Una promessa dal passato

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    Una promessa dal passato


    [1]



    Tempo dopo la riunione dei Kage, Akira sarebbe stato raggiunto da un corvo, che lo avrebbe rintracciato a qualche giorno di cammino da Kiri, dopo che avesse lasciato il villaggio natìo alle sue spalle. Un animale di quel tipo non era solito girare nelle fredde terre umide della Nebbia, quindi avrebbe facilmente attirato l'attenzione del Kiriano. Scendendo dal cielo, il corvo si sarebbe poggiato sulla sua spalla, mostrando come al posto degli occhi, possedesse dei piccoli tentacoli, appendici riconducibili ad una piovra, che si erano fatte strada tra i bulbi oculari dell'animale, generando un particolare abominio. Il corvo parlò ad Akira, rivelandogli che il Giglio sarebbe stato nel paese delle Sorgenti Termali nel giro di pochi giorni, in un piccolo villaggio verso sud.
    Laggiù, sarebbe stato accolto dalla gentile e bonaria popolazione del luogo, che lo avrebbero inviato a soggiornare nella taverna del borgo. Come aveva annunciato il corvo, si trattava seriamente di un piccolo villaggio, probabilmente composto da una ventina di anime a star larghi, con mezza dozzina di casupole, una tavernetta e un piccolo tempio shintoista. Dopo essersi riposato e aver consumato un pasto, un monaco del villaggio, un signore sui 50 anni, particolarmente rachitico, lo avrebbe avvicinato, per farsi seguire, informando lo spadaccino che una persona lo stava aspettando nel piccolo santuario.

    [...]

    Oltre le porte del tempietto, Akira avrebbe potuto scorgere una fitta coltre di fumo, generata dalle decine di incensi accesi, e quattro individui di varia statura ed età, seduti a casaccio nella sala, intenti a pregare. Il monaco invitò nuovamente Akira a seguirlo in una stanzetta oltre la sala della preghiera, che era adornata di statuette e candele. Una porticina venne lentamente aperta dal monaco, generando un cigolio fastidioso; quindi l'uomo fece cenno al ragazzo di entrare. La stanza in cui il Kiriano sarebbe entrato, pareva proprio una cella, o la dimora di un asceta, l'unica luce filtrava attraverso una finestrella posta davanti a lui, e il fascio illuminava unicamente una figura seduta a terra, a gambe incrociate, con il volto rivolto verso la luce. La figura attese che la porta fosse nuovamente chiusa dietro di lui, per parlare.

    << Ben arrivato. >>

    Avrebbe voluto chiedere se aveva con sè la lanterna, ma la domanda era scontata. Avrebbe voluto rimproverarlo per essere andato via dalla riunione così in fretta, ma condivideva la sua preoccupazione. Avrebbe voluto parlare del Gelo, ma entrambi erano lì, le parole erano superflue. La seconda generazione dei ninja post guerra totale e la quarta, erano nella stessa stanza, per fare in modo che ce ne fosse una quinta.

    << Sono stato alla tomba di Kamuro [Yamazaki ndr.], è stata profanata. Non c'è più rispetto nemmeno per i morti. >>

    Non sapeva se Akira fosse a conoscenza dell'individuo appena citato, ma se lo aspettava, data l'importanza che a Kiri viene riservata ai ninja che servono il villaggio, e muoiono in suo nome. Jotaro si alzò in piedi. << Sono rimasti pochi ninja della mia era, dobbiamo trovarne uno, ma da quello che mi risulta, sembra impossibile. >>
    Si voltò verso Akira, e dopo avergli controllato con una rapida occhiata tutto l'equipaggiamento, si avvicinò alla porta, non senza evitare di spiegare prima, a modo suo, al ragazzo, perchè la sua presenza fosse stata richiesta in quel luogo remoto.

    << Dobbiamo andare in un brutto posto, a cercare un mio vecchio alleato. Col suo aiuto la via verso il nostro obiettivo potrebbe essere più chiara. >>

    Akira avrebbe potuto notare come Jotaro fosse diverso da quando si erano incontrati al Gelo, o alla riunione. L'uomo era decisamente preoccupato, come se gli fosse chiaro di stare andando verso morte certa, ma questo, invece di frenarlo, sembrava averlo rinvigorito. Uscendo dal tempio, i vari monaci si inchinarono al loro passaggio, per poi tornare alle preghiere. La coppia si sarebbe mossa di buon passo verso sud, in direzione del capo della regione, fino ad arrivare, nel giro di un'ora massimo, al capo estremo del Paese, su una scogliera sotto la quale resisteva solo il mare.

    << Circa 20 anni fa venne stipulato un patto tra 3 ninja rivoluzionari, che volevano portare un vento di cambiamento nel mondo. Condividevano tutti e tre lo stesso sogno, liberare i ninja dal governo centrale, e riportare il mondo allo splendore di un tempo, dove la forza dei villaggi era in grado di garantire un vero equilibrio, per impedire la nascita di un gruppo di ribelli ogni anno, come è adesso. >>

    Jotaro estrasse una pergamena dalla tasca, il rotolo era di un colore rosso cremisi molto particolare: dalle striature, sembrava fosse ornata di sangue rappreso.

    << Il sogno venne abbandonato, uno di loro morì, di un altro si persero le tracce, e il terzo rimasto solo, pensò fosse una buona idea abbandonare il sogno e addestrare una nuova generazione di ninja, perchè fossero loro a portarlo avanti. >> Il ronin si voltò verso Akira, facendo una smorfia col sopracciglio. << Come vedi, la cosa ha proprio funzionato. >> Jotaro poggiò a terra la pergamena e si allontanò di diversi metri, ponendosi vicino ad Akira.

    << Questa arriva da un amico di Oto, ultima occasione per andare o restare. Se resti, solleva Tamashi, è la chiave che ci serve per varcare la soglia. Stiamo andando dove quasi tutti sono diretti, ma praticamente nessuno fa ritorno. >>



    << Nel Bonshuno; la tappa finale. Mataza Tsumuji è laggiù, ed è la chiave per il terzo ninja. >>






     
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    Una Promessa dal

    Passato


    I


    Quando il piccolo corvo inviatomi mi trovò, era già su una piccola imbarcazione diretto verso la terraferma da Kiri.
    La sera precedente avevo pianificato il mio colpo di coda verso la testa marcia di Ame, ma quelli sarebbero stati eventi che si sarebbero susseguiti diversi giorni dopo.
    Solo quando il nero messaggero si posò sulla mia spalla, potei notare come la creatura aveva negli occhi aveva dei piccoli tentacoli. Disgustoso... Sussurrai, mentre l'animale mi riportava la posizione del Giglio: Jotaro Jaku.
    Erano ormai qualche settimana da quando lo avevo lasciato dalla riunione nel Paese del Ferro e, come da promessa, ci stavamo per rincontrare.
    Il Jaku era uno dei ninja più misteriosi e, allo stesso tempo, affascinanti che avevo mai incontrato. Non aveva il potere che molti ricercavano, inteso come pura forza combattiva, ma era quello del mistico - no, non come quello di Sanjuro -, dell'antico, del primordiale, del perso e ormai dimenticato ma che in lui, misteriosamente, viveva ancora.
    Viveva, in una sua confusione interiore, che andava dissolta. Come lui aveva fatto con me, io mi ero ripromesso di seguire lui in un suo viaggio.
    Adesso non rimaneva altro che raggiungerlo.

    Il mezzogiorno del giorno successivo raggiunsi il villaggio segnalatomi dall'oscura creatura, un agglomerato di qualche casupola di legno che sembrava risalire ad un'altra epoca. Gli abitanti sapevano del mio arrivo, e fui accolto con grande spirito. Mi diedero una camera, un pasto e qualche ora di riposo. Verso la metà del pomeriggio, un anziano monaco mi raggiunse, per comunicarmi che qualcuno mi stava attendendo nel monastero del villaggio, poco distante da esso.
    Il monastero, un piccolo eremo su una collina vista oceano immerso nel verde, era pressoché adiacente al villaggio. Quando spalancai le porte, un intenso fumo e odore di incenso mi riempì i polmoni e gli occhi, e mentre mi abituavo alla luce offuscata e alla spiritualità del luogo, superai una serie di monaci immersi nella preghiera per raggiungere una piccola stanzetta separata dal resto del tempio.
    Aprii la porta, e in quel rifugio spirituale trovai, seduto nello spoglio più assoluto, Jotaro Jaku, in religioso silenzio. Con un cenno del capo congedai il monaco, che richiuse la porta dietro di se. Ben ritrovato. Risposi, con un leggero sorriso.
    Non si perse in convenevoli, e fui da subito confuso. Kamuro... Yamazaki...? Cosa c'entra lui? Chiesi, mentre il Jaku si alzava e mi squadrava da capo a piedi. Parli per enigmi, Jotaro. Non sono qui per enigmi. Sono arrivato al Ferro pieno di domande e rimorsi, tu mi hai aiutato a dissolverli... Sii più esplicito, per favore. Era una richiesta semplice, dopotutto. Un ninja della tua era...? Sospirai, quasi.
    Era nervoso, preoccupato, ricolmo di dubbi e incertezze... Cosa stava succedendo? Dove stavamo andando?
    Seguii il ronin attraverso il monastero, dove i sacerdoti si inchinarono lungo il nostro passaggio.
    Questo era il potere a cui mi riferivo: creare rispetto con la forza della conoscenza.
    Seguii a buon passo la mia guida, finché non raggiungemmo una scogliera.
    Le onde si stavano infrangendo lunga la nuda roccia, e fu allora che i pensieri di Jotaro vennero resi liberi.
    Le origini di una storia. La Sua storia. Tre ninja, un patto, un'idea.
    Non osai interromperlo, perfino mentre venne estratto un rotolo rosso cremisi. Ma non era solo colore, era... Sangue.
    Il patto venne eroso dal tempo. Morte e abbandono. Non sapevo di chi stesse parlando, ma sapevo che era lui ad aver provato ad addestrare una nuova generazione. Stai per caso perdendo le speranze, Jotaro? Non tutto è perduto, c'è ancora chi combatte per qualcosa di giusto... Io combatto. Io combatterò. Risposi alle provocazioni, dirette anche verso di me.
    Ero anche io quella nuova generazione, sebbene io non avessi mai avuto nessun maestro.
    La pergamena venne poggiata sul terreno.
    La chiave per... Dove? Ancora enigmi.
    Alla fine anche quelli si infransero. Il Bonshuno...? L'Inferno.
    Ero confuso. Non riuscivo a credere a quelle parole, ma il Jaku non era il tipo da perdersi in chiacchiere effimere. Chi è Mataza Tsumuji...? Se adesso era chiaro che si trattava dello shinobi della triade morto, non era chiaro tutto il resto della storia. Jotaro... Io ti devo tanto. So che hai poca fiducia nel mondo ninja ormai, ma ti chiedo di... Di non perdere la giusta strada. Possiamo ancora farcela... Guardai il Giglio negli occhi. Non so chi sia questa generazione che ti ha deluso, ma... Devi avere speranza. Devi credere che sia possibile cambiare le sorti di questo storto mondo... La mia mano si mosse, andando sotto il logoro mantello che indossavo.
    Quello che ne uscì, fu Tameshi.
    Ed è per questo che io crederò in te. Andremo all'inferno, Jotaro Jaku. La Lanterna delle Anime avrebbe solcato l'aria fino ad arrivare esattamente sopra la pergamena cremisi.

    E torneremo insieme.


     
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    Una promessa dal passato


    [2]



    Nonostante avesse al suo fianco forse lo spadaccino più potente che avesse mai incontrato, Jotaro non era riuscito a evitare di comportarsi come suo solito, come aveva sempre fatto con ogni allievo che gli era passato davanti, trattandolo con sufficienza, come se la sua comprensione della situazione non fosse fondamentale. In quel momento si rese conto che probabilmente, questo suo modo di aver cresciuto i suoi allievi, era stato uno dei fallimenti che avevano generato la sua grande delusione nella nuova generazione. Per la prima volta dopo molto tempo, rispose, in maniera chiara, come quando era lui a essere interrogato, nella fredda e inospitale aula di Rengoku, tanto, troppo tempo fa.

