Ogni Promessa è Debito

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    The Question


    VIII



    La rossa ridacchiò, mimando un inchino alzando appena i lembi della gonna:

    Ooh, sono onorata di tante attenzioni, Hokage-sama.

    Il tono era sarcastico seppur cordiale, dopotutto un paio di notti lì le aveva già passate, perciò prese quell’affermazione come scherzosa. Doveva ammettere che quel letto era veramente comodo, ma cosa non lo era nella casa di un Hokage?
    Annuì solenne per la scelta del film, pur non conoscendolo. Il fatto che ci fossero degli avvocati nel titolo doveva se non altro simboleggiare che sarebbe stata una storia non d’azione, e tanto le sarebbe bastato per goderselo. Poi, azzardò la sua domanda.
    Raizen si bloccò, pensieroso, ma finalmente un soddisfacente “sì” uscì dalla sua bocca. Hebiko si riempì d’orgoglio nel sapere di essere riuscita nel suo intento, aprendo bocca per prendere fiato e rispondere… quando si sentì tirare con estrema rapidità, decisamente troppa per le sue capacità. Dopo qualche passo saltellato dove a malapena sfiorava il terreno, usò il braccio libero per aggrapparsi alle spalle del Colosso, tirandosi sulla sua schiena e stringendovisi saldamente. Cosa gli era preso tutto all’improvviso!? Si erano ormai allontanati dal centro, fino a superare tutta la città e le mura stesse, arrivano fino ai confini della foresta del paese del fuoco che circondava Konoha. Quando finalmente l’Hokage terminò la sua corsa, la ragazza scese dalle sue spalle, visibilmente sconvolta e con i capelli tremendamente scompigliati. Sbattè un paio di volte le palpebre, liberandosi dai ciuffi di capelli finitele in faccia, prendendo qualche momento per sistemarseli. L’erba, altissima, non aiutava, la piccola Vipera quasi vi spariva li in mezzo, riuscendo a camminarci comodamente solo grazie allo spazio apertole dalla stazza di Raizen. Un timidissimo “aiutami” mugolato appena si fece sentire poco prima che lui le rivelasse il motivo di quella corsa folle. Alzò lo sguardo al cielo, e gli occhi sembrarono illuminarsi.

    ...Oh.

    Non riuscì a trattenersi dal sorridere. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che aveva alzato lo sguardo al cielo, poteva giurare che l’ultimo ricordo fosse di quando era bambina. Ridacchiò, sedendosi accanto al Colosso.

    Questo è decisamente meglio di un film.

    Si mise comoda, ascoltando le parole di Raizen. Erano soli. Lontano da tutto. Una strana sensazione di libertà si fece spazio nella sua mente, annullando qualsiasi tipo di pensiero. Tutti i problemi che si faceva, tutti i “se” a cui non trovava risposta, tutti i difetti che sentiva avere o che le facevano notare, spariti. Lontani, per una notte. Non si sentiva così rilassata da tutta la vita. E d’un tratto, dopo una dolce carezza, un bacio improvviso.
    Dopo qualche secondo, Hebiko allontanò appena la testa, fissandolo negli occhi. Entrambi si fissarono per pochi ma interminabili secondi… finché gli angoli della bocca della Vipera si arricciarono, lasciando scappare una dolce risata. Portò le mani a toccarsi la testa, mentre le guance iniziavano a colorarsi di rosso e lei si sforzava di tornare seria, senza però riuscire a togliersi un sincero sorriso dalla faccia.

    A-ah! N-no mi dispiace, non volevo ridere! E’ solo… Non lo so, mi sento così felice! N-non riesco a smettere di sorridere. E’ così che ci si sente di solito?

    Sembrava si stesse agitando, nonostante l’evidente felicità provata. Dopotutto era il suo primissimo bacio, mai aveva ricevuto dimostrazioni d’affetto del genere. Poggiò le mani sulle guance di Raizen, fissandolo con le pupille completamente dilatate.

    Mi piace questa cosa.

    Tirandolo leggermente a se e spingendosi verso di lui, con così tanta foga che sarebbero probabilmente finiti a terra, fu lei a baciarlo stavolta, spostando le braccia sulle sue spalle, fino alla schiena, abbracciandolo e tenendolo stretto a se. Si sentiva così libera, così felice, e voleva condividere quella sensazione con lui. Dopotutto era merito suo se le si era accesa quella scintilla. Soli, senza preoccupazioni, l’uno che bastava per l’altra. Avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre.
    Stesa nell’erba, si lasciò andare ad un sospiro liberatorio. Tornò ad osservare le stelle, stavolta accovacciata addosso all’Hokage. Non riuscì a trattenersi dal fare una battuta sarcastica:

    Bel film. Non ho visto nessun avvocato però.

    Rise nuovamente, poggiando la sua testa sul petto del Colosso. Qualche pensiero più cupo iniziava a farsi spazio nella sua mente. Non li voleva, non ancora. Voleva sentire ancora il calore dato da quel gesto. Stringendo la mano a pugno, tirò appena la maglia di Raizen, avvertendolo senza volerlo del suo crescente disagio. Si lasciò timidamente andare ad una domanda, che, a prescindere dalla risposta, avrebbe dato vita ad una cascata di altre domande, aprendo la diga alle preoccupazioni della Vipera.

