLERE COSCIOTTO! E quest'ultima frase sarebbe stata accompagnato da un triplice scuotimento del bacino, da vero indigeno.

    Incorreggibile.
     
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