The Reason[Free Meika & Akira]

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    I - Giorno Libero

    Giornata libera.
    L'ospedale stava funzionando (non alla grande, stava solo funzionando) e gli effetti dell'attacco di Chanta andavano normalizzandosi. I feriti erano stati tutti dimessi, rimaneva qualcuno in condizioni critiche per il quale si poteva fare troppo poco.
    Certo, in realtà, quella giornata libera mi era stata un po' appioppata. Nonne sentivo troppo la necessità, ma alla fine, dopo la settima sera di fila che rincasavo alle due di notte mio padre mi aveva affrontata, costringendomi ad ammettere che stavo esagerando.
    Sì, lo sapevo. Ma lavorare mi impediva di pensare, perché pensare mi portava in posti orribili, nella mia testa. Da quando Hakuki era scomparso, o forse, si era fuso dentro me di certo avevo accettato molte cose della mia vita e del mio destino. Le paure e le incertezze si erano ridotte e ne ero uscita rafforzata. Tutta la storia dell'epidemia aveva avuto su di me l'effetto di rendermi forte, come non lo ero mai stata, ma persino il più inflessibile degli oggetti avevano un punto debole ed il mio era - tanto per dare ai lettori una sorpresa - Akira.
    Dopo l'invasione le occasioni di vederci erano state più rare che mai. Una volta a settimana, forse, se uscivo prima da lavoro e quando ciò succedeva il tutto sembrava ridursi ad una banalità che mi irritava terribilmente. Sembrava che entrambi stessimo cercando di parlare pur di evitare l'ingombrante macigno che si era interposto tra di noi, perché entrambi temevamo ciò che sarebbe potuto accadere una volta iniziato a discutere del perché lui aveva ucciso Seinji Akuma.
    Così, appunto, giornata libera.
    Niente di meglio che una giornata libera per discutere di argomenti dei quali nessuno voleva discutere ma che, a quel punto, sembrava necessario affrontare.

    La sera prima, mentre tornavo a casa - ad un orario decente - avevo fatto una deviazione verso il quartiere degli Hozuki ed ero andato da Akira.
    Domani ho giornata libera, del tutto dissi Riesci a liberarti anche tu? Ho bisogno di parlarti di una cosa e magari posso fare qui sigilli di cui mi hai parlato. Mi aveva chiesto un modo per portare le armi, più pratico di un enorme rotolo di richiamo che forniva l'Accademia, perché la sua collezione stava diventando esageratamente ingombrante.

    Ero certa che lui sarebbe riuscito a liberarsi. Probabilmente avrebbe semplicemente sbolognato il suo lavoro a Kensei o avrebbe inventato qualche scusa o magari semplicemente poteva farlo. Magari gli avrei messo un pizzico d'ansia quando avevo detto che "dovevamo parlare", ma era vero. Non avevo specificato alcun soggetto, ma lui poteva immaginarlo (davvero? Akira era sempre stato ottimo a fraintendere le situazioni).
    L'avrei atteso a circa metà mattinata. Avevo lasciato la porta aperta, così sarebbe potuto entrare da solo e mi avrebbe trovata in cucina, con un outfit di tutto rispetto: pigiama autunnale verde con fantasia di panda, la ciocca di capelli che mi ricadeva sull'occhio destro tirata indietro e tenuta da un fermaglio, intenta a leggere distrattamente una rivista senza senso. Non ero minimamente capace di godermi la libertà, lo si vedeva ad un miglio di distanza.
     