    << Perdonami, Kamuro era il mio compagno. Era un combattente del tuo villaggio, e mio fratello tra la fila delle guardie di mio padre. Sotto il suo vessillo abbiamo servito, conquistato, e combattuto più battaglie di quelle che posso ricordare. Un fratello fidato, forse più del Mikawa, e io darei le spalle al colosso di Oto ogni giorno della settimana. Questo non bastò a rendermi più coscienzioso; ne causai la morte, assieme a quella di tutte le altre Ombre anni fa, davanti alle porte della perduta città di Shulva, che stupidamente cercammo di assaltare sotto richiesta del nostro capo illuminato. Di tutti i presenti riuscii a trascinare via solo il corpo di Kamuro, e dopo la morte di Ayato, raccolsi la sua Samehada e la depositai nella tomba che avevo creato per Kamuro, nella speranza restasse sepolta lì per sempre, sotto i ghiacci. >>

    Dopo una vita segnata dall'orgoglio per la strada che aveva percorso, Jotaro raccontava quegli avvenimenti come un padre deluso, incapace di rendere migliore la vita dei figli. Non era comunque Kamuro il ninja della sua era di cui stava parlando. Il fratello bonario della Nebbia era venuto dopo; era di un'altra era che il ronin stava parlando. Un'era precedente. Un periodo di cui, fortunatamente, i testimoni scarseggiavano, e se anche la storia venne si tramandata dai vincitori; sembravano ormai terminati pure questi ultimi. Prima di partire per il luogo oscuro, altre spiegazioni arrivarono ad Akira. Considerata l'entità di quello che stavano per fare, e dato che probabilmente non sarebbero affatto tornati assieme, gli doveva almeno la verità.

    CITAZIONE

    Stai per caso perdendo le speranze, Jotaro? Non tutto è perduto, c'è ancora chi combatte per qualcosa di giusto... Io combatto. Io combatterò.


    Jotaro si voltò verso Akira, e gli sorrise, come il fratello maggiore sorride al più piccolo, dopo averlo scoperto a commettere una marachella.

    << ...Ma tu non basterai. Come non basterò io. Come non basterà nessuna delle persone che erano alla riunione. >>

    Si chinò e strappò un filo d'erba piuttosto lungo dal manto erboso sul promontorio. Lo tenne tra le dita, e senza la minima fatica, semplicemente muovendo le mani, il filo si spezzò senza opporre resistenza. Quindi si chinò e strappò nuovamente dell'erba, ma stavolta una decina di steli. In fretta li intrecciò tra loro, come si intrecciano i fili di paglia per creare i cesti, quindi dette un nuovo strattone, ma stavolta l'intreccio di fili assorbì il colpo, e le mani di Jotaro che avevano provato a strappare i fili, vennero strattonate indietro, rendendo vano il tentativo. Quindi alzò le mani ad Akira, per mostrargli i fili intrecciati.

    << Questa doveva essere la riunione. Solo uniti vinceremo, ma non siamo uniti. Cantha, I Cremisi, le Organizzazioni sul continente, troppi nemici, io ho provato a formare una nuova generazione di ninja, ho sacrificato tutto quel che potevo, e per quanto io sia grato del tuo interesse per salvare il nostro mondo, tu non sei abbastanza. Nessuno di noi da solo lo è. >>

    Aveva ormai poggiato la pergamena a terra, e si stava preparando ad attivarla con l'ausilio della lanterna di Akira, quando aggiunse:

    << Molti anni fa, ero poco più che un ragazzino e avevo le mani sporche di sangue, così sporche che la lordura arrivava fino ai gomiti. Incontrai Gaara per la prima volta, e vedendo la mia sete di battaglia, mi sorrise soddisfatto. In quell'occasione mi spiegò che l'Accademia non si fonda sulla pace. La grande guerra finì perchè avevano finito gli avversari. Chi era rimasto era troppo stremato per opporsi. Per questo quando mi resi conto che l'Accademia era divenuta un despota tanto quanto un qualsiasi dittatore di Cantha, decisi, decidemmo, di fare qualcosa. >>

    Per la prima volta, Akira vide lo sguardo che per molti anni aveva avvampato negli occhi di Jotaro, lo sguardo che per il bene comune, aveva deciso di sotterrare sotto metri e metri di cenere fumante. Gli occhi gli divennero neri, con le iridi rosse come il sangue ribollente, una particolarità che si manifestava anche in Ayato, per chi ebbe la sfortuna di trovarsi davanti a lui in quei momenti, retaggio di chissà quali popoli perduti.

    << Sognammo, sognammo un mondo libero, senza bandiere, senza despoti, senza bisogno di seminare paura; Mataza Tsumuji, io, e ... Hayate Tamasizu. >>

    In quel momento la lanterna si illuminò, generando l'apertura della pergamena che aveva intrappolato Fyodor per anni, con la quale aveva provato ad eliminare senza successo Orochimaru molti decenni prima. Il rotolo esplose in una nube di sangue tale da oscurare il sole, e tutto divenne buio.



     
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    Una Promessa dal

    Passato


    II


    Le risposte che avevo richiesto, finalmente arrivarono.
    Una storia di conflitti, guerre, vittorie, sconfitte... Kamuro era morto lì dove avevo rischiato di perdere una delle persone a me più care in vita... Shulva... Sussurrai, ricordando perfettamente il tanfo di quel luogo. Sono stato anche io dinanzi alle porte di Shulva... L'odore di morte permane ancora i miei polmoni... Per fortuna, Meika era stato più fortunata del vecchio compagno di Jotaro.
    Jotaro era stato a rendere omaggio alla sua tomba, scoprendola poi dissacrata... Probabilmente, per recuperare la Samehada, che ora era nelle mie mani. Il Jaku avrebbe potuto vedere come un velo di ombra incupì il mio volto, solcato dal rimorso, sebbene non c'entrassi niente in quell'evento. A me Samehada era stata consegnata successivamente. Mi spiace. Riuscii soltanto a dire.
    Fu allora che mi sorrise.
    Ascoltai le sue parole in silenzio.
    Vidi come il ronin raccolse dei fili d'erba, di come il singolo veniva spazzato via, mentre il gruppo resisteva.
    Una metafora perfetta dell'Accademia e dei Villaggi ninja. Metafora perfetta di quella che era stata anche la Riunione.
    Non seppi replicare a questo.
    Sapevo perfettamente che aveva ragione... Ed era proprio per quello che ero lì.
    So di non essere abbastanza... Sospirai. So che l'Accademia non è nata come simbolo di pace... Mi avvicinai ancor di più a Jotaro. Con la mano libera, strinsi il suo pugno, che ancora impugnava i fili di erba. Ma c'è ancora tempo... Per me, e per te. Ho fallito, e mi sono rialzato. Tu hai fallito, e ti sei rialzato ancor più volte di me... Ti chiedo... Di rimetterti in piedi un'ultima volta. Da soli non bastiamo, ma... Noi siamo in due ora, ed è un un inizio. Sorrisi.
    La luce verde di Tamashi incominciò a vibrare, sempre più forte.
    Gli occhi do Jotaro cambiarono colore... Divennero neri, e rosso sangue.

    << Sognammo, sognammo un mondo libero, senza bandiere, senza despoti, senza bisogno di seminare paura; Mataza Tsumuji, io, e ... Hayate Tamasizu. >>


    La pergamena si aprì di scatto.
    Cosa...? Il leader della setta di immortali.
    Jotaro Jaku era stato compagno di Hayate Tamasizu.
    Il mio volto era incredulo, il mio corpo quasi congelato, ma prima di riuscire a reagire, una nuvola di sangue si alzò dalla pergamena, inghiottendomi completamente.
    Tutto il mondo venne fagocitato dal sangue.
     
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    One Way Ticket to Hell and Back


    Correre forse non era il termine esatto. Ero consapevole del mio corpo, o perlomeno di come lo immaginavo, e c'era una qualche forma di movimento, ma non stavo correndo. Era più uno scorrere...un mutamento! Mutamento era forse la parola più adatta, perchè lo spazio e le distanze non erano poi qualcosa di così definito: bastava un secondo di distrazione e il corpo stesso perdeva di definizione, così come il terreno sotto i piedi, o l'idea stessa dei piedi. Ero anima priva di carne, questo mi era chiaro. Ma non ero come gli altri, e non dovevo stare lì, non a quelle condizioni. Non ero esete dal dolore o dal pericolo, e quelle cose mi stavano inseguendo, approfittando di ogni anfratto e di ogni ombra. Erano implacabili, e non avrei saputo dire da quanto tempo scappavo...forse il tempo stesso era abbastanza fragile in quel luogo, quasi fosse più che altro una traccia, un pò come in un sogno.

    Ma non stavo sognando.

    A tratti mi pareva di correre nel buio o nella nebbia, altre volte per vicoli sudici di qualche città dimenticata, altre per caverne strette e cunicoli tortuosi e, un secondo dopo, lungo enormi piazze deserte e mai abitate. Non c'era vita in quel luogo, e nemmeno abbastanza realtà da poter mantenere sempre lo stesso aspetto. Avevo intuito che chiunque ci finisse vedesse cose diverse, come se la mente dell'osservatore lo influenzasse invece di limitarsi a registrare ciò che c'era. E forse ogni visitatore aveva una sua personale esperienza. L'unica costante, in quel delirio di stati d'animo e immaginazione, era la mia paura, la mia fragilità, la mia certezza di dover scappare o soccombere.

    E poi la vidi, lontana ma incredibilmente reale...presente. Un bagliore grigio-verdastro, infinitamente più concreta di tutto ciò che avevo intorno, persino di me stesso. Debole, distante, ma solida. Era una novità...forse una salvezza!




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    La transizione per il mondo dell'oltretomba era stata meno brusca del previsto, forse perchè mediata dal potere della Lanterna, o forse perchè in effetti il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti è qualcosa di naturale...non troppo complesso anche se ci si porta dietro corpo e coscienza. Il processo inverso però può risultare un filo più complicato, ma se uno ha i giusti agganci e le giuste conoscenze si può organizzare qualcosa che funzioni, basta cercare bene e avere, di solito, una morale elastica.

    Jotaro e Akira rientravano un pò in questa categoria, ma erano là per un motivo preciso e non certo per diletto, anche se qualcosa non era andato esattamente come volevano, dato che non si trovavano affatto al cospetto di Mataza Tsumuji ma piuttosto in una fredda brughiera, grigia e cupa, a malapena illuminata dalla fiammella giallo-verde di Tamashii e da fioche stelle, quasi scimmiottanti quelle del mondo reale, ad incoronare una luna pallida e stanca. Ebbero la strana sensazione di essere passati attraverso qualcosa, con delle figure che, caninamente, li avevano scrutati e analizzati, lasciandoli in ultima analisi passare, ma non era durato che un secondo e non avrebbero saputo richiamarne le forme, o anche solo la certezza di averci interagito, nemmeno sotto la più potente delle ipnosi. Una brezza fredda e polverosa andava scemando, ma con gli ultimi aliti ricordava ai due che ogni calore sarebbe stato perduto se si fossero attardati troppo là dove i vivi non dovrebbero stare. L'unica apparente destinazione era un promontorio in lontananza, forse a cinque o sei chilometri, avvolto nella nebbia (forse alla base non c'era più vento), con Tamashii che ardeva più brillante se puntata in quella direzione.

    Avrebber avuto il tempo di parlare ancora. Nessun ostacolo nè presenza, se non qualcosa di lontano che dava loro la vaga sensazione di essere stati "registrati" come presenti in quel mondo, ma non un pericolo. Più si avvicinavano al promontorio e più la foschia si faceva densa, mentre la brezza moriva e le stelle si facevano meno visibili, a differenza della luna che invece era costantemente visibile, almeno quanto la Lanterna, capace di fendere quel luogo senza alcun timore. Proprio ai piedi del sentiero che permetteva un'agevole ascesa sulla collina avrebbero udito dei passi in rapido avvicinamento, passi di corsa che arrivavano da sinistra che certo annunciavano l'arrivo di qualcuno che aveva molta fretta o era in fuga. Anf...anf... Una sagoma nella nebbia che ansimava per la fatica, poi qualcosa di più definito...e infine Febh Yakushi, senza i suoi ridicoli occhiali finti, attraversò la nebbia arrivando nel circolo luminoso della Lanterna. Sembrava esausto e aveva le mani ferite...ma più che tutto nel vederli i suoi occhi si riempirono di sollievo, puro e semplice. Anf...anf...fi-finalmente delle persone! A-aiutatemi, vi prego! Sembrava sul punto di svenire. Dove...dove siamo? Non so come sono capitato qui...ero...è stato così improvviso...io...c'era Hebiko...mi-mi inseguono. Era in evidente stato confusionale. E non sembrava ci fosse nulla oltre lui, per quanto la nebbia fosse un discreto ostacolo alle percezioni.

