Una promessa dal passato

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  1. Jotaro Jaku
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    Jotty2Hotty

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    Il conto da saldare




    La reazione di Hayate fu peculiare. Forse non si aspettava gentilezza, per questo scambiò la generosità di Jotaro nel cedergli le informazioni con semplice arroganza? Mentre il ronin sperava di non aver incrinato il loro rapporto comportandosi in maniera così lineare, il Lupo chiarì che avrebbe saldato il suo debito, e in poco tempo scomparve nel nulla. Nemmeno per un momento Jotaro dubitò delle parole di Hayate, poteva essere cambiato, non essere più nemmeno un uomo, ma era certo che se avesse seguito le sue istruzioni, avrebbe potuto incontrarlo nuovamente. Eppure, nemmeno avere una delle entità più pericolose che calpestavano la terra dei ninja in quel periodo, riusciva a sollevare le spalle di Jotaro dal peso che sentiva. Era sicuro che restare troppo tempo in quel posto avrebbe attirato cose con cui non voleva avere a che fare. Era già morto, ma per un motivo o per un altro, aveva trovato il modo di non restare troppo nel Bonshuno, o era stato richiamato sul mondo con l'Edo Tensei; stavolta era diverso, la gita si stava allungando oltre misura, doveva andarsene prima di trovarsi a fare i conti col suo passato, e non aveva per nulla intenzione di farlo con Febh vicino, o con Akira da recuperare, ma le cose non vanno mai come si vorrebbe. Fu la voce tremante di Febh a riportarlo in sè, scacciando i pensieri che dimoravano nella sua mente.

    CITAZIONE

    Quello...quella persona. Ma chi era? Da dove arrivava? Deglutì, poi con uno sguardo di disperata avidità. Diceva sul serio quando parlava della vita eterna? Mi inseguono. Mi hanno ferito, non so cosa vogliano realmente, ma sicuramente mi faranno male. Molto male...tutto per colpa di Hebiko. Io volevo solo cavarmela, volevo solo vivere senza il terrore del mio maestro. Lei avrebbe dovuto capirlo, non avrebbe...non c'era bisogno di uccidermi!


    Di nuovo quel comportamento. Più tempo passava in sua compagnia, più si sentiva a disagio. Aveva incontrato Febh di recente; la sua sicurezza a tratti lo spaventava, questo atteggiamento non era da lui; non lo aveva frequentato assiduamente certo, ma la morte non cambia per persone, non così, specialmente uno come lui.

    Mi stupisce che tu non sappia chi sia Hayate. Chiunque conosce questo nome, dal ninja più inesperto al più addestrato di loro, e tu nella tua posizione dovresti...ne abbiamo parlato anche alla riunione, poco tempo fa... Oltretutto, quello che raccontava sembrava reale, ma non aveva senso, come poteva essere stato sconfitto, Febh Yakushi, rinomato per la sua resilienza e il timore che generava nei suoi avversari, da un ninja sconosciuto. Questo racconto faceva acqua da tutte le parti; per non parlare delle cose che gli stavano dando la caccia.

    Febh, questo è il bonshuno, capisci? Se arrivi qui sei morto, niente ti dà la caccia, a meno che tu non debba trovarti qui...Se gli spazzini di questo luogo ti inseguono, significa che c'è qualcosa che non mi stai dicendo. Io non ho un'anima, non appartengo a questo posto, ancora, eppure non sono mai stato braccato. Questo significa...

    Jotaro con una falcata si fece incontro a Febh, praticamente standogli davanti, come per bloccarlo col suo corpo, e lo fissò in volto coi suoi occhi color sangue. Restando in silenzio per qualche secondo...

    ... Che dovremo muoverci non credi ? Concluse sorridendo e porgendogli la mano per condurlo. Recitazione

    Che avesse capito? Oppure voleva semplicemente darsi una mossa e togliersi da lì ? La verità era un'altra. Da quando aveva operato sulla mente di Mataza, la porta non era ancora stata chiusa, e l'Antico continuava a sussurrare le sue malìe. Jotaro ancora non lo aveva capito, non era così abile nel controllo della Porta, da rendersi conto che subito dopo una razzia, non solo la sua mente era più debole agli influssi di Indra, ma ci voleva del tempo affinchè quello che aveva assorbito venisse filtrato dalla sua personalità, in modo da tenere le cose utili ed eliminare tratti e personalità della vittima. Al momento non era lui, era un agglomerato di Jotaro e Mataza, con quella deforme entità che lo stava manipolando, non a comodo proprio, ma a comodo di Jotaro, voleva che il ronin capisse il più in fretta possibile, e si togliesse da lì.
    In quel momento Febh parlò riguardo a Oto, a Orochimaru, ma Jotaro non sapeva o non ricordava, in quel periodo era morto, e Diogene lo stava utilizzando proprio per abbattere Orochimaru assieme a Febh, questo lui lo sapeva, quindi perchè quel racconto confuso?
    Un altro dettaglio distrasse il ronin, come una scarica che arrivò da Febh, che durò un istante soltanto, mentre le ombre si avvicinavano, nonostante lui non sentisse le frasi che gli spazzini del bonshuno pronunciavano.

