[News GDR] La Fonte della Vita EternaVillaggio dell'Abete

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  1. Filira
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    Mother of dragons

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    Missione: Si vive insieme, si muore soli

    XII: The End Is the Beginning Is the End 



    Faceva male. Molto male.
    Cosa? Ogni singola parte del suo corpo, a voler essere precisi. Il suo animalesco avversario, dopo aver lanciato un tremendo guaito, si era accasciato a terra, con lo sguardo vigile e carico di sofferenza. Non era morto, d'altronde nessuno pareva potersi arrogare tale privilegio in quella landa dimenticata dai Kami. Però giaceva lì, immobile, la schiena spezzata incapace di sorreggere oltre le sue fatiche. E tanto bastava a Saru per avvertire un moto di contentezza attraversarle il corpo. Era finita, questa volta davvero.
    Visto che la sua richiesta era stata totalmente ignorata dai suoi adorati compagni, la Rossa si risolse a puntare un piede verso la schiena dell'animale, facendo perno e riuscendo dolorosamente a sgusciare da sotto il peso della bestia immobilizzata.

    E' sempre bello contare su di voi, ragazzi!

    Sbuffò, passando la mano sui resti logori dei suoi vestiti, in un gesto che voleva togliere un po' della polvere depositata, ma che non sortì certamente alcun effetto. Oramai lei e il fango di quella maledettissima grotta erano un unico, schifoso elemento.
    Vide in una manciata di secondi lo scontro di Masayoshi terminare in suo favore, provocandole un inaspettato moto di contentezza e orgoglio che sorprese anche lei. Erano compagni di sventure, dopotutto, e il pensiero di non dover affrontare Shunsui o Daishin riguardo alla morte di un giovane Jinchuuriki di certo la rincuorava. Fu in quel momento che lo vide, i capelli biondi ancora saettanti nello scontro con Tasaki. Jins si era appena fermato, constatando che la situazione non volgeva più a suo favore. Dedicò meno di uno sguardo a tutti i presenti, lei compresa, e in una parola scomparve, lasciando dietro di sé nebbia e distruzione. Jins Kaguya era scappato. Cosa avrebbe dovuto aspettarsi, d'altronde?
    Eppure...

    JINS! MALEDETTO KAGUYA, TI TROVERO' PRIMA O POI. DOVESSI ANDARE IN CAPO AL MONDO.

    Urlò, stringendo il braccio che - grondante di sangue - cominciava appena a rimarginarsi. Poteva avvertire le ossa e i muscoli della gamba ricomporsi, il corpo guarire gradualmente. Ma qualcosa l'aveva ferita più in profondità, in un orgoglio che non pensava di possedere. In uno dei pochi slanci di bontà della sua breve vita si era fidata ed affidata ad un alleato. Lui l'aveva tradita, abbandonata.
    L'avrebbe trovato. Dovunque fosse. E gli avrebbe fatto scontare ogni singolo debito.

    Masayoshi! Sei stato bravo, piccolino. Sono sicura che a Suna canteranno le tue gesta, alla prossima sagra. Chissà come te la cavi come protagonista di una canzoncina da osteria.

    Disse, con intento decisamente canzonatorio, scompigliandogli la zazzera di capelli rossi e bianchi con la mano buona. Eppure era contenta davvero, c'era qualcosa nel non essere finita morta - o peggio, dannata lì sotto per l'eternità - che la metteva stranamente di buon umore. Chissà.

    Sì, è il momento di uscire da questa tomba. Non vedo l'ora di sentire un po' d'aria fresca, per quanto l'umidità di questa fetida isola sia insopportabile.

    Sorrise, forse genuinamente dopo tanto tempo. Era finita, era finita davvero. Era il momento di tornare a casa.

    [...]

    Ma guarda che bel ritrovo di disgraziati.

    Sussurrò, diretta più a sé stessa e Masayoshi al suo fianco, che non ad altri. Si aspettava di tutto, una volta raggiunti i superstiti della missione, ma non di certo un postribolo in cui leccarsi tutti insieme allegramente le ferite e auto compiacersi a suon di pacche sulle spalle e finti complimenti. Avrebbero potuto essere più sinceri e dire a chiare parole che, non fosse sussistita la necessità corrente, la maggior parte dei presenti si sarebbe volentieri attaccata una al collo dell'altra. Eppure erano lì a scambiare falsi convenevoli e dolci parole.
    Che amenità.

    Ai potenti piace esibire orgogliosamente l'agognato risultato. Che poi faccia schifo o meno, non importa a nessuno.

    Rimuginò, mentre in sottofondo discorsi altisonanti, ringraziamenti strappalacrime, e inaspettate proposte venivano sbandierati ai quattro venti. Lasciò che i grandi del Continente continuassero nella loro opera di vicendevole masturbazione mentale, mentre lei prendeva saggiamente posto vicino alle cibarie.

    Oh, se non è il mio parruccone preferito!