    Certo una situazione inaspettata.

    OWNjNTr

     
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    Una Promessa dal Passato


    [3]



    Quando la luce pervase nuovamente gli occhi di Akira, il ragazzo si ritrovò in un luogo...strano. Persino per lo standard delle premesse poste da Jotaro. Quel luogo non aveva nome e non aveva forma, ma ne avrebbe assunta una, o cento, in base alle esperienze di Akira; sebbene difficilmente il Bonshuno avrebbe assunto la forma di un ricordo piacevole per il ragazzo. Inizialmente sarebbe sembrato per entrambi una landa rocciosa, grigia e desolata, illuminata da nessun sole; tutto sarebbe sembrato in bianco e nero, senza una vera fonte di luce. La terra che calpestavano sarebbe sembrata grigia, così come le rocce. Non vi erano animali, non inizialmente, nè piante, nè individui come loro. I loro stessi corpi, a una rapida, distratta occhiata, sarebbero sembrati grigi, privi di qualunque colore, privi della scintilla della vita che avevano, beh, in vita. L'unica nota diversa era la Lanterna. Il suo bagliore, sebben flebile, era l'unico dettaglio che stonava in quella landa priva di passato e di futuro. Non solo, ma il bagliore verdastro emesso da Tamashi, sembrava brillare con particolare foga in una precisa direzione, luogo che i due avrebbero dovuto raggiungere.

    << Ora ricordo...sono già stato qui, in passato. Forse più di una volta. Prepara la tua arma, potrebbe non essere una gita di piacere, e non oso immaginare quanto tempo ci vorrà a trovare Mataza. >>

    Jotaro avrebbe preceduto il ragazzo, sebbene fosse lui ad avere con sè la fonte di luce, nonchè l'unica bussola. Qualcosa sembrava guidare Jotaro, ricordi forse, o istinto. Non era la prima volta che crepava, ma la prima a farlo per finta. Forse aveva reminiscenze del passato da morto che poteva essere ricordato solo nel Bonshuno stesso. A volte Akira avrebbe potuto chiaramente vederlo avanzare con fatica, come se stesse proseguendo in salita, sebbene fosse un passo avanti a lui.
    Dopo l'ennesimo sforzo, la "guida" si voltò verso Akira, per rassicurarlo:

    << Questo luogo è diverso per ognuno. Quello che vedi tu non è quello che vedo io. Non lasciarti spaventare da quello che vedrai qui, si tratta di illusioni, ricordi del tuo passato che prendono forma per tormentarti, quello che hai attorno non è reale; ma lo diventerà se restiamo qui troppo a lungo. >>

    Che forma avrebbe assunto la landa desolata per il giovane Akira? Sarebbe stata Kiri in fiamme? Un paesaggio della sua infanzia? Il luogo della sua prima battaglia? O un'unione di tutti questi luoghi? Quello che sarebbe stato presto chiaro allo spadaccino, era che la dovizia di particolari non sarebbe stata lesinata in quel posto; persino le sagome di alcuni individui, uscite dai suoi ricordi, avrebbero preso forma, sebbene quasi trasparente, in quel luogo dannato.

    Alle domande di Akira, il Jaku avrebbe risposto sempre in maniera vaga, non per arroganza, ma per totale mancanza di sicurezza; ad una soltanto avrebbe risposto ad occhi chiusi e con un largo sorriso bonario, per rassicurare il ragazzo: "Cosa vedi tu?"

    <<...Una spiaggia. Una placida...bellissima spiaggia di casa. >>




    ----

    Quando si trovarono ai piedi del promontorio, senza che niente si fosse frapposto tra loro e il sentiero che stavano percorrendo, dei passi in rapido avvicinamento sarebbero saltati alle orecchie di entrambi.

    << I morti non corrono. Preparati! >>

    Akira si sarebbe accorto che tutto il suo equipaggiamento si trovava con lui, se non lo avesse controllato in precedenza, mentre Jotaro avrebbe estratto e impugnato entrambi i suoi tirapugni, in attesa di ricevere quello che stava per saltare fuori da quella dannata landa piena di sorprese; quello che si palesò davanti ai loro occhi però, non aveva alcun senso.
    Quello che sembrava essere del tutto Febh Yakushi era apparso dal nulla, piuttosto trafelato. Le possibilità di incappare in lui, per caso, erano già di per sè flebili, ma incontrarlo nell'oltretomba? Quale scherzo del destino si era materializzato davanti ai due ninja? Un'illusione? O il capo del Suono era realmente riuscito a lasciare la pelle da qualche parte, proprio durante la loro gita? Era passato poco tempo dalla riunione dei Kage, e il suo vecchio allievo sembrava in ottima salute, che Shiro avesse attaccato il suono? O uno scontro con il Mikawa? L'uomo sembrava morto, più o meno, anche se non proprio.


    << ... Febh? >>


     
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    Il mondo sotterraneo (per quanto non fosse tecnicamente sotto il suolo, certamente lo si poteva definire un "sotto") non era statico e definito come quello dei vivi. Come già detto ogni pensiero, azione o sentimento poteva influenzarne la natura e la presentazione, quasi come se l'osservatore fosse al contempo creatore. L'apparizione di Febh era stata una sorpresa, e la sorpresa genera confusione. E la confusione è un grande nemico nell'oltretomba, perchè è come una nebbia che disperde i viandanti. Anche se aveva Tamashii, Akira Hozuki perse la concentrazione per un secondo, e in quel secondo fu altrove. Sarebbe tornato? Difficile dirlo, ma l'arrivo dello Yakushi era stato invece un elemento che aiutò Jotaro a focalizzare la sua mente: aveva incontrato Febh e dunque era assieme a lui, su quel brullo altopiano dai colori brulli e sfumati, in quel dipinto decadente che era il mondo intorno a loro.

    Febh? Io...si...io sono Febh. Disse l'uomo ferito, palesemente confuso e appena sfuggito a chissà quale grande tribolazione. Aveva riconosciuto Jotaro? O lo aveva guardato come se non sapesse chi fosse. Io...io non capisco nulla. Non so bene...dove siamo? Si prese la testa tra le mani mentre gli occhi saettavano tutto intorno...era spaventato come se qualcosa lo inseguisse, ed era qualcosa che lo aveva ferito nel profondo della sua anima. Io...lei. E' stata Hebiko. Mi ha...mi ha mandato qui...non... Sollevò lo sguardo verso Jotaro. Ti prego, portami via da qui! Ma quell'opzione, almeno fino al ritorno di Akira, era fuori questione.

    In quel momento si levò un grido dalla cima della collina. Erano alla base, su quel sentiero che pareva salire ma che poteva diventare un precipizio in un istante. Un grido che era umano e terribile al contempo. Una voce che poteva essere solo quella di Mataza, che non sentiva da così tanti anni. Stava forse subendo le peggiori torture dell'inferno? Febh iniziò a tremare. No...non so cosa sia ma voglio andare via da qui! Ma senza la Lanterna che altra scelta avevano a parte salire e vedere cosa stesse accadendo? Tuttavia al solo intraprendere un passo, lontano dalla luce dell'artefatto, fu la sola volontà di raggiungere la cima della collina a guidarli, senza che dovessero effettivamente fare la strada (o la avevano fatta e non ci avevano badato, come nei sogni?). Quello che si trovarono davanti era uno sparuto gruppo di alberi nella notte, alla luce della luna. Al centro di essi un relitto d'uomo era crocifisso a una serie di lance intrecciate a creare un rozzo patibolo tenuto assieme dallo spago e dal sangue. Era magro, sporco e consumato...respirava a malapena. Era stato certamente lui a gridare, considerando la ferita aperta nel fianco e il kunai che vi sporgeva.

    Davanti a lui un uomo che Jotaro conosceva bene. Chi è quello? Chiese Febh, che non aveva idea di chi fosse. Perchè ci siamo avvicinati?

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    So che siete qui. Avvicinatevi. Disse quell'individuo con voce monotona e quasi stanca. Mataza, amico mio, non pensavo aspettassi altri ospiti. Si voltò. Quanto tempo...ironico trovarsi qui, no? Uno che non può uscire...uno che è entrato e uscito innumerevoli volte, e uno che sta lavorando per non entrarci mai. Siamo un bel trio. Poi indicò Febh. Quello non è il ragazzino che era stato addestrato da Shiltar? Non sembrava affatto imponente, ma era come se una mano gelida li stringesse mentre lui li guardava soltanto. Non pareva forte ma al contempo avevano la quasi certezza di non poterlo battere.

    Io sono Hayate.

    Sorrise.
    Non era un bel sorriso.

     
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    Quando Febh arrivò addosso agli ultimi ospiti, una fitta nebbia si fece strada tra loro, obbligando istintivamente Jotaro a coprirsi il volto, nonostante non fosse nemmeno certo che la nebbia fosse realmente un problema, oltre che realmente presente. Quando riprese coscienza di ciò che aveva attorno, Jotaro si rese conto quasi immediatamente che Akira non era più tra loro, e con lui era ovviamente scomparsa anche Tamashi. L'uomo sospirò.

    Sinceramente...speravo non succedesse così presto. Il ragazzo però sa badare a se stesso, tornerà, prima o poi. Quanto a te, Febh, sei davvero Febh ? Che ci fai quaggiù ? E il molto remoto allievo, ormai decisamente oltre il maestro, non risultò affatto essere la persona che Jotaro ricordava; era insicuro, spaventato, esausto. Sembrava in fuga da qualcosa o da qualcuno, fece anche un nome, che l'uomo però non sembrò ricordare, non gli veniva in mente nessun ninja degno, con tal nome. Subito chiese al ronin di portarlo via con sè; sebbene non fosse quello il piano di Jotaro.

    Sarò ben felice di.... Delle grida interruppero la piacevole conversazione che stavano avendo, rivelando ulteriori paure che albergavano nell'animo di Febh. Come stavo dicendo, sarò ben felice di accompagnarti lungo la strada, ma la mia conduce là, prima di andare. Concluse l'uomo indicando proprio la collina dalla quale provenivano le grida.
    Nonostante tutto, quel posto gli sembrava stranamente normale, sebbene non lo fosse affatto; come se ormai fosse di casa.
    Oltretutto, la via d'uscita più veloce è sparita col ragazzo che era con me; quindi dovrai seguirmi per forza. Aggiunse; senza che gli fosse chiaro se il Febh con cui stava parlando, sapesse chi lui fosse. Quindi riprese a camminare, aspettandosi che l'Otese lo seguisse. Non aveva la lanterna, ma era determinato a trovare Mataza, quindi avrebbe proseguito, a costo di consumare quel piano di esistenza un passo alla volta sotto il peso dei suoi passi. Indra, quaggiù, non sembrava aver mai messo piede in compenso. Nessuna voce nella mente.

    Pur senza la luce di Tamashi, giungere sull'altopiano si rivelò stranamente poco complesso, sebbene il paesaggio tutt'attorno fosse del tutto cambiato rispetto a quando erano arrivati. Ora, almeno agli occhi di Jotaro, si trovavano su una collina al chiaro di luna, un paesaggio tranquillo e nostalgico, che gli ricordavano i tempi passati. I tre si giurarono fratellanza proprio in una notte come quella. Al centro di una radura delimitata da alberi rinsecchiti, un particolare artificio si stagliava verso la luna. Una sorta di patibolo consunto, al quale era attaccato quello che un tempo doveva essere un uomo. Jotaro si fermò ad osservarlo, ma la sua espressione non cambiò, come se si stesse aspettando proprio una visione di quel genere.

    Non c'è voluto molto, pensavo di trovarti conciato peggio.
    Oltre il patibolo però, una seconda figura. Inizialmente Jotaro non l'aveva notato, essendo coperto dal relitto fisico di Mataza, poi il ronin inclinò un momento la testa e aguzzò la vista, come per capire meglio a chi appartenesse. Quando lo capì si irrigidì. Eccome stavolta. Alla domanda di Febh, Jotaro non rispose, non subito almeno, perchè inizialmente non sapeva nemmeno lui come rispondere.