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    I

    Ehm... Si, ok...
    Infilai le mani in tasca, un po' perché sorpreso dalla visita ricevuta in Amministrazione un po' perché in imbarazzo. Dovrei essere libero... Cioè, si mi libero... Dondolai leggermente sulle punte dei piedi e poi sui talloni. Si, ne potremmo approfittare... In effetti sta diventando complicato portarmi tutto dietro... Deglutii, guardando un po' il vuoto intorno a noi. Cerco di arrivare prima di pranzo. Ho da fare una cosa al porto... Stiamo recuperando quel che si poteva recuperare dalle navi di Cantha, lo riutilizzeremo per ampliare la flotta... Porto io da mangiare, ok?
    Ricevuta la risposta la avrei salutato con un fugace bacio sulla guancia, quindi mi sarei ritirato dentro l'ufficio, chiudendo la porta. Mi lasciai andare contro un muro, guardando il soffitto.
    Era passato più di qualche giorno dall'attacco di Cantha, e la città stava riprendendo a funzionare.
    L'ospedale era stato ricostruito, i danni a case ed edifici riparati, ma la nazione Cremisi aveva lasciato un solco più profondo della sole devastazione.
    La trappola lanciata ad Itai da un daymio troppo idiota anche dal capire di essere manovrato, la sua stessa morte, Meika che si risvegliava dal grigio torpore, la battaglia con Seinji Akuma... La sua testa che rotola a pochi passi dai miei piedi, il suo sangue caldo sul mio viso.
    Rifiutai, per la millesima volta, quei pensieri, rigettandoli al fondo della mente e del cuore, schermandoli con il lavoro.

    La mattina successiva, finito di sbrigare la piccola questione del porto - e dopo aver sbolognato tutto il resto al povero fu Keiji -, mi limitai a prendere del sushi in un piccolo chioschetto sulla strada per il villaggio prima di dirigermi verso il quartiere Akuma.
    La porta della casa di Meika era aperte e entrai con un po' di diffidenza, avendo paura di trovarmi davanti il padre della kunoichi.
    Quel che trovai fu però un bizzarro pigiama verde, fantasia panda.
    In quell'occasione feci la sola cosa che poteva fare Akira Hozuki. PFFFFF.... MA COSA HAI ADDOSSO AHAHAH! Scoppiai in una risata evidentemente mal contenuta, piegandomi quasi su me stesso e appoggiando di corsa la busta con il sushi sul tavolo per evitare di lanciare a terra il pranzo.
    Mi avvicinai lentamente, ancora ridendo, finché non fui a pochi centimetri da lei.
    Le labbra, quasi a contatto con le sue, cambiarono, quasi istintivamente, direzione, poggiandosi sulla sua guancia.
    Mi sei mancata. La abbracciai, stringendola a me.

