La Via del Ferro

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. F e n i x
        Like  
     
    .
    Avatar

    Group
    Admin
    Posts
    18,996
    Reputation
    +685

    Status
    Online

    Connessioni Elettriche


    - XI -




    Il Colosso fece spallucce.

    Beh non penso gli venga complesso costruirsene uno nuovo.
    Ma ti faccio notare che, se al tuo ultimo aggiornamento, risalente a chissà quanto tempo fa, risultavano distrutti e io so che ce ne sta uno è evidente che so un informazione vera su di lui che non avevo modo di sapere in alcun modo.
    Non so te, ma quando interrogo qualcuno non gli chiedo se vive in un buco sotto terra.


    La diffidenza lo infastidiva, probabilmente perché illogica dal suo punto di vista. Il significato della successiva frase invece rimase per lui del tutto oscuro, probabilmente il fabbro amava confonderlo, per cui scelse semplicemente di metterlo da parte, prima o poi avrebbe trovato il modo di utilizzarlo per creare delle armature se la conoscenza acquisita da Ryo glielo avesse permesso.
    L’indomani, all’interno della stanza delle pozioni Raizen avrebbe chiesto il motivo della sua esistenza, e se fosse legato alle armature, ma la risposta fu abbastanza deludente.

    Ah.
    pensavo quasi che stessi cercando un modo per ucciderti.


    E non scherzava, prima di domandare infatti aveva annusato l’aria in cerca di veleni dispersi, ma non ne aveva trovato traccia.
    Quando fu il momento di impugnare il martello non si tirò indietro, i fogli di metallo per lui non erano un problema, sapeva già quale era il modo per appiattire un pezzo di metallo, per la precisione “i modi”.
    Fusione e la più lenta battitura.
    Entrambe avevano i loro pro e i loro contro, la fusione un piano di lavoro perfettamente dritto che gli permettesse di non creare ispessimenti dovuti alla pendenza e lo scoglio più grande: la temperatura. La battitura, il tempo e l’aggiustamento della superficie, punto ostico per Raizen e per il quale di fatto non aveva ancora ricevuto un indicazione ben precisa.
    Mentre rifletteva su come comportarsi per la lamina da battere agiva per quella da fondere, il processo era comunque lungo, e caricare la tatara richiedeva non poco tempo vista la quantità di legna richiesta per la fusione, l’unica fortuna era il mantice attivato dal vicino ruscello d’acqua.
    Caricata la fornace attese il raggiungimento della temperatura, occupando il tempo lavorando di martello, di fatto quella mansione non era complessa, finché la lamina era dritta, per quando estesa, non aveva difficoltà, una spada non era altro che una lamina affilata da un certo punto di vista.
    Parecchio calore all’inizio per rendere il metallo sufficiente morbido fino a dare la forma desiderata per poi fare gli ultimi aggiustamenti a temperature più basse in modo da limitare gli errori dovuti da colpi troppo forti.
    Notò però che l’acciaio aveva un limite oltre il quale la lamiera diventava fragile.
    Ne dedusse quindi che uno degli errori fatti fino a quel momento era da ricercarsi nel fatto che tentava di usare lo stesso metallo per spade e protezioni, le seconde infatti necessitavano di materie più dolci, pure.
    Una minor concentrazione di carbonio quindi l’avrebbe aiutato nel suo compito, dopotutto l’armatura doveva piegarsi, non rompersi, e non dovendo essere affilata era possibile rinunciare a quasi tutta la rigidezza dell’acciaio per ottenere un metallo con una concentrazione di poco superiore a quella del ferro dolce.
    Trovato il giusto materiale non gli restava che lavorarlo, produrre le lastre non gli costò troppo tempo, giusto quello necessario alla tatara per scaldarsi.
    Solitamente il grosso forno veniva utilizzato per separare il ferro dalla sabbia in cui era disperso, mediante fusione, per questo il metallo necessitava di accorgimenti leggermente diversi, lui invece aveva bisogno solo del calore, per questo una volta arrivato a temperatura il forno posizionò il suo lingotto, all’interno di un crogiolo di graffite, ed attese che fosse fuso per poi versarlo su una superfice di graffite levigata che potesse fargli da stampo. Il nome non era del tutto corretto visto che la piccola colata non aveva limiti, Raizen l’avrebbe infatti fatta spargere al suo massimo, assicurandosi che lo spessore uniforme venisse assicurato dalla viscosità del materiale che non avendo impedimenti poteva espandersi a piacere.
    Aveva ora due lamine, una perfetta ed una più perfetta, a Ryo decidere quale fosse la più adatta, lui le avrebbe lasciate li, la notte, prima di avviarsi da Kunihiro.

    […]

    Prima che Kunihiro potesse andare Raizen gli avrebbe strizzato l’occhio.

    Non ho solo doveri verso il villaggio.

    L’indomani il piccolo ninja avrebbe avuto a che fare con la bibliotecaria, che più di una volta aveva avuto a che fare con bambini troppo curiosi in grado di inventare elaborate storiello, mettere insieme una mamma dipendente di un alta figura politica era decisamente semplice, cosa che la mise in allerta.