    ...Qualcuno decisamente in anticipo... Non tornava niente, perchè lui era lì ? Era morto? O era finito là sotto come lui e Akira? Aveva sentito che ora capeggiava la setta di immortali, ed era il motivo stesso per il quale aveva bisogno di incontrarlo, ma non pensava certo di trovarlo...Lì. Si avvicinarono, osservando Mataza durante il processo.

    Io sono Hayate.



    Ecco la risposta alla tua domanda, Febh.


    Jotaro gli si fermò davanti, come se qualcosa lo stesse tenendo lì nel momento, dandogli un senso di profonda insicurezza.
    Penso...penso sia lui si, anche se non so perchè sia qui. Quindi ripensò alle parole appena dette da Hayate, al trio.
    Mataza ha scelto il suo fato e io sono sempre stato vittima del mio. Tu però...Non dovresti essere qui. Non ha senso. L'uomo aveva sempre cercato di essere più avanti degli eventi che gli capitavano, ma stavolta era rimasto letteralmente con le mani in mano.

    Pensavo che Mataza potesse aiutarmi a trovarti, non immaginavo certo... in questo modo.

    Data la situazione, non aveva preparato niente di particolare, quindi lasciò andare quello che aveva in testa. Forse quello non era davvero Hayate, forse sì, ma non aveva il tempo di verificarlo con certezza.

    Ho bisogno del tuo aiuto per creare nel concreto un posto per quelli come noi. So che sei un uomo pragmatico, o almeno lo eri, quindi andrò subito al punto. Un tempo sognavamo un villaggio, l'accademia ha perso il villaggio della Nuvola. E' abitato da ribelli e rivoluzionari. Aiutami a lavare via quell'impudicizia, non importa come, se devi rendermi uno dei tuoi o se devo darti il mio cuore, mi sta bene tutto, ma ho bisogno di portare Mataza con me.

    Quindi, così come aveva avanzato richieste, sebbene avesse già offerto di unirsi a lui, magari come una delle sue..come le chiamava lui, virtù era il momento delle vere offerte.

    Lo scopo è avere il potere necessario per abbattere colui che al momento ha il tuo cuore.

     
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    Cosa? In che senso "andare là"? Verso l'urlo? Ma sei impazzit... Eppure come nel sogno il mondo era già cambiato in modo radicale. No! La scena davanti ai loro occhi era la punizione di un dannato, mentre lo sconosciuto dall'aria indolente rivelò sè stesso come Hayate. E conosceva il misterioso accompagnatore, che Febh non sembrava aver riconosciuto quale Jotaro Jaku, per un qualche strano motivo. Ciao, Jotaro. Sono qui perchè volevo incontrare un vecchio amico, ovviamente. Disse Hayate indicando l'anima tormentata e torturata. Lui sa qualcosa che mi interessa conoscere...è qui da molto e ha avuto modo di parlare e interagire con gli esseri che abitano questo luogo. Anche se forse dovrei parlare piuttosto degli esseri che sono questo luogo. Se però questo ci permette di fare una rimpatriata ben venga, la vita dopotutto è degna di essere vissuta per via delle sorprese, no? Hayate mise le mani in tasca, avvicinandosi ai due ninja. Hai ragione, non dovrei essere qui, ma un mio sottoposto ha pensato bene di sacrificarsi e agire da ponte per concedermi l'ingresso. Io non sono destinato a giungere in questo posto. Sorrise, con gli occhi che brillavano d'ambizione nonostante l'aspetto sciatto. Mai.

    Se Mataza doveva aiutarti a trovarmi ci è riuscito. Penso lo potrà aggiungere alla sua purtroppo limitata serie di vittorie. Tuttavia prima di lasciarvi soli devo sapere qualcosa da lui, e non sono certo di sapere se voglio che altri ne siano a conoscenza.
    Guardò verso lo Yakushi, che serrava i denti e sembrava un gatto pronto a reagire. Mmh...forse devo preoccuparmi solo di te, a conti fatti. Ma dimmi, per cosa mi cercavi? Jotaro parlò, parlò di piani, e sogni e di un obiettivo che riguardava Hayate stesso. Il mio cuore? Ah, intendi Shiro? Sorrise. Lui non è che una marionetta, e per quanto trovare il cuore mi interessi, onestamente non è un qualcosa di fondamentale. Ho un piano per aggirare il problema, anche se enormemente più complesso. Certo, non complesso come sfidare un impero intero o colui che ne muove le fila. Avevo permesso a Shiltar di tenere il cuore a Kiri pensando che fosse al sicuro...mi sbagliavo.

    Si voltò a guardare Mataza. Vuoi portarlo con te? Hai un corpo pronto, un qualche rituale? O vuoi infilarti la sua anima su per le chiappe e vedere se ci sta comoda? Ridacchiò. Hai davvero un modo per portare i morti fuori da qui? Chiese Febh, voltandosi verso l'ex-istruttore di cui apparentemente non rammentava il nome. Puoi...puoi insegnarmi come? Piano ragazzo, piano. Stiamo parlando noi, adesso. Hayate tirò fuori una mano, e con un solo gesto scagliò lo Yakushi lontano, nelle ombre, senza che questi potesse emettere anche solo un fiato. Le Tecniche che sfruttano l'anima oltre al chakra sono poche, rare e preziose. Ma ho trovato la Pergamena di Indra adeguata. Per chi mira a un'immortalità perfetta ovviamente avere pieno controllo del corpo e dello spirito è fondamentale. Questa era un'applicazione molto basilare. Siamo soli adesso. Possibile che avesse scacciato uno come Febh Yakushi così facilmente? Con un solo movimento della mano, nemmeno scacciasse una mosca?

    Potrei lasciarti Mataza, ovviamente. Ma solo se mi aiuterai a farti dire ciò che voglio sapere da lui. Sorrise. Non potrei fidarmi di nessuno a parte te per un compito simile. Quanto al creare un posto sicuro per quelli come noi... mpf! Ridacchiò. Jotaro, Jotaro, Jotaro. Io non sono più come te. E certo non come lui. Non ci sono altri come me. Io sono Hayate, non lo capisci? Ho già un posto per me, e una serie di servitori che cercano solo di portarmi ancora più in là, così che apra la via per tutti loro. Non insultare la mia intelligenza chiedendomi di unirti alla mia organizzazione: tu sei un freelancer. Non puoi far parte di nessun gruppo, e nessun gruppo potrebbe mai accettarti davvero, Jotaro. Allargò le braccia. Ma nulla ci vieta di fare affari. Con Mataza ho provato a parlare, a minacciare, a blandire. Non è servito. Allora lo ho torturato, e ancora nulla. Non credo di poter stare ancora troppo tempo sotto questa luna così ostile, quindi...provaci tu, e se riuscirai ti aiuterò a portare via Mataza. Io voglio sapere dove si trovano le anime della Dinastia Uzumaki. So che hanno fatto un patto con uno dei regnanti dell'oltretomba e che ora si trovano in un posto chiamato Tempio dei Sussurri. Devo parlare con uno di loro nello specifico. So che Mataza sa di loro perchè ha avuto contatti con il Drago del Nadir Amesoko, e ha letto la Pergamena di Indra dei Ricordi Immortali, l'unica a trovarsi nel mondo sotterraneo. L'unica che insegna un metodo di meditazione alle anime, rendendole capaci di mantenere la loro integrità nonostante il tempo trascorso qui. Io stesso la ho letta anche se da vivente. E molti altri come me.

    Strappa queste informazioni a Mataza, e io ti aiuterò a portarlo via da qui.

    Non sapeva che nelle nebbie di quel luogo, gli occhi dello strano Yakushi, animati da una forte determinazione, gli avevano permesso di restare sufficientemente vicino per sentire, ma non per essere percepito.
     
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    Hai ragione, non dovrei essere qui, ma un mio sottoposto ha pensato bene di sacrificarsi e agire da ponte per concedermi l'ingresso. Io non sono destinato a giungere in questo posto. Sorrise, con gli occhi che brillavano d'ambizione nonostante l'aspetto sciatto. Mai.


    Jotaro fece spallucce. Guarda che non è così male. Ci sono già stato diverse volte, una volta abituato più essere stimolante.
    Hayate era certamente cambiato, anche se il suo carattere di fondo era rimasto pressochè lo stesso. Era giunto in quel luogo sacrificando qualcuno, un metodo può adatto allo stile di Jotaro che al Tamasizu, ma il tempo cambia le persone...Quanto a Mataza, l'idea che Hayate lo stesse torturando per avere informazioni era decisamente una novità, il Jaku non immaginava che Mataza avesse delle informazioni utili per un bel nulla, ma a quanto pareva, stando all'apparizione del vecchio amico, era in contatto con chissà quali spiriti di quel luogo. Quanto al discorso del cuore, anche Hayate sembrava essere a conoscenza dell'entità che si muoveva alle spalle di Shiro, e la cosa per un momento rallegrò Jotaro. L'idea che un nemico comune fosse tenuto d'occhio anche da uno come Hayate era positivo. Sebbene egli non fosse in cima alla lista dell'immortale, almeno c'era, questo non era un dettaglio da poco.
    Quindi Febh pose una domanda legittima ma prima che Jotaro potesse rispondergli, venne scaraventato via da Hayate in malo modo.

    Non...non trattarmelo così per favore, non so nemmeno perchè sia qua dentro. No comunque, a dirla tutta ora che ti ho qui davanti non sono nemmeno così sicuro di volerlo portare via, ad essere sincero.

    Ogni storia aveva una fine, prima o poi, e quella di Mataza era finita da un bel pezzo. Oltretutto, essere torturato, da morto, da Hayate, sicuramente avrebbe causato dei danni al suo spirito, considerevoli, e l'idea di avere un vegetale attorno, non emozionava Jotaro più di tanto.

    CITAZIONE

    Potrei lasciarti Mataza, ovviamente. Ma solo se mi aiuterai a farti dire ciò che voglio sapere da lui. Sorrise. Non potrei fidarmi di nessuno a parte te per un compito simile. Quanto al creare un posto sicuro per quelli come noi... mpf! Ridacchiò. Jotaro, Jotaro, Jotaro. Io non sono più come te. E certo non come lui. Non ci sono altri come me. Io sono Hayate, non lo capisci? Ho già un posto per me, e una serie di servitori che cercano solo di portarmi ancora più in là, così che apra la via per tutti loro. Non insultare la mia intelligenza chiedendomi di unirti alla mia organizzazione: tu sei un freelancer. Non puoi far parte di nessun gruppo, e nessun gruppo potrebbe mai accettarti davvero, Jotaro.


    No..no, ti prego ero sarcastico, non ti vedo da un milione di anni e non conosco i tuoi obiettivi, così come non mi interessa la tua setta, così come non interessa nemmeno a te, tu hai il tuo scopo e i mezzi per raggiungerlo, io voglio dare una pulita prima di andare in pensione. Quanto a Mataza, la voglia di portarlo con me sta passando, ma dal momento che chiaramente nell'immensa cesta delle tue conoscenze, quella di come trattare con i morti decisamente non è presente, ti darò una mano ugualmente. In cambio di un favore ovviamente.

    Quindi Hayate rivelò del suo interesse riguardo gli Uzumaki, un antico clan di potenti sigillatori, di un drago, e persino di una pergamena di Indra. Almeno su un argomento poteva dire di essere ferrato. Annotò nella sua mente tutte le informazioni necessarie per completare l'incarico, quindi rispose.

    Si ho bene in mente la pergamena di cui parli, ho avuto anche io a che fare con questo...Indra, anche se diversamente; in ogni caso, otterrò quello che cerchi. Non hai bisogno di dilungarti qui più del dovuto. Un paio di cose, come potrò trovarti nel mondo di sopra, quando verrò a consegnarti direttamente quest'anima? Non voglio avere a che fare con uno dei tuoi leccapiedi...E...gentilmente, puoi riportare qui Febh ?

    Il metodo per tornare in superficie lo aveva, e a questo punto, considerato anche Febh, doveva fare una scelta, non avrebbe potuto portare tutti, quindi Mataza sarebbe dovuto restare nel luogo che lo aveva reclamato. Avrebbe quindi rivolto la sua attenzione a Mataza, restando a disposizione di Hayate fino a quando il vecchio compagno fosse rimasto nei paraggi. Prima di iniziare però, si sarebbe rivolto di nuovo all'immortale, come per un ultimo saluto.