    Ed eccola laggiù, una flebile luce di speranza, Akira? Tamashi? Erano lontani, ma non così lontani, potevano partire e raggiungerlo, eppure l'idea di voltare le spalle a Febh non lo esaltava, per questo gli aveva allungato la mano per condurlo. Se Febh lo avesse preso per mano, Indra avrebbe tentato di aprire quella mente il possibile, per far capire al ronin cosa stava succedendo. [Razzia]
    Se così non fosse stato, e il ragazzo fosse rimasto fermo o fosse partito, allora si sarebbe incamminato verso la luce, con quelle cose che li stavano seguendo. Non solo, ma più proseguivano verso Akira, più la luce innaturale della luna stava scomparendo, lasciandoli sempre più nel buio. La sensazione di pesantezza sulle spalle però si faceva sempre più pesante, al punto che nemmeno Indra riusciva più a farsi considerare da Jotaro. Qualcosa gli era addosso, qualcosa che conosceva, ma che aveva sempre cercato di evitare.

    CITAZIONE

    Io sento come delle voci...sussurri nella testa. Mi dicono che tutto questo, che tutto può e deve essere distrutto. Ma cosa vuol dire?


    Non ne ho la minima idea, quaggiù ognuno vede e sente quello che vuole, e ciò che esiste per te, per te diventa reale, quindi qualunque cosa ti stia seguendo, fuggi. Trova il modo di capire chi è e che cosa vuole, poi fermati e affrontala, io non posso aiutarti su questo. Non ora.

    No, perchè aveva altro a cui pensare. Se gli spazzini oscuri del reame degli spiriti erano dietro di loro, davanti aveva un altro problema da affrontare. Lo avevano trovato. Jotaro si fermò, e rilassò tutto il corpo, facendo cadere le spalle. Si frugò nella tasca e tirò fuori qualcosa, quello che sembrava un semplice [Accendino], lo passò a Febh. Lo Yakushi non poteva vedere quello che stava sbarrando loro la strada, non doveva avere timore di proseguire.

    Prendi questo. Un caro amico me lo ha consegnato molti anni fa, mi ha sempre illuminato la via. Akira è davanti a te, quella luce verde è la tua porta d'uscita e questo accendino e la sua chiave. Corri, io ho un conto da saldare. Infatti non appena Febh avesse raccolto l'accendino, Jotaro sarebbe scomparso, e se non lo avesse fatto, avrebbe visto la sua guida venire risucchiata dall'oscurità, e il piccolo oggetto cadere a terra. Se avesse provato a raccoglierlo e ad accenderlo, avrebbe notato come una fiammella blu, non color del normale fuoco, sarebbe scaturita da quel cimelio, come la luce della lanterna che scorgeva in lontananza. Non era un semplice acciarino, era come se ci fosse un'anima aggrappata ad esso, qualcosa di vivo, forse più vivo di quanto fosse Jotaro, e questo il mezzo-Febh lo avrebbe percepito, come se tenere tra le dita quell'oggetto lo rinvigorisse.
    Pochi istanti dopo avrebbe percepito un lembo d'ombra da dietro di lui cercare di afferrarlo, non per trattenerlo, ma per ferirlo ad una gamba con un colpo d'artigliata [Slot azione] Qualunque cosa fosse, voleva rallentarlo, giocare con lui, mentre un'altra ombra dalla sua sinistra cercava di farlo cadere colpendogli l'altra gamba, come se fosse un colpo di coda. [Slot azione] Si sarebbe sentito braccato come da un branco di iene. Il tutto mentre le voci continuavano a martellargli nella testa.

    MEZZA PERSONA. MEZZA PERSONA. MORTO A MEZZO. VIVO A MEZZO



    Ogni ferita lo avrebbe reso più lento, non aveva modo di contrattaccare quelle cose, non ancora; non erano ancora convinte che avesse il diritto di restare lì. Forse solo raggiungendo quella luce in lontananza lo avrebbe avuto.

