[News GDR] La Fonte della Vita EternaVillaggio dell'Abete

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    The Island


    Post 22 ~ Epilogo

    Forza bruta. Veleno. Fulmini e fiamme. Il trio accademico aveva scatenato contro CaoCao tutto ciò che aveva, arrivando al limite ultimo delle loro possibilità. Per come erano allora, almeno. Dove da soli avrebbero fallito, in tre riuscirono, costringendo il nemico terribilmente debilitato a ritirarsi definitivamente dallo scontro. Privo di energia e senza più il corpo del clone a sorreggerlo, il braccio del Kinryu che reggeva la spada cedette. La punta di Luglio d'Accompagnamento si piantò nel terreno annerito e lo shinobi si appoggiò di peso alla guardia dell'arma, piegando un ginocchio.

    Ce l'abbiamo fatta.

    Fu poco più di un sussurro. Non era finita. L'ultima frase pronunciata dallo spirito della spada, la situazione di vita e di morte in cui si trovavano, lo scontro che proseguiva altrove. Tuttavia, erano sopravvissuti ad un avversario terribilmente scaltro, per quanto prossimo alla follia, e già quello era un risultato degno di lode. In più avevano portato a termine il compito loro assegnato dal fato, di proteggere la stanza da intromissioni finché il Cuore non fosse stato sconfitto. Eppure, nessuno lì dentro aveva voglia di festeggiare.

    Con estrema difficoltà, reggendosi a malapena sul precario sostegno, il Kinryu si tolse la maschera dal viso, respirando finalmente con tranquillità a pieni polmoni. Gli veniva da ridere nel considerare quanto anche quel gesto semplice gli procurasse fitte al costato. Raramente era stato ridotto così male nella sua carriera. A fatica slacciò i primi bottoni del corpetto e infilò l'oggetto nella tasca interna dove lo conserva di solito. Nel ritrarre la mano sfiorò qualcosa, e il ragazzo abbassò lo sguardo. Ciò che vide lo fece rabbrividire, ma poi sul suo volto si dipinse un sorriso triste.

    Era prevedibile immagino...

    Traballante nel corpo e nello spirito, il giovane forzò il suo corpo a rialzarsi. L'esaurimento della sua tecnica speciale aggiungeva dolore e stanchezza, e il chakra gli bastava appena per non svenire, ma c'era chi era messo peggio. Rivolse lo sguardo al suo primo compagno dei tempi dell'Accademia. Il suo primo amico fuori dalla propria famiglia. Si morse il labbro per non distogliere lo sguardo dal moncherino sanguinante. Quella ferita era per lui il monito di quanto aveva realizzato su quell'isola, dopo l'incontro con il Coraggio. Era stata la sua debolezza ad infliggere quello sfregio sul corpo del marionettista. Non era abbastanza forte per proteggere nessuno, era quella la verità.

    Si riscosse solo quando Kato iniziò a tamponare la ferita del sunese. Con passi pesanti, si avvicinò all'Abara per prestargli soccorso a sua volta. Srotolando alcune delle fasce da combattimento che portava alle braccia, le strinse intorno al busto del ragazzo per tenere premuta la benda improvvisata.

    ...mi dispiace, Shunsui.

    Shin avrebbe pronunciato quelle parole senza alzare gli occhi dal suo lavoro, ma se il marionettista l'avesse osservato, avrebbe notato sul suo viso una serie di sentimenti contrastanti, ma sul sollievo svettava il senso di colpa. Era chiaro a chi lo conoscesse bene quali ragionamenti popolavano la sua mente in quel frangente. Sia che il sunese avesse parlato, sia che fosse rimasto in silenzio, appena finito di medicarlo il foglioso si sarebbe rialzato, passandosi una mano sul viso per rimuovere la polvere e forse un accenno di lacrime.