     
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    II

    Che si aspettava, se non uno sguardo di ardente gelo quando scoppiò a ridere nel vedermi in tenuta così ridicola? Come se non avesse avuto modo di ammirarmi in altri stupidi pigiami come quello.
    Probabilmente in altre case, con una madre, la scusa di una donna di mezza età che non aveva capito che sua figlia era troppo cresciuta per certi abbigliamenti avrebbe retto, ma visto che mia madre non era in vita da che avevo otti anni tutti avrebbero potuto dedurre che io solo era artefice dell'acquisito di quel pigiama.
    Un bellissimo pigiama, ecco cosa, dissi con tono offeso, ma lasciandomi stringere, decisa a morderlo alla prima occasione utile come vendetta. Però alla fine sospirai, rinunciandovi, ricordandomi i motivi per cui il mio umore non era su di giri quel giorno.
    Anche tu, mormorai, sincera. Ma in realtà, forse, un po' avevo mentito. La nostalgia non era del tutto sparita, era come se Akira ci fosse... e non ci fosse. Così sciolsi l'abbraccio e presi le sue mani, alzando lo sguardo sul suo viso.
    Vieni, andiamo in un posto più tranquillo, non vorrei che mio padre tornasse e ci trovi a parlare in cucina.
    Lo condussi per mani fino al piano di sopra, in camera mia, per niente ordinata. Non che mi sentissi così preoccupata di cosa potesse pensare di me da vergognarmi del letto sfatto, dei libri aperti alla rinfusa sulla scrivania e dell'equipaggiamento buttato ad un lato della stanza assieme ai vestiti del giorno prima. Richiusi la porta alle spalle e sospirai ancora.
    Io non so bene da dove iniziare..., mi grattai la testa, indecisa. Quella forse era la discussione più seria che stavo iniziato con l'Hozuki, non da quando quella relazione era iniziata, ma da quando lo conoscevo!
    Lo so che forse ti sembrerà strano che te lo chieda ora ma... ma io devo saperlo. Sono successe tante cose durante la riunione, molti mi hanno detto molte cose rigardo quello che ho accaduto, ma fin'ora non ho avuto il coraggio di chiedere a te. Hai... hai ucciso Seinji Akuma ed io... La mia voce si spezzò, ma non piansi. È stata colpa mia.
    Quella era la semplice e pura constatazione. Anche se Hakuki era scomparso, io rimanevo colpevole. Colpevole dell'epidemia e di tutto ciò che essa ha portato di conseguenza.
    Mi racconti cosa è successo? Quella era una richiesta, col tono pesante, triste, distorto da un dolore che sembrava essere esploso all'improvviso, come una pentola a pressione a cui viene tolto il coperchio all'improvviso. Io devo saperlo... devo saperlo da te...
    Cercai le sue dita con le mie, le strinsi. Mi dispiaceva perché probabilmente non sarebbe stato facile per lui rivivere quei momenti. Io ero malata ed il futuro di Kiri era quantomai incerto. Però avevo bisogno, finalmente, di sentire cosa aveva da dire l'uomo a cui mi ero legata così tanto riguardo l'uccisione del Mizukage.



     
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    II


    Mi abbandonai alle braccia di Meika, quasi come se fosse una liberazione.
    Era dall'attacco di Cantha, da quando si era ripresa, che, in un modo o nell'altro, volevo farlo... Solo che non era ancora successo. Neanche io sapevo il motivo preciso delle mie gesta... Forse stavo scappando.
    Se da me, o da lei, ancora non lo sapevo.
    Si, certo... Risposi pacamente, per seguirla silenzioso fino alla sua stanza.
    Era in disordine, ma a malapena ci feci caso, in mezzo a quel marasma di pensieri e umori contrastanti.
    Se lei non sapeva da dove iniziare, io... Io non sono convinto di voler iniziare questo argomento... Sapevo che sarebbe stata una richiesta rimasta inesaudita, ma uscì dalle mie labbra in modo naturale.
    Lasciai parlare Meika, finché non risposi al movimento delle sue mani, stringendole alle mie a mia volta.
    No... Accarezzai il suo volto. Non è stata colpa tua... Nulla di quello che è successo è stata colpa tua. Mi abbandonai sul suo letto, cercano di portarla dietro di me facendola sedere sulle mie ginocchia. Tu eri malata... Non hai colpe. Quel che è successo è stata solo opera mia... La guardai negli occhi. Tutto è stata soltanto una mia decisione. Cercai di ripetere, con maggior convinzione, mentre spostavo gli occhi verso la parete.
    Fissando il muro.
    Come ben sai il Daymio era un inetto... Controllato e manovrato da nemici di Kiri... Il Villaggio era in quarantena per via dell'epidemia e come dal nulla e nel nulla Itai sparito... Ma queste come ho detto son tutte cose che già sai... Non sembravano esserci emozioni nella mia voce. Si, ho ucciso Seinji Akuma, ma non per ambizione o per brama di potere. Seinji Akuma era un idiota, ai limiti della follia ma... Non mi interessava diventare Mizukage... Il pensiero non mi ha neanche mai sfiorato il pensiero... L'ho ucciso perché... Perché si messo tra me e te. Strinsi le sue mani, continuando a guardare la parete vuota della stanza. Non esisteva Kiri sotto attacco. Non esitavano le persone in pericolo. Non esistevano gli ordini di un kage... Non c'era il fuoco, non c'era la morte o la malattia in quel momento... C'eri solo te. E lui era tra me e te. Quando ho sentito che l'ospedale era sotto attacco tutto il resto del mondo aveva smesso di esistere. Esistevi solo te, e io dovevo prendermi cura di te... Se al posto di Seinji ci fosse stato Itai sarebbe stato lo stesso... Chiunque si fosse intromesso tra me e te... Sarebbe morto. Lo avrei ucciso. Avrei ucciso tutti. Avrei dato fuoco al mondo per te.
    Avrei preso velocemente fiato. E la cosa che più mi spaventa è che... Rifarei esattamente le stesse cose anche oggi. Non avrei potuto perderti... Sarei impazzito... Non posso Meika... Non posso... Spinsi il mio volto contro il suo petto. Non posso perderti...
     
