Nightmare Before Ninjamas!

[News Natalizia]

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  1. Zakira
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    La pazzia del Re dell’Inverno superava le sue aspettative. Perchè mai costruire una macchina del genere? Cosa aveva di così importante quel giorno? Asami non riusciva a dare una spiegazione, come non voleva credere che, molto probabilmente, di fronte a sé si trovava non altro che un automa visti i numerosi bulloni e ingranaggi che costituivano parti del suo corpo. Davvero avrebbe attivato la macchina? Avrebbe funzionato oppure sarebbe stato tutto uno scherzo?
    L’aspirante medico non poteva sapere le reali intenzioni del Re dell’Inverno, anche se aveva dato a tutti i partecipanti l’opportunità di fermarlo raccogliendo diverse chiavi e spegnere l’arma infernale costruita dal proprietario della fabbrica. Perchè mai aveva aiutato gli accademici? Come veniva alimentata quella macchina? L’unica soluzione che la giovane Hoshiyama vedeva davanti ai suoi occhi era quella di recuperare il maggior numero di chiavi nel minor tempo possibile. Appoggiò la piccola statuina davanti al padiglione scelto per poi controllare la piccola miniatura della fabbrica. Solo in quell’istante riuscì a notare la meticolosa somiglianza tra le statuette ed ogni singolo shinobi all’interno di quella sala. Com’era possibile? L’uomo come poteva sapere del reale aspetto dei candidati scelti per quella spedizione?
    Lanciò una breve occhiata a tutti i presenti all’interno di quella stanza per poi dirigersi verso la porta d’ingresso, per raggiungere il padiglione scelto. Non fece in tempo di lasciare la stanza che la voce del colosso di Oto attirò la sua attenzione. Si rivolse all’uomo meccanico con arroganza mostrando la sua armatura. A quanto pare uno dei ninja del villaggio del Suono si era preparato a quella missione con l’intenzione di immischiarsi in una battaglia, cercando di coinvolgere tutti gli shinobi presenti in quella sala. Nessuno escluso.
    Poteva essere uno o due gradi superiore al suo. Poteva avere l’equipaggiamento necessario per affrontare tutti i marchingegni creati dal re dell’Inverno. Sicuramente aveva esperienze superiori in battaglia superiori a quelle della genin di Konoha. Ma quello che gli mancava nel suo modo di fare era il rispetto nei confronti dei suoi possibili alleati.

    -Ammassi di… carne?-

    Guardò con aria infastidita colui che portava il nome di Diogene Mikawa. Con quale coraggio aveva avuto l’uomo e rivolgersi a tutti loro con quel tono? Credeva davvero, dopo essersi rivolto con quel tono, di ricevere l’aiuto indispensabile di tutti gli accademici? O gli altri, spaventati dal suo modo burbero, avrebbero collaborato?
    Molto probabilmente era uno scenario che poteva verificarsi ma che Asami non aveva intenzione di seguire.

    -Ma come si permette!? Un pò di rispetto!-

    A quanto pare l’uomo non voleva tirarsi indietro e di conseguenza la ragazza dagli occhi verde smeraldo non aveva intenzione di cadere in un inutile fallimento. Inoltre non voleva innervosire l’uomo meccanico che, in qualunque momento, poteva agire nei modi più inaspettati. Tutti loro si trovavano in territorio nemico ed ogni trabocchetto poteva risultare una trappola mortale.
    Un forte flusso di chakra avvertì la giovane ragazza del villaggio della foglia, ma ciò che vide fu solo il Re dell’Inverno che andò in frantumi. Ma il suo corpo, come la bambola, si ricompose, ritornando come nuovo. Quindi anche Re dell’Inverno era alimentato con la stessa energia?

    §!!!§

    Data la situazione era impossibile, quindi, eliminarlo in qualunque modo. I vari tentativi potevano risultare quindi inutili e controproducenti.
    Con un semplice schiocco delle dita l’uomo meccanico “generò” dal suo corpo un oggetto alquanto “particolare”. Un’espressione annoiata si disegnò sul volto della kunoichi della foglia che lanciò un’occhiata a tutti i presenti all’interno di quella stanza. Davvero avevano intenzione di perdere ulteriore tempo? E dopo la richieste dell’Otese volevano davvero usare il rilascio, consumando chakra utile per il superamento delle prove o minacce simili? Asami non aveva intenzione di aiutare lo shinobi utilizzando la forza contro l’uomo meccanico. La sua pazzia superava ogni limite con la costruzione di quegli oggetti diabolici. Lui stesso poteva essere definito un mostro con i numerosi ingranaggi in vista. La macchina poteva anche non funzionare ma voleva assecondare il suo gioco, cercando di non farlo infuriare e ritrovandosi in una situazione peggiore di quella.

    -Io me ne vado.-

    Alzò le braccia sbuffando e diede le spalle a tutti loro, aprendo la porta.

    [...]

    Chiuse il groppo portone dietro le sue spalle mentre un vento gelido colpì il suo volto. All’interno della sala faceva molto più caldo quasi dimenticandosi del freddo polare che in realtà circondava la fabbrica. A braccia conserte e a passo svelto iniziò a dirigersi verso il padiglione da lei scelto, il numero 16. Nel frattempo pensava a ciò che stava accadendo all’interno della sala d’ingresso.