    La comunicazione di Hayate avrebbe rialzato lievemente il loro umore, ma lo scricchiolio sinistro proveniente dal soffitto gli avrebbe fatti rapidamente ripiombare nella preoccupazione. Rimanere lì era pericoloso, ma anche andarsene non sarebbe stata una passeggiata. Shin avrebbe preso sottobraccio dal lato sano il compagno ferito, facendo cenno all'otesi di aiutarlo.

    Il tunnel è ancora bloccato... Noi siamo stati portati qui da quel traditore, ma voi da che strada siete arrivati Shunsui? Indicaci la via, ti portiamo noi.

    La voce era secca, quasi arida, come se non gli fosse rimasta una goccia di saliva in bocca. Una volta che si fosse poggiato a lui il ninja della Sabbia avrebbe percepito quanto fosse teso il giovane, tanto da tremare lievemente. Eppure i suoi occhi continuavano a scandagliare la stanza, alla ricerca di un soluzione. Il suo animo era spezzato, ma non si era ancora arreso.

    A quanto pareva l'unica strada percorribile era attraverso la pesante anta metallica divelta dal Guerriero del Vuoto. Avrebbero fatto a ritroso il cammino del gruppo dell'Abara finché non avessero incontrato la Mansuetudine, che era venuta loro incontro, portando con sé tanto il braccio mozzato del sunese quanto il necessario per le prime cure. Tra gli Hayate che avevano incontrato fin'ora non sembrava così malvagio, ma anche si fosse rivelato il peggiore dei mostri ormai doveva considerarlo un suo superiore.

    Quella consapevolezza colpì Shin mentre veniva ripulita la ferita del ninja della Sabbia e sostituito il bendaggio. In cuor suo non aveva abbandonato Konoha, ma mettersi agli ordini di un'organizzazione di quel tipo non lo rendeva certo meritevole di lodi. Scosse la testa, cercando di scacciare quel pensiero. Avrebbe affrontato quel dilemma quando sarebbe stato inevitabile, per il momento aveva altro di cui preoccuparsi. In particolare una questione pressante, che iniziava a mettergli una giustificata ansia. I suoi tradimenti quel giorno non erano ancora finiti.

    Andate pure avanti, vi raggiungo tra un minuto.

    Con un groppo in gola, la voce del giovane era uscita stranamente strozzata. Una tenue luce filtrava da quella che doveva essere l'entrata a quel complesso sotterraneo e ben presto sarebbero stati all'aria aperta, ma a lui rimaneva ancora una cosa da fare. Quando fosse rimasto solo ed il rumore dei passi fosse scomparso, avrebbe infilato la mano sotto la maglia, tirando fuori un ciondolo. Il cristallo di puro chakra condensato era attraversato da una miriade di crepe sottili e il colore, solitamente di una trasparente lucentezza come l'acquamarina, ricordava un opale nero.

    Il pendente sembrava sul punto di esplodere in mille pezzi, ed era un vero miracolo che non fosse successo durante il combattimento in effetti. Mentre lo fissava, un piccolo frammento si staccò e cadde, polverizzandosi prima di toccare il suolo. Il tempo stava finendo. Doveva mandare un messaggio, e ripagare un debito. Non voleva fare nessuna delle due cose, ma non poteva sottrarvisi, lo sapeva bene. Con una lentezza esasperante, unì le dita macchiate da una goccia del suo sangue a formare poche posizioni magiche.

    Non stava pensato a niente e a nessuno mentre apriva il varco, il cervello sembrava paralizzato con il corpo che agiva come un automa, perciò Yukichi non avrebbe potuto incolpare nessuno della sua sfortuna se non gli dei avversi. Era la prima volpe del clan di Inari ad avere aderito alla sua causa, con l'entusiasmo tipico della gioventù, dopo che il ragazzo aveva siglato il contratto sul monte Yume. Il fato aveva scelto lui, con un macabro senso dell'umorismo.

