La ChiamataRiunione Segreta dei Kage

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  1. -Hidan
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    La Chiamata


    I


    Cosa puoi fare durante un incubo?
    Vedi le tue paure, tu sei lì, davanti ad esse, eppure sai che in qualche modo, alla fine, ne uscirai.
    Tu non sei mai veramente lì.
    Vedi te stesso, protagonista e spettatore allo stesso tempo, e sai che quello che sta accadendo, alla fin fine, si limiterà ad essere poco più di un brusco risveglio nel tuo stesso letto.
    La mente può avere paura.
    Perfino il tuo cuore può avere paura, in certe circostanze.
    Ma hai una certezza a cui puoi afferrarti, con tutte le tue forze, ed è che, alla fin fine, in un modo o nell'altro, quel momento finirà. Tu ti sveglierai, e ti accorgerai che era stato tutto un brutto sogno.
    E' questo quello che ti fa andare avanti...


    ... No... Non era possibile.
    Lui era morto.
    Una trappola?
    Ma chi poteva fare una cosa del genere? Perché a me? Perché ora?
    Strappai la lettera. La gettai nel vento, e questa si disperse in un moltitudine di briciole di carta.
    Ma se ero sicuro di quello, perché mi stavo già dirigendo lì?
    Dopo tanto tempo, avevo forse una meta?

    Ma se l'incubo non avesse fine?
    Come potresti sopportare tutta quell'oscurità? Come potresti anche solo tentare di andare avanti?
    Non avresti un appiglio. Non avresti un approdo sicuro.
    Nessuna ancora, nessuna salvezza.

    Che immagine vedresti riflessa nello specchio?


    Vedo solo un uomo che indossa la sua faccia ogni mattina.

    La modella come plastilina.

    Un rumore che lo riempie.

    Un dolore nelle tempie che non passa con una medicina.

    Ero lontano da casa.
    Da quanto tempo mancavo?
    Giorni? No... Settimane? Forse.
    Ero tornato lì dopo il Gelo... Ma non sapevo dire quanto tempo era passato da quel giorno.
    Ma lui era lì ad attendermi. Nei miei sogni.
    Nei miei incubi.
    Lo sapevo.

    Un cielo nero, da cui piove fuoco.

    Non potevo più dormire.
    Non potevo più sognare.

    La mattina tremo quando dormo poco.


    Non avevo detto nulla a nessuno.
    Nessun messaggio, nessun addio.
    Di me, alla Nebbia, nessuno avrebbe saputo più niente.
    Neanche Lei...

    La vita è diventata il mio incubo.

    Che mi congela come brina. Che arriva come pioggia novembrina.
    Che mi lacera la pelle, fino alla stiva della mia autostima.

    Immagina di andare sempre avanti sulla tua strada, nella tua vita, finché alla fine non trovi la gioia che cercavi.

    Una gioia che che ti sorprende, come una brezza leggera che ti sorregge.

    Io l'avevo trovata, ora mi rimangono le schegge.

    L'ho persa dopo un battito di ciglia.

    E quando perdi la brezza che ti sorregge precipiti nel vuoto, ma non sai per quante miglia.

    Scusami...

    Il problema non è mica l'atterraggio, è la caduta.

    Dovrei trovare quel coraggio per rincorrere una cosa giù perduta.

    Io non l'ho mai rincorsa.

    Il lusso di potermene scappare dalla morsa, restarmene alla porta.


    Ero sommerso dalla neve, con un mantello fatto di stracci.
    Avevo varcato la sera prima il confine del Ferro. Quel giorno avrei raggiunto il luogo dove avrei scoperto la verità.
    Mi fermai, solo per un istante, a mirare qualcosa tra il freddo e il gelo.
    Mi accovacciai sulle ginocchia, sfiorai quel bellissimo fiore scuro.
    In altri tempi avrei sorriso.
    Per il fiore, per quello che rappresentava - per me - o in quel posto, in quel preciso momento.
    Mi alzai, andai avanti.

    Si fotta quel che sento.


    Uscivo dal mio cuore... Lasciavo le chiavi dentro.


    Spalancai le porte dell'austera struttura.
    Vento e neve accompagnarono il mio ingresso.
    Mi fermai nel centro della stanza, come se fossi congelato, mentre guardavo in volto l'uomo dinanzi a me.
    No... Non è possibile. Mi tolsi il cappuccio del mantello, mostrando il mio volto.
    Il mio viso era scavato, malandato. I capelli lunghi, sporchi di giorni di viaggio.
    Tu... Tu sei morto quel giorno.
    z6ooNnk


    [...]

    Sei sicuro che è una buona idea? Conosco la maggior parte di loro... Ho paura che si rivelerà essere un fallimento. Chiesi a Jotaro, sedendomi accanto a lui al grande tavolo.
    Erano passate poco più di ventiquattrore.
    Mi ero spogliato degli indumenti oramai stracci che indossavo, lavandomi e mangiando.
    Ero riuscito perfino a dare una leggera sistemata ai capelli.
    Avevo indossato una lunga tunica bianca, anonima.
    Nessuna maschera.
    E ora sedevo all'apice della tavola, al fianco di Jotaro.
    Potevi fare un cappello in più anche per me... Abbozzai, mentre il lucchetto che ci separava dal mondo esterno veniva aperto.
    Chiusi gli occhi.
    L'oscurità provò a prendere di nuovo il sopravvento.
    La porta si spalancò, insieme ai miei occhi.
    Aveva inizio.


     
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73 replies since 17/11/2018, 17:03   3090 views
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