    ...Cosa siamo noi?

    Il pensiero che si era già fatto spazio nella sua mente era cosa avrebbe pensato Febh di quel rapporto. Ora che aveva “assaggiato” Raizen, non aveva la minima intenzione di lasciarselo scappare. Non sapeva nemmeno di volerlo fino a qualche ora prima, non lucidamente almeno. Ora le cose erano decisamente più chiare, ma quella chiarezza poteva portare a decine di problemi se fosse stata resa pubblica. Si morse la lingua dopo aver parlato. Perchè doveva sempre rovinare le cose belle che le capitavano? Nonostante il momento, era riuscita a fasciarsi la testa con inutili pensieri.
     
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    - IX -




    Fu un po' come un turbine, dopo la prima esplosione i gesti diventavano automatici e qualsiasi cosa venisse dopo era ben poco ragionata, si prendeva atto dell’accaduto solo quando si recuperava un po' di distanza, dai venti centimetri insù l’uno dalle labbra dell’altra.
    Non rispose alla battuta di Hebiko, apprezzava il silenzio in quel momento, ma non potè evitare di parlare a lungo.
    Per lui la risposta era chiara, ma probabilmente la prima che gli venne in mente non era esattamente la risposta che voleva Hebiko.

    Reietti.

    Gli poggiò una mano sulla testa, accarezzandole i capelli.

    Sono certo di questo.

    Sorrise, ma c’era una nota amara che non gli permise di esprimersi al meglio in quell’esternazione di felicità.

    Non sarà facile.
    Siamo tra i pochi ad esserci spinti oltre un limite che per gli altri è inciso a fuoco nella pelle, legato al loro DNA.
    Siamo nati liberi, quasi per errore, e dovremmo lottare per mantenere tale libertà.
    Però mi piace condividere l’assenza di radici.
    Tu non sei otese, eri una contadina e potevi esserlo ovunque, un po' una figlia di nessuno, io non sono konohaniano ma mi sono lasciato adottare, ed ho sempre pensato che ci fossero due sfere da tenere sempre ben separate, il lavoro e la vita.
    E nella vita ci somigliamo.


    Non la guardava ancora, parlava più alle stelle, come se pensasse a voce alta.

    Non so cosa siamo noi, per adesso stiamo nello stesso binario.

    Inspirò a fondo.

    E probabilmente ci porterà ad allontanarci dai nostri villaggi se accetteremo di proseguire per questa strada.

    Non avrebbe posto un limite al tempo che avrebbero passato distesi sull’erba, non si sarebbe nuovamente alzato di scatto per trascinarla via, aspettando e sonnecchiando fino all’alba se necessario.

    Ma troverò una soluzione.
    Ce n’è sempre una quando si è liberi.


    Solamente ogni tanto era costretto a fare qualche piccola manovra per spostare di soppiatto un fastidioso ingombro tra una gamba e l’altra, indeciso sulla posizione migliore da adottare per evitare di dover badare al problema ogni 5minuti.

     
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    IX



    La risposta di Raizen la fece ridacchiare.

    Eh. Non suona poi così male. Chi ha voglia di stare in mezzo alla gente, dopotutto.

    La libertà. La cercava dalla nascita, ormai. Dalla prima volta che i genitori le avevano dato il divieto di imparare le arti ninja. Si era ribellata ed aveva preso la sua strada, libera. Ma a quale prezzo? Si riempiva sempre la bocca con discorsi sul voler essere libera, sostenendo che fosse il suo nindo, il suo obiettivo ultimo... Sostenendo che fosse quella la vera felicità. Eppure, chi si poteva dire libero davvero? Raizen era momentaneamente incatenato dalle sue responsabilità da Hokage, così come lo era Febh, nonostante cercasse di fuggire costantemente dalle sue responsabilità. E chissà cosa ne pensavano gli altri shinobi all'apice della loro carriera. Forse quella ricerca era tutta una menzogna, dopotutto. Forse era un concetto creato per sentirsi bene con se stessi, sapendo che le proprie scelte non sarebbero state influenzate da nessun fattore esterno oltre al proprio.
    Allungò le braccia sul petto del Colosso, poggiandovi il mento e giocherellando coi suoi capelli. Il momento di relax la stava aiutando a non fasciarsi troppo la testa con inutili pensieri, posticipando la ricerca di soluzioni varie. L'idea di allontanarsi dai villaggi diede spazio alla sua immaginazione:

    Sarebbe bello. Non avere più nessuno a dirti cosa fare o non fare, non sottostare a stupide regole imposte da chi ti sta sopra, non sentire nessuno blaterare di sentirsi in grado di darti ordini solo perchè di un grado superiore al tuo...

    Sospirò, sorridendo appena, fissando distratta i dintorni.

    Credo che mi lascerò trascinare dalla corrente per un po'. Si può definire libertà? Andare dove ti porta il vento. Sei guidato da qualcos'altro, ma sei tu ad averlo voluto. ...Se ci si pensa troppo su, nessuna scelta sembra poi così libera. Heh! Magari stiamo cercando qualcosa che non esiste.

    Sarebbe rimasta in silenzio da lì in poi, poggiando per bene la testa sul petto dell'Hokage e addormentadovisi. Non lo avrebbe mai confessato, ma si sentiva più comoda lì che nel letto accuratamente scelto per lei.
     
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