    La kitsune, dall'aspetto di giovinetto, lo fissava preoccupato, e ne aveva ben ragione. Di sicuro Shamada prima e Anzu poi dovevano aver riferito cosa stava accadendo su quell'isola, ed esservi convocato non prometteva di essere una passeggiata di piacere. Quando vide che non c'era nessun pericolo imminente si rilassò un poco, ma gli bastò alzare lo sguardo sul volto del suo evocatore per essere assalito dall'ansia. Quelli erano gli occhi di qualcuno che aveva la morte nel cuore. Non che lui l'avesse più un cuore, ma questo non cambiava. Aveva perso un muscolo, non la sua anima. Non ancora almeno, non del tutto.

    Ho un ultimo messaggio da affidarti, Yukichi.

    Prese fiato un paio di volte, senza riuscire a formulare le parole, mentre la kitsune iniziava ad agitare irrequieta la coda, riflettendo sul significato della parola ultimo.

    Dì agli anziani di preparare la Pergamena che vi ho affidato, verrò presto a prenderla. E... Perdonami, se puoi...

    Luglio d'Accompagnamento sibilò nell'aria, recidendo in modo pulito il braccio della creatura. La volpe rimase immobile, pietrificata, mentre il sangue sgorgava dalla sua spalla. Lo shinobi alzò il ciondolo davanti a sé, mettendolo di fronte agli occhi dell'evocazione.

    Il talismano è spezzato. Non sono più degno della vostra amicizia e collaborazione. Riferisci anche questo.

    Il monile, che aveva resistito fino a quel momento, si disciolse in una miriade di frammenti come neve al sole. Ben presto, nella mano del giovane rimase solo il cordino vuoto che fluttuava lievemente sospinto dalla corrente che proveniva dall'uscita. Lentamente aprì le dita, e quello fu trasportato lontano dall'aria. L'ultima cosa che Yukichi vide prima di scomparire, tornandosene al tempio furono le guance del ragazzo solcate da lacrime silenziose.

    Tutto è compiuto.

    La lama maledetta era ricoperta di sangue innocente, e al ragazzo sarebbe bastato fissarla per capire se il suo debito era stato saldato. Con quel taglio non aveva solo privato di un braccio la volpe umanoide, ma spezzato il legame che l'univa a quelle creature. Non sarebbe stato mai più il benvenuto tra loro. Era stato un prezzo da pagare che andava oltre il mero pezzo di carne richiesto dalla spada. Un'altro brandello della sua anima gli era stato strappato con l'inganno.

    Ora sei soddisfatto?

    Aveva perso ancora qualcuno, ed era giusto così. Per i deboli non c'erano scuse o preghiere che tenessero. Nonostante ciò, affidò ai kami Yukichi, sperando che le arti mistiche delle kitsune gli salvassero per lo meno la vita. Con che occhi l'avrebbe guardato Anzu quando si sarebbero rivisti? Lei era l'unica alla quale non voleva rinunciare, a costo di perdere egli stesso qualcosa. Per lei avrebbe sacrificato ogni altra evocazione. L'aveva già dimostrato durante l'incontro con l'Inquisitore di Kiri. Per lui, Anzu era speciale. Erano stati insieme fin dal giorno della sua nascita, quando ancora la kitsune era imprigionata all'interno di una vecchia moneta.

    E proprio per poterla liberare aveva raggiunto il santuario delle volpi di Inari e stretto un contratto con loro, a patto di seguirne i principi. Le avevano offerto un posto dove stare, anche se non apparteneva al loro clan, ma rimaneva comunque un'estranea per loro. Ora che la promessa era stata spezzata, sarebbe stata cacciata per causa sua? O sarebbe rimasta con loro, abbandonandolo? L'avrebbe accettato, in fin dei conti se lo meritava. Come probabilmente si meritava il suo disprezzo. Quello sarebbe stato però un colpo molto più duro da sopportare.