    -Tsk… Perdono del tempo prezioso.-

    Come potevano distruggere un qualcosa che si ricostruiva in pochi secondi? Davvero il rilascio era per loro l’unica soluzione? Eppure per Asami tutto ciò che la circondava, per quanto assurda, sembrava così reale. Anche se alcuni oggetti potevano avere forme particolari o troppo irreali per la tecnologia del tempo. L’uomo meccanico aveva già scoperto un modo per ricostruire le sue creazioni, forse attraverso il chakra, e pronte per essere usate in battaglia. Forse era proprio il chakra a alimentare tutte le macchine presenti in quel posto. Gli altri che si erano uniti all’Otese, inconsciamente, stavano aiutando quel pazzoide a potenziare o costruire le macchine.
    Arrivata al padiglione “16” la giovane diciannovenne si ritrovò davanti davanti ad edificio a forma di albero. In cima c’era una piccola casetta senza finestre.

    §Molto probabilmente è in quella stanza c’è la chiave. Almeno, spero...§

    Così, percorrendo una scala a chiocciola, raggiunse la porta d’ingresso. Entrò all’interno della stanza osservando con disgusto la maniglia della porta. Ripensando alle povere condizioni degli elfi non le poteva sembrare assurdo che la maggior parte di essi venivano utilizzati come ornamenti o pseudo-decorazioni per abbellire gli interni della fabbrica. Una volta entrata, si trovò completamente al buio. Non ci fu nemmeno uno spiraglio di luce per rilevare i segreti all’interno di quella stanza.

    §Non si vede niente.§

    Con le braccia in avanti, iniziò a camminare cercando di aggrapparsi a qualsiasi appiglio per non allontanarsi dalla porta d’ingresso. Ma il suo senso dell’orientamento purtroppo non era dei migliori, credendo di percorrere più metri rispetto a quelli effettivi. Fortunatamente le sue mani avevano toccato una parete che gli si era presentata davanti. Era già arrivata alla fine della stanza?
    Le sue dita affusolate percorrevano l’intera parete per trovare un ulteriore indizio o un interruttore per illuminare lo spazio circostante. Improvvisamente trovò un’incisione su di essa. “Vetro” Quella era la parola incisa.

    §Forse indica il materiale di questa parete.§

    Con la mano cercò di trovare altre parole utili. E non trovò solo singoli termini ma un’intera frase, che in quel preciso istante non riuscì a comprendere il suo reale significato.

    -Ma cosa vuol dire tutto questo!?-

    Nella disperazione più totale cercò di “leggere” nuovamente con la mano le parole scritte sulla parete in vetro. Ma la dura realtà era quella di ritrovarsi in una stanza al buio con una frase che, in quegli istanti,era priva di significato. Leggermente con lo sguardo si voltò verso un punto apparentemente indefinito, illuminato da una piccola luce. Appoggiando la mano alla parete, iniziò ad avvicinarsi sempre di più a ciò che aveva attirato la sua attenzione, rilevando una piccola cassa con inserito un tastierino numerico.
    Cosa poteva contenere? Una delle chiavi? E a cosa servivano quei tasti numerici?

    §Aspetta un momento...§

    Più veloce che potè, rilesse nuovamente la frase incisa sulla parete.

    §...la risposta è indispensabile… non dirmi che...§

    Ciò che aveva intuito la ragazza dalla chioma rossa poteva corrispondere alla realtà. Come avrebbe contato i vari elfi descritti in quella frase al buio?

    [...]

    Diverse furono i tentativi della Hoshiyama. Ma il risultato fu sempre quello di perdere il conto degli elfi all’interno di quella stanza. Una volta ne erano sette, altre volte cinque per poi ritornare sui suoi passi. Ma la confusione nella sua testa era tanta. Decise di sedersi per terra con le spalle al muro, guardando in alto, verso un immaginario soffitto. Aveva perso la cognizione del tempo ma non per questo motivo si arrese.
    Prese diversi oggetti dal suo marsupio, così da aiutarsi nell’arduo compito. I kunai corrispondevano, in quel caso, agli elfi maschi, gli spiedi corrispondevano a quelli femminili mentre l’antidoto rappresentava all’elfo magro. Infatti da quella frase comprese che di elfo magro, tra tutti quelli menzionati, ne era solo uno.
    Dopodichè posizionò due Kunai, uno alla destra e l’altro alla sinistra del tonico. Forse ne doveva aggiungere altri ma cercò di inserire all’interno dello schema gli oggetti che in quel momento rappresentavano gli elfi di sesso femminile. Poco dopo portò uno degli spiedi posizionandolo alla destra del kunai. Ricontrollando la composizione da lei creata, non tutti i tasselli sembravano al suo posto. Forse era l’arma appena posizionata, cioè l’elfo femmina. Come diceva il testo l’elfo femmina si trovava dietro a due elfi maschi ma al contempo anche dietro ad uno magro. Spostò il Kunai davanti al tonico, cioè all’elfo magro.

    §Aspetta... forse...§

    Forse in quella composizione l’elfo magro corrispondeva anche all’elfo maschio. Prese il tonico e lo ripose nuovamente nel suo marsupio, lasciando sul pavimento di quella sala due kunai, quindi due elfi maschi, e uno spiedo, cioè l’elfo femmina. Uno dei kunai, precisamente quello alla sinistra dello spiedo e al centro di quello schema, oltre a rappresentare uno degli elfi maschi prendeva anche il posto del tonico e quindi dell’elfo magro. Ricontò per un’ultima volta le tre armi per poi riposizionarle all’interno del marsupio, dirigendosi alla cassa.

    §E’ questa la risposta!§

    Una volta aver premuto il tasto numero “3”, avrebbe aspettato, sperando nell'apertura della cassa.
     
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