    [Akira]

    Quando il Kiriano chiese all'apparizione chi fosse, se lo conoscesse, il fantasma rispose con un cenno del capo. Sorrise. Akira non poteva vederne il volto, non aveva bocca, eppure in cuor suo si sentì inondato come da un grande e bonario sorriso, di quelli che ti svoltano la giornata. Il fantasma fece un cenno allungando il braccio verso quella che sembrava una costruzione scavata in una parete di roccia davanti a loro, non troppo lontana, quindi riprese a camminare. Seguendolo, Akira avrebbe potuto accorgersi di come decine, forse centinaia di altre anime si stavano avvicinando, e camminavano assieme a loro. Non sapeva se fossero amiche o nemiche, per il momento era come se lo tenessero d'occhio. Forse il suo guardiano o forse la lanterna tenevano i morti a distanza, ma per quanto ancora gli avrebbero permesso di vagare in quella terra desolata e oscura senza periglio ? Giunto davanti alla grande parete di roccia, avrebbe ricordato dei dettagli nell'architettura. Aveva già visto un posto simile, non uguale, ma rassomigliante. La valle dove aveva combattuto con quell'ombra che aveva ucciso i guardiani, dove Samuro lo aveva salvato, e lui aveva scoperto il passato dei suoi amici di Kiri. Era un tempio simile? Lo stesso tempio?
    Il fantasma indicò il grande arco di pietra che componeva l'entrata, poco prima di inchinarsi di nuovo, battergli una mano sulla testa, e scomparire nel nulla, in una nube biancastra che fece venire i brividi di freddo alla schiena ad Akira, come fosse stato investito da una corrente fredda nelle steppe di Genosha.
    In quel momento avrebbe notato come non fosse la presenza del guardiano a tenere lontane le altre anime, dal momento che con la sua sparizione non si erano ancora avvicinare. Però avrebbe notato in lontananza un lumino in avvicinamento, molto simile a Tamashi, farsi largo tra le ombre.
    In pochi istanti, un molto braccato Febh gli sarebbe piombato addosso, inseguito da mezzo Bonshuno in forma di lucertole oscure di varie dimensioni.

    A quel punto una folata di vento ascensionale avrebbe colpito Akira alla provvista, come se qualcosa stesse risucchiando verso l'alto il bonshuno stesso, come per prendere fiato. Quindi tutta l'oscurità venne accesa sopra la sua testa, come se un'enorme torcia dello stesso colore di Tamashi si fosse accesa, illuminando a giorno tutta la landa del Bonshuno, dalla Fenditura alle Profondità, dal Recinto alle Valli dell'Oblio. E un vento di morte e putrefazione investì il ninja, assieme ai suoni che tale vento fetido trasportava. Alzando lo sguardo da Febh che si avvicinava, Akira avrebbe chiaramente, molto chiaramente, notato una creatura gargantuesca, più grande di quanto avesse mai visto, più grande di Masamune, torreggiare sulla parete di roccia, aggrappandosi al tempio con gli artigli. Un drago colossale. Una maestosa creatura con la pelle e le scaglie marce, così consumate che era possibile vedervi attraverso, con un grande fuoco verdarstro al suo interno che ardeva come una forgia.

    Amesoko, il grande Drago del Nadir, guardiano del Bonshuno e di chi vi dimora



    WZpm5nU



    I suoi occhi vibravano dello stesso colore di Tamashi, e dalle sue fauci, innumerevoli anime venivano continuamente masticate mentre cercavano di farsi largo per sfuggire al supplizio del sovrano di quel luogo. Chi fossero e perchè erano destinate a quella tortura eterna, era noto solo ad Amesoko stesso. Eppure, nonostante la presenza terrificante, il gran dragone non fu ostile verso Akira.

    << Escano...i miei...ospiti >>



    E una luce sembrò accendersi dentro al tempio. Come per guidare Akira a Febh, il quale aveva visto eccome a sua volta il grande drago, ma la sua voce era tanta e tale, che persino lo Yakushi a distanza, avrebbe compreso che forse era il caso di dare piedi alle gambe. Infatti le ombre che lo seguivano, sembravano farsi indietro, continuavano a seguirlo certo, ma a debita distanza. Non erano graditi oltremodo nel Bonshuno, e forse in quel santuario, avrebbero trovato le risposte che cercavano.

    [Jotaro]

    Quanto a Jotaro, era scomparso agli occhi di Febh ma non si era mosso di un millimetro. Il fuoco immondo di Amesoko non aveva illuminato il luogo dove si trovava, il drago era sia seccato dalla presenza di un contenitore senz'anima nel suo reame, sia divertito allo stesso tempo, e lo aveva lasciato nel buio a vedersela coi suoi demoni. La presenza oscura che gli si era palesata davanti, con un occhio bianco che lo trafiggeva e un occhio rosso che lo giudicava, era chiara per lui, specialmente quando scomparve in una risata, per lasciare il posto ad altre figure in nero al suo posto.