    Uscendo dal percorso sotterraneo, si sarebbe ricongiunto con gli altri. Il suo volto privo di qualsiasi forma di vitalità, segnato troppo profondamente perché la sola stanchezza potesse giustificarlo. Non avrebbe proferito parola con nessuno, a meno di non essere interpellato. Ad un certo punto però, rimasto un po' discosto con solo Kato al suo fianco, gli avrebbe sussurrato poche criptiche parole, che solo lui avrebbe potuto capire.

    Quando tutto questo sarà finito, accompagnami al monte delle Volpi. Sono atteso.



    Sul terreno reso provvidenzialmente brullo da un incendio di origine sconosciuta erano stati disposti, probabilmente dai padroni di casa, dei lunghi tavoli dove fare accomodare un grande numero di ospiti. Il Kinryu era terribilmente provato dalla giornata impegnativa, ma cercò di trovare un minimo di motivazione per partecipare a quello che sembrava un summit conclusivo. L'Arma era stata sconfitta con la collaborazione di tutti, ora restava da decidere una linea d'azione, possibilmente comune, per il futuro. Il ragazzo lasciò vagare lo sguardo, riconoscendo Xu Shu, affiancato da due donne che non aveva mai visto, e poi gli esponenti di Hayate a parte.

    Ignorò tanti i primi quanto i secondi, ed avrebbe fatto lo stesso con il terzo tavolo, ad esclusione i rappresentanti della Tregua, non fosse stato la persona seduta al centro della delegazione e incaricata di presiederla. Nonostante il suo spirito esausto, il ragazzo ne fu rapito. Era probabilmente una delle donne più belle che avesse mai visto, forse alla pari di Kairi Uchiha. Ma dove quella appariva indomita e fiera, questa appariva delicata e maestosa. Se si fosse voltata nella sua direzione avrebbe notato le lunghe ciglia fremere appena sulle palpebre socchiuse, ma avrebbe avuto comunque l'impressione di essere osservato. Rendendosi conto di essersi immobilizzato per un istante, si sarebbe limitato a portare una mano aperta al petto e a chinare rispettosamente il capo, prima di proseguire entrando nella zona riservata agli accademici.

    Con lieve sorpresa, tra di loro si trovava niente meno che l'Hokage. Era abbastanza sicuro che non fosse con la delegazione accademica con cui lui era approdato sull'isola, quindi doveva averla raggiunta solo in seguito. In ogni caso non ebbe modo di avvicinarvisi per il momento, circondato com'era da ragazzini per lo più di altri villaggi, né ne aveva motivo. Non era a lui che doveva riferire l'esito della missione, ma all'Accademia intera, compresa ovviamente Konoha. Cercando un posto libero, Shin vide altri due volti familiari, e passando si fermò a scambiare poche parole.

    Ti avevo detto di non preoccuparti perché avrebbe trovato da solo un modo di uscirne, Kensei Hito, e da quello che vedo avevo ragione. Mi fa piacere rincontrarti, Akira-san, nonostante le circostanze. Abbiamo ancora un ramen in sospeso dai tempi della Valle del Riso.

    Si fermò un istante, come se avesse improvvisamente realizzato qualcosa di fondamentale.

    In effetti è da prima della partenza che non mangio nulla... Anche se temo che il cibo dovrà aspettare. Sembra che stiano per iniziare. A più tardi, Akira-san, Kensei-san.

    Gli ultimi convitati stavano infatti prendendo posto. Rivolse un cenno del capo in segno di commiato a ciascuno dei due, cercando di non incrociare lo sguardo dell'Inquisitore di Kiri. Anche con lui aveva una questione in sospeso, ma non così rilassante come una ciotola di spaghetti in brodo fumanti. Lo shinobi della Foglia si sedette poco discosto, rimanendo vicino a Shunsui se questi avesse voluto, in modo da potergli offrire una mano in caso di bisogno. Il giovane infatti, per quanto non lo desse a vedere, continuava a covare un sordo senso di colpa per le condizioni del compagno, fosse stato curato o meno nel breve intervallo di tempo trascorso. Dall'altro lato avrebbe avuto piacere si sedesse l'amico del Suono, ma avrebbe ovviamente lasciato libero Kato di agire come meglio avesse creduto.

