La Carne immemore dell'Acciaio[Add TS per Pyotr]

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  1. Pyotr
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    Dopo quel centinaio di tentativi, conclusosi in una vittoria, il ragazzo aveva le braccia che gli stavano letteralmente cadendo e sembrava affaticato, ma fiero di aver compiuto quell'impresa, seppur piccola. Mentre stava provando a recuperare una parte del fiato che era oramai scappato dai suoi polmoni, il Kage aveva richiamato lo stormo di pipistrelli e stava conversando con essi, dando delle istruzioni. Si girò poi verso Akuraguri ed avvicinatosi, iniziò a parlare.

    Descrisse al giovane come la storia del Clan fosse complessa e piena di sangue, sia letteralmente che metaforicamente e di come le continue scissioni avessero sparso il Clan nel mondo. Continuò a parlare, narrando di come egli aveva ricostruito le radici del Clan lì a Kiri e di come avesse unito i Kenkichi sotto la Promessa, spada e simbolo del fondatore del Clan. Intanto i due si sarebbero avviati verso un enorme palazzo che si vedeva dall'altra parte della casa.

    Fino a quel momento tutto era stato un sogno per Akuraguri. Aveva compreso come la sua presenza lì non fosse casuale, non fosse frutto di un capriccio del Kage, ma non aveva ancora compreso la portata di ciò che stava succedendo. Le parole successive però rivelarono quella verità. Il Mizukage infatti si pose sullo stesso piano del ragazzo, ammettendo di essere stato anche lui, in un tempo passato, sprovvisto di quel cognome e che adesso non lo portava solo per motivi interni al clan. Prima ancora che Akuraguri potesse veramente riflettere su quella frase, le parole del Kage lo raggiunsero.

    Per un momento la mente del ragazzo cercò disperatamente di dare un senso logico alle parole che aveva udito, ma non ci riuscì. Seguì un secondo di accettazione della notizia, accompagnato da un rifiuto. Lui? Un Kenkichi? Ma i suoi genitori non gli avevano detto mai niente! Come era possibile ? Suo nonno forse?
    Mentre tutto ciò stava accadendo nella sua mente, egli sarebbe entrato all'interno del gigantesco palazzo, che era stranamente quasi vuoto. Niente di notevole o sgargiante, con il simbolo di Kiri presente dappertutto, insieme ad uno strano simbolo che forse raffigurava uno scudo stilizzato.

    Prima ancora che potesse esprimere i suoi dubbi riguardo la sua appartenenza al Clan, la voce del Kage gli stava ordinando di seguirlo ed egli, come un docile agnello condotto al macello, si face avanti, passando in mezzo agli stipiti del portone che si era appena aperto e dal quale si diffondeva una strana luce rossa. Entrato insieme al Kage, Akuraguri fece un po' di fatica ad abituarsi alla luce, ma quando lo finalmente fu, ebbe modo di guardarsi attorno e di scorgere un cerchio di troni, al cui centro trionfava un pozzo di sangue.

    Le persone sedute sui troni avevano un aria onorifica, quasi come stessero presenziando ad una cerimonia religiosa. La donna che prese la parola confermò che il nome del giovane fosse proprio Akuraguri e quando eglì glielo confermò con un cenno della testa, iniziò a parlare di come l'anima dei Kenkichi fosse divisa in due parti, la Carne ed l'Acciaio collegati tra di loro con il Sangue. La Carne era il corpo terreno dell'anima, mentre l'Acciaio era quello post-mortem.

    La Promessa, la spada del Kage, serviva da catalizzatore per le anime dei Kenkichi, che poi, attraverso il rituale di iniziazione avrebbero trovato nuova vita all'interno delle spade di altri componenti del Clan. Era proprio questo che il ragazzo era chiamato a fare, richiamare a sè l'anima di un Kenkichi. Il giovane era pronto. Mentre infatii la donna parlava, i dubbi che si erano accumulati nella sua mente si dissiparono, lasciando solo un pensiero nella sua testa. Voglio questo. Voglio far parte di questo.

    Così, senza esitazione, prese il pugnale della donna e si procurò una piccola ferita sul palmo della mano. Senza aspettare, immerse la mano nello strano liquido. Una volta inserita la mano, egli sentì una strana sensazione pervadergli il corpo e d'istinto chiuse gli occhi. Iniziò a pensare a chi avrebbe voluto avere con sè, accompagnarlo nelle sue avventure:

    Forse nonno. Insomma, potrei scoprire se fosse lui il Kenkichi nella famiglia.

    Un altro pensiero si fece però avanti nel suo cervello:

    Ma forse, lui ha evitato di dirti chi fosse realmente per un qualche motivo. Doveva avere una ragione, no? Forse non lo sapeva ? Allora perchè insegnarli la Via della Spada? Non aveva senso. No, non posso scegliere il nonno. Ha deciso di non dirmi niente e rispetterò la sua volontà. Ma allora chi?

    Mentre stava pensando queste cose, entrambe le sue mani strinsero l'aria e la sua fronte si aggrottò, ma egli continuò a pensare:

    Qualcuno che mi aiuti a diventare forte, ma che allo stesso tempo condivida con me le mie avventure. Qualcuno di puro, che mi fermi quando sto sbagliando e mi sproni quando mi sto trattenendo. Una sorellina, che non ho mai avuto e che ho sempre voluto. Capelli lunghi, neri, da accarezzare. Ed una faccia vispa, felice e birbante. Ecco! Lei vorrei come mia compagna, lei vorrei come mia Spada

    Mentre questi pensieri si stavano accumulando nella sua mente, un immagine iniziò a palesarsi davanti a lui. Una bambina, che si stava stropicciando gli occhi assonnati e che stava camminando verso di lui. Capelli neri, lunghi, da accarezzare. Il ragazzo per un attimo, tanto vera gli sembrava quella visione, fu sul punto di aprire la bocca e di parlare. Ma si fermò e stette zitto, per paura di distrubare la bamina. Una volta lei avesse finito di stropicciarsi gli occhi, egli capì che doveva fare qualcosa. La poverina sembrava molto agitata e stava iniziando a guardarsi attorno, con dei lacrimoni che si stava radunando alle estremità dei suoi occhi. Così, con la voce più calma che potesse pensare, eglì pensò:

    Ciao! Che ci fa una bambina così carina come te qui? Come ti chiami? Da dove vieni? Vuoi giocare? Se vieni con me, potrai giocare quanto vorrai e visiteremo tutto il mondo, vivendo ogni volta fantastiche avventure.

    Ed un sorriso si disegnò sulla sua faccia.


     
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