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    III

    Da quanto conoscevo Akira? Erano anni oramai. Lo avevo visto determinato, persino a morire, lo avevo visto dolce e preoccupato per me. Lo avevo visto fare il deficiente decerebrato prendendo seriamente la follia di Sanjuro e l'avevo visto prendere in giro persino Kensei, l'essere meno dotato di spirito nel raggio di seimila chilometri. Non lo avevo mai, visto così spaventato. Non per qualcosa che doveva succedere, ma per qualcosa che sarebbe potuta accadere nel passato.
    Il mio cuore ed il mio istinto mi spinsero a ad allargare le braccia a stringerlo a me, per dei lunghi istanti, in un silenzio che non aveva bisogno di essere riempito. Lasciai che solo quell'abbraccio parlasse, che gli facesse capire che ero lì e non avevo intenzione di andare da nessuna parte.
    Sei un deficiente, magia finita. Non lo lasciai però. Parlai con la bocca affondata tra i suoi capelli, per poi separare le labbra da lui limitandomi ad accarezzarli. La mia vita non vale quella di tutto il Villaggio. Non era un rimprovero. Non riusciva ad esserlo.
    Fingiamo molte volte onore ed altruismo. Qualcuno probabilmente lo era davvero. Ma quanto sarei stata ipocrita a rimproverare l'uomo che mi aveva messo in cima ai suoi pensieri in una situazione di crisi, quando la cosa - forse egoisticamente - mi rendeva felice?
    Sciolsi quell'abbraccio e feci scivolare le mani ai lati del suo viso, quindi lo baciai sulle labbra, dolcemente. Dev'essere stato orrendo per te vedermi in quelle condizioni. Lo capisco. Non sono arrabbiata, ho saputo che Seinji era impazzito quando gli avete disobbedito. Non era adatto a guidare nemmeno una carovana di muli, figurarsi un Villaggio. Alla fine volevo solo parlare. Non si poteva vivere una tragedia ed ignorarla. Sarebbe rimasta come un fantasma tra di noi, crescendo, ed inglobando pensieri e momenti felici. Lo baciai ancora, sentendone il bisogno e quella volta fui io a posare il viso sul suo petto.
    Il macigno che mi portavo dietro mi aveva indurita, ma con lui non riuscivo ad essere la stessa Meika di sempre. Persino abbracciare la mia oscurità non avrebbe modificato ciò che provavo per lui. Ehi, Hozuki dissi, senza muovere il viso. Ti amo.
    Fu un sussurro. Era la prima volta che glie lo dicevo. Non avevo mai avuto necessità di esprimere a parole quel sentimento, ma quelle parole sfuggirono dalle mie labbra da sole, senza controllo.
    Sciolsi quell'abbraccio, tranquillizzata da quella breve discussione. Il peso di ciò che avevo provocato con l'epidemia non sarebbe svanito molto presto, ma lentamente lo stavo accettando. E stavo lavorando duramente per riparare i danni che l'epidemia aveva causato... il resto, Chanta, il Daimyo controllato: nulla di tutto ciò era colpa mia.
    Allora, cosa volevi che facessi con precisione? Dissi, incrociando le gambe. Mi aveva parlato sommariamente della necessità di riuscire a trasportare le spade che sembrava accumulare come un collezionista ossessionato e la soluzione più rapida erano i rotoli. Tuttavia persino i rotoli avevano limitazioni. Forse bisognava inventare qualcosa di diverso.
     