    Hoshiasu...Erano tutte uguali, senza dettagli, senza volto, Chiimaru... eppure Jotaro era sicuro di riconoscerle tutte, una per una. Tanemoi... Aveva consacrato la sua vita a loro. Akuteki... Aveva compiuto tradimenti, Rintoku...e si era vergognato di se stesso, per loro. Shinsouretsu...Erano stati suoi fratelli e sorelle, allievi, rivali, compagni, Jikoden... e in certi casi, qualcosa di più. Questo non aveva salvato nessuno di loro Fumanako... nella città infame, dove anche Akira era stato. Ebbe paura lì Jotaro, quando gli fu chiaro che l'assalto non solo sarebbe fallito, ma che in pochi, o addirittura nessuno si sarebbe salvato, Ryougaki... non provò neanche a cambiare strategia, e caricarono tutti a testa bassa, riunendosi al maestro, morto tempo prima.

    Iron...Kiyo...Tenaga...Yhui...Aikam...Shintaro...Kamuro...Kaleb...Keita.

    Erano tutti lì, e ognuno di loro chinò il capo quando Jotaro li chiamò per nome, usando il nome che li aveva battezzati in quel corpo speciale, che di speciale aveva solo la servitù ad un falso idolo, che li aveva illusi, riempiti di promesse e follia, più di quanto Indra avesse mai fatto, e li aveva mandati allo sbaraglio, inesperti e ingenui, capitanati dal più inesperto di tutti loro.

    Koukenwa



    Dissero tutti in coro, come per chiamarlo all'appello.
    Non pensò nemmeno per un momento di allungare una mano per raggiungere un'arma. Non poteva combatterli tutti assieme, dal momento che non ne avrebbe combattuto nemmeno uno. Odiava Ayato, dal più profondo di se stesso, ma lo aveva reso ciò che era, e aveva giurato di non fare mai nulla contro il suo maestro. Odiava le ombre sue compagne, per averlo lasciato da solo a calpestare la terra senza di loro, come un maledetto, ma era stato lui a deluderli, e aveva giurato di non fare mai nulla contro un'ombra sua compagna. Odiava l'Accademia, per non aver mai riconosciuto il loro sacrificio, nè dedicato loro una tomba nei loro villaggi, ma lui non avrebbe rivelato la loro identità, perchè aveva giurato di non divulgare i suoi segreti e quelli dei suoi compagni. Odiava le nuove generazioni di ninja, perchè si erano rivelate inaffidabili e pigre, ma avrebbe continuato ad addestrarli, perchè aveva giurato di non dimenticare mai umiltà e spirito di sacrificio nell'apprendimento. Odiava Shiro, i Canthiani, Orochimaru e chiunque fosse quell'uomo che si nascondeva alle loro spalle per averlo creato come un mero contenitore di reliquie, ma avrebbe continuato a percorrere la sua via, perchè aveva giurato di consacrare la sua vita alla crescita, e di non perdere mai di vista i propri sogni. Più di tutti però odiava se stesso, perchè aveva giurato di non abbandonare mai nè i compagni nè il maestro per nessuna ragione, eppure era rimasto solo lui a portare avanti quella storia.

    Ma la storia non è ancora finita, ci riuniremo qui un giorno, ma quel giorno non è ancora arrivato.

    Quel giuramento, prestato una mattina d'inverno, era stato impresso profondamente, persino in un ragazzo che ancora non sapeva di avere un'anima, e per lui era stato la cosa più reale di tutte.
    Lo avrebbero lasciato passare, perchè c'era ancora una strada da percorrere prima di tenere fede a quella promessa, e solo lui ormai poteva percorrerla, e prese a camminare, dritto in mezzo alle Ombre, come una di loro, era a casa, aveva solo dimenticato che forma avesse; non avrebbe più avuto paura dell'oscurità, o paura del Bonshuno, o di qualunque altra cosa. Non aveva più affetti, conosceva la morte, avrebbe fatto il possibile per riversare tutto il suo odio su ciò che c'era di inadeguato nel mondo, prima di tornare quaggiù e diventare tutt'uno col buio.


    Akira e Febh lo avrebbero visto apparire dall'ombra, poco davanti a loro, mentre entravano nel tempio, e non sarebbe stato così diverso da quando Hayate, Jotaro e Mataza, si erano dati appuntamento sotto la luna, tanto, tanto tempo fa.




    Edited by Jotaro Jaku - 11/5/2020, 20:27
     
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