    Hey dì un po', è vero quello che si dice in giro, hai tu la Tagliateste? Sorrise




    Quanto a Mataza, le torture non avevano senso nel mondo dei morti, per quanto Hayate fosse terrificante o esperto, danneggiare un corpo in quel luogo non serve a niente, e danneggiare un'anima ancora meno, ci sono cose peggiori in agguato nell'oscurità, ben peggiori di Hayate. Quindi l'unico modo per avere delle informazioni da lui, era che le rilasciasse spontaneamente, oppure rubandogliele. Se Hayate non se ne fosse andato, a questo punto, Jotaro lo avrebbe avvisato.

    Da questo momento io farò quello che devo, ma se resti su questo piano, ci resterai del tutto, non è saggio stare nei paraggi.

    A quel punto Jotaro si sarebbe seduto a terra, se Febh fosse stato vicino a lui, gli avrebbe chiesto di restare tranquillo e non preoccuparsi, avrebbe risolto la questione e una volta trovati gli Uzumaki, avrebbe fatto in modo di riportarlo al mondo. A questo punto il problema era Akira; poteva richiamare Tamashi a sè e usarla per estrarre quello che voleva da Mataza usandola, ma se l'avesse tolta al ragazzo, lui sarebbe rimasto in quel mondo chissà per quanto, e ritrovarlo non sarebbe stata una passeggiata. L'altro metodo era lasciare che fosse direttamente l'Antico a entrare nella mente di Mataza, ma il rischio che lo riducesse a una polpetta era molto elevato.
    Beh, a mali estremi. Jotaro si rimise in piedi e si avvicinò a Mataza; poggiò una mano su lui ( se avesse potuto arrivarci direttamente sulla testa, altrimenti sul corpo)

    Vediamo di fare una cosa veloce...

    Jotaro chiuse gli occhi e rilassò le spalle, un suono come di chiavistello che veniva attivato risuonò tutt'attorno. Con Indra, una volta aperta la porta, non comunicava. Nessuno di loro pronunciava parole, le loro menti erano in connessione, e potevano sapere sempre cosa pensavano l'uno e l'altro. Jotaro avrebbe colto l'occasione anche per aggiornare Indra sulle novità riguardanti Hayate, e che per l'uscita sarebbe servita una pergamena per far uscire Febh.
    L'Antico aveva proposto tempo a dietro la possibilità di creare ad hoc delle pergamente, di funzione molto ridotta, e solo se Jotaro non avesse avuto pretese particolari. Questa era la prima volta, che ne richiedeva una, e sperava fosse l'ultima. L'idea di chiedere favori a quell'entità non lo stimolava, e Indra ne era al corrente.

    L'unica cosa che premeva era di fare in fretta, l'idea di commutare la propria stabilità mentale con il potere di Indra non era il massimo; farlo in quel luogo era però un'incognita. Anche perchè in lontananza si cominciavano a udire degli strani suoni, come dei sibili.



     
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    Mi pare ovvio. E' uno spirito rimasto fuori dall'aldilà per fin troppo tempo. Anche con un corpo pronto non so quanto sarebbe utile. Se ben ricordi il suo chakra era di infima qualità. Poi guardò verso Jotaro. Non che il tuo adesso sia fiorente. Mi chiedo cosa ti sia successo? Disse portando una mano al mento, quasi a riavviare una barba che non aveva...o forse la aveva? Per una frazione di secondo il suo volto apparve come nettamente invecchiato, con lunghi capelli e barba, e occhi che ardevano di potere...ma fu solo un istante, meno di un battito di ciglia. Ma a conti fatti non è poi così importante, se vuoi ritirarti dalle scene non sarò io a fermarti.

    Con un sorriso sarcastico che fin troppe volte aveva mostrato, Hayate mise le mani dietro la schiena, quasi in attesa di sviluppi. Trovare me direttamente? Temo sia complesso, le tre Virtù Teologali mi sono molto legate. Ma diciamo che, in virtù della nostra vecchia amicizia, potremmo incontrarci con qualche precauzione. Ricordi il luogo dove si trovava il castello del caro Ayato? Svanì assieme a lui ma il terreno circostante è rimasto molto particolare. Ci sono delle rovine e in una di esse c'è una statua di un lupo. Dormi davanti a essa per due notti consecutive, e alla terza io sarò là. Se non altro amava molto la teatralità, un pò come un tempo. Quanto a quel tizio... Un gesto della mano e lo Yakushi precipitò in mezzo a loro, rotolando alcune volte prima di rialzarsi, all'erta e pronto a colpire. Posso farti sparire con una mano...Febh. Vedi di stare buono. Lui strinse i denti: aveva sentito qualcosa che lo metteva in pericolo, ma al momento quell'uomo chiamato Jotaro era la sua unica opportunità per scappare da quell'inferno. Io...va bene. Lo sguardo saettava tra i due, ma sentiva anche qualcosa che si avvicinava...forse la stessa cosa che lo aveva inseguito prima di arrivare in quel posto.

    E lo spaventava a morte.

    Jotaro intanto continuava le sue chiacchiere. La Tagliateste? Mi era necessaria per decapitare il Lupo Siderale e diventare ciò che sono. Quella creatura non era un alleato ma un vincolo alle mie possibilità. Ora, credo di averla ancora con me, ma non la uso poi tanto. Sorrise. Questo perchè ben pochi sono degni di farmela impugnare. Però uno dei miei sottoposti ne ha forgiato una copia quasi identica, se non ricordo male la ha data a uno dei suoi, già nel Paese della Luna. Perchè? Vorresti tenerla per te, vecchio amico? Lo canzonò, quasi con aria di sfida, ma se davvero Jotato aveva un modo per estorcere le informazioni a Mataza, non c'era motivo di bloccarlo.

    Io aspetto...ma sono...non mi sento molto me stesso. E sono confuso. Era come se parte della sua identità venisse costantemente erosa da quel luogo, quindi i moniti di Jotaro sul restare tranquillo non lo aiutavano. Qualunque cosa tu faccia, sarò curioso di vederla, specie con quella briciola di chakra che hai in corpo. Aggiunse Hayate, un pò presuntuoso, mentre il cenobita di Indra si avvicinava alla sua preda per provare qualcosa di nuovo, e in un certo senso di proibito: aprì sè stesso alla coscienza di Indra.

    Solo che stavolta non furono le immagini mostruose e deformi a presentarglisi davanti, ma fu come se tutto il mondo circostante si sciogliesse, quasi lavato via. Solo lui e Mataza restavano, e la presenza di Indra, ingombrante e crudele come sempre. Hai pensato bene di chiamarmi nel mondo dei morti. Parte di me è ancora qui, quella parte che è scivolata da una reincarnazione all'altra. Ma io sono diverso, io sono il vero me stesso che ha scelto di preservarsi, non quell'anima folle che si è riaffidata al mondo. Avrebbe sentito chiaramente un movimento alla sua sinistra, con una presenza che finalmente ebbe un volto e un'espressione, e non solo una costante presenza.

    Questo luogo riflette la mente, nessuno guardando un oggetto vede la stessa cosa di un altro. E io qui rivedo me stesso quando ero al pieno delle forze, in un corpo che non era devastato e di scarto come il tuo. Le labbra si piegarono disgustate, prima di rivolgersi verso Mataza. Mataza Tsumuji, eh? Hai pensato a lui e ora so tutto. Tale era la natura del loro legame. E vuoi che lo sventri per tirare fuori ciò che desideri? Forse il concetto era stato semplificato e brutalizzato, ma restava quello.

    Potresti darmi il pieno controllo e assieme abbatteremmo quell'Hayate. Realizzi che lo vedi così perchè ti ricordi che quello è il suo aspetto? L'aldilà gioca con le nostre percezioni. Senza Tamashii non c'è una luce che stabilizzi tutto. Disse frapponendosi tra Jotaro e Mataza, tentandolo di lasciarsi andare e cedere al potere. Il Chakra è mente e corpo, ma al momento io occupo quasi tutta la totalità della tua energia mentale, non hai che un briciolo del tuo chakra, a meno di chiedere la mia intercessione. Non sei stufo? Potremmo uccidere Hayate e usare il suo potere per separarci e darmi un corpo più decente. E tu saresti libero.

    Ma comunque andasse quel loro legame era un legame di emozioni e mediazione. Indra era là perchè Jotaro voleva estrarre informazioni da Mataza. E Indra avrebbe dovuto farlo, almeno finchè Jotaro aveva il controllo. Consumando il chakra sotto la mia influenza diventi più affine a me. Un sincizio d'anime. E questo ti da conoscenza e rende la tua mente superiore. Una misera anima come questa non può opporsi a noi. Allungò una mano che avvampava di chakra affine allo Yin, all'energia della mente, fino a toccare la testa di Mataza. Se conoscessi la tecnica con cui si interroga la mente allora questa mia capacità sarebbe più efficace, ma ci adatteremo. [Tecnica]Apertura Mentale
    L'utilizzatore consuma due Unità di Follia per forzare la mente di una vittima con cui mantiene il contatto, rendendo la sua mente più ricettiva e vulnerabile a qualunque successiva alterazione per tutta la scena. L'efficacia del Rilascio per la vittima è dimezzata e qualunque genjutsu dell'utilizzatore causerà un danno alla vitalità pari a Leggera per grado della tecnica. Dopo aver subito l'Apertura Mentale, la vittima non potrà mentire all'Utilizzatore senza che questi se ne accorga, per tutta la scena. Se associata all'Interrogazione Mentale, questa tecnica raddoppia i consumi di chakra necessari per resistere alle domande, e causa Affaticamento alla vittima dopo il secondo tentativo di resistere. A discrezione del QM, durante Apertura Mentale possono essere trasmessi all'utilizzatore ricordi ed emozioni della vittima, anche se sfumati e frammentari.
    La mente di Mataza non diede risposte, ma concetti: Jotaro vide giovani dai capelli rossi e una struttura che pareva un tempio. Vide la luna che splendeva nel cielo e ne ebbe paura quando un'enorme palpebra la coprì: era un occhio la sfera luminosa nel cielo dell'aldilà, non un pianeta. Vide le anime Uzumaki concentrarsi dentro "qualcosa" e svanire dall'aldilà in quel tempio. Idee confuse, molta paura, e soprattutto dolore mentre Mataza osservava tutto questo. Dolore perchè qualcosa di Uzumaki esisteva anche dentro di lui, forse una remota eredità di sangue, e la profonda nostalgia lo spingeva a cercare di raggiungere il tempio, ma le torture della sua dannazione lo bloccavano.

    L'anima era ferita e infranta, il mondo tornò a contemplare Hayate e Febh...quanto era passato? Di Indra nessuna traccia, e Mataza biascicava qualcosa di poco chiaro. Cosa fare?

    Edited by Febh - 7/4/2020, 00:40
     
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    Quello che Hayate diceva su Mataza era certamente vero, il lanciere aveva sempre avuto mancanze sul piano fisico, come il suo scontro con Ayato avevano messo in risalto, ma aveva sempre bilanciato con una grande forza di volontà; non che questa gli sarebbe servita più a molto...Quindi Hayate rivolse parole simili anche al ronin, il quale al contrario, senza rivolgere il volto all'immortale, rispose:

    L'ho perso per vincere una scommessa con una divinità e interrompere una falsa promessa di immortalità. Era stato proprio Jashin a privare Jotaro della sua riserva di chakra quando lo aveva liberato dal suo contratto. Hayate più di tutti avrebbe dovuto capire il significato di quel gesto. Essere eternamente schiavo di qualcuno non è certo da considerarsi immortalità. Quello che accadde un istante dopo, Jotaro se lo perse, non riuscì a vedere il bagliore di verità nel volto di Hayate, era preso dal modo in cui era conciato Mataza.

    Quanto al modo per incontrarlo, fece sorridere Jotaro. La teatralità di Hayate era sempre la stessa, e nè il tempo nè le imprese avevano cambiato questo suo aspetto. Non che il ronin avesse un reale motivo per incontrare Hayate, non per il momento almeno. Però sapere come comunicare con lui poteva avere i suoi benefici, dopotutto erano due uomini d'affari, con interessi molto, molto distanti, il che poteva giovare ad entrambi, a diverso titolo, senza il rischio di pestarsi i piedi a vicenda, dato che, essendo sinceri, Hayate avrebbe potuto estinguere Jotaro 20 anni prima, figurarsi adesso. In compenso, un gesto della mano dell'"uomo" riportò Febh alla presenza di tutti, con sollievo di Jotaro, sebbene sembrasse molto molto spaventato. E la cosa non quadrava, ma ci avrebbe pensato in seguito.