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    III


    Mi lasciai sprofondare tra le sue braccia e mi ritrovai, quasi senza accorgermene, piegato con la mia testa sulla sua spalla, abbracciato a lei come un infante.
    La paura, tutta la paura che avevo covato tutte le settimane precedenti, dalla corsa disperata da Shulva verso Kiri fino al momento dell'esplosione dell'ospedale, si era riversata fuori dalla mia bocca, dal mio cuore e dal mio stomaco, sommergendomi interamente quasi inspiegabilmente.
    Mi credevo forte, ma quei giorni ero solo il più debole degli uomini.
    Ero stato debole, per il clan e per il Villaggio.
    Più debole dei miei ideali. Più debole dei miei sogni. Più debole delle mie idee e ambizioni. Più debole della mia volontà.
    Non volevo essere così debole, non lo avevo mai pensato. Eppure lo ero stato.
    E probabilmente lo sarei stato nuovamente. Sarei stato debole finché Meika sarebbe stata in pericolo. Ogni volta che sarebbe stata in pericolo.
    Se tutti gli uomini avevano dei limiti, quello era il mio.
    La mia più grande forza era anche la mia più grande debolezza.
    Il mio limite era Meika Akuma.
    Non varrà quella del Villaggio... Ma vale la mia. Mi lasciai trasportare dalle sue mani gentili, fino a ritrovarmi con le labbra attaccate alle sue.
    Si... Era impazzito totalmente... Se avessi potuto evitare di ucciderlo, probabilmente lo avrei fatto... Gli ho intimato più volte di farsi da parte, ma così non è stato... Al resto c'aveva pensato la mia lama.
    Se ho sbagliato i kami mi puniranno... Ma per adesso va bene così. Cercai di recuperare un minimo di compostezza sul suo letto, ma proprio mente tentavo le sue parole mi fecero cadere nuovamente.
    Ti amo.
    Due parole così corte ma che sembrano durare un'infinità. Il letto parve spostarsi e dovetti stringermi ancora più a lei per non cadere, forse per terra.
    Mi congelai, colto dal panico. Se mi fossi ritrovato di fronte all'Oni di Cantha probabilmente mi sarei sentito più a mio agio.
    Sentii la sua pelle staccarsi dalla mia, quindi finimmo inevitabilmente per guardarci negli occhi.
    Il sangue salì alla testa e le mie guance divennero così rosse che riuscivo quasi a guardarle solo per il calore che emanavano.
    Ehm... Cosa? Si, ehm... Cosa? Si, ecco, allora, dicevamo, si... Cosa?
    Si, ecco, dei rotoli, no, allora, cioè, volevo dire, dei rotoli da richiamo. Idiota.
    Le spade incominciano ad essere troppe, e vorrei avere il beneficio del dubbio in missione... O magari mi piacerebbe avere più scelta... Oh, si, ecco... O magari mi può aiutare per un'idea che sto perfezionando... Presi un attimo fiato, cercando di ridurre l'imbarazzo. Mi servirebbe qualcosa che mi permette di immagazzinare svariate armi, in modo sicuro... Insomma, che non me lo posso perdere... Delle specie di sigilli, lungo tutte le braccia, con cui potrei riuscire le spade direttamente dalle mani. Dici che è possibile fare una cosa del genere? Hai qualche idea migliore?