    Il chunin cambiò diverse posizioni sulla seduta, nel tentativo di trovarne una comoda. L'altezza del tavolo non era evidentemente pensata per quella sedia, ma non ci si poteva aspettare altrimenti vista la fretta con cui era stato preparato tutto. Alla fine si appoggiò con un gomito al piano, proteso in avanti, mentre con le dita dell'altra mano tamburellava sul legno, decisamente annoiato. Quel tipo di riunioni non portava mai a nulla di buono, nella sua acerba opinione, e la scena che aveva davanti sembrava confermarlo. I pezzi grossi parlarono per primi, e se da una parte si muovevano timide proposte di collaborazione, dall'altra si levarono ingiuriose minacce che la rendevano impossibile.

    Il clima era teso, e i rapporti sembravano tesi non solo con Hayate, ma all'interno dell'Accademia stessa, se non addirittura dello stesso Villaggio. Shin avrebbe voluto veramente chiudere gli occhi ad un certo punto, esausto com'era gli era bastato accomodarsi tranquillo perché gli calasse addosso tutta la stanchezza. Si stava sforzando di rimanere attento, ma era ormai al limite. Tuttavia quando il Coraggio fece il suo nome trovò la forza di sollevare la testa per rivolgergli uno sguardo che, agli occhi di tutti i presenti, sarebbe stato inequivocabilmente di disprezzo.

    Ti piace prendere in giro la gente, non è vero?

    L'odio negli occhi del foglioso era d'altronde ben giustificato. All'angolo, con la propria vita e quella dei suoi amici a rischio, aveva chiesto alla spada di prestargli il suo potere. E quella l'aveva fatto, chiedendo un compenso esagerato. La ferita era troppo fresca nell'animo del ragazzo perché riuscisse a trattenersi. Era inutile, non sarebbe mai potuto andare d'accordo con quel mostro. Però ne aveva bisogno, per diventare più forte. Aveva stretto un patto con il Diavolo, ne era sicuro, ma era troppo tardi per pentirsene. La cosa migliore che poteva fare era approfittarne a pieno per trarne il massimo profitto, considerando il prezzo che aveva dovuto pagare.

    Ascoltò con attenzione, sebbene sempre con un principio di sonnolenza, gli interventi dell'uomo che avevano trovato in compagnia di Shunsui nella camera del trono e che rispondeva al nome di Feng Gu, così come di Akira Hozuki. I quali certo non la mandarono a dire ad Hayate, entrando in contrasto tanto con le proposte della fanciulla che aveva attirato il suo sguardo in precedenza come un fiore con un'ape, tanto con l'Hokage stesso. Il ragazzo stava veramente iniziando a ponderare di fingersi morto nel caso in cui avessero iniziato ad estrarre le armi, ma la situazione poteva ancora peggiorare, come in effetti tentò di fare un ronin di Kumo a lui sconosciuto, gettando una testa mozzata sul tavolo di Hayate. Però gli diede anche un'informazione interessante, che gli permise di unire diversi puntini.

    Alla fine l'assemblea ordinata si trasformò in una serie di piccoli capannelli di persone, alcune impegnate in comunicazioni dal carattere più riservato, altri che cercavano di smussare gli angoli emersi durante i colloqui. Shin si stiracchiò, cercando con lo sguardo gli amici alla sua destra e sinistra, se fossero stati lì ovviamente, chiedendo in particolare all'Abara se avesse bisogno di qualcosa, considerate le sue ferite e poi domando ai due se sarebbe stato scortese andarsene a quel punto.

    Immagino abbiate qualcosa da dirmi e da dirvi.