    [...]

    Quanto ad Hayate, lui e Jotaro erano davvero simili nonostante tutto, da una domanda ne era nata una filippica, che il ronin ascoltò volentieri, sebbene non avesse idea di cosa fosse il Lupo Siderale, però da quando l'Hokage aveva ricevuto il Pungiglione di Jotaro e lo teneva nelle sue armerie a prendere polvere a mo di trofeo, una nuova arma degna di tal nome non sarebbe stata una brutta idea.

    Se ne hai addirittura due, sì, non mi dispiacerebbe averla, puoi farla lasciare piantata a terra dove mi hai detto di attenderti, consideralo il conto per le informazioni, in nome della nostra vecchia amicizia. Rispose Jotaro, accettando di essere deriso dall'uomo.

    Quanto all'ingombrante presenza che si palesò dietro la porta, stavolta l'Antico non aveva la forma di un mollusco, nè c'era un abisso in attesa, ma un giovane, un normalissimo individuo, una presenza effimera assieme a Jotaro e Mataza; e questo disturbò il ronin più di qualunque altra apparizione. L'idea che Egli potesse giocare con la sua mente lo rendeva disturbante. Non solo, di solito Indra non parlava affatto. Figurarsi, stavolta stava discorrendo più di Hayate e Jotaro messi assieme, due tra i più grosso egocentrici nella storia del continente ninja.
    Che fosse il luogo a rendere l'incontro così particolare?
    In ogni caso, il metodo di Indra era semplice ma efficace, egli aveva libero accesso ai pensieri di Jotaro, ma solo a quelli, c'erano cose del ronin che nemmeno lui poteva comprendere, specialmente quelle emotive e quelle spirituali.

    Non trattarmi come farebbe un demone. Questo luogo non mi spaventa, riconosco la tua superiorità, non serve ribadirla. Quanto ad Hayate, lui è necessario a questo mondo, e mi stupisco che una creatura illuminata come te non lo capisca.

    Ma lo scambio di opinioni passivo aggressivo durava sempre poco, giusto il tempo per due amanti di ribadire la loro relazione prima di indulgere nell'annodarsi nel loro edonismo mentale. Indra rivelò dettagli importanti per la crescita mentale di Jotaro, ed egli ebbe solo a ringraziarlo di questo. Poi gli mostrò l'utilizzo di una tecnica che non aveva mai visto, forse qualcosa di nuovo, forse una sua capacità personale. Conosco la tecnica di cui parli solo di nome, una volta concluso vedrò di colmare questa mia ignoranza. Grazie per il consiglio. Vediamo cosa possiamo avere da Mataza prima di esagerare, non voglio sia distrutto se non è necessario. La sua dannazione è già stata superiore ai suoi peccati.

    Effettivamente, c'era un altro dettaglio di Mataza che forse era sconosciuto ai più. Solo un altro ninja, prima di Jotaro, era stato privato dell'utilizzo del tantien, e si era ridotto a vagabondare privo delle sue capacità prima di venire catturato e giustiziato, quel ninja era proprio Mataza. In un certo senso, Jotaro era solo un Mataza che non si era mai arreso.
    L'intromissione parziale permise di accedere a dei concetti, ricordi, immagini, sensazioni, ma niente di definitivo. Solo dettagli. Sicuramente Hayate avrebbe avuto le risposte a questi dettagli, ma probabilmente anche lui aveva avuto accesso alle stesse informazioni, se voleva ottenere più certezze rispetto all'immortale, doveva attingere a metodi che il Lupo non aveva. E il sommesso lamentarsi incomprensibile del lanciere non aveva il minimo senso. Avrebbe potuto creare una illusione, fargli incontrare un giovane Jotaro e fargli vuotare il secco, ma questo lo avrebbe lasciato lì in eterno a soffire ancora, e secondo Jotaro, questo era molto più crudele.

    Quindi arrivò una richiesta, ma non fu quella che Indra si aspettava.
    Fallo. Ma non danneggiare la sua mente o la sua anima fai di più, so che ne sei capace, lo hai già fatto alla Villa e hai quasi ucciso Diogene e la portatrice del Nibi, solo la mia intromissione ha interrotto il processo, ma ho visto cosa sarebbe successo. Inceneriscilo, prendi tutto. Ricordi, immagini, sensazioni, tutto ciò che è Mataza Kabane Tsumuji, e inseriscilo dentro di me, che di questo palanchino restino solo le lance. Continuerò io la sua strada.

    [...]

    Quanto a Febh, che aveva atteso tutto quel tempo accanto a Jotaro, a cose fatte avrebbe dovuto dare una spiegazione, più tempo passava, più Jotaro non riusciva a far quadrare la situazione. Aveva visto Febh alla riunione dei Kage, nemmeno un mese prima, e quello che aveva davanti era fin troppo spaventato e accondiscendente per essere la stessa persona. Molto presto i due avrebbero dovuto fare una chiacchierata.

     
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    È colpa tua. Ratty

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    Ah...si. Credo di capire la tua situazione. Ho studiato e schiacciato molti sedicenti immortali e le loro lusinghe. Pagliacci. Scosse il capo. Io cerco qualcosa di più. Qualcosa di eterno, ma che sia anche concreto. La sua espressione era strana, distante come se contemplasse qualcosa di lontano. Quell'uomo aveva un sogno, e nulla è più pericoloso di chi insegue i mulini a vento e ha la forza di raggiungerli. Ma non sono qui per fare proseliti. Tagliò corto, anche se c'era stato un lampo di estremo interesse nello sguardo di Febh. Eterno e...concreto. L'occhialuto avrebbe deglutito, guardando Hayate come un assetato nel deserto guarderebbe un'oasi, ma Jotaro aveva altro a cui pensare al momento. Vorresti la copia della Tagliateste? Beh, vecchio amico, potrei anche fartela avere, ma ne parleremo quando sarà necessario. Nulla viene dato per niente, a questo mondo. Sappiamo entrambi come funziona: se le informazioni saranno adeguate avrai quella e altro ancora.

    E quindi l'indagine su Mataza, con l'interferenza di Indra, che portò a un confronto stranamente più civile di quanto non fosse mai stato in passato. Ti sei fatto temerario, Jotaro, a rispondermi così, come se fossimo alla pari. Hayate necessario? A chi? A tenere intatti i ricordi di un vecchio pazzo che vive nel passato? Non è il tuo stesso Hayate. Forse lo è stato, ma ora è molto più simile a me di quanto non lo sia a un uomo normale. Sorrise schiudendo appena le labbra, e nel buio della bocca stavano gorghi di follia e immagini insensate che non era saggio fissare troppo a lungo. Indra era un aggregato oscuro che in quel luogo aveva indossato un abito carino: Jotaro non doveva mai dimenticarlo. Carpirono immagini e notizie, flash di conoscenza ma nulla di solido su cui basarsi, a malapena degli indizi. Poi alla richiesta del Cenobita persino Indra (o quel che era) rimase un secondo interdetto e sorpreso. Oh...mi stupisci. Finalmente un pò di spregiudicatezza del tipo che apprezzo. Al diavolo i vecchi legami. Al diavolo tutti i legami, ognuno deve badare a sè stesso, no? Gli avrebbe posato una mano sulla spalla, avvicinando il volto all'orecchio per sussurrare. Ogni passo somiglierai sempre di più a me. E quando saremo indistinguibili, allora solo io rimarrò, mio illuso contenitore. Si allontanò, leggiadro ed evanescente come una nuvola di fumo, tornando appena più solido davanti allo Tsumuji, cui poggiò le mani sulla testa.

    Ammira Jotaro. Io ho creato quasi tutti i jutsu esistenti, o almeno le loro basi. Io sono l'incarnazione stessa della conoscenza e del potere, anche se nessuno me ne ha mai dato credito. La voce era forte e stentorea, quasi stesse predicando. La predica di un folle, naturalmente. E dunque è solo corretto che io possa cogliere i frutti di ciò che ho seminato millenni fa! Come mia nonna può raccogliere il chakra che ha diffuso perchè crescesse assieme alla vita, così io posso accogliere in me ogni conoscenza! Ammira la Razzia MentaleRazzia Mentale:
    L'utilizzatore consumando 3 Unità di Follia può strappare conoscenze dalla mente di una vittima consenziente o incapacitata. Può appropriarsi di tre conoscenze (Tecnica Speciale, Tecnica Avanzata, Abilità, Competenza) dalla mente della vittima e utilizzarle anche senza averne i prerequisiti, una sola volta. Può attingere più volte alla stessa conoscenza, se lo desidera. Se la vittima sfrutta una conoscenza che le è stata strappata subisce lo status Scoordinato per 2 round. Fintanto che le conoscenze sono nella sua mente, accumula una Unità di Follia ogni round, anche a tecnica speciale disattivata, e non può riutilizzare questa tecnica. Se la vittima ha subito Apertura Mentale, potrà appropriarsi di 4 conoscenze.
    Se usata assieme a Simbolo della Memoria, sarà in grado di utilizzare le conoscenze sigillate dal Fuuinjutsu liberamente fintanto che il Simbolo resta attivo, in questo caso potrà usare questa tecnica anche su una vittima non consenziente o non incapacitata.
    A discrezione del QM, può incrementare l'efficacia di un interrogatorio.
    Consumo: Alto
    ! Normalmente questa mia capacità ha una durata limitata, ma se la si prolunga posso razziare un'intera esistenza...anche se rimane poco di chi la subisce! AHAHAHAHAHAHAHAH!!!!
    Il chakra fluì nell'anima straziata di Mataza e la dilaniò ancora di più. E mentre le risate di Indra crescevano di intensità, anche il grido di dolore di quel dannato superò ogni limite di sopportazione, fino a quando i due suoni non furono altro che puro e semplice caos. AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA!!!AAAAAAAAAAAAAHHHHHH!!!
    AHAHAHAAAAAAAAHAHAHAHAAAAAAHHHH

    HAHAahAhaHAAhahAAHHH!!!




    Jotaro acquisisce alcune informazioni sul passato di Mataza (chi osa dire "matazai, matazasti, matazammo" subirà danni incalcolabili), troppe per elencarle, ma alcune sono degne di nota.

    Rivede l'intero scontro con Ayato e la successiva distruzione del suo Tan'tien, così come il viaggio successivo per cercare un modo per riaversi, senza successo.

    Osserva Mataza mentre legge e studia un testo Tsumuji in un vecchio Dojo tra le montagne del Paese dell'Artiglio, dove un anziano sensei suo parente gli insegna una feroce tecnica di lancia, nonostante il corpo privo di chakra, e conosce una bambina fanciulla dai capelli argentei e strani occhi di colore rosa, nemmeno fossero petali di fiore, che si sta addestrando nel medesimo stile. Forte della nuova conoscenza sullo stile della Lancia della Bestia (Kemono no Yari), che pure poteva usare solo in parte non avendo un sistema circolatorio del chakra funzionante, Mataza partì poi per cercare una cura.

    Provò ad andare a Iwa, dove si era da poco stabilità una giovane esperta di Fuuinjutsu scappata da Konoha per non precisate incomprensioni con gli Jaku, ma anche lei non aveva modo di aiutarlo. Aveva sentito di un tempio di guerrieri a Taki che si erano ritirati dal combattimento dove viveva una fanciulla dai poteri prodigiosi, ma nonostante tutte le sue richieste e suppliche non gli concessero di entrare. Fu solo sulla via del ritorno che si fermò nel piccolo paese di Tsuya, dove un anziano archeologo, sentendo il suo cognome, dopo una notte di bevute gli confessò che aveva sentito parlare del clan Tsumuji e della loro casa ancestrale, nel Paese dell'Orso. Secondo quanto aveva sentito, una lancia capace di raddoppiare le energie di un uomo, appartenuta al primo Tsumuji, riposava in quel luogo. Arrivò anche a conoscerne vagamente la posizione, ma prima di intraprendere quel lungo viaggio doveva tornare all'Accademia e raccogliere le forse, e magari qualche alleato tra i vecchi amici. Dopo aver ricevuto risposte negative (certo per l'influenza di Ayato) dall'organo centrale, si rivolse a Suna in maniera forse un pò aggressiva ma venne fermato da Joel, uno dei manipolatori della Sabbia più forti.