     
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    IV


    Ciò che lui voleva era, in fondo, semplice. Mentre mi spiegava la sua necessità mordicchiai distrattamente l'unghia dell'indice della mano destra, annuendo di tanto in tanto in segno di conferma.
    In effetti mi chiedevo se prima o poi avresti chiesto una cosa del genere. Ma ecco, visto che ti vedo sempre in giro con più spade che mani ultimamente, stavo già pensando a questo. Doveva essere qualcosa da dargli in un'occasione speciale. Un compleanno oppure il Tanabata. Forse anche quella era un'occasione importante. In cuor mio sentivo che lo era.
    Saltai giù dal letto e mi diressi verso un baule, aperto e disordinato, pieno di cianfrusaglie, fino a tirarci fuori due guanti. Coprivano fino alla prima falange delle dita e sul palmo c'era pelle così da rendere salda la presa sulle armi. Sempre sul palmo era tracciato un intricato sigillo che si dispiegava su tutto il tessuto, fino alla punta delle dita. Ne presi uno e lo infilai, era evidentemente troppo grande per me.
    Te li avrei regalati in un'occasione speciale. Guarda, strinsi appena il pugno, nella movenza di afferrare una spada immaginaria e con una nuvola di fumo comparve una spada di gommapiuma, che avevo trovato in un negozio vicino al lungomare. Con fare importante la porsi all'Hozuki. La spada.
    Ci sto ancora lavorando su, perché mi sono basata sui rotoli di richiamo, ma quelli che ci forniscono sono abbastanza limitati. Per metterci una spada dovrei prolungare la formula su tutto il braccio ed io vorrei tenere solo un guanto. Spiegai ad Akira, sfilando poi il guanto. Ti piacciono?


     
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    IV


    Uhm? Come ci stavi pensando? Esclamai, incuriosito da quella affermazione.
    Ok, la mia passione per le spade era cosa ripasuta, soprattutto per Meika Akuma, ma addirittura che stava pensando a quel che poteva essermi d'aiuto in un combattimento... Beh, in fondo l'avevo già detto, era Meika Akuma.
    Lei era fatta così. Lei si preoccupava.
    Lei pensava prima a quelli che potevano essere gli effetti di una situazione, li preveniva.
    O, se si trattava di me, pensava a medicarmi dopo che mi ero ficcato in qualche cosa di più grande di me.
    Sorrisi, dolcemente, mentre annaspando cercava il frutto del suo pensiero.
    Dei guanti? Domandai, dubbioso ma incuriosito. Ma è fantastico! Dissi, mentre dalla sua mano appariva come dal nulla una spada di gommapiuma. La voglio subito! Ovviamente intendo la spada, non i guanti! La spinsi, mentre con la forza cercai subito di strapparglieli dalle mani, come un giocattolo da un bambino. Si, mi piacciono un sacco! Esclamai, baciandola su una guancia come un bambino il giorno di Natale. Era proprio quello di cui avevo bisogno... Rapido ed efficace... Non mi interessa troppo la dimensione del sigillo, l'importane è che ci riesca ad inserire almeno 8 spade... La guardai negli occhi, già consapevole che la domanda di una persona anche solo leggermente intelligente sarebbe stata... Si, lo so, sono tante otto... Ma una la porterei con me... Quindi otto più una nove e... Si, sto pianificando qualcosa di nuovo e al termine del progetto... Conto di combattere con nove spade... Te lo mostrerò quando avrà terminato i preparativi. Dissi, quasi imbarazzato.
    Comunque... Stavo dicendo... Otto... quindi quattro e quattro... E' possibile fare una formula dei sigilli che mi portino ad evocare una spada diversa per ogni dito della mano escluso il pollice? Non so, con un'attivazione semplice... Come ad esempio unire il dito con il palmo della mano... Incrociai le braccia, pensieroso... Ho un'idea... Perché non ci lavoriamo insieme al progetto? A me serve che tu faccia l'interno, un guanto come questo che copra per intero tutta la mano... Io ci potrei applicare una protezione sopra, dorso e prima falange, in modo da avere la mobilità necessaria per impugnare le spade ed eseguire i sigilli.
    Il romanticismo secondo Akira Hozuki: trovare un'occasione per stare insieme solo per forgiarsi una nuova parte di equipaggiamento.
    Da sposare.
     