    Feng-gu si era avvicinato quatto quatto - ma poteva davvero, vista la sua stazza? - a lei e Masayoshi. Fu quasi carino da parte sua sincerarsi della condizione dei due Sunesi, quasi inquietante, sarebbe da aggiungere.

    Ah, non preoccuparti bestione. In qualche modo me la cavo sempre. Jins, beh che dire. Ci è stato d'aiuto, finché non ha deciso di rivelarsi per la merda che è: il Lupo d'Ora di Hayate. Ci puoi credere? Penso non ci sia altro da aggiungere, abbiamo speso anche troppe parole per lui.

    Fece spallucce, mentre la furia si impadroniva dell'Albino. Di certo non si poteva dire che amasse quello sgangherato gruppo mononome. Era lì, persa tra una pietanza e una chiacchera svogliata, quando la massa imponente dell'Hokage le fece ombra, dichiarando la sua presenza. Aveva già una qualche batuttta pronta in canna, ma che puntualmente dimenticò una volta girato lo sguardo e avendo verificato chi avesse accompagnato l'omone di Konoha alla sua mensa.

    Chi non muore si rivede, Miraggio della Foglia.

    Non fosse stato stupido, avrebbe potuto scorgere nel titolo affibiatogli una mal celata vena di ironia. Ma nemmeno su questo Saru poteva garantire, quindi lasciò cadere lì la provocazione.

    Non c'è molto da disquisire, Hokage. Quello che dovevo dire l'ho già detto. Un tuo ninja ha deliberatamente abbandonato un alleato per potersi esibire in una fuga degna del miglior codardo del Continente. Ho lottato, sono sopravvissuta. Sono contenta che lui non sia finito a marcire per l'eternità in un buco sotto terra.

    Lo guardò, e non era certa di aver detto tutta la verità in quell'ultima frase. Per il suo personale codice d'onore, l'aver abbandonato un alleato non lo rendeva diverso da Jins Kaguya. Che potessero morire male, tutti i Jins Kaguya del Continente.

    Cosa c'è da dire di te, Shin, che non abbia già espresso tu stesso in questa ridicola arringa. Ti nascondi dietro una fantomatica etica dello shinobi solitario, dietro alla missione, quando il tuo rango ti imporrebbe la protezione dei tuoi alleati e compagni. Non mi importa di come la Foglia cresca i suoi membri, so che la differenza tra un nostro capo squadra e te è abissale, e la tua bella dialettica non potrà mai colmare l'irrimediabile distanza che ti separa dall'essere un leader. Avrai forse avuto successo nel tuo personale intento, ma il tuo fallimento come comandante non è passato inosservato. Sarai condannato ad una vita da secondino, se questa è la tua idea di successo.

    Spostò lo sguardo verso le sue braccia, sulla pelle bruciata ed esposta. I nuovi innesti di pelle fresca si fondevano con quella già presente, creando un insolito mosaico bianco e rosso, lì dove il tessuto epiteliale si stava faticosamente ricostruendo.

    Abbandonare i più deboli è facile. Condurre una missione in solitaria è facile. Rimanere quando la situazione si fa dura, resistere alle avversità insieme ai propri compagni. Portare a termine la missione e tornare a casa con la squadra. Dividere oneri e onori. Questo vuol dire essere shinobi della Sabbia per Saru Mononobe. Queste ferite sono la prova del mio operato, del nostro operato, e le portrerò con orgoglio fino al giorno in cui le mie membra mi abbandoneranno, in cui non avrò più la forza di combattere. Perché sono la prova del mio impegno e della mia fedeltà.

    Coprì di nuovo le braccia, riportando lo sguardo sul ragazzo di fronte a lei. Shunsui era lì presente, forse non avrebbe gradito il suo discorso, forse avrebbe appoggiato lo shinobi della Foglia. Non le importava, la sua integrità e il suo credo non erano alla mercé di nessuno.

    Ma non so nemmeno perché ne stiamo discutendo. Le differenze fra noi sono troppe e troppo profonde. Non avrò mai nulla a che spartire con un accademico che si presenta armato come un Hayate. Shin Kinryu, non ho animosità verso di te o il tuo popolo. Spero solo che le nostre strade non si incrocino mai più, questo non posso negarlo.
    Ora vogliate scusarmi, altri impegni più urgenti mi attendono.


    Si alzò, esibendosi in una teatrale pacca sulla schiena dell'Hokage e prendendo il largo da quell'inutile discorso. Cosa le importava di Shin? Cosa le importava della Foglia? La Tregua, Jins Kaguya, l'Arma. Era tutto già passato, nascosto in un tempo che si allontava da lei ogni secondo di più. Ogni respiro a pieni polmoni la portava lontano da quella grotta, da quel banchetto, da quell'Isola. Volava rapida sull'Oceano, vedeva lontane le dune di Suna, il caldo del Sole, il bruciore del vento caldo del Deserto. Voleva solo andarsene da lì, abbandonare quei luoghi per sempre. Era giunto il momento.
    Era pronta a partire.
     
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