La Fonte dell'Eterna VecchiaiaQuest D

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  1. Filira
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    Mother of dragons

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    Ecce Deus fortior me


    III



    L'aroma intenso e scuro del té catalizzò i suoi sensi, mentre intorno a lei il chiacchiericcio della vecchia continuava ininterrotto. Aveva provato a imprimere un'altra velocità alla questione, comandando di scortare alla presenza del gruppo di accademici la più alta carica del villaggio, ma a nulla era valsa la sua richiesta. La Dea si era limitata a mantenere lo sguardo fisso negli occhi della anziana donna di Rojin, non tradendo alcuna emozione di fronte al diniego della stessa.

    Comprendo.

    La sua voce era risuonata ferma e monotono, mentre Izanami appoggiava la tazzina da té sul suo piattino, facendone risuonare la ceramica. L'amaro delle foglie di té le aveva inebriato le papille gustative, inondando il suo cerebro ancora affaticato con un'estenuante catena di stimoli che ne catalizzarono l'attenzione per qualche secondo. Quando la sua concetrazione si dedicò nuovamente all'interlocuzione in corso, la Dea ascoltò in silenzio la proposta del ninja Kiriano, studiandone fattezze e movenze, così come del suo compare di Oto. Akuraguri e Kyuke. Non potevano essere molto più che in età di pubertà, o poco oltre. I visi imberbi e il generale impaccio nel muoversi tradivano il loro essere novizi a situazioni in cui la responsabilità della missione ricadeva sulle loro spalle. Provò quasi un moto d'invidia, o mancanza, nei confronti di quella loro ingenuità apparente: non ricordava un momento della sua vita in cui la responsabilità del suo destino non l'avesse schiacciata con un enorme peso asfissiante. Eppure aveva resistito, eppure aveva vinto. Era sopravvissuta.

    Lasciarono la casupola dell'anziana coppia che oramai il sole aveva preso il posto più ambito nel cielo, scaldando l'aria e la pelle dei giovani ninja. Izanami lasciò che Kyuke si dirigesse verso il suo destino. Si chiedeva se avesse dovuto provare più compassione nel lasciar a sé stesso un ragazzo che ufficialmente figurava come suo commilitone, ma l'appartenenza della Dea ad Oto era per il momento più una questione di opportunismo che una vera e propria adesione all'ideale del Villaggio del Demone di Oto. Aprì il parasole, mentre già i raggi arrossavano la sua pelle bianco latte, affiancandosi al Kiriano e dirigendosi verso l'amministrazione del villaggio di Ryojin. Avrebbe volentieri trascorso il tragitto immersa in un pensoso silenzio, rotto solo dal ritmato incedere dei geta sul fondo del sentiero, ma il suo compagno di viaggio non parve della stessa idea. Con una sfacciataggine che quasi divertì l'Incarnata, il ragazzo le chiese di rivelargli il suo nome, e il motivo della sua reticenza nel comunicarlo in precedenza.

    Akuraguri.

    Disse, come sovrappensiero, e l'altro avrebbe sentito pronunciare il proprio nome quasi come una melodia, dolce all'udito e al contempo inquietante. Izanami, fece roteare il manico del parasole, quasi come se stesse ponderando le parole che sarebbero seguite. Il suo viso era animato da un sorriso appena accennato.

    C'è del potere, nei nomi. Un oggetto, una persona, qualsiasi elemento del creato diventa per noi riconoscibile esclusivamente grazie al proprio nome. Saper definire qualcosa o qualcuno ci fornisce la possibilità di pensarlo, evocarlo, persino maledirlo.

    Si fermò per un secondo, fissando i grandi occhi viola dritti in quelli del ragazzo, inespressivi. Ora non sorrideva più. Pochi millesimi di secondo dopo riprese a camminare, estraendo la pipa e prendendo una lunga boccata di fumo, che poco dopo rimise nell'aria attorno a loro.

    Conoscere un nome ci dà potere, controllo, un vantaggio. Akuraguri, ninja di Kiri. Il tuo nome è un nome senza lignaggio, povero. Un nome segnato dalle fatiche, come le tue mani. Fatiche del passato e del presente, certamente. Ma anche del tuo futuro. Alla fine di tutto ciò cosa ti aspetta, Akuraguri? Quando capirai ciò, forse sarai degno di conoscere il mio nome.

    Inspirò nuovamente, lasciando che il fumo denso e scuro le riempisse i polmoni. Probabilmente il ragazzo non avrebbe capito le sue parole, o ne sarebbe risultato divertito e stranito. Eppure lei vedeva, lei sapeva. Prima o poi avrebbe compreso anche lui, o sarebbe morto nel tentativo. Ancora qualche passo, e furono in vista dell'edificio principale del villaggio.

    Forse non ho nome, forse ne ho diversi. Forse tra questi vi è Akuraguri da Kiri, o Kyuke da Oto. Mi duole declinare la tua gentile offerta, ma io non mangio.

    Considerò la questione chiusa, dirigendosi placidamente verso l'amministrazione. L'edificio rispecchiava il generale tema vetusto che regnava in tutta l'isola. Con i suoi tetti arcuati e i giardini zen, Izanami non poté che sentire un certo senso di familiarità con l'ambiente, non del tutto dissimile a quello antico e malandato del suo tempio alle porte di Oto. L'ingresso dell'edificio rivelò un'ulteriore pletora di dipendenti della terza età, tra cui la Dea riuscì ad individuare la segretaria, a cui si rivolse per prima.

    Abbiamo necessità di interloquire col capovillaggio, con la massima urgenza. Siamo membri dell'Accademia.

    Quando vennero ricevuti, Akuraguri si lanciò in una presentazione dettagliata, a cui la Dea rispose con un breve cenno del capo e ponendosi di fronte all'anziano capovillaggio, imperturbabile.

    Necessitiamo della vostra piena collaborazione, e dell'accesso a qualsiasi informazione a riguardo in vostro possesso. Classificate o meno.
     
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