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    V

    Dovevo ammetterlo, restare del tempo vicina a lui e comportarmi come un'idiota mi mancava. Specie perché da quando l'epidemia aveva aggravato i miei carichi di lavoro a livelli insostenibili quel tempo era diventato raro e prezioso ed ero diventata fin troppo stupidamente seria. Mi era richiesto. Ma non lì, tra quelle quattro mura. Così sbattei la spada di gommapiuma in testa all'Hozuki prima di lasciargliela.
    Dunque, tornando alla questione del guanto, Akira mi stava parlando di combattere con nove spade. Aggrottai le sopracciglia. E come intendi fare, farti crescere braccia in più? Dall'ultima volta che avevo controllato era difficile impugnare le spade con i piedi ed in ogni caso ne avanzerebbero altre cinque.
    Poi lui propose il lavorare su quel guanto come se fosse un appuntamento.
    Molto romantico tesoro, ovviamente il tono era sarcastico. Ma del resto che mi aspettavo, lo conoscevo da troppo tempo per rimanere sorpresa. Così ridacchiai e gli lanciai il guanto in faccia, poi, in uno slancio di inatteso affetto fiondai le braccia al collo e lo baciai.
    Va bene, dissi, sorridendo. Ma questa non passa come appuntamento. Stasera voglio uscire, non ne scampi. Sappilo.
    Ah, classica pericolosa minaccia.
    Mi staccai da lui e ripresi il guanto tra le mani, lo posai sulla scrivania e presi un foglio di pergamena, dove disegnai (male) la forma di una mano. Posai dunque la penna su un dito, iniziando a tracciare la formula del sigillo.
    Allora... di che colore lo preferisci?
     
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    V


    La spada in gomma piuma mi colpì in testa.
    Ovviamente la cosa non mi fece assolutamente male, al più mi fece scoppiare in una fragorosa risata.
    Ok, forse questo non è proprio ciò che ti aspettavi da stasera... Ma, si, lo sai, sono un vero romanticone... Sottolineai le ultime parole ridendo, mentre la stringevo a me e mi gettavo sul letto, sistemandole il viso sul mio petto e facilitandole il compito di baciarmi.
    Ricambiai il suo bacio, allungando fino al possibile il momento con il mio corpo contro il suo, stringendole delicatamente i fianchi.
    Le sorrisi, e con la mano spostai il suo ciuffo dietro l'orecchio, mentre con l'altra le accarezzavo la guancia opposta.
    Farmi crescere delle braccia in più, dici... Ridacchiai, riprendendo fiato. Non sai quanto tu ti possa essere avvicinata alla realtà dei fatti... Glissai, rispondendo solo vagamente alla sua domanda.
    Quello che stavo definendo sarebbe stato forse uno degli ultimi stadi del mio stile di combattimento, e non potevo anticipare nulla a nessuno.
    Come non è un comportamento?! Questo è il principe, il re di ogni appuntamento! Quando ti ricapita di stare tutta sola con Akira Hozuki? Il ninja più affascinante e carismatico di tutti i paesi ninja? Un gran bel occhiolino, per incorniciare il tutto, mentre con le mani incominciai a scorrere lungo il suo busto.
    Per il guanto... Basta che eviti un colore dei tuoi, tipo un viola... Restiamo sul neutro, possibilmente blu scuro, o nero... Insomma, fai te... La guardia mentre iniziava a giocherellare con il guanto, incominciando a tracciare i suoi strani sigilli.
    Ma quindi veramente vuoi uscire? E' freddo... Umido... Al cinema non danno niente di bello... Io pensavo a qualcosa tipo... Gli presi il guanto, lanciandoglielo a terra.
    Quello poteva attendere.
    Io pensavo tipo più a fare l'amore tutta la notte. Te che dici?

     
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