    Trovò rifugio a Konoha, paradossalmente, sotto il naso degli Jaku, ospite del clan Hyuga che mal tollerava il possesso di un Byakugan da parte dell'Hokage di allora. Gli promisero aiuto e supporti, ma mentre dormiva nella casa di Soken Hyuga, uno dei più abili del clan, una lama pose fine alla sua vita nel sonno. Non vide chi era stato, e nulla si seppe più. Che fossero stati gli Hyuga? O qualcuno esterno? Difficile a dirsi, specie dopo tanto tempo, ma fu sicuramente un attacco a tradimento a porre fine alla sua vita.

    Forse Jotaro avrebbe in seguito indagato. Forse no. Ma era come se si fosse addestrato assieme a Mataza, e sapeva dove recuperare una lancia di qualità superiore. Però quello non era tutto.

    L'inferno era stato confuso e distruttivo per la mente almeno fino a quando gli occhi dell'anima dello Tsumuji non si posarono sulla Pergamena di Indra. Unica a esistere nell'aldilà, si diceva che Indra stessa la avesse lasciata là apposta per avere le istruzioni adeguate a preservare l'integrità del suo spirito o di quelli che mandava volutamente all'altro mondo per motivi di studio (questo lo trasmise Indra stesso, un servizio di cortesia). A quel punto aveva cercato di capire chi fosse stato a ucciderlo, realizzando la futilità del gesto solo dopo molti mesi (anni?) di inutili ricerche: i morti non influenzano i vivi, e lasciarsi guidare dal rancore non serviva ad altro che ad acuire le sue sofferenze. Quando cominciò ad affacciarsi su questa verità, la luna nel cielo si sarebbe mossa...non era la luna ma un occhio. L'occhio di un drago che pareva occupare tutto il cielo dell'altro mondo: Amesoko, drago dello Zenith.

    Nonostante la Razzia le informazioni successive erano frammentarie, ma sostanzialmente il drago riconobbe che Mataza era almeno in parte un Uzumaki e ora che aveva cominciato a raggiungere l'illuminazione gli propose di unirsi ai suoi consanguinei nel Tempio che aveva allestito per loro, così da partecipare a una grande e nobile missione che avrebbe concesso alle loro anime di raggiungere un livello superiore di esistenza, o perlomeno questo era il patto tra loro. Mostrò il tempio e le anime che in pace contribuivano a qualcosa, con catene di spirito che si tendevano verso il Naos, lasciati però liberi di muoversi e in pace. Temendo di finire in gabbia, forse fraintendendo gli Uzumaki con cui parlò che gli dissero che uno di loro era scappato, prima di correggersi (con uno strano cambio, fin troppo repentino, dell'espressione del "viso") dicendo che si era smarrito, lo Tsumuji si ritrasse, rifiutando il patto con Amesoko. Il grande Drago non era avvezzo ai rifiuti, e scoprire che Mataza sapeva dell'Uzumaki mancante all'appello lo fece irritare oltre misura, fino a punirlo scacciandolo nelle profonde nebbie dell'inferno, con le creature al suo servizio che lo avrebbero inseguito e seviziato per l'eternità. Non c'era perdono da parte di Amesoko...e Mataza lo avrebbe scontato in eterno.

    Poi, nel caos e nel grigiore della sofferenza, della fuga e dell'inevitabile tortura che si ripeteva in cicli apparentemente infiniti, ecco finalmente un volto amico..Hayate. Che fosse là per aiutarlo? In realtà ebbe solo domande e nuovo dolore. Sembrava fosse finito, quando anche Jotaro, per quanto più vecchio, entrò nel suo campo visivo. Ormai lo Tsumuji era oltre la speranza e si aspettava solo sofferenza. E la sofferenza venne, ancora più intensa di quanto non immaginasse. Nell'unico intervallo in cui ebbe la forza di dire qualcosa, quell'anima biascicò qualcosa di incomprensibile, nonostante l'immane sforzo impiegato. Quello che disse ora Jotaro lo sapeva bene, come se fosse giunto dalle sue stesse labbra.

    "Ti prego...fai che finisca..."

    E così era stato.


    Quando il mondo tornò a essere privo dell'influenza di Indra Febh era pallido come un cencio e guardava Jotaro con rinnovato spavento. Se prima temeva per quello che stava capitando e aveva un corretto timore di Hayate, ora era Jotaro a essere fonte di terrore. Persino Hayate pareva un pò turbato. Di Mataza non restava che il patibolo e pochi frammenti d'anima che si disperdevano lentamente. Vecchio amico...mi stupisci. Non credevo potessi ridere così di gusto mentre cancellavi dall'esistenza una persona a cui eri legato. Non so bene se temerti o essere orgoglioso di te per come hai i scelto di liberarti da vecchi legami. Ridere? Non era stato forse Indra a ridere come un pazzo? Cosa era capitato mentre la mente di Jotaro era focalizzata altrove, cercando di mettere ordine nelle notizie strappate a Mataza. Allora? Hai appreso qualcosa di importante per me? O ti stavi solo divertendo a distruggere un'anima? A quelle parole Febh sbiancò, arretrando di un passo o due, quasi sul punto di scappare.

    Edited by Febh - 11/4/2020, 21:42
     
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    Una Promessa dal

    Passato


    III


    Venni inghiottito da una spettrale luce che sembrò assorbire il mio corpo e catapultarlo in un altro luogo.
    L'oscurità riempì il vuoto lasciato dalla luce di Tamashi e, come se mi fossi appena destato da un terribile sogno, mi ritrovai nuovamente desto... In un incubo.
    Jotaro era lì, accanto a me, e le sue parole mi avevano lasciato addirittura più sconvolto che l'essere catapultato nel mondo degli Inferi.
    Eravamo in una vasta landa desolata, rocce e sabbia, nebbia e polvere permeavano l'aria intorno a noi, e luci fioche spettrali si ergevano, ogni tanto, illuminando la via del mondo dei defunti.
    Tu... Conosci Hayate? Esclamai, debolmente, mentre gli occhi scrutavano il paesaggio intorno a me.
    Alzai Tamashi che, al contrario di noi, sembrava trovarsi perfettamente a suo agio. La sua luce verde, solitamente appena visibile, era più limpida e piena, e donava alle nostre figure una strana spettrale immagine in quel mondo.
    Jotaro, per favore, basta enigmi. Che cavolo significa che tu sei già stato qui? Sei morto e resuscitato, vorresti dirmi? I suoi passi mi precedettero, e, sebbene la Lanterna illuminasse solo la strada dietro di lui, sembrava saper dove andare. In che modo questo Mataza dovrebbe esserci utile? O meglio... Esserti utile... E non mi farò ingannare da questo posto... Non... Fui gelato.
    Le mie gambe, come congelate, si fermarono all'istante.
    Avevamo appena superato un lieve dosso roccioso, e dinanzi a me - o a noi, non potevo dirlo, si aprì, quasi come se fosse stato nascosto fino a quel momento sotto al mio naso, una vasta pianura...

    Terra bruciata.

    Macerie.

    Un solco nel terreno.

    Fuoco e fiamme, desolazione e morte.

    Ero tornato lì. Nel Gelo.

    Lei era lì, sopra di me.

    rul7qG2


    Gli occhi si sgranarono, tutte le vene del mio corpo iniziarono a pulsare congiuntamente. Il fiato si fece più pesante, sempre più pesante, finché non iniziai a digrignare i denti per lo sforzo. Tu...! In un istante le mie mani furono sulle lame, ma nello stesso preciso momento la pallida figura che nella mia mente sarebbe dovuta essere Tensai-ji, l'Asso di Cuori, sparì nel nulla, disperdendosi in nebbia e polvere.
    Non.. Cercai di ritrovare la calma, respirando lentamente. Non è... Reale... Proseguiamo, Jotaro... Se anche il ronin avesse visto quello che avevo visto io, non volevo saperlo.

    Continuammo ad avanzare nella gola, finché non raggiungemmo un promontorio, un rumore interruppe la nostra silenziosa noia.
    Era il primo rumore che sentivo in quel posto.
    Chi può essere? Non vorrei che i morti abbiano imparato a correre... E, se non sono morti, è sicuramente qualcosa di peggio. La mano destra andò ad impugnare Sameha.
    E in effetti era veramente qualcosa di peggio dei morti.
    Eh? Restai pietrificato dall'incredulità.
    Il mio indice andò a puntarsi contro la figura, minuta e occhialuta che era appena apparsa dinanzi a noi.
    Febh... Ma che diavolo ci fai tu qui? Chiesi, confuso, mentre voltavo il capo verso Jotaro. Ma non dovevamo essere... Dietro di me, solo nebbia e oscurità. ... Voltai nuovamente il viso verso Febh.
    Nebbia e oscurità.
    ... Soli...?

    La verde luca di Tamashi non si era mai interrotta, neanche per un istante.

    ... O dannazione...

     
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    Di nuovo assieme


    Il lanciere e l'erede



    [Akira]

    CITAZIONE

    Tu... Conosci Hayate?
    Jotaro, per favore, basta enigmi. Che cavolo significa che tu sei già stato qui? Sei morto e resuscitato, vorresti dirmi?
    In che modo questo Mataza dovrebbe esserci utile? O meglio... Esserti utile... E non mi farò ingannare da questo posto... Non...


    Jotaro avrebbe risposto alle domande di Akira, ma senza mai rallentare o bloccare il passo. Come una guida di montagna che narra la storia della valle mentre accompagna i viaggiatori, ma non rallenta, conscio che sulle pendici ghiacciate, ogni istante perso può essere fatale. L'accademia Akira è più vecchia di te. I ninja sono ancora più antichi. Prima che tu ti arruolassi, altri ninja solcavano la tua stessa terra, altre storie, altri poteri. Ci sono racconti che si sono persi nel tempo. Come ho aizzato per anni Kiri e Oto ad azzannarsi a vicenda, perchè producessero una nuova generazione du guerrieri, dopo che la calma piatta aveva reso tutti grassi e pigri. Come un traditore di Oto si sia seduto sulla poltrona più alta della foglia per anni, o come il Mikawa abbia salvato la vita al vostro vecchio Mizukage, impedendomi di ucciderlo in un momento di poca lucidità. Hayate è uno di questi racconti. Era un uomo un tempo, un uomo come te e come me. E noi vagavamo assieme, combattevamo e soffrivamo assieme, come fai tu con i tuoi compagni.

    Quindi per la prima volta dall'inizio della spiegazione si fermò un istante e si voltò indietro verso Akira, con sguardo serio. Aveva visto molto dei ninja che oggi dominavano i racconti più leggendari, quando erano ancora degli apprendisti che a malapena riuscivano ad arrampicarsi sugli alberi.

    Il mio passato e il tuo presente, è tutto collegato. Domani sarai tu il prossimo Hayate ?

    E continuò a fissarlo, come per avere una risposta, ma anche per ammonirlo. Chiunque poteva essere Hayate. Oggi Akira era uno spadaccino di Kiri, aveva un'amata nel villaggio, un rivale spadaccino, e un mentore particolare, ma sarebbe bastato poco. Una scelta sbagliata, la morte di una persona cara, un punto di vista, e tra dieci anni, o venti anni, avrebbe potuto essere lui il prossimo Hayate, e seminare morte in giro come si semina un campo. Poi Akira sbiancò, anche lui aveva iniziato a vedere.
    A quel punto aggiunse un dettaglio sull'altra cosa chiesta da Akira, anche se dubitava che il ragazzo lo stesse sempre ascoltando.