    Tu sai che stai facendo una cosa molto pericolosa, vero?
    Mmmh, direi proprio di si, altrimenti non cercheresti di ammorbidirmi con questi.
    Torna indietro, non posso fare niente per te.
    Ci sono delle limitazioni, e in questo caso non si tratta di un bisbiglio fuori posto, la sezione degli shinobi è tale perché le loro arti sono segrete e così devono restare, consegnare a te uno di quei libri sarebbe come gettarlo fuori dalle mura.


    Rimbalzato, miseramente, insieme ai suoi soldi.
    Era a Konoha dopotutto, non ad Ame o Oto dove si poteva sperare di corrompere un impiegato in quel modo, era l’inganno a servirgli, non soltanto la menzogna.

    […]

    Ritornato alla casa degli addestramenti Kunihiro avrebbe trovato Raizen ad attenderlo, soddisfatto.
    Mediante l’osservazione e il tocco aveva acquisito una concezione di se stesso del tutto differente, e durante l’esercizio aveva aggiunto un ulteriore difficoltà: contrarre i muscoli toccati, esclusivamente quelli stimolati, non uno di più, non uno di meno, qualcosa di simile agli esercizi necessari ad evolvere la sua arte recitativa che vedevano coinvolti i muscoli del viso per espandere la sua capacità espressiva.
    Non era ovviamente in grado di scoprire nuovi movimenti, ma di mappare anche i suoi muscoli.

    No no, esagerato, quante cose negative!
    C’è anche del positivo… che ti avevo detto… si… strambo!


    Sorrise.

    Scherzo, sei originale, è importante più di quanto sembri.
    Non pensavo te la prendessi per degli appellativi di quel tipo.
    Riguardo a ciò che ho imparato… adesso conosco il mio corpo, alla perfezione.
    So immaginarmi nel punto in cui dovrei essere, potrei essere già li se ne fossi in grado ma vedi, la prima volta che ottenni questo potere la cosa fu molto immediata, rapida.
    Non so perché ma una volta percepite quelle che per me erano i sigilli di dislocazione era un attimo ritrovarmi sopra di essi, adesso invece è differente, devo capire ancora approfonditamente cosa mi permette di spostarmi.
    È legato al mio chakra, a qualcosa che ho dentro di me qualcosa che mi permette di…


    Parve che un pensiero gli attraversasse il cervello, e forse attraversare era la chiave di quella deduzione.

    I dottori parlavano di un organo elettrogeno, era qualcosa che produceva un surplus di elettricità, ero un generatore, tale elettricità allentava i legami elettrici che tenevano unita la materia di cui sono composto, tale allentamento mi permetteva di spingermi oltre il concetto stesso di velocità sfruttando il magnetismo come vettore, perché anziché muovermi come qualcosa di coeso mi muovevo come insieme di elementi sufficientemente piccoli da andare Oltre.
    E qui come dicevi sta la differenza tra ciò che facevo io e ciò che fai tu che vieni letteralmente richiamato in un secondo punto, attivando in remoto diciamo.
    E adesso?
    Adesso posso scavare ancora, adesso ogni mia cellula è elettricità!
    Non mi serve più essere attratto da qualcosa, posso essere ovunque io decida di essere, per questo è importante comprendere lo spazio che mi circonda!
    Sai perché?


    I suoi occhi erano spalancati, sgranati, emozionati.

    Quando io decido il punto non creo qualcosa che mi attrae ma un me stesso di elettricità, una pari quantità di energia che possa accogliere me stesso, o per meglio dire differenziare quell’energia in tessuti e segnali chimici vari che compongono il corpo di un essere!

    I suoi occhi si fecero più fini, attenti, concentrati.

    Già… ma come posso farlo?

    Si grattò l’ispida barba presente sul mento.

    Riuscire a quantificare una distanza ed immaginarmi li è metà del lavoro… ma l’altra metà?
    Devo riuscire a concentrare un qualcosa, anche solo un pensiero, che catalizzi parte della mia energia in quel posto e…!


    Schioccò le dita dando voce alla lampadina che gli si era appena accesa.

    So già farlo!

    Incrociò il sigillo necessario alla moltiplicazione del corpo e il suo clone comparve a dieci metri di distanza, dopo poco venne seguito da un secondo a venti.

    Riesco a gestire tempi e distanze!
    Il processo mentale sarà simile, che dici?


    Certo, fino a quel momento aveva parlato con se stesso, probabilmente portando la soglia di attenzione di Kunihiro vicino a quella di un cucciolo60c837fa1567ce6d54745b8ca5f83615 di cane, ma il tutto aveva una logica.

    Stacco un pezzetto del mio chakra elettrico, lo stesso che già adesso riesco a percepire, lo posiziono unendo tutte queste nozioni e fatto!

    Aspettava una conferma, e dal suo sguardo pareva che se l'aspettasse entusiasta.


    Edited by F e n i x - 15/4/2018, 18:35
     
    .
33 replies since 18/12/2017, 19:28   465 views
  Share  
.