    Il giovane alzò gli occhi in direzione della voce. Alle sue spalle stava Raizen Ikagami, il decimo kage di Konoha. Anche se si fosse messo in punta di piedi, Shin non gli sarebbe probabilmente arrivato che al mento. Nascosta dalla sua imponente massa scorse poi Saru, la giovane kunoichi di Suna con cui aveva condiviso l'inizio dell'esplorazione sull'isola, prima di abbandonarla al suo destino per sfuggire alla cattura. Doveva intendere per forza quell'episodio con quella richiesta diretta. Il Kinryu affilò lo sguardo per un istante, ma subito dopo tornò a poltrire sul tavolo.

    No, non credo.

    Sarebbe seguito un momento di silenzio decisamente imbarazzante, che avrebbe provocato probabilmente una qualche reazione da parte della focosa ragazzina piuttosto che dall'imponente capovillaggio. Visto che tuttavia la sua battuta non era stata compresa, si sarebbe riscosso, deciso a levarsi di torno quella scocciatura il prima possibile. Non gli importava che le tavole intorno a loro fossero ancora gremite di gente, in fin dei conti erano stati loro a voler iniziare il confronto in quel luogo. Il giovane lasciò uscire un lungo sospiro.

    D'accordo, prestiamoci a questo ridicolo teatrino.

    Appoggiate le mani sul piano vi avrebbe fatto forza per alzarsi in piedi e rivolgere la sua attenzione verso il duo male assortito.

    Di solito i panni sporchi si lavano in casa, ma diamo pure spettacolo in pubblico. Prego, prima le signore.

    Non avrebbe né rivolto un sorrisetto sarcastico, né provocato in alcun modo la sua interlocutrice. Anzi, il volto del giovane era insolitamente serio, quasi scuro, e la voce secca, priva di ogni traccia di allegria, ma abbastanza forte per raggiungere anche le persone più distanti tra quelle lì radunate, a patto di essere interessati ad ascoltare.

    Avrebbe lasciato che fosse la genin a riassumere l'avvenuto, limitandosi ad annuire di quanto in quanto, a patto che non dicesse palesi bugie, per le quali l'avrebbe ripresa, dicendo la sua. Solo dopo che questa avesse esaurito le proprie argomentazioni sarebbe intervenuto.

    Come ha sentito da lei, ho proposto a Jins Kaguya di collaborare, in qualità di alleati accademici, senza nascondergli alcuna delle informazioni in nostro possesso. Lui ci ha però prima minacciati di imprigionarci, quindi mi ha attaccato una volta che mi sono, giustamente, opposto. Ne è seguita una breve lotta alla quale mi sono infine sottratto ritirandomi. Ho lasciato lì la kunoichi di Suna perché ho reputato che non fosse in pericolo di vita e il vederla qui sana e salva mi conferma che il mio giudizio non è stato sbagliato. A proposito, dov'è Jins?

    Avrebbe fatto atto di guardarsi intorno, prima di tornare a fissare i suoi interlocutori.

    Ah già, l'ha detto prima il ronin di Kumo esaltato. A quanto pare era un Hayate, quindi il suo obiettivo fin dall'inizio era ostacolarci. Ora mi spiego la stranezza del suo comportamento ed il rifiuto di farci incontrare una rappresentanza della Tregua. Direi che i fatti abbiano dato ragione alla mia intuizione, ed il mio operato dovrebbe essere lodato anziché messo in discussione.

    Non aveva ancora risposto dell'accusa silente di aver abbandonato un alleato per mettersi in salvo da solo, ma ci sarebbe arrivato presto, il tempo che uno dei due glielo facesse notare. E, vagamente irritato dal tono che stava prendendo l'intera conversazione, non si sarebbe certo risparmiato, rivolgendosi direttamente al capovillaggio anche mentre parlava con la sunese.