    Non penserai davvero che sia sopravvissuto al Gelo... Poi Akira scomparve, ma Jotaro non se ne accorse, e continuò a camminare sempre rivolto in avanti, convinto di avere dietro il suo accompagnatore. Percorse altri metri prima di spiegargli nuovamente che Mataza poteva aiutarlo a trovare Hayate, ma i dettagli si persero nelle nebbie eterne del Bonshuno.
    Ogni volta che rimetteva piede in quel posto era sempre uguale, eppure cambiava qualcosa. La prima volta che era morto, Rengoku lo aveva ucciso, a Oto, davanti a molti altri. Non seppe mai se quella dimostrazione fosse stata architettata con Amano per renderlo più forte, ma si trovò nel Bonshuno; era giovane, inesperto, spaventato. Era un ninja da pochissimo tempo, appena fuggito da Suna dopo aver ucciso il suo padre adottivo, e alla ricerca del suo vero era finito al Suono, dove era divenuto un ninja, e poco dopo era stato massacrato. La lama interna nel braccio della sua maestra lo aveva decapitato nell'arena del villaggio, facendolo cadere a terra come un sacco di patate.
    La cosa gli tornò in mente in quel momento. Aveva vagato nel Bonshuno in preda al terrore, prima che suo nonno lo riportasse nel mondo senza mai spiegargli il perchè.
    Era successo di nuovo. Molte altre volte. Al punto che gli spiriti di quel luogo aveva preso ad ignorarlo, come fosse una costante presenza distorta.

    [Mataza]

    Indra era particolarmente loquace. A Jotaro questo non piaceva, lo preferiva silenzioso. Anche perchè più parlava più tornava ad essere un mortale, con tutti i suoi limiti e i suoi difetti. Hayate era necessario, doveva capirlo, qualunque cosa fosse quell'entità a Cantha, non si sarebbe fermata, e qualunque aiuto sarebbe stato necessario, anche quello di Hayate, e l'Antico sapeva bene che l'Uomo misterioso era ben più pericoloso dell'Immortale. In tutta la sua grande saggezza, Indra non aveva mai proposto a Jotaro, quando si trovava a Cantha, di distruggere QUEL nemico, perchè sapeva di non esserne in grado.
    Solo adesso, davanti a uno dei ninja che Jotaro aveva sempre ritenuto tra i più abissalmente potenti, il ronin si rese conto che tutti loro non erano che mosche, e che l'imperatore di giada li avrebbe tutti schiacciati. Per questo non rispose alle provocazioni, nè si oppose, lasciò che le parole gli scorressero addosso come pioggia.
    Una cosa però era giusta. Ogni volta che Jotaro apriva la porta che lo separava da Indra e poi la richiudeva, qualcosa dell'Antico gli restava attaccata addosso, era sempre meno spaventato, sempre meno suscettibile, stava diventando qualcosa di diverso, qualcosa che cercava di allontanare, ma prima o poi avrebbe dovuto farci i conti.

    Quando Indra utilizzò la Razzia Mentale sull'anima di Mataza, Jotaro venne pervaso da molte sensazioni, poche piacevoli. Il processo potrebbe essere paragonato al voler leggere un intero libro in pochi secondi. La quantità di dettagli, di emozioni, di ricordi che entrarono nella sua mente amalgamandosi ai propri fu così esagerata che gli sembrò di crollare sulle ginocchia, nonostante Febh avrebbe potuto vederlo sempre in piedi. Non era tutto, c'era qualcosa di più, non erano solo ricordi, c'era anche l'esperienza collegata ad essi, come se fosse stato lui stesso, in persona, a viverli. Vide il viaggio di Mataza, era solo. Vide come Ayato e i suoi lo avevano ostracizzato dopo la sconfitta, per la sola colpa di aver voluto mantenere alta la testa. Non lo cercò mai, troppo legato al padre era Jotaro. Non ci provò nemmeno, sapeva che il compagno non avrebbe mai preso la sua parte all'epoca; ma sarebbe davvero stato così ? Ormai non aveva troppo senso chiederglielo. Vide luoghi, persone, armi. Gli sembrò una vita infinita. Vide il Bonshuno, vide Amesoko. C'erano altri laggiù, altri che durante le sue varie visite, non aveva mai incontrato. Si rese conto, Jotaro, che il grande drago era sempre stato sopra di lui, ogni volta che si trovava laggiù, invisibile. Sapeva che l'uomo era un esterno, non vi aveva mai avuto contatto, ma lo teneva d'occhio. Gli Uzumaki erano laggiù, i più grandi sigillatori mai esistiti, e pochi come lui comprendevano la superiorità di simili arti.
    Non aveva mai incontrato veri esperti in quelle capacità, troppe si erano perse nel tempo, troppi pochi maestri, troppi pochi allievi dotati per apprendere, e i sigilli degli Uzumaki si erano persi nelle pieghe del tempo. Forse quella visita poteva dare un ulteriore frutto. Erano frammenti, non certezze, ma avrebbe potuto trovare quello che serviva ad Hayate.
    Poi lo vide, Hayate, arrivare, come se fossi lui sul patibolo, con il grande drago che lo osservava dall'altro mentre l'Immortale straziava ciò che restava di lui, per un tempo infinito. Aveva sperimentato molto Jotaro nella sua vita, ma mai niente di simile. Questa esperienza non sarebbe trascorsa senza effetti.

    Qualcosa dentro di lui si ruppe in quel momento.
    Poi vide se stesso, arrivare come uno spettro, faccia a faccia con se stesso, mettersi una mano sul volto, e tutto diventare scuro.

    A quel punto tutto cessò, Jotaro era fermo a fissare un punto vuoto davanti a sè, dove poco prima c'era l'anima di Mataza. Con la coda dell'occhio poteva percepire Febh che si allontanava lentamente. E Hayate parlare al vento. Era sicuro di aver sentito Indra ridere, ma forse era lui che rideva. Quella parte di lui che aveva accolto Jashin, che aveva sventrato quello studente di Oto quando assieme a lui e Diogene erano usciti dal villaggio, così, senza un reale motivo. Quella parte di lui che si era lanciata alla cieca contro Itai e Shiltar per ucciderli, nonostante non ne avesse il motivo. Per un momento vide la scia di morti che si era lasciato alle spalle, sempre per quello che riteneva uno scopo, e si perse le parole di Hayate.

    Sotto lo sguardo di quella luna infausta, Jotaro protese una mano verso Hayate. Il suo palmo prese a gonfiarsi verso l'altro, poi la pelle prese la forma di un piccolo rotolo che cresceva, sembrava luminoso, fino a che, dopo qualche istante, oltre alla forma prese anche il colore di un rotolo, sembrava ornato, quindi si staccò completamente dalla pelle della mano, increspando la carne come una goccia che cade nell'acqua calma. La mano afferrò il rotolo, e lo porse ad Hayate.
    Non ricordava quando o come, ma l'Antico gli aveva insegnato a scriverne una, o forse era stato direttamente lui a farlo, ma quella era proprio una piccola, remota pergamena come quelle che cercava Hayate, questa però era particolare, conteneva ricordi. Quando Hayate l'avesse aperta, e letta, avrebbe ottenuto le informazioni che cercava da Mataza, tutto ciò che poteva essere ottenuto.

    La mia parte.

    [Febh?]

    Quando l'incontro con l'Immortale avesse raggiunto il suo completamento, Jotaro si sarebbe volto verso Febh, che sembrava sempre più sconvolto. Lui non sapeva bene cosa dirgli, non era più suo compito rassicurarlo, da molto tempo; ma il comportamento del ragazzo era singolare, seppur comprensibile. Lui stesso era stato in preda al terrore la prima volta che aveva messo piede in quella valle, ma era giovane, inesperto. Febh non era così.

    Perdona tutto questo. Abbiamo finito.

    Si sentiva inadeguato. Non aveva idea di come rassicurare lo Yakushi, perchè non sapeva bene nemmeno gestire se stesso al momento. Però qualcosa lo riportò al momento presente. Qualcosa che non aveva mai visto prima di quel momento. La luna inondava di luce il luogo dove si trovavano, ma al limitare del cerchio di chiarore, le ombre si erano fatte sempre più vicine, e al momento lo erano abbastanza da essere visibili. E non sembravano affatto affabili.
    Non erano diffuse tutte attorno a loro però, solo..vicino a Febh. Jotaro non notò questo dettaglio immediatamente, agì più che altro d'istinto.

    Non so perchè sei qui, ma se queste cose ce l'hanno con noi, penso sia il caso di muoversi. Dobbiamo trovare Akira, e non solo lui. Che tradotto significava, dobbiamo andare a prendere il passaggio verso casa, durante il tragitto possiamo fermarci un momento a fare due chiacchiere con antichi ninja. Ad essere sinceri non sapeva se Febh lo avrebbe seguito, ma tra lui e le ombre, non era sicuro di essere il più spaventoso.
    Voleva andarsene era ovvio, ma non voleva nemmeno perdere l'occasione di saperne di più sui sigilli degli Uzumaki. Per tutta la vita aveva studiato le arti dei sigilli, ed era arrivato al punto di non potersi servire di normali metodi di apprendimento, doveva attingere dove poteva. Persino all'inferno se necessario.
    Però sarebbe stato rapidamente chiaro che quelle creature non li avrebbero lasciati andare con troppa facilità. Non so quanto di Febh sia rimasto in te, ma se non vuoi restare qui seguimi, posso farti tornare a Oto, non abbiamo molto tempo. Lo diceva per lui più che altro. Non sapeva da quanto era morto, ma le anime avevano un tempo limite laggiù, oltre il quale non avrebbero potuto tornare indietro. Che fosse quello il motivo per il quale lui non riusciva a restarci? Essendo stato creato come contenitore per le reliquie, non aveva un'anima, per quello forse il Bonshuno lo aveva risputato ogni volta?

    [Akira]

    Intanto lo spadaccino dai capelli azzurri non si era mosso di un passo. Lui era convinto del contrario, ma in realtà il terrore lo aveva leggermente pietrificato, e si trovava immobile nel punto esatto dove aveva perso di vista Jotaro e Febh. Le nebbie attorno a lui lo stavano cingendo lentamente, come un serpente che ingoia senza fretta una preda. Più restava immobile in quello che pensava essere il cratere del Gelo, più la sua paura cresceva, e più questa cresceva, più il suo corpo rallentava, nonostante volesse imporre il movimento. I fumi del bonshuno erano divenuti di un verde molto oscuro, e lo avevano quasi del tutto avvolto, quando due figure apparvero nella sua testa, davanti a lui. Erano sfocate, non era in grado di riconoscerle. Se qualcuno avesse potuto osservarlo, avrebbe notato come Akira fosse con la bocca e gli occhi spalancati, illuminati di verde smeraldo e con la bocca che emetteva il medesimo fumo, era ormai quasi stato catturato dalle nebbie, e stava protendendo una mano in avanti, come per raggiungere le figure che gli si stagliavano davanti. Una delle due sembrava un uomo sulla quarantina, forse più vecchio, vestito da ninja, così come l'altra figura, vestita in maniera simile, ma dei vistosi capelli azzurri come i suoi. Nonostante cercasse di visualizzarli però, le immagini restavano sfuocate, e in ogni caso non riusciva a collegare niente nelle sue emozioni, a quelle due figure. Le quali si erano quasi del tutto avvicinate, e ormai erano quasi arrivate a toccarlo, ancora per poco e avrebbe potuto afferrare la mano della donna.

    Quando furono abbastanza vicini da quasi sfiorarsi, Akira avrebbe avuto finalmente una chiara visuale. La donna non era una donna, era una figura oscura, con gli occhi vuoti e una leggera nebbia verdastra che usciva dalle orbite incavate, e nel momento in cui le avrebbe toccato la mano sarebbe stato troppo tardi.



    Eppure non fu annichilito, asservito al Bonshuno. Quelle che fino a poco prima erano le sue vene e le sue arterie, iniziarono a brillare del color dell'oro, sempre più lucente, al punto da accecare gli occhi vuoti di quello spettro che aveva assunto le sembianze di qualcosa che si nascondeva recondito nei ricordi dello spadaccino. I due spiriti urlarono e si dimenarono mentre Akira brillava di pura luce, e in quel momento, una figura di nebbia apparve da dietro gli spettri, e li colpì con un fendente orizzontale, attraversandoli e facendoli dissolvere come fumo. La figura era anch'essa fatta di nebbie, ma era chiara, sebbene fosse evanescente. Un uomo alto, longilineo, dalla forma sottile ed elegante, sembrava quasi una statua di marmo. Aveva lunghi capelli bianchi e niente di più, non avrebbe potuto scorgerne i lineamenti, sembrava però uno spirito protettivo. La figura gli si inchinò davanti e prese a camminare lentamente, invitandolo a seguirlo. Akira avrebbe percepito una tranquilla familiarità in sua compagnia.



     
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