    Hokage-sama, non penso che ci sia bisogno di ricordarle cosa siamo, ma lo dirò ugualmente. Noi siamo ninja, soldati addestrati a compiere il nostro dovere. Non siamo bambini dell'asilo che giocano a fare gli amiconi. Se qualcuno qua lo pensa, ha decisamente sbagliato mestiere. La missione viene prima.

    Anche senza spostare lo sguardo, poteva immaginare che l'Inquisitore di Kiri fosse in ascolto. Avevano avuto, qualche ora prima, un violento scambio di opinioni su cosa volesse dire essere uno shinobi. Su alcuni punti si erano trovati d'accordo, anche se vi erano arrivati da percorsi differenti per trarne conclusioni differenti. Quella che stavano combattendo era diversa da una guerra solo nel nome, ed in una guerra sacrifici andavano fatti. Nei villaggi nascosti non vigeva la coscrizione obbligatoria: ognuno era libero di scegliere quella strada. Ma, se lo faceva, doveva essere pronto a mettere a repentaglio la propria vita.

    Avrebbe avuto molto altro da aggiungere, ma si morse la lingua. Invece, se fosse stato vicino a lui avrebbe interpellato direttamente Shunsui Abara, il ninja di Suna con il grado più elevato presente sull'Isola, cui si sarebbe rivolto con l'onorifico in forma di rispetto, cosa che non faceva ormai da tempo. Mentalmente si scusò con l'amico per averlo sfruttato come via di fuga ad una conversazione che sembrava sul punto dal degenerare.

    Shunsui-san, pensavo che spiegassero queste cose alle reclute della Sabbia, o sbaglio? Tra alleati ci si aiuta come se fossimo membri dello stesso villaggio, ma abbiamo dei compiti da assolvere. Salveresti un compagno, condannando un paese?

    Lo stesso Shin avrebbe dato una risposta ben diversa solo qualche giorno prima, ma nel frattempo erano avvenute molte cose. Soprattutto, aveva preso consapevolezza di quanto fosse debole e dell'inutilità dei suoi sforzi. Il potere dell'amicizia poteva sconfiggere il male solo dentro a un fumetto. Nel mondo vero serviva il potere per poter proteggere le persone care. Il Kinryu continuò dopo aver lasciato cadere la domanda retorica posta in precedenza.

    La risposta dovrebbe essere chiara a tutti. Tuttavia, se il Villaggio di Suna ha qualche rimostranza verso il mio operato, ne renderò conto.

    Aveva finito la sua arringa difensiva, per il momento. Guardare troppo a lungo negli occhi Raizen gli aveva fatto tornare in mente una notte terribile per Konoha che avrebbe preferito dimenticare, le cui ferite erano troppo recenti e non si erano ancora rimarginate, perciò sperò la che questione si sarebbe chiusa lì. Rimaneva da spiegare la frase sibillina del Coraggio, ma quello sarebbe stato semplice: gli sarebbe bastato dire la verità. Certo, sfruttando l'ambiguità della lingua parlata, ma erano dettagli.

    Per quanto riguarda la spada, è presto detto. Ho combattuto con il Coraggio e Kensei Hito, come potrà confermarti lui stesso, e al termine ho perso la mia lama. Hayate me ne ha offerta una in prestito come sostituzione, e come si può notare non è una persona che accetta un no come risposta. Oltretutto è un'arma piuttosto pesante da impugnare. Ma è meglio di niente suppongo.

    Ancora, avrebbe guardato con astio verso il moccioso con la mazza, che probabilmente avrebbe risposto ridendosela di gusto. Dove c'era da seminare zizzania, era sempre pronto. Dopo alcuni secondi, se nessuno avesse aggiunto altro, si sarebbe riseduto al suo posto. Non aveva le energie per allontanarsi al momento, e già reggere una discussione di quel calibro era sfiancante. Non vedeva l'ora di andarsene da lì e andare a farsi un bel bagno caldo. Anche se c'era il rischio concreto che vi ci si addormentasse dentro e